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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, ventitreesimo della serie seconda, inizia il 1° settembre 1889 e termina 1'8 febbraio 1891 con la caduta del secondo Ministero Crispi.

Anche gli avvenimenti di questo volume, come quelli del precedente, erano già stati ampiamente illustrati in sillogi documentarie ed in monografie che verranno citate subito più avanti o nelle note al testo. Tuttavia la -"documentazione che qui presentiamo dà per la prima volta una visione organica e generale dei diversi avvenimenti e problemi che si intrecciano fra loro e spesso si illustrano a vicenda. Poiché essi sono più complessi di quelli dei mesi precedenti, questo volume si presenta alquanto più nutrito dell'altro.

L'Etiopia ha un rilievo centrale non solo per la questione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli, sulla quale abbiamo seguito la monografia del professar Giglio, ma anche per altre questioni che vi si collegano come, per esempio, l'opposizione che Russia e Francia muovono al diritto rivendicato dall'Italia di rappresentare l'Etiopia alla Conferenza di Bruxelles contro la schiavitù. Ma sono soprattutto importanti, anche se già note, le questioni relative alla delimitazione delle zone di influenza in Africa orientale. Sono connesse a tali questioni le diffidenze inglesi nei confronti delle aspirazioni di Crispi su Kassala, la cui documentazione va completata con quella edita da Carlo Zaghi nella silloge La conquista dell'Africa, pp. 571-632. Le diffidenze inglesi sono tanto acute da far rimpiangere a Salisbury che il Governo del suo Paese avesse favorito in passato l'insediamento dell'Italia nel Mar Rosso. Per motivi analoghi Salisbury ha qualche esitazione a riconoscere il nostro protettorato sull'Etiopia e declina la proposta di Menelik di un'intesa itala-angloetiopica per combattere i dervisci. Dal canto suo Crispi nutre serie preoccupazioni che Salisbury abbia delle mire sulle regioni limitrofe o periferiche dell'Impero etiopico, come quella dei Galla e il Kaffa; e che, desideroso di buone relazioni con la Francia, ceda sulla questione delle capitolazioni tunisine che il Governo di Parigi vuole sopprimere, e non appoggi le nostre richieste perché la regione di Harar non cada sotto l'influenza francese.

Dai documenti risulta confermato il desiderio di Crispi di migliorare le relazioni con la Francia, che però rimangono tese per i continui sospetti che lo stesso Crispi nutre nei confronti del Governo di Parigi. E' da tenere presente, in particolare, il sospetto che la Francia intenda occupare la Tripolitania, un sospetto tanto vivo da indurre Crispi a meditare di precedere la Francia occupando lui la Tripolitania. Non risultano tuttavia, dall'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito, piani militari di occupazione della Tripolitania in questo periodo. Si conserva invece nell'Ufficio storico della marina militare un progetto di attacco al litorale della Provenza del dicembre 1890 ed. in M. GABRIELE. Le convenzioni navali della Triplice, Roma, Ufficio storico della marina militare, 1969, pp. 435-444.

IX

Un rilievo notevole ha la difesa del principio monarchico la cui importanza è richiamata più volte da Crispi, soprattutto per quanto riguarda il Portogallo, la cui dinastia h:ot legami di parentela con Casa Savoia. La preoccupazione di difendere la monarchia portoghese si manifesta in occasione della tensione che si crea fra i Governi di Londra e di Lisbona per la delimitazione delle zone di influenza in Africa equatoriale.

Sono da ricordare, infine, l'interesse per l'Albania dimostrato da Crispi e, ancor più, dall'ambasciatore a Costantinopoli Blanc e il tentativo di Crispi di difendere l'italianità della nostra colonia in Brasile contro il decreto di quel Governo che impone la naturalizzazione degli stranieri.

2: Il volume si basa principalmente, come i precedenti, sulla documentazione conservata nell'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri nei fondi seguenti: Archivio segreto di Gabinetto 1869-1914; telegrammi in arrivo e partenza della serie ordinaria, riservata e coloniale riservata; Affari Politici 1887-1891; Gabinetto Crispi; Eredità Crispi; Carte Blanc; Archivi delle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna; Carte del Ministero dell'Africa italiana.

Vari documenti provengono dalle Carte Crispi conservate nell'Archivio centrale dello Stato e nel Museo centrale del risorgimento. Le ricerche condotte presso l'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito per rintracciare documenti sulle trattative militari con la Germania e l'Austria-Ungheria hanno dato esito negativo.

3. Numerosi documenti erano già editi nei Libri Verdi, in collezioni diplomatiche e in monografie che indichiamo qui di seguito:

Trattati e convenzioni fra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. 12 (18891891), Roma, Tipografia nazionale di G. Berterio, 1892;

Libro Verde 66, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio ministro ad interim degli affari esteri (Crispi), Etiopia, seduta del 17 dicembre 1889, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1890;

Libro Verde 70, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio ministro ad interim degli affari esteri (Crispi), Etiopia (serie II), seduta del 6 maggio 1890, Roma, Tipografia della Camera dei depu~ati, 1890;

Libro Verde 72, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio ministro degli affari esteri (di Rudinì), Missione Antonelli in Etiopia, seduta del 14 aprile 1891, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1891;

Libro Verde 89, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Blanc), Somalia italiana (1885-1895), seduta antimeridiana del 25 luglio 1895, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. II, Oceano Indiano, tomo II, Documenti relativi a Zanzibar e al Benadir (1884-1891), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1967;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. II, Oceano Indiano, tomo III, Documenti relativi alla Somalia settentrionale (1884-1891), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1968;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, Documenti (1888-1889), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1972;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, Documenti ( 1890-1891), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1977;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo IX, Documenti (1891-1893), a cura di D. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1981;

F. CRISPI, Politica estera, Memorie e documenti raccolti e ordinati da T. Palamenghi-Crispi, Milano, Treves, 1912;

F. CRISPI, Questioni internazionali, Diario e documenti ordinati da T. Palamenghi-Crispi, Milano, Treves, 1913;

F. CRISPI, La prima guerra d'Africa, Documenti e memorie a cura di T. Palarnenghi-Crispi, Milano, Garzanti, 1939;

Crispi e Menelich nel diario inedito del conte Augusto Salimbeni, a cura di C. Zaghi, Torino, ILTE, 1956;

F. FoNZI, Documenti sul conciliatorismo e sulle trattative segrete fra Governo italiano e Santa Sede dal 1886 al 1897, in Chiesa e Stato nell'800, vol. l, Padova, Antenore, 1962;

P. ScoPPOLA (a cura di), Chiesa e Stato nella storia d'Italia, Bari, Laterza, 1967;

E. SERRA, La questione tunisina da Crispi a Rudinì ed il colpo di timone alla politica estera italiana, Milano, Giuffré, 1967;

C. GIGLIO, L'articolo XVII del Trattato di Uccialli, Como, Cairoli, 1968;

R. MoRI, La politica estera di Francesco Crispi (1887-1891), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1973;

C. ZAGHI, La conquista dell'Africa. Studi e ricerche, Napoli, Istituto universitario orientale, 1984.

4. Desidero ringraziare per la sua consueta preziosa collaborazione la dott. Emma Moscati Ghisalberti che ha eseguito con provata esperienza le ricerche archivistiche e una prima selezione dei documenti ed ha inoltre curato l'apparato critico. Con lei ringrazio la dott. Maria Teresa Antinori per la redazione dell'indice dei nomi e la correzione delle bo;::ze, la signora Fiorella Giordano per la compilazione delle appendici e la correzione delle bozze, la dott. Rita Luisa De Palma per la correzione delle bozze e la signora Pierina Bertini Ottaviani per la trascrizione dei documenti, anche in francese e spesso di difficile decifrazione.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (l)

T. RISERVATO 1910. Roma, 3 settembre 1889, ore 9,55.

Prego V. E. far pratiche, adoperando tutta sua influenza personale, perché il Governo imperiale solleciti per quanto sta in lui l'azione della giustizia nello affare Ullmann (2). Comunque debba essere la sentenza, è interesse politico dei due Paesi che si termini presto un processo che rimane causa permanente di disagio, e che ad un dato momento potrebbe provocare nuovi serii imbarazzi. Vorrei ella ottenesse prima di partire un impegno formale. Pregola telegrafarmi (3).

2

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI (4)

T. RISERVATO 2430. Vienna, 3 settembre 1889, ore 16,15.

Appena ricevuto il telegramma di V.E. (5) mi recai da Kalnoky e gli rinnovai l'istanza anche a nome di V. E. perché facesse tutto ciò che dipendeva da lui per sollecitare esito del processo Ullmann. Feci notare a S. E. essere di grande interesse politico per i due Stati il tor di mezzo questa causa permanente d'imbarazzo per ambedue. Kalnoky mi promise di fare passi solleciti presso il Ministero della giustizia nel senso desiderato e di farmi conoscere l'esito che non mancherò di telegrafare (6).

6 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

(l) -Ed. in F. CarsPr, Questioni internazionali, Diario e documenti ordinati da T. Palamenghi-Crispi, M!lano, Treves, 1913, p. 113. (2) -Ferdinando Ullmann era un giornalista triestino di sentimenti italiani sottoposto a processo dalle autorità austriache. (3) -Per la risposta cfr. n. 2.

(4) Ed. In CRISPI, Questioni internazionali, c!t., p, 114.

(5) -C!r. n. 1. (6) -Con T. 2542 del 10 settembre Nigra comunicò: Kalnoky «crede che !l processo sarà terminato prima della riunione del nostro Parlamento e m! ha promesso che farà tutto ciò che dipende da lui per accelerarlo attivamente. Ho preso atto della sua promessa •·
3

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI

T. 2443. Parigi, 4 settembre 1889, ore 19,30 (per. ore 22).

Mi astenni deliberatamente giovedì scorso come pure oggi di discorrere al signor Spuller del viaggio degli operai italiani repubblicani in Francia (l). Nell'odierno nostro colloquio parlandomi del suo convegno di domenica col prefetto a Lione egli per il prìmo mi disse «che aveva altamente approvato la condotta di quel funzionario il quale fece imprigionar.e chiunque gridava nelle vie, così come abbasso questo o abbasso quello~. Mi soggiunse che nel medesimo senso istruzioni erano state impartite agli altri prefetti «il Governo non volendo tollerare nelle vie altre grida fuorché quelle di viva l'unione della Francia coll'Italia ~ lo stesso presidente della Repubblica essendosi preoccupato di manifestazioni che potevano offendere il Governo di Stato amico; in questo momento delegazione operai sono ricevuti all'Hotel de la Ville.

4

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI

T. 2456. Tetuan, 4 settembre 1889 (2) (per. ore 16,10 del 5).

Ritardato nel suo viaggio difficoltà con le tribù montagne, sultano arrivato ieri mattina vicinanze Tetuan. Subito mi annunziò sua entrata in città per stamane, manifestando desiderio vi assistessi per darmi benvenuto. Recaimi luogo indicato con personale, capo missione militare. Alle 7 Sua Maestà giunse alle porte, vistomi, deviando cammino, venne accanto a me che ero a cavallo. Durante prolungàto colloquio imperatore espresse viva compiacenza incontrarsi rappresentante italiano; insistette con calde parole sulla profonda amicizia verso nostro Augusto Sovrano, nostro Paese; diresse a me parole molto cordiali. Essendo etichetta tali occasioni sultano fermandosi breve momento qualche distanza inviati esteri dirigere loro semplice frase di benvenuto questa insolita manifestazione speciale deferenza, cortesia, ha fatto molta sensazione stessi funzionari Corte e pubblico. Udienza solenne fra due o tre giorni. Segue rapporto (3).

(l) -Cfr. serle II, vol. XXII, n. 716. (2) -Trasmesso da Tangeri alle ore 10,35 del 5 settembre. (3) -Si pubblicano qui alcuni passi del R. riservato personale 928/297 di Cantagalll dell'S ottobre: «Nessun linguaggio, nessuna azione speciale mi prescrivevano le istruzioni dell'E. V. durante la missione da me intrapresa e testè compiuta presso S. M. l'Imperatore del Marocco a Tetuan. Il mio contegno, le mie parole, doveano dunque ispirarsi al concetto generale della situazione europea, all'interesse ed al desiderio nostro particolare di veder mantenuta l'integritàdi questo Paese, ad accrescervi l'influenza italiana, a consigliare al sultano tale condotta da propiziarsi maggiormente le Potenze amiche del Marocco, da rischlararlo sul pericoli che possono mlnacclarlo da parte del nemici suoi ed a frustrarne le intenzioni ... A raggiungere questo scopo, ho fatto evidente agli occhi del sultano la posizione dell'Italia, la potenza sua, le sue alleanze; opponendo al nostro proprio disinteressamento le vedute ambiziose della
5

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 1955. Roma, 5 settembre 1889, ore 20.

Sono preoccupato dal prolungarsi dell'affare di Gabes (1). Se il Governo francese è sinceramente desideroso allontanare ogni causa di conflitto tra i due Paesi, deve essere al pari di noi volenteroso terminarlo. I due Governi ignorano ancora di chi siano i torti e quali fra i risultati contraddittori delle due inchieste siano conformi a verità. La nostra proposta di una inchiesta comune fu respinta, ed intanto gli equipaggi di due nostre navi, con relative famiglie trovansi in miseria, incapaci, per il sequestro subito, di procacciarsi il vitto. Faccia presente questo stato di cose al signor Spuller. Gli mostri che è interesse francese quanto nostro che le nostre relazioni in Tunisi siano amichevoli. Dicagli infine che premendomi togliere questa causa di attriti, propongo una nuova inchiesta definitiva e decisiva da affidarsi ad agente di Potenza amica e di comune fiducia. Auguro che il signor Spuller vegga in questa proposta prova del mio desiderio di conciliazione, di verità e di giustizia e le faccia buona accoglienza. Desidero sollecita risposta (2).

6

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI (3)

T. SEGRETO 304 (4). Londra, 6 settembre 1889, ore 3,17 (per. ore 11,15).

Salisbury ringrazia vivamente V. E. della comunicazione della proposta Menelik (5), ma è dolente non poterla accettare. Come risulta dalle discussioni della passata sessione e dalla stampa la maggioranza parlamentare e l'opinione pubblica sono opposte a qualsiasi operazione offensiva nel Sudan, soprattutto è opposto il partito liberale unionista che sostiene Ministero il quale forzò Egitto abbandonare Sudan. Salisbury desidera che io le telegrafi: «Politica inglese nel Sudan è strettamente difensiva ».

Nazione che gli sta a rldosso alla frontiera ... Egli sa, lo ripeto, quanto sia disinteressata l'Italia verso il Marocco; sa perchè lo sia. In tali condizioni, Sua Maestà doveva parlarml apertamente. Lo ha fatto; lamentandosi meco acerbamente del francesi dai quali non si tiene mal sicuro, che abusano del diritto di protezione, che gli affacciano continue pretese, che lo molestano alla frontiera, che ne rodono il territorio, che si allargano nel suoi antichi dominli del Sudan occidentale, che tengono In continuo allarme le popolazioni dell'Impero. A questisoggetti di continua preoccupazione si aggiungeva il timore che Francia e Spagna si Intendessero fra loro In suo danno. Contro le mene e le ambizioni dei francesi, o soli, o coalizzati, faceva 11 sultano assegnamento sull'amicizia dell'Italia, della Germania e dell'Inghilterra ».

(l) -Cfr. serie II, vol. XXII, nn. 621, 635, 640, 660, 662, 672. (2) -Ressman rispose con T. 2474 del 6 settembre: «Ho poc'anzi intrattenuto Spuller dell'affare di Gabes... avendo lo insistito sull'urgenza di terminare e di terminare bene, eglisogglunse che sinceramente non Intendeva compromettere i nostri buoni rapporti per causa di un palo di doganieri tunlsini ». (3) -Ed. in L'Italia in Atrtca, serle storica, vol. I, Etiopia -Mar Rosso, tomo VII, Documenti ( 1888-1889), a cura di C. GIGLIO, Roma, Poligrafico dello Stato, 1972, p. 273. (4) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (5) -Cfr. serle II, vol. XXII, n. 718.
7

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 2000. Napoli (1), 7 settembre 1889, ore 18.

Sono dolente che la Porta insista per il ritorno di Ahmed Eyub a Gianina (2) e che questi non consenta a darci quella soddisfazione alla quale abbiamo diritto. La Porta dovrebbe sapere, se non altro, per gli scorsi recenti incidenti di Hodeida e di Bengasi (3) che sappiamo farci rispettare. Se ella crede di far opportunamente valere questo ricordo, come pure di accennare alla partenza della nostra squadra pel levante, avvenuta oggi, autorizzo V. E. a farlo. Desidero che il suo linguaggio sia temperato e f,orte ad un tempo ed auguro che ella ottenga l'intento (4).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 32686/736. . .. (5).

Ho ricevuto i telegrammi (6) con cui ella mi riferiva i discorsi tenutile dal signor Spuller relativamente al ricevimento fatto in Francia alle rappresentanze popolari italiane.

Nell'entrare in discorso su siffatto argomento, il signor Spuller era certamente nel suo diritto. L'argomento era però tale che avrei preferito che ella non seguisse il suo interlocutore su quel terreno.

Lo si voglia oppur no, il Governo repubblicano, in Francia, è Governo di propaganda. Lo si vide sotto la prima rivoluzione. Quando, al 1870, fu proclamata in Parigi la Repubblica, coloro che ne assunsero la direzione dichiararono che, intenti a svolgere e consolidare le istituzioni democratiche nel loro paese, non avrebbero al di là delle frontiere lavorato a diffondere i loro principi di governo. Questa dichiarazione, contraddittoria colle tradizioni e colle tendenze del partito venuto al potere, ebbe lo stesso valore che, sotto l'Impero, aveva avuto la famosa formula di Napoleone III: «L'Empire c'est la paix ~.

Non recriminiamo in proposito, ben sapendo che ogni reggimento politico ha i vizii e le virtù della sua costituzione. Il regime repubblicano porta a queste conseguenze che, quando anche gli uomini che sono al potere in Francia possano avere interesse alla conservazione della pace pubblica, pure il popolo che si crede

sovrano e non può facilmente essere frenato, è il padrone vero della situazione. Ora il contegno del popolo francese (non sicuro se spontaneo o sotto impulso di partiti, di giornali o di individualità) è tale da suscitare in tutti i Governi stranieri, ed in noi specialmente, le più fondate e legittime diffidenze.

Ciò dico e tengo a constatare ad ogni buon fine. Il mio costante proposito, come ella sa, è il conservare amichevoli relazioni con tutti gli Stati vicini. Finché essi non verranno ad atti ostili contro di noi, userò la massima tolleranza, compatibilmente cogli interessi e colla dignità dell'Italia. Osservo però ciò che avviene e non m'illudo.

Queste mie considerazioni le serviranno di norma nel suo contegno con codesto ministro degli affari esteri. Ella tenga presente che quanto costi succede dipende dalla stessa natura del Governo repubblicano, il quale non è mai sicuro di sé ed obbliga gli altri ad essere sempre vigili per l'incertezza che regna sull'avvenire delle sue relazioni internazionali. Non prenda mai l'iniziativa su temi del genere di quello in cui il signor Spuller volle seco lei entrare, e mostri anzi, se altri gliene parla, di professare al riguardo il più assoluto disinteressamento.

In questo senso le ho poc'anzi direttamente telegrafato (1).

(l) -Il 6 settembre Crispi inviò alle ambasciate un telegramma per avvertire di inviargli a Napoli fino a nuovo ordine ogni telegramma di materia polltica. (2) -La notizia .era stata data da Blanc con T. 2452 del 5 settembre, non pubblicato. Sulla questione cfr. serle II, vol. XXII, nn. 701, 702, 706. (3) -Cfr. serle Il, vol. XXII, nn. 534, 566, 568, 572, 573. (4) -Per Il seguito della questione cfr. n. 23. (5) -Il documento, di cui si è trovata la sola minuta, è privo di data; lo si colloca al 7 settembre, data del telegramma di cui a p. 7, nota l. (6) -Cfr. n. 3.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI (2)

T. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, 8 settembre 1889. ore 17,45.

Generale Menabrea trovandosi in prossimità del luogo ove avvengono le manovre sul nostro confine e potendo avere a Chambéry qualche buona fonte d'informazioni, io gli aveva nel tempo, con le dovute precauzioni, segnalato i supposti concentramenti progettati presso Briançon. Io ricevo ora da lui una lettera in data di ieri cifrata, in cui egli scrive «credo opportuno comunicare ciò che segue al Ministero degli affari esteri: in questo momento grande movimento di truppe in seguito all'appello di due classi di riserve per grandi manovre sul nostro confine. Mi risulta da buona fonte che le truppe devono esser disposte come se dovessero passare il confine da un giorno all'altro. Non credo ad intenzioni offensive del Governo francese, ma visto il carattere impetuoso del generale in capo, si può temere un colpo di mano. Perciò bisognerebbe che i francesi sappiano che se sono pronti ad entrare da noi, noi siamo pronti a riceverli ~. Non posso esimermi dal dovere di riferire questo avvertimento ricordando le mie precedenti informazioni concordanti con quelle dell'ambasciata germanica (3) e ripetendo che nessuno qui crede a velleità offensive della Francia nè verso noi, né verso altri, e molto meno in questo momento alla vigilia delle elezioni. Che il generale de Berg voglia prendere sopra di sè di trascinare il Governo francese alla guerra, mi sembra una supposizione molto avventata (4).

(l) -T. 2011 da Napoli del 7 settembre, non pubblicato. (2) -Da ACS, Carte Crispl. (3) -Cfr. serie II, vol. XXII, n. 712. (4) -Cfr. n. 10.
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IL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLE' VIALE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (1)

T. SEGRETO S. N. Roma, 9 settembre 1889, ore 12,20.

Con lettera 3 corrente (2) dietro mia richiesta Ministero degli affari esteri scriveva che r. incaricato d'affari a Parigi informava (3) risultargli da buonissima fonte non esservi ombra d'intenzioni pericolose nei movimenti di truppe francesi che si fanno o faranno per manovre sulla frontiera alpina. Truppe il 15 corrente rientreranno loro guarnigioni. Avvertiva pure che tra il 10 ed il 15 corrente circa dodicimila uomini si troverebbero concentrati per manovre a due

o tre tappe Briançon. Queste notizie concordano con quelle che aveva il nostro Stato Maggiore. Non arrivo ora a comprendere timori espressi da Menabrea (4) che contro intenzioni del Governo francese, un generale possa di sua volontà avventurare un insano colpo di mano contro nostri confini, atto selvaggio che avrebbe per conseguenza la guerra sollevando un grido di generale riprovazione in Europa contro Francia. D'altronde noi abbiamo alla frontiera forti col loro presidio di sicurezza. Le truppe alpine alle sedi estive e nelle Alpi fino al primo novembre. Più, in questo momento e fino al 20 corrente, abbiamo la milizia mobile sotto le armi, circa ottantamila uomini di cui sette battaglioni in prossimità della frontiera. Con queste forze e con quelle dei reggimenti stanziati in prossimità della frontiera, ritengo potremmo respingere un attacco se fatto dai francesi con forze riunite presso confine. Devo notare che il 22 hanno luogo elezioni politiche in Francia e che il ministro della guerra ha disposto che pel 20 tutti i riservisti chiamati sotto le armi siano rinviati a casa per votare. Non mi parrebbe quindi opportuno, allo stato delle cose, aumentare nostre truppe di frontiera, ciò che desterebbe nel paese apprensioni e mi limiterò a raccomandare si faccia buona guardia (5).

11

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. 2003. Roma (6), 9 settembre 1889, ore 17,10.

Sembra possibile che alla Conferenza Bruxelles si progetti o si conchiuda ripartizione geografica o altra di lavoro fra Potenze per repressione tratta. Vo

glia interpellare lord Salisbury se potremmo concertarci preventivamente per far accettare a favore dei due Governi sfera d'azione eguale a quella già. menzionata nelle trattative con Zanzibar (1).

(l) -Da ACS, Carte Crlspi. Crlspi si trovava a Napoli ma l'indicazione è stata omessa se non risulta in modo esplicito. (2) -Non pubblicata. (3) -Cfr. serle II, vol. XXII, n. 712. (4) -Cfr. n. 9. (5) -Per la risposta cfr. n. 12. (6) -Sic, ma Crlspl si trovava a Napoli.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLE' VIALE (2)

T. S.N. Napoli, 9 settembre 1889, ore 22,15.

Dovevo esporre a V. E. le notizie dal generale Menabrea raccolte sui luoghi (3) e conoscendo i francesi non avevo ragione di meravigliarmi dei piani avventurosi. Dal suo telegramma (4) rilevo che ella ritiene sufficienti le forze che possediamo presso frontiere per parare ad ogni eventuale pericolo. Prendo nota con soddisfazione di questa assicurazione che mette mia e sua responsabilità al coperto, qualsiasi cosa avvenga da parte nostri vicini.

13

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (5)

R. S.N. Roma, 9 settembre 18.89.

Era mio· dovere nel presentare a V. E. il trattato firmato col re Menelik di accompagnarlo con un rapporto che spiegasse le modificazioni introdotte da quel re al progetto di cotesto r. ministero (6).

L'essermi però trovato continuamente in viaggio tanto durante il mio soggiorno presso il re Menelik quanto nell'accompagnare dall'Eggiù a Zeila degiac Makonnen mi pose nell'impossibilità di riunire i vari appunti presi durante il tempo che durarono le trattative col re Menelik per far conoscere all'E. V. in quali condizioni e come fu firmato il presente trattato.

Prima di tutto credo utile riassumere la parte storica del trattato stesso.

Alla fine del mese di giugno dell'anno scorso, mentre ancora le condizioni politiche fra Massaua e l'Etiopia settentrionale non erano soddisfacenti e che anzi esistevano insolute molte questioni che avevamo col re Giovanni, 11 re Menelik inviò col mio mezzo in Italia lettere pel nostro augusto sovrano e per cotesto r. ministero colle quali esplicitamente si dichiarava ribelle (7) a re Gio

C. -GIGLIO, L'articolo XVII del Trattato dt Uccia!lt, Como, Cairoli, 1967, p. 126.

vanni e pronto a stagione propizia di agire contro di lui. Persuaso che la nostra campagna contro il Tigrè non fosse stata che sospesa pei mesi del caldo eccessivo e delle pioggie, domandava al Governo del re armi e la cooperazione militare dalla parte di Massaua insistendo perché sollecitamente si occupasse l'Asmara.

Nel rimettere all'E. V. le lettere del re Menelik potei pure mostrare una lettera del re Tacle Haimanot, colla quale faceva conoscere essere in perfetto accordo col re Menelik per agire contro re Giovanni.

Debbo fare osservare a V. E. che Menelik e Tacle Haimanot quando scrissero quelle lettere erano ambedue nella convinzione di rendere all'Italia un aiuto valevole nella continuazione delle operazioni militari.

Un attento esame delle condizioni dell'Etiopia ebbe per risultato (settembre 1888) che re Giovanni doveva soccombere perché nell'impossibilità di poter lottare contemporaneamente contro Menelik, il Goggiam, i darvish e contro noi * se si fosse agito *.

V. E. allora decise di aiutare Menelik colle armi e che l'azione militare dalla parte di Massaua dovesse continuare per rendere a re Giovanni sempre più difficile la sua situazione ed approfittarne per tracciare un largo confine al nostro possedimento di Massaua.

Nacque allora l'idea di considerare Menelik già come successore al trono di Giovanni perché sembrò che fosse il solo re etiopico che aveva tutte le probabilità per riuscire vincitore dalla lotta.

Con questi concetti si formulò un progetto di trattato tra l'Italia e l'Etiopia che sarebbe and'ato in vigore quando Menelik si fosse proclamato re dei re.

Questo trattato dovevo sottoporlo all'approvazione del re Menelik accompagnandolo da un forte numero di doni, fucili e munizioni, coll'assicurazione che dalla parte di Massaua noi avremmo occupato l'Asmara alla fine del novembre 1888.

Arrivai allo Scioa nel febbraio del corrente anno, presentai al re Menelik i fucili, le munizioni e i doni * ed una somma di denaro *.

Trovai il re in uno stato d'animo eccitatissimo, * nel momento del mio arrivo * dovetti convincermi che le armi, le munizioni * il denaro *, per quanto graditissimi, non lo appagavano completamente.

L'esercito scioano era scaglionato lungo la sponda sinistra del fiume Abat nei paesi galla del sud ed il giorno stesso del mio arrivo erano giunti corrieri al re dai suoi generali che re Giovanni dalla parte di Amuru aveva passato a guado il fiume Abai e che era già sul territorio appartenente allo Scioa.

Ciò che più di tutto interessava il re in quel momento decisivo era di poter essere sicuro che dalla parte di Massaua si agiva militarmente; invece informatori del Tigrè assicuravano che tutto il paese era tranquillo con degiac Ailu Mariam e Debeb: in quanto agli italiani, non solo non si preparavano alla guerra, ma avevano anche riaperto al commercio la via di Massaua.

Queste informazioni arrivarono contemporaneamente alle lettere reali e ministeriali dove si assicurava Menelik della nostra cooperazione (1).

lO

Malgrado ciò presentai a Menelik il trattato che lettolo, mi assicurò lo avrebbe firmato e questa sua promessa la ripeté nelle lettere che inviò al nostro re ed all'E. V. (l) in termini molto espliciti.

Re Giovanni non passò l'Abai, causa la malattia sviluppatasi nel suo esercito che lo costrinse ad abbandonare l'impresa retrocedendo verso il Beghemeder.

Mentre re Giovanni compiva la sua ritirata verso il Beghemeder, Menelik riuniva tutto l'esercito quasi abbandonando tutti i paesi del sud e si diresse sui Uollo Galla dove già si era fatto precedere dai suoi emissari che avevano occupato per conto del re di Scioa quel vasto paese che da circa sette anni apparteneva politicamente a re Giovanni.

La presenza di Menelik nei Uollo era la maggiore provocazione che poteva fare contro il re Giovanni il quale vedeva ormai scosso il suo potente prestigio. Dopo 18 anni d'indiscutibile supremazia * e potenza *, re Giovanni era troppo fiero per non sentire tutte le umiliazioni che da qualche mese subiva.

Nel marzo 1888 a Saati si era ritirato di fronte alle truppe italiane.

Nel Goggiam, ottobre-febbraio dello stesso anno, non aveva avuto che perdite perdonando e pagando una provincia (Agomeder) ad un re vassallo per ottenere pro forma una sottomissione che non gli accresceva né potenza né gloria.

A ciò si aggiunga la ritirata (febbraio-marzo) mentre già l'avanguardia aveva oltrepassato i confini scioani dalla parte di Amuru.

Da re di senno, quale fu sempre, riconobbe che per invadere lo Scioa aveva bisogno di un fatto glorioso per rialzare il suo prestigio prima e contemporaneamente di tener libera la via ad una ritirata se le sorti della guerra gli fossero state sfavorevoli.

Per raggiungere questi due scopi prese la via di Metemma, sicuro che, [dopo] una vittoria contro i darvisch, il popolo cristiano l'avrebbe acclamato salvatore dell'Etiopia, !',eletto da Dio e con questa nuova aureola di gloria più facilmente avrebbe potuto affrontare una guerra nello Scioa.

L'attacco contro i mussulmani di Metemma gli fu fatale. Gli fu fatale perché dovè combattere con un esercito stanco e malcontento. La morte di re Giovanni liberò Menelik da una guerra creduta con ragione inevitabile. Il potente rivale si proclamò subito re dei re dell'Etiopia e come tale lo riconobbero il Goggiam, i Uollo, il Beghemeder.

Tutto questo Menelik lo fece senza usare la forza. Io che ero presso di lui vidi che agiva con una calma e sicurezza veramente ammirevoli. Potei convincermi sempre più della sua intelligenza e tatto finissimo col quale sapeva trattare le questioni riguardanti la sua nuova ed ambita posizione.

In pochi mesi, meno il Tigrè, egli ha conquistato tutto il regno di Giovanni senza perdere quelli vastissimi dei galla, da avere oggi un Impero che nella storia etiopica non ha altri riscontri che negli antichi imperatori prima dell'invasione di Gragne.

Stando così le cose, Menelik continuava a sorprendersi, con meno malumore come mai l'Italia fosse restata inattiva. Nella sua mente era nata l'idea che da noi si fosse riconosciuta l'impossibilità di lottare in un paese come l'Etiopia oppure che non si era prestato fede alle sue promesse.

La famigliarità nella quale vivevo col re mi diede campo a spiegare in via amichevole molte cose, cercando sempre però di ben fissare nella mente del nuovo re dei re che se voleva la pace coll'Italia doveva rimuovere le cause che l'avevano turbata dalla parte del Tigrè, cedendo quel territorio che re Giovanni aveva ricusato di accordare.

Nella seconda metà del maggio u.s. fu decisa la partenza di degiac Makonnen e si venne alla firma del trattato considerando Menelik non più come futuro pretendente ma come sovrano supremo dell'Etiopia.

Le negoziazioni durarono vari giorni perché ogni frase del trattato volle dal re essere lungamente spiegata e commentata.

*Debbo confessarlo, in quelle trattative ebbi di mira una sola cosa e fu quella di stabilire i confini ottenendo la cessione del territorio domandato. Se nel momento delle trattative avessi avuto la notizia che le nostre truppe erano già sull'altipiano sarei stato più esigente, non so se più fortunato. Ad ogni modo però si deve tener conto che Menelik cedeva il territorio prima che le nostre truppe occupassero il Bogos e l'Asmara* (1).

Ed ora mi conceda V. E. un breve esame del trattato firmato comparandolo al progetto ministeriale.

Art. I

In quest'articolo la sola variante è il titolo a Menelik di re dei re.

Art. II

Contiene poche e non importanti variazioni nel secondo periodo dove comincia: «Tali funzionari, ecc. » e ciò per facilitare nella traduzione amarica *la costruzione che si presta pochissimo alla traduzione nella nostra lingua *

Art. III

Il più importante. E' identico al progetto ministeriale fino alle parole «i cui capisaldi siano stabiliti come appresso ».

Il paragrafo a) non è compreso nel progetto, fu aggiunto per esplicita volontà del re Menelik che ha sostenuto dov·ere il ciglio dell'altopiano servire di base per segnare il confine.

b) Era nel progetto. Ad Amfila fu sostituito Arafali per consiglio del signor generale Baldissera. Trovai che l'osservazione era giusta perché nella carta dove il Ministero della guerra aveva tracciato la linea di confine da doman

darsi, questa partiva da Arafali e la parte di Amfila non era compresa in quelle carte. La linea di confine accordata rappresenta il massimo del desideratum, meno Zazega. Per compenso però fu accordato Saganeiti.

c) Az Nefas ed Az Joannes marcano il nostro confine mentre nel progetto era nel paragrafo b) il corso del fiume Anseba. Si è guadagnato Az Joannes

* escluso dal massimo del desideratum del Ministero della guerra *.

d) Da Az Joannes, una linea retta da est ad ovest marcherà il confine dello Stato etiopico. Nel progetto sotto U paragrafo c) questa linea si sarebbe dovuta marcare partendo dal monte Maimadef, molto più al nord e perciò meno vantaggiosa per il nostro confine.

Questi confini non furono tracciati dal re Menelik a capriccio ma dopo maturo esame e lunghe discussioni alle quali assistettero degiac Makonnen e degiac Masciascia Uorkiè.

Il re, non conoscendo il Tigrè, chiamò persone native dell'Amasen e dei Bogos per avere esatte informazioni sulla posizione delle località; nel fare le domande Sua Maestà insisteva sempre di voler sapere se una data località era situata sull'orlo dell'altopiano oppure no, perché, come più sopra accennai, la linea di confine secondo gli intendimenti del re dovrebbe essere l'orlo dell'altopiano iricludimdovi, ben inteso, l'Asmara e altri villaggi.

* Per maggiore chiarezza acchiudo le tre carte A, B, C, che mi furono date colla linea di confine dal Ministero della guerra coll'avvertenza che l'A era il maximum, B il minimo, C il sine qua non.

Dall'esame di questi 3 confini con quello accordato da Menelik ad eccezione di Zazega nel complesso però è più vasto il confine ottenuto che quello domandato come maximum *.

Art. IV

Questo articolo fu aggiunto al progetto e riguarda il convento di Debra Bizen perché sia considerato come appartenente al Governo etiopico, che però non potrà mai servirsene per scopi militari.

Art. V

Questo era l'art. IV del progetto. Si riferisce ai diritti di dogana con un solo dazio di entrata dell'8 per cento sul valore delle merci. Non potei ottenere la esenzione dal dazio perché il re mi disse che una delle sue principali rendite sono le dogane. Proposi di fissare un compenso annuo da stabilirsi anche generosamente ma non fu accettato in nessun modo.

Art. VI

CQme nel progetto ministeriale. Permette al solo re dei re l'importazione delle armi e munizioni. Questa condizione è indispensabile per chi voglia mettersi in relazione commerciale coll'Etiopia. Le armi se proibite da noi servirebbe questo divieto

allo sviluppo del commercio dalla parte di Obock e Ras Gibuti con nostro svantaggio. L'Etiopia bene armata è giovevole perché sarà potente per reprimere le invasioni madiste, mentre se queste soprafacessero gli etiopi, l'azione civilizzatrice europea incontrerebbe maggiori difficoltà e pericoli.

Art. VII

Dà piena facoltà ai sudditi dei due Paesi di viaggiare ecc. godendo della maggiore protezione. L'ultimo periodo dell'articolo mira ad impedire razzie agli amarici nel nostro territorio. E' identico al progetto ministeriale.

Art. VIII

Come il progetto. I sudditi dei due Paesi amici hanno facoltà di comprare, vendere e saranno alla pari degli indigeni.

Art. IX

Come nel progetto ministeriale. Garantisce la pratica della propria religione.

Art. x

Riguarda le liti in Etiopia dove sarà sempre giudice l'autorità italiana. Fin qui come nel progetto. Le liti fra italiani ed etiopi saranno di competenza della autorità italiana e di un delegato etiope. Nel progetto c'era che H delegato etiope avrebbe potuto assistere al giudizio. In questa come in altre simili questioni trovai il re di una suscettibilità spaventosa. Non ammetteva che due Governi cristiani amici non dovessero poter proteggere egualmente i propri sudditi.

Art. XI

Garantisce la custodia della proprietà in caso di morte. Fu cambiata la frase, ma la sostanza è come nel progetto ministeriale.

Art. XII

Questo articolo è come nel progetto ministeriale fino alle parole nel secondo periodo «dell'autorità etiopica~. Garantisce ai sudditi italiani che commettessero reati di essere giudicati sempre dalle loro autorità, con l'obbligo alle autorità etiopiche di consegnare a quelle italiane i rei.

Egualmente gli etiopi, imputati di un reato, saranno giudicati dalle loro autorità. Fu tolta la parte che contempla il caso che il reato commesso dall'etiope sia a danno di un italiano, come pure non fu accettato che i reati commessi contro militari italiani fossero di competenza del tribunale militare italiano.

Per quanto abbia fatto e detto, non riuscii a persuadere il re di firmare l'articolo come era stato progettato. Il re disse che aveva le sue leggi e che se si fosse d'ate. il caso che un etiope uccidesse un italiano, l'etiope, in forza della sua legge, sarèbbé stato immediatamente condannato a morte. Le difficoltà incontrate in questo articolo è perché in Etiopia il re stesso amministra la giustizia.

Art. XIII

. Riguarda la consegna dei delinquenti rifugiati nel paese dell'altro per sottrarsi alla pena. E' identico al progetto ministeriale.

Art. XIV

Come sopra. Abolizione della tratta dei schiavi.

Art. XV

Fu tolta la parte che il trattato andasse in vigore quando il re Menelik fosse proclamato re dei re, perché già si considerava come tale. Fu stabilito invece che il presente trattato avesse vigore in tutta l'Etiopia.

Art. XVI

Per le condizicni cambiate dell'Etiopia, firmando Menelik già come re dei re, fu tolta la parte che obbligava di tener segreto il trattato e la facoltà di sostituirlo con altro trattato palese quando fossè stato eletto re dei re.

Fu sostituito da altro articolo che dà facoltà alle alte parti contraenti di modificare dopo cinque anni il presente trattato. * A mio credere il R. Governo dovrebbe attendere appunto questi cinque anni per sostituire a questo un altro trattato*.

Con questo abbiamo ottenuto di stabilire una linea di confine in forza del trattato stesso, ed appena Menelik sarà padrone del Tigrè, questo ci permetterà di togliere lo stato di guerra, e di custodire le nostre colonie con pochi soldati, diminuire le spese ed accrescere l'entrate coi proventi delle dogane.

Per gli etiopi Massaua è il loro sbocco commerciale che preferiscono a tutti gli altri.

La prova di questo si ha che molti commercianti dello Scioa e del Gondar che sono stabiliti in Scioa, ora che la via di Massaua è chiusa e che potrebbero approfittare di quella di Harar, non lo fanno e preferiscono restare inattivi aspettando che torni ad aprirsi la via di Massaua.

Menelik ama sviluppare il commercio e comandando tutti i paesi galla fino al Kaffa può aprire una via che sarà vantaggiosissima per le nostre dogane.

Un perfetto accordo coll'Etiopia offre il vantaggio di darsi allo studio pratico del paese che vogliamo civilizzare * per prepararlo ad una nostra azione più vasta*. Quest'accordo potrà attenersi, più che con la guerra, col commercio tenendo conto specialmente che i re in Etiopia fanno loro stessi del commercio.

Art. XVII

Il re dei re consente di servirsi del Governo italiano per le trattazioni di affari che avesse con altre Potenze. Questo articolo è come nel progetto.

Art. XVIII

Tutto l'articolo restò come nel progetto ministeriale e si riferisce ad accordare ai sudditi italiani la preferenza a quei privilegi che il re intendesse dare a cittadini di un terzo Stato, purché vi sia parità di condizioni.

Art. XIX

Come nel progetto. Le due versioni italiana ed amarica dovranno entrambe ritenersi ufficiali.

Art. XX

Si riferisce alla ratifica del presente trattato (1).

Questo è quanto mi riuscì eli fare accettare dal re Menelik e mi sembra sufficiente per garantire la sicurezza delle nostre colonie e la protezione ai viaggiatori e commercianti italiani che vorranno recarsi nell'Etiopia. * Proporre oggi a Makonnen di modificare od interpretare quello che dal suo re fu stabilito sarebbe, secondo il mio debole parere un errore grande perché si susciterebbero delle diffidenze e dei dubbi da intralciare un lavoro bene avviato*.

Restando in Europa è facile compilare vantaggiosi progetti di trattati; il difficile è di farli approvare ai re d'Etiopia che ebbero sempre orrore di legarsi con patti ad una Potenza civile.

L'Inghilterra con tutto il prestigio acquistato nella spedizione di Magdala, dopo di aver posto sul trono una sua emanazione -re Giovanni -volle con questi fare un trattato collo scopo di unire le forze etiopiche alle inglesi per battere i musulmani, costante pericolo di tutta l'Etiopia, e non riuscl. Malgrado tutti i vantaggi proposti, l'ammiraglio Hewett non ottenne che un trattato dove tutti i vantaggi erano pel re Giovanni e nessuno per l'Inghilterra.

Tutto ciò accadde perché Hewett trovò in re Giovanni la tradizionale ripugnanza di far trattati. Menelik, per quanto a noi amico, deve conciliare le nostre alle sue esigenze per mantenersi fedeli i vari elementi del suo popolo che deve governare.

Il presente trattato marca un primo passo in avanti che potrà essere seguito da molti altri, se con calma e costanza seguiremo un programma facile che miri a darci coll'Etiopia un periodo di pace e di tranquillità * che abbia per base di essere esigenti solo quando saremo decisi ad essere potentemente energici •.

(l) -Per la risposta cfr. n. 20. (2) -Da ACS, Carte Crispl. (3) -Cfr. n. 9. (4) -Cfr. n. 10. (5) -Ed., con varianti e l'omissione dei passi fra asterischi, in L'Italia in Africa, Etiopia Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 274-280 e in LV 66, pp. 427-433. Sulle discussioni alla Consulta circa la redazione del Trattato di Uccialli si conservano in ACS, Carte Crispi, tre promemoria preparati dal console Branchi, addetto all'Ufficio coloniale, per Pisani Dossi. Cfr. in proposito (6) -Cfr. serle II, vol. XXII, n. 317. (7) -In LV 66 «avversario».

(l) Cfr. serie II, vol. XXII, n. 293. Le lettere di re Umberto a Menelik dello stesso giorno sono edite in LV 66, pp. 349-351.

(l) Cfi·. L V 66. pp. 374-375.

(l) Questa frase fra asterischi è pubblicata in L'Italia in Africa ma é omessa in LV 66.

(l) In LV 66 e in L'Italia in Africa è qui aggiunta la !rase seguente: «Inutile osservare che avendo re Menelik negoziato e stipulato in persona e posto lui stesso il suggello imperialeal trattato, non occorre a quest'ultimo altra rati!icazione all'infuori di quella di S. M. il nostro Augusto Sovrano >>.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. SEGRETO S.N. Berlino, 10 settembre 1889, ore 15,30.

Comunicai al sottosegretario di Stato contenuto del telegramma direttomi ieri da V. E. (1). Conte Berchem, come generale Menabrea, non crede ad intenzioni offensive del Governo francese. Relativamente ai movimenti di truppe francesi in generale e sul nostro confine in particolare, l'addetto militare tedesco a Parigi, ritenuto dal suo Governo come ufficiale dei più distinti e scaltro osservatore, rivolse dietro speciali istruzioni tutta la sua attenzione sui medesimi. In un lungo e recente rapporto, egli contestò però assolutamente che tali movimenti avessero carattere offensivo contro l'Italia. Cionondimeno, il conte Berchem non mancherà di comunicare al cancelliere a Friedrichsruh notizie fornitemi da V. E.

15

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (2)

T. RISERVATISSIMO S.N. Napoli, 10 settembre 1889, ore 16,55.

Dal Gabinetto di Berlino fummo assicurati che l'azione dell'alta Banca tedesca in favore della nostra rendita si spiegherebbe allorché fosse discesa sotto il corso di 93. E' attualmente in Parigi scesa a 91, ed a Berlino a 92 e frazione. Desidero dunque che V. E. riprenda immediatamente la pratica presso codesta Cancelleria acciocché signor Bleichroeder od altri siano interessati ad entrare in campagna per il rialzo dei nostri fondi. Aspetto risposta (3).

16

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLE' VIALE (4)

T. SEGRETO S. N. Napoli, 10 settembre 1889, ore 18.

Qualunque possano essere gli scopi attuali della Francia, certo è che in un avvenire più o meno lontano il Governo della Repubblica ci vorrà fare la guerra. Bisogna dunque tenersi pronti, e perché il colpo non ci trovi impreparati,

è necessario svecchiare i comandi, affinché i nuovi nominati conoscano le truppe e ne siano conosciuti. Pei quattro grandi comandi io darei ai quattro generali già indicati l'ispezione generale dei corpi che un giorno dovranno comandare. Prego sollecitare la fabbrica delle armi.

(l) -T. riservato del 9 settembre, non pubblicato, con eu! Cr!spi aveva dato comunicazione a Beccarla del contenuto del n. 9 perché ne desse notizia alla Cancelleria Imperlale «sogg!ungendo che ciò essendo saremmo costretti a riunire sul nostro confine forze sufficienti a parare ad ogni genere d! eventualità». (2) -Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, c!t., p. 180. Il telegramma è indirizzato personalmente a de Launay il quale si t.rovava però ad Harzburg; Beccarla provvide ad inoltrarlo. (3) -Cfr. n. 18. (4) -Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (l)

T. RISERVATO S. N. Napoli, 10 settembre 1889, ore 23,25.

In seguito mio telegramma odierno (2) la prego far notare a codesta Cancelleria come la cospirazione alla Borsa di Parigi contro il nostro 5 % sia oramai evidente. I bollettini finanziari dei giornali francesi la mostrano tale, ed ormai bisogna esser ciechi per non vedere che la guerra che per il momento non ci si fa colle armi, ci vien fatta deprezzando il nostro credito. La rendita in pochi mesi è ribassata di sei punti e continua a ribassare per le false notizie diffuse dalla stampa.

18

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. RISERVATO S. N. Berlino, 11 settembre 1889, ore 16,15.

Mi sono affrettato trasmettere conte de Launay telegramma personalmente direttogli ieri (2) da V. E. relativamente nostra rendita. Sottosegretario di Stato m'informa intanto che in seguito nostra ccnversazione, da me riferita a V. E. con rapporto dell'B corrente n. 419 (3), egli ha ordinato al conte Goltz di recarsi costà per sottomettere a V. E. un piano d'azione per combattere ribasso della nostra rendita. Conte Goltz deve arrivare oggi a Napoli.

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IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, MORIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

N. RISERVATA 416. Roma, 11 settembre 1889 (per. il 14).

Trasmetto a V. E. un brano di rapporto del comandante Gualterio, addetto navale alla r. ambasciata a Berlino, relativo ad un colloquio da lui avuto col

comandante in capo della marina germanica, vice ammiraglio von der Goltz (1).

Da questo brano di rapporto risulta che l'ammiraglio von der Goltz fece al comandante Gualterio qualche apertura circa concerti che sarebbe opportuno prendere in previsione dell'eventualità di un'azione comune alla quale, in determinate circostanze, potrebbero essere chiamate la nostra marina e la germanica.

Il comandante Gualterio, non avendo istruzioni speciali a tale riguardo, giudicò conveniente di mantenersi in una riserva che sembra avere alquanto sorpreso l'ammiraglio von der Goltz, e ora chiede a quale norma egli debba informare la sua condotta nel caso in cui l'autorità marittima germanica ritorni con lui sopra siffatto argomento.

Questo ministero è pronto a trattare la quistione alla quale ha alluso l'ammiraglio von der Goltz nel colloquio anzidetto e non ha alcuna difficoltà a comunicare al comandante Gualterio le sue vedute su di essa e a dargli l'incarico di esporle al comando della marina germanica; ma, prima di entrare in tale via, crede necessario sottoporre all'apprezzamento di V. E. la seguente considerazione.

Quando, in seguito agli accordi presi con codesto ministero, fu deciso ed attuato l'invio d'un addetto navale alla r. ambasciata di Berlino, era lecito supporre che questa disposizione avrebbe provocato, come naturale conseguenza, la destinazione di un addetto navale germanico a Roma.

Un tale atto avrebbe posto le autorità che hanno rispettivamente nei due Paesi la direzione suprema dell'azione militare marittima in condizioni pari per quanto si riferisce allo scambio d'idee e alle possibili trattative di cui l'ammiraglio von der Goltz tenne parola al comandante Gualterio.

Se, invece, la situazione reciproca avesse da rimanere qual'è ora, il Governo italiano si troverebbe nella condizione di dover condurre le trattative suddette per mezzo di un suo delegato, mentre il Governo germanico vi prenderebbe parte diretta.

Nel caso in cui succedessero gli avvenimenti in previsione dei quali si vorrebbe gettar le basi di un accordo fra le due marine, l'Italia sarebbe più direttamente della Germania impegnata nell'azione navale e parteciperebbe a questa col massimo nucleo di forze.

Tali circostanze, e specialmente la seconda, sembrerebbero dover indicare Roma, piuttosto che Berlino, quale sede opportuna per i concerti da prendersi.

V. E. giudicherà se convenga insistere presso il Governo germanico per ottenere questo risultato. Intanto il sottoscritto si asterrà da dare al comandante Gualterio istruzioni speciali sino a che l'E. V. gli abbia esposto il suo modo di vedere circa il delicato oggetto della presente nota (2).

7 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 180-181, erroneamente unito al telegramma edito al n. 15.

(2) Cfr. n. 15.

(3) Non pubblicato.

(l) -Dell'allegato, datato 27 agosto, si pubblica solo !l seguente brano: «nell'udienza avuta in Roma da S. E. il presidente del Consiglio prima della mia partenza egli mi accennò bensì alla possibilità ed opportunità di effettuarlo [l'accordo] nella previsione di future eventualità che potessero richiedere un'azione combinata delle due marine ma solo come caso probabile e non estraneo alla mia missione ». (2) -Non si sono trovati altri documenti significativi sull'argomento relativi al Ministero Crispi.
20

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. PERSONALE 311 (1). Londra, 13 settembre 1889, ore 1,20 (per. ore 4,40).

Conferenza di Bruxelles. Concerto fra Italia e Inghilterra (2). Risposta Salisbury: c Esaminerò con molto piacere suggerimento Crispi, ma temo che un accordo definitivo fra noi due prima che la conferenza si riunisca potrà esser mal visto dalle altre Potenze~. Nonostante tali timori spero ottenere che Salisbury dia ordini conformi desiderio palesatogli (3).

21

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 1270/426, Berlino, 14 settembre 1889 (per. il 19).

A conferma dei miei telegrammi del 10 e 13 corrente (4), ho l'onore d'informarla come, in seguito alle notizie comunicate, per ordine di V. E. (5), sin dallo scorso luglio alla Cancelleria imperiale dal r. ambasciatore circa gli intendimenti ostili della Francia a nostro riguardo, l'addetto militare germanico a Parigi ricevette istruzioni di seguire attentamente i movimenti di truppe francesi verso il nostro confine. Il maggiore di Huene, ritenuto dai suoi superiori come un uffiziale assai distinto ed osservatore molte sagace, non mancò a quel compito. Secondo informazioni da lui inviate al suo Governo sotto la data del 31 agosto ultimo, e comunicatemi dal sottosegretario di Stato, dietro autorizzazione del cancelliere, le attuali manovre francesi presso il nostro confine sarebbero manovre di brigata del quattordicesimo corpo d'esercito. La cinquanteseiesima brigata di fanteria, appartenente al corpo suddetto, manovrerà tra Chambéry e Modane. Il terreno d'operazione delle altre tre brigate non è conosciuto con sicurezza. Nella regione di Briançon si troveranno, però, probabilmente la cinquantaquattresima brigata fanteria -di cui un reggimento e lo Stato Maggiore sono di guarnigione aGap-e la cinquantatreesima brigata fanteria, un reggimento e lo Stato Maggiore della quale tengono guarnigione a Grenoble. Le due brigate manovreranno probabilmente separatamente. Le truppe saranno, è vero, disposte come se avessero ad entrare in Italia. Ma tali manovre, ripetendosi regolarmente, non

avrebbero nulla d'insolito. Ammettendo anche, ciò che il maggiore Huene non crede, che le due brigate suddette venissero riunite al di là di Briançon, esse formerebbero un effettivo di ottomila uomini. Aggiungendovi il reggimento

n. 157, di stanza a Briançon, e forte di millecinquecento uomini, nonché i 2.500 soldati alpini dei quali può disporre in quelle parti il Governo della Repubblica, le forze francesi salirebbero colà a dodicimila uomini al massimo, senza riserve dietro di loro. Qualora si arrischiassero a penetrare in Italia, essi non potrebbero andar lontano. È dunque impressione di queste autorità militari non esservi al momento nulla che necessiti provvedimenti difensivi al nostro confine.

Pure essendo convinto che le notizie, fornite senza dubbio dal tenente colonreno Massone, concorderanno con quelle che precedono, il sottosegretario di Stato pensa che tornerà gradito al R. Governo di vederle confermate.

Relativamente alle intenzioni aggressive della Francia verso di noi, non posso che riferirmi a quanto il r. ambasciatore ebbe già a scrivere in proposito all'E. V., che cioè la Cancelleria imperiale non crede che tali sentimenti sieno alla vigilia di esplicarsi armata manu. Il principe di Bismarck non ammette che il Governo della Repubblica voglia impegnarsi in una guerra alla vigilia di elezioni generali importantissime, mentre sta ancora aperta l'esposizione. Neppure sembra probabile che la Francia, per quanto pronta a correre le avventure, s'arrischi a entrare in campo senza alleati. È invece opinione della Cancelleria imperiale che i francesi cerchino con tutti i mezzi possibili a far nascere e tener vive in Italia continue diffidenze ed inquietudini, nella speranza di nuocere così al nostro credito ed alla nostra economia pubblica.

Avendo chiesto al sottosegretario di Stato se non sapesse nulla di accordi che certi giornali vogliono sieno stati di recente conclusi tra la Francia e la Russia, egli m'assicurò non risultargli alcun che in proposito. Ad ogni modo il soggiorno attuale dello czar in Danimarca, la presenza dello czarevitch a lato dell'imperatore Guglielmo alle grandi manovre che si svolgono in questi giorni nel Hannover, non sono certo indizi di prossime ostilità da quella parte.

Può darsi che le impressioni manifestatemi dal sottosegretario di Stato sieno impronte a soverchio ottimismo. Comunque sia, è mio dovere e non posso far altro che riprodurle tali quali.

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma Il telegramma non è stato protocollato. (2) -Cfr. n. 11. (3) -Cfr. n. 22. (4) -Cfr. n. 14. Il T. segreto del 13 settembre non è pubblicato perché analogo al presente rapporto. (5) -Cfr. serle II, vol. XXII, nn. 633 e 641.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI (l)

T. 2623. Londra, 17 settembre 1889, ore 17,36 (2).

Nonostante mancanza pieni poteri ho firmato il 14 corrente con lord Salisbury la convenzione sulla tratta (3) che è la più completa sino ad ora stipulata.

Per essa l'Italia e l'Inghilterra assumono obbligo considerare tratta come atto di pirateria. Un articolo del tutto nuovo dà facoltà agli incrociatori di una delle due parti di consegnare un bastimento catturato con economia di spesa e di tempo agl'incrociatori dell'altra. Prego V.E . fare inserire nei pieni poteri data anteriore al 14 corrente e di dare disposizioni per spedire al più presto possibile ratifiche in considerazione prossima Conferenza Bruxelles. Una copia convenzione giunge oggi a Roma.

(l) -Ed. in LV 67, pp. 77-81. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (3) -Cfr. Trattati e convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. 12 (1889-18191), Roma, Tipografia nazionale di G. Berterio, 1892, pp. 110-115.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2701 (1). Therapia, 17 settembre 1889, ore 18 (per. ore 22,45).

Circa incidente Prevesa, la Porta è informata da Londra e da Berlino che

V. E. non avrebbe manifestato intenzione di dare seguito all'incidente. Qualunque sia fondamento di questa informazione, non ho lasciato ignorare al Governo imperiale che le mie istruzioni (2) erar..o categoriche; ma mi è difficile prendere responsabilità d'una decisione sull'opportunità che V. E. lascia a mio giudizio d'un linguaggio comminatorio in vista della prevedibile partenza d'Ahmed per Gianina, tanto più che in tal caso la Porta ricorrerebbe nuovamente ai miei colleghi d'Inghilterra e Germania, e che essi non si crederebbero autorizzati ad appoggiarmi su tale via e non sarebbero disposti a chiedere ai loro Gabinetti tale autorizzazione. [Prego V. E.] telegrafarmi istruzioni (3).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 2187. Napoli, 22 settembre 1889, ore 12.

Prego telegrafarmi a qual punto sia incidente Prevesa (4). E' poi mia intenzione che, qualora Eyub Ahmed pascià si restituisca all'antica sua residenza senza adempiere a quello che noi riteniamo suo dovere, ella lasci Costantinopoli.

(-4) Per la risposta cfr. n. 28.
(l) -Poiché Crispi si trovava a Napoli numerosi telegrammi in arrivo sono stati protocollati in ritardo. (2) -Cfr. n. 7. (3) -Cfr. n. 24.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. 2188. Napoli, 22 settembre 1889, ore 16,15.

È a mia conoscenza (l) rappresentante germanico a Costantinopoli sarebbe d'avviso poter noi contentarci della soddisfazione avuta e non insistere a domandare che Eyub Ahmed o non ritorni a Gianina o ritornando faccia visita personale che reputiamo doverosa. Credo opportuno codesta ambasciata sappia ad ogni buon fine e per potere all'uopo esprimersi in tal senso: l) che ritorno maresciallo a Gianina è dovuto, secondo noi, ad intrighi franco-russo tendenti a mantenere tensione fra i Governi, al che riescono, ed a procurare smacchi all'Italia, il che non permettiamo possa avvenire; 2) che nessuna legittima ragione richiede quel ritorno, il territorio ottomano non essendo minacciato; 3) che se esiste una soluzione soddisfacente dell'incidente diversa dalle due che noi consideriamo costituire la sola alternativa ammissibile da noi, saremmo, per desiderio di conciliare, disposti ad accettarla. In tal senso mi sono espresso col conte Goltz con cui la conversazione venne incidentalmente su quell'argomento. Soggiungo ad ogni buon fine avere ordinato che, qualora la Porta passasse oltre alle nostre richieste, Blanc lasciasse Costantinopoli (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. RISERVATO S.N. Napoli, 22 settembre 1889, ore 19,55.

Da preliminare comunicazione confidenziale risultami che domani le ambasciate d'Inghilterra e di Germania rimetteranno alla Consulta note pure confidenziali annuncianti: l) la liberazione degli schiavi nello Zanzibar a datare dal 1° novembre; 2) la cessazione del blocco; 3) l'autorizzazione data dal detto sultano alle navi inglesi e germaniche di visitare le navi sotto bandiera araba. Desidererei conoscere alcun che sui negoziati che hanno condotto a tale accordo. La nostra intimità coi due Governi, i negoziati nostri recenti con l'Inghilterra

in materia di tratta (1), i nuovi nostri interessi sula costa orientale d'Africa avrebbero dovuto consigliare a codesto Governo ed al germanico di consultarci nei negoziati e farci partecipi nell'accordo, Desicler'J sollecita risposta (2),

(l) -Il telegramma è stato redatto in base a un appunto privo di firma del 20 settembre su una conversazione d! Cr!sp! con Goltz. (2) -Cfr. n. 24.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AL, CRISPI

R. CONFIDENZIALE 1109/612. Vienna, 22 settembre 1889 (per. il 25).

Essendo andato oggi, prima di partire in congedo, a salutare il conte Kalnoky, reduce da Pest, S.E. mi partecipò le sue preoccupazioni relativamente allo stato attuale di cose in Serbia e in Bulgaria, e m'informò delle comunicazioni che egli aveva creduto di dover fare recentemente alla Turchia riguardo alla condizione politica e diplomatica di quest'ultimo Stato.

Per ciò che spetta alla Serbia, il conte Kalnoky non si mostra soverchiamente inquieto. Riconosce che la situazione non v'è buona, che la presenza prossima della regina Natalia in Serbia dall'un lato, e dall'altro le ambizioni montenegrine, accresciute ora dai legami di famiglia contratti tra la Corte di Cettigne e quella di Pietroburgo, tengono il paese in uno stato, per dir così, di inquietudine morbosa. Ma crede che se qualche evento può prodursi a Belgrado, questo potrà mantenersi ivi localizzato, in guisa da non disturbare la pace europea.

Ma per la Bulgaria la cosa può diventar più grave, se quel Governo, stanco dell'attuale stato di cose, proclamasse ad un tratto l'indipendenza del Principato, e se il principe assnmesse il titolo regio. Il Governo bulgaro non cessa di far sapere che lo stato presente non può perpetuarsi, né essere mantenuto a lungo, e reclama nel suo riconoscimento legale per parte dell'Europa un premio alla condotta saggia e pacifica del Principato durante questi ultimi due anni.

Il conte Kalnoky ha stimato suo dovere d'attirare l'attenzione della Sublime Porta, per mezzo di quest'ambasciata turca in Vienna, su questo stato di cose, e sul pericolo che può sorgere se ad un tratto il Principato bulgaro proclama la indipendenza e piglia il titolo regio. Per prevenire un simile fatto, che può prodursi da un istante all'altro, parrebbe al conte Kalnoky che la Sublime Porta dovrebbe prendere l'iniziativa per regolarizzare la situazione diplomatica internazionale del Principato, cioè dando la voluta soluzione alla qulstione della Rumelia orientale, e a quella del riconoscimento del principe Ferdinando. Il Governo austro-ungarico non fa nessuna proposta, e non ha da prendere alcuna iniziativa. Esso ha già fatto sapere in recente memorabile occasione che è

disposto a riconoscere l'elezione del principe Ferdinando. Non spetta ad esso il procedere più oltre. Bensl crede opportuno che S.M. il Sultano non ignori il pericolo che può sorgere da una continuata inazione, e sia consapevole di queste preoccupazioni del Gabinetto di Vienna.

Queste stesse preoccupazioni, che il conte Kalnoky volle parteciparmi, saranno pure fatte conoscere da esso al principe di Reuss, ambasciatore di Germania, e all'ambasciata della Gran Bretagna in Vienna. Egli crede che qualora esse siano divise dalla maggior parte dei Gabinetti delle Grandi Potenze, e la Sublime Porta lo sappia, forse questa si deciderà ad una iniziativa, che soddisfacendo in parte i desideri del Principato bulgaro, avrebbe per effetto d'allontanare il pericolo d'una proclamazione d'indipendenza.

(l) -Cfr. n. 22. (2) -Catalani rispose con 'l'. 2719;320 del 24 settembre: «Iniziativa negoziati che condussero alla comunicazione fatta jeri a V. E. fu presa da Bismarck 11 quale propose che i consoli Ingh!lterra e Germania Inducessero sultano a emanare un decreto per delegare alle due Nazioni facoltà di reprimere tratta nelle acque Zanzibar ... E' chiaro che l'Italia in virtù interessi acquistati sopra una enorme estensione costa Zanzibar dovrà avere la stessa facoltà delegata dal sultano alla Germania ed Inghllterra ».
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. 2715. Therapia, 23 settembre 1889, ore 17,30 (per. ore 21,10).

Incidente Prevesa tuttora sospeso. I miei colleghi d'Inghilterra e di Germania mi hanno in generale espresso l'opinione che ogni mio passo personale che possa alterare le buone relazioni con la Porta dovrebbe anzitutto formare oggetto di intelligenza fra rappresentanti qui degli alleati. Essi deplorano l'incidente potendo posizione del gran visir, principale appoggio dell'alleanza, essere gravemente compromessa se Ahmed Eyub non potrà tornare a Gianina. Credo conforme agli usi e necessario che in affari di tanta gravità il mio linguaggio definitivo alla Porta venga avvalorato da dispaccio ministeriale scritto, il cui testo può anche venirmi telegrafato da V. E. (1).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

'l. 2733. Therapia, 24 settembre 1889, ore 12 (per. ore 20,50 del 25).

Confermo i miei telegrammi del 5, 17 e 23 circa affare Prevesa (2). Le impressioni avute dal gran visir in seguito ai suoi passi presso questi ambasciatori

d'Inghilterra e di Germania, che cioè V.E. non avrebbe dato seguito all 'incidente, ebbero maggior effetto sul Governo ottomano delle mie ripetute insistenze che sono state supposte ispirate da zelo. Il gran visir confidando che la quistione di visita potrà in ogni caso sciogliersi amichevolmente ha lasciato che il maresciallo si recasse a Gianina quando ricevesse ordine del ministro della guerra. Ho informato il gran visir che quando il maresciallo giunto a Gianina non facesse tosto la visita dovuta io domanderei a V.E . le ultime istruzioni ed ho fatto intravedere che sarebbe forse il caso che io lasciassi Costantinopoli.

(l) -Per la risposta cfr. n. 30. (2) -Cfr. nn. 7, nota 2, 23 e 28.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 2196. Napoli, 24 settembre 1889, ore 19.

Affare Prevesa. E' errore credere che a Gianina sia necessaria presenza di Ahmed Eyub. Le condizioni del vilayet sono oggi quali erano quando egli per non adempiere ad un dovere verso il nostro console se ne allontanò. Il Governo greco non minaccia. Gli manca anche il pretesto di Creta ormai pacificata. Il vilayet è tranquillo. Quanto alla posizione del gran visir che si pretende scossa dalle nostre legittime insistenze, essa certamente mi interessa né vorrei danneggiarla; ma non debbo essere accusato di debolezza né di poca cura nel fare rispettare il decoro italiano del quale rispondo dinanzi al Parlamento ed al Paese. Mantengo mie istruzioni (1).

31

L'AMBASCIATORE A MADRID, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2731. Madrid, 24 settembre 1889, ore 19,15 (per. ore 1 del 25).

Il ministro degli affari esteri osserva che nella stampa tedesca si nota certa soddisfazione per gli imbarazzi sorti in Marocco per la Spagna. Mi ha fatto notare come quel linguaggio venga a fornire una base che altrimenti mancherebbe a notizie tendenziose di parecchi giornali spagnoli che vorrebbero vedere negli imbarazzi stessi l'effetto di una azione dei rappresentanti esteri in Tan

geri, laonde poco benevoli per la Spagna. La nota dominante è che le Potenze centrali esercitano [pressioni] per far entrare il Governo spagnolo nella loro alleanza. Indico questa nota dominante perché altrimenti sarebbe difficile a

V. E. indovinare. Naturalmente i giornali che fanno una campagna in questo senso non tralasciano occasione di parlare con astio della fabbrica di armi che gli italiani, dicono essi, hanno stabilito in Marocco. Il ministro degli affari esteri non condusse il discorso suo a conclusione alcuna; ma io stimai dover a mia volta far rimarcare che nella situazione diplomatica a lui ben nota non mi parevano degne di fissare la sua attenzione le voci evidentemente sparse ad arte per eccitare il sentimento pubblico del paese in direzione contraria a qualsiasi accordo colla Triplice Alleanza. Le Potenze centrali non avevano alcun interesse ad impegnar la Spagna in difficoltà col Marocco. Stimo tuttavia opportuno informare V. E. di questi accenni fattimi da Vega de Armijo e della mia risposta, perché mi parve che questo ministro di Stato si trovi sotto una impressione che credo la politica italiana in Marocco od altrove non abbia certamente contribuito a produrre nell'animo suo (1).

(l) Cfr. n. 24.

32

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 627/313. Therapia, 24 settembre 1889 (per. il 2 ottobre).

Il gran vizir aveva ultimamente avuto da varie parti, e specialmente da Sofia e da Filippopoli, l'impressione che le aspirazioni del popolo bulgaro alla consolidazione del suo statu quo, cioè il riconoscimento sia dell'unione della Rumelia, sia dell'esistenza del Governo principesco, diventino sempre più meritevoli d'attenzione per parte della Potenza alto sovrana, essendo a temersi che quando dette aspirazioni non ricevessero fra breve qualche soddisfazione, i bulgari si dichiarino indipendenti. Sua Altezza aveva dunque divisato d'indirizzare alle Potenze una circolare con la quale, esposti i pericoli d'una situazione rimasta anormale solo per mancanza di acconce disposizioni per parte dell'Europa, la Porta, in virtù dell'iniziativa che le compete e della responsabilità che le incombe, inviterebbe i Gabinetti a rimediarvi con opportuni provvedimenti.

Il gran vizir aveva motivo, a quanto pare, di ritenere che in tale passo egli sarebbe incoraggiato a Vienna (2), bene accolto a Londra e non avrebbe incontrato ostacoli a Berlino. Una maggioranza sembrava così potersi formare anzitutto in via preliminare tra i Gabinetti dimodoché alla regolarità dello statu quo bulgaro non mancasse più che l'adesione di una o due Potenze; situazione

questa che, recando sufficienti guarentigie morali ai bulgari, li avrebbe impegnati a continuare nella via corretta in cui si mantengono da due anni.

Ma il sultano, venuto il momento di presentire formalmente le disposizioni delle Potenze, stimò dover dare la priorità alla Russia, e fece interpellare ufficiosamente il signor di Nelidov sulle eventuali disposizioni dello czar a prestare il suo concorso, per deferenza verso la Potenza alto sovrana, a legalizzare la posizione della Bulgaria. Il signor di Nelidov rispose in modo perentorio, anzi non senza alludere a possibilità di complicazioni, che mai la Russia avrebbe riconosciuto il principe Ferdinando. Codesta risposta allarmò non poco il sultano, il quale fece assicurare il signor di Nelidov che il messaggero del palazzo aveva esagerato la portata della comunicazione imperiale.

In seguito di ciò la Porta si è per ora astenuta dal dar seguito al suo disegno, e per non pregiudicarne le ulteriori possibilità di riuscita non persiste nel male avviato schema di circolare. Risulta però che il gran vizir non ha completamente abbandonato l'idea di legalizzare lo statu qua per prevenire nuovi rivolgimenti in Bulgaria. I miei colleghi amici dimostrano di ignorare al pari di me se e quali intelligenze siano state prese al riguardo tra i rispettivi Gabinetti, ma ritengono che la sistemazione della situazione anormale della Bulgaria è oggi posta sul tappeto, come riferii col mio telegramma del 23 (1). Mi asterrò, in difetto d'istruzioni, da qualsiasi apprezzamento sull'opportunità di un attuale riconoscimento in qualsiasi forma o misura, per parte della Potenza alto sovrana, del Governo della Bulgaria unita.

(l) -Per la risposta cfr. n. 36. (2) -Cfr. n. 27.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2732. Therapia,, 25 settembre 1889, ore 11,20 (per. ore 13,20).

L'ordine del ministro della guerra al maresciallo Ahmed Eyub di partire per Gianina è stato motivato da notizie inquietanti di quel vllayet e di Creta ove si fomenterebbe un doppio movimento da scoppiare dopo le feste matrimonio. Il maresciallo non avrà motivo di recarsi prossimamente a Prevesa ed il Governo ottomano si esporrebbe anche ad una dichiarazione di guerra anziché dargli ordine di recarsi espressamente a Prevesa per fare la visita, ordine al quale si è certi che il maresciallo disubbidirebbe ad ogni suo rischio personale. Non vi ha dubbio che i Gabinetti di Londra e di Berlino, cui la Porta sottopose la vertenza, non appoggiano punto qui la nostra esigenza di una visita mentre i colleghi amici si adopererebbero volentieri per altra soluzione

decorosa che le mie istruzioni però non mi permettono di consentire. Saprò oggi il risultato della mia comunicazione di jeri (l) e telegraferò subito a V. E. Faccio, senza ostentazione, i miei preparativi di partenza.

(l) Non pubblicato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. S.N. Napoli, 25 settembre 1889, ore 16.

Questione bulgara. E' mia ferma convinzione nulla doversi fare per mutare status quo nel Principato. Coi colleghi e con la Porta si esprima in tal senso. Ogni atto che rendesse nuovamente acuta la questione sarebbe pericoloso per la pace. Segue dispaccio (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, A LONDRA, CATALANI, E A VIENNA, AVARNA

T. S.N. Napoli, 25 settembre 1889, ore 16,35.

Blanc annuncia che Porta vorrebbe dirigere circolare alle Potenze in vista di regolare situazione anormale della Bulgaria (3). Crederei pericoloso tale atto, ogni mutamento allo status quo in Oriente potendo provocare gravissimi avvenimenti che da due anni ci sforziamo evitare. Prego verificare se codesto Gabinetto sia disposto a dissuadere la Porta dal mettere detto disegno ad esecuzione ed a dare istruzioni conformi al suo rappresentante in Costantinopoli (4).

(l) -Cfr. n. 29. (2) -D. 34830/196 del 26 settembre, non pubblicato. In un primo momento era stato mlnutato il seguente telegramma per Costantinopoli su eu! è annotato: «da svilupparsi in d!spac7cio»: «Questione bulgara. Rispondo al suo telegramma d! !eri l'altro. ~ mia ferma convinzione nulla doversi fare per mutare lo status qua in Bulgaria. La Russia è conseguente con se stessa; Nelidov non poteva rispondere altrimenti d! quel che fece. Ammetto le condizioni anormali della Bulgaria. Ma essa ne! suo! rapporti internazionali non potrà rientrare nella normalità se non col riconoscimento del principe per parte delle Grand! Potenze, a cominciare dalla Porta. Fino a tanto che questo riconoscimento non sia assicurato, la questione bulgarasurà circolo vizioso nel quale è pericoloso entrare, non facile uscire. Continuo, per conto mio, esercitare mia influenza a Sofia perché non s! commettano imprudenze come sarebbero proclamazione indipendenza e Regno; presso altri Gabinetti amici insisterò perché dissuadano Porta dal ridestare questione bulgara. La Turchia è vecchio edificio a toccare una parte del quale s! rischia precipitare il tutto. Co! colleghi e colla Porta consigli astensione da ogni passo onde potesse rimanere turbato status qua». (3) -Cfr n. 32. (4) -Per le risposte cfr. nn. 37, 38 e 42.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, TORNIELLI

T. RISERVATO S. N. (1). Napoli, 26 settembre 1889, ore 17.

Se il marchese della Vega de Armijo guarda ai precedenti, troverà le prove delle nostre benevole intenzioni per la Spagna al Marocco e del nostro disinteressamento in quell'Impero. Quanto alle intenzioni di Vienna e Berlino, credo poterle dire che colà non si pensa, se pure si è mai seriamente pensato, ad attirare la Spagna nella Triplice Alleanza; e per quanto ci concerne, ci basta che la Spagna sappia adempiere agli impegni da essa assunti nel 1887, e non domandiamo altro.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. CONFIDENZIALE S. N. Berlino, 27 settembre 1889, ore 15,30.

Ho comunicato al segretario di Stato ritornato da poco e che potei vedere soltanto oggi il contenuto del telegramma di V. E. del 25 sera (2). Il conte di Bismarck divide interamente il parere di V. E. circa inopportunità della circolare ottomana relativa alla Bulgaria e al pericolo di toccare lo statu quo in Oriente. Da informazioni pervenutegli poco fa dal signor di Radovitz risulta però che il sultano non osando lanciare la sua circolare senza prima assicurarsi delle disposizioni della Russia, fece presentire il signor Nelidoff, il quale avrebbe risposto in modo abbastanza brusco che il suo Governo non risponderebbe ad un tale documento. Il sultano intimorito avrebbe quindi rinunziato al suo proposito per cui Bismarck ritiene inutili passi all'uopo. Uguale notizia sarebbe pervenuta al Gabinetto di Vienna, secondo riferisce quell'ambasciatore di Germania. Il conte di Bismarck prega V. E. di considerare queste informazioni come strettamente confidenziali, non desiderando si sappia nei circoli ottomani ed in quelli ostili alla Triplice Alleanza che esse provengono da Berlino.

{l) Risponde al n. 31.

(2) Cfr. n. 35.

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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. 3048 (1). Vienna, 27 settembre 1889, ore 17,25 (2).

Ho comunicato a Kalnoky il contenuto del telegramma di V. E. (3) relativo all'intenzione della Porta di dirigere circolare alle Potenze per regolare situazione anormale della Bulgaria. Egli mi ha detto che la Porta di fronte a opposizione dell'ambasciatore di Russia aveva già rinunciato all'idea di tale circolare di cui esso ignorava tuttora il vero contenuto, ma che supponeva avesse per iscopo di regolare lo stato anormale di cose nel Principato.

S. E. mi ha ricordato quindi quanto aveva comunicato all'ambasciatore di Sua Maestà e che venne da questo riferito all'E. V. nel suo rapporto del 22 corrente (4); ma ha aggiunto che non furono certo le preoccupazioni da esso manifestate alla Porta che fecero nascere l'idea della circolare, giacché la Porta ne aveva già in precedenza l'intenzione di fronte ai timori che le suscita la situazione presente della Bulgaria. Del resto Kalnoky mi ha detto dividere interamente le idee di V. E. quanto ai pericoli che potrebbero sorgere da un cambiamento nello statu quo in Oriente, ed i suoi sforzi sono intesi ad evitarlo. A tal fine esso non cessa di dar consigli di prudenza al Governo bulgaro.

39

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. 2790. Berlino, 27 settembre 1889, ore 18 (per. ore 19,27).

Sottosegretario di Stato avendomi oggi parlato dell'incidente di Prevesa m'espressi in conformità del telegramma di V. E. in data 22 corrente (5), insistendo su ciò che dignità dell'Italia non può ammettere ritorno a Gianina di Eyub Ahmed, non richiesto da alcuna ragione legittima, senza che maresciallo faccia doverosa visita personale al nostro console. Conte di Bismarck sospetta

pure tale ritorno essere dovuto ad intrigo franco-russo e non misconosce giustizia nostro reclamo; egli teme però che mantenimento ne varietur delle nostre richieste attuali possa pregiudicare seriamente influenza italiana presso la Porta e per conseguenza gli interessi e la politica che le Potenze centrali e l'Italia in particolare si sforzano far prevalere in Oriente. Bismarck fu quindi molto lieto di apprendere jeri da un rapporto di Goltz in data del 24 corrente (l) che V. E. si mostrava disposto per amore di conciliazione a prendere in considerazione un progetto che le venisse sottoposto dal Gabinetto di Berlino per un'altra soluzione della vertenza confacente alla dignità. Egli si accinse dunque subito a preparare progetto che avrebbe poi sottoposto al cancelliere. Senonché gli pervenne stanotte un telegramma da Radowitz secondo il quale Blanc, in conformità degli ordini ricevuti da V. E. avrebbe fatte nuove vive insistenze presso la Porta e lascerebbe Costantinopoli se non fosse fatta ragione alle sue richieste (2). Radowitz aggiunge qualora Porta cedesse, i nemici del gran visir se ne gioverebbero contro di lui e la sua situazione potrebbe essere senamente scossa. Conte di Bismarck ordinò a Goltz di comunicare tale telegramma a V. E. e ciò allo scopo solo di chiarire le cose e di evitare ogni possibile malinteso poiché, dissemi il segretario di Stato, egli non si permette di esprimere un avviso in cosa che tocca alla dignità dell'Italia di cui è solo giudice l'E. V. (3).

(l) -Il telegramma reca l'indicazione «registrato in ritardo»; è infatti inserito fra i telegrammi del 19 ottobre. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (3) -Cfr. n. 35. (4) -Cfr. n. 27. (5) -Cfr. n. 25.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A MONZA (4)

T. S.N. Napoli, 27 settembre 1889, ore 23,40.

Il trattato con Menelik sottoposto all'approvazione di Vostra Maestà fu firmato quando non eravamo ancora all'Asmara. Ci fu dato da una parte più di quello che avevamo chiesto e dall'altra ci fu negato Zazega, che il ministro della guerra chiedeva in uno solo dei tre progetti di delimitazione consegnati ad Antonelli e che Baldissera non ha ancora occupato non astanti le mie insistenze presso Bertolé. Nel secondo trattato che sto negoziando e che ho piena fiducia di conchiudere con Makonnen, la nostra frontiera sarà estesa prendendo come punto di partenza il possesso attuale. Bisogna però che Baldissera compia l'opera sua e non attenda l'arrivo ad Adua del nuovo imperatore * per occupare i punti che strategicamente e politicamente ci importa avere*.

(l) -Questo rapporto riferiva la conversazione avuta con Crispl di cui al n. 25, nota 1. (2) -Cfr. n. 24. (3) -Cfr. n. 47. (4) -Da ACS, Carte Crispl, minuta autografa ad eccezione del brano fra asterischi che è di mano d! Pisani Dossi.
41

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. s. N. (1). Napoli, 28 settembre 1889, ore 18,30.

Il conte di Goltz è venuto a farmi la comunicazione annunciata nel di lei telegramma d'ieri (2). Godo che il conte di Bismarck opini come me che debbasi ad intrighi franco-russi il ritorno di Ahmed Eyub a Gianina, dove la tranquillità è massima e dove non si temono disordini. Soggiungo che l'incidente è suscitato contro di noi per ferire il nostro amor proprio, quel maresciallo avendo sempre manifestato sentimenti ostili a noi. La Porta non avendo nulla proposto a sciogliere la risollevata quistione, Blanc non poteva a\'ere da noi istruzioni diverse da quelle che ebbe. Il conte di Goltz intanto nlì ha dichiarato, che la Porta sarebbe disposta a chiedere un arbitrato. In verità non sarebbe questo il caso; ma è palese che l'animo di Said pascià parrebbe disposto ad una composizione amichevole, e se questa fosse conforme alla nostra dignità io non sarei contrario di accettarla. Non voglio certamente pel caso di Gianina rompere con la Porta ottomana ma non posso compromettere la nostra dignità con soddisfazione dei nostri avversari.

42

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. SEGRETO PERSONALE 329 (3). Londra, 28 settembre 1889, ore 22,,10 (per. ore 1,40 del 29).

Salisbury mi ha fatto avvertire segretamente che fu l'Austria che fece pratiche a Costantinopoli per indurre la Porta a dirigere una circolare alle Potenze in vista di regolare la situazione anormale Bulgaria. Appena informato di ciò Salisbury fece interrogare confidenzialmente Bismarck per conoscere se questi avesse consigliato od approvato pratiche Austria. Bismarck rispose che egli non era consapevole della cosa e anzi la disapprovava. In vista di tutto ciò Salisbury mi ha fatto sapere che egli è del parere dell'E. V. che un mutamento nello stato attuale delle cose in Oriente potrebbe provocare gravi inconvenienti e desidererebbe adottare il suggerimento di lei di dissuadere la Porta dal mettere in esecuzione consiglio dell'Austria. Se non che

agli occhi di Salisbury è di maggior importanza il non fare avvedere la Porta che fra le quattro Potenze vi è scissione od almeno diversità di consiglio e per conseguenza egli si astenne e prega V. E. di astenersi da qualsiasi comunicazione a Costantinopoli o Vienna e ciò tanto più che fortunatamente la Porta non mostrò inclinazione a seguire i consigli dell'Austria e incidente può dirsi terminato.

(l) -Minuta autografa. (2) -Cfr. n. 39. (3) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma Il telegramma non è stato protocollato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 2244. Napoli, 29 settembre 1889, ore 9,35.

Mantengo precise mie precedenti istruzioni (1). Quando maresciallo Ahmed Eyub si restituisca a Gianina e non adempia nel tempo strettamente necessario al suo dovere personale verso r. console Prevesa, V. E. lascerà senz'altro Costantinopoli. Sono io solo giudice di ciò che esige dignità dell'Italia.

44

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Napoli, 1° ottobre 1889, ore 19,55.

Giungono da Trieste notizie di arresti di sudditi italiani e di nuovi rigori contro giornali italiani di quella città. Sono ben !ungi dal volermi eriger giudice contegno Governo austro-ungarico nella sua interna amministrazione ma debbo constatare che quanto succede a Trieste influisce nel modo più sfavorevole sull'opinione in Italia, ed indebolisce singolarmente vincoli morali derivanti fra i due Paesi dalla Triplice Alleanza. Il contegno delle autorità austro-ungariche in Trieste ridesta memoria di atti che sarebbe interesse comune fossero dimenticati, e mi mette in condizione di dover sostenere nuova lotta contro l'opposizione radicale. Qualora così proseguissero le cose potrebbe venir giorno in cui la mia autorità e la mia forza non fossero bastanti. Voglia con prudenza narrare, con accortezza parlare in questo senso a codesto segretario di Stato, accennando confidenzialmente che un suggerimento di moderazione venuto da Berlino potrebbe avere a Vienna una benefica influenza (2).

(l) -Cfr. nn. 24 e 30. (2) -Per la risposta cfr. n. 49.
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CONVENZIONE ADDIZIONALE AL TRATTATO DI AMICIZIA E COMMERCIO DEL 2 MAGGIO 1889 FRA L'ITALIA E L'ETIOPIA (l)

Napoli, 1° ottobre 1889 (2).

In nome della Santissima Trinità.

Sua Maestà il Re d'Italia e Sua Maestà l'Imperatore di Etiopia, desiderando concludere una convenzione addizionale al Trattato di amicizia e commercio firmato nell'accampamento di Uccialli, il 2 maggio 1889 (25 miazia 1881 della data etiopica (3) hanno nominato a loro plenipotenziarii

Sua Maestà il Re d'Italia

il cavaliere Francesco Crispi, presidente del Consiglio dei ministri, e suo ministro segretario di Stato ad interim per gli affari esteri, e

Sua Maestà l'Imperatore di Etiopia

il degiasmacc Makonnen suo ambasciatore presso S. M. il Re d'Italia; quali muniti di pieni poteri, hanno stabilito quanto appresso.

Art. l.

Il re d'Italia riconosce re Menelik imperatore di Etiopia.

Art. 2.

Re Menelik riconosce la sovranità del re d'Italia nelle colonie che vanno sotto il nome di possedimenti italiani nel Mar Rosso.

Art. 3.

In virtù dei precedenti articoli sarà fatta una rettificazione dei due territorii, prendendo a base il possesso di fatto attuale, per mezzo dei delegati che a tenore dell'articolo III del trattato 2 maggio 1889 (25 miazia 1881) saranno nominati dal re d'Italia e dall'imperatore di Etiopia.

Art. 4.

L'imperatore d'Etiopia potrà far coniare pei suoi Stati una moneta speciale di un peso e di un valore da stabilirsi di comune accordo. Essa sarà

8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

coniata nelle zecche del re d'Italia ed avrà corso legale anche nei territori africani posseduti dall'Italia. Se il re d'Italia conierà una moneta pei suoi possedimenti africani, essa avrà corso legale in tutti i Regni dell'imperatore di Etiopia.

Art. 5.

Un prestito di quattro milioni di lire italiane dovendo essere contratto dall'imperatore di Etiopia con una banca italiana, mercé la garanzia del Governo d'Italia, resta stabilito che l'imperatore di Etiopia dà di sua parte al Governo italiano, come garanzia pel pagamento degli interessi e per la estinzione della somma capitale, gli introiti delle dogane di Harar.

Art. 6.

L'imperatore di Etiopia mancando alla regolarità del pagamento delle annualità da convenirsi con la banca che farà il prestito dà e concede al Governo italiano il diritto di assumere l'amministrazione delle dogane suddette.

Art. 7.

Metà della somma ossia due milioni di lire italiane sarà consegnata in moneta di argento; l'altra metà rimarrà depositata nelle casse dello Stato italiano per servire agli acquisti che l'imperatore di Etiopia intende di fare in Italia.

Art. 8.

Resta inteso che i diritti fissi di dogana dell'articolo V del sopracitato trattato fra l'Italia e l'Etiopia si applicheranno non solo alle carovane da o per Massaua, ma a tutte quelle che scenderanno o saliranno per qualunque strada dove regna l'imperatore di Etiopia.

Art. 9.

Così pure resta stabilito che il 3° comma dell'articolo XII del sopracitato trattato è abrogato e sostituito dal seguente: «Gli etiopi che commettessero un reato in territorio italiano saranno giudicati sempre dalle autorità italiane ».

Art. 10.

La presente convenzione è obbligatoria non solo per l'attuale imperatore di Etiopia ma anche pei suoi eredi e successori nella sovranità di tutto o di parte del territorio sul quale re Menelik ha dominio.

Art. 11.

La presente convenzione sarà ratificata e le ratifiche saranno scambiate il più presto possibile.

In fede di che il cavaliere Francesco Crispi in nome di Sua Maestà il Re d'Italia e il degiasmacc Makonnen in nome di Sua Maestà l'Imperatore di Etiopia hanno firmato e apposto il loro sigillo alla presente convenzione fatta in Napoli il l o ottobre 1889 ossia il 22 mascarram 1882 della data etiopica.

(l) -Ed. in Trattati e Convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. 12, cit., pp. 127-129, in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 295-297, in F. CarsPI, La prima guerra d'Africa, Documenti e memorie a cura di T. Palamenghi-Crispi, Milano, Garzanti, 1939, pp. 161-163 e in LV 70, pp. 19-21. (2) -Cfr. la seguente nota apposta alla data dal curatore di L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit.: «Questa convenzione fu firmata una prima volta in Napoli il 1° ottobre 1889. A seguito degli accordi presi da Antonelli con Makonnen per modificare l'art. IX, nuovi esemplari, ma con data Immutata, furono firmati a Roma al rientro di Crispi da Palermo intorno al 20 ottobre ». (3) -Cfr. serie II, vol. XXII, nn. 317 e 601.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, NOBILI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 268/158. Belgrado, 1° ottobre 1889 (per. il 7).

Com'ebbi ad accennare con miei telegrammi del 14 e 16 agosto u.s. e col rapporto 228/131 26 agosto (1), il barone Thoemel, nuovo titolare della legazione austro-ungarica in questa capitale, arrivando qui al suo posto ebbe dal Governo e dalla Reggenza lieta accoglienza, e così mentre si faceva capire dalla stampa locale che difficile sarebbe stato per lui cancellare il passato del predecessore e più ardua cosa ancora superare la corrente austriaca (2) oggi in voga, invece fin dai primi giorni il nuovo ministro austriaco accennò leggermente con molto tatto ad un possibile riavvicinamento. Il suo predecessore appoggiato da re Milano manifestò sempre idee di prepotente dominio su questo Paese e volle sempre imporre una protezione non chiesta, ma solo tollerata a causa del sovrano regnante. Con la caduta di re Milano la politica filo-austriaca tu messa al bando e travolse pure il signor de Hengelmufler che fu appunto rimpiazzato dal generale Thoemel. Ora il nuovo ministro, pratico della lingua serba e dei paesi balcanici, ha potuto in breve farsi un giusto co.IJ.cetto della Serbia e anziché battere le orme del signor de Hengelmuller ha subito, con tatto finissimo, procurato di mettersi in buoni rapporti coi reggenti e col Governo. Avendo poi capito che la protezione russa è ormai qui considerata oggi una benefica necessità non ha posato in ostile atteggiamento ma cautamente ha cercato il mezzo più opportuno per non rendersi impopolare. Così la visita al metropolita Michele fu il primo suo passo ben marcato per inaugurare un modus vivendi tra il suo Governo e la Serbia. Il barone Thoemel naturalmente non dà a conoscere il suo programma, ma è certo che egli è venuto non solo per ristabilire buoni rapporti, ma per svolgere in seguito un piano di comuni accordi. Nella questione della regina il ministro austro-ungarico accennò sempre a proposte conciliative. «E' la madre del re, mi disse, e dopo tutto ella può aver bisogno, e richiederci di consiglio, gli avvenimenti possono cambiare la situazione presente, non c'è ragione di tenersi indietro quand'anche i ministri serbi domani in via privata renderanno quest'omaggio! ». Quale sia il programma che il ministro d'Austria sta ora inaugurando, non è facile conoscere nei dettagli; quello che oggi da tutti

si è constatato si è: che esiste una forte tendenza per parte del v1cmo Impero a riconciliarsi l'animo dei serbi, malgrado la corrente russofila. Il risultato finale dubito molto possa essere soddisfacente, perché all'Austria, la Serbia slava non farà buon viso che a patti di cessioni inconciliabili con l'interesse dell'Impero vicino e tutto al più gli sforzi del barone Thoemel potranno arrivare a far cessare l'antipatie per entrare in un periodo d'indifferente amicizia.

(l) -Non pubblicati nel vol. XXII della serie Il. (2) -Sic, ma deve leggera! «antiaustriaca » ovvero deve Intendersi corrente relativa al rapporti con l'Austria.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A COSTANTINOPOLI,

BLANC

T. SEGRETO 2292. Napoli, 2 ottobre 1889, ore 12.

Desiderando che il nostro dissidio con la Porta a proposito dell'incidente di Prevesa abbia soddisfacente soluzione e che l'Italia ne esca dignitosamente, il principe di Bismarck propone che il gran visir scriva al barone Blanc (a

V. E.) una nota nella quale riconoscerebbe il nostro buon diritto e la legittimità del nostro r~clamo, quindi il dovere di Ahmed Eyub di restituire la visita al nostro console. Adducendo quindi la distanza di quattro giorni che intercede fra Gianina e Prevesa e le condizioni attuali della provincia che rendono più disagevole il viaggio il gran visir pregherebbe che il maresciallo sia dispensato dall'adempimento della visita. Dichiarerebbe inoltre che non andando a Prevesa nello scopo accennato Ahmed Eyud non ha punto avuto intenzione di recare offesa alcuna al Governo italiano professando tanto egli quanto la Porta i più amichevoli sentimenti verso il nostro Paese e verso il nostro console a Prevesa tutta la deferenza dovuta ad un r. agente. Il barone Blanc (V. E.) prenderebbe atto di questa nota e delle proteste in essa contenute dichiarando l'incidente chiuso. L'iniziativa di proporre questa procedura sarebbe presa da Radowitz presso la Porta. Per desiderio di conciliazione ho accettato (1).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 2293. Napoli, 3 ottobre 1889, ore 11,30.

La nomina del maresciallo Ahmed Eyub a Kosovo (2) chiude l'incidente di Prevesa in modo che reputo soddisfacente.

(l) -Launay rispose con T. riservato 2861 del 3 ottobre, non pubblicato, di aver comunicato alla Cancelleria imperiale l'accettazione di Crispi, ma che probabilmente Ahmed Eyub e,vrebbc ricevuto un'altra destinazione e quindi non era più il caso di dar corso ai buoni uffici della Germania. (2) -La notizia era stata comunicata da Blanc con 'I', 2850 del 2 ottobre, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI (l)

T. RISERVATO S.N. Berlino, 3 ottobre 1889.

Segretario di Stato scrisse ieri al principe Reuss di parlare al conte Kalnoky nel senso del telegramma di V.E. del 1° ottobre (2) riguardo al contegno delle autorità austro-ungariche a Trieste. Non occorre notare che condizione essenziale di riuscita di tali entrature sia di osservare segreto assoluto sull'istruzione trasmessa dal Governo imperiale al suo rappresentante a Vienna.

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IL CAPO DI GABINETTO, PISANI DOSSI, AL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAYOR, A NAPOLI

T. S.N. Roma, 5 ottobre 1889, ore 10,45.

Segretario ambasciata britannica venne chiedere contenuto trattato con Etiopia. Risposi in termini vaghi. Insistendo egli dissi che il solo ministro poteva fornirgli più esatte e particolareggiate informazioni. Converrebbe forse affrettare comunicazione Potenze articolo che attribuisce Italia amministra..:ione affari esteri Etiopia (3).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2904. Therapia, 6 ottobre 1889, ore 13,30 (per. ore 13,50).

Questione bulgara. Ricevuto ieri dispaccio del 26 settembre ( 4). Ho tenuto ai colleghi amici linguaggio conforme. Ambasciata austro-ungarica è indubbiamente impegnata a favore del riconoscimento della Bulgaria unita. Radowitz si esprime evasivamente desiderando solo che si eviti ogni questione sino alla visita dell'imperatore di Germania, annunziata ufficialmente per il due novembre. Il mio collega d'Inghilterra con cui sarebbe più natu

rale, in tale circostanza, essere d'accordo per una condotta identica mi confida non ritenersi punto autorizzato ad appoggiare le pratiche ordinatemi da

V. E., né spettare a lui provocare tale autorizzazione. I miei tre colleghi poi sono pm che mai unanimi nel ritenere che il da farsi non può essere concertato fra essi e me, bensì tra i nostri Governi. Del resto è bene che ognuno di noi deve eseguire le proprie istruzioni anche quando apparentemente divergenti, tali divergenze potendo, come già avvenne specialmente nella questione bulgara, essere calcolate ad un comune scopo di pace. D'altro canto non sapendo io quale scambio d'informazioni e d'intelligenze abbia avuto luogo tra V. E. ed i Gabinetti di Vienna e di Londra, i quali, come risulta dal contenuto dei miei due rapporti dei 2G settembre e 5 ottobre O), si sono occupati segretamente della questione bulgara senza che né io, né Radowitz ne fossimo messi a parte, non potrei formarmi la convinzione illuminata che V. E. mi autorizza ad esprimerle. Intanto le istruzioni di V. E. ispirate da un alto sentimento di responsabilità governativa per il mantenimento della pace, essendo precise ed incondizionate, non mi stancherò dal consigliare alla Porta di astenersi da ogni innovazione nelle condizioni della Bulgaria.

(l) Ed. in CarsPr, Questioni internazionali, cit., p. 115.

(2) -Cfr. n. 44. (3) -Cfr. n. 62. (4) -Cfr. n. 34, nota 2.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO S. N. Napoli, 7 ottobre 1889, ore 20,20.

Abbiamo oggi da Costantinopoli (2) che l'Austria-Ungheria si è impegnata ad agire colà a favore del riconoscimento della Bulgaria unita. In precedenti telegrammi (3) ho fatto conoscere mia opinione su siffatto argomento. Credo anche oggi che ogni pratica in proposito sarebbe inopportuna. Nulladimeno, siccome i vincoli che uniscono Italia, Austria-Ungheria ed Inghilterra sono tali che tutto ciò che avviene colà ci chiamerebbe all'adempimento di dcveri comuni, così credo necessario un accordo fra i Gabinetti di Roma, Londra e Vienna. Da recente rapporto di codesta ambasciata sugli affari bulgari (4) sembrava risultare che il conte Kalnoky si fosse avveduto di non dovere insistere a tal uopo presso la Porta ottomana. Le ultime notizie da Costantinopoli lasciando ora supporre persistente il primo concetto, crederei necessario conoscere ultime intenzioni del Governo austro-ungarico nella speranza di trovar modo di non mettere la nostra condotta attuale in contraddizione coi nostri precedenti impegni (5).

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 51. (3) -Cfr. n. 34. (4) -Cfr. n. 27. (5) -Analogo telegramma venne Inviato In pari data all'ambasciata a Londra. Per le risposte cfr. nn. 57 e 59.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2914. Costantinopoli, 8 ottobre 1889, ore 8,30 (per. ore 10,30).

Ho avuto occasione di esprimere ieri al mutessarif, oggi al gran visir, il consiglio di astenersi da ogni atto che possa ridestare la questione bulgara, svolgendo i concetti che precedono tale conclusione nel dispaccio di V. E. del 26 settembre Cl). Il gran visir disse essersi dovuto contemplare il da farsi per consolidare lo statu quo bulgaro a scanso di una dichiarazione di indipendenza; ma essendogli risultato che le disposizioni non solo della Russia ma di altre Potenze non erano favorevoli, il Governo imperiale senza prendere impegno circa le sue future determinazioni che dipenderannc dall'andamento delle cose in Bulgaria, ha deposto per ora tale pensiero e spera che almeno per un certo tempo si potrà lasciare intatto l'attuale provvisorio. La mia impressione è che il Governo ottomano ed il sultano stesso non sono dispiacenti di essere appoggiati in un contegno di astensione (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI (3)

T. S.N. Napoli, 8 ottobre 1889 (4).

Credo necessario ritornare sull'argomento di cui si occupa il mio telegramma d'ieri (5). La Porta favorita, a quanto pare, ed inspirata dall'Austria-Ungheria vorrebbe legalizzare la costituzione attuale della Bulgaria, col riconoscimento del principe Ferdinando. La quistione è della massima gravità e non si può !asciarla avventurare senza un maturo esame. Giusta l'art. 3 del Trattato di Berlino la nomina del principe di Bulgaria deve essere seguita dall'assentimento delle Potenze. Non so se quest'assentimento possa attenersi. E' certo però che la Russia, per bocca di Nelidov, si è manifestata contraria. Nella seduta del Congresso di Berlino del 22 giugno a proposta di Salisbury, fu sollevato il dubbio se fosse necessaria l'unanimità delle Potenze o se bastasse la maggioranza a costituire il legale riconoscimento del principe. Salisbury voleva sciolto il dubbio sin d'al

lora ed aveva proposto un emendamento che non fu neanche votato. Se l'Austria e la Porta insistono la quistione sorge inevitabile. E delle due l'una: o le Potenze devono cedere alla Russia dissenziente o devono imporre alla medesima la loro volontà. Nel primo caso è offesa la dignità della maggioranza delle Potenze, nel secondo avremmo un dissidio che risolvere non sarebbe facile. Temo che in questo secondo caso potremmo avere il principio di una lotta che, in qualunque modo, bisogna evitare, pertanto nel mio precedente telegramma dissi la proposta dell'Austria-Ungheria inopportuna. La incarico ora di tenere speciale discorso a Salisbury per sapere se egli sia del mio avviso e quale sarà il comportamento che egli crede tenere. Soggiungagli confidenzialmente che, a mio avviso, il contegno dell'Austria-Ungheria in questa circostanza è incomprensibile. Essa avrebbe dovuto, per lo meno, intendersi coll'Italia e coll'Inghilterra prima di muovere un passo di tal gravità (l) .

(l) -Cfr. n. 34, nota 2. (2) -Il telegramma giunse con parecchi gruppi errati; ne fu inviata ripetizione con T. 2937 del 10 ottobre. (3) -Analogo telegramma venne inviato in pari data all'ambasciata a Berlino, con l'omissione del periodo finale. (4) -Il telegramma è privo di ora di partenza; si inserisce qui perché il telegramma di cui alla nota 3 fu trasmesso alle ore 11,20. (5) -Cfr. n. 52, nota 5.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO S. N. Vienna, 8 ottobre 1889, ore 19 (per. ore 21,20).

Ho parlato oggi col conte Kalnoky nel senso del telegramma di V. E. d'ieri sera (2). Egli mi ha pregato di ringraziare V. E. per la comunicazione da me fattagli e di dichiararle che esso non aveva fatta alcuna proposta né presa iniziativa veruna circa la questione del riconoscimento della Bulgaria; egli erasi limitato a rappresentare al Governo ottomano la situazione in cui si trovava il Principato ed i pericoli che dalla medesima, ove si prolungasse, potrebbero risultare per la tranquillità pubblica. Egli quindi non aveva affatto messa sul tappeto la questione bulgara né voleva certo farla risorgere; questa era stata, come era tuttora, la sua intenzione. Anzi il conte Kalnoky aggiunse che divideva completamente l'avviso dell'E. V. circa l'inopportunità di qualsiasi passo diretto a tale scopo. Il ministro imperiale e reale mi ripetè che la Porta era stata indotta a preparare la nota circolare non già dalle preoccupazioni da esso manifestatele ma bensì dalle velleità della Bulgaria di proclamare la propria indipendenza e dagli armamenti che faceva. Il conte Kalnoky aggiunse che, lungi da spingere a far risorgere la questione bulgara, egli non aveva cessato dal dare alla Bulgaria consigli di prudenza che avevano prodotto il loro effetto. A tale proposito mi disse aver ricevuto da Sofia l'assicurazione che non si era colà intenzionati, per ora, a prendere alcuna precipitosa determinazione. Il ccnte Kalnoky concluse dicendomi che la questione era ora assopita e mi lesse a tale riguardo un rapporto dell'ambasciata austro-ungarica che confermava questa sua dichiarazione e da cui

risultava che la Porta, quantunque non si dissimulasse i pericoli della situazione in Bulgaria, non vedeva che vi fosse nulla da fare di fronte alla opposizione della Russia. Accennando all'accordo di cui V. E. parla il ministro imperiale e reale mi disse che non gli sembrava che ve ne fosse bisogno per ora; del resto lord Salisbury trovavasi in questo momento assente da Londra.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 56, 57 e 65. (2) -Cfr. n. 52.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2933. Londra, 9 ottobre 1889, ore 1,45 (per. ore 6,40).

Foreign Office mi assicura che Kalnoky non ha più fatto alcuna mossa circa Bulgaria. Fu nel settembre scorso che in un colloquio coll'ambasciatore di Turchia a Vienna Kalnoky fece notare opportunità che la Porta prendesse iniziativa per l'inevitabile riconoscimento principe Ferdinando. Lo stesso pensiero era venuto alla Porta che s'era messa a tale proposito in comunicazione con ambasciatore di Russia, ma, in seguito alla viva opposizione di quest'ultimo, credette dover soprassedere. Ma benché Kalnoky non abbia fatto altre insistenze, è certo che egli persiste nell'opinione essere utile regolare tosto la questione bulgara. Sottosegretario di Stato sospetta che Salisbury voglia esaminare se non conviene che Inghilterra prenda la faccenda nelle sue mani e presenti qualche proposta alle Potenze alleate. Ho quindi pregato oggi d'urgenza e confidenzialmente Salisbury di farmi sapere se egli ha effettivamente tale intenzione ma Sua Signoria viaggia nei dintorni di Nizza e non potrò aver risposta prima di sabato. Manderò domani a Salisbury sostanza telegramma di V. E. in data di questa sera (1), eccetto ultima parte. E' singolare che al F'oreign Office sia ora un solo sottosegretario di Stato assistente, e che Salisbury non abbia seco un solo segretario.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO 337 (2). Londra, 9 ottobre 1889.

Nel corso conversazione (3) sottosegretario di Stato mi tenne ragionamento in questo senso: la condizione anormale della Bulgaria non può prolungarsi inde

finitamente. La sola pressione delle Potenze ha impedito finora la Bulgaria di proclamare la legalità della sua costituzione e la sua unità; ma diversi indizi dimostrano che non può essere lontano il giorno in cui essa non ascolterà più le Potenze. Un movimento rivoluzionario della Bulgaria potrebbe esser creduto una sfida alla Russia e potrebbe dare un pretesto ad un tentativo di repressione da parte di quest'ultima. Se invece di ciò la Porta nell'esercizio dei suoi diritti riconosce il principe Ferdinando e se l'Inghilterra e le tre Potenze alleate danno a tale atto il loro assentimento quale potrà essere il danno quale il pericolo? Secondo ogni probabilità la Russia non riconoscerà il principe Ferdinando ma, ciò previsto ed ammesso, la condizione della Bulgaria sarà sempre assai più legale di quello che è al presente e le sue aspirazioni appagate. E la stessa Russia sarà meno irritata contro i bulgari se la loro costituzione è pacificamente riconosciuta dalla Porta di quanto se essi medesimi pretenderanno affermarla colla forza. Ciò dicendo il sottosegretario di Stato manifestò un'opinione personale, da amico ad amico, giacché né egli né io conosciamo il pensiero di Salisbury. Sua Signoria stessa mi ha sempre avvertito che nelle questioni gravi io devo far capo a lui solo. Però il sottosegretario di Stato conosce i documenti sui quali Salisbury forma le sue opinioni ed essendomi nota la prudenza e somma abilità del sottosegretario di Stato, ho dato molta importanza alla sua comunicazione.

(l) -Cfr. n. 54. (2) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (3) -Cfr. n. 56.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO 338 (1). Londra, 9 ottobre 1889.

Sottosegretario di Stato mi avverte che White telegrafa da Costantinopoli che Blanc si mostra disposto a fare uffici alla Porta sulla questione Bulgaria (2). Sottosegretario di Stato mi chiede di pregare vivamente l'E. V. di dare istruzioni a Blanc, senza informarlo del telegramma di White, di non fare alcuna mossa prima che abbia luogo scambio di opinioni fra V. E. e Salisbury. Un passo fatto in questo momento da Blanc non avrebbe altro risultato che mostrare alla Porta che le quattro Potenze non sono d'accordo. Ciò può avere conseguenze gravi. Salisbury telegrafa oggi da Nizza al vice-segretario di Stato che gli manderà una comunicazione per me. Corriere di Gabinetto proveniente da Nizza giungerà qui sabato prossimo (3).

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (2) -Cfr. n. 53. (3) -Per la risposta cfr. n. 63.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. CONFIDENZIALE S.N. Vienna, 9 ottobre 1889.

Da informazioni attinte a buona fonte, mi risulta che questo incaricato di affari di Russia nell'ultimo colloquio da esso avuto col conte Kalnoky, avrebbegli detto, accennando all'articolo del Fremden Blatt ed alla circolare della Porta circa quistione bulgara che, quantunque non fosse autorizzato a fargli alcuna dichiarazione in proposito, esso credeva però poter prendere su di sé la dichiarazione che il Governo russo non darebbe mai la sua adesione a dei passi diretti nel senso della circolare. A persona poi che l'interrogava circa l'atteggiamento del Governo russo di fronte ad un riconoscimento da parte delle Potenze del principe Ferdinando come principe di Bulgaria, l'incaricato d'affari russo avrebbe risposto che a suo avviso il Governo russo non avrebbe certo per ciò fatto la guerra essendo esso animato da sentimenti pacifici, ma che si sarebbe dichiarato sciolto da qualsiasi impegno che per lui risultasse dal Trattato di Berlino, e riacquistando la sua libertà d'azione, avrebbe agito a seconda dei propri interessi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, (l) ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. CONFIDENZIALE 36013/201. Roma, 9 ottobre 1889.

Mi pregio di segnar ricevimento del suo rapporto n. 626/312, in data del 23 settembre u.s. (2), nel quale l'E. V. m'informa del sorgere costì di una nuova agenzia telegrafica sotto il nome di Agence cte Constantinople, giovevole alla politica che seguiamo in Oriente. Accogliendo di buon grado la proposta dell'E. V., la autorizzo a prender due abbonamenti alla detta agenzia. Desidero poi ch'ella trovi modo, parlando ai suoi colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria, come se ciò fosse un'idea sua, di esprimer la speranza che i loro rispettivi Governi diano in Italia un eguale appoggio all'agenzia Stefani alla quale non si sono finora abbonati. Raccomando poi vivissimamente alla E. V. di adoperarsi, colla dovuta prudenza, affinché la nuova agenzia nulla ometta che possa concernere i nostri interessi in Oriente.

(l) -Di questo e di alcuni altri dispacci pubblicati nel volume è stata rinvenuta la sola minuta priva di firma; si è indicato pertanto come mittente Crispi, ma in qualche caso l dispacci potrebbero essere stati firmati da Damiani. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE. Bucarest, 10 ottobre 1889.

Prima di profittare del congedo accordatomi, ho avuto l'onore di essere ricevuto dal re che si è degnato trattenermi per ben due ore in intimissimo colloquio.

Sempre soddisfatto del suo Governo, mi ha egli confidato di essersi insinuato più che nol credesse nell'animo del signor Catargi, grazie pure agli stolti e vani tentativi del ministro di Russia pour tripoter negli affari interni della Rumania.

Or son poche settimane, in pieno Consiglio, Sua Maestà dopo d'avere ascoltato varie relazioni del presidente intorno alle mene russe (tutte fallite in questo Paese) colse il destro per opinare che la neutralità, proclamata in Parlamento dal suo Gabinetto, potrebbe riescire esiziale a' veri interessi del Reame, la cui situazione geografica non può permettergli l'inazione in caso di guerra tra Russia cd Austria; scoppiando le ostilità, le offerte dell'una o dell'altra somiglieranno piuttosto a minacce, e si sarà costretti a scegliere alla cieca. Doversi invece preparare le alleanze con ponderazione per sapere quello che si dà e quello che si riceve, ed evitare così d'essere la vittima dell'amico più forte, come avvenne del resto dopo l'ultima guerra russo-turca. Non ignorandosi da alcuno le mire e le ambizioni della Russia le cui conseguenze, se soddisfatte, non potrebbero che nuocere alla indipendenza degli Stati danubiani, essere forse saggio consiglio per la Romania di fare maggiore assegnamento sull'amicizia delle Potenze centrali dalle quali non ha nulla a temere e dove trova comunanza di civiltà e di istituzioni.

L'esegesi sovrana produsse l'effetto cui tendeva, giacché al domane il signor Lahovary, ripigliando il colloquio e mostrandosi proclive ad un accordo con la lega dei tre, chiedeva perfino quali sarebbero i vantaggi per la Rumania in caso di alleanza. «Je suis sùr, dicevami il re, qu'ils ont flairé quelque chose sur mon engagement avec les deux empereurs, rien quant à celui avec le roi Humbert; mais ils n'en sauront pas le premier mot, je veux les amener à ce qu'ils me proposent eux-mèmcs un traité d'alliance. Del resto, proseguiva Sua Maestà, nel mio recente viaggio nelle provincie orientali ho interrogato dieci prefetti, in gran parte a me devotissimi, e tutti mi han confermato quanto mi era stato già assicurato dal signor Catargi intorno alla rigorosa sorveglianza che si esercita verso i sudditi russi di qualsiasi condizione ».

Il sovrano ha ripetuto quanto precede al mio collega di Germania, tornato in questi giorni dal suo congedo.

Prima di accomiatarmi re Carlo mi espresse il suo vivissimo desiderio di recarsi in Italia con la regina per visitare i nostri reali: «je suis fier, aggiungeva, d'ètre l'allié du roi Humbert qui est le modèle des princes et, dès qu'une

occasion qui ne puisse pas donner lic-u à cles commentaires se présentera, je serai fort heureux d'aUer lui serrer la main ». M'incaricò fim>Jmente di felicitare di bel nuovo e con somma cordialità l'E. V. per lo scampato pericolo.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi.

62

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, MADRID, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES, COPENAGHEN, L'AJA, LISBONA, STOCCOLMA E WASHINGTON (l)

T. CIRCOLARE 2388. Roma, 11 ottobre 1889, ore 18.

Per l'articolo 17 del trattato perpetuo fra l'Italia e l'Etiopia firmato da

S. M. il Re Menelik il 2 maggio 1889 e ratificato da S. M. il Re d'Italia il 29 settembre ultimo scorso fu stabilito che «S. M. il Re dei Re di Etiopia consente di servirsi del Governo di S. M. il Re d'Itali.a per tutte le trattazioni di affari che avesse con altre Potenze o Governi». Prego di notificare a codesto Governo la suddetta stipulazione a tenore dell'articolo 34 dell'atto generale della Conferenza di Berlino del 26 febbraio 1885 (2).

63

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. SEGRETO S. N. Roma, 11 ottobre 1889, ore 18,15.

Ho già dato istruzioni al barone Blanc nel senso desiderato da sir William White (3) senza lasciare scorgere per suggerimento di chi. Credo nulla doversi tentare né dalle Potenze, né dalla Turchia, né tanto meno dalla Bulgaria che possa mutare lo status qua in Oriente. Blanc non aveva se non istruzione di esprimere in ogni occasione cotale mio convincimento alla Sublime Porta, dissuadendola da ogni passo inopportuno. Desidero d'altronde vivamente conoscere tutto il pensiero di lord Salisbury sull'argomento e sarò lieto di avere con lui un nuovo scambio d'idee. Attenderò dunque una comunicazione di Sua Signoria (4).

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 297-298, in CRISPI, La prima guerra d'A.frica, cit., p. 163 e, con varianti, in LV 70, p. 21. (2) -La risposta del Governo francese alla notifica è ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 301-302. (3) -Cfr. n. 58. (4) -Cfr. n. 68.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2976. Berlino~ 12 ottobre 1889, ore 19,24 (per. ore 20,20).

Da notizie sicure controvisita imperatore di Russia a questa Corte, senza essere accompagnato da Giers, ha essenzialmente carattere di cortesia. Lo czar non avendo programma determinato e conservando attitudine passiva, è assai difficile intendersi con lui. Due anni sono il cancelliere s'intromise per dileguare certe nubi fra la Germania e la Russia e vi riuscì per un certo tempo; ma alcuni mesi dopo il ritorno dell'imperatore Alessandro a Pietroburgo le diffidenze ripresero il sopravvento e non furono sopite neppure quando nel luglio scorso anno l'imperatore Guglielmo ossequiò lo czar. Ora il principe di Bismarck si adopera a mettere in rilievo vivo desiderio della Germania di vivere in buone relazioni colla Russia, ed il carattere difensivo e pacifico della Triplice Alleanza. Questo linguaggio non mancherà di produrre buona impressione presso l'imperatore Alessandro; ma è da presumere che al suo ritorno in Russia le influenze contrarie cercheranno di distruggere quella impressione e di far rinascere le esitazioni, i sospetti nella mente dello czar e che si entrerà nuovamente nella fase dell'incertezza della situazione. Accoglienza ufficiale non lasciò nulla a desiderare; la popolazione osservò un contegno di riserva; rare ovazioni.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A PALERMO

T. 3016. Berlino, 13 ottobre 1889, ore 18,38 (l).

Oggi soltanto mi riuscì d'indagare il pensiero del segretario di Stato relativamente al telegramma di V. E. in data dell'8 (2). L'Austria-Ungheria, secondo le note qui giunte, non avrebbe fatto una proposta. L'iniziativa per regolare la costituzione della Bulgaria venne presa dal gran visir. Trattavasi di indirizzare alle Potenze una circolare per il riconoscimento del principe Ferdinando. Il sultano, cui tale progetto non aggradiva, rese avvertita l'ambasciata russa certo com'era della sua opposizione. Anche senza istruzioni da Pietroburgo Nelidov infatti si dichiarò assolutamente contrario, in modo che la cosa non ebbe seguito. Il rappresentante austro-ungarico a Londra disse a Salisbury che viste le indiscrezioni commesse a Costantinopoli, conveniva lasciare la questione in sospeso. Non vi ha dubbio che il Governo inglese divida lo stesso

parere. Il Gabinetto di Berlino non è stato interpellato e non fu d'altronde nel caso di manifestare le sue disposizioni. È inoltre da notarsi che dal lato formale l'unanimità delle Potenze è richiesta dal Trattato di Berlino per costituire il legale riconoscimento del principe già eletto della Bulgaria. Tale unanimità non potendo essere ottenuta nelle presenti circostanze, una proposta in quel senso sarebbe inopportuna. Il Governo imperiale è dunque sotto questo rapporto d'accordo con V. E. Il suo avviso non essendo stato domandato né da Costantinopoli, né da Vicnna, e le velleità del gran visir non avendo avuto seguito, non sembra al Gabinetto di Berlino che sia il caso d'impartire speciali istruzioni a Costantinopoli né di dare suggerimenti a Vienna.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Cfr. n. 54, nota 3.
66

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, AL CONTE ANTONELLI (l)

T. URGENTE S. N. Palermo, 14 ottobre 1889, ore 8,30.

Oggi sarà pubblicato notificato fatto Potenze articolo 17 trattato itala-etiopico. Confido che come da intesa ne avrai avvertito Makonnen (2).

67

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A PALERMO

T. S.N. Berlino, 15 ottobre 1889.

Segretario di Stato mi disse che impressione qui lasciata e riportata dall'imperatore di Russia può dirsi soddisfacente. Il cancelliere nei suoi colloqui si applicò non senza successo ad allontanare dall'animo dello czar le diffidenze manifestate riguardo alla Triplice Alleanza, come i sospetti di accordi speciali anche con l'Inghilterra e la Turchia a scopo di guerra contro la Russia. Risulta dalle migliorate relazioni una sosta almeno per i pericoli di guerra, il che è un bene. Ma nessuno può affermare se quella détente sarà durevole. Lo czar intanto invitò l'imperatore Guglielmo ad assistere alle manovre presso Pietroburga l'anno venturo (3).

n. -1358.
(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., p. 298 e in GIGLIO, L'articolo 17 del Trattato di Uccialli, cit., p. 127. (2) -Antonelli rispose tramite Mayor che Makonnen non aveva nulla in contrario alla pubblicazione. Il telegramma è edito in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 298-299, !n GIGLIO, op. cit., p. 128 e, con molte modifiche e data 25 settembre, in LV 70, pp. 18-19. (3) -Il cancelliere Bismarck incaricò Solms di informare Crispi dell'incontro fra i due sovrani. Cfr. Die Grosse Politik der Europaischen Kabinette 1871-1914, vol. VI, Berlino, 1922,
68

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO 3024. Londra, 16 ottobre 1889, ore 17 (per. ore 23,30).

Per mezzo del Foreign Office Salisbury mi telegrafa ciò che segue: «Sono d'accordo con Crispi nelle sue opinioni circa la recente azione dell'Austria a Costantinopoli (l); ma non amo pruporgli alcun passo decisivo perché non comprendo finora quale è lo scopo delle due Potenze tedesche, e non desidero mettermi innanzi come l'opponente del riconoscimento della Bulgaria, a meno che ciò non sia assolutamente necessario». Il sottosegretario di Stato crede che la Bulgaria ha fatto intendere alla Porta che non pagherebbe il tributo se non a condizione d'essere riconosciuta. Salisbury giungerà in Inghilterra il 20, ma sarà al Foreign Office il 21 (2). Non si ha alcuna notizia al Foreign Office della sostanza della conversazione fra i due imperatori.

69

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. 3058. Pietroburgo, 19 ottobre 1889, ore 16,05 (per. ore 20,15).,

Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, parlando ieri mattina coll'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria del trattato itala-etiopico, gli ha detto: «Gli italiani fanno con l'Abissinia ciò che i francesi hanno fatto con la Tunisia». Barone Aehrenthal, alla cui amicizia debbo questa informazione confidenziale, ha riportato impressione che non è giUnta gradita al Gabinetto di Pietroburgo la notificazione d'un trattato che taglia corto alle velleità russe religiose od altre sull'Abissinia (4).

70

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3070. Parigi, 20 ottobre 1889, ore 13,35 (per. ore 13,55).

Ieri Spuller mi ha parlato spontaneamente colle massime lodi, dopo averne letto intero testo, dello splendido discorso di V. E. in Palermo, dettato da un vivo

patriottismo, riconoscendo che, unito con quello del giorno seguente, esso indica tendenze sinceramente pacifiche. Notò con compiacenza annunzio abolizione tariffe differenziali ed accennò delicatezza di V. E. che non volle subordinarla ad una simile misura per parte di questo Governo, sapendo quanto il Parlamento francese sia tenace nel suo protezionismo; tuttavia egli tratterà la questione con Tirard. Mi ha autorizzato partecipare queste sue dichiarazioni a V. E.

(l) -Cfr. n. 54. (2) -Catalani riferì circa il colloquio con Salisbury con il R. confidenziale 2539/1019 del 22 ottobre di cui si pubblica il seguente passo: <<l'incidente è terminato; e benchè non v'è dubbio che il principe di Bulgaria sarà un giorno riconosciuto, l'intento dell'Inghilterra e cleìl'Italia dovrebbe essere di ritardare quel giorno quanto più è possibile. Sua Signoria mi ripetè, due o tre volte, quest'ultima frase ». (3) -Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 163. (4) -Per la risposta cfr. n. 78.
71

IL CONTE ANTONELLI AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI (l)

L. CONFIDENZIALE. Roma, 20 ottobre 1889.

Comincia a fare il giro dei giornali la nota del Temps circa la comunicazione data alle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino dell'art. 17 del Trattato itala-etiopico. I giornali parlano pubblicamente ed apertamente di protettorato italiano sull'Etiopia e non potrà mancare che questa notizia vada all'orecchio di re Menelik che potrebbe credere, o che fu da me ingannato, o che Makonnen lo abbia tradito. Per togliere queste cause di serio malcontento si dovrà spiegare a Menelik (2) che si pubblicò quell'articolo per avere maggiore influenza agli incarichi che il re ha dato più volte al Governo d'Italia sia quando si trattò della questione del lago Assai, sia per quella più recente di promuovere un accordo col Governo inglese per tenere in soggezione i dervisch (3). Per meglio avvalorare quest'ultima affermazione, credo sarebbe opportuno mandare al Governo inglese la lettera di Menelik per S.M. la Regina e promuovere una risposta qualunque essa sia da detto Governo per presentarla a Menelik.

72

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

R. 2526/1014. Londra, 21 ottobre 1889 (per. il 25).

In conformità delle istruzioni dell'E. V. (5), notificai il 12 corrente al Governo della regina che coll'articolo 17 del trattato fra l'Italia e l'Etiopia era stato stipulato che il re d'Etiopia dovesse servirsi del Governo italiano per tutte le trattazioni d'affari che avesse con altre Potenze o Governi.

9 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

Ho ricevuto in risposta la lettera che ho l'onore di trasmettere qui unita all'E. V. (1), con cui il Foreitjn Office, prima di rispondere formalmente alla notificazione, chiede copia del trattato fra l'Italia e l'Etiopia.

Col mio rapporto del 2 agosto scorso n. 1819/743 (2) partecipai all'E. V. che io avevo comunicato il suddetto trattato a lord Salisbury, ma non già come primo ministro d'Inghilterra bensi personalmente come lord Salisbury.

Né il Governo della regina, né il Foreign Office, né l'ambasciatore d'Inghilterra a Roma sono o saranno consapevoli di tale fatto. Dal quale, come ho avuto campo di accorgermi, sono derivati buoni risultati, giacché era a mia notizia che il Foreign Office, sin dalla partenza della missione scioana per Roma, era desideroso che non si alterasse la presente condizione dei rapporti politici e soprattutto dei rapporti commerciali fra l'Inghilterra e l'Etiopia, ed avrebbe, senza dubbìo, tentato di indagare l'indole del negoziato coll'Italia e di frapporvi qualche ostacolo se (come io aveva previsto) lord Salisbury non l'avesse impedito.

L'E. V. giudicherà quindi se ella debba o no autorizzarmi a comunicare il detto trattato al Foreign Office sotto condizione di non darne notizia ad altro Governo.

Io inclinerei ad un tale partito, essendo utile all'Italia di mostrare la maggior fiducia nel Governo inglese. Ma anche nel caso in cui l'E. V. credesse dover rifiutare la comunicazione del trattato, non vi è da temere che lord Salisbury voglia valersi delle informazioni da me dategli privatamente (3).

(l) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, c!t., pp. 299-300 e !n GIGLIO, L'articolo 17 del Trattato di Uccialli, c!t., p. 130. (2) -Cfr. n. 75. (3) -Cfr. serle II, vol. XXII, n. 718. (4) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, vol. VII, cit., pp. 302-303 e !n GIGLIO, L'articolo 17 del Trattato di Ucciillli, cit., pp. 132-133. (5) -Cfr. n. 62.
73

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 2522. Cassino, 22 ottobre 1889, ore 18.

Sono lieto delle parole dettele dal signor Spuller e che egli la autorizzò a comunicarmi (4), lieto che egli abbia compreso le nostre intenzioni pacifiche ed apprezzato l'impegno disinteressato da noi preso di abolire le tariffe differenziali verso la Francia. Noi siamo pronti a prendere altri provvedimenti, qualora, da parte sua, il Governo francese manifestasse praticamente la possibilità di un accordo. Non ci nascondiamo però che nella incertezza delle tendenze del nuovo Parlamento, e nelle condizioni in cui la stampa, in Francia, mantiene l'opinione pubblica a nostro riguardo, non abbiamo grandi speranze che il Go

verna della Repubblica possa trovare un moJo di intendersi con noi. La autorizzo a valersi di quanto precede nella prossima sua conversazione col signor Spuller (l).

(l) -Non pubblicata. (2) -Non pubblicato nel vol. XXII della serie II. (3) -Per la risposta cfr. n. 77. (4) -Cfr. n. 70.
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L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3100. Vienna, 22 ottobre 1889, ore 19,30 (per. ore 21,2()).

Kalnoky si è dimostrato meco soddisfatto dei risultati prodotti dalla visita dell'imperatore Alessandro di Russia a Berlino e mi ha detto che essa aveva avuto il buon effetto di dissipare colà quell'asprezza che aveva cagionato il ritardo da lui frapposto sempre nel restituire la visita all'imperatore Guglielmo. Kalnoky mi ha detto inoltre che, in seguito a ciù, le relazioni personali dei due imperatori erano divenute migliori e negli ultimi momenti cordiali e che lo czar aveva dichiarato in questa occasione di prestar fede intera alle assicurazioni pacifiche dategli a Berlino. S. E. però ha aggiunto che questa visita non aveva cambiato nulla alla situazione politica ma che era già qualche cosa se essa aveva potuto dissipare malumore e far guadagnare tempo.

76

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI (2)

T. s. N. Roma, 23 ottobre 1889, ore 18.

Comunichi Ragazzi seguente telegramma: «Avendo Menelik incaricato Governo italiano procedere accordi con Governo inglese onde combinare accordo contro darwisch che minacciano quiete Impero etiopico, per meglio dar valore alla lettera di Menelik diretta regina Vittoria, fu pubblicato notificato alle Potenze articolo 17 trattato itala etiopico dove è detto che imperatore Etiopia consente servirsi Governo italiano per comunicare con Potenze europee. Questa pubblicazione fece dire ai giornali trattarsi di protettorato. Se questa notizia giungesse presso Menelik smentisca e dia schiarimenti ».

'16.

lL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, E A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO 2525. Roma, 23 ottobre 1889, ore 18,30.

Voglia con mezzi indiretti di persuasione indurre codesto Governo a prendere sollecitamente atto della dichiarazione dai noi fatta 1'11 ottobre corrente (1), circa la rappresentanza dell'Etiopia nei suoi rapporti internazionali (2).

(l) -Cfr. n. 79. (2) -Ed. in L'Italia tn A/rtca, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, clt., p.301 e in GIGLIO, L'articolo 17 del Trattato di Uccialli, clt.. p. 131.
77

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. RISERVATO S.N. Roma, 24 ottobre 1889, ore 4,30.

Tra qualche giorno le manderò un sunto esatto del trattato itala-etiopico perché ella possa portarlo confidenzialmente a conoscenza di lord Salisbury (3). La prevengo che sono disposto a negoziare per far concedere agli inglesi i privilegi in materia commerciale assicurati in Etiopia all'Italia. Ella comprende abbastanza l'importanza di questo proposito perchè lo possa far convenientemente apprezzare dal nobile lord, il quale sono certo si persuaderà facilmente come la nostra politica in Africa intenda svolgersi d'accordo colla britannica (4).

78

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

T. RISERVATO S. N. Roma, 24 ottobre 1889, ore 11,35.

Qualora avesse occasione di discorrerne con codesto ministro degli affari esteri, ella può dire che la Russia dovrebbe far buon viso alla nuova posizione

che abbiamo acquistato in Etiopia, anche perché è nel carattere del Governo italiano di non immischiarsi in cose religiose e di lasciare ogni maggiore libertà di svolgimento a tutte le credenze, compresa l'ortodossa.

(l) -Cfr. n. 62. (2) -Per le risposte da Berlino e Londra cfr. nn. 81 e 87. Avarna comunicò da Vienna con T. 3142 del 26 ottobre, non pubblicato. di aver ricevuto una nota verbale, in data 23 ottobre, con cui l! ministro degl! esteri austriaco prendeva atto della dichiarazione. (3) -Cfr. n. 72. Catalani aveva comunicato la richiesta Inglese d! copia del trattato fra l'Italla e l'Etiopia anche con T. 348 del 22 ottobre, non pubbllcato. (4) -Con T. 2554 del 25 ottobre Cr!spi comunicò a Catalani: «Autorizzo comunicazione riservata Forelgn Offlce del trattato italo-etlopico, con patto che non sarà comunicato a terzi... Faccia notare opportunamente che la Francia ha preso atto della nostra dichiarazione senza riserva e senza domandare di conoscere 11 testo o la sostanza del trattato ».
79

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. 3117. Parigi, 24 ottobre 1889, ore 15,25 (per. ore 18,20).

* In seguito al telegramma di V. E. del 22 corrente (2) vidi ieri Spuller al quale rinnovai l'espressione da lui precedentemente con premura accolta delle intenzioni pacifiche da V. E. dimostrate, con l'impegno disinteressato da essa preso di abolire le tariffe differenziali. * Egli mi espresse calorosamente il suo desiderio di corrispondere alla iniziativa di V. E., non dissimulando però le difficoltà parlamentari. Affine di ottenere dichiarazioni più esplicite dal signor Spuller senza oltre impegnare V. E., gli dissi, sotto la mia personale responsabilità, che sarei felice di dar termine alla mia carriera anzitutto con il contribuire a ristabilire pacifiche relazioni commerciali tra Francia e Italia, al che Spuller rispose che si stimerebbe pure fortunato di esordire nella sua carriera diplomatica con il raggiungere ottimo intento al quale egli è disposto a mettere il massimo impegno. Mi invitò a conferire in proposito con il signor Tirard (3).

80

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3134. Londra, 25 ottobre 1889, ore 19,55 (4).

Sono prevenuto che il Foreign Office mi chiederà probabilmente se il Governo del re ha obiezioni alla nomina di un vice-console britannico a Massaua. Si tratterebbe di un ufficiale consolare al quale si desidererebbe dare una promozione senza allontanarlo dal Cairo e la nomina sarebbe in partibus. Fra le altre considerazioni non sembrerebbe opportuno che un vice-console a Massaua debba dipendere dalla agenzia inglese al Cairo. Prego V. E. di volermi mettere in grado di dare una risposta se la domanda fosse fatta (5).

(-5) Per la risposta cfr. n. 83.
(l) -Ed., con l'omissione ·del passo fra asterischi, in F. CRISPI, Politica estera, Memorte e documentt raccolti e ordtnatt da T. Palamenght-Crtspt, Milano, Treves, 1912, pp. 345-346. (2) -Cfr. n. 73. (3) -Cfr. n. 82. (4) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.
81

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3133. Berlino, 25 ottobre 1889, ore 21,33 (per. ore 23,30).

Con nota in data d'oggi questo Ministero degli affari esteri dà ricevuta e prende atto della comunicazione da me fatta il 12 ottobre circa rappresentanza dell'Etiopia nei suoi rapporti internazionali (l).

82

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

R. RISERVATO 1869/824 . Parigi, 25 ottobre 1889 (per. il 27).

. In seguito alla conversazione che mercoledì ultimo ebbi col signor Spuller e della quale io resi conto all'E. V. col mio telegramma di ieri (3), mi recai presso il signor Tirard, che aveva avuto tempo di leggere e meditare il discorso di V. E.

Egli dimostrò di apprezzarlo grandemente e ne riconobbe il senso pacifico e conciliativo; tuttavia egli non ammette intieramente che il contegno stesso della Francia abbia causato, per parte nostra, la denunzia del trattato di commercio, che fu ed è tuttora pretesto di tante recriminazioni contro di noi.

Nell'annunzio fatto da V. E. di avere la intenzione di proporre al Parlamento l'abolizione dei diritti differenziali rispetto alla Francia, senza chiedere la reciprocità per parte di essa, il signor Tirard si compiacque di riconoscere un atto conciliativo tale da calmare le asprezze tuttora esistenti nei rapporti commerciali dei nostri due Paesi. Ma quando io gli chiesi se egli avrebbe seguito nella via conciliativa apertagli dall'E. V., egli mi rispose che, prima di addivenire all'abolizione per parte della Francia delle tariffe differenziali, sarebbe necessario di riformare alcuni articoli della nostra tariffa generale. che sono effettivamente proibitivi per il commercio francese. Al che gli feci osservare che la questione posta in quel modo era affatto diversa dall'altra, poiché egli ci suggeriva in fatti per le nostre tariffe delle modificazioni che giustificherebbero soltanto la stipulazione di un nuovo trattato di commercic, al quale la Francia stessa in questo momento ripugnava, mentre la dichiarazione di V. E. relativa all'abolizione dei diritti differenziali era un atto di conciliante cortesia, che non potrebbe essere ricambiato che con un atto consimile per ben dimostrare che i nostri due Paesi, conservando tuttora la loro libertà commerciale, non Intendono continuare più oltre una guerra di tariffe che non giova a nessuno. Il signor Tirard tuttocllé si mostrasse desideroso di ristabilire più facili rapporti commerciali coll'Italia, non

nascose che temeva d'incontrare nella nuova Camera un ostacolo quasi insupe

rabile, poiché le ultime elezioni furono fatte sotto l'influenza del protezionismo

più assoluto, per cui è dubbio che, colla miglior volontà, egli possa compiere il

clesiderio espressomi con vivacità dal suo collega il signor Spuller, quello cioè

di ristabilire la pace commerciale.

Tuttavia l'ostilità contro l'Italia va scemando; il discorso di V. E. produsse

molto effetto sugli uomini più oculati. Benché la stampa che, in generale, agisce

sotto l'influenza della speculazione, tenti di mantenere un'irritazione che serve

di argomento alle sue polemiche, non pertanto le idee pacifiche tendono a pren

dere'il sopravvento.

Il presidente della Repubblica, cui feci questa mattina la mia visita di

dovere, mi parlò in quel senso, ed espresse il pensiero che le Potenze europee

anziché profondere tesori per divorarsi tra loro, dovrebbero unirsi per resistere

all'avversario che dalla sponda occidentale dell'Atlantico sembra voler minac

ciare il commercio e l'industria europea (1).

(l) -C!r. n. 62. (2) -Ed. In CRISPI, Politica estera, clt., pp. 346-347 con l'errata indicazione di telegramma. (3) -Cfr. n. 79.
83

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 26 ottobre 1889.

Il R. Governo non ha obiezione alla nomina di un vice console britannico in Massaua (2). Esso però non potrebbe dipendere dalle autorità britanniche in Egitto e dovrebbe avere patente di console con giurisdizione indipendente.

84

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 670/336. Therapia, 26 ottobre 1889 (per. il 31).

In conformità dell'autorizzazione accordatami col dispaccio ministeriale

n. 36013/201 confidenziale Gabinetto del 9 corrente (3), ho preso due abbonamenti a questa nuova agenzia telegrafica, che col nome di Agence de Constantinople ha già cominciato a funzionare sin dal lo corrente. Fo iscrivere la relativa spesa negli stati della contabilità passiva di questa r. ambasciata. Mentre l'uno degli abbonamenti servirà per questo r. uffico, l'altro sarà posto a disposizione di questo r. consolato generale.

Sarà mia cura di adoperarmi colla dovuta prudenza presso il direttore dell'agenzia, perché essa possa giovare anche ai nostri particolari interessi in Oriente.

In quanto alle possibilità di persuadere personalmente i miei colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria che i loro Governi dovrebbero dare eguale appoggio in Italia all'agenzia Stefani, mi risulta indirettamente che essi sarebbero informati, forse inesattamente, essere l'agenzia Stefani impegnata per vent'anni ancora verso l'agenzia Havas, della quale sarebbe considerata come una dipendenza, mentre l'Agence de Constantinople è stata fondata appunto per liberare la pubblicità telegrafica in Oriente da ogni dipendenza verso l'Havas. Ho ragioni di credere che al suddetto mio suggerimento risponderebbero che è materia da esaminarsi con maggiore competenza dalle rappresentanze dei due Imperi a Roma (1).

(l) -Annotazione a margine: «Farne copia e comunicarla ai Ministeri del tesoro, finanze ed agricoltura e commercio ». (2) -Cfr. n. 80. (3) -Cfr. n. 60.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 2574. Roma, 28 ottobre 1889, ore 11,30.

Il R. Governo non ha fatto caso delle deliberazioni dei congressi cattolici tenutisi in Francia. Lasciò piena libertà ai pellegrinaggi francesi. Debbo però informare V. E. che gli ultimi arrivati emisero parecchie volte le grida di «viva il papa re), il che secondo le nostre leggi costituirebbe un reato punibile dai tribunali. Il clero in Francia è sottoposto al Governo il quale ha il diritto di nomina e lo stipendio sul bilancio dello Stato; il Governo della Repubblica ha quindi autorità di poter ammonire il clero. Io non desidero che ella faccia un reclamo speciale per ciò, ma vedendo il signor Spuller, V. E. potrà come opinione sua richiamare l'attenzione del ministro francese su un fatto, il quale sarebbe diretto a turbare le relazioni fra i due Governi appunto in questo momento in cui sembrano ridiventare cordiali (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. 2587. Roma, 29 ottobre 1889, ore 16.

Tutte le Potenze meno l'Inghilterra e la Russia hanno preso atto della dichiarazione nostra riguardo all'Etiopia. Gradirei che il ritardo del Gabinetto inglese non si prolungasse oltre (3).

(l) -Cfr. n. 88. (2) -Per la risposta cfr. n. 89. (3) -Per la risposta cfr. n. 87.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. 372 (2). Londra, 31 ottobre 1889, ore 5.

Salisbury mi ha detto che ritardo a prendere atto nostra dichiarazione rispetto Etiopia non è stato sua colpa ma della burocrazia. Sua Signoria firma questa sera nota a questa ambasciata che avrà data ventinove corrente. La citazione dell'articolo Atto Congo può dar argomento a due osservazioni: in primo luogo l'articolo suddetto parla di protettorato mentre le relazioni fra l'Italia e Etiopia non sono tali nella forma benché siano nella sostanza. In secondo luogo l'articolo di cui si tratta si occupa di territori in riva al mare e l'Etiopia è nell'interno. «Però queste obiezioni, ha soggiunto Sua Signoria, non mi impediscono di prendere atto notificazione ricevuta né di essere lieto della supremazia acquistata dall'Italia in Etiopia. Più volte le ho manifestato nel modo più esplicito l'animo mio in proposito. Voglio aggiungere che dopo l'occupazione di Massaua, per mezzo del senatore Pantaleoni, io consigliai il Governo italiano di aprirsi una strada nell'interno e di aver per meta il protettorato dell'Abissinia. Per quanto mi concerne mi preme soltanto che gli interessi commerciali britannici non siano pregiudicati e non già in vista della importanza di essi ma per evitarmi reclami del Parlamento ~. Ho risposto a Sua Signoria facendogli nota sostanza telegramma di V. E. in data ventiquattro corrente {3) che ella era disposto a negoziare per far concedere Inghilterra i privilegi commerciali assicurati all'Italia. Salisbury ben consapevole importanza della dichiarazione mi ha chiesto far gradire a V. E. i suoi più cordiali ringraziamenti. Conchiuse dicendo che in conseguenza di tale promessa autorizzerebbe il Fcreign Office a farmi conoscere in via privata e confidenziale quali siano i desideri Governo inglese m proposito (4).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 2605. Roma, 31 ottobre 1889, ore 12,15.

In relazione al suo rapporto 26 ottobre relativo agenzie telegrafiche (5) avverto che l'agenzia Stefani ha rotto ogni rapporto con l'agenzia Havas da cui

si separerà alla fine dell'anno ed è vincolata da speciali accordi, sovra base di uguaglianza, colle agenzie di Londra, Berlino, e Vienna. Informi di ciò suoi colleghi insistendo per appoggio alla Stefani.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 305-306. (2) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (3) -Cfr. n. 77. (4) -La comunicazione fu ripetuta da Catalani con R. 2622/1053 del 2 novembre, ed. in GIGLIO, L'articolo 17 del Trattato di Uccialli, cit., pp. 135-136. (5) -Cfr. n. 84.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3204. Parigi, 31 ottobre 1889, ore 16,25 (per. ore 19,15j.

Il signor Spuller cui riferii ieri i lamenti contenuti nel telegramma di V. E. del 28 corrente (l) trovò molto biasimevoli le grida faziose di << viva il papa re » proferite dai pellegrini francesi. Egli apprezzò la mitezza del R. Governo che si astenne da qualunque misura coercitiva verso i medesimi. Spuller mi promise di far sentire ai capi di tali pellegrinaggi il pericolo di simili manifestazioni e sogrriunsr che il cardinale L~mgénieux elle capitanava quest'ultimo non aveva partecipato al Governo della Repubblica il suo viaggio a Roma come era in dovere di fare.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. 2629. Roma, 3 novembre 1889, ore 17,45.

In vista della missione clel generale Simmons può forse interessare lord Salisbury osservare e ricordare quanto segue. Nell'acquistare Malta nel 1815 la Corona d'Inghilterra acquistò tutti i diritti che vi avevano per concessione del pontefice romano a Rogero il normanno gli antichi re di Sicilia, diritti che furono riservati nel L530 da Carlo V quando dlede l'isola in feudo all'ordine gerosolimitano. Tra questi diritti vi sono quelli di costituire le diocesi e di nominare i vescovi. Qualora lord Salisbury volesse in proposito ampii ragguagli li forniremmo volentieri e quando il Simmons sia qui potrei, senza dar sospetto, mettere a sua disposizione una persona di mia fiducia pratica della materia. Tocchi l'argomento con la voluta delicatezza e faccia ben rilevare che non abbiamo interesse alcuno nella cosa e non siamo mossi che dal desiderio di far cosa grata ed utile alla Inghilterra (2).

(l) -Cfr. n. 85. (2) -Per la risposta cfr. n. 96.
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COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, E L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, VON BRUCK (l)

APPUNTO. Roma, 3 novembre 1889.

Il barone de Bruck mi ha parlato di due note, che il Kalnoky ricevette, l'una da Costantinopoli e l'altra da Atene.

L'incaricato d'affari d'Austria a Costantinopoli riferisce le notizie date da Chakir sulla Candia. Falso che i turchi maltrattassero i cristiani, e che la tranquillità nell'isola non sia stata ristabilita.

Il c.onsole russo in Creta farebbe l'agitatore ed il console e quel d'Inghilterra

[sic] parimenti. L'uno e l'altro agirebbero contro la Turchia.

Da Atene si scrive che gli esuli candiotti e la stampa filellenica fomentano la pubblica opinione contro la Turchia. Il Dragumis ha pregato, che non facessero dimostrazioni, finché non fossero partiti i principi stranieri, andati in Atene pel matrimonio del principe Costantino.

Il Dragumis presidente del consiglio ed il Delyannis deputato della opposizione, ambedue sono d'accordo, che bisogna agire contro la Turchia. Delyannis lo vorrébbe subito, il Dragumis, a tempo opportuno.

Il Dragumis è convinto, che rivolgendosi a Creta, la Grecia sarebbe vinta; e però una spedizione nell'isola non lo tenterebbe. E' suo avviso di prendersi per orà Chio, Rodi e Mitilene.

Il Dragumis è risoluto ad attaccare la Turchia. La Grecia forse ne sarebbe inghiottita; ma è da vedersi se le Potenze europee vorrebbero far trionfare a danno dell'elemento ellenico i barbari slavi (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. CONFIDENZIALE 2633. Roma, 4 novembre 1889, ore .11.

Informazioni indirette che ci pervengono da Costantinopoli e da Atene (3) fanno credere che il Gabinetto ellenico si prepari ad un'azione ostile alla Turchia. Trikupis e Delyannis sarebbero d'accordo. Il primo pronuncerebbe al riaprirsi della sessione un discorso contro la Turchia. Quanto alle ostilità anziché contro Creta sarebbero dirette contro Chio, Rodi e Mitilene. Il Gabinetto ellenico è tanto

più risoluto ad agire in quanto che non crede che l'Europa lasci trionfare l'elemento slavo a danno dell'ellenico. Faccia conoscere queste nostre confidenziali informazioni al Foreign Office, chiedendo se concordino colle sue ed esprimendo fiducia che i due Governi dinanzi agli avvenimenti che sembrano prepararsi possano procedere in pieno accordo ( 1).

(l) -Da ACS, Carte Crispi, autografo. (2) -Cfr. n. 92. (3) -Cfr. n. 91.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DERING

D. 38575/542. Roma. 4 novembre 1889.

Do risposta alle due sue note del 6 e del 26 ultimo scorso agosto (2), relative al traffico delle armi e munizioni da guerra nell'Africa orientale.

Negli intendimenti del Governo inglese, come in quelli del Governo italiano, lo scopo della convenzione proposta non sembra potere essere oramai se non quello di privare i rivoltosi sudanesi dei mezzi di prolungare una lotta che intralcia ogni commercio in una vasta e fertile regione di Africa e minaccia di ripiombarla per lunghi anni nello stato di barbarie. Qualunque maggiore estensione si volesse dare a tale accordo ci parrebbe uscire dalla cerchia degli scopi pratici che il Governo britannico, non meno dell'italiano, si prefigge. Egli è perciò che il Governo del re ha visto, dapprima, con qualche meraviglia, che si voleva comprendere nell'accordo, che doveva regolare semplicemente il commercio delle armi, una stipulazione di ordine diverso riguardante l'Harar, e che, in seguito, si sia messo innanzi il progetto di estendere il divieto delle importazioni di armi e munizioni al Sultanato di Oppia. Il R. Governo comprende, poi, tanto meno quest'ultima domanda, in quanto fatta dalla Francia, la quale non ha interessi di sorta su quella parte della costa d'Africa. Si aggiunga ancora che il R. Governo non potrebbe oggimai, dopo i nuovi rapporti annodati con l'Etiopia e l'ordine di cose stabilito con trattato regolare che risale al principio dello scorso maggio, contrarre con terzi, riguardo all'Etiopia stessa ed ai paesi dipendenti, alcun impegno che menomasse il diritto ed il dovere che ha di provvedere, sia all'armamento delle proprie guarnigioni sull'altipiano, sia alla sicurezza interna ed esterna dell'Etiopia stessa, Potenza alleata dell'Italia, e delle cui relazioni esteriori l'Italia ha la cura e la responsabilità.

Se dunque la proposta convenzione deve aver di mira uno scopo veramente utile, qual'è quello di impedire che i dervisci siano riforniti di armi e munizioni, il Governo del re volentieri vi apporrà la sua firma, purché non si faccia, a favore del piombo e dello zolfo, una riserva che esso non intenderebbe, codeste materie servendo direttamente ed immediatamente a scopi

di guerra. Quanto all'Harar non ravvisiamo lo scopo di patti speciali al riguardo di una regione che, al pari dei Wollo-Galla, appartiene per legittimo diritto di conquista e di occupazione ad un sovrano amico ed alleato dell'Italia. Il diritto dell'imperatore d'Etiopia sull'Harar non è contestabile né contestato. Ora una stipulazione di tal genere sembrerebbe infirmarlo, il che non può ammettersi, non essendovi chi possa vantare alcun diritto sulla regione stessa, o lascerebbe credere che esistono intendimenti aggressivi da parte degli stipulanti, intendimenti che non esistono certamente nel Governo italiano e che egli non può ammettere esistano nelle altre due Potenze.

(l) -Per la risposta cfr. n. 97. (2) -Non pubblicate nel vol. XXII della serie II.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. CONFIDENZIALE 382 (1). Londra, 5 novembre 1889, ore 3,44 (per. ore 8,20).

Salisbury mi ha detto che l'imperatore di Germania non farà il più piccolo tentativo per indurre il sultano a entrare nella Triplice Alleanza. Ciò sarebbe completamente contrario ai disegni di Bismarck. La politica di quest'ultimo è di apparire neutrale agli occhi della Russia nelle cose della Turchia pér potP.r negoziare neiJ.a questione bulgara e nelle altre questioni d'Oriente, mostrando inclinare, secondo il caso, ora da un lato ora dall'altro.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Napoli, 5 novembre 1889, ore 22,35.

L'indugio con cui in Austria si procede contro Ullman ed altri imputati politici di Trieste è deplorevole. Domandammo non favore, ma pronto giudizio. Il ritardo potrebbe indicare che manchi fondamento all'accusa. Ad ogni modo la permanenza degli accusati in carcere è atto ingiusto ed irritante. Già intrattenni codesta ambasciata su tale argomento (2). Ora insisto. Il conte Kalnoky promise che il processo sarebbe terminato prima della fine di ottobre. Siamo in novembre, il nostro Parlamento sta per riunirsi, e non ci risulta che siasi incominciata la causa. Occorrerebbe che si comprendesse a Vienna come tale lentezza mantenga in Italia una agitazione politica che sarebbe dovere

comune prevenire, e, secondo i casi, impedire. Voglia parlare in proposito con tutta prudenza, e possibilmente col principe stesso, egli solo avendo autorità per dare consiglio favorevole alla nostra tesi (1).

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (2) -Cfr. n. 44.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. s. N. Roma, 5 novembre 1889,

Da Londra: «Non saprei dire con quanta soddisfazione e gratitudine Salisbury ha accolto la informazione di V. E. (2) circa il diritto della Corona d'Inghilterra di costituire le diocesi e nominare i vescovi nell'isola di Malta. Sua Signoria era del tutto ignara della cosa, e la prega vivamente di dar tutti i ragguagli, indicazioni e documenti all'inviato inglese presso il papa. Salisbury telegrafa all'inviato di mettersi in relazione con V. E. in modo però che i giornali non ne abbiano contezza. Avendo io suggerito a Salisbury che il miglior modo per mantenere il segreto sarebbe che egli desse istruzioni a lord Dufferin di farsi intermediario fra V. E. e il generale Simmons, Sua Signoria rispose che egli avvertirebbe di ciò lord Dufferin, ma che lasciava unicamente a V. E. di giudicare se voleva servirsi di lord Dufferin o comunicare con il generale, per mezzo di persona di sua fiducia. Salisbury mi ha chiesto copia del telegramma di V. E. e non avrò difficoltà dargliene sostanza. Sua Signoria fu da me informata degli studi speciali fatti dall'E. V. sulle costituzioni antiche del Regno di Sicilia. Catalani». Prego V. E. darmi istruzioni e dirmi se debba fare tradurre in francese sua memoria su Malta.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. CONFIDENZIALE 389 (3). Londra, 6 novembre 1889, ore 6,07.

Le informazioni del Foreign Office non corrispondono con quelle ricevute da v. E. I discorsi bellicosi di Trikupis biasimanti taluni dei ministri non sarebbero che una astuzia per spaventarli ed indurre le Potenze a negoziare colla Turchia qualche altra cessione territoriale alla Grecia. Né sarebbe vero

che Trikupis sia d'accordo con Dcly<!nnis; ma coi suoi discorsi Trikupis desidera «togliere a Delyannis l'aura popolare dalle vele ». Quanto al discorso accennato dall'E. V. che Trikupis si proporrebbe pronunziare alla Camera e ben noto che Trikupis dopo la partenza di Bismarck da Atene ne lesse le bozze al ministro di Germania e che quel discorso non sarà certamente così violento come è utile a Trikupis far credere. Ad ogni buon fine il due corrente Salisbury e Bismarck diedero ordini ai loro ministri di far notare in modo severo alla Grecia il pericolo di una politica ostile alla Turchia. L'Austria non fece alcuna rimostranza. Tutto ciò è per V. E. soltanto e risulta dalla lettura che mi è stata fatta dei telegrammi giunti al Foreign Office. Ho spedito ciò nondimeno questa sera a Salisbury alla campagna la sostanza del telegramma di V. E. in data del 4 novembre (l). Aggiungo ad ogni buon fine che io ho ricevuto questa stessa sera contemporaneamente una lettera particolare di Salisbury il quale vuole vedermi domani sei corrente alle tre (2). Non credo che si tratti della Grecia, ma siccome Sua Signoria si ferma poche ore a Londra prego V. E. di volermi telegrafare se ella ha nuove informazioni sull'argomento.

(l) De Launay rispose con T. riservato del 7 novembre, ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 117 di cui si pubblica la frase seguente: «il sottosegretario di Stato non taceva quantoriuscirebbe malagevole di tornare con Kalnoky sopra argomento così delicato e che sta fuori della sua competenza ».

(2) -Cfr. n. 90. (3) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. CONFIDENZIALE 390 (3). Londra, 6 novembre 1889, ore 23,20 (per. ore 2,10 del 7).

Scopo domanda di Salisbury di vedermi oggi è stato di colmare una lacuna del nostro colloquio del 4 corrente ( 4). Sua Signoria mi ha detto che nei primi del corrente l'Inghilterra, la Germania ed anche l'Austria-Ungheria avevano fatto uffici con Trikupis per inculcargli consigli di moderazione e . di pru~ denza. Mi ha fatto notare che nel caso di una guerra fra la Grecia e la Turchia le quattro Potenze si troverebbero di fronte al seguente dilemma: se la Turchia fosse vittoriosa le Potenze dovrebbero intervenire per salvare la Grecia ciò che sarebbe commettere una ingiustizia contro la Porta provocata e costretta a difendersi; se la Turchia fosse vinta essa si getterebbe nelle braccia della Russia. Sua Signoria ha soggiunto che Trikupis sembra seguire i consigli delle Potenze, che al fondo de! cuore desidera gli sia forzata la mano e che sarebbe lieto anche di una minaccia di un altro blocco. La Russia si mostra contraria a qualsiasi tentativo avventuroso della Grecia, ma Salisbury finora ignora il pensiero della Francia e mi ha chiesto se V. E. ne avesse contezza. Avendo interrogato Salisbury se egli si proponeva fare qualche nuova pratica ad Atene mi dichiarò che nel presente stato di cose ciò non era necessario.

(l) -Cfr. n. 92. (2) -Cfr. n. 98. (3) -Numero dell'ambasciaèa a Lonùra; a Roma il telegramma non è stato protocollato.

(4) Cfl'. n. 94.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3282. Parigi, 7 novembre 1889, ore 15,35 (per. ore 18,35).

Al ricevimento ebdomadario di jeri mi lamentai al signor Spuller del nuovo corrispondente Havas Roma. Egli a sua volta si lamentò della Havas, che non ascolta le sue raccomandazioni. Feci osservare che quel foglio insieme a molti altri fogli francesi sembra avere assunto impegno inasprire i rapporti fra la Francia e l'Italia, mentre per parte nostra facciamo il possibile per migliorarli. Il signor Spuller non disconobbe eccessi stampa, giornali ufficiosi, e mostrò apprezzare nostro contegno. Il corrispondente dell'Havas mi fu detto essere certo Lavalette.

100

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. SEGRETO S.N. Roma, 8 novembre 1889.

E' a mia notizia Khalifah aver chiamato a Kartum i principali capi dervisci, compresi Osman Digma ed Abu Ghergia. Informazioni da Massaua, provenienti da fonte degna di fede darebbero oggetto del convegno essere di stabilire un grande attacco contro Wadi-Halfa. Khalifah stesso inclinerebbe recarsi in persona contro gli inglesi. Comunichi ciò a Salisbury come prova nostra comunanza interessi, pregandolo non rivelare provenienza della notizia, giacché, se saputa, ci priverebbe di ulteriori informazioni da quella fonte che già ci rese altri servizii.

101

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. SEGRETO S. N. Roma, 9 novembre 1889, ore 12.

Per evitare che su Kisimaio ed il territorio al nord i tedeschi ripetano a nostro danno il giuoco fatto agli inglesi al sud ravviserei necessaria una notificazione alle Potenze della concessione fattaci. Non trattandosi di occupa

zione propriamente detta né di protettorato, questa notificazione, pure ispirandosi al principio contenuto nell'art. 35 dell'atto generale di Berlino, dovrebbe essere concepita con formola speciale che vorrei combinata con la società inglese. Gradirei che ella vedesse subito Mackinnon e redigesse una formola tale da soddisfare tutti gli interessi salvando i nostri diritti contro ogni usurpazione. Telegrafi (l).

102

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO S.N. Berlino, 9 novembre 1889.

Non riuscì al conte di Bismarck nel suo soggiorno in Atene di rimuovere il Governo ellenico dai suoi propositi più o meno velati verso la Creta. Trikupis non si preoccupa gran fatto dell'attitudine delle Potenze quando gli si lascia intendere che la Grecia rimarrebbe isolata in caso di complicazioni. E' bensì vero che finora nessuna Potenza si dimostra disposta a ricorrere a misure repressive. Il Gabinetto di Berlino non prenderà iniziativa a tal riguardo.

103

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 398 (2). Londra, 9 novembre 1889.

Salisbury essendo in campagna gli ho trasmesso per mezzo del sottosegretario di Stato la notizia contenuta nel telegramma di V. E. d'oggi (3). Sottosegretario di Stato prega V. E. di gradire i suoi vivi ringraziamenti per quella comunicazione di enorme importanza pel Governo inglese. Manterrà segreto assoluto sull'origine della notizia.

v. -E. di ieri sera ho l"onore di proporre a V. E., dopo colloquio con Mackinnon, di autorizzarmi a sottoscrivere con quest'ultimo un atto di traslazione all'Italia dei territori concessi dal sultano di Zanzibar alla compagnia britannica. Una tale notificazione sarebbe tanto più urgenteche non solo 11 territorio dell'interno, ma quello frapposto tra una stazione e l'altra non appartiene al sultano e la Germania per fare dispetto agll inglesi potrebbe occuparlo da un giorno all'altro».

IO -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

(l) -Catalani rispose con T. segreto 399 del 10 novembre: «In risposta al telegramma di (2) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (3) -Cfr. n. 100.
104

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. 3320. Vienna, 10 novembre 1889, ore 17,50 (per. ore 19,50).

Kalnoky non ha potuto ricevermi che oggi soltanto, dopo il suo ritorno da Friedrichsruh. Egli mi ha detto che aveva trovato il principe di Bismarck in ottime condizioni di salute e che era molto soddisfatto dei colloqui con lui avuti ed aggiunse che essi si trovano in perfetto accordo in tutte le questioni attualmente pendenti. Il principe di Bismarck si era compiaciuto che gli sforzi delle Potenze alleate avessero potuto assicurare la pace per un anno e sperava che avrebbero continuato ad assicurarla anche in seguito. Però Kalnoky aggiunse che Bismarck aveva riconosciuto con lui che la situazione non era cambiata e che, quantunque pacifica, poteva dar luogo da un momento all'altro a nuove inquietudini. In quanto alla Bulgaria, Bismarck aveva ammesso che bisognava conservare un piede nel Principato, cercare di mantenerlo dal nostro lato per impedire che l'influenza russa vi sorgesse di nuovo. Per quanto riguarda la Grecia, la situazione sembrava tendere a divenire alquanto critica, perché si cercava di far risorgere la questione di Candia. Trikupis accennava ad agire e ad assumere un contegno ostile contro la Turchia, verso la quale dichiarava voler mettersi in istato di guerra. Kalnoky spera che egli verrà a migliori consigli. S. E. aggiunse che lo stesso imperatore Guglielmo, nella sua recente dimora ad Atene, aveva dato a Trikupis dei consigli di moderazione e che i Governi di Germania e di Austria-Ungheria avevano fatto altrettanto; ed egli non dubita che v. E. farà altresì parlare in questo senso ad Atene. In quanto alla Serbia e alla Rumania, Kalnoky disse che le questioi1i che potrebbero per avventura sorgervi non sembrano tali da far temere per la pace europea e che era da sperarsi che avrebbero potuto essere localizzate.

105

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. SEGRETO S. N. Roma, 10 novembre 1889, ore 18,15.

L'autorizzo a firmare con Mackinnon atto traslativo stazioni e territori concessi dal sultano (2). Ravviso urgente notificazione alle Potenze sotto forma qualsiasi. Proponga formula che creda accetta a Iord Salisbury (3).

(l) -Ed. !n CarsPr, Questioni internazionali, c!t., pp. 227-228. (2) -Risponde al n. 101, nota 1. p. 67. (3) -Cfr. n. 108.
106

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3322. Vienna, 10 novembre 1889, ore 18,50 (per. ore 20,50).

Kalnoky mi disse che il principe Ferdinando era venuto a vederlo prima della sua partenza per Sofia e che egli aveva profittato dell'occasione per impegnarlo a rimanere tranquillo ed a non far nulla che potesse cambiare lo stato presente di cose in Bulgaria, rappresentandogli i pericoli che avrebbero potuto sorgere in caso contrario. Il principe Ferdinando avrebbe promesso a Kalnoky di seguire questo suo consiglio e che in questo senso si sarebbe adoperato al suo ritorno in Sofia. A questo riguardo Kalnoky mi disse che la situazione nel Principato non sembrava potesse indefinitamente durare tal quale era al presente, giacché i bulgari desideravano proclamarsi indipendenti, e che avrebbero colta la prima occasione propizia per dar seguito al loro progetto. Egli aggiunse che era sempre dell'avviso di V. E. per il mantenimento dello statu quo ma che non bisognava dissimularsi i pericoli che da esso potrebbero scaturire in un momento dato. Fu perciò che egli credette suo dovere di manifestare nel tempo le sue preoccupazioni alla Porta; ma che altro non aveva fatto né intendeva fare.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 3393. Berlino, 12 novembre 1889, ore 18,16 (per. ore 19).

Un recente articolo del Fremden Blatt di Vienna contiene periodo seguente: «E' da ammettersi che i due uomini di Stato hanno stabilito punti importanti che possono raffermare le speranze dei popoli per un pacifico sviluppo delle loro sorti ~-Principe di Bismarck mi fa dire confidenzialmente per mezzo del sottosegretario di Stato che quella frase manca di chiarezza. Nulla venne fissato nel convegno. I due ministri scambiarono le loro idee, le loro speranze per il mantenimento della pace e parlarono del miglior modo per conservare perfetta intesa nella Triplice Alleanza. Non furono presi accordi speciali. Il miglior modo cui allude sarebbe senza dubbio, siccome risulta dai miei telegrammi e rapporti di questi ultimi giorni, quello di non toccare alla questione di Bulgaria o ad altre questioni in sospeso finché non se ne imponga la necessità.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 404 (1). Londra, 14 novembre 1889.

Salisbury non crede che la Germania abbia intenzione d'occupare il territorio che giace fra i porti conceduti dal sultano alla compagnia britannica. Cionondimeno in seguito al protettorato recentemente dichiarato dalla Germania fra Vitu e Kisimaio Sua Signoria consiglia all'E. V. di notificare alle Potenze l'acquisto fatto dall'Italia. Circa la formula di notificazione Salisbury ha approvata la seguente: «Il Governo italiano notifica che in conformità d'un accordo col sultano di Zanzibar i porti a settentrione di Kisimaio sono stati conceduti all'Italia per un periodo di... anni a condizioni simili a quelle contenute nelle concessioni fatte alla Germania da Umbi al fiume Rowuma ed alla compagnia britannica da Umbi a Lamu. Notifica parimenti che esso ha già occupato e preso possesso della costa che si estende fra l'uno e l'altro dei suddetti porti di Kisimaio e Mrati ». Sua Signoria contrariamente al parere di Mackinncn non crede si debba far menzione dell'atto del Congo. Però Sua Signoria mi ha detto che nel nostro interesse prima di spedire la notificazione è necessario: l) firmare atto di traslazione del territorio fra la compagnia britannica e l'Italia; 2) ottenere il consenso del sultano alla traslazione. Ho risposto a Sua Signoria che il primo è già compilato e che ho pregato Mackinnon di telegrafare direttamente al sultano per ottenere consentimento. Prevedendo il caso di un ritardo nella risposta di Sua Altezza l'atto è stato redatto colla riserva che rimarrà nullo e privo d'effetto se Sua Altezza rifiuta il consenso. Non v'è però nulla da temere in proposito (2).

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO 407 (l). Londra, 15 novembre 1889, ore 23,30.

Salisbury mi ha manifestato, sotto condizione di assoluto segreto, i suoi desideri circa Conferenza di Bruxelles: l) Inghilterra prenderebbe iniziativa

nelle questioni marittime concernenti la tratta, e nelle questioni terrestri il Belgio; 2) scopo principale della conferenza era ottenere le maggiori concessioni possibili dalla Francia che si cercherebbe d'isolare. La Francia non accorderebbe alle Potenze diritti di visita dei bastimenti con bandiera francese ma la conferenza doveva ottenere dalla Francia di limitare la facoltà di concedere la bandiera francese ai sambuchi indigeni, sopratutto nel Madagascar. II diritto di inalberare bandiera francese si acquista in quell'isola per 25 franchi; 3) una forte tassa sugli spiriti sarebbe dannosa agli interessi di talune colonie inglesi; 4) Inghilterra desidera estensione proibizione importazione armi. Su quest'ultimo capo, avrò l'onore di telegrafare domani all'E. V. In seguito a desiderio di Salisbury prego V. E. ritenere questo telegramma per lei sola.

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma 11 telegramma non è stato protocollato. (2) -L'istruzione di fare la notifica alle Potenze firmatarie del Trattato di Berllno venne data con T. 2788 del 19 novembre ed. in LV 89, p. 45.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3388. Berlino, 16 novembre 1889, ore 18,40 (per. ore 20,35).

Gabinetto di Berlino viene informato, e se ne mostra assai soddisfatto, che i savi consigli di V. E. al Governo ellenico (1) furono decisivi per rimuoverlo all'ultima ora dalle sue intenzioni di adottare attitudine energica negli affari della Creta.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI {2)

T. PERSONALE S. N. Vienna, 16 novembre 1889.

Kalnoky mi annunziò oggi che fedele alla promessa fattami e tenendo conto speciale della istanza di V. E. propose all'imperatore di abbandonare il processo contro Ullmann e di espellerlo in Italia. Sua Maestà diede il suo consenso e l'ordine relativo è stato impartito. Ho ringraziato in di lei nome il conte Kalnoky di questo provvedimento che fa testimonianza di moderazione del Governo imperiale e di deferenza verso il Governo del re.

(l) Non sl è trovata documentazione su questi consigli di Crisp!.

(2) Ed. In CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 119.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO l (1). Roma, 19 novembre 1889, ore 11.

Denunciai già a V. E. il contegno dei pellegrini francesi. Continuano fatti che provocarono mio precedente telegramma (2). Tanto in San Pietro quanto nelle riunioni che tengono i pellegrini, la preghiera finisce con le parole: «Salvate la Francia, salvate la chiesa ed il papa re~. I pellegrini degli altri Paesi non hanno osato tanto. Come notai, gli ecclesiastici in Francia trovansi sotto la dipendenza del Governo che li nomina; sono dunque impiegati dello Stato. Potrei applicare a quelli che sono in Italia le leggi di polizia contro gli stranieri e farli tradurre alla frontiera, oppure processarli dinanzi ai tribunali per grida sediziose. Per ora la prego a voler osservare al signor Spuller non essere né il contegno dei pellegrini né la tolleranza del Governo francese verso gli ecclesiastici che li dirigono, fatti di natura da pacificare gli animi e rendere più facili i rapporti fra i due Paesi. Rispettosi delle altrui istituzioni vogliamo rispettate le nostre. Mi telegrafi la risposta di Spuller ( 3).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS (4)

T. 2804. Roma, 20 novembre 1889, ore 19,15.

Ove si facciano proposte circa restrizione commercio armi in Africa, ella dichiarerà che Governo italiano non potrebbe contrarre con altre Potenze impegni che menomino suo diritto di fornire ogniqualvolta ciò giudichi opportuno armi e munizioni all'Etiopia, paese oggimai contrario per convenzione con noi stipulata alla tratta ed alla schiavitù ed entrato nella sfera d'influenza ed interessi italiana.

(-4) De Renzis era il primo plenipotenziario alla Conferenza antischiavista di Bruxelles.
(l) -Da questa data inizia la serie de! telegrammi riservati. A partire dal lo gennaio 1890 inizia anche un'altra serle, quella dei telegrammi coloniali riservati. Entrambe le serle terminano col Ministero Crlsp!. (2) -Cfr. n. 85. (3) -Cfr. n. 114.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3454. Parigi, 21 novembre 1889, ore 16,42 (per. ore 19,40).

Parlai col signor Spuller dell'atteggiamento fazioso dei pellegrini francesi in Roma provocato dai loro stessi vescovi che li accompagnavano; accennai ai discorsi pronunciati in un pranzo al seminario francese di Roma, presente il cardinale Langénieux, in cui si fecero voti per il ristabilimento del potere temporale del pontefice. In conformità delle osservazioni di V. E. nel suo telegramma (1), dissi che il Governo francese dopotutto avendo autorità sui suoi vescovi, poteva ordinare loro di astenersi da simili provocazioni. Il signor Spuller mi ripeté che disapprovavà altamente simili manifestazioni e se da una parte lodava la tolleranza del R. Governo che le permette nel Vaticano, dando prova in tal modo della libertà di cui gode il pontefice, troverebbe però opportuno che il R. Governo reprimesse tali manifestazioni sediziose fuori del Vaticano. Quanto al cardinale Langénieux, egli partì per Roma senza fargli visita. Lo farà chiamare per ammonirlo ed invitarlo ad un contegno più corretto e prudente rispetto a noi. Il signor Spuller colse l'occasione per smentire nel modo più formale la notizia data dalla Gazzetta di Colonia e ripetuta dalla Post di Berlino, cioè che egli avesse spedito un telegramma di approvazione ai pellegrini francesi a Roma. Non gli sarebbe discaro che tale notizia fosse smentita.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI (2)

D. 40570 bfs/154. Roma, 21 novembre 1889.

Nel suo rapporto del 22 ottobre scorso n. 2545/1020 (3), la S. V. si riferisce alla proposta che lord Granvllle una volta le fece di consigliare al Governo italiano l'occupazione di Kassala. Noi non vogliamo al certo accettare adesso questa proposta. Le condizioni tanto del Sudan quanto dell'Europa non sono tali da consigliarci, almeno per il momento, una politica di occupazione. Se non che, informazioni che ci giungono da Massaua e che fino a un certo punto crediamo attendibili, ci darebbero come cosa assai facile lo stabilire colà una certa influenza. Noi non saremmo quindi alieni dall'autorizzare chi sta alla direzione delle nostre cose in Africa a spiegare un'azione più vigorosa di quel che non si sia fatto fin qui verso il Sudan orientale. Ci è stato per esempio

offerto di far venire a Massaua alcuni dei capi rivoltosi che ora comandano, non si sa esattamente in nome di chi, la città di Kassala e i dintorni. L'accettare questa offerta sarebbe un mostrar assai chiaro che noi abbiamo delle aspirazioni in quella direzione. La S. V. troverà quindi naturale che prima di fare un passo simile, o altro equivalente, io desideri di essere informato da lei, che tante volte ebbe occasione di intrattenersi di questo soggetto con lord Salisbury, quali sieno le idee di Sua Signoria in proposito. Sta in fatto che le autorità anglo-egiziane di Suakin si sono mostrate sempre gelosissime di tutto quello che potrebbe accrescere la nostra influenza nel Sudan e perfino di quelle trattative che potevano servire a riaprire alle carovane l'antica via di KassalaMassaua. Noi crediamo però che ciò possa attribuirsi allo zelo delle autorità subordinate e non alle idee del Gabinetto inglese. Conoscendo però per esperienza come non sempre le offerte di lord Granville siano state accettate dal suo successore, io vorrei esser informato delle idee che prevalgono presso il Gabinetto attuale circa il Sudan orientale. E' sottinteso che a noi non interessano, né possono interessare neppure in avvenire, le altre parti di quell'immenso paese (1).

(l) -Cfr. n. 112. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, clt., p. 311. (3) -Non pubbllcato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 2819. Roma, 22 novembre 1889,, ore 17,35.

Prima che giungesse suo telegramma in data jersera (2), ne avevo ricevuto uno che riassumeva articolo Temps relativo suo colloquio col signor Spuller circa incidente pellegrini. Sono lieto che il signor Spuller divida le mie idee circa il contegno che il Governo italiano può prendere in confronto dei pellegrini; confesso però essere meravigliato delle confidenze fatte alla stampa di quanto si tratta nel Gabinetto degli affari esteri.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (3)

D. 40878. Roma, 23 novembre 1889.

La missione che le fu data, lo scorso anno, presso re Menelik è stata da lei compiuta con uno zelo ed un successo pari alla fiducia che in lei riposi, e

non posso se non ringraziarla ed elogiarla nel più vivo modo in nome del R. Governo e mio.

Ma il suo compito non è ancora terminato. Rimane, come ella sa, da far firmare al re Menelik una convenzione supplementare, da accertare le nostre frontiere, da stabilire con l'Etiopia rapporti di buon vicinato e di durevole amicizia. Nessuno come lei può adempiere a siffatto incarico. Ella legherà indissolubilmente il suo nome col compimento definitivo della prima grande impresa coloniale dell'Italia risorta, cogliendo così adeguato frutto delle sue fatiche.

So che domandandole di tornare per un'ultima volta in Etiopia, la richieggo di un grande sacrificio. Ma per chi ha mostrato, come lei, di comprendere quanto imponga il dovere, il sacrificio non sarà superiore alle forze. Confido dunque che ella, siccome verbalmente me lo ha promesso, accetterà la missione che nuovamente le affido di tornare presso re Menelik divenuto re dei re d'Etiopia.

Gradirò un suo cenno di riscontro, in seguito al quale le farò pervenire le mie istruzioni.

(l) -Non si pubblica l'analogo D. riservato 42765/600 del 7 dicembre, con eu! Cr!spl ripetevale stesse istruzioni per Torn!ell!. Per la risposta d! Tornlell! cfr. n. 130. (2) -Cfr. n. 114.

(3) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, c!t., 312.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3534. Parigi, 27 novembre 1889, ore 17,45 ( 1).

Al ricevimento d'oggi Spuller mi ha espresso il suo alto compiacimento per il discorso della Corona che trova nobile, giustamente fiero e degno di approvazione sotto ogni rispetto. Egli mi ha incaricato di esprimere quei sentimenti a V. E. in cui ripone la massima fiducia e ha dato istruzioni a Mariani che parte questa sera per Roma di farsene verbalmente interprete presso V. E.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA (2)

T. RISERVATO 16. Roma, 27 novembre 1889, ore 23.

La Russia è la sola Potenza che non abbia sinora risposto alla nostra comunicazione circolare relativa all'Etiopia. Non posso credere che si tratti di mancanza di volere ed attribuisco ritardo a presenza di altre preoccupazioni. Pregola

però di sollecitare accortamente una risposta dal Governo imperiale. Ella potrà accennare che la Francia fu la prima Potenza che riconobbe nuovi nostri di

ritti (l).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., p. 313.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MHUSTRO DEGLI ESTERI A.I.. CRISPI (2)

L. PERSONALE. Parigi, 29 novembre 1889.

Il signor Spuller che si manifesta sempre con me animato da uno spirito conciliante, si mostrò nell'ultimo nostro convegno del 27 corrente, più che mai espansivo in quel senso, come già ebbi l'onore d'informare V. E. col mio telegr::>.mrr.a dello stesso giorno (3). Egli lodò altamente il discorso della Corona. senza riserva, in tutti i suoi punti, approvando la giusta e nobile fierezza colla quale il re rammentava quanto i nostri sovrani ed il popolo avevano fatto per costituire, in cosi breve tempo, l'Italia in Nazione una, indipendente e dotarla di un Governo che si distingue fra i più ordinati e liberali di cui possono vantarsi le Y..Tazioni inci-;ilite. Il signor Spuller accolse con viva soddisfazione l'annunzio della abolizione, per parte nostra, de' diritti differenziali esistenti in Italia contro la Francia; esprimeva ad un tempo il suo rincrescimento di non potere promettere che il nostro esempio sia tosto seguito da questo Governo poiché le recenti elezioni essendosi, in gran parte, fatte, specialmente nei dipartimenti, sul terreno del protezionismo, già se ne vedeva il frutto nella costituzione di un potente gruppo parlamentare formatosi per difendere gli interessi dell'agricoltura contro le concorrenze estere.

Il signor Spuller parlandomi della E. V. espresse al di lei riguardo la massima fiducia nella di lei lealtà e la massima stima per il carattere di V. E. spe.rando che ella si adoprerà in modo efficace per migliorare i rapporti tra i nostri due Paesi; egli mi dichiarava ad un tempo di essere disposto a secondare l'Italia in tutte le cose che le potrebbero giovare. Mi autorizzò ad esprimere que' sentimenti a V. E. dicendomi di avere dato l'incarico a S. E. Mariani che già parti per Roma di farsene anche interprete presso la E. V. Parlandomi dei pellegrini francesi a Roma, il signor Spuller mi disse che furono dal cardinale Langénieux stesso provocati a proferire le grida sediziose di «viva il papa-re », in Roma, a rischio di promuovere qualche spiacevole incidente. Egli mandò a rimproverare quell'eminentissimo prelato che mancò al suo dovere astenendòsi dal presentarsi a questo ministro degli affari esteri tanto all'andata a Roma che al ritorno.

Da alcuni giorni, si osserva che la solita asprezza dei giornali verso l'Italia va scemando in alcuni di essi fra i principali. Tuttavia sussiste tuttora un

stock de' velenosi rancori suscitati dalla stampa. Una prova di ciò si ebbe nella recente formazione di una compagnia per l'esercizio del sistema ferroviario Ducanville. Nel primitivo programma di quella società si accennava che il sistema era già stato sperimentato dall'Italia; ma il signor Soubeyron, incaricato della emissione delle nuove azioni, insistette affinché il nome dell'Italia fosse cancellato dal programma perché, diss'egH, l'Italia era ancora talmente in uggia che il parlare di essa avrebbe recato nocumento alla detta emissione.

Comunque sia, vi ha però una tendenza sensibile ad un ravvicinamento di questo Paese verso l'Italia. Questa tendenza è diretta da due sentimenti di natura diversa: il primo è quello di riacquistare il nostro mercato, quello cioè di una Nazione vicina di trenta m1lioni di abitanti, che ogni giorno di più sfugge alla Francia. L'altro sentimento essenzialmente politico ha per scopo di distaccare l'Italia dalla Germania e dall'Austria e di sciogliere in tal modo la Triplice Alleanza che pone un argine alle tumultuose ambizioni del popolo francese. Secondo la mia modesta opinione, se a noi conviene di favorire un ravvicinamento necessario, economicamente parlando, per i due Paesi e specialmente desiderato anche in Italia sotto quel riguardo, nulla però dobbiamo fare per indebolire un'alleanza che finora ha mantenuto la pace contro le prepotenti passioni del nostro potente vicino, in balia del quale altrimenti rimarremmo, ove fossimo soli a difenderci. Non parlo di altre ragioni che consigliano il mantenimento rlella Triplice Alleanza, quelle anziaccennate basterebbero a giustificarla; noto però ancora che l'idea di una vasta confederazione repubblicana latina, Francia, Italia, Spagna, Portogallo potrebbe balenare in alcune teste tanto al di qua che al di là delle Alpi e de' Pirenei.

(l) -Per la risposta cfr. n. 121. (2) -Da ACS, Carte Cr!sp!. (3) -Cfr. n. 118.
121

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 12. Pietroburgo, 30 novembre 1889, ore 17,20 (per. ore 19,50J.

Essendosene offerta l'occasione favorevole, ho ieri in un raut condotto conversazione con Giers sulla circolare relativa all'Etiopia (1). Il ministro imperiale mi disse: «non avere ancora accusato ricevimento essendo dapprima rimasto perplesso innanzi ai nomi per lui nuovi di Etiopia, Menelik etc. e perché eragli sembrato che il nuovo diritto dall'Italia acquistato non rientrasse nel novero di quelli previsti dall'articolo 34 dell'atto generale della Conferenza di Berlino; aver inoltre voluto consultare gli altri Gabinetti~. Non essendone quello né il luogo né il momento, non ho, come facilmente avrei potuto, con

(l} Cfr. n. 119.

f

futato questi argomenti e mi sono limitato ad accennare al fatto che, eccetto la Russia, tutte le altre Potenze, per prima la Francia, avevano già risposto alla notificazione del Governo del re. Messo alle strette il ministro rispose pregandomi di !asciargli ancora alcuni giorni e promettendo che certamente avrebbe risposto. Non mi parve corretto insistere ulteriormente ma soggiunsi che prendevo atto della sua cortese promessa la quale non avrei tardato a rammentargli. Se l'E. V. non me ne darà ordine in contrario, tornerò sull'argomento nel prossimo ricevimento ebdomadario. La conversazione ha, come sempre, recato l'impronta cortese, per parte mia di rispettosa amicizia, per parte del ministro di grande affabilità; quanto egli mi diceva erano piuttosto dubbii, che avrebbe desiderato chiariti, che non obiezioni.

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JL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO 19. Roma, 1° dicembre 1889, ore 18,55.

E' venuto il signor Mariani e mi ha portato i ringraziamenti del signor Spuller per il tono pacifico ed amichevole del discorso della Corona. Pare che codesto ministro degli affari esteri abbia tendenze concilianti e che tema soltanto della Camera. Risposi che, da parte nostra, non mancheremo di fare in modo che si possa venire ad un modus vivendi fra le due Nazioni. Metterò in ciò tutta l'opera mia e la mia buona volontà, felice se potrò ristabilire buoni e cordiali rapporti fra l'Italia e la Francia. Il signor Mariani mi ringraziò dicendo che avrebbe con speciale telegramma informato il suo ministro del nostro colloquio.

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IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO S.N. Aden, 2 dicembre 1889, ore 18 (per. stesso giorno).

Ragazzi scrive in data del 25 ottobre da Antoto dove si recò per assistere incoronazione Menelik, che trovò lietissimo per accoglienza fatta in Italia suoi inviati, dice aver Menelik gradito assai averlo sua festa rappresentante Governo amico. Menelik confermò a Ragazzi notizia incendio Gondar, disfatta di dervisci, dissegli che bisognerebbe accordarsi onde distruggerli, confermò sua andata Tigré fine novembre aggiungendo che all'annunzio suo avanzare verso il Tigré i nostri dall'Asmara dovrebbero farsi ad incontrarlo e così prendere

nemico in mezzo. Ragazzi non ricevendo altri ordini seguirà Menelik e informerà eventi. Ras Mangascià governatore Tigré inviò ultimo settembre un monaco a Menelik per trattare pace alle condizioni seguenti: che degiac Seium non venga nominato governatore Tigré, che Menelik governi Scioa Wollo e Lasta ed egli il Tigré fino Asmara; Menelik mostravasi propenso non nominare Seium al governo Tigré ma rifiutò altra proposta esigendo anzi che Mangascià venga atrattare pace in Antoto e rimandò monaco. In seguito a ciò si dice che Mangascià abbia scritto Governi russo e francese dimostrando loro sua situazione difficile invocando aiuto. Pare accertato che re Goggiam non assisterà incoronazione per cui cercò mille pretesti. Si teme anche che lo stesso re di Goggiam avendo decorato un corriere giuntogli dai dervisci stia cercando unirsi segretamente a questi e ribellarsi a Menelik. Dervisci sono sempre alla frontiera Wollo Galla. Ufficiale russo Makokoc del genio ha promesso Menelik dono 500 fucili, modello esercito russo, dicendo trovarsi già Gibuti disposizione. Menelik lo assicurò che Sagallo verrebbe ceduto Russia, la quale aprirebbe strada e fornirebbe Menelik tutto ciò che egli desidera; chiesegli pure un personaggio sua Corte per condurre in Russia a concretare accordo fatto. Menelik rispose invierebbe prendere fucili costa, rifiutando inviare Russia suo incaricato. Makokoc che sta di

scendere [sic] litorale assicurò Menelik che lui od altro inviato Governo russo fra sei mesi sarebbe ritornato Scioa. Ragazzi dice che i colloqui di Makokoc con Menelik furono sempre segreti, soltanto con doni o con danaro, se egli ne avesse, potrebbesi sapere oggetto loro conferenze, ma che del resto, a quanto egli sa, crede che Menelik non abbia stabilito nulla di serio con quel signore.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 13. Pietroburgo, 4 dicembre 1889, ore 23,30 (per. ore 6,15 del 5).

Nel colloquio d'oggi con Giers ho nuovamente chiesto, in termini cortesi ma fermi, a che era da attribuirsi l'indugio posto dal Gabinetto imperiale nel rispondere alla notificazione relativa all'Etiopia. Il ministro avendo di nuovo addotto le ragioni già note all'E. V. per il mio telegramma del 30 novembre (1), gli feci osservare che negli otto anni che aveva ormai l'onore di parlargli di cose d'Africa avevo sempre ricevuto per risposta: «non abbiamo interessi diretti in Africa, ce ne rimettiamo a quanto faranno gli altri Gabinetti», soggiungendo: «oggi che gli altri Stati tutti hanno preso atto della notificazione perché questa insolita esitazione del Gabinetto di Pietroburgo? ». Giers: «il Gabinetto francese, a quanto telegrafò Mohrenheim, ha risposto né si né no e quello di Costantinopoli, che è il principale interessato, come mi viene riferito da Nelidov, cui ho telegrafato a

seguito della nostra conversazione dell'altra sera, non ha ancora preso atto della. notificazione, ravvisando nel trattato con Menelik una lesione dei propri diritti ). Replicai che anzi la Francia aveva risposto la prima alla notificazione e che quanto alla Turchia non mi sembrava ammissibile considerarla interessata, né che essa potesse ritenersi lesa per un atto in cui il re di Etiopia aveva agito come sovrano di diritto e di fatto; aggiunsi che, comunque, tutto ciò non parevami avesse che fare con la risposta che il Gabinetto imperiale doveva alla comunicazione di questa ambasciata. Messo con le spalle al muro il ministro concluse: <bene, le prometto di parlarne con l'imperatore e, avutone l'avviso, darle una risposta». Risposi, nel porre termine a questa conversazione, che aveva durato oltre un'ora, che mi affidavo interamente a questa sua promessa di cui del resto mi proponeva informare V. E. (l).

(l) Cfr. n. 121.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. 3547. Parigi, 5 dicembre 1889, ore 15,10 (per. ore 19,10).

Il telegramma del l o corrente (3) che mi riferisce la conversazione di V. E. col Mariani, venne da questi confermato allo Spuller, il quale me ne espresse ieri la di lui viva soddisfazione. Egli mi disse essere vivamente contrastato da un partito che lo vorrebbe rovesciare coll'accusarlo di mostrare troppa condiscendenza verso l'Italia a detrimento della Francia stessa. Cionondimeno egli non tralascerà di lavorare attivamente per migliorare. i rapporti fra i due Paesi e stabilire fra loro un modus vivendi, proprio a soddisfare i rispettivi interessi. Un violento articolo del Figaro di oggi si fa interprete dei sentimenti ostili che sono tuttora attizzati contro l'Italia; tuttavia, contro il gruppo opposizionista, che ci è il più contrario, sorge un nuovo gruppo assai più mite, capitanato da Léon Say, che propugna una politica economica più liberale.

126

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3593. Pietroburgo, 5 dicembre 1889, ore 16,10 (per. ore 18).

La stampa russa avendo in questi ultimi giorni criticato con un linguaggio sconveniente il discorso della Corona, ho insistito presso Giers perché siffatti

HO

inconvenienti non abbiano a rinnovarsi. Giers ha promesso di parlare col mini.;. stro dell'interno perché i redattori ·dei giornali· da me indicati siano esortati a moderarsi nei loro apprezzamenti sull'Italia.

(l) -Bottaro Costa informò Crispi con T. riservato del 13 dicembre, che Giers aveva accusato ricevuta il giorno precedente della notifica italiana, aggiungendo che avrebbe fatto pt·esentarealcune osservazioni in proposito dall'ambasciatore di Russia a Roma. (2) -Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 153-154. (3) -Cfr. n. 122.
127

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. 2838/1161. Londra, 5 dicembre 1889 (per. il 13).

Facendo seguito al rapporto di questa r. ambasciata n. 2769/1130 (2) del 16 novembre scorso ho l'onore di qui unita trasmettere all'E. V., colla copia d'uso, la lettera di Sua Maestà la Regina Vittoria in risposta a quella di re Menelik che andava annessa al dispaccio di codesto ministero n. 39337/555 del 9 novembre scorso (2).

Nel farmi pervenire quella lettera reale il marchese di Salisbury aggiunge la preghiera che sia recapitata a re Menelik per mezzo delle r. autorità in Massaua.

Come l'E.V. rileverà dalla lettura di tale documento esso è redatto in modo da non togliere completamente la speranza di un qualche futuro accordo fra i due Governi (3).

Il Governo inglese si è per tal guisa conformato al desiderio manifestatogli dal commendatore Catalani in esecuzione delle istruzioni del r. ministero. Per quanto poi si riferisce alla procedura da seguire nel caso si aprissero negoziati nello scopo anzidetto, la lettera della regina accenna piuttosto a simultaneità di accordi da stabilire fra l'Italia, l'Inghilterra e l'Etiopia che alla necessità dell'intervento nostro nei negoziati. Intanto è però che la lettera è mandata al suo destino per mezzo nostro; ma sarebbe, a parer mio, esagerata l'importanza di questo fatto se lo si volesse considerare come prova assoluta di tacito riconoscimento della clausola per cui, nel trattato fra l'Italia e l'Etiopia, re Menelik si è interdetto di negoziare altrimenti che per mezzo nostro con altri Stati europei.

ALLEGATO

LA REGINA DI GRAN BRETAGNA E D'IRLANDA, VITTORIA, ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II

Londra, 19 novembre 1889.

We trust that Your Majesty is in good health. We are through the mercy of God, quite well. We have received the letter which Your Majesty addressed to us in the month of May of this year, and in which, whilst acquainting us with the melancholy death of His Majesty Johannis, late King of Kings of Ethiopia, you inform us that you have inhertted the throne of Ethiopia. We hasten to express to you our

{l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VII, c!t., pp. 315-316, dove l'allegatoè !n traduzione Italiana.

sincere regret at the death of this la.te Majesty, and at the same time to convey to you our congratulations upon your a.ccession to the throne, togeheter with our best wishes for the prooperity of your Reign. As regards the matters to which Your Majesty al1udes in your letter concerning the encroa.chments of the dervishes, we shall not cease to use all our efforts to secure the pea.ce and well be:ing of the regions in question, dn concert so far as may be possible with our friend, His Majesty the King of Italy and with Your Majesty.

If the time shotlild a.rrive when, in the mterests of peace, we may thi:nk it desirable to enter into a more particular agreement upon this subject Wlith His Majesty the King of Italy, a.nd wìth Your Majesty, we shall not fail to make a further communication to you.

We beg that Your Majesty will be assured of our constant wishes for your health and happiness and for the prosperity and welfare of your dominions. And so we recommend you to the protection of the Almighty.

(2) -Non pubblicato. (3) -Allude al progetto d! Menel!k d! intesa !taio-anglo-etiopica sul quale cfr. serle II. vol. XXII. n. 718 e qui n. 6.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, MADRID, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES, COPENAGHEN, L'AJA, LISBONA E STOCCOLMA (l)

T. CIRCOLARE 2947. Roma, 6 dicembre 1889, ore 16,15.

Prego fare a codesto Governo notificazione seguente: «Governo italiano notifica alle Potenze firmatarie atto generale Conferenza Berlino che articolo V trattato stipulato fra Italia sultano d'Aussa, capo di tutti i danakil, è così concepito: "In caso altri tentasse occupare Aussa od un punto qualsiasi di essa

o delle sue dipendenze il sultano si opporrà e dovrà innalzare bandiera italiana, dichiarandosi e dichiarando i propri Stati con tutte le loro dipendenze posti sotto il protettorato italiano"».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

R. 2874/1179. Londra, 11 dicembre 1889 (per. il 26).

Quando io oggi mi recai da lord Salisbury in occasione del suo ricevimento ebdomadario dei capi di missione, Sua Signoria avea diggià avuto la visita del signor Waddington, il quale pare avesse esposto al primo ministro britannico le obiezioni che il Gabinetto di Parigi vorrebbe fare agli accordi seguiti fra l'Italia ed il sultano dell'Aussa e notificati recentemente alle Potenze (3). Avendo lord

Salisbury accennato nel suo colloquio con me a siffatte obiezioni, io gli chiesi se egli conoscesse di quale indole fossero e sovra quale ordine di considerazioni esse poggiassero. Mi rispose questo signor ministro che le difficoltà nascevano dalla circostanza che le tribù dei danakili, contemplate nell'accordo fra l'Italia ed il sultano dell'Aussa, occupavano i territori situati dietro il possedimento francese di Obock, ossia sulla linea di quel possedimento verso l'interno. Siccome poi Sua Signoria si affrettava di soggiungere che quelle obiezioni non riguardavano l'Inghilterra, così non vi sarebbe stato motivo per me di entrare in discussione sul valore delle obiezioni stesse. Mi accorsi però che l'impressione di lord Salisbury era doversi da parte nostra prevedere delle difficoltà con la Francia relativamente alla recente nostra notificazione.

Mi feci un dovere di segnalare perciò quanto è sovra narrato con il mio telegramma di questa sera a V. E. (1).

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., p, 316 e in LV 70, p. 38. A differenza del n. 62 il presente telegramma non fu inviato a Washington perché il Governo degli Stati Uniti aveva osservato di non aver ratificato il Trattato di Berlino. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, cit., p. 318. (3) -Cfr. n. 128.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI (2)

T. 3675. Londra, 12 dicembre 1889, ore 13,26 (per. ore 15).

Rispondo al dispaccio riservato n. 600 del 7 corrente (3). Da un colloquio avuto oggi con lord Salisbury risulta che a prima vista il Governo britannico non potrebbe vedere altrimenti che con piacere riattivate le relazioni fra Massaua e Kassala e la riapertura dell'antica via commerciale fra quella regione del Sudan e il nostro principale possedimento del Mar Rosso; ma Sua Signoria, prima di emettere un'opinione definitiva, desiderava avere pochi giorni di tempo per mettersi in relazione, in proposito, col signor Baring ed averne il parere. Lord Salisbury ringraziò vivamente della cortesia che aveva ispirato la conversazione da me avuta con lui, alla quale fu espressamente inteso fra di noi non doversi dare il valore di ufficiale comunicazione.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 3019. Roma, 14 dicembre 1889, ore 15,15.

Macciò telegrafa (4) avviso inglese partito improvvisamente da Suez per Suakin si dice per sorvegliare movimenti italiani. Combinando ciò con notizie

Il -Documetlti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

pubblicate Times circa nostre mosse sopra Akik, credo utile ella informi lord Salisbury noi ignorare completamente di che si tratta. Ripeta assicurazione già data Italia non voler muover passo in Africa se non in completa armonia con Inghilterra (1).

(l) T. 3672, non pubblicato.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, clt., p. 318.

(3) -Cfr. n. 115, nota l, p. 74. (4) -T. 3684 del 13 dicembre, non pubbl!cato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3706. Londra, 15 dicembre 1889, ore 0,12 (per. ore 6).

Se la notizia telegrafata da Macciò (2) ha fondamento, l'invio della nave inglese deve attribuirsi all'emozione prodotta a Suakin da evoluzioni d'imbarcazioni armate, munite di luce elettrica, davanti Akik. Parecchi autorevoli giornali di Londra si sono occupati di ciò negli ultimi giorni; ne ho scritto a V.E. E' dispiacevole che questa emozione si sia prodotta in coincidenza con il colloquio del quale V.E. mi ha incaricato per conoscere il pensiero di Salisbury circa il ristabilimento di qualche comunicazione fra Massaua e Kassala (3). Salisbury è rimasto, dopo il mio recente colloquio con lui, sotto la più favorevole impressione circa nostro desiderio di procedere in pieno accordo con l'Inghilterra. I sentimenti e le disposizioni che gli ho manifestati sono totalmente conformi a quelli espressi nel telegramma di V.E. Sua Signoria probabilmente verrà a Londra mercoledì; mi recherò da lui e rinnoverò dichiarazione della quale V.E. mi ha incaricato. Mi sembrerebbe utile intanto che io conoscessi che cosa effettivamente fecero le navi nostre davanti Akik (4).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI

T. 3032. Roma, 15 dicembre 1889, ore 21,30.

Mi risulta che il Governo inglese ha fatto avvertita la Porta del cattivo effetto prodotto dal recente firmano per Candia, e delle gravi conseguenze che esso potrebbe avere nell'isola, le cui condizioni si dicono nuovamente peggiorate. Ccnformi il suo atteggiamento e linguaggio a quello dell'ambasciatore britannico.

(l) -Per la risposta cfr. n. 132. (2) -Cfr. n. 131. (3) -Cfr. n. 130. (4) -Damiani rispose con T. 3054 del 18 dicembre: «Nostre navi non fecero evoluzioni avanti Akik. "Palinuro " toccò Akik primi ottobre; comandante fece visita autorità egiziane. "Veniero " ventinove novembre. Notizie inviate Londra provengono evidentemente camar11Ja contornante governatore Suakin interessata forse anche tratta schiavi».
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IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3720. Tangeri, 17 dicembre 1889, ore 14,40 (per. ore 20,45).

Questa mattina commissario affari esteri mi ha dato per ordine di Sua Maestà, a titolo confidenziale, lettera riservata nella quale sultano mi chiede consiglio circa domanda fatta dalla Spagna di cedere a questa tratto territorio sulla riva sinistra Muluya, in cambio altra località ceduta Spagna col trattato di pace 1860. Per migliorare intelligenza questione mi riferisco mio rapporto 24 settembre anno passato n. 827, documento diplomatico pagina 590 (1). Una uguale comunicazione fu fatta due giorni sono al mio collega d'Inghilterra che, da me interrogato, ne è convenuto. Egli ha telegrafato suo Governo seguenti termini: domanda Spagna essere risultato accordo colla Francia; sultano cedendo, intimidito, procurerà far credere che, accordando domanda spagnola, avrà creato ostacoli estensione francese; non doversi invece dubitare tale concessione sarà seguita allargamento confine Algeria fino riva destra Muluya. Inutile confortare platonicamente Spagna resistenza se non si dia a questa certezza appoggio efficace Potenze amiche. Francia, Spagna unite essere in situazione da esigere ciò che Spagna sola oggi domanda. Politica Gabinetto di Madrid completamente cambiata ultimi tempi. Concordo pienamente vedute mio collega d'Inghilterra, cui ho date assicurazioni minuziose, sincere, leale concorso. Occorre V.E. concertisi con Londra e Berlino. Al rappresentante germanico fu fatta identica comunicazione: non ho potuto ancora vederlo. Egli non mi ha cercato ( ... (2) conseguenza possibile consenso domanda spagnuola). È indispensabile si concerti azione comune concorde rapida tra Potenze amiche, se si vuole impedire principio smembramento Impero Marocco, specie sul Mediterraneo. Sultano chiede risposta di urgenza (3). Segue rapporto (4).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 3731. Londra, 18 dicembre 1889, ore 11,50 (5) (per. ore 14,35).

Salisbury mi scrive privatamente che egli confida che qualsiasi nostra azione nel senso di entrare in relazione con i capi di Kassala potrà essere ritardata fino che egli abbia avuto opportunità di ricevere una completa relazione delle viste

degli agenti britannici, sull'argomento. Ritengo che dopo l'emozione prodotta a Suakin di ciò che qualche nostra nave deve aver fatto davanti Akik, la più grande circospezione ci sia imposta per non suscitare contro di noi nel Governo britannico la diffidenza che i giornali di Londra hanno già risvegliata in questo Paese.

(l) -Non pubb!lcato nel vol. XXII della serle II. (2) -Gruppo lndeclfrato. (3) -Per la risposta cfr. n. 144. (4) -Non pubblicato. (5) -Nel fondo ambasciata a Londra 11 telegramma ha la data 16 dicembre.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. RISERVATO 18. Londra, 18 dicembre 1889, ore 22,35.

Il Times di questa mattina ha un telegramma dal Cairo che segnala il pericolo di veder cadere la via di Kartum nelle mani degli italiani, e relazioni fra Massaua e Kassala sono ripristinate se Italia si estende fino a Akik. Lord Salisbury non è venuto oggi in città: ho veduto sottosegretario di Stato ed ho rinnovato le dichiarazioni ordinatemi da V. E. (2). Dalla conversazione che ebbi con lui mi risulta in linea di fatto: l) che l'attenzione delle autorità britanniche e conseguentemente del Gabinetto inglese è stata risvegliata dalla pubblicazione fatta nel Bollettino Consolare del rapporto del r. console in Aden del 13 settembre (3) il quale indica la convenienza di sostituire Massaua a Suakin ccme testa di linea del commercio col Sudan; 2) che una cannoniera italiana è andata a Akik il 29 novembre, vi era ancora il 2 dicembre e che la presenza in quella località di un nostro legno senza motivo conosciuto era stata telegraficamente segnalata dal console inglese di Suakin al Cairo; 3) che le informazioni segrete da noi date circa un movimento offensivo dei sudanesi contro le linee anglo-egiziane (4), furono mandate di qui in Egitto senza indicare loro sorgente e che conseguentemente non può esservi alcuna relazione fra l'invio di quelle informazioni ed il contegno delle autorità militari britanniche verso il maggiore Sanminiatelli, il quale continua ad essere persona gradita a quel comando che ne ha dato ottime informazioni.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 30. Roma, 18 dicembre 1889, ore 23,30.

Rinasce questione Marocco (5). Spagna riprendendo proposito che pareva avesse abbandonato chiede al Marocco località Cabo de Agua in cambio intro

vabile Santa Cruz de Mar Pequefia, statale concessa dal trattato 1860. Nuova domanda sembra essere inspirata dalla Francia che avrebbe cosi ulteriore pretesto domandare rettificazione confine algerino fino a riva destra Muluja e porge nuovo fondamento a sospetti, non dissipati da dichiarazione spagnuola fatta a Clare Ford nel dicembre 1888, di accordi segreti tra Spagna e Francia per smembramento Marocco. V.E. troverà precedenti questione nell'archivio della ambasciata. Governo italiano ed inglese erano già rimasti intesi opporsi simili tentativi, potendo essi turbare statu qua Mediterraneo al quale sono entrambi interessati. Prego V.E. intrattenere su ciò senza indugio lord Salisbury domandando e telegrafandomi suo avviso, affinché si proceda di pieno accordo come sempre si fece in tale questione (1).

(l) Ed. In L'Italia tn Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VII, clt.. pp. 322-323.

(2) -crr. n. 131. (3) -Cfr. Bollettino del Ministero degli Atfari Esteri, 1889, vol. II, Roma, 1889, pp. 641-647. (4) -Cfr. n. 100. (5) -Cfr. n. 134.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI

D. 277. Roma, 18 dicembre 1889.

Con dispaccio di questo stesso giorno (2) ho fatto rilevare analiticamente, in base ad attento esame del r. console alla Canea e di questo ministero, gli inconvenienti che presenta il firmano recentemente emanato.

Questi inconvenienti, la cui gravità non può sfuggire a nessuno, si possono riassumere in questi termini:

aumentata influenza dell'elemento musulmano a danno dell'elemento cristiano; diminuita stabilità del governatore; aumentata la sorveglianza dei suoi atti se cristiano; peggiorato il sistema giudiziario; intaccate le prerogative dell'assemblea, che si è resa più accessibile alla corruzione, più ligia al potere, meno indipendente colla diminuzione, senza ragione apprezzabile, del numero dei deputati che la compongono; accordata all'isola una concessione illusoria, quella di dividere l'avanzo di un bilancio che è sempre in deficit, e toltale una concessione reale, quella della metà dei diritti doganali; proposto un aumento di tasse e promulgata un'amnistia senza valore; in definitiva, ristretti i diritti dei cretesi, ravvivato l'antagonismo fra musulmani e cristiani, gettando nell'isola un germe di nuove rivoluzioni.

L'Europa non può mantenersi indifferente dinanzi a un tal fatto. La situazione della Turchia esige da parte delle Potenze una specie di tutela e di sorveglianza che, dal 1856 in poi, esse hanno a più riprese ed efficacemente esercitato, diritto che loro compete in corrispettivo della guarentigia d'integrità territoriale dello Impero che, nei trattati del 1815, non era stata convenuta. Né si può ammettere che coll'invito fatto dalle Potenze alla Porta di pacificare il paese, siale stato tacitamente consentito di abrogare o di modificare in senso meno largo e

liberale gli statuti e le leggi vigenti nell'isola; né che la Subllme Porta la quale ha pieno diritto di modificare le prescrizioni dei firmani imperiali aventi carattere di unilateralità, possa fare altrettanto per quelli che furono rilasciati ln seguito ad atto bilaterale o ad accordo, come sarebbe la convenzione di Halepa del 3 ottobre 1878, la quale, stipulata fra delegati ottomani e cretesi, pose fine, in quell'anno, alla rivoluzione in Creta.

L'Europa non può dunque, secondo noi, acquetarsi, né al risultato a cui la Turchia è giunta, né al modo con cui vi è giunta. Non al modo, poiché in Creta, ove esiste un Parlamento, non è ammissibile che il potere esecutivo possa da solo, senza la partecipazione della rappresentanza legale del paese, promulgare riforme che ne mutino la costituzione. Non al risultato, poiché se il firmano del 6 dicembre contiene alcun che di bene, come lo ha riconosciuto il dispaccio sovra citato, contiene assai più di male. Né certamente le modificazioni arrecate in tal modo dal sultano al regolamento organico del 1868 ed alla convenzione di Halepa hanno il carattere di equità che l'art. 23 del Trattato di Berlino richiede nelle nuove disposizioni che le Potenze consentivano alla Porta di introdurre nel regime di Creta.

Gli è perciò che il Governo del re, conscio dei doveri che gli incombono come a rappresentante degli interessi di una Grande Potenza e per la situazione dell'Italia nel Mediterraneo, nel mentre si riserva di vedere se e quali proposte gli convenga fare ai Governi amici, le commette sin da ora di far ampie riserve presso codesto ministro degli affari esteri, sia circa alla legittimità dei nuovi provvedimenti, sia circa la loro convenienza, opportunità e giustizia, considerati in se stessi.

(l) -Per la risposta cfr. n. 139. (2) -D. 276, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 19. Londra, 19 dicembre 1889, ore 18,15 (per. ore 21).

Foreign Office ha ricevuto dal suo ministro a Tangeri notizia del progetto di cessione territoriale alla Spagna, al quale si riferisce il telegramma di V.E. (1). Quelle informazioni furono da qui telegrafate a lord Dufferin. Conosce 1l Foreign Office che anche il cavalier Cantagalli deve avere informato in analogo senso il R. Governo. Circa modo di vedere di Salisbury in relazione con questa notizia, sottosegretario di Stato in assenza del ministro non poteva pronunziarsi. Egli ne riferirebbe e mi procurerebbe al più presto possibile una risposta. Gli ho ricordato che i nostri due Governi erano altra volta rimasti d'accordo di opporsi a mutamenti territoriali che potrebbero turbare lo statu quo del Mediterraneo ed ho espresso il desiderio di V. E. di procedere in pieno accordo coll'Inghilterra. L'assenza di lord Salisbury e le abitudini inglesi di quasi completa sosta negli affari durante la settimana di Natale sono di ostacolo alla prontezza colla quale vorrei essere in grado di rispondere alle domande di V. E.

(l) Cfr. n. 137.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'IMPERATORE DI ETIOPIA, MENELIK II

L. Roma, 19 dicembre 1889.

Ringrazio la Maestà Vostra per la lettera che si compiacque indirizzarmi per mezzo del suo ambasciatore degiazmac Makonnen dall'Eggiù il 17 miazia 1881. L'ambasciatore della Maestà Vostra fu dal mio re ricevuto con tutti gli onori dovuti al suo grado ed all'inviato di un re amico.

Degiazmac Makonnen ed il conte Antonelli riferiranno alla Maestà Vostra i risultati felici ottenuti dal vostro ambasciatore nella trattazione delle varie questioni di cui aveva ricevuto dalla Maestà Vostra speciale incarico.

Il trattato concluso fra l'Italia e l'Etiopia, nonché la convenzione addizionale destinata a completarlo, e che verrà sottoposta alla ratifica della Maestà Vostra, chiudono il periodo delle lotte fra l'Italia e l'Etiopia. Si apre ora dinanzi a noi un avvenire di pace e di tranquillità che potrà dare campo ad imprese più vantaggiose e più conducenti alla prosperità dei due popoli.

Il Governo del mio re è animato dal desiderio di contribuire alla pace ed al consolidamento dell'Impero etiopico. Vigilerà quindi con ogni cura per allontanare tutti quei pericoli che potessero turbare la quiete e rendere meno sicuro alla Maestà Vostra l'esercizio della sua sovranità. Questa nostra vigilanza sarà tanto più attiva verso quei paesi nei quali le truppe della Maestà Vostra stanno combattendo la rivoluzione mahdista, lieti così che le armi che l'Italia ha dato all'Etiopia, anziché istrumento di guerra contro popolazioni cristiane, servano a debellare e distruggere il fanatismo musulmano.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 2892/1192. Londra, 19 dicembre 1889 (per. il 26).

Non dispiaccia a V. E. che, mentre in altro mio rapporto d'oggi (l) trasmetto copia e versione italiana delle note del 12 e 18 novembre, consegnate a questa

r. ambasciata simultaneamente nei primi giorni del mio arrivo a Londra, io chiami l'attenzione speciale di V.E. sovra la comunicazione inglese che porta la data del 12 del passato mese.

Se non erro, tre sono i punti salienti di quella comunicazione, a mio avviso comunicataci, benché tardivamente, nel solo scopo di poterla, a suo tempo, inserire nei Blue Books.

Primieramente, nella forma di un cortese ringraziamento, ma senza darci l'incarico di aprire il negoziato, lord Salisbury prende atto della nostra offerta di trattare con il re Menelik in vista di acquistare alla Gran Bretagna i medesimi privilegi in materia commerciale che all'Italia sono guarentiti dal trattato con l'Etiopia (1).

Esprime in secondo luogo la nota inglese qualche incertezza circa il carattere da attribuirsi alle relazioni dal precitato trattato stabilite fra l'Italia e l' Abissinia. V.E. rimarcherà probabilmente nel documento inglese l'espressione: «A meno che il trattato vada sino al protettorato dell'Italia sovra l'Etiopia ~. (Unless the Treaty amounts to a protectorate by Italy over Ethiopia).

Infine il Governo inglese fa conoscere essere egli disposto a regolare la materia giurisdizionale nelle questioni fra italiani ed inglesi in Abissinia indicando la necessità di definire tale materia con appositi accordi.

Sono questi tre punti sovra i quali io ho aspettato che lord Salisbury prendesse con me l'iniziativa di conversazioni le quali mi avrebbero permesso di indagarne le disposizioni per essere in grado di riferirne a V. E. Indugiai perciò alquanto nel trasmettere a codesto r. ministero le comunicazioni delle quali trattasi, sempre in attesa che Sua Signoria volesse spontaneamente chiarire con qualche sua verbale osservazione il suo pensiero.

Tale iniziativa non essendo però finora stata presa, io profitto di questo corriere di gabinetto per rimettere il testo delle comunicazioni e la preghiera alla

E.V. di volermi favorire, se lo crede opportuno, le sue istruzioni nel caso ella stimasse che a noi convenga ripigliare con lord Salisbury il discorso sovra i tre punti indicati nella sua nota del 12 novembre. Ogni cosa che gioverà a mettere in chiaro ed a stabilire con precisione le relazioni dell'Italia con l'Inghilterra relativamente alle cose d'Africa, non potrà riuscire altrimenti che a vantaggio dei due Paesi. Ma l'importanza dei tre punti che mi sembrano i più salienti della comunicazione inglese, non mi consente di prendere una iniziativa la quale potrebbe fare supporre a lord Salisbury che io sia in possesso di istruzioni speciali di V.E. Io aspetterò dunque in proposito gli ordini che a lei piacerà di farmi pervenire (2).

(1) Non pubbllcato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A LISBONA

T. 3075. Roma, 21 dicembre 1889, ore 19,15.

Recente decreto Governo Brasile impone, salvo opzione entro 6 mesi, cittadinanza brasiliana a stranieri colà residenti il 15 dicembre u.s. e a quelli colà

emigranti in avvenire dopo due anni residenza. Riteniamo lesiva e capziosa questa disposizione, perché riesce e riuscirà impossibile a numerosi coloni lontanissimi dai centri ove siano autorità, oppure esposti ad influenze ed a pressioni, di sfuggire alla sanzione del decreto. Il diritto di opzione riuscirà in pratica illusorio e da un violento stato di cose potranno sorgere resistenze, disordini, conflitti internazionali e altri inconvenienti incalcolabili. Indaghi e telegrafi se codesto Governo sarebbe disposto insieme con noi azione collettiva o contemporanea per ottenere revoca o almeno modificazione decreto (1).

(l) -Cfr. n. 77. (2) -Questi ordini non sono stati trovati. Il negoziato fu ripreso più tardi con la r.. personale di Crispi a Torniell1 del 28 febbraio (cfr. n. 299) e con le istruzioni date verbalmente a Catalani su cui Torniell! riferiva con la lettera del 7 marzo (cfr. n. 318).
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 3086. Roma, 22 dicembre 1889, ore 22,55.

L'ambassadeur de Russie est venu aujourd'hui m'exposer les observations annoncées par la note de M. de Giers et par le rapport 13 décembre de l'ambassade royale (2). Le Gouvernement russe s'appuierait sur la déclaration faite par Said pacha dans la séance 31 janvier 1885 de la Conférence de Berlin, protocole huitième. Veuillez faire remarquer à M. de Giers que la réserve de Said pacha ne concerne que « les possessions du sultan ~ et que l'Ethiopie, pays absolument distinct de Massaua et des autres territoires du littoral sur lesquels la Turquie a pu afficher quelques prétentions d'ailleurs infondées, n'a jamais fait partie ou dépendu à un titre quelconque de l'Empire ottoman, en sorte que cette réserve ne saurait s'appliquer à l'Ethiopie (3).

144

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

T. 3087 (4). Roma, 22 dicembre 1889, ore 23.

Lord Salisbury ha dato ordine al rappresentante inglese in Tangeri di sconsigliare il sultano da ogni e qualsiasi cessione o permuta territoriale e di tenersi strettamente ai termini della nota collettiva dell'll marzo 1877. Si attenga alle medesime norme e proceda d'accordo col suo collega d'Inghilterra.

-
(l) -Si pubblicano solo le risposte delle ambasciate a Berlino e Vienna (cfr. rispettivamente i nn. 150 e 147). (2) -R. confidenziale 495/307, ed. in Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VII, cit., pp. 319-321. (3) -Per la risposta cfr. n. 149. (4) -Risponde al n. 134.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 418 (1). Londra, 23 dicembre 1889.

Lord Salisbury ha fatto informare V. E. per mezzo dell'ambasciatore di Inghilterra delle istruzioni date a Tangeri relativamente allo scambio di territori desiderato dalla Spagna. Sua Signoria ha ricevuto oggi la risposta di lord Dufferin dalla quale risulta che V. E. dava uguali istruzioni a Cantagalli (2), nel senso cioè di consigliare al sultano il rifiuto di tale scambio. Lord Salisbury mi ha ripetuto che, a parer suo, l'interesse inglese ed italiano connesso con il mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo non consente di ammettere una variazione non perché questa accrescerebbe la posizione della Spagna, ma perché essa potrebbe dare pretesto alla Francia di accampare altre pretese.

146

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3799. Vienna, 24 dicembre 1899, ore 16,40 (per. ore 18,20).

Kalnoky mi ha detto oggi che non aveva ancora avuto occasione doversi pronunziare in un senso qualunque intorno ultimo firmano del sultano relativo agli affari di Candia. Egli desidera conoscere prima effetto che avrà prodotto nell'opinione europea in generale e specialmente a Candia. I rapporti giornalieri di Chakyr pascià assicurano che la pacificazione progredisce di giorno in giorno.

147

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3800. Vienna, 24 dicembre 1889, ore 16,40 (per. ore 18,20).

Ho comunicato a Kalnoky telegramma del 21 corrente (3). Egli mi ha detto oggi che quantunque Governo austro-ungarico sia meno interessato nella que

stione, tuttavia è pronto ad associarsi a quanto sarà combinato dai Governi più interessati d'Italia e di Germania relativamente alle questioni di nazionalità sollevate dai recenti decreti del Governo del Brasile.

(l) -Numero dell"ambasciata di Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (2) -Cfr. n. 144. (3) -Cfr. n. 142.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO S. N. Roma, 24 dicembre 1889.

Voglia verificare se Neue Freie Presse pubblichi stamane o pubblicherà nel foglio sera seguente telegramma trasmessogli da Roma: «Il mazziniano Felice Albani narrò nella sua conferenza popolare in onore di Oberdank che egli, allorché si assunse di mandare ad effetto l'attentato, si presentò all'attuale sottosegretario di Stato Fortis, lo informò del suo proposito e lo pregò di prendere provvedimenti perché contemporaneamente in Trieste fosse preparata una insurrezione. Fortis, non solo avrebbe presa cognizione della comunicazione ma avrebbe incoraggiato l'infelice giovane nel suo proposito. Narrazione è incredibile. Incomprensibile tuttavia silenzio Fortis, dopoché giornali radicali la pubblicarono. Nel caso il telegramma fosse pubblicato, voglia V. E. pregare Ufficio Stampa o Correspondenz-Bureau smentire la notizia che esso riporta perché assolutamente falsa (1).

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3802. Pietroburgo, 26 dicembre 1889, ore 0,25 (per. ore 6).

Dal colloquio d'oggi con Giers ho l'impressione che le osservazioni verbali del barone d'Uxkull (2) non sono che una deferente concessione pro forma fatta dal .Gabinetto imperiale alle note suscettibilità della Porta. Giers non insiste sugli argom!;!nti addotti e, convenendo meco della insussistenza delle pretese territoriali della Turchia nel Mar Rosso, mi obiettava che se i limiti di quei possessi erano più che male definiti, era pure male definito il concetto di Etiopia. Tutto ciò però non è che secondario; la vera ragione della riluttanza di Giers bisogna cercarla nell'impossibilità in cui egli si trova di mettersi contro il Sacro Sinodo, il quale vede di mal occhio ingerenza d'una Potenza

terza nelle relazioni secolari tra la Russia e l'Abissinia. Giers prega V. E. di osservare che egli segnò ricevuta della nostra comunicazione con nota ufficiale, e che col dare ad Uxkull istruzioni di esporre « verbalmente ~ alcune osservazioni del Gabinetto imperiale, egli ha anzi voluto con tal modo di trasmissione, meno solenne, attenuare la portata che ha la nota del 12 corrente e non intendere né protestare, né ingerirsi nelle relazioni itala-etiopiche. Per tali ragioni egli ha dato istruzioni ad Uxkull di limitarsi a semplici osservazioni verbali, e di non dare lettura del telegramma indirizzatogli al riguardo.

(l) -Analogo telegramma venne inviato in pari data all'ambasciata a Berlino. Per le risposte cfr. n. 152 e nota 2, p. 95 allo stesso. (2) -Cfr. n. 143.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3810. Berlino, 26 dicembre 1889, ore 6,25 (per. ore 7,15).

Principe Bismarck, cui fu comunicato contenuto telegramma di V. E. del 21 corrente sera (1), aderisce in principio al giudizio da lei portato circa recente decreto del Governo del Brasile sui cittadini stranieri che riconosce contrario al diritto delle genti. Governo imperiale si è messo già in relazione coi Gabinetti di Londra e Washington per presentire loro modo di vedere a questo riguardo. Tali informazioni mi furono date oggi verbalmente dal sottosegretario di Stato, il quale aggiungeva, come sua opinione personale, e dal punto di vista pratico, che la colonia germanica al Brasile non è però cosi numerosa ed importante come l'italiana, giacché la maggior parte dei tedeschi colà emigrati ha già preso la naturalità brasiliana. Del resto non sarà facile escogitare il modo di agire verso un Governo non ancora legalmente riconosciuto.

151

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 21. Pera, 26 dicembre 1889,1 ore 20,53 (per. ore 24).

In via privata e confidenziale mi viene riferito che la Porta si disponga a segnar ricevuta per iscritto della nostra notificazione, relativa ai nostri protettorati nell'Africa orientale; ma essa è incerta se convenga formulare ampi,e riserve e specialmente per i paesi dei danakil o semplicemente segnarne ricevuta, aggiungendo che si riserva, all'occorrenza, di presentare più tardi os

servazioni, appena compiuti gli studi! in proposito. Quest'ultimo partito sembra prevalere. Il Consiglio dei ministri non si è ancora pronunziato. Sospettasi che la Russia tenti indurre la Porta a sollevare! difficoltà.

(l) Cfr. n. 142.

152

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO S.N. Vienna, 26 dicembre 1889.

Ho pregato il direttore della Correspondenz-Bureau, che ha subito consentito, di far dichiarare falsa la narrazione dell'Albani relativa a pretesa partecipazione di Fortis all'attentato Oberdank (1), quando tale narrazione comparisse in qualsiasi foglio austriaco (2).

153

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI

T. 3144. Roma, 29 dicembre 1889, ore 22,10.

Notizie Creta gravi: il firmano ebbe pessima accoglienza; avvengono scaramucce e si prevede una insurrezione più violenta delle precedenti. Voglia mettersi d'accordo coi suoi colleghi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria per prevenirne codesto ministro degli affari esteri affinché, se in tempo, si cerchi riparare conseguenze ultimo firmano (3).

154

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 3825. Costantinopoli, 30 dicembre 1889, ore 18,49 (per. ore 19,45).

Tanto ambasciatore d'Inghilterra quanto ambasciatore d'Austria non si credono finora autorizzati a porsi d'accordo con me per fare presso la Porta

{l) Cfr. n. 148.

il passo indicato nel telegràmma di V. E. di ieri notte per le cose di Creta (1). I due predetti ambasciatori mi hanno dichiarato di non avere finora ricevuto notizie allarmanti e tanto meno istruzioni dai loro Governi nel senso precitato; essi non mancheranno di concertarsi con me, qualora vi fossero autorizzati dai loro Governi. La Porta continua a sostenere anche oggi che le notizie di Creta non sono inquietanti.

(2) -Launay comunicò con T. riservato del 26 dicembre che l'agenzia Wolff, dietro sua richiesta, aveva pubbl!cato la smentita formale della notizia che era apparsa su un giornale tedesco. (3) -Per la risposta cfr. n. 154.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 2. Roma, 2 gennaio 1890, ore 15,30.

Vorrei che colla sua presenza a Massaua cessassero le antipatie che Baldissera aveva inspirate e sembra abbia lasciate costì contro Menelik e i suoi partigiani. Diversamente noi ci troveremmo in condizioni di non poter profittare dei benefici del trattato stipulato coll'imperatore. La missione etiopica ebbe in Italia accoglienza cordiale e se ne partì soddisfatta; faccia in modo che riporti eguale impressione dell'ospitalità di Massaua (3).

156

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE A PREVESA, MILLELIRE

D. 26/1. Roma, 2 gennaio 1890.

Mi è regolarmente pervenuto l'interessante suo rapporto n. 291/183, in data 16 corrente ( 4), del quale ho preso nota. Destò specialmente l'attenzione

Questa petizione è diretta al console dl Francia In Eplro, ed ln essa si chiede a quelfunzionario di supplicare il suo Governo di voler, a simllltudine dell'Italia, stablllre In Eplrodelle scuole francesi. Dalle ricerche che ho potuto fare, mi risulta in modo lndeclinabile che la petizione In discorso non fu spontanea fra gli ortodossi, ma venne segretamente provocatada quel funzionario francese, onde aver un pretesto per poter sottomettere al suo Governo l'idea di stabilire In Eplro scuole francesi. Egli ha cercato di profittare dell'elemento ortodosso a noi tanto avverso in materia scolastica, per tentare dl sviluppare più che sia possibilel'Influenza francese In questi paraggi, e nel tempo stesso far cosi opposizione alle nostre scuole. Però finora non è certo che le sue mene approdino a buon porto, poichè la petizioneIn discorso è ancora In circolazione, locchè Indicherebbe che In fondo, le firme non vl piovono tanto facilmente. Io non mancherò di seguire queste mene, più da vicino che mi sia possibile e di riferire esattamente ogni cosa a v. E. Intanto per meglio difendere le nostre istituzioni, lo vado ognor più avvicinandomi alle autorità ottomane, ed agll uomini più influenti ottomani, i quali mi dimostrano sempre più la loro simpatia, ed !l loro appoggio, del quale è precisamente il momento di far tesoro. Io spero che pure di questa nuova opposizione rimarremo vincitori, con buona dose di attività pazienza e moderazione •·

di questo ministero-.ciò che ella _ha: riferito ìntorho alle scuole che. la Francia avrebbe intenzione di impiantare in Epiro per estendervi sempre più la sua influenza, a danno della nostra.

Approvo la condotta che la S.V. illustrissima ha tenuto in tale circostanza, e non dubito che ella continuerà a sorvegliare le mene francesi, riferendomene minutamente e cercando in tutti i modi di neutralizzarne gli effetti.

(l) -Cfr. n. 153. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, serie storica. vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, Documenti (1890-1891), a cura di C. Giglio, Roma, Poligraflco dello Stato, 1977, pp. 5-6. (3) -Orero rispose con T. 9 del 4 gennaio, non pubblicato, che avrebbe fatto Il possibile per facllltare 11 soggiorno della missione etiopica a Massaua. (4) -Di tale rapporto si pubblica 11 passo seguente: «Circola In paese fra l'elemento ortodosso, una petizione, che si cerca di far coprire di firme e sulla quale si sono già sottoscritte una cinquantina di persone.
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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 30. Pera, 4 gennaio 1890, ore 13 (per. ore 20,55).

I due dispacci ministeriali del 18 decorso di,cembre (1), relativi a Candia, mi sono giunti soltanto oggi. Avendo io riferito a V. E., coi miei telegrammi del 16 e del 30, e col mio rapporto n. 389 (2), che gli ambasciatori d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria non si credono autorizzati a mettersi d'accordo con me per fare i passi indicati dall'E. V. col suo telegramma del 29 dicembre (3), e persistendo essi tuttora in questa loro determinazione, prego V.E. di volermi dire se io, ciò nondimeno, debba da solo fare alla Porta le riserve di cui è cenno in uno dei precitati dispacci ministeriali. In questo caso prego V.E. di volermi indicare se tali riserve debbano essere da me formulate in una conservazione coi ministri del sultano oppure con un promemoria (4).

158

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI

T. 26. Roma, 5 gennaio 1890, ore 18,45.

Rispondo suoi telegrammi 30 dicembre e 4 corrente (5) che, nonostante astensione ambasciatori d'Inghilterra e di Austria-Ungheria, autorizzala formulare anche da solo e per mezzo conversazione al ministro imperiale degli affari

(-3) Cfr. n. 153.

esteri le riserve del Governo del re circa affari Candia, usando massima cortesia e manifestando nostro vivo desiderio che non venga menomamente turbata pace in Oriente (1).

(1) -Cfr. n. 138 e nota 2 allo stesso. (2) -Cfr. n. 154; il T. 3710 del 16 dicembre e ìl R. 389 Ih>n sono pubblicati (4) -Cfr. n. 158. (5) -Cfr. nn. 154 e 157.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 28. Roma, 5 gennaio 1890, ore 23,45.

È venuto oggi da me l'ambasciatore di Russia e mi ha letto una nota del signor di Giers con cui la Russia protesta contro le garanzie date dalla Bulgaria ai banchieri coi quali il Principato ha stipulato recente imprestito (2). La Russia vanta verso la Bulgaria un credito di 22 milioni di rubli per effetto dell'articolo 22 del Trattato di Berlino che poneva mantenimento corpo occupazione a carico dello Stato occupato. Il Gabinetto di Pietroburgo sostiene che la Russia è creditrice privilegiata e che sono nulli gli impegni che il Principato possa avere assunti od assumere in menomazione suoi diritti. Analoga comunicazione sarà fatta agli altri Gabinetti firmatari del Trattato di Berlino. Mi sono limitato ad ascoltare la comunicazione del signor d'Uxkull, osservandogli che essa non comportava da noi risposta o decisione alcuna. Il barone d'Uxkull convenne di ciò accennando che essa ci veniva fatta non per altro che per nostra informazione e norma.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 27. Vienna, 6 gennaio 1890, ore 16 (per. ore 17,35).

Vedo dai giornali che è questione di un viaggio prossimo del principe di Napoli in Oriente ed in Crimea. Prendo la libertà d'osservare, per ogni buon fine, che il viaggio in Crimea, se è esatta la notizia, potrebbe urtare le suscettibilità della Russia e potrebbe parere poco amabile che il principe reale d'Italia tocchi il suolo russo unicamente per vedere il campo di battaglie combattute da noi contro la Russia (3).

(-1) Per la risposta di Tugini cfr. n. 161.
(2) -L'anno precedente il Governo bulgaro aveva stipulato con la Landerbank di Vienna un prestito di trenta milioni di franchi dando ipoteca su alcune linee delle ferrovie bulgare. (3) -Per la risposta cfr. n. 163.
161

L'INCARICATO D'AI<,FARI A COSTANTINOPOLI, TUGINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 49. Pera, 7 gennaio 1890, ore 0,50 (per. ore 21,45).

Ieri conversando con questo ministro degli affari esteri svolsi con i più amichevoli riguardi le osservazioni dell'E.V. circa il firmano per Creta non senza le riserve cm1tenute nel dispaccio di V.E. del 18 dicembre (1) e che con il telegramma tlel 5 corrente (2) V.E. mi ordinò di enunciare anche da solo nonostante astensione degli ambasciatori d'Inghilterra e di Austria-Ungheria. Said pascià rispose che le disposizioni del firmano provvedevano alle esigenze della situazione nell'interesse della quiete nè ledevano i diritti dei cretesi trattandosi di provvedimenti interni. S.E. osservò che essi non potevano dar luogo a riserve da parte delle Potenze, nessuna avendone fatte. Benchè la nostra conversazione fosse improntata da schietta amicizia, pure non debbo dissimulare all'E.V. che il mio linguaggio fece sgradita impressione sul ministro del sultano. Gli ambasciatori d'Inghilterra e di Austtia-Ungheria privi tuttora di istruzioni dichiarano di non potersi associare meco. Ho appreso inoltre dai colleghi amici che ieri stesso questo incaricato d'affari di Francia svolse a Said pascià osservazioni analoghe alle nostre senza fare riserve e che analogo linguaggio ha tenuto in questi ultimi giorni questo ambasciatore di Russia.

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IL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

·r. 57. Lisbona, 7 gennaio 1890, ore 14,35 (per. ore 23,25).

Ieri il ministro britannico presentò nota richiedente dal Governo portoghese formali categoriche assicurazioni di rispettare territori che il Governo inglese nella comunicazione riferita col mio telegramma del 22 dicembre (3) dichiarò posti sotto il suo protettorato nell'Africa; chiede in un termine fisso una risposta. Mio collega d'Inghilterra dice che, se risposta non è soddisfacente, saranno rotte relazioni diplomatiche.

12 -lJocum·~nd diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) -Cfr. n. 138. (2) -Cfr. n. 158. (3) -T. 3770, non pubblicato, con cui Collobiano comunicava che il Portogallo sosteneva i suoi diritti sui territori dichiarati sotto protettorato della Gran Bretagna intorno al lago Niassa.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO PERSONALE 43. Roma, 7 gennaio 1890, ore 15,20.

Il principe reale farà un viaggio d'istruzione nell'Oriente senza scopi politici. Da Costantinopoli, passato lo stretto, andrà nel Caucaso, nel Mar Caspio, e di ritorno, dopo aver visitato i luoghi più interessanti del Mar Nero, andrà a Sebastopoli a visitarvi l'ossario, e di là in Varsavia, e per la via della Germa11ia e della Svizzera rientrerà in Italia. La Russia non avrà motivo di menomamente dolersene (1), perchè il principe non toccherà il territorio del grande Impero unicamente per vedere i campi di battaglia del 1854, il che, anch'io comprendo, non sarebbe prudente.

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IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 16. Massaua, 8 gennaio 1890, ore 9 (per. ore 18,30).

Lettere clero etiopico informano Makonnen che banda assoldata di Adgù Ambesà, proclamato degiasmac da Baldissera, fece razzia ad Adua, spogliando chiese, nonostante clero con sacramento e croce per domandare clemenza. Tutto questo fatto in nome del Governo italiano or sono venti giorni. Makonnen gravemente impressionato, perchè presenza Governo italiano Tigrè deve significare giustizia e grandezza, non oltraggio proprietà e religione. Questo fatto secondo Makonnen, diminuisce prestigio suo e Menelik nostro alleato, perché clero etiopico protesterà oltraggio fatto alla chiesa più venerata di tutta l'Etiopia. Oggi venuto colonnello Piano dall'Asmara; Makonnen domandò, Piano rispose confermando in parte il fatto e soggiungendo che Orero era inquietissimo e prometteva restituzione oggetti rubati. Makonnen aspetta Antonelli per decidersi partire Zeila, giacché dice che non può rimanere spettatore qui della impunità di Adgù Ambesà. E' dolente di sentire che si oltrepassano così presto i termini del trattato.

(l) Cfr. n. 160.

165

IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI (l)

T. SEGRETO PERSONALE S.N. Massaua, 8 gennaio 1890, ore 8,40 (per. ore 14,35).

Completo telegramma ufficiale (2). Makonnen indignatissimo per questione razzia Adua e per notizie dal Tigrè di progetto costruzione strade per parte nostra oltre Mareb. Invano io e Nerazzini tentammo persuaderlo che egli era in errore. Rispose essere bene informato di tutto e che questo fatto era violazione del trattato. Dice che dopo accoglienza ricevuta in Italia non si aspettava un insulto simile, che egli è rovinato perché allo Scioa prima di partire tutti si burlavano di lui dicendo che veniva in Italia per rovinare il suo Paese; ora che sperava di aver fatto tutto bene vede invece che noi non stiamo ai patti e allo Scioa si burleranno ancora di lui. Lunedì venga o non venga Antonelli vuole partire ad ogni modo. Con Nerazzini ci adoperiamo a tutt'uomo per calmarlo. Aspetto ansiosamente Antonelli; telegrafagli di affrettarsi (3). Temo che anche lui debba riconoscere grave imprudenza fare sostare missione a Massaua.

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IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, AL CONTE ANTONELLI ( 4)

T. PERSONALE S.N. Roma, 9 gennaio 1890, ore 12.

Urge tua presenza Massaua, Makonnen si troverebbe in uno stato d'irritazione per sospetti e malintesi che Salimbeni e Nerazzini sono incapaci di dissipare e al quale essi sembra partecipino (5). Ministro è malissimo impressionato dei telegrammi di Salimbeni. Occorre tutto il tuo ascendente su Makonnen e sui nostri due amici per ricondurli all'esatta valutazione delle cose e per impedire che il frutto della tua savia politica vada perduto.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E AL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO

r. RISERVATO 44. Roma, 10 gennaio 1890, ore 16,30.

Ministro di Portogallo venne da me il 29 dicembre per indagare se il Governo italiano sarebbe disposto interessarsi come intermediario nella questione fra

C. Zaghi, Torino, ILTE, 1956, pp. 18-19.

il Portogallo e la Gran Bretagna relativa alle tribù dei Makalolo e dei Matabele e ai territori fra il Chire e il Niassa. Risposi che non avrei avuto difficoltà a spendere una buona parola per cercare di appianare quella divergenza componendo la cosa in modo che la dignità dei due Paesi fosse salva e che la nostra intima amicizia con ambedue rimanesse intatta. Il signor Vasconcellos tornò domenica scorsa a ringraziarmi a nome del suo Governo delle buone disposizioni a favore di questo e ad insistere perché l'Italia ove ne fosse il caso accettasse, a tenore dell'art. 12 dell'atto generale di Berlino dell'85, la mediazione

o si adoperasse per l'arbitrato. Risposi ancora che il Governo del re non era contrario a far ciò.

(Per Londra) Prima pe1·ò di prendere una decisione definitiva desidererei conoscere quale accoglienza sarebbe fatta dal Governo britannico alla nostra interposizione. Prego quindi V. E. di voler opportunamente e col tatto a lei abituale indagare le disposizioni di lord Salisbury a tale riguardo e farmi sapere se Sua Signoria prenderebbe in buona parte le aperture del Governo del re (1).

(Per Lisbona) Mentre l'informo di quanto precede per sua personale notizia mi riservo di farle presto conoscere la decisione che il R. Governo prenderà in proposito (2).

(l) Ed. in Crtspi e Meneltch nel diario inedito del conte Augusto Salimbeni, a cura di

(2) -Cfr. n. 164 che però risulta spedito dopo Il presente telegramma. (3) -Cfr. n. 166.

(4) Ed. in L'Italia tn Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt.. p. 8.

(5) Cfr. nn. 164 e 165.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 81. Londra, 10 gennaio 1890, ore 19,30 (per. ore 21,45).

Il ministro di Portogallo a Londra ha ricevuto dal suo Governo notizia buone disposizioni V.E.· ad esercitare suoi buoni uffici nell'affare anglo-portoghese (3). Egli è venuto perciò a vedermi nello scopo primamente di sapere se avessi ricevuto in proposito da V.E. qualche istruzione; in secondo luogo per comunicarmi ultime note scambiate a Lisbona. Alla nota comminatoria Inghilterra chiedente risposta entro ore 48, il Portogallo deve avere risposto con una nota della quale il testo sarà arrivato qui iersera. Il ministro del Portogallo, al quale sunto di tale ultima nota del suo Governo è stato telegrafato, ignora ancora accoglienza che alla medesima sarà fatta qui e parvemi propenso ere

dere che, se termini nota non sono stati trovati qui soadisfacenti, i provvedimenti coercitivi saranno presi immediatamente. Egli tuttavia ignora quali potranno essere questi provvedimenti e se ne dimostrava perplesso.

(l) -Per la risposta cfr. n. 168. (2) -Cfr. n. 175. (3) -Cfr. n. 167
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IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. S.N. Massaua, 11 gennaio 1890, ore 11 (per. ore 12,15).

Spedizione inglese sulla via Zeila-Harar (2) è cosa grave parendo fissato colpo di mano su Gildessa. Se inglesi occupano quella località è come avessero quella dogana che è compresa nella garanzia prestito Italia fatto a Menelik. Popolazioni Harar sarebbe possibile approfittassero assenza Makonnen per ribellarsi. Spedizione sarà comandata dal colonnello Stace primo assistente politico di Aden con 500 soldati, numero sufficiente per prendere Gildessa e allarmare Harar. Visitai col console generale governatore Aden e colonnello Stace; mi lasciarono pessima impressione; nel discorso si contraddirono circa scopi spedizione. Makonnen si trova chiusa via ritorno mentre suo paese è minacciato. Questa è una battaglia fatta per diminuire il nostro prestigio in Etiopia. V.E. non lo permetterà.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTR.O DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 87. Pietroburgo, 11 gennaio 1890, ore 12,40 (per. ore 15,10).

Per mia norma particolare ambasciatore d'Austria-Ungheria mi ha dato lettura confidenziale di un telegramma ove Kalnoky l'avvisa che l'Austria segue l'esempio dell'Inghilterra se questa Potenza si associerà ai passi della Francia e Russia a Costantinopoli per ottenere la sospensione della [legge marziale] in Candia e l'abolizione delle Corti marziali.

(2} La notizia era stata inviata a Roma dal console ad Aden, Cecchi, con. T. coloniale riservato 22, del 9 gennaio (ibid., p. 9).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 11.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 32. Londra, 11 gennaio 1890, ore 14,05 (per. ore 16,45).

Telegramma relativo affare anglo-portoghese (l) mi pervenne dopo che io avevo telegrafato ieri sera a V.E. comunicazione fattami da questo ministro di Portogallo (2). Risultava dalla medesima che il giorno 9 quell'affare era giunto al suo momento critico; in quel giorno infatti il Governo britannico doveva aver avuto risposta portoghese alla sua comminatoria. Ventiquattro ore dopo l'arrivo a Londra della risposta del Portogallo, ministro di quel Paese ignorava ancora se Salisbury l'avesse trovata bastantemente soddisfacente e ciò non è di buon augurio. Ma invece il telegramma da Lisbona nell'odierno Times fa credere a propositi conciliativi. Ho pure informato V.E., in occasione di altro affare, che la permanenza fuori di Londra di Salisbury durerà probabilmente ancora una quindicina di giorni necessari al ristabilimento della sua salute. Questa circostanza è di grave ostacolo per indagare disposizioni di Sua Signoria senza dare a tali indagini carattere di entrature che potrebbero riuscire mal gradite. Nel caso presente e prima di muovere passo presso il sottosegretario di Stato debbo avvisare V.E. che, avendo io voluto procacciarmi qualche notizia e nel tempo stesso assicurarmi in una certa misura delle disposizioni del Foreign Office ad ammettere l'intromissione di altri Governi nel litigio anglo-portoghese trovai il sottosegretario di Stato siffattamente riservato da lasciare in me l'impressione che il semplice desiderio mio di conoscere lo stato della questione gli riusciva molesto. Ebbe pure l'impressione che il Gabinetto di Londra non ammetterà volentieri l'intromissione di altri Governi il mio collega d'Austria-Ungheria che suppongo sia stato interpellato dal conte Kalnoky in proposito. L'ambasciatore di Germania è assente. È questo un affare nel quale il Governo inglese è spinto dalle esigenze delle missioni scozzesi e che perciò si complica con il lavoro elettorale in !scozia dove il partito attualmente al potere non gode salde simpatie. Pare a me che il punto al quale è giunto il litigio anglo-portoghese sia il meno favorevole per esercitare una intromissione destinata a riuscire utile al Portogallo senza dispiacere all'Inghilterra. Infatti

-o il Gabinetto di S. Giacomo trova bastantemente soddisfacente ultima nota Portogallo e l'affare è già entrato in una fase più calma che faciliterà gli accordi diretti fra i due Paesi; o il Gabinetto inglese non è soddisfatto ed a quest'ora saranno partiti da Londra gli ordini per un'azione coercitiva. In quest'ultimo caso interposizione, anche la più amichevole, di buoni uffici potrebbe, a cagione delle circostanze del momento, assumere aspetto di un atto tendente a fermare la mano all'Inghilterra; nè questa tollererebbe anche la

sola apparenza di un simile atto. Mi terrò al corrente dello stato delle cose e ne riferirò a V.E. Per le ragioni esposte, fino a nuove istruzioni, mi asterrò dall'abboccarmi in proposito col sottosegretario di Stato perchè anche ad una semplice esplorazione delle disposizioni di Salisbury sarebbe quasi impossibile togliere carattere di una entratura che ritengo dispiacerebbe nel momento presente.

(1) -Cfr. n. 167, (2) -Cfr. n. 168.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 45. Roma, 11 gennaio 1890, ore 16,30.

Ricevo suo telegramma (l) e confermandole mio d'ieri (2) le faccio osservare che a termini articolo XII atto generale Conferenza Berlino, prima di ricorrere ai mezzi coercitivi le Potenze, tra le quali sia nata una seria divergenza a proposito di dati territori africani, debbono ricorrere alla mediazione di una o più Potenze amiche. Voglia tener ciò presente nelle sue aperture al Foreign Office e nei suoi colloqui con codesto ministro di Portogallo.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA

T. 53. Roma, 11 gennaio 1890, ore 16,30.

Per mezzo nostro incaricato d'affari a Costantinopoli ho fatto sentire alla Porta (3) come il firmano imperiale non soddisfaceva bisogni aspirazioni dei candioti e poteva essere causa nuove agitazioni. È dovere Potenze alleate antivenire pericoli ed è necessario agire subito per non dar buon gioco Russia prevenirci in materia così importante. Urge dunque adoperarsi d'accordo presso Porta perchè questa, mediante provvedimenti atti soddisfare legittime esigenze isola, impedisca perpetuazione disordini Candia. Prego V. E. parlarne codesto ministro esteri persuadendolo dare ordini ambasciatore Costantinopoli per azione comune in senso suddetto (4).

{4) Per le risposte cfr. nn. 184 e 190.
(l) -Cfr. n. 168. (2) -Cfr. n. 167. (3) -Cfr. n. 158.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (1)

T. URGENTE RISERVATO S.N. Roma, 11 gennaio 1890, ore 19.

Notizie positive da Aden confermano spedizione inglese sulla via Zeila Harrar (2) che le stesse autorità di Aden non negano. Essa si comporrà di cinquecento uomini agli ordini del colonnello Stace. Noi dobbiamo ad ogni costo evitare siffatto colpo di mano, come quello che provocherebbe sollevamento Harrar contro Menelik e scemerebbe nostro prestigio. Voglia vedere senza ritardo lord Salisbury o chi per lui e mostrare carattere poco amichevole dell'atto che preparano le autorità di Aden ad insaputa del Governo centrale. Makonnen sarà fra poco all'Harrar ed è impegnato con l'Italia a garantire sicurezza via Harrar-Zeila. Egli non mancherà di punire colpevoli ultime aggressioni. Non vi è dunque luogo a speciale spedizione inglese, che sarebbe pericolosa per integrità possedimenti di Menelik da noi riconosciuta. Si adoperi con ogni suo mezzo d'influenza a convincere Foreign Office e mi dia risposta affinchè all'occorrenza prendiamo provvedimenti richiesti per la osservanza dei nostri impegni. Faccia notare che noi non abbiamo riconosciuto la divisione d'influenza avvenuta tra Inghilterra e Francia e che quantunque liberi di opporci, pure, desiderando mantenerci con l'Inghilterra in perfetto accordo, ci rivolgiamo fiduciosi al Foreign Office perché ottenga dal Governo delle Indie che non si dia seguito al disegno di spedizione (3).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 46. Roma, 11 gennaio 1890, ore 22.

Ricevuto suo telegramma (4). Nonostante le notizie sconfortanti io mi sento in dovere di insistere con questo mio. Il ministro di Portogallo è venuto a dirmi che il Governo inglese, invece di dar prova di moderazione per la soluzione del dissidio fra le due Nazioni, ha spiegato nuove pretese non assunte finora. L'Inghilterra richiede che il Portogallo ritiri le forze ed i funzionari suoi non solo dal territorio finora contrastato, ma anche dai punti nei quali i portoghesi si erano stabiliti in seguito alle diverse spedizioni. Re Carlo non

può consehtìrvì, soprattutto perchè tali -pretese non erano state formulate nella prima nota che diede origine al dibattito. Il Portogallo è pronto a sottoporre la soluzione della questione del territorio occupato o no a un arbitrato e fino all'accordo finale domanda che non si muti lo statu quo. Giusta l'art. 12 dell'atto generale e finale di Berlino del 26 febbraio 1885 il Portogallo ha diritto di ricorrere alla mediazione di una delle Potenze firmatarie o all'arbitrato per la composizione del dissidio. S.M. il Re mi ha ordinato di ìnearicare V.E. a voler efficacemente interporsi, avvertendola che l'AustriaUngheria ha preso ihteresse alla questione e l'ambasciatore di S.M. I. e R. apGstolica presso codesta Corte n'ebbe speciale incarico (1).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 10.

(2) -La notizia era stata già Inviata a Tornlelll con T. coloniale riservato 23 del 10 gennaio, non pubblicato. (3) -Per la risposta cfr. n. 177. (4) -Cfr. n. 171.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI

T. S.N. Roma, 12 gennaio 1890, ore 12.

Qualunque sia risultato nostre pratiche a Londra per impedire spedizione inglese, giova notare che la nostra posizione sarebbe assai più forte se potessimo mettere innanzi la convenzione addizionale ehe ci dà speciali diritti sull'Harrar. Ella comprende quindi quanto interesse vi sia a che il trattato possa essere reso . presto di pubblica ragione.

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I'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 35 bis. Londra, 12 gennaio 1890, ore 14,56

(per. ore 17,10).

Ho ricevuto ieri i due telegrammi di V.E. relativi spedizione che si prepara Zeila. Quando mi pervenne primo di essi (2) era già passata ora chiusura Foreign Office nei giorni di sabato. Scrissi tuttavia biglietto particolare s.l sottosegretario. di St:ott'l P'"r rtvvi;;arc r~1~. nonostante smentita formale da lui data alle notizie avute dal mio Governo (3), vi era motivo di credere

che la spedizione sì preparava; conveniva pertanto chiarire tosto la cosa presso l'amministrazione dell'India per evitare malintesi. Ricevei più tardi gravissimo telegramma di V. E. (l) nel quale, confermando notizia della spedizione, ella mi indica azione pronta e vigorosa che io debbo qui spiegare per prevenire le serie difficoltà che risulterebbero qualora spedizione si effettuasse. Scrissi immediatamente seconda volta al sottosegretario di Stato in forma privata; gli ho indicato difficoltà serie che dal fatto delle autorità di Zeila potrebbero nascere. L'ho pregato intervenire d'urgenza e di avvisare, se possibile, Salisbury di ciò che accadeva. Il sottosegretario di Stato mi rispose questa mattina in forma privata, ma in termini rassicuranti. Faccio seguire a questo telegramma uno contenente testo della comunicazione del sottosegretario di Stato, in francese (cifrario H 24) (2). Mi recherò al Foreign Office dove non so con chi mi potrò abboccare perchè tutti i capi di servizio sono ammalati. Non posso credere che Inghilterra voglia dì proposito lasciar fare cosa nocevole alla buona armonia con l'Italia; nè posso sospettare della buona fede del sottosegretario di Stato. Non dubiti però V.E. che appunto perchè apprezzo ad altissimo grado l'utilità per noi d'essere in accordo con l'Inghilterra, non mi lascerò addormentare in una sicurezza ingannatrice, tanto più che la prima impressione da me avuta e comunicata al Governo di Sua Maestà della condotta del Foreign Office, a nostro riguardo, negli affari africani, non fu la più rassicurante. Consenta V.E. che, in proposito, io mi riferisca al mio rapporto n. 1192 del 19 dicembre (3). I contratti coloniali sono difficili per tutti con l'Inghilterra, nè può giovare ai medesimi il lasciare indeterminati vari punti importanti da me già segnalati a V.E., i quali raccomando alla seria attenzione del R. Governo appena che saremo usciti, come spero, in modo soddisfacente da questo dispiacevole incidente.

(l) -Analoghi concetti Crispi espresse nel T. riservato 47, pari data, con cui dava istruzioni a Launay di richiedere a Bismarck l'intervento presso il Governo inglese per una soluzione amichevole del dissidio con il Portogallo. Crispi telegrafò s,nche a Vienna con T. riservato 48 del 12 gennaio l'istruzione «di interessare il conte Kalnoky a dare all'ambasciatore d'AustriaUngheria a Londra istruzione di mettersi d'accordo col conte Torniclli e seconclarne le praticne presso il Governo britannico ». (2) -T. coloniale riservato 25 dell'll gennaio, non pubblicato. (3) -Tornielli aveva riferito in proposito con T. coloni::tlc riserv2to 25 c.i_el 10 gennaio, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 35. Londra, 12 gennaio 1890, ore 18,05 (per. ore 20).

Domani mi recherò al Foreign Office dove, in causa della malattia dominante, potrò abboccarmi, se pure mi riesce, unicamente con qualche impiegato in sott'ordine. Ieri l'ambasciatore d'Austria-Ungheria non vi trovò con chi parlare. Esporrò l'interesse che l'Italia prende allo scioglimento pacifico delle difficoltà sorte fra l'Inghilterra ed il Portogallo; farò presente l'interesse superiore comune a tutti i Governi monarchici d'Europa il quale ci fa desiderare che la moderazione delle domande inglesi permetta al re Carlo d'accettare senza mettere a repentaglio gli interessi della sua dinastia. Queste cose saranno.

lo spero, riferite esattamente a lord Salisbury. Se non troverò chi sia autorizzato a ricevere una comunicazione verbale manderò al sottosegretario di Stato una nota verbale esprimendogli tali concetti. Debbo chiamare attenzione V.E. sovra talune differenze risultanti dal confronto delle istruzioni telegrafiche a me impartite colle comunicazioni che ambasciatore Austria-Ungheria ha ricevute dal suo Governo. Il Portogallo con nota rimessa a Vienna il 7 di questo mese, ha invocato l'applicazione a suo favore dell'articolo 12 dell'atto generale della Conferenza di Berlino, soltanto nell'eventualità dell'insuccesso delle trattative dirette coll'Inghilterra. Austria-Ungheri~ non si è conseguentemente considerata ancora come incaricata di offrire qui i suoi buoni uffici. Come già fu indicato a V. E. alle domande fatte da Kalnoky in un senso di esplorazione, l'ambasciatore austro-ungarico ha risposto rappresentando al suo Governo probabilità di una accoglienza sfavorevole e consigliando astensione; finora egli non ebbe istruzioni di agire, mi promise informarmi se ne riceverà. Prego V.E. voler esaminare se Portogallo sia veramente in diritto di invocare articolo 12 sovrammenzionato. Ho motivo di credere che il Foreign Office gli contesterà tale diritto perchè articolo 12 si riferisce ai territori menzionati nell'articolo l e posti sotto il regime della libertà commerciale, il quale non si applica ai territori già appartenenti nel 1885 a qualche Stato indipendente se questi non vi avrà dato il suo consenso. Ora, pare anche qui che il Portogallo, non avendo dato tale consenso, non ha diritto d'invocare articolo 12 sovrannominato. Su questo punto di diritto desidererei essere illuminato per non imbattermi in una risposta alla quale non sarei preparato a replicare non conoscendo opinione di V.E. (1).

(l) -Cfr. n. 174. (2) -Cfr. n. 183. (3) -Non pubblicato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 49. Roma, 12 gennaio 1890, ore 18,55.

Ritorno ancora sulla questione anglo-portoghese che ci interessa per molte ragioni, come ella ha potuto rilevare dal mio telegramma d'ieri (2). Re Carlo è nipote del nostro re e non possiamo non adoperare per lui tutta la nostra azione. Se il Portogallo insistesse nelle primitive pretese, comprenderei che l'Inghilterra potesse non darci ascolto. Oggi però la vertenza è entrata in una nuova fase di accomodamento. Per l'articolo 12 dell'atto generale della Conferenza di Berlino la richiesta di mediazione costituisce un diritto ed un impegno per le Potenze firmatarie. L'accettare siffatta richiesta è obbligatorio e riesce tanto più doveroso per una Grande Potenza come l'Inghilterra verso

uno Stato minore. Come già telegrafai, ogni atto éhe accemmsse a disprezzo o noncuranza dei diritti del Portogallo sarebbe, in questo momento, di danno al principio monarchico nella penisola iberica. Faccia di tutto per vedere almeno il sottosegretario di Stato. Ove creda poterlo farè, scriva direttamente a lord Salisbury (1).

(l) -Per la risposta ctr. n. 191. (2) -Cfr. n. 175.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, COTTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 34. Lisbona, 12 gennaio 1890, ore 24 (per. ore 6 del 13).

Ieri ministro britannico ha rimesso Governo portoghese comunicazione richiedente formalmente che siano immediatamente ritirate tutte forze militari portoghesi dai territori di Matabele e Makolo ed altri punti sotto protettorato britannico, nonchè annullato ogni atto di giurisdizione portoghese nei medesimi e chiedendo risposta immediata. Il Gabinetto fece riunire Consiglio di Stato politico, a termini della costituzione, e nella giornata di oggi è stata rimessa al ministro britannico una nota in cui, dopo le riserve e proteste, si conclude dando assicurazione che ordini formali nel senso richiesto erano stati telegrafati al governatore di Mozambico.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO; MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. PERSONALE 291. Pietroburgo, 12 gennaio 1890 (per. il 31).

Il telegramma del 6 corrente di V. E. (2) mi dava contez>~a della nota circo~ lare con cui la Russia protesta contro le garanzie date dalla Bulgaria ai banchieri coi quali il Principato ha stipulato un imprestito. Al ricevimento ebdomadario del signor de Giers (mercoledì scorso) accennai a quel documento allo scopo di chiarire il vero significato di questo passo della Russia; volevo, cioè, indagare sino a qual punto la Russia intendeva uscire dalla riserva impostasi finora di fronte alle cose bulgare. Il ministro mi rispose osservando con compiacimento che durante la lettura che, le fece della nota il barone

d'Uxkull, V.E. aveva preso annotazioni scritte, e che a Berlino Bismarck se l'era fatta rileggere, anzi avevane chiesto copia, un desiderio cui l'ambasciatore russo non potè aderire perchè non conforme alle 1istruzioni ricevute. Quindi

S.E. constatava che ·pure il conte Kalnoky aveva con attenzione ascoltata la lettura di quel documento; ma alluse in tono ironico all'osservazione fatta al principe Lobanoff dal ministro austro-ungarico che «.più che probabilmente non si verificherebbe mai il caso. di .dover ricorrere all'esecuzione dell'obbligo sti· pulato coll'addivenire all'alienazione delle ferrovie».

Quanto poi al credito che, per effetto dell'art. 22 del Trattato di Berlino, la Russia vanta verso la Bulgaria, il signor de Giers me ne parlò con studiata indifferenza non sembrando dare alcuna importanza al pagamento più o meno immediato delle annualità dovute. Terminò poi dicendo, e ciò come di consueto, per tutto quanto concerne la Bulgaria, che la Russia ha tempo d'aspettare.

Insomma, Eccellenza, il linguaggio del signor di Giers mi sembrò specialmente diretto a dimostrare la sua soddisfazione per l'attenzione accordata dai Gabinetti di Roma e Berlino al documento uscito dalla cancelleria imperiale; al. tempo stesso mi parve ch'egli volesse attenuare ai miei occhi l'importanza pratica della nota circolare. S.E. si esprimeva come se al Gabinetto imperiale fosse bastato «farsi vivo» di fronte ad una violazione del Trattato di Berlino.

Questo ambasciatore ·d'Austria non parlò al ministro imperiale della comunicazione russa. Dissemi ch'egli riteneva: essersi assai probabilmente il signor de Giers creduto nella necessità di fare una concessione al malcontento dell'imperatore, irritato per l'ammissione a Vienna dell'imprestito, ed aveva perciò ricorso a questo passo diplomatico che in sostanza è una misura d'un carattere assai anodino (1).

(l) -Cfr. n. 188. (2) -Cfr. n. 159.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 104. Londra, 13 gennaio 1890, ore 12,29 (per. ore 16).

Il Times ha da Lisbona il seguente telegramma: «Vi è grande agitazione in città. Questa sera turbe disordinate percorrono le strade gridando "abbasso

il Ministero", grido ripetuto dalla gente raccolta dinanzi al palazzo di Belem. La plebe eccitata, riunitasi presso il consolato britannico, quantunque esso rosse guardato dalla polizia, spezzò le finestre, gettando a terra lo scudo portante le armi britanniche. Si fecero vari arresti. I vetri delle case abitate da vari ministri furono del pari spezzati. La legazione britannica è guardata dalla polizia. Gran folla riunita presso la società geografica, non occorsero però disordini, e si disperse quietamente. Corre voce stasera che il signor Barros Gomes offrirà al re le sue dimissioni~.

(l) Nel D; 1278/.12 del 14 gennaio 1890 relativo a q\lesta quc;stione, inviato " Mni·ocl•ctti Damiani affermava: «Cotesta ambasciata, col rapporto del 12 dicembre u.s. mi rese edotto della poco favorevole impressione che la notizia della èonclusione d! quella operazione produsse nella .opinione pubblica russa, la quale volle vedere in quel fatto quasi un riconoscimento della Bulgaria per parte dell'Austria-Ungheria. Così pensando non si teneva però conto costì della distinzione da farsi fra il riconoscimento e l'impossibilità di affettare l'assoluta ignoranza dell'esistenza di uno Stato che vive ormai da un pezzo dando prova d! vitalità e saggezza e acquistando molte simpatie. La nota di protesta del signor di Giers è l'espressione ed il risultato delle suaccennate impressioni russe e caratterizza anche in questa questione la rivalità fra l'Austria-Ungheria e la Russia in Bulgaria».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 36. Londra, 13 gennaio 1890, ore 15,04 (per. ore 17,30).

Texte de la lettre particulière de ce matin du sous-secrétaire d'Etat: «Mon influenza s'est déclarée et je dois garder ma chambre, mais j'ai reçu votre lettre d'hier soir et je l'ai envoyée tout de suite à mon secrétaire pour qu'il prenne des informations au Ministère de l'Inde. Il me semble tout à fait impossible que le major Stace organise expédition militaire de cinquante hommes vers Harrar, sans que nous en soyons prévenus. Il est, peut-étre, question d'une petite affaire locale et nous sommes habitués de longue date aux proportions qu'on donne dans ces parages aux moindres événements. Ce ne sera pas nécessaire de déranger Salisbury qui ne doit s'occuper que des affaires les plus urgents. S'il y a expédition nous vous en préviendrons le plus tòt possible ».

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Vienna, 13 gennaio 1890, ore 18,05 (per. ore 21,45).

Kalnoky m'ha detto che da Costantinopoli e da Londra aveva appreso che il passo fatto dall'incaricato d'affari a Costantinopoli (l) aveva prodotto presso la Sublime Porta una sorpresa mista ad irritazione. Le comunico questa notizia

per sua informazione personale e perché ella giudichi nella sua saggezza se ci conviene senza una necessità assoluta prendere iniziativa che ha per risultato di irritare la Turchia già poco ben disposta verso l'Italia. Kalnoky m'ha detto pure che le notizie date a V.E. dal nostro console in Candia gli sembrano esagerate e che in ogni caso non concordano con quelle ricevute da lui e dal Foreign Office (1).

(l) Cfr. n. 161.

185

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 110. Vienna, 13 gennaio 1890, ore 18,15 (per. ore 19,15).

Ho esposto a Kalnoky le considerazioni contenute nel telegramma di V.E. dell'H (2) impegnandolo a dare istruzioni all'ambasciatore d'Austria-Ungheria a Costantinopoli per consigliare la Porta a dar soddisfazione alle esigenze legittime del cretesi. Kalnoky mi rispose che, a parer suo, un consiglio generico alla Porta di contentare l'isola non avrebbe risultato pratico, e che d'altra parte egli sarebbe imbarazzato a formulare un programma di nuove concessioni. Tuttavia, se l'Inghilterra, che egli persiste a ritenere di suprema importanza d'aver con noi nelle questioni mediterranee, è disposta a intavolare una pratica a Costantinopoli su questa materia, il Governo austro-ungarico unirà la sua azione alla nostra e all'inglese. Quanto alla Germania Kalnoky crede che si metterà secondo l'usato in seconda linea.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO PERSONALE 50. Roma, 13 gennaio 1890, ore 22.

Quello che telegrafano al Times (3) è purtroppo vero. Nei miei dispacct a lei avevo previsto i pericoli che sarebbero derivati contro il Governo portoghese da un atto violento del Foreign Office ed era così facile evitarli, accettando la mediazione od un arbitrato. I forti non si umiliano mostrandosi miti ed equanimi coi deboli. Siamo sempre in tempo, e lord Salisbury, se vuole, può trovar modo ad un accordo amichevole.

(l) -Per la risposta cfr. n. 192. (2) -Cfr. n .. 173. (3) -Cfr. n. 182.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

Londra, 13 gennaio 1890, ore 22,18 (per. ore 11,30 del 14).

Mi sono abboccato col primo assistente al Foreign Office in assenza del sottosegretario di Stato, ammalato. Quel funzionario aveva steso un promemoria contenente gli schiarimenti che io aveva domandato circa la spedizione di Zeila; ne trasmetto testo alla fine di questo telegramma. Egli spiegò davanti a me una carta geografica per farmi vedere che la direzione di Bulhar, porto situato fra Zeila e Berbera, nulla aveva a che fare colla strada da Zeila ad Han·ar. Attenuava anche in parte l'importanza della cosa, affermando però che non potevasi prescindere dal punire l'audacia di tribù che avevano osato spingersi fino ad un punto situato nel territorio protetto dall'Inghilterra. Replicai che il mio Governo gradirebbe certamente di sapere che le proporzioni della spedizione erano state esagerate, e che lo scopo delhi medesima non era quello stato indicato, ma per un ordine di considerazioni, alle quali il mio Governo annetteva la massima importanza, io doveva insistere primieramente affinchè lord Salisbury fosse informato dei passi che a cagione della progettata spedizione io aveva avuto formale istruzione di fare, e in secondo luogo acciocchè nulla che potesse essere causa di perturbazione nell'Harrar e nei paesi sui quali si estendeva il protettorato o l'influenza italiana venisse intrapreso senza che fra i Gabinetti di Londra e di Roma intervenisse una preventiva perfetta intelligenza. Se nelle condizioni di salute del ministro e del sottosegretario di Stato si reputava conveniente di far dare a V.E. schiarimenti per mezzo di lord Dufferin, questi avrebbe certamente potuto sentire da V.E. i motivi per i quali noi non possiamo vedere senza inquietudine i preparativi della spedizione; era importante che fra i due Governi non rimanesse alcun malinteso a tale riguurdo. L'assistente ha preso nota della mia comunicazione. Ecco il testo del promemoria rimessomi oggi dal Foreign Office: « É stata organizzata una piccola forza a Zeila collo scopo di punire qùegli issa somali che recentemente attaccarono il porto di Bulhar, massacrando molti abitanti di quella località. La spedizione non ha altri scopi. Sembra che il console italiano in Aden abbia preso in argomento informazioni presso il residente. britannico e questi gli ha dato ogni schiarimento. La forza impiegata è del tutto inconsiderevole; l'affare di cui si tratta essendo puramente locale fu giudicato di così scarsa importanza che l'India Office non fece in proposito comunicazione alcuna al Foreign Office. La risposta data da slr Philip Currie al conte Tornielli (l) fu quindi correttissima imperocchè la spedizione, in verun senso, corrisponde alla descrizione fattane nella lettera di S.E. ».

(l) Cfr. n. 177.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 36. Londra, 13 gennaio 1890, ore 22,55 (per. ore 1,25 del 14).

Ho fatto al Foreign Office seguente comunicazione verbale della quale ho rimesso un promemoria scritto. «Il Governo italiano segue con ansietà lo svolgimento delle ultime fasi dell'incidente anglo-portoghese. É desiderabile e conforme all'amicizia esistente fra l'Italia e l'Inghilterra che il marchese di Salisbury sia informato che il Gabinetto di Roma si interessa allo scioglimento amichevole di quest'affare da un doppio punto di vista, da quello cioè della conservazione delle relazioni amichevoli fra due Stati europei ugualmente amici dell'Italia e da quello di evitare una scossa la quale potrebbe avere conseguenze dispiacevoli per la solidità delle istituzioni monarchiche nei Paesi della penisola iberica. Devesi facilmente comprendere che quest'ordine di considerazioni, pur essendo comune all'Inghilterra ed ai Paesi monarchici abbia una importanza speciale per il Governo italiano trattandosi della dinastia portoghese con la quale la famiglia regnante d'Italia ha stretta parentela. E' facile comprendere che il Governo italiano riceverebbe con viva soddisfazione le informazioni che il suo ambasciatore a Londra fosse messo in grado di trasmettergli circa le intenzioni concilianti del marchese di Salisbury verso il Portogallo. L'amicizia intima esistente fra l'Italia e l'Inghilterra escludeva qualsiasi dubbio che le considerazioni sottoposte all'alto apprezzamento di lord Salisbury non siano unicamente suggerite da interessi di ordine generale e superiore comuni ai due Paesi ». Il primo assistente, che ricevette questa comunicazione, mi rispose che essa esigeva una risposta di Salisbury al quale la farebbe pervenire; soggiunse che egli riteneva che le domande inglesi fossero state le più moderate possibili, in presenza dei fatti occorsi e che considerazioni relative alla alleanza di famiglia riguardano anche Inghilterra, poiché il re Carlo era parente della casa regnante inglese. Mi era assicurato che ambasciatore d'Austria-Ungheria farebbe qui comunicazione nello stesso senso, senza offrire i buoni uffici del suo Governo, che quel mio collega si felicita non siano stati offerti nei giorni passati, poiché la sua impressicne uguale alla mia, è che si sarebbe fatta opera inutile per il Portogallo e certamente non proficua per nostri rapporti coll'Inghilterra. Sebbene il grado del funzionario col quale ho potuto abboccarmi escluda che si debba annettere eccessiva importanza alla intonazione delle sue risposte debbo notare che da tale intonazione risultava che la comunicazione non era d'indole a riuscire qui gradita. E' da credersi che Salisbury, o per mezzo mio o per mezzo della ambasciata britannica a Roma, farà fare a V. E. una risposta ed ella vedrà se, nelle circostanze del momento, gioverà che io ritorni al Foreign Office per farvi pratiche ulteriori.

13 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 37. Berlino, 14 gennaio 1890, ore 18,36 (per. ore 20,15).

Presi gli ordini di S.M. l'Imperatore, il segretario di Stato mi pregò oggi di rispondere in questo senso al telegramma di V.E. in data dell'll corrente (1). Apprezzando assai elevati concetti di V.E. Gabinetto imperiale stima però che sarebbe meglio astenersi da ogni intervento nel dissidio tra il Portogallo e la Gran Bretagna. Partito radicale inglese cerca sollevare passioni popolari contro il Portogallo e posizione di lord Salisbury, già assai difficile, e il cui mantenimento al potere giova alla Triplice Alleanza, sarebbe minacciata se egli avesse anche semplice apparenza di subire una pressione straniera, accettando mediazione o arbitrato. Dimissione di quell'uomo di Stato tornerebbe a discapito della politica generale e specialmente del Portogallo. Salisbury è d'altronde disposto a mostrarsi moderato nella soluzione della vertenza la quale fece già passo notevole verso componimento, Portogallo avendo accolto il richiamo delle sue truppe ed autorità dalle sponde del Shira e dalla regione di Masho11an. È ben vero che ulteriormente si manifestarono gravi disordini a Lisbona ed una crisi ministeriale, ma non si rinunzia alla speranza che si darà giusta soddisfazione e che impegni assunti dal precedente Ministero saranno mantenuti dalla nuova amministrazione. Sarebbe in ogni caso preferibile che il Portogallo invocasse buoni uffici mediazione o arbitrato non da una o più Grandi Potenze. ma da Potenze di secondo ordine, qualora i due Stati interessati si dichiarassero preventivamente disposti ad accettare ciò che non è verosimile da parte dell'Inghilterra che in precedenti circostanze non ebbe a lodarsi dell'esperimento fatto di ricorrere a tali tentativi. Il sottosegretario di Stato spera che V.E. vorrà apprezzare tutte queste considerazioni che regolano attitudine della Germania (2).

190

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 120. Londra, 14 gennaio 1890, ore 18,47 (per. ore 21).

Ho fatto ieri al Foreign Office verbalmente comunicazione ordinatami da V.E., telegramma 11 corrente relativo cose di Candia (3). Assistente segretario di Stato incaricato di ricevere verbale comunicazione mi ha detto che ne riferirebbe ai suoi superiori gerarchici.

(l) -Cfr. n. 175, nota l, p. 107. (2) -Per la risposta d! Crlsp! cfr. n. 197. (3) -Cfr. n. 173.
191

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 51. Roma, 14 gennaio 1890, ore 19,40.

Rispondo suo telegramma del 12 (1). Secondo quanto risulta i Makalolo sarebbero fra lo Zambesi ed il Niassa, quindi compresi nella zona posta sotto il regime della libertà commerciale, i Matabeli invece ne sarebbero fuori. Circa il dissidio sorto circa il Makololand il Portogallo ha secondo noi il diritto di invocare la mediazione prevista dall'articolo 12. L'ultimo capoverso dell'articolo dice implicitamente, ma, a parer nostro, chiaramente che coll'estendere alla zona orientale i principi della libertà commerciale, le Potenze firmatarie «impegnano se stesse :.. Il consenso è richiesto per l'applicazione di quei principi a terzi Stati indipendenti e sovrani e tale clausola mirava, secondo noi, esclusivamente 11 sultano di Zanzibar.

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IL PRESIDENTE· DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 14 gennaio 1890.

Al suo telegramma di ieri sera (2). Da notizie precise e sicure mi risulta che il firmano imperiale il quale è una vera delusione fece cattiva impressione in Creta e facilmente può essere seguito da una nuova insurrezione. Noi vogliamo e dobbiamo volere la pace in Oriente e le tre Potenze alleate dovrebbero prevenire la guerra e non lasciarsi precedere dalla Russia. Il loro accordo valse a tenere la Grecia a posto l'anno passato. Della Turchia non mi preoccupo, ma mi preoccupo degli interessi nostri. Del resto continua ad esserci avversa e nelle cose africane ci fu e Ci è nemica e dà pretesto alla Russia per indugiare a riconoscere il nostro diritto. Se vuole, potrà comunicare queste mie idee al conte Kalnoky.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 54/36. Londra, 14 gennaio 1890 (per. il 17).

Facendo seguito al mio rapporto delli 11 di questo mese (n. 42/27) (3), stimo opportuno far conoscere a V.E., in via confidenziale, che da indirette

informazioni mi risulta che il Foreign Office inclina, come il Gabinetto di Vienna, a non credere conveniente per le buone relazioni delle Potenze alleate con la Turchia, un'azione diplomatica presso quest'ultima nel senso di consigliare provvedimenti conciliativi per i cretesi. Mi fu detto che qui si crede che in questo momento la diplomazia russa e francese si adoperino a distruggere nell'animo del sultano le impressioni !asciategli dalla visita dell'imperatore di Germania. Dei passi che potessero essere interpretati come un appoggio od un'assistenza morale ai rivoltosi candioti, darebbero buon giuoco alle influenze franco-russe che si adoperano a guadagnare l'animo di Abdul-Hamid.

Per quanto sia meschino questo punto di vista in confronto della gravità della situazione che risulterebbe da un moto insurrezionale in Candia

o dal semplice fatto che, anche questa volta, le popolazioni, malcontente della dominazione turca, avessero a trovare ascolto soltanto a Pietroburgo, io stimo dover mio segnalare a V.E. la probabilità che esso abbia da essere adottato tanto a Londra che a Vienna.

(l) -C!r. n. 178. (2) -Cfr. n. 184. (3) -Non pubblicato.
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IL CONSOLE A PREVESA, MILLELIRE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 6/4. Prevesa, 14 gennaio 1890 (per. il 18).

· Come avevo annunziato nell'ultimo mio doveroso rapporto di simile serie (1), n· principe Enrico di Battemberg giunse in fatti in Prevesa assieme a vari personaggi inglesi e si recò tosto a cacciare nelle adiacenze della nostra città. Rimase nel villaggio di Canali, distante 4 ore circa da Prevesa una settimana e poscia s'imbarcò sull'ultimo piroscafo austro-ungarico in direzione per Corfù.

Sembra assodato che scopo unico e solo della sua venuta in Epiro, sia stato lo sport, essendo egli appassionatissimo per la caccia.

Come asseriva in un mio penultimo rapporto (2), non ho mancato di seguire da vicino la petizione, che circola fra le masse ortodosse, allo scopo di ottenere dal Governo francese lo stabilimento di scuole francesi in Epiro. Tale petizione è ancora in circolazione mendicando firme fra gli ortodossi, ed ancora non fu spedita alla sua destinazione perchè il numero delle firme non sembra ancora soddisfacente.

A proposito di tale petizione ebbi vari colloqui confidenziali tanto col governatore di Prevesa Abdul Refi, che con varie persone influenti. Il governatore colla sua solita cortesia mi ha promesso di fare tutto il suo possibile.

affinchè la petizione in discorso non sia coperta di firme, ha fatto segreta

mente spargere la voce che saranno puniti tutti quei sudditi del sultano

i quali si firmeranno in carte nascoste, e mi ha assicurato nel modo più

formale che nessun musulmano è firmato in quella carta, la quale non con

tiene che le firme di pochi fanatici ortodossi ligi al diacono.

Anche le altre persone influenti con cui ho parlàto, tutte all'unanimità n'lì

hanno promesso, di usare della loro influenza per neutralizzare le mene

dei nostri oppositori.

Pel momento dunque avendo in nostro favore le autorità locali tutte, e le persone più influenti, non credo che i raggiri del mio collega di Francia potranno approdare a risultati pratici, ma non nego a V.E. che la situazione va facendosi ogni giorno più seria, e merita in special modo la nostra attenzione e vigilanza.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 156, nota 4.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 127. Parigi, 15 gennaio 1890, ore 17,35 (per. ore 19,15).

Oggi Spuller mi ha detto spontaneamente che grazia intera di prigione e di multa fu fatta ai pescatori italiani di Gabes.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 39. Vienna, 15 gennaio 1890, ore 18 (per. ore 19,20).

Kalnoky ha dato istruzioni all'ambasciatore d'Austria-Ungheria in Londra di esprimere a Salisbury desiderio del suo Governo di veder composta amichevolmente la vertenza anglo-portoghese e ciò per le ragioni di politica generale opportunamente svolte nel telegramma dell'E.V. del 13 (1). Ma ·egli desidera astenersi dall'entrare nel merito della questione volendo anzitutto evitare d'indisporre Inghilterra ch'egli persiste a credere essere di capitale importanza avere alleata a noi nel caso di complicazioni nel Mediterraneo.

(l) Cfr. n. 175, nota l, p. 107.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO 54 (1). Roma, 15 gennaio 1890, ore 22,25.

E per antica convinzione che a noi italiani importi tenere! amica l'Inghilterra e per personale amicizia con lord Salisbury, nulla farei e chiederei che potesse recar danno all'attuale Gabinetto britannico. Non bisogna però trascurare la penisola iberica a segno da farla cadere nelle braccia della Francia. Una Repubblica di 62 milioni di abitanti da Lisbona al Reno sarebbe un vero pericolo per gli Stati monarchie! ed un serio nemico della Triplice Alleanza. Politicamente la prima a risentirne le conseguenze sarebbe l'Italia e perciò io specialmente me ne preoccupo. Con la sua lettera del 18 dicembre 1889 (2) che feci leggere a S.M. il Re, ella mi annunziava che codesto segretario di Stato si preoccupava delle condizioni del Portogallo e richiamava sul medesimo la nostra attenzione. Ed aveva ragione, perchè in quel Paese si lavorava contro la dinastia. Or dal fatto del Makololand, nel quale gli inglesi si diedero ragione con la forza i repubblicani vogliono dare a credere che solamente la Francia avrebbe potuto salvare il Portogallo e che la prima non può aiutare il secondo finchè questo non avrà mutato la forma di governo, Io comprendo che· bisogna essere prudenti e che giovi non urtare l'amor proprio inglese. Ma dall'altro lato non puossi lasciar solo il Portogallo, e se nel litigio non intercede una Potenza amica dei due Paesi, il Gabinetto di Lisbona resterà sopraffatto. Non ha dovuto sfuggire a V.E. il contegno della stampa francese in questa occasione ed il suo movimento contro il Governo britannico non farà che sempre più alimentare la simpatia dei portoghesi verso la Francia. A me basta aver rilevato i pericoli, l'Italia senza i suoi alleati non potendo fare proposta alcuna in Londra per l'amichevole soluzione del dissidio. Del resto mi riferisco al precedente telegramma (3) al quale nulla avrei da aggiungere. Parli nuovamente di ciò al segretario di Stato ed, ove lo creda, chieda una udienza del principe gran cancelliere.

198

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. S.N. Vienna, 15 gennaio 1890.

Esporrò a Kalnoky nella prima udienza le idee contenute nel telegramma di V.E. del 14 corrente (4). Ma mi asterrò dal dirgli che il Governo del re

(-4) Cfr. n. 192.

non si preoccupa della Turchia, ben sapendo come Austria-Ungheria, Germania e Inghilterra se ne preoccupino molto e la considerino come carta importante nel giuoco. Quanto al prevenire la Russia, Kalnoky mi disse che sarebbe tanto meglio se questa Potenza prenderà un'iniziativa che avrà per risultato infallibile di irritare il Governo ottomano contro di essa. Le riferisco queste idee ben inteso senr.a addossarmele.

(l) -Risponde al n. 189. (2) -Non pubbllcata. (3) -Cfr. n. 175, nota 1, p. 107.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 55/25. Berlino, 15 gennaio 1890 (per. il 21).

Il me revient, en voie indirecte, que la Sublime Porte a constaté avec un sentiment de surprise que, tandis que les représentants d'Allemagne; d'Autriche et d'Angleterre se tenaient sur une certaine réserve à propos de l'amnistie, si restreinte qu'elle soit, accordée par le sultan aux insurgés crétois; notre ambassadeur ou le chargé d'affaires du roi s'étaient exprimés dans le meme sens que les collègues de France et de Russie. Il en a été pris note à Constantinople.

J'ai répondu à qui me signalait ce fait, que je connaissais assez le baron Blanc et le chevalier Tugini pour etre certain que l'un et l'autre suivent scrupuleusement les instructions de v:E., instructions dont la partie essentielle porte précisément sur ce point de procéder d'accord avec leurs collègues d'Allemagne, d'Autriche et d'Angleterre. Il y a donc quelque malentendu.

200

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 136. Londra, 16 gennaio 1890, ore 19,56 (per. ore 21,50).

Perdurando malattia del ministro e del sottosegretario di Stato, ho parlato oggi coll'assistente segretario di Stato circa lavori che si eseguiscono Biserta e che potrebbero essere destinati predisporre luogo per opere di fortificazioni; quell'alto funzionario ha preso nota desiderio espressogli di sapere se il Governo inglese abbia ricevuto analoghe notizie e cosa egli ne pensi.

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201

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 38. Londra, 16 gennaio 1890, ore 20,36 (per. ore 22,20).

Nessuna istruzione di lord Salisbury era pervenuta sino ad oggi al Foreign Office, la quale autorizzasse assistente segretario di Stato a darmi una risposta circa comunicazione da me fattagli il 13 corrente relativamente conflitto con il Portogallo (1). La questione, secondo quel funzionario, era entrata in una fase calma ed effervescenza prodottasi in Portogallo tende già a scomparire. Ho saputo che per ricusare al Portogallo diritto d'invocare articolo 12 il Foreign Office sostiene che, sebbene Portogallo abbia firmato atto generale della Conferenza di Berlino, in fatto non si curò mai applicare a Mozambico regime libertà commerciale, condizione sine qua non per invocare articolo 12. Ringrazio V.E. di avermi fatto conoscere come nostro Gabinetto interpreti articoli uno e dodici atto generale della Conferenza di Berlino (2); me ne servirò, se ne è il caso, discutendo qui siffatta interpretazione, ma per ora il caso non mi sembra possa facilmente presentarsi prima che nuove istruzioni mi pervengano dall'E. V.

202

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 16 gennaio 1890.

Giova spiegarsi sulla Turchia per non fraintendersi (3). L'Italia è interessata come le Potenze centrali perché in Turchia non sorga pretesto alcuno ad una guerra e perchè la eterna quistione orientale a suo tempo non venga risoluta a danno dell'equilibrio europeo. Credo pertanto che a mantenere la pace sia necessario dare utili consigli al sultano e non temere di dargli ogni assistenza preventiva contro l'opera di calcolate insidie della Russia, la quale ove lo voglia può trovare ampia materia a reclami nei vari articoli del Trattato di Berlino. Ammessa la rettitudine degli scopi che miriamo a conseguire e l'utilità nostra ne consegue che io non mi preoccupi della Turchia nella linea di condotta da tenere in Oriente, sempre però d'accordo coi nostri alleati.

(l) -Cfr. n. 188. (2) -Cfr. n. 191. (3) -Risponde al n. 198.
203

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI

T. COLONIALE RISERVATO 45. Roma, 17 gennaio 1890, ore 11,45.

Dopo ultime notizie Tigré ella vorrà credo consigliare Makonnen prendere via Zeila Harrar e anche ella non vorrà cercare incontrarsi con Menelik via Tigré. Ritardo Menelik è inesplicabile e conferma sospetti suo coraggio e dubbi sua fede. Veda sollecitarlo con lettere sue e di Makonnen (1).

204

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 52. Massaua, 17 gennaio 1890, ore 15 (per. ore 20,50).

Partirò con Makonnen altopiano conferire generale Orero circa via da prendere. Menelik 14 dicembre era Antoto; ora si dice è a Borumieda. Generale Orero è in Debaroa. Soldati italiani con bande assoldate occupano Godofelassi, ovvero sono circa 160 chilometri da Massaua. Nostre forze ammontano a forse 5000 uomini dei quali solamente 1400 sono italiani; gli altri indigeni pochissimo fedeli se dovessero battersi contro i loro. Con questi elementi è imprudente estendere troppo linea occupazione. A noi converrebbe mantenere difesa (3). Il paese che possediamo è vastissimo; cercare nuove conquiste è pericoloso. Sperare prendere Alula è quasi impossibile. Comunicai Makonnen telegramma di V. E. circa spedizione inglese (4) facendo rilevare operato Governo del re. Necessita però per l'avvenire di pubblicare nostri diritti su dogana di Harar-Gildessa. L'allarme prodotto spedizione inglese servirà come argomento per convincere Menelik convenienza pronta ratifica convenzione.

(l) Con T. colon!alé riservato 54 del 18 gennaio, non pubblicato, Antonelli rispose: «Ritardo Menel!k si spiega perché temporeggiando rende non solamente fac!le ma necessaria sua presenza Tigré. Sospetto suo coraggio non credo sp!egabile se degiac Se!um con poca gente riuscì battere due volte Alula"·

(2) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit.. p. 15.

(3) -SI pubblicano qui alcun! passi di un Rapporto d! Antonell!, datato Massaua, 10 gennaio: «Non credo conveniente essere troppo esigenti nè mettere Menellk In condizioni dlfflc!ll di fronte agli abissini. Se Menellk cedesse Adua all'Italia avrebbe contro tutta l'Etiopiache lo accuserebbe di vendere il Paese agli italiani... Si è preoccupati più ad Invadere che a mantenere e sistemare il molto che già possediamo. Con un tale Indirizzo cl esponiamo ad etern!zzare lo stato di guerra ed andare incontro a battaglie d! esito Incerto. Conviene tenere un programma ben deciso. O la guerra, ed allora essere sicuri dell'esito. O la pace ed allora non cercare la guerra ». (4) -Cfr. n. 174.
205

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO PERSONALE 55. Roma, 17 gennaio 1890, ore 19.

Al suo telegramma di mercoledì sera (1)..Anch'io desidero sia tutelato l'amor proprio del primo ministro inglese, volendo conservare amicizia dell'Inghilterra. È perciò essenziale che i regi rappresentanti in Londra operino con prudenza e nel caso della vertenza anglo-portoghese che le pratiche siano condotte con forma delicata. Giova però a tutti, anche al Governo britannico, che la questione si risolva in modo amichevole. In Portogallo, come in tutta la penisola iberica, i repubblicani si danno ad un lavorio attivissimo. Qualora riuscissero, l'influenza francese se ne avvantaggerebbe a danno delle istituzioni monarchiche. La Triplice Alleanza avrebbe contro a sè un potente avversario se l'idea repubblicana trionfando da Lisbona ai Vosgi collegasse sessantadue milioni di abitanti. Ciò devesi comprendere a Londra come a Vienna, ed i Governi alleati ed amici devono operare in guisa da prevenire il ripetersi dei rovesci politici che turbarono il continente sul finire del secolo passato. L'Inghilterra. è di troppo più potente del suo avversario perchè la sua dignità possa reputarsi lesa da un componimento amichevole.

206

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 41. Londra, 18 gennaio 1890, ore 22,25 (per. ore 6 del 19).

Il mio collega d'Austria-Ungheria, ritornato oggi dopo assenza di quattro giorni in campagna, mi ha detto che il giorno tredici fece al Foreign Office una comunicazione verbale, analoga alla mia dello stesso giorno, motivandola però soltanto dall'interesse del Gabinetto di Vienna per la pace. Egli era stato pienamente approvato dal conte Kalnoky il quale lo aveva inoltre informato che Nigra gli aveva proposto che l'Italia· e ·l'Austria-Ungheria si mettessero d'accordo per fare qui insieme passi nello scopo di condurre a soddisfacente scioglimento conflitto sorto fra Inghilterra e Portogallo. Il mio collega aveva saputo pure da Vienna che il Portogallo si era rivolto a Berlino, dove non aveva trovato favorevole accoglienza. Il linguaggio che

tenne qui con le persone che lo avvicinarono nei giorni ultimi il signor Waddington andò sino all'affermazione che la Francia non permetterebbe all'Inghilterra di impossessarsi di Delagoa bay. Non ebbi però modo di conoscere se l'ambasciatore di Francia abbia fatto presso Foreign Office pratiche in questo o in altro senso.

(l) Cfr. n. 196.

207

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 159. Londra, 18 gennaio 1890, ore 22,25 (per. ore 6 del 19).

Ambasciatore d'Austria-Ungheria è stato avvisato da Vienna che alle pratiche fatte colà dal conte Nigra, relativamente ad un'azione diplomatica comune a Costantinopoli per allontanare pericolo di maggiori complicazioni in Candia, era stato dal conte Kalnoky risposto che il Governo I. e R. non voleva mettersi avanti in questo affare, ma che esso seguirebbe l'Inghilterra se questa si decidesse a fare tali pratiche (1). Il mio collega crede che lasciamlo di fronte la Turchia ed i cretesi da soli nessuna complicazione grave possa nascere. Ma il contrario sarebbe a temersi se la Grecia prendesse parte a questo affare. Epperò egli dicevami che ad Atene conviene agire per contenere Grecia.

208

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 43. Pietroburgo, 19 gennaio 1890, ore 16,10 (per. ore 18,40).

Giers, interpellato da questo ministro di Portogallo sull'accoglienza che fàrebbe eventualmente Governo russo ad una circolare portoghese chiedente, per la composizione del dissidio coll'Inghilterra, l'applicazione dell'articolo 12 dell'atto finale, si è mostrato in massima favorevole all'idea portoghese. Si è già in questo senso espresso con ministro del Chili e con vari altri rappresentanti esteri. Prego V.E. perciò volere dettare mio linguaggio, qualora ministro degli affari esteri me ne parlasse (2).

(l) -Cfr. n. 185. (2) -Il contenuto di questo telegramma fu comunicato a Crlspi a Torino con T. riservato 5~. pari data. Per la risposta inviata da Damiani a Marochetti cfr. n. 209. Essa fu comunicata a Crispi a Torino con T. riservato 60 del 20 gennaio. Per l'atteggiamento di Crispi cfr. n. 210.
209

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. RISERVATO 58 (1). Roma, 19 gennaio 1890, ore 23,45.

R. Governo in massima favorevole all'applicazione dell'articolo 12 nel dissidio anglo-portoghese.

210

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI

T. RISERVATO PERSONALE 47. Torino, 20 gennaio 1890, ore 18,30 (per. ore 21).

Bisogna essere lieti della risoluzione presa dalla Russia a favore del Portogallo ma non associarvisi. Noi non possiamo che agire d'accordo coi nostri alleati e non dobbiamo in nessun caso unirei ad una Potenza non amica dell'InghUterra, perché correremmo il rischio non solo di offendere l'amor proprio di Salisbury ma di obbligarlo a fare diversamente di quanto desidereremmo. Ho creduto perciò di telegrafare a Marochetti (2): « Sospenda ogni comunicazione a Giers circa nostri sentimenti nella questione anglo-portoghese (3) ».

211

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 74/50. Londra, 20 gennaio 1890 (per. il 31).

Ho avuto l'onore di informare V. E., prima per telegrafo (4) e poi con mio rapporto del 17 di questo mese (5), dei passi che feci presso il Foreign Office in esecuzione degli ordini impartitimi con i dispacci ministeriali delli 7 e 9 gennaio (6), relativi ai lavori che si fanno presentemente a Biserta.

Sir Th. Sanderson, assistente sottosegretario di Stato, che ricevette la mia comunicazione a tale riguardo, mi ha indirizzato in proposito un biglietto, in forma particolare, dal quale risulta che il Foreign Office ha saputo che il 'canale di Biserta è stato espurgato in guisa da permettere l'entrata nei bacini e nei laghi ai bastimenti che pescano 3 metri, che si sta prolungando il molo e che, si dice, siano stati fatti gli studi per la costruzione di caserme e per un altro canale. Il biglietto di sir Th. Sanderson conchiude dicendo che interesserebbe al Foreign Office di conoscere se queste informazioni corrispondano a quelle ricevute dal Governo italiano.

Ho osservato che, mentre le notizie datemi dall'assistente sottosegretario di Stato corrisponderebbero presso a poco con le prime informazioni dal r. ministero comunicatemi con il dispaccio delli 7 gennaio, le notizie stesse invece si troverebbero, per così dire, smentite, in massima parte, dalla relazione dell'agente consolare italiano, allegata all'altro dispaccio ministeriale del giorno 9 corrente. Non mi pare pertanto di essere in grado, fino a nuovi avvisi di V. E., di assecondare il desiderio espressomi da sir Th. Sanderson; poiché se al R. Governo preme sicuramente di non esagerare l'importanza delle informazioni che qui si sono avute, non può tuttavia essere nel suo interesse di attenuare l'impressione che quelle stesse informazioni possono avere qui prodotto.

Come io mi aspettava alla seconda e principale domanda che io feci al Foreign Office, a quella cioè tendente a conoscere che cosa lord Salisbury pensi dei lavori che si fanno a Biserta, non ebbi risposta. Certamente prima di formarsi un concetto a tale riguardo, si comprende la necessità e la convenienza di appurare i fatti. Ma, se V.E. non mi darà nuove istruzioni, io mi propongo, tosto che avrò l'occasione d'incontrarmi con lord Salisbury, di chiamare la sua attenzione sovra le notizie dalle quali risulta che talune opere sono in corso di esecuzione a Biserta e procurerò di riconoscere quale impressione Sua Signoria abbia avuto a ricevere siffatte notizie.

(l) -Risponde al n. 208. (2) -Con T. riservato 62, pari data. (3) -II 21 gennaio Crispi comunicò da Torino a Marochetti la sostanza di questo telegramma e aggiunse: «v. E. si regoli in tutto che non trapelino costà nostre intenzioni e pur mantenendosi cortesissimo con Giers eviti assumere minimo impegno». (T. riservato 45 di Crispi a Damiani del 21 gennaio). (4) -Cfr. n. 200. (5) -Non pubblicato.. (6) -D. 583/9 del 7 gennaio e D. 911/13, in realtà del 10 gennaio, non pubblicati.
212

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A TORINO

T. 182. Roma, 21 gennaio 1890, ore 20.

Il barone Blanc-telegrafa: «In conformità precedente qui verificatosi in analoga triste circostanza e per aderire al voto di tutta questa colonia, prègo V.E. di volermi dire se non giudicasse opportuno che per cura di questa ambasciata venisse celebrato un servizio funebre per S.A.R. il duca di Aosta nella chiesa di San Pietro, ove già fu nel 1878 celebrato un funerale per S.M. il Re Vittorio Emanuele. Debbo però far notare a V.E. che il clero della chiesa domanderà il solito permesso dell'ambasciata di Francia e che non esiste altra chiesa non sottoposta a protezione altrui. Dovrò ad ogni modo assicurarmi che l'incaricato d'affari di Francia non pretenderà in tale funzione gli onori di protettore, nel qual caso i colleghi amici mi notificano che dovrebbero ritirarsi» (1). Confido che V.E. non consentirà che il r. ambasciatore si rivolga a clero dipendente da altre Potenze e nelle cui chiese un estero rappresentante possa pretendere agli onori di protettore. Tale ipotesi verificandosi; i rappresentanti amici mostrerebbero, ritirandosi, maggior zelo della nostra dignità che il nostro stesso ambasciatore (2).

213

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 48. Berlino, 22 gennaio 1890, ore 18,56 (per. ore 22,15).

Segretario di Stato. da me ragguagliato nel senso del telegramma di V.E. del 15 corrente (3), era in procinto recarsi a Friedrichsruh e si riservava comunicarmi modo d1 vedere del cancelliere. Il conte di Bismarck mi disse oggi che Sua Altezza diede piena approvazione a quanto egli rispose (4) alle prime entrature di V.E. (5). Il cancelliere applaude ai concetti di V.E. riguardo principio monarchico minacciato in Portogallo ed in grado minore nella Spagna, ma per ora esso non sembra correre pericolo a Lisbona a motivo del dissidio tra il Portogallo e l'Inghilterra. In conformità delle notizie qui giunte esiste certa garanzia contro il pericolo di una repubblica iberica nella antipatia secolare tra il Portogallo e la Spagna. Deve pure notarsi che, in seguito malattia e guarigione del re di Spagna, la popolarità della regina reggente crebbe e che gli sforzi del partito antidinastico non hanno guadagnato terreno. Nelle circostanze presenti sarebbe assai più dannoso se si volesse esercitare pressione a Londra da parte dell'Italia, Germania ed Austria. I radicali inglesi se ne varrebbero per muovere opposizione a lord Salisbury e riuscirebbero forse a scomporre maggioranza nel Parlamento. È da rilevarsi che le ottime relazioni dell'Inghilterra colla Germania sono come una valvola di sicurezza per l'attitudine della Russia. Il Gabinetto di Pietroburgo si dimostra moderato nella sua politica, quando può constatare amichevoli rapporti tra l'Inghilterra e la Triplice Alleanza ed è costretto a nascondere i pugni in tasca; tutt'altro sarebbe, in caso contrario, suo contegno. Per questi motivi, che il Gabinetto di Berlino vorrebbe fossero apprezzati, egli stima miglior partito mantenersi in una stretta riserva. Il segretario di Stato aggiunse che il principe cancelliere, aspettato fra poco a Berlino, si riservava confermarmi viva voce quanto precede (6).

(:J) Cfr. n. 175, nota l. p. 107.
(l) -T. 306, pari data. (2) -Per le Istruzioni di Crlsp! a Blanc cfr. n. 219. (3) -Cfr. n. 197. (4) -Cfr. n. 189. (6) -Cfr. n. 255. Per la risposta d! Crispi cfr. n. 220.
214

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 339. Londra, 22 gennaio 1890, ore 20 (per. ore 22,55).

Salisbury per ora non intende fare passi a Costantinopoli per le cose di Candia. Sua Signoria, fin da quando è stato conosciuto firmano relativo a quell'isola fece qualche osservazione all'ambasciatore di Turchia. Attualmente infcrmazioni che pervengono al Foreign Office sono nel senso che il governatore ottomano si adopera a conciliare firmano coi desideri della popolazione, e qui si crede che non sarebbe opportuno presentare a Costantinopoli delle osservazioni.

215

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 63. Massaua, 22 gennaio 1890, ore 21,05 (per. ore 22,45).

Venni Debaroa conferire con generale Orero. Non ci mettemmo d'accordo in nessuna maniera. V.E. ha creduto aver corretto errori antecedenti che invece oggi si ripetono. Telegramma V.E. (2} è in contraddizione con quello che fa Orero. Non vedo chiaramente in tutto ciò; ritengo programma cambiato completamente; io non sono che un inutile ostacolo che prego V.E. di eliminare permettendomi di tornare in Italia col primo postale.

216

RAS MAKONNEN AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 64. Massaua, 22 gennaio 1890, ore 22 (per. ore 9,25 del 23).

Chiamato dal generale Orrero per conferire il 20 a Debaroa, il generale Orero mi propose andare con lui Adua. Ho risposto: «Non solo io, ma nemme

no lei deve oltrepassare Asmara, perché è cosa che allarmerà l'imperatore che è sulla strada per venire nel Tigrè. Lei non vada ». Il generale Orero rispose che avrebbe eseguito gli ordini del Governo. Prego sistemare questa questione per non allarmare l'imperatore, trattandosi di cosa improvvisa che farà cattiva impressione. Dicendo ciò, compio mio dovere verso V. E. (1).

(l) -Ed. In CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit.• p. 183 e In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar RO$SO, tomo VIII, clt., p, 20. . . . (2) -T. coloniale riservato 47 del 18 gennaio, non pubblicato, . con il quale Cr!spi aveva comunicato di aver dato istruzioni a Orero «di non andare più oltre verso Adua ».
217

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 192. Roma, 23 gennaio 1890, ore 15,40.

Duolmi che nella questione Candia non siansi volute comprendere intenzioni Governo italiano. È lontana da noi l'idea di mettere la Grecia in mezzo a questo affare. Vorremmo soltanto prevenire agitazioni che potrebbero, se non soffocate a tempo, condurre anche ad una guerra in Oriente. Se le Potenze alleate ed amiche non dividono questo avviso, non sarò io che lo vorrò loro imporre. Il Governo italiano ha fatto 11 debito suo e non desidera altro se non che l'avvenire non gli dia ragione.

218

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 52. Roma, 23 gennaio 1890, ore 15,45.

Il Governo persiste nella sua precedente decisione che non debba farsi una spedizione italiana sopra Adua. Fortifichi le frontiere del territorio occupato e lasci il Tigrè al suo destino sino all'arrivo di Menelik.

219

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 193. Roma, 23 gennaio 1890, ore 15,45.

Nelle circostanze alle quali accenna col suo telegramma del 21 (3) non è il caso di far celebrare funerali in codesta chiesa di San Pietro.

(l) -Cfr. n. 223. (2) -Ed. in CRISPI. La prima guerra d'Africa. cit.. p. 183 e in L'Italia in Africa, Etiopia-lllar Rosso, tomo VIII, cit., p. 20. (3) -Cfr. n. 212.
220

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO 63. Roma, 24 gennaio 1890, ore 21,30.

Non mi preoccupò mai la possibilità dell'unione iberica sotto forma repubblicana (1), poiché conosco gli odi secolari fra spagnuoli e portoghesi. Allusi alla possibilità che il regime repubblicano allignasse sia in Portogallo sia in !spagna, il che darebbe forza alla Francia di fronte agli Stati monarchici ed al'la Triplice Alleanza. Nemmeno poté essere questione per me di " pressione " da usarsi dai tre Gabinetti alleati sul Gabinetto di Londra pel componimento della vertenza anglo-portoghese. Il nostro intento era soltanto di segnalare lo stato delle cose nella penisola iberica quale ci si manifesta ed insinuare nell'animo di lord Salisbury la convenienza di risolvere amichevolmente il dissidio. Comprendo tutto il vantaggio dell'accordo stretto coll'Inghilterra e dell'amicizia di lord Salisbury. Voglia nella prossima conversazione far presente quanto precede a rettifica del concetto che codesto Governo sembrerebbe essersi fatto dei miei intendimenti e delle mie vedute.

221

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE IN SECONDA IN AFRICA, FECIA DI COSSATO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 56. Roma, 24 gennaio 1890, ore 22,30.

Faccia giungere al più presto possibile il seguente telegramma riservato al generale Orero: «Dopo il ripetuto divieto del Governo di una spedizione sopra Adua, voglia darci le ragioni per le quali ella non si è attenuta agli ordini nostri. Comunque sia, affretti istallazione capo nostra fiducia e ritorni all'Asmara per fortificarvisi:..

222

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO RISERVATO (3). Sofia, 24 gennaio 1890.

Ieri Stambuloff ed altri ministri mi hanno indicato intendimento pubblicare un telegramma di Sua Maestà diretto al principe Ferdinando li venti

14 -Documenti diplomatièi -Serle II -Vol. XXIII

o \Tentuno pér rìngraziare condoglian.Zé irreparabile perdita di S.A.R. duca d'Aosta. Ho fatto osservare che tale pubblicazione sarebbe affatto contro gli usi trattandosi di semplice telegramma privato del re diretto al principe Ferdinando come principe di Sassonia Coburgo e non a lui come principe di Bulgaria, che da detto telegramma si potrebbe trarre conseguenze politiche che non erano nella mente di S.M. il Re. Dietro queste mie osservazioni il telegramma di cui ignoro il contenuto non venne pubblicato. Giornale ufficioso si è contentato di menzionarlo pubblicando quello di V.E. allo Stambuloff, però è possibile che tornino sull'argomento. Prego V.E. di farmi conoscere le sue istruzioni. Spero aver interpretato correttamente intenzioni del Governo in questa occasione. Non havvi dubbio che il principe e il Governo principesco hanno in un modo poco delicato profittato del doloroso lutto nazionale di questi giorni per scopo politico come V. E. potrà convincersi dalla lettura del giornale ufficioso Bulgaria che io trasmetto oggi, in cui si esagera importanza dei passi della agenzia politica italiana dettati dagli usi e dalla cortesia. E sappiamo qui che la Russia non perde di vista ogni atto che si compie in Bulgaria. Condotta poco discreta del Governo principesco mi renderà più prudente ancora per l'avvenire, giacché i nostri rapporti amichevoli colla Russia hanno grandissima importanza secondo ordini avuti dall'E.V.

(l) -C!r. n. 213. (2) -Ed. In CRISPI, La prima guerra d'Africa, clt., p. 185 e In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 23. (3) -Al R. 42/19, non pubblicato.
223

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 63. Roma, 25 gennaio 1890, ore 22,47.

Generale Orero ebbe ordine di ritornare il più presto possibile da Adua (2). Sua mossa nulla ha che fare con la missione affidatale, che consiste nell'ottenere ratifica convenzione addizionale, i cui concetti sono connessi col trattato del 2 maggio 1889. Aggiungo che in essa convenzione, oltre le disposizioni di reciproco beneficio tra le due Potenze, havvi quella del prestito che abbiamo consentito prima che la convenzione fosse ratificata, nella fiducia di aver da fare con un principe amico e nella sicurezza che per mezzo di lei tutto procederebbe regolarmente. Il suo ritorno in Italia prima della sistemazione di questo affare metterebbe in pericolo ogni nostro interesse e non crediamo che ella voglia assumere responsabilità così grave a danno dell'Italia e del suo Governo. Fo appello al di lei patriottismo e al di lei onore perché compia la missione affidatale C3).

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 24 e in CRISPI, .r..a prima guerra d'Africa, cit., p. 186. (2) -Cfr. n. 221. Si pubblica qui un passo del T. coloniale riservato 75 del 27 gennaio con cui Orero riferiva circa l'occupazione temporanea di Adua: «Benché mia partenza, che, In conformità decisioni del Governo, farò appena truppe saranno riposate, mi Impedisca compiere gli altri due obiettivi propostimi, Insediare, cioè, in Adua un governatore amico nostro e .di Menelik, avversario ras Alula e Mangascià, sono. convinto che nostra venuta ad Adua ha giovato agl'interessi d'Italia, al prestigio del suo nome e della sua forza». (3) -Cfr. n. 225.
224

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 216. Roma, 26 gennaio 1890, ore 12.

Abbiamo da Tripoli di Barberia: «Si assicura che nel Gibel Nalut Governo francese abbia obbligato gli abitanti di 18 borgate quella regione di non pagare più la .:iecima al Governo ottomano, appartenendo quel territorio alla Tunisia, ininacciandoli, nel caso di rifiuto, di occupare quei posti militarmente. In seguito a tale ordine, che fu comunicate al kaimakan turco di Gibel Nalut dallo stesso Governo francese, gli sceikh di quel borgo, insieme al kaimakan, sono qui a reclamare presso il governatore generale, il quale ha promesso informare per telegrafo la Sublime Porta. Procurerò conoscere esattamente fatti e circostanze» (1). Voglia domandare al Foreign Office se ha conoscenza di tal fatto che comproverebbe la persistente tendenza della Francia ad estendere le frontiere tunisine a danno della Tripolitania.

225

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 92. Massaua, 26 gennaio 1890, ore 14,40 (per. ore 18,30).

Prima ancora di ricevere telegramma di V. E. in data di oggi (3) ho avuto l'onore di telegrafarle (4) che ho stabilito di partire entro dieci gicrni per la strada del Tigrè. Questo deve provare a V.E. che personalmente sono pronto a tutto. Ragione domanda tornare Italia era basata sul fatto che azione militare distruggeva possibilità riuscita quella diplomatica. Menelik poteva prendere pretesto nostra occupazione Adua, per accusarci rottura trattato maggio 1889, rifiutare ratifica alla convenzione addizionale. Quanto al denaro poteva rivolgersi alla Francia, restituire prestito avuto e tenersi sciolto verso Italia da ogni impegno. Annunzio V. E. dell'immediato ritorno del generale Orero dissipa questi timori che sono fondati sulla conoscenza di Menelik e degli europei che circondano quella Corte. Makonnen è disposto a partire con me pel Tigrè; mi è utile per aiutarmi ad ottenere dal re ratifica. Egli m'incari

ca dire a V.E. che conta sul Governo italiano perché Inghilterra non approfitti sua assenza per invadere suoi domini. Ho spedito Menelik corriere pregandolo mandarmi suo generale ad incontrarmi nel Zebul. Via Agamè presenta tutta probabilità riuscita mio piano. Nerazzini andrà subito Harrar (1).

(l) -T. 375 del 25 gennaio. (2) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 25 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, c!t., p. 187. (3) -Cfr. n. 223. (4) -T. coloniale riservato 70 del 25 gennaio, non pubbl!cato.
226

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

R. S.N. Pietroburgo, 26 gennaio 1890.

Come ebbi l'onore d'informarne l'E.V. col mio telegramma del 17 corrente (3) il colonnello Villaume, agente militare germanico addette alla persona dell'imperatore di Russia mi ha detto in stretta confidenza avere avuto incarico da Berlino di confermare l'intenzione dell'imperatore Guglielmo d'assistere quest'anno alle manovre d'autunno del campo di Crassnoe-Selò, intenzione cui aveva già accennato all'epoca della visita d'Alessandro III.

È evidente desiderio del principe di Bismarck che questa nuova visita abbia a produrre impressione segnatamente in Francia dove si segue con gelosa attenzione ogni passo che fa la Germania verso la Russia. Al nuovo convegno mal saprebbesi trovare altro movente se non il desiderio che si ha a Berlino di moltiplicare le occasioni d'incontro (a questa visita terrà naturalmente dietro la sua restituzione ecc.), di creare una corrente di simpatie personali tra i due sovrani, dalla quale vuolsi poi fare scaturire quasi insensibilmente nell'animo d'Alessandro III la fiducia nell'onestà della politica del Gabinetto di Berlino. Onde giungere a persuadere di checchessia lo czar, devesi anzitutto vincere la ritrosia innata di questa natura timida, poco socievole, guardinga, sospettosa, esitante eppure ostinata nelle proprie convinzioni, devesi insensibilmente, affidandosi al suo carattere retto ed assoluto, condurlo a toccare con mano quanto vi possa essere stato d'erroneo nella sua idea prima; nel caso presente nel dubbio che egli aveva sulla sincerità dell'amicizia della Germania. E di tutti i mezzi per raggiungere l'intento quello prescelto di frequenti scambi d'idee è certo il più abile, il più efficace. Anche la forma di visita intima quasi di camaraderie militare fa sì che il progetto dell'imperatore Guglielmo sia dallo czar accolto con maggiore favore. Aggiungasi che il canee!

liere patrocina questo progetto in un momento in cui la Germania parrebbe anzi avere ragioni fondate di dolersi del modo autoritario e sovente ingiusto col quale precedesi nelle provincie baltiche alla russificazione politica e religiosa di quelle contrade, per tradizioni secolari germaniche e protestanti.

La linea di condotta seguita dal Gabinetto di Berlino ha già avuto per risultato un sensibile miglioramento nelle relazioni tra i due Imperi. Ad ogni passo che fa su questa via il principe di Bismarck devesi, a parer mio, accordare la massima attenzione.

(l) -Si pubblica qui la conclusione di un lungo Rapporto s.n. di Antonelli del 27 gennaio (ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 73-77): «Tutte questeconsiderazioni mi persuasero che il Governo agiva con Menelik non come amico, ma come nemico; non vedo nessuna probabilità d! riuscita nella mia missione, che da facile diventa quasi impossibile; e perciò prega! l'E. V. di permetterm! di abbandonare un'impresa al compimento della quale mi sono state chiuse tutte le vie per la riuscita. Ciò non toglie che lo non senta l'obbligo assunto; e sebbene, alla mia partenza dall'Italia, non mi fossero note che idee nel Governo affatto contrarie· a quelle che oggi predominano, l'E. V. può essere cert.a che farò sempre 11 mio dovere ». (2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crlspi. (3) -T. segreto 40, non pubbUcato.
227

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. RISERVATISSIMO S. N. Parigi, 27 gennaio 1890.

Vidi ieri il signor Spuller che mi parlò della discussione provocata in questa Camera dei deputati dal signor de Breteuil sull'articolo del nostro trattato col re Menelik, mercè il quale il R. Governo assume l'incarico dei rapporti dell'Abissinia colle Potenze estere.

Fin da principio il signor Spuller aveva considerato quell'accordo come un atto legittimo ed incontestabile fra due Potenze indipendenti, per cui non aveva esitato a dare, senza osservazioni, atto della comunicazione, che gli era stata da noi inoltrata; atto questo che non impegnava menomamente questo Governo e che non è altro che la constatazione di un fatto sul quale le altre Potenze nulla avevano a ridire.

Rispetto al nostro protettorato sul Sultanato di Obbia, il signor Spuller non faceva opposizione alcuna; si limitò a darci atto della comunicazione che gli si era fatta al riguardo. Ma allorchè poscia il nostro protettorato si estese prima sopra alcuni territorii contigui al Sultanato di Obbia, ed ulteriormente su quello di Aussa, che comprende il territorio dei danakils, il signor Spuller volle consultare l'ufficio delle colonie; ed alle istanze, che io gli faceva per avere atto della nostra dichiarazione di quei protettorati, egli lo ritardava sempre, come lo fa ancora. Dai suoi consiglieri gli veniva supposto che col protettorato del Sultanato di Aussa, l'Italia pretendesse estenderlo anche alla parte del territorio dei danakils occupato dalla Francia, cioè Obock e la baja di Tajura; si pretendeva che le nostre mire si estendessero anche sino al possesso dell'Harrar.

Nelle poche volte che il signor Spuller mi fece allusione a queste nostre velleità d'invasione, gli ricordai che, rispetto ad Obock e Tajura, l limiti tra

i territorii spettanti rispettivamente a quelle località ed alla nostra colonia di Assab, erano stati definiti verbalmente tra il signor Ferry e me e, che, dopo quell'epoca nessuna difficoltà, a mia saputa, era sorta a quel riguardo, se non quella riflettente il lago salato nelle vicinanze di Aussa, di cui un francese si era impadronito per esercitare il monopolio del sale che ne estraeva. Ciò aveva suscitato i reclami degli abitanti circostanti ed anche del re Menelik, che ricorse al R. Governo, affinché s'interessasse per fare cessare quella usurpazione.

Anche questa questione fu regolata col signor Goblet, allora ministro degli affari esteri, e dopo non ne sentii più parlare.

La posizione presa dall'Italia nell'Africa orientale suscita alquanto le apprensioni più o meno finte rispetto ai nostri ulteriori progetti, ed è perciò che il signor Spuller, spinto dai sospetti suscitati intorno a lui, insisteva sempre presso di me (come ne informai codesto ministero) per avere conoscenza del trattato nostro col re Menelik. Non mancai di dirgli che quel trattato, che io personalmente non conosceva, sarebbe però tosto reso pubblico; che d'altronde la questione del mandato, accettato dall'Italia di rappresentare l'Abissinia presso le Potenze estere, era indipendente dalle altre questioni.

Ma egli insisteva sempre, prendendo anche in sospetto il titolo « etiopico :a> che si attribuiva al Regno di Abissinia, la quale denominazione poteva comprendere territorii assai più estesi di quelli attribuiti attualmente al re Menelik.

Qualche tempo fa alcuni giornali avevano detto che il trattato col re Menelik non era ancora ratificato, probabilmente per provocare qualche intrigo presso quel sovrano, affine di mandare a monte quel trattato.

Non avendo io alcuna informazione ufficiale riguardo al medesimo, e non conoscendone il testo, io non poteva rispondere che vagamente al signor Spuller, quando me ne parlava, dovendo limitarmi ad insistere sulla indipendenza dalle altre della questione relativa alla rappresentanza dell'Abissinia all'estero affidata all'Italia.

Il signor Spuller mi disse a questo proposito di essere informato che quell'impegno fu abilmente introdotto dal nostro ministero nel trattato, dopo che tutte le altre questioni principali del medesimo erano stabilite.

* Dal risultato di voto della Camera in seguito alla interrogazione del signor de Breteuil, si scorge che questo Parlamento non ha intenzione, almeno per ora, di muovere guerra all'Italia per la posizione che abbiamo acquistato in Abissinia. Ma la guerra si muove bensì contro il signor Spuller il di cui portafoglio è ambito da parecchi aspiranti antichi ed anche nuovi; gli si tendono ogni sorta di gherminelle, nell'intento tanto di rapirgli il portafoglio quanto di scuotere cosi il Ministero per rovesciarlo. Ma pare che questo intenda resistere perché per ora si sente appoggiato dalla Camera, e non si lascerà facilmente sfasciare. Per noi è desiderabile assai che il signor Spuller continui nell'alto suo ufficio, in cui egli porta un animo equo ed uno spirito conciliante.

Intanto i giornali trovano, nel trattato col re Menelik e le supposte ambizioni dell'Italia, argomento a polemiche, che dureranno ancora per qualche tempo, anche dopo che sarà pubblicamente conosciuto quel documento, che porgerà nuovo elemento alle loro elucubrazioni *.

(1) Da ACS, Carte Crispi, ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 222, 224. ·

228

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI Cl)

T. COLONIALE RISERVATO 67. Roma, 28 gennaio 1890, ore 14,35.

La marcia sopra Adua essendo così bene riuscita e le nostre intenzioni non essendo dubbie nè potendo essere male interpretate da Menelik, parmi potrebbesì d'accordo con Makonnen stabilire la persona che dovrebbe essere nominata governatore del Tigrè. Nell'affermativa voglia combinare ogni cosa col generale Orero a cui telegrafo in analoghi termini (2). *Appena istituito nuovo governatore nostre truppe rientreranno entro confini nostri possedimenti.*

229

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 107/70. Londra, 28 gennaio 1890 (per. il 12 febbraio).

Le pratiche che, conformemente alle istruzioni di V.E., io ho fatto presso il Foreign Office sembrano non essere riuscite . completamente vane se è vero che lord Salisbury, come mi è stato detto confidenzialmente, stia personalmente esaminando le condizioni create dalle gravi innovazioni introdotte con l'ultimo firmano negli ordinamenti dell'isola di Candia. Credo sapere da buona fonte che dall'esito di tale esame dipenderà la decisione del Gabinetto britannico relativamente al persistere nell'atteggiamento di silenzioso spettatore od all'assumere un altro contegno. Debbo però avvertire che. le .informazioni che pervengono al Governo inglese dai suoi agenti locali non attribuiscono alle condizioni presenti dell'isola il carattere assai grave che esse avrebbero secondo altre notizie divulgate anche per mezzo della stampa europea.

Gli agenti britannici hanno ancor recentemente informato il loro Governo che gli esclusi dell'amnistia in Candia sono per tutta l'isola soltanto 38. Di questi alcuni se si presentassero sarebbero sicuramente assolti. Ad una ventina si calcola il numero di costoro che passò in Grecia, dove l'emigrazione cretese che si venne formando da molti anni, non raggiungerebbe il numero di un migliaio. Gli agenti britannici si propongono di formare la lista nominativa di coloro che, essendo stati esclusi dall'amnistia, sono rimasti nell'isola in condizione di persone fuori della legge. Sarebbero questi in tutto circa 18 persone.

Io non posso, naturalmente, riscontrare la verità dei fatti che si adducono dagli agenti britannici nei loro rapporti al Foreign Office. Posso però assicu

rare che i rapporti stessi contengono le notizie sovr'accennate. Epperò si comprende che questo Governo sia portato a credere che vi sia una tendenza ad esagerare non solamente le condizioni di fatto nelle quali si trova l'isola, ma anche i pericoli imminenti che ne potrebbero derivare.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 27 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 189. (2) -Cfr. n. 233.
230

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 114/74. Londra, 28 gennaio 1890 (per. il 12 febbraio).

Dopo il rapporto che io ebbi l'onore d'indirizzare a codesto r. ministero H 10 corrente (1), relativamente ai lavori che si stanno facendo a Biserta, confermai, con altre mie due lettere del 17 e del 20 di questo stesso mese (2), la mia corrispondenza telegrafica dalla quale risulta che le istruzioni, da V.E. impartitemi con il suo dispaccio delli 24 gennaio (3), furono da me anticipatamente eseguite.

L'indole dei lavori che presentemente sono in corso a Biserta, stando alle ultime notizie comunicatemi da codesto r. ministero, esclude che io abbia per ora a ripetere qui le pratiche già eseguite presso il Foreign Office. Ma siccome quei lavori potrebbero, da un momento all'altro, prendere uno sviluppo ed un'indole diversa, cosi sarebbe utile che, fin d'ora, io fossi informato dal R. Governo del fondamento sul quale dovrebbero, a parer suo, appoggiarsi le osservazioni comuni od almeno simultanee dell'Italia e dell'Inghilterra da fare alla Francia circa questo assunto. È di tutta probabilità che, qualora io dovessi richiamare altra v"olta l'attenzione del Foreign Office sovra le opere militari che si predispongono a Biserta, il Foreign Office m'interrogherebbe per conoscere se noi stimiamo che, oltre all'interesse comune della Gran Bretagna e dell'Italia di impedire la costruzione di quelle opere, vi sia per noi una base speciale di reclamare in qualche atto diplomatico intervenuto all'epoca dell'occupazione francese della Tunisia od in altra più recente.

Sovra questo punto io bramerei mi fossero date precise istruzioni ed indicazioni giacchè, qualora esistesse in qualche atto diplomatico una base per porgere rimostranze alla Francia, non vi è da dubitare che l'azione del Governo inglese riuscirebbe assai più pronta che non nel caso in cui il medesimo dovesse giustificare le rimostranze stesse adducendo la sola lesione d'interessi che dalla costruzione di opere militari a Biserta per lui risulterebbe (4).

(l) -R. 35/22, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 211; il Rapporto del 17 gennaio non è pubblicato. (3) -D. riservato 2493/30, non pubblicato. (4) -Sulla stessa questione cfr. il seguente appunto del 24 febbraio d! Pisani Dossi: «Non credo che verso d! no! la Francia abbia preso alcun impegno, né a no! data alcuna assicurazione. Esiste però una nota francese, del 1881, con eu! si dà assicurazione al Gabinetto britannico che 11 porto di B!serta non sarà trasformato In porto m!lltare. Questa nota fu pubblicata negli Archivi diplomatici (Archives diplomatiques) ove gioverebbe r!cercarla per r!cordarla al conte Torn!elll :o. L'appunto reca a margine la seguente annotazione: «Fatte finora !nut!l! ricerche. Pregato 11 cavalier Gorrlnl che veda se si trova nulla In Archives ».
231

IL COMANDANTE IN SECONDA IN AFRICA, FECIA DI COSSATO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 81. Massaua, 29 gennaio 1890, ore 13 (per. ore 22,05) (2).

Ricevo da Adua 28 gennaio seguente telegramma generale Orero: «Notizie attendibili pervenutemi dallo squadrone esploratori mi confermano che degiac Sebhat non volle venire con noi in Adua ed anzi non si mosse dall'Agamé indotto da Makonnen e da Ato Samuel. E' doloroso constatare che ambasciatore agente di un re alleato, per interesse personale e per diffidenza ingiustificata, si possano valere, nel nostro stesso territorio, della impunità e dei mezzi da noi stessi forniti per esercitare un'azione sleale intesa a nostro danno che spero però ridonderà a danno loro. Ad ogni modo, per non passare per troppo buono, avrei stabilito di revocare ordine dato a Di Majo (3) di rimanere qui colle nostre bande assoldate in attesa della missione scioana e così, incominciando il movimento stesso colle truppe italiane, ce ne torneremmo a grande velocità al di là del Mareb sulle rive del quale si sta già costruendo, dalle truppe italiane lasciate a guardia di quel punto di passaggio, un forte. Si vedrà allora come senza di noi la missione scioana e Antonelli potranno dar corso al progetto di passare per il Tigrè colla sola scorta delle bande di degiac Sebhat. La disciplina delle truppe che fu mantenuta in modo esemplare anche dalle bande, il rispetto alle persone e alle proprietà, il nessun tributo imposto alla città, ed anzi le largizioni fatte ai poveri ed alle chiese, sono cose, insieme ai cannoni ed agli ordini compatti e regolari dei nostri soldati, tanto sorprendenti per questo paese, che hanno suscitato in queste popolazioni un sentimento di ammirazione per gli italiani e il desiderio d'essere da noi governati.

232

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 79. Massaua, 29 gennaio 1890, ore 14,25 (per. ore 18,25).

Makonnen afferma non aver fede in nessuno dei capi del Tigrè; non è sicuro siano con Menelik; la prova l'avrebbe avuta perchè avendo scritto

a Sebhat non gli ha risposto, anzi fermò un suo corriere diretto a Menelik. D'accordo con colonnello Cossato ha insistito presso Makonnen, il quale fa dire al generale Orero che si recherà in Adua per decidere quello che è conveniente di fare. Con tutta missione etiopica partirò per Adua lunedì 3 febbraio. "Scrivia" non occorre altrimenti. Mi permetto significare V.E. che il generale Orero è andato Adua dietro istigazione di degiac Sebhat a: quale nostro generale aveva spedito ultimamente 4000 talleri con 15.000 cartucce. Oggi che il generale Orero è in Adua, Sebhat non volle presentarsi. Questo è segnale non buono e mi permetto insistere perché V. E. provveda che inesperienza o troppo ardire non abbia a compromettere nostra tranquillità.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 29-30. (2) -Sul registro dei telegrammi in arrivo le ore sono rispettivamente 1 e 10,05 ma la posizione del telegramma nel registro sembra indicare che le ore esatte siano quelle riportate nel testo. (3) -Orero aveva riferito in proposito con il T. coloniale riservato 80, datato Adua 27 gennaio e trasmesso da Massaua 11 29 gennaio, non pubblicato. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 28.
233

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE IN SECONDA IN AFRICA, FECIA DI COSSATO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 71. Roma, 29 gennaio 1890, ore 21,15.

Faccia arrivare al generale Orero il seguente telegramma: «Resti ad Adua fino all'arrivo di Antonelli e Makonnen e dopo aver di accordo con loro istituito un governatore nel Tigrè, ritornerà nei nostri domini. Telegraferò oggi stesso ad Antonelli (2) perchè proceda di accordo con lei».

234

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 72. Roma, 29 gennaio 1890, ore 23,30.

Dopo il successo della nostra spedizione sopra Adua, giova trarne profitto. Autorizzo che ella e Makonnen vadano a raggiungere subito il generale Orero in Adua e si accordino con lui circa la istituzione di un governatore del Tigrè.

*Se ci sarà modo di impadronirsi abilmente di Sebhat e di Sejum, che sospettiamo traditori, e di scegliere un terzo, di fiducia nostra e di Menelik, sarà ottima cosa.*

guerra d'Africa, c!t., p. 190. (2l Cfr. n. 234.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 27 e !n CarsPr, La prima

(3) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 28 e. con l'omissione del passo fra asterischi, !n CarsPr, La prima guerra d'Africa, c!t., p. 190.

235

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE IN SECONDA IN AFRICA, FECIA DI COSSATO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 73. Roma, 30 gennaio 1890, ore 13,30.

Spedisca subito il seguente telegramma al generale Orero: «Ella è troppo suscettibile (2) e negli affari di Stato non bisogna prendere risoluzioni immediatamente dopo impressioni ricevute per notizie più o meno attendibili. Ella è precipitosa e non mi lascia neanche un momento a riflettere. Di questo modo non si governa e temo che continuando così il nostro accordo non potrà durare. Intempestivamente andò in Adua ed intempestivamente la vuole abbandonare. Spero che il mio telegramma di stanotte (3) sarà giunto in tempo per far sospendere l'immediato ritorno delle nostre truppe al di qua del Mareb. Stia al suo posto ed attenda altro mio telegramma».

236

IL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLE' VIALE, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (4)

T. 11. Roma, 30 gennaio 1890, ore 17,52.

Il presidente del consiglio mi comumco il telegramma di ieri di V. S. (5). Come le rispose il presidente del Consiglio (3), ella colle truppe ritorni verso i nostri confini. D'ora innanzi tenga per norma che qualunque volta intenda eseguire operazioni di qualche rilievo, deve prevenirne il Governo per tempo a riceverne gli ordini e le decisioni. Deploriamo lo screzio insorto fra V.S. e Antonelli. Ad ogni modo procuri di facilitare il suo viaggio attraverso il Tigrè. Accusi ricevuta.

237

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (6)

T. COLONIALE RISERVATO 85. Massaua, 31 gennaio 1890, ore 13,30 (7).

Nerazzini partito stamane per Zeila con istruzioni segrete di raccogliere a Zeila informazioni diligenti sui recenti massacri e sulla spedizione inglese,

mettersi d'accordo con gente di Makonnen e qualora si convinca sicurezza strada, unirsi alla loro carovana per raggiungere Harrar. D'accordo con Ma.tonnen a capo di Gildessa sarà messo Nerazzini stesso. con ordine inalberare bandiera italiana sulla fortezza in caso che spedizione inglese minacciasse Gildessa. Makonnen ha scritto al sotto-governatore ordinandogli di promulgare con bando che Gildessa è data a Nerazzini. Avviso di . tutto V.E. perché possa in tempo ordinarmi modificazioni se creda esser necessario. Qui, all'insaputa di Makonnen, si inizia una vera persecuzione per tutto quello che riguarda Menelik; sequestrano armi acquistate col consenso del Governo d'Italia. È inesplicabile simile condotta verso un re che diede sempre prova d'amicizia all'Italia. Questo sequestro non era necessario perché era stabilito che tutto bagaglio armi, proprietà di Menelik, restassero a Massaua per partire dopo mio incontro con Menelik, come già telegrafai a V.E. Questa disposizione influirà sul comando per aumentare sfiducia verso Menelik. Pregherei V.E:, almeno per salvare apparenze, far togliere ordine sequestro (1).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 31 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 191.

(2) -Crisp! risponde al n. 231. (3) -Cfr. n. 233.

(4) Ed. in L'Italia i11 Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 31.

(5) -Cfr. n. 231. (6) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 32-33. (7) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.
238

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLE' VIALE (2)

N. 3327. Roma, 31 gennaio 1890.

Con nota del 28 ottobre 1889 (3) pregavasi codesto ministero di volere provvedere, a titolo di fornitura rimborsabile, il re Menelik di 6 mitragliere, 6 cannoni, oltre munizioni e fucili. Con nota dell'8 novembre, interessavasi a voler fornire, a spese di questo ministero, a degiac Makonnen un cannone ed un.a mitragliera, oltre a cento fucili e munizioni.

Quest'ultima richiesta mirava ad un dono che si voleva fare all'ambasciatore scioano. La prima supponeva la stipulazione di un accordo con Menelik, per mezzo del quale avremmo assicurato all'Italia la fornitura esclusiva delle armi all'Etiopia, per così !imitarla a nostro piacimento ed a nostra convenienza.

La situazione delle cose è ora mutata. II contratto speciale che avremmo voluto concluso circa alla fornitura delle armi non, è stato stipulato. Il contegno dei capi scioani ci fa dubitare di ciò che possa avvenire in futuro; né essi ispirano tutta la fiducia che ci vorrebbe per metterli ora in possesso di armi che costituiscono una parte della nostra superiorità su di loro, e che ad un dato momento potrebbero volgersi a nostro · danno.

Prego quindi V.E. di dare ordini che non si consegnino cannoni e mitragliere. Defalcheremo dal conto di Menelik la somma che per i cannoni e le mitragliere egli avrebbe dovuto passarci.

Possiamo lasciare in corso le ordinazioni ed i doni di fucili, poiché ciò che non forniremmo noi sarebbe da altri somministrato a scapito dei nostri fornitori e della nostra influenza, e senza alcun vantaggio nostro.

Fo .intanto spiegare dal conte Antonelli al degiac Makonnen che i cannoni e le :mitragliere .di cui avevamo creduto poter disporre a suo favore, occorrono invece. al nostro presidio e che non ci è possibile, per ora, di privarcene.

(l) Per la risposta cfr. n. 241.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII. cit., p. 32.

(3) Non pubblicata.

239

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 78. Roma, 1° febbraio 1890, ore 16.

Antonelli mi telegrafa che lunedì sarà da lei (2). Le rinnovo l'invito di mettersi accordo con lui per tutto quanto riguarda nostra azione nel Tigrè e relaZiOni ·con Menelik. Usi spirito conciliativo, Antonelli essendo uomo tranquillo, conoscendo perfettamente il paese e potendo dare buoni consigli. Pel momento ci è necessario fortificarci bene sull'altipiano, rimettendo a tempo più opportuno azione militare al di là dei confini cui abbiamo diritto. Con codesti capi e popolazioni, per natura sospettosi, conviene agire in guisa da non suscitare diffidenze. Mi affido alla di lei prudenza e ove sorgano dispareri nei quali sia difficile accordo, voglia riferirmene subito acciocché il Governo possa in tempo decidere.

240

IL COMANDANTE IN SECONDA IN AFRICA, FECIA DI COSSATO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 88. Massaua, 1° febbraio 1890, ore 19,15 (per. ore 6 del 2).

Comunico E.V. seguente telegramma: «Mareb 31 gennaio. I miei telegrammi dal 27 in poi (4) dicono a V.E. quale è la situazione di cose nel Tigrè, e a che punto era l'iniziato movimento delle nostre truppe di ritorno in Asmara, quando nella passata notte mi .pervenne il telegramma (3) di rimanere in Adua ed ivi attendere Antonelli e Makonnen, coi quali accordarmi per nomina governatore. Per quanto gravi siano le difficoltà logistiche che dovrei superare per contromandare ordini già in corso di esecuzione e ritornarmene in Adua, con mezzi

(-5) Cfr. n. 233.

di approvvigionamento e rifornimento in relazione con una nostra permanenza nel Tigrè, che mi è forza prevedere lunga, senza poter trarre dal paese neppure 'ma giornata di viveri, mi sento in grado, secondato come sono dal comandant~> in seconda e dal capo di Stato Maggiore, di superarle con animo giubilante se avessi convinzione che tutto ciò ridondasse a beneficio d'Italia, ma questa, dcpo aver visto sul posto come stanno le cose, non è la mia convinzione. I tigrini nutrono un fiero odio per i scioani che sempre dominarono; a questo odio si aggiunge un disprezzo che la condotta pusillanime di Menelik giustifica; qualunque Governo accetterebbero o subirebbero, a preferenza di quello di un re di un Paese che disprezzano. Perché dunque legare la nostra opera a beneficio di un alleato della cui lealtà non avemmo alcuna prova e di cui io ebbi prova di non giusta diffidenza e di intrighi orditi contro di noi, intrighi i quali, come quelli intesi a distaccare da noi Sebhat, ridondarono, come prevedeva, a lui danno? Aggiungasi che, con l'esclusione di Sebhat dell'Agamé, nessun candidato alla nomina di governatore del Tigrè, a nome di Menelik, disporrebbe di tali forze da reggere fino all'arrivo del re senza il concorso delle nostre. Per cui, anche supposto che Makonnen accettasse la nomina di degiac Gheramedin, da me indicato in precedente telegramma (l) questi, e per le poche forze di cui dispone, e per averlo riconosciuto mancante delle necessarie doti di senno e di coraggio, non potrebbe reggersi senza che noi gli rimanessimo a fiancc. In questa situazione delle cose, la mia opinione è di lasciare che i frutti della nostra temporanea presenza in Adua si maturino a beneficio della influenza italiana, limitandosi a fornire a Makonnen i mezzi di scorta per passare dal Tigrè al Zebul, suo obiettivo. Compiuto cosi il mio dovere di esporle le cose come le vedo, ripeto essere pronto obbedire qualunque ordine del Governo ed a questo scopo sospendesi ogni movimento sull'Asmara ed anzi, dati gli ordini e predisposte le cose per l'eventuale nostro ritorno in Adua, rimango fermo sul Mareb. Orero :P.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 34.

(2) -Cfr. n. 232. (3) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, c!t., pp. 35-36. (4) -Cfr. nn. 231 e nota 3 allo stesso.
241

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 80. Roma, 1° febbraio 1890, ore 19,30.

Non parliamo più dell'avvenuta marcia su Adua. Consideriamo soltanto la situazione attuale. Orero essendo ritornato entro i confini nostri possedimenti, è necessario determinare ciò che a noi ed a Menelik convenga e giovi. Bisogna che ella e Makonnen partano il più presto possibile, essendo indispensabile che la convenzione addizionale del primo ottobre (3) possa essere eseguita e notificata alle Potenze. Allora avremo diritto sicuro e legale dalla parte di

Gildessa e dell'Harrar e potremo pren1ere con l'Inghilterra accordi che saranno anche utili a Menelik. La concessione di Gildessa a Nerazzini (l) non mi dà autorità sufficiente per chiedere che sia rispettata dai terzi. Avrei capito che la concessione fosse fatta al re d'Italia, il quale può, notificandola all'Inghilterra, esercitarvi impero e compiere ogni atto necessario a tutelarlo. Telegrafai ad Orero (2) perché, da parte sua, non faccia obiezioni e faciliti la sua missione. In quanto alle armi havvi sospensione nella spedizione dei soli cannoni e mitragliere che sono a Massaua perché ci sono ora necessari (3). Del resto, appena ratificata la convenzione addizionale, che per troppa benevolenza abbiamo eseguita, quando non eravamo in obbligo di farlo, tutto si accomoderà. Per i nostri territori ripeto quanto le dissi qui: non vogliamo nè intendiamo acquistare altri territori al di là del ciglio dell'altipiano, all'infuori di quelli che sono necessari per assicurarci forti frontiere e garantirci i nostri domini.

(l) Cfr. n. 231, nota 3.

(2) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 35.

(3) Cfr. n. 45.

242

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE IN SECONDA IN AFRICA, FECIA DI COSSATO (4)

T. COLONIALE RISERVATO 82. Roma, 2 febbraio 1890, ore 10,45.

Mandi Orero seguente telegramma: «Il telegramma con cui le ordinava di fermarsi in Adua (5) essendo giunto dopo la sua partenza, accetto fatto compiuto. Rimanga ove è in attesa nostre decisioni».

243

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. RISERVATO SEGRETO 66. Roma, 2 febbraio 1890, ore 21,45.

Da informazioni forniteci parrebbe che codesto ministro degli affari esteri torni a sollevare col Marocco la questione d'una permuta di territorio che darebbe alla Spagna il tratto fra Melilla e la Maluja. Si dice la Francia favorevole a tale combinazione. Di ciò la prevengo perchè voglia sorvegliare e indagare con tutta la voluta prudenza. Non fa d'uopo ricordarle che siffatto mutamento allo statu quo del Marocco sarebbe contrario agli acrPrdi esistenti fra l'Italia l'Inghilterra e la Spagna (6).

(-6) Per la risposta cfr. n. 248.
(l) -Cfr. n. 237. (2) -Cfr. n. 239. (3) -Cfr. n. 238.

(4) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 36.

(5) -Cfr. n. 233.
244

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 254. Roma, 2 febbraio 1890, ore 22.

Lord Dufferin mi scrisse il 30 gennaio per informarmi che, d'incarico di lord Salisbury, doveva parlarmi sugli affari di Creta. L'ambasciatore d'Inghilterra è venuto oggi e mi ha informato che lord Salisbury desidera fare, d'accordo con noi e con l'Austria-Ungheria, pratiche presso la Sublime Porta e che lasciava a me di decidere in quali termini. Ricordai a lord Dufferin il dispaccio di lord Salisbury del luglio 1878, in cui parlando del Congresso di Berlino, Sua Signoria aveva detto esser quella l'ultima prova per la Turchia. Aggiunsi che, secondo me, conveniva, nell'interesse della-pace europea, consigliare amichevolmente e cordialmente il sultano a far quelle concessioni che parrebbero necessarie allo scopo di tranquillare Creta e impedirvi nuove insurrezioni. Dichiarai ancora che, quanto alla forma, mi rimettevo interamente a quanto proporrebbe lord Salisbury. L'ambasciatore si mostrò lietissimo delle mie dichiarazioni, soggiungendo, fra l'altro, che non aveva mai trovato un ministro con cui fosse così facile intendersi.

245

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 255. Roma, 2 febbraio 1890, ore 22,15.

Non avrei più fatto parlare a codesto Gabinetto degli affari di Creta se lord Salisbury non mi avesse fatto esprimere il suo desiderio di fare, d'accordo con noi e coll'Austria-Ungheria, pratiche presso la Sublime Porta, lasciando a me di decidere in quali termini. A lord Dufferin, venuto oggi a discorrere di ciò (1), ricordai il dispaccio di lord Salisbury del luglio 1878, in cui, parlando del Congresso di Berlino, Sua Signoria aveva detto esser quella l'ultima prova per la Turchia. Aggiunsi che, secondo me, conveniva nell'interesse della pace europea, consigliare amichevolmente e cordialmente il sultano a far quelle concessioni che parrebbero necessarie allo scopo di tranquillare Creta e impedirvi nuove insurrezioni. Dichiarai ancora che, quanto alla forma, mi rimettevo interamente a quanto proporrebbe lord Salisbury. L'ambasciatore si mostrò lietissimo delle mie dichiarazioni che ella può ripetere al conte Kalnoky.

(l) C!r. n. 244.

246

IL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 57. Lisbona, 3 febbraio 1890, ore 11,55 (per. ore 20,45).

Fui ricevuto dal ministro degli affari esteri, il quale mi disse essere cessata dimostrazione contro Inghilterra, che il Governo represse usando moderazione per non inasprire animi; ora che il Portogallo ha consentito pienamente alle domande inglesi, * essere sua intenzione chiedere Inghilterra accettare mediazione prevista articolo 12, atto generale Conferenza di Berlino. Governo portoghese non potrà mai negoziare solamente convenzione di limiti, ma occorregli soluzione imparziale completa. Insisté sulla necessità di un modo di soluzione dignitoso pel Portogallo nell'interesse delle istituzioni monarchiche che sarebbero scosse se il Paese rimane sotto il peso umiliazione. Pcrtogallo confida nel suo buon diritto e nell'equità Potenze che non possono sanzionare rifiuto ad una domanda di arbitrato. Esposi le cose dettemi da

V. E. al ministro, il quale ringraziò pel buon volere dimostrato dal Governo del re. Manifestazioni contro Inghilterra cessate, ma perdura irritazione. Prego

V. E. farmi conoscere il modo di vedere del R. Governo* (1).

247

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 441. Londra, 3 febbraio 1890, ore 22,15 (per. ore 0,20 del 3).

Mi riuscì interessante ed utile conoscere risposta di V. E. a lord Dufferin circa Candia (2). Domanda fatta a V. E. in nome di Salisbury, fu diretta negli stessi termini e simultaneamente a Berlino ed a Vienna. Il Gabinetto di Berlino rispose voler astenersi da qualsiasi pratica; Kalnoky dapprima rispose essere disposto ad associarsi all'Italia ed all'Inghilterra; poscia, in seguito a comunicazioni fattegli da Berlino, ha modificato la sua risposta. Attualmente Kalnoky crede sia da evitare un passo identico collettivo a Costantinopoli; ma che se l'Inghilterra farà delle osservazioni per mezzo del suo ambasciatore presso la Sublime Porta, tali osservazioni potranno essere sostenute da quelle che i Governi di Vienna e di Roma farebbero agli ambasciatori di Turchia presso ciascuno di loro accreditati. Salisbury sta esaminando risposte avute. Probabilmente risoluzione che egli prenderà sarà partecipata a

V. E. dall'ambasciatore d'Inghilterra a Roma (3).

15 --D0cunuuti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) -Il passo fra asterischi era giunto con vari punti indecifrabili; ne fu chiesta ripetizione che pervenne con T. riservato 61 del 5 febbraio. Per la risposta di Crispi cfr. n. 252. (2) -Cfr. n. 244. (3) -Cfr. n. 251.
248

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 56. Madrid, 4 febbraio 1890, ore 14,45 (per. ore 20,50).

Ricevetti telegramma relativo Marocco O). Appunto avantieri, avendo anche io avuto conoscenza di qualche cosa, interrogai confidenzialmente mio collega d'Inghilterra, col quale sono da lungo tempo legato. Egli, circa un mese fa, venne pure avvisato da Salisbury del progetto di permuta. In proposito Clare Ford interpellò subito ministro di Stato da cui ebbe formale promessa che non verrebbe mutato statu quo nel Marocco (2). Mi riservo vedere ulteriormente mio collega e trasmetterò più ampi particolari a V.E.

249

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 446. Vienna, 4 febbraio 1890, ore 23 (per. ore 0,05 del 5).

Avendo comunicato a Kalnoky contenuto del telegramma di V. E. sugli affari di Creta (3), questo ministro, dopo aver ricevuta una comunicazione identica da Paget mi scrive oggi quanto segue: « Paget essendo venuto a farmi una comunicazione identica alla vostra, gli ricordai la risposta da me data quando recentemente Crispi fece una proposta nello stesso senso. Aggiunsi che, pur non credendo al risultato pratico di un tale passo delle tre Potenze, il quale certamente irriterebbe molto il sultano come un incoraggiamento ai rivoltosi di Creta, tuttavia io non volevo separarmi dai due Gabinetti amici, e per conseguenza ero pronto ad associarmivi. Però chiamavo seriamente l'attenzione di Salisbury sulla forma per ferire il meno possibile i sentimenti del sultano. Quanto a me, continuava Kalnoky, credo esser più facile dare consigli di pacificazione che eseguirli, e contentare una popolazione, i cui capi sono irriconciliabili. Il Gabinetto di Berlino oppose alla proposta di Salisbury un rifiuto motivato: esso non vuole mettersi in contraddizione coll'attitudine presa ad Atene e Costantinopoli all'occasione del viaggio imperiale. Salisbury di cui attendo la risposta definitiva, mi ha fatto dire che egli non pensava ad una dichiarazione identica collettiva il che mi fa credere che egli cerchi una forma meno spiacevole per la Turchia».

T. -11 del 2 gennaio, non pubblicato.
(l) -Cfr. n. 243·. (2) -Analoga notizia, ricevuta dal collega Inglese, era stata comunicata da Cantagalli con (3) -Cfr. n. 245.
250

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO 69 (1). Roma, 5 febbraio 1890, ore 12,30.

Mi si dà a credere che il Governo francese abbia in animo di mandare il conte di Montebello ambasciatore presso S. M. il Re. Codesto individuo per la condotta finora tenuta si chiarì nemico nostro e non sarebbe degno successore del Mariani (2).

251

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

L. CONFIDENZIALE. Roma, 5 febbraio 1890 (per. il 6).

I dld not fail to inform lord Salisbury that Your Excellency was ready to join with the Governments of England and Austria in making to the Porte a communication concerning cretan affairs in the sense proposed by Her Majesty's Government.

I have now the honour to inform Your Excellency that I have recelved a communication from Her Majesty's Principal Secretary of State for Foreign Affairs to the effect that Her Majesty's Government propose for the present to suspend any further action in the matter as Her Majesty's ambassador at Constantinople has expressed his distinct opinion that the refusal of the German Government to participate in the proposed communication would deprive it of its anticipated useful effect on the Porte.

252

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO

T. RISERVATO 71. Roma, 6 febbraio 1890, ore 10,45.

Rispondo suoi telegrammi del tre e cinque (3). Governo italiano nulla ha da aggiungere dichiarazioni precedentemente fatte sul conflitto angloportoghese (4).

(l) -Minuta autografa. (2) -Per la risposta cfr. n. 254. (3) -Cfr. n. 246 e nota l allo stesso. (4) -Si pubblica qui il seguente appunto autografo di Crispi, privo di data: «Il Governo del re non avendo relazione alcuna col pontefice romano si manterrà per ora in un prudente
253

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 98. Massaua,, 6 febbraio 1890, ore 11 (per. ore 14).

Rispondo suo telegramma in data d'ieri (1). Ho Ietto a Makonnen le dichiarazioni di V.E. circa il confine; mi ha assicurato nuovamente che con quelle assicurazioni non vi ha dubbio che Menelik ratificherà convenzione addizionale. V.E. tenga conto di questa dichiarazione, come delle altre fatte da Makonnen specialmente quando telegrafò nell'ottobre a V.E. aver egli ricevuto da Menelik pieni poteri di accettare tutto quello che il Governo italiano avesse proposto. Circa erede trono Etiopia è cosa lontana. Nostri agenti potranno prepararlo; mancando questo, in ogni rivoluzione avremo sempre da guadagnare. Situazione presente delle cose richiede quello che V.E. sta facendo: allontanare diffidenze, stabilire nostra preponderanza con trattati. II Tigré è povero, non merita sacrificare grandi mezzi; sarebbe meglio impiegarli pel Sudan, servendosi dell'Etiopia come di alleata. V.E. non dubiti sulla venuta di Menelik nel Tigré; verrà senza dubbio. Oggi stesso vedrò il generale Orero in Debaroa.

254

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATISSIMO 64. Parigi, 6 febbraio 1890, ore 17,40 (per. ore 20).

Si dà per vero che l'ambasciata presso Sua Maestà fu proposta a Montebello (2) che è ancora qui; ma egli, che mira sempre a Londra, l'ha rifiutata. Mi si dice confidenzialmente da fonte sicura che il signor Spuller proporrà nel prossimo Consiglio dei ministri a successore di Mariani il signor Billot, ora ministro a Lisbona e prima, sotto il ministro Ferry, direttore degli affari politici. II signor Billot è uomo di incontestabile competenza, lavoratore, d'ottimi modi, versatissimo nelle questioni di politica coloniale e complice di Ferry nell'impresa del Tonchino, restò sempre devoto al suo capo.

riserbo. Dopo ché saranno esaurite le pratiche per la mediazione che il Gabinetto di Lisbona vorrà chiedere pel conflitto anglo-portoghese, vedrò se sia il caso dell'arbitrato e se l'Italia debba intromettersi per attenerlo>>.

(l) -T. coloniale riservato 87, non pubblicato, con cui Crispi comunicava di non voler oenere Adua ma solo dei confini che dessero sicurezza al nostri possedimenti. (2) -Risponde al n. 250.
255

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 70. Berlino, 8 febbraio 1890, ore 17,19 (per. ore 18,20).

Cancelliere mi ricevette iersera. Parlandomi, come il segretario di Stato (1), in sostegno del contegno di astensione adottato dal Governo imperiale nella vertenza anglo-portoghese, il principe di Bismarck persiste nell'avviso che convenga, per quanto almeno concerne Germania, di evitare a Londra ogni apparenza di pressione che potrebbe dispiacere a lord Salisbury ed indebolire posizione parlamentare di Sua Signoria. Un successore della tempra di Gladstone segnerebbe, a profitto della Francia, un progresso verso la repubblica, qualunque ne fosse la forma, il che costituirebbe pericolo assai maggiore per il principio monarchico, per il mantenimento della pace e per la Triplice Alleanza, che un trionfo eventuale della repubblica sia in Portogallo sia in Spagna. In tale stato di cose il Gabinetto di Berlino, dal canto suo, mantiene condotta strettamente riservata. Ciò non toglie, il dirlo riesce superfluo, che

V.E. rimane giudice se sia il caso, viste le nostre ottime relazioni coll'Inghilterra, ed evitando di lasciare, in modo qualunque, supporre che l'Italia agisca dopo previo concerto con Germania, di far, da noi soli, passi segreti per infondere nell'animo di lord Salisbury convenienza di risolvere amichevolmente dissidio. Ebbi cura di spiegarmi nel senso dei telegrammi di V.E. (2).

256

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 485. Pietroburgo, 9 febbraio 1890, ore 16,16 (per. ore 17,30).

Ambasciatore d'Austria-Ungheria, avendo ricevuto dal proprio Governo

notizia della protesta di V.E. contro la naturalizzazione degli emigrati al Brasile mi chiese se ne avessi conoscenza e mi disse confidenzialmente averne parlato con Giers in forma ufficiosa. Ambasciatore d'Austria-Ungheria rappresentò la pretesa Brasile come una «mostruosità piena d'inconvenienti dal punto di vista internazionale». Giers divide quell'opinione, e me ne parlò privatamente, dopo, in quel senso pur osservando che la Russia non è direttamente interessata, non avendo sudditi al Brasile.

(l) -Cfr. n. 213. (2) -Cfr. nn. 175, nota l, p. 107, 197 e 220.
257

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 76. Roma, 9 febbraio 1890, ore 16,30.

Gabinetto di Lisbona desidererebbe nostra mediazione nella questione anglo-portoghese (1). Non abbiamo ancora accettato, volendo anzitutto conoscere intenzioni Foreign Office rispetto nostra eventuale proposta in tal senso. La cosa è delicatissima e però faccio appello a tutta la sua prudenza ed esperienza per trovar modo, senza comprometterci, di scandagliare l'animo di lord Salisbury su tale argomento (2).

258

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (3)

T. COLONIALE RISERVATO PRECEDENZA ASSOLUTA 98 bis. Roma, 9 febbraio 1890 ore 18,30.

Provveda massima urgenza perché seguente telegramma raggiunga conte Antonelli: «Sappiamo per avere veduto con nostri occhi che re Menelik, violando articolo XVII Trattato 2 maggio 89, si è messo in relazione diretta colle Potenze europee. * Nella lettera che vedemmo indirizzata imperatore di Germania dopo avere commemorato suo glorioso predecessore Giovanni, annuncia sua incoronazione lamenta suo isolamento, chiede gli si aprano spiagge di mare per avere armi. * Lettera reca data 6 tesaz 82, corrispondente 14 dicembre 89 ~.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO

T. COLONIALE RISERVATO 98 ter. Roma, 9 febbraio 1890, ore 19.

Mandi subito Antonelli seguente telegramma: «Mio precedente telegramma (4) è per lei personale e deve soltanto servirle di norma negli atti che avrà da fare con solita sua prudenza ed avvedutezza».

(l) -Non sl è trovato un documento da cui risulti !n modo esplicito la richiesta del Governo portoghese d! mediazione ltallana. SI tenga comunque presente che una prima versione. mal decifrata, del n. 246 recava, anziché «essere sua Intenzione chiedere Inghilterra accettare mediazione», «essere sua Intenzione chiedere V. E. accettare mediazione ». (2) -Cfr. n. 260. (3) -Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 43 e !n LV 72, p. 3; 11 brano fra asterischi è edito anche In CRISPI, La prima guerra d'Africa, clt., p. 221. (4) -Cfr. n. 258.
260

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATISSIMO 71 (1). Londra, 10 febbraio 1890, ore 14,42 (per. ore 16,30).

Non ho perduto di vista affare anglo-portoghese e benché indirettamente, appunto per non pregiudicare posizione nostra, mi tenni informato dei pensieri qui dominanti. Mi è finora risultato che questo Governo ritiene che la questione sia chiusa. Esso la riaprirebbe soltanto qualora imprudentemente il Portogallo o le sue autorità a Mozambico si dimostrassero esitanti nell'eseguire completamente promesse fatte all'Inghilterra. Alla quasi unanimità del sentimento pubblico sul continente in favore del Portogallo rispose qui unanimità dell'opinione pubblica inglese in favore della politica di Salisbury. Non è prevedibile che questi, all'aprirsi della sessione parlamentare, voglia rinunziare alla forza che gliene deriva. È invece molto probabile che nelle prime discussioni il Gabinetto sia chiamato a fare qualche dichiarazione sopra quest'affare, poiché l'opinione pubblica inglese si è in varii modi dichiarata contraria a sottomettere ad arbitrato o mediazione una questione nella quale considera impegnati importanti interessi britannici. Salisbury venne a Londra una volta soltanto per poche ore e vi ritornerà oggi o domani, giorno dell'apertura del Parlamento. Mi lusingo ch'egli possa finalmente essere in grado di ricevere ambasciatori. Metterò ogni studio a scandagliare con cautela sue disposizioni, tenendo conto anche dell'atteggiamento dei Gabinetti a noi alleati che marcatamente evitano coll'Inghilterra qualunque cosa possa produrre nella medesima anche soltanto sfavorevole impressione (2).

261

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 302. Roma, 10 febbraio 1890, ore 18,25.

Constato con piacere che cancelliere divide nostra opinione circa decreto naturalizzazione emigrati al Brasile (3). Conoscendo non avere Russia interessi diretti col Brasile, credetti evitare chiedere suo concorso ad una protesta collettiva delle Potenze (4). Dal lato del diritto internazionale violato dal menzionato decreto appoggio Governo russo sarebbe utilissimo. Segue dispaccio (5).

(l) -Risponde al n. 257. (2) -Cfr. n. 269. (3) -Cfr. n. 256. (4) -Cfr. n. 142. (5) -Non pubblicato. Per il seguito della questione cfr. n. 306.
262

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN

L. 4636/17 (1). Roma, 10 febbraio 1890.

Con la lettera del 5 corrente (2) V.E. mi ha fatto l'onore di informarmi che il Governo di S.M. la Regina propone di sospendere pel momento ogni pratica, nel senso da noi accennato, presso la Sublime Porta, relativamente agli affari di Creta, perché il rifiuto del Governo germanico di partecipare a tali passi toglierebbe, anticipatamente, ai medesimi ogni utile effetto sulla Porta.

Prendo atto di questa comunicazione; ma non posso astenermi dall'osservare che l'attitudine del Gabinetto di Berllno, in questa occasione, non è nuova, poiché, in tutte le rimostranze che si credette di dover fare finora alla Porta il Governo germanico preferì rimanere sempre in seconda linea, !asciandone la iniziativa alle tre Potenze amiche, specialmente interessate nella questione d'Oriente.

Questa condotta fu osservata dalla Germania anche nella questione bulgara, rispetto alla quale agirono soltanto i Gabinetti di Londra, di Vienna e di Roma: ma il risultato fu, malgrado ciò, pienamente soddisfacente.

Tuttavia, mancando ora anche la partecipazione dell'Inghilterra alle pratiche proposte, il Governo del re si asterrà di fare altre osservazioni sugli affari di Candia, * con la speranza che i fatti non vengano a dimostrare il danno della nostra astensione* (3).

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 72/41. Costantinopoli, 10 febbraio 1890 (per. il 19).

Faccio seguito al mio rapporto n. 53/30 del 4 corrente (4). Gli ultimi scambi d'idee tra Londra e Vienna sull'opportunità di appoggiare le riserve fatte dall'Italia circa il firmano cretese non avrebbero, secondo le informazioni ricevute qui, approdato finora a risultati positivi. Il Gabinetto di Vienna si sarebbe dichiarato disposto a non separarsi dall'Inghilterra ove questa entrasse in tale via; ma a Londra sorsero difficoltà. Il Gabinetto britannico conside

rava il firmano e l'amnistia di Creta da un punto diverso dal nostro, cioè come atti d'ordine interno, sul merito dei quali lord Salisbury non credeva dover dirigere alla Porta altro appunto se non questo, che di fatto tali provvedimenti non avevano raggiunto il desiderato effetto di pacificazione. Ed il 7 corrente, come telegrafai a V.E. (1), sir W. White m'informava confidenzialmente che lord Salisbury avendolo personalmente interrogato sui risultati sperabili di passi nei quali l'Inghilterra si associasse all'Italia ed all'Austria-Ungheria per sottoporre a questo Governo l'osservazione ristretta sopra enunciata, egli aveva espresso l'opinione sua particolare che simili passi sarebbero inutili presso il sultano se la Germania vi rimanesse estranea.

Avendo io tenuto al mio collega d'Inghilterra un linguaggio conforme all'importante dispaccio di V.E. del 18 dicembre n. 277 (2), egli mi fu cortese delle seguenti spiegazioni sul proprio apprezzamento delle disposizioni di Sua Maestà Imperiale.

Il sultano è giunto all'attuale sua politica negativa attraverso quattro periodi storici successivi. Il primo, sul quale non occorrono commenti, fu quello della guerra turco-russa e del Congresso di Berlino. Il secondo fu caratterizzato dalla continuazione dell'alleanza dei tre Imperi, le cui orme furono dal sultano passivamente seguite, com'era inevitabile. Il terzo, inaugurato dalla riunione della Rumelia orientale alla Bulgaria indipendente dalla Russia, vide sorgere l'affermazione della comunanza di interessi tra l'Inghilterra, l'Italia, l'Austria-Ungheria e la Turchia per le autonomie balcaniche; affermazione che il sultano considera esser rimasta puramente teorica. Nel quarto periodo infine, che è il presente, incominciato colla visita dell'imperatore al sultano, la Germania, per l'abbandono del sistema d'indifferenza da essa professato fino allora verso la Turchia, ha assunto qui una posizione che ne rende necessaria la partecipazione a qualsiasi passo isolato o concertato delle altre tre Potenze, del quale si voglia seriamente la riuscita senza minacce o coazione. Tale, se ho ben inteso, è all'incirca l'apprezzamento dal quale il mio collega d'Inghilterra si è ispirato nel parere che ebbe ad esprimere per proprio conto, e senza consultarsi coi colleghi amici, a lord Salisbury.

Debbo anche, per non tralasciare nessuna utile informazione, aggiungere che i ministri del sultano affermano, in conversazioni private, che il programma delle autonomie, già posto a repentaglio nella penisola balcanica dall'abilità russa e dall'incertezza della politica austriaca, riceve l'ultimo colpo in Creta, ove l'autonomia più sconfinata non fece che giovare a chi, non curandosi di firmani nè di amnistie, vuole riunire quell'isola alla Grecia o p~rla sotto il protettorato di una Granll2 Potenza. In palazzo quelle Potenze che esigono in Armenia «persecuzioni giudiziarie contro i kurdi più fedeli » vengono denunziate come aventi scopi che si rivelano appieno in Creta, ove si rende la Porta responsabile di disordini fomentati dall'estero e facilitati da istituzioni anarchiche che si vogliono intangibili e che pur non sarebbero sopportate in nessuno Stato europeo. E la Porta ritiene vieppiù confermato dall'attuale andamento delle cose nella penisola balcanica, in Grecia ed in Creta.

l'antico assioma ottomano che <<ogni perdita della Turchia è guadagno della Russia».

Continuano ad ogni modo alla Porta previsioni pessimiste, benchè gelosamente dissimulate, circa l'esplosione in Creta d'una insurrezione prossima, i cui preparativi vengono segnalati non da Chakir pascià, il quale anzi fa rapporti favorevoli sulle condizioni dell'isola, a quanto almeno asserisce il gran visir, ma da Atene, ove risulterebbe che dai rifugiati anche amnistiati detta insurrezione viene organizzata ed annunziata apertamente, senza che la diplomazia apparisca prevederne le conseguenze per lo status quo della penisola balcanica e per l'equilibrio del Mediterraneo. Negli affari d'Egitto del 1882, l'apprezzamento delle Potenze, simile a quello d'oggi, riuscì a facilitare nella valle del Nilo il protettorato di una di esse; a che soluzione si va incontro in Creta?

Tali sono le segrete impressioni della Porta, rese più vive anche da una comunicazione che le fece ieri il signor di Nelidov, il quale chiamò verbalmente l'attenzione del Governo imperiale sulla questione di Creta che secondo le sue informazioni va sempre più aggravandosi.

P. S. Il rapporto del r. console a Canea del 3 febbraio (l) che sarà anche pervenuto direttamente all'E.V., e che mi giunge al momento della partenza di questo corriere, dimostra quali siano i mezzi coi quali da Atene si fomenta l'anarchia in Creta.

(l) -Questa lettera è stata redatta !n base a dettagliate istruzioni contenute in un appunto d! Pisani Dossi del 7 febbraio. Il passo fra asterischi è stato inserito da Crispi sulla mmuta in sostituzione del seguente: «sperando di essere in tempo d! produrle in seguito se gli avvenimenti non verranno a dimostrare essersi lasciato trascorrere il momento opportuno per prevenire !l pericolo e provvedere ». (2) -Cfr. n. 251. (3) -Comunicazione del contenuto di questo documento venne inviata a Tornielli e a Blanc con dispacci del 13 febbraio. (4) -Cfr. n. 298, nota 2. (l) -T. 471, trasmesso 1'8 febbraio, ore 1,42, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 138.
264

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 494. Madrid, 11 febbraio 1890, ore 12,30 (per. ore 15,35).

Ho potuto finalmente ottenere adesione Vega de Armijo proteste che con ltalia eventualmente farebbero Potenze contro naturalizzazione Brasile.

265

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 124. Massaua, 13 febbraio 1890, ore 12,30 (per. ore 14,10).

Giunto bene oggi 11 febbraio Adua. Attendo Sebhat per prendere accordi sulla via da fare. Re Menelik è partito da Borumieda il 6 gennaio diretto nel Tigrè. Sono sorpreso apprendere lettera Menelik all'imperatore di Germania (2). Credo sia intrigo di certo Ilg svizzero.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 258.
266

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 75. Londra, 13 febbraio 1890, ore 15,08 (per. ore 17 ).

Nella tornata d'jeri alla Camera dei Comuni, interpellato se il Governo abbia avuto proposte di sottomettere ad arbitrato questione col Portogallo, Fergusson rispose: «Governo portoghese ha suggerito il riferimento della materia in discussione ad un arbitrato, ma Governo di Sua Maestà considera tale procedimento non applicabile al caso:.>. Della mediazione finora nessuno ha parlato, e atto generale della Conferenza di Berlino non fu accennato da alcuno degli oratori che nelle due Camere parlarono dell'affare anglo-portoghese.

267

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 111. Roma, 13 febbraio 1890, ore 16,15.

Mandi Antonelli seguente telegramma urgente: «Non soltanto all'imperatore di Germania, ma anche al presidente della Repubblica francese il re Menelik ha notificato direttamente, per mezzo negoziante Savouré (2), sua assunzione al trono di Etiopia. * Avrebbe anche promesso trattare i francesi come gli italiani, domandato la costruzione di una ferrovia dai possedimenti francesi all'Harrar, fatto richiesta di armi ed altre proposte tra le quali quella di tornare ai rapporti iniziati sotto Luigi Filippo dal viaggiatore Rochet d'Héricourt. * Benchè siffatto atteggiamento possa renderei la nostra libertà, aspetteremo, prima di prendere risoluzioni, avere da lei precise informazioni. Tenga questo telegramma segreto).

268

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (3)

T. S.N. Roma, 13 febbraio 1890, ore 22,30.

Spedisca subito ad Antonelli seguente telegramma: «Comunicazione di Menelik (4) fu fatta a tutte le Potenze europee, non ad una sola. Non ne menzioni quindi nessuna specificatamente :.>.

(l) -Ed. in L'Italia in Ajrtca Etiopia -Jlilar Rosw, tomo VIII, cit., p. 51; con l'omissione del passo tra asterischi, in LV 72, p. 3. (2) -La notizia era stata comunicata da Menabrea con Rapporto dell'8 febbraio ed. in L'Italla in Africa, Etiopia-Mar Rosso, torno VIII, cit., pp. 44-50. (3) -Ed. in L'Italia tn Africa, Etiopia-Mar Rosso, torno VIII, cit., p. 51. (4) -Cfr. nn. 258 e 267.
269

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATISSIMO 81. Londra, 15 febbraio 1890, ore 22 (per. ore 6 del16).

Finalmente ho potuto abboccarmi con lord Salisbury che sopra affare anglo-portoghese si è mantenuto in gran riserbo. Contrariamente a ciò che appariva dal linguaggio dei sottosegretari di Stato, egli sembra ammettere affare debba dar luogo trattative ulteriori e pensa che nuovo ministro portoghese, arrivato a Londra ieri e che egli riceverà lunedì, gli sia apportatore qualche proposta che possa essere presa in esame. Relativamente risoluzione difficoltà mediante mediazione o arbitrato, Sua Signoria, pur non escludendo perentoriamente che vi si possa ricorrere, ha espresso pensiero che il Portogallo non si sia messo in condizione di poterli invocare. Egli accennava immediatamente dopo interessi analoghi che la Germania ha più al sud in quella regicne, ammettendo probabilità che anche l'Inghilterra arrivi concludere trattato col Portogallo, come la Germania e la Francia hanno fatto nel 1887. Impressione che io ho è la seguente: Salisbury desidera accomodamento col Portogallo, ma egli crede che il periodo trattative dirette tra Londra ed il Portogallo non sia chiuso; perciò ricorso che presentemente Portogallo facesse mediazione sarebbe probabilmente accolto qui come proposta intempestiva. Se ad arbitrato o mediazione si dovesse ricorrere accenno fatto da Sua Signoria alla Germania mi fa credere che questa Potenza sia preferita dall'Inghilterra ad ogni altra come arbitra o mediatrice.

270

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, AL CONTE ANTONELLI

T. PERSONALE S. N. Roma, 16 febbraio 1890, ore 15,30.

Lettera Menelik a Carnot reca data 29 luglio 89. Persuadi imperatore sua convenienza non giocare in doppia tripla partita. Non speri suoi maneggi possano rimanere nascosti. Italia pronta osservare lealmente trattato saprà sempre punire violazioni altrui. Ministro fa intanto sospendere invio fucili, munizioni, doni eccetera finché Menelik abbia dato prove garanzie sua sincerità. Avverto confidenzialmente che Savouré in suo rapporto segreto a Carnot ti accusa aver apposto falsi timbri trattati Menelik e Aussa. Procura categoriche dichiarazioni sovra verità bolli. Tieni gelosamente segreta fonte queste informazioni. Tua madre ricevette tue lettere e sta bene. Ti abbraccia insieme zio e desidera frequenti notizie.

271

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO 82. Roma, 16 febbraio 1890, ore 19.

Il Vaticano, per mezzo dei suoi nunzii a Vienna ed a Monaco, si adopera a persuadere codesto Governo imperiale perché inviti il papa a farsi rappresentare alla conferenza a cui daranno luogo i rescritti imperiali sulle questioni operaie. Sembra che il pontefice comprenda la difficoltà di ottenere codesto invito, ma desidera gli sia fatto per poter rispondere che non gli è possibile di intervenire in una conferenza alla quale prenderebbe parte l'Italia. È d'uopo riflettere che non avendo il papa potere civile non potrebbe praticamente applicare le risoluzioni della conferenza. L'opera sua non può dunque tendere ad altro scopo che a quello di ottenere una posizione diplomatica e valersene conseguentemente contro l'Italia. Di ciò la informo per sua norma e perchè voglia parlarne con segretario di Stato o col cancelliere (l).

272

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 86. Berlino, 18 febbraio 1890, ore 19 (per. ore 19,40).

Risposta al telegramma 16 febbraio (2). Da noi soltanto venne dato avviso riguardo a desiderio del papa di farsi rappresentare alla Conferenza di Berlino per questioni operaie. Vaticano non fece qui sino ad oggi passo qualunque né diretto né indiretto. Governo imperiale, per quanto lo concerne, non indagò terreno al Vaticano né ha intenzione mandargli invito. Segretario di Stato si spiegò oggi con me in questo senso (3).

273

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 137. Massaua, 18 febbraio 1890 (per. stesso giorno) (5).

Rispondo suoi due telegrammi (6) che ricevo senza indicazione data in Farasmai; essi si riferiscono comunicazioni fatte direttamente da Menelik

alle Potenze. Appena arrivato presso Sua Maestà non mancherò fare vivi rimproveri come già li feci a Makonnen che è irritato per il fatto che il re non si è servito di lui mentre era in Europa in qualità di ambasciatore. Tutto ciò conferma ipotesi trattarsi di intrighi promossi da persone che si approfittarono della inesperienza e buona fede di Menelik per fargli fare cosa poco corretta.

* Viaggio prosegue bene benché lentamente. Ras Alula è presso Abbiadi nel Tembien, in via di guarigione; suoi soldati sono tornati alle loro case. Oggi fu per noi giornata di riposo; domani è primo giorno quaresima abissina. Prendo via dell'Aramat. Spero il 25 arrivare in Makallè, ossia a due giornate da Seium, il più forte attualmente nel Tigrè. Viaggio con tutte precauzioni. *

(l) -Cfr. n. 272. (2) -Cfr. n. 271. (3) -Con T. 803 del 26 marzo i delegati alla Conferenza di Berlino, Boccardo ed Ellena comunicarono: <<Seduta oggi presidente lesse risposta papa lettera imperatore di Germania riguardo conferenza. Lettera concerne esclusivamente azione religiosa sopra questione sociale ». (4) -Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 51-52 e, con data 12 febbraio e l'omissione del passo fra asterischi, In LV 72, p. 4. (5) -Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo. (6) -Cfr. nn 267 e 268.
274

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 233/99. Berlino, 18 febbraio 1890 (per. tl 26).

Le prince de Bismarck persiste dans ses intenticns d'étre relevé de ses fonctions de président du Conseil des ministres en Prusse, pour ne conserver, comme tel a été le cas en 1873, que celles de chancelier. Il y a méme qui prétend qu'il vise à rentrer dans la vie privée. Le fait est qu'il existe des difficultés intimes qui se sont produites depuis l'avènement au tròne du jeune empereur. Il n'a plus la méme omnipotence. Il n'est plus l'arbitre de la situation. Guillaume II lui gagne la main. Le prince aurait le sentiment que le souverain vise à devenir son propre chancelier, et que mieux vaudrait peutétre se retirer bientòt complètement des affaires. Il faut espérer que ce n'est qu'une impression passagère, à la suite surtout des rescrits impériaux émanés contre son avis, et que Son Altesse restera dans les conseils de la Couronne le personnage le plus considérable de la Prusse et de l'Allemagne, dont il a renouvelé la fortune par l'autorité de son esprit, par sa hardiesse et pas ses servi c es.

275

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 195/126. Londra, 19 febbraio 1890 (per. il 27).

Nella conversazione che io ebbi, il giorno 15 corrente, con lord Salisbury, ho portato il discorso sovra i lavori che si fanno a Biserta ed ai quali per

ultimo si riferisce il dispaccio n. 3935/52 del 5 febbraio (l) indirizzatomi da

V.E.

Trovai che Sua Signoria era stata informata dei colloqui che, a parecchie riprese, io avea avuto con i sottosegretari di Stato al Foreign Office durante il tempo in cui, per malattia, il ministro ne era stato assente. Si trattava mi disse lord Salisbury di lavori che per ora non aveano molta importanza. Si stava scavando un canale; ma prima che Biserta sia trasformata in una piazza o arsenale marittimo, ben altri lavori sarebbero da intraprendersi ed il loro costo enorme può ragionevolmente far pensare che quei lavori la Francia non eseguirà. In questa considerazione della spesa Sua Signoria trova la miglior ragione per credere attualmente infondate le apprensioni che i lavori, ora in corso a Biserta, potrebbero altrimenti far nascere. Sua Signoria non dimostrò alcuna premura di continuare il discorso sovra questo soggetto che io ripiglierò tuttavia altra volta affinché egli conosca che esso è per noi di primissimo interesse e da noi giudicato degno di fissare fin d'ora l'attenzione dei Governi ai quali importa non siano turbate le condizioni di equilibrio delle forze nel Mediterraneo.

276

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 198/129. Londra, 19 febbraio 1890 (per. il 27).

Ringrazio vivamente V.E. per avermi informato della comunicazione di lord Dufferin (2) dalla quale le è risultato ciò che dal mio carteggio era già preveduto, che cioè il Governo della regina, per ora almeno, si sarebbe astenuto dal fare pratiche presso la Porta ottomana nell'interesse della pacificazione delle popolazioni candiate.

Le considerazioni di V.E. relativamente all'astensione della Germania, fatto non nuovo, trattandosi di difficoltà interne della Turchia, sono giustissime. Ritengo che la ragione per lord Salisbury di non accostarsi definitivamente al modo di vedere di V.E. in questa circostanza, sia da vedersi nel contegno assunto dall'Austria-Ungheria fin dal momento in cui qui si è saputo che qualche pratica era stata fatta dall'incaricato d'affari d'Italia a Costantinopoli. Il conte Kalnoky, all'ultima ora, fece sentire a Londra che qualora il Gabinetto inglese decidesse di fare delle osservazioni a Costantinopoli, quello di Vienna non si ricuserebbe di seguirlo. Ma lord Salisbury era stato diggià avvisato dalle precedenti comunicazioni che l'Austria-Ungheria in quest'affare era di un'opinione diversa dalla nostra e ci avrebbe seguito non di buon grado, uni

\ll Non pubblicato: comunicazione di un rapporto del 21 gennaio da Tunisi sui lavori al lago di Biserta.

camente per non separarsi dall'Inghilterra in un affare concernente la situazione in Oriente.

Se l'occasione mi si presenterà, terrò conto, nell'esprimermi con lord Salisbury, di ciò che V.E. mi ha scritto nel dispaccio al quale con questo ho l'onore di rispondere (1).

(2) Cfr. n. 251.

277

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

L. RISERVATA PERSONALE. Bucarest, 19 febbraio 1890.

Profitto di una occasione sicura per farle giungere la presente a mezzo del conte Nigra.

La recente cospirazione bulgara, andata fortunatamente a vuoto, allarmò oltremodo questo Governo, a segno tale che in un consiglio presieduto dal re, si agitò la questione d'inviare de' rinforzi di truppa sul confine orientale. Sua Maestà vi si oppose facendo osservare che le circostanze non eran poi così gravi, per giustificare una misura che avrebbe probabilmente destato sospetti esagerati e turbato quella corrente di pace che aleggia oggi sull'Europa. Subito dopo, il generale Mano (presidente del Consiglio) chiese al sovrano se, in caso di minacce russe, la Romania potea contare sull'appoggio dell'Austria, ed il re rispose francamente che lo credea, purché il suo Governo provvedesse energicamente alla sorveglianza del confine e seguisse all'interno una politica favorevole agl'interessi austro-ungarici.

È ben possibile che la preoccupazione del Governo sia schietta e leale, ma, ad ogni modo, non potrebbesi mettere in disparte la curiosità che lo rode in ordine alla esistenza o meno di un patto tra re Carlo e la Triplice Alleanza. Il generale Mano ed il signor Lahovary ne sono convinti, ma vorrebbero averne una pruova materiale.

A questo proposito, Sua Maestà stima più prudente perseverare nel segreto, ma sarebbe forse da chiedersi se, in presenza di pericoli che minacciano la pace in Candia ed in Bulgaria e tenendo conto della onestà proverbiale dei signori Mano e Rosetti (ministro attuale della giustizia e presidente del penultimo ministero, giunimisti), non sarebbe opportuno di porre queste persone al corrente di quanto esiste. Si noti eziandio che, in tal caso, il loro implicito concorso non potrebbe venir meno pel fatto stesso di continuare a detenere il potere che niuna manovra parlamentare saprebbe oggi loro contendere. Oggi la confidenza sarebbe pruova di fiducia e li lusingherebbe, mentre, all'ultimo momento, l'ineluttabile necessità potrebbe offuscarli.

I miei due colleghi sono per l'affermativa; bramerei sovra tutto conoscere il pensiero dell'E.V. (2).

(l) -D. 5052/67 del 13 febbraio (cfr. n. 262. nota 3). (2) -Per la risposta cfr. n. 327.
278

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO SEGRETO 88. Roma, 20 febbraio 1890, ore 17,15.

Prego V.E. favorirmi il suo autorevole parere circa la scelta che il Governo francese intenderebbe fare nella persona del signor Billot per il posto di ambasciatore a Roma (1).

279

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 564. Pera, 21 febbraio 1890, ore 11,32 (per. ore 23,20).

Il commissario ottomano a Sofia ha scritto al gran visir che Stambuloff l'ha pregato di chiamare definitivamente l'attenzione del sultano sulla necessità di riconoscere l'attuale Governo della Bulgaria unita. Il gran visir ne riferì al sultano, il quale domandò se vi è probabilità che la Russia accetti il riconoscimento del principe Ferdinando o che le altre Potenze ammettessero un principe accetto alla Russia. Il gran visir avendo risposto negativamente al sultano, questi fece sospendere ogni risposta alla entratura bulgara.

280

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, CORVETTO, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. S.N. Roma, 21 febbraio 1890, ore 11,45.

Presidente del Consiglio e ministro guerra ritengono non debbansi in verun modo stuzzicare provocare dervisch. Epperò ella astengasi assolutamente operazioni proposte suo 210 (3). Si guardi bene dalla parte di Keren. Sul «Polcevera :. mandi in Italia ben custoditi tre condannati tribunale 11 corrente. Accusi ricevuta.

16 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

(l) Per la risposta cfr. n. 281.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 52.

(3) Ibid.: proposta di inviare un battaglione indigeno ad occupare Nacfa.

281

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO SEGRETO 93. Parigi, 21 febbraio 1890, ore 15,16 (per. ore 18).

Con telegramma 5 corrente (l) indicai per sommi capi ciò che mi è

noto delle qualità del signor Billot. La sua scelta mi pare ispirata da buone intenzioni ed è certamente preferibile a quella d'altro candidato. Era in predicato come uomo del mestiere ed ammaestrato dall'esperienza. Giova sperare che il signor Billot saprà dar prova di animo conciliante quantunque da taluno gli si attribuisca un carattere tenace ed ostinato. Ad ogni modo sarà utile che V.E. interpelli, a riguardo suo e della sua famiglia, anche il r. ministro a Lisbona che ebbe campo a bene conoscerlo. Se poi V.E. avesse in animo di accordare il suo gradimento stimerei opportuno di notificarlo col minore indugio possibile.

282

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 210/140. Londra, 21 febbraio 1890 (per. il 27).

Al mio primo giungere in questa residenza e dopo di aver avuto un abboccamento col signor dottor Schnitzler, direttore dell'agenzia Reuter, scrissi a

V.E. un rapporto (n. 2812/1148 27 novembre 89) (2) circa l'opportunità di aumentare le comunicazioni telegrafiche italiane nella stampa periodica inglese. Quel mio rapporto essendo rimasto senza risposta, io non mi troverei in verità incoraggiato a ripigliare questo soggetto nel mio carteggio se a ciò non fossi indotto dal sentimento del dovere.

Ho desiderato lasciar trascorrere qualche settimana dopo l'attuazione dei nuovi accordi con l'agenzia Reuter per vedere se un miglioramento ne fosse risultato. Ma non solamente il miglioramento che io aspettava dai nuovi accordi non si è prodotto, ma da qualche tempo ho potuto osservare che la scarsità delle notizie italiane nei grandi giornali inglesi è andata sempre più accentuandosi.

I giornali di Parigi ricevono un numero d'informazioni molto superiore, 1 loro corrispondenti sono attivissimi e l'opinione inglese si forma quasi esclusivamente sovra quei giornali delle tendenze de' quali non compete a me di parlare.

Negli ultimi tempi V.E. ebbe occaf'ione dì fare importanti dichiarazioni nel corso dei dibattiti parlamentari cosi per affermare l'autorità del Governo, come per indicare il suo indirizzo politico in questioni d'interesse generale europeo. Nessuna notizia telegrafica ne fu trasmessa alla agenzia Reuter.

Nella pagina del Times consacrata alle informazioni che dall'estero sono trasmesse dai corrispondenti speciali, la rubrica Italia è quasi totalmente scomparsa. Figurano bensì di quando in quando talune corrispondenze da Napoli le quali, generalizzando ciò che purtroppo nella locale amministrazione di quella città vi è di meno corretto, tendono a far credere all'esistenza, in tutta l'Italia, di uno stato di cose che fortunatamente non è conforme al vero. Una sola volta ho trovato sul Times un articolo sulla finanza italiana, al quale però era stata conservata una struttura apologistica completamente fuori d'armonia con le consuetudini del giornale e quell'articolo era infatti stato relegato nei fogli dove si pubblicano i comunicati tanto numerosi in quel diario anche per parte dì privati cittadini.

Debbo poi chiamare l'attenzione di V.E. sovra una circostanza speciale. I giornali inglesi pubblicano da qualche tempo delle notizie sulle cose di Candia che sono di evidente fattura dei comitati greci. Quelle notizie sono, insieme a qualche accenno di ciò che avviene in Vaticano, le sole che portano la data di Roma. Non credo giovi alla politica nostra in questo Paese il vedere le notizie cretesi passare per Roma quasi che da noi vi fosse un interesse speciale di farne la propaganda in tutta l'Europa. Il certo è che può sembrare singolare che, mentre sovra le cose nostre teniamo il più profondo silenzio, la data di Roma si trovi quasi quotidianamente sovra i telegrammi relativi alle cose cretesi.

Così stando le cose, non deve recare sorpresa lo sviamento della pubblica opinione in Londra nel giudizio delle condizioni presenti dell'Italia. Coloro che delle situazioni politiche dei vari Stati si occupano dal punto di vista degli affari finanziari, si palesano mal impressionati. Non ho prove per dire che essi prendano le !oro impressioni piuttosto qua che là. Ma osservo i fatti. Nulla essendo stato detto qui in tempo alla stampa relativamente alla dissoluzione dell'amministrazione dei Banchi di Napoli e di Sicilia, questo fatto ha ricevuto in autorevoli giornali di Londra la più rincrescevole interpretazione. Nel Financial News periodico dei più stimati nel mondo della City è comparso il 17 di questo mese l'articolo che qui unisco in versione italiana (1). Ieri l'onorevole senatore Consiglio, con suo telegramma da Napoli, mi segnalava la notizia comparsa nello Statist del fallimento del Banco. Mandai una solenne smentita all'agenzia Reuter la quale non poté pubblicarla nei suoi telegrammi testualmente, essendo contrario alla sua consuetudine il dare ciò che non sia un semplice annunzio di un fatto. Tuttavia qualche cosa è comparsa e qualch'altra sarà aggiunta oggi o domani. Ma il certo è che se dell'esito della discussione che si è fatta in Italia sovra il provvedimento governativo relativo ai due Banchi, l'agenzia telegrafica italiana avesse dato qui

165 la nota giusta, non avrebbero trovato posto, in giornali finanziari autorevoli, notizie che, anche dopo la smentita, lasciano impressioni non favorevoli.

Non spetta a me d'indicare il rimedio. Forse eccedetti il limite delle mie attribuzioni permettendomi, nel rapporto delli 27 novembre, taluni suggerimenti. Ma di certo entra nel mio compito di non lasciar ignorare a V.E. le condizioni presenti della pubblicità relativa alle cose italiane in questo Paese.

Il direttore dell'agenzia Reuter mi disse di essere stato sollecitato a trasmettere all'agenzia Stefani tutte le informazioni relative alle cose d'Italia, alla colonia nostra in Londra ecc. Ho promesso al dottor Schnitzler il mio volenteroso concorso. Ma a me pare che vi sia in questo servizio delle agenzie telegrafiche qualche cosa da correggere e che interessa il nostro Paese ad un supremo grado. Epperciò ne scrivo a V.E. in questo mio confidenziale rapporto.

(l) -Cfr. n. 254, in realtà del 6 febbraio. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubbllcato.

283

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO

T. COLONIALE RISERVATO 120. Roma, 22 febbraio 1890, ore 11,45.

Sorvegli attentamente invio dei telegrammi di natura giornalistica e impedisca che abbiano corso quelli che contengono notizie allarmanti o tendenziose. Il corrispondente della Tribuna ha potuto ieri spedire notizie sui movimenti dei dervisci che, quantunque non contrarie a noi, possono ingenerare ingiustificate apprensioni. Raccomando massimo rigore.

284

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO SEGRETISSIMO 90. Roma, 22 febbraio 1890, ore 17.

Avevo prevenuto il suo suggerimento {l) interrogando Collobiano (2). Ecco la di lui risposta: «Il signor Billot si professa apertamente opportunista seguace dell'idee di Ferry circa politica estera, colto, modesto, dotato di tatto e di modi assai cortesi. Egli è fortemente imbevuto dei suoi principi e delle tradizioni dominanti al Ministero degli affari esteri francese e quindi anche dei pregiudizi colà esistenti verso l'Italia. È meticoloso nella trattazione degli affari. Per questi motivi non parmi la persona più adatta per ambasciatore di Francia a Roma (3) ». Desidero ora conoscere il parere autorevolissimo di V.E. (4).

(l) -Cfr. n. 281. (2) -T. riservato 86 del 20 febbraio, non pubblicato. (3) -T. riservato segretissimo 94 del 21 febbraio. (4) -Cfr. n. 285.
285

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI

T. RISERVATO SEGRETO 97. Parigi, 24 febbraio 1890, ore 18,05 (per. ore 18,30).

Questa mattina vidi Spuller a cui dissi che V. E. aveva apprezzato la di lui intenzione di destinare a Roma un ambasciatore che le fosse gradito ed atto a sviluppare buoni rapporti tra i due Paesi, che essendo io chiamate a dare il mio avviso sulla proposta del signor Billot, era debito mio esporre qualche esitazione a di lui riguardo; mentre io riconosceva tutte le belle e solide qualità che distinguono il signor Billot si poteva avere qualche apprensione per effetto delle di lui spiccate tendenze alla politica estera del signor Ferry, al suo ossequio a tradizioni di procedura non sempre corretta ed amichevole verso l'Italia e del suo modo poco elastico e meticoloso di trattare gli affari. Il signor Spuller mi rispose che mentre accettava tutto il bene che io diceva del signor Billot egli non ammetteva gli appunti che gli si facevano; disciplinato come egli è non farebbe altra politica se non quella del suo ministro e porterebbe all'Italia i sentimenti stessi che egli, Spuller, nutre per essa. Il signor Spuller si portò garante per il suo candidato e terminò col dirmi che, fra tutti gli uomini atti a quell'alta carica di ambasciatore egli non vedeva un altro più del signor Billot adatto al posto di Roma; che se però V. E. avesse qualcuno preferibile da indicare egli sarebbe disposto a prendere in considerazione un tale suggerimento. Ciò essendo, se V.E. non crede di poter proporre un altro personaggio converrà contentarsi del signor Billot per non incorrere il pericolo di cadere in una scelta meno bucna (1).

286

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO

T. COLONIALE RISERVATO 125. Roma, 25 febbraio 1890, ore 17,15.

R. agente al Cairo telegrafa quanto segue: «Governo egiziano dice cannoniera italiana sta trattando Suakin con capo tribù Hadendoa promettendo sussidi e protezione per avere suo appoggio. Lo stesso si farebbe a Trinkitat. Governo lamentandosi di questo fatto segnalatogli da suoi funzionari ha ordinato impedire partenza capo tribù che dovrebbe imbarcarsi oggi con sua gente per Massaua:. (2). Per quanto mi riesca incomprensibile simile co

municazione desidero su di essa immediata risposta telegrafica da V.E. non potendo ammettere che trattative di tale importanza siensi potute iniziare senza preventiva autorizzazione di questo ministero (1).

(1) -Per la risposta di Crispi cfr. n. 287. (2) -T. coloniale riservato 151 pari data, ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 54.
287

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 400. Roma, 25 febbraio 1890, ore 18.

Voglia far conoscere al signor Spuller che S.M. il Re ed il suo Governo accettano la scelta del signor Billot ad ambasciatore di Francia in Roma. Ci auguriamo di trovare in lui sentimenti che rispondano ai nostri. Debbo però notare confidenzialmente che in una conversazione privata il signor Billot si esprimeva testé con una certa sfiducia circa all'efficacia dei suoi sforzi pel riavvicinamento dei due Paesi, segnatamente in materia commerciale, sebbene dichiarasse che avrebbe posto ogni impegno per riuscire.

288

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 127. Roma, 25 febbraio 1890, ore 18,15.

Smentisca e faccia smentire categoricamente voci intorno ad una nostra azione su Kassala (2). Esse non hanno alcun fondamento e provengono da gente interessata a suscitare diffidenze fra Italia e Inghilterra.

289

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETI'I

D. RISERVATO 6509/49. Roma, 25 febbraio 1890.

Il Peterburski Listok ed il Moskowski Viedomosti hanno testé riferito che il Governo russo aveva mandato poco tempo fa in Abissinia una persona

di fiducia colla missione di studiare le condizioni del Paese. Questa persona recentemente ritornata in patria avrebbe presentato un rapporto, in seguito al quale il Governo imperiale sarebbe venuto nell'intenzicne di creare un consolato in Abissinia e mandarvi una missione religiosa. Per quest'ultima, soggiungono i suddetti giornali fu scelto l'arcidiacono Kliment (al secolo Costantino Vemikowsky} allievo uscente dell'accademia ecclesiastica. Il console e la missione religiosa partirebbero nella prossima primavera.

Prego cotesta r. ambasciata di voler opportunamente accertare l'esattezza di tali notizie e riferirmene. V.E. deve por mente che l'Etiopia è ormai la nostra corda sensibile e che il R. Governo non si lascerà strappare di mano da chicchessia il frutto della sua politica coloniale. Le sarò quindi grato se vorrà osservare attentamente non solo i maneggi di cotesto Governo, ma anche quelli delle agenzie panslaviste e del Binodo.

Del resto ho appena bisogno di dirle che se la nomina del console russo fosse davvero decisa darebbe luogo a serie complicazioni qualora non fosse fatta dal Governo imperiale in conformità dell'articolo 17 del trattato italoetiopico che il R. Governo ha notificato a tutte le Potenze e sul quale non è disposto a transigere. Allo stato delle cose però sarebbe prematura una dichiarazione in tal senso alla Cancelleria imperiale, e V.E. dovrà soltanto limitarsi a verificare l'esattezza della notizia suddetta (1}.

(l) -Cossato rispose con T. coloniale riservato 153 del 26 febbraio, non pubblicato, in modo 1nterlocutor!o perché Orero era fuori sede, !n marcia su Keren. (2) -Cfr. n. 294.
290

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 225/148. Londra, 25 febbraio 1890 (per. il 28).

Nelle prime tornate del Parlamento un accenno è stato fatto alla missione che il Governo inglese tiene in questo momento presso il Vaticano. Ne risultava che tale missione avea uno scopo speciale relativo al regolamento di cose religiose a Malta.

Alla Camera dei Comuni ieri fu ripigliato questo soggetto di discussione da sir G. Campbell il quale chiese al sottosegretario di Stato se la nomina di un inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso il papa per trattare faccende ecclesiastiche relative all'isola di Malta, era in qualche modo connessa con il desiderio del papa ad avere un trattamento diplomatico

(to be treaded with diplomatically) quasi che egli fosse un sovrano temporale. E l'onorevole Campbell esprimeva pure il desiderio di sapere per qual motivo l'attuale ministro degli affari esteri, con quella nomina, si era messo in una via che il Paese avea per molto tempo ricusato di adottare.

La risposta di sir J. Fergusson fu in senso di negare che alla nomina di sir Lintorn Simmons per una missione speciale, risguardante materia concernente il benessere della popolazione maltese, si dovesse dare il significato dal signor Campbell indicato. Il sottosegretario di Stato ha inoltre osservato che siffatta missione straordinaria non era in contraddizione con la politica precedente di astenersi dal nominare un rappresentante permanente della regina presso il Vaticano.

Replicò sir G. Campbell meravigliandosi che, per affare di cosi poca importanza, fosse stato mandato al papa un personaggio di così alto rango. Ed il sottosegretario di Stato, a siffatta replica, diede una risposta che, a parer mio, merita di essere attentamente presa in considerazione.

Sir J. Fergusson si espresse in questi precisi termini: «quando saranno trattati gli oggetti in questione e saranno i medesimi presentati al Parlamento, ciò che si farà appena si sia pervenuti a conclusione circa i medesimi, l'onorevole baronetto vedrà che quelli non sono privi d'importanza, considerata la estensione dell'isola alla quale essi si riferiscono:$,

La discussione rimase chiusa dopo questa dichiarazione dell'oratore del Governo.

~ logico domandarsi quali possano essere i soggetti d'incontestablle importanza che sir Lintorn Simmons è incaricato di trattare con n Vaticano. E non è facile indovinare quale soggetto relativo alla situazione del clero in Malta possa assumere un interesse sufficiente perché il Parlamento possa non dubitare dell'importanza del medesimo.

Parecchi mesi or sono, mentre le Camere inglesi erano chiuse, si vide comparire in alcuni diari non so bene se d'Inghilterra o del continente, una notizia che non rammento aver veduto smentita. Si disse allora che sir Lintorn Simmons tenAsse l'incarico di con~eguire che l'autorità eniscopale dell'arcivescovo di Malta si estendesse sovra tutto il clero cattolico in Africa. Cosi, come era data, la notizia non poteva sembrare verosimile poiché sarebbe contrario a tutto l'ordinamento della Chiesa cattolica che il vescovo di Malta estenda la sua giurisdizione sovra il clero di missione che dalla Congregazione di Propaganda dipende direttamente. Ma, allorché la passione politica s'intromette in cose alle quali ben diversi criteri dovrebbero dare indirizzo e guida, anche gli ordinamenti tradizionali e più rispettabili potrebbero soffrire alterazione, sicché non può riuscire totalmente superfluo Io esaminare se veramente qualche tentativo sia stato fatto per ridurre in mano del vescovo di Malta la direzione delle missioni cattoliche in talune contrade africane.

Gli elementi nazionali dei quali si compongono ormai la massima parte delle missioni cattoliche non possono simpatizzare con l'Inghilterra. I mis

sionari francesi, belgi, irlandesi, non costituiscono per l'Inghilterra una forza, ma piuttosto una difficoltà permanente. Il tentativo per parte del Governo britannico di riordinare con elementi diversi le missioni di Africa, è facile a spiegare. Ma quali potrebbero più tardi essere le conseguenze per gli altri Paesi che hanno possedimenti e debbono esercitare influenza nelle remote contrade africane, se in ogni stazione di missionari non solamente protestanti, ma anche cattolici, si dovrà vedere l'avanguardia od il nucleo dei vessilliferi inglesi?

Mi pare questo un soggetto che era mio dovere mettere sotto gli occhi di V.E. Il R. Governo avrà mezzi che a me mancano sia per sapere che cosa di veramente importante stia trattando l'inviato inglese presso il Vaticano che per vedere se nulla di contrario agli interessi nostri in Africa sia per riuscire da quel negoziato.

(l) Marochettl rispose con n R. riservato 116/61 del 10 marzo di eu! sl pubbl!ca n passo seguente: «Non dobbiamo Illuderci; n Santo Slnodo continuerà certamente la propaganda rel!giosa in quelle regioni e forse la renderà più attiva, malgrado gli sforzi che potrà fare n signor de Glers perché non si estenda troppo nel campo politico. Ma non dobbiamo neanche fare! 1llus!one circa l'Influenza che può avere l'azione moderatrice del signor de G!ers sull'animo dello czRr, In opposizione a quella ben più possente del procuratore del Santo S!nodo, Pobedonotzeff il solo Ispiratore, come lo sa l'E. V., delle risoluzioni pol!t!co-rel!glose d! Sua Maestà ». Cfr. anche quanto Marochett! riferì con 11 R. riservato 143/74 del 14 marzo: «n cancelliere ed Il procuratore del Santo S!nodo stanno esitando a dare corpo al loro progetto appenaabbozzato, cui vuols! estraneo il Governo russo, Intimiditi appunto dall'Influenza che sentono l'Italia avere preso sull'animo di Menellk ».

291

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 131. Roma, 26 febbraio 1890, ore 11,55.

Il Governo ha fiducia in lei, ma l'azione nostra in Africa non può essere isolata e bisogna procedere, per quanto si riferisce al Sudan, d'accordo coll'Inghilterra. Incaricherò persona di mia fiducia a Londra perchè stabilisca con lord Salisbury quanto occorre nell'interesse delle due Nazioni. Non solo bisogna renderei amici coi rappresentanti inglesi nell'Egitto e a Suakin, ma prevenire perchè a Londra non sorgano diffidenze e non si alimentino gelosie contro di noi. Aspetti dunque una mia parola su questo argomento.

292

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 133. Roma, 26 febbraio 1890, ore 16,35.

Faccia proseguire per Antonelli seguente telegramma: «Ottenga da Menelik che i nostri plenipotenziari alla Conferenza di Bruxelles siano autorizzati a rappresentarlo ed a firmare in nome della Maestà Sua. Osservi al re

che in detta conferenza sono rappresentate tutte le Potenze europee, compreso il sultano di Costantinopoli, più il sovrano della Persia ed il sultano di Zanzibar. Attendo risposta affermativa col più rapido mezzo (l) ».

(l) -Ed. tn L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 55. (2) -Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 224 e in LV 72, p. 4.
293

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 134. Roma, 26 febbraio 1890, ore 17,45.

Faccia proseguire ad Antonelli seguente telegramma. « Personale per lei. La convenienza che Menelik si faccia rappresentare dai nostri plenipotenziarii a Bruxelles è evidente. Egli prende parte per la prima volta ad un atto di diritto pubblico mondiale e si sottrae come parte contraente alle limitazioni chi si vuole imporre al commercio delle armi nell'interno dell'Africa. * Si valga però con molta riserva e solo in caso di necessità di quest'ultimo argo:rnento *.

294

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 154. Londra, 26 febbraio 1890, ore 19,55 (per. ore 21,20).

Lo Standard pubblica smentita telegrafica nostra azione verso il Sudan. Altro telegramma di categorica smentita fu da me comunicato ieri notte all'agenzia Reuter, ma questa ha ricevuto dal Cairo altro telegramma confermando passi fatti dagli italiani in quella direzione; e l'agenzia ha saputo qui che l'ambasciatore d'Inghilterra ha fatto conoscere a V.E. che i passi in quella direzione dispiacciono all'Inghilterra. Spero che l'agente della Reuter si asterrà dal pubblicare il telegramma dal Cairo e di far uso della notizia avuta. Fin da parecchie settimane or sono si è potuto vedere, a proposito di Agig, dal linguaggio dei giornali inglesi, la importanza che qui si annetteva a queste cose. Mi permisi di suggerire a V.E. che ordini precisi fossero dati alle -nostre navi nel senso di astenersi da tutto ciò che può suscitare l'opinione pubblica inglese contro la nostra azione in Africa. Se, come da fonte britannica si pretende, quegli ordini non fossero stati eseguiti, riterrei indispensabile che l'azione individuale sia prontamente sconfessata.

o) Per la risposta cfr. n. 334.

(2) Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in LV 72, p. 5.

295

ACHILLE DE LAUZIÈRES AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE. Parigi, 26 febbraio 1890.

(Che l'indulgenza, consigliata dalla vecchia amicizia, abbia o no attenuato la giusta severità, scriverò ancora a quando a quando, come gradevole espiazione dell'errore commesso).

Prima d'ogni altro, qualche parola sulla stampa: Non teniam conto degli organi minori, e tra questi, senza parlare della turba, metto anche le Temps, les Débats, le Matin, le Gaulois. In quanto al Siècle, è come non fosse.

I due più importanti non pel loro valore ma per la loro pubblicità sono, checché ne pensiate, le Figaro e le Petit Journal, quello per la gente agiata, questo per la borghesia ed il popolo. Vi dissi che tira a più d'un milione.

E' più difficile far tacere Jacques St. Cère (Rosenthal) infeodato, interessatamente, al Vaticano epperò ostile al Quirinale. Ma si può controbilanciare la sua ostilità sistematica con la corrispondenza bimensuale romana dello stesso giornale.

Questa è assai letta; è fatta da Ziegler (il genero del fotografo Lelieur) il quale è un buon diavolo, ma ha l'orecchio del cardinalume. Sarebbe forse utile di fargli parlare, perché metta un po' d'acqua (non benedetta) nel suo vino. Cosi diminuirà di molto l'effetto delle diatribe dello scrittore screditato

(Jacques St. Cère).

A Roma, gli feci osservare che tuffava troppo la penna nell'acqua santa. Se ne difese; ma soggiunse che s'era presentato al ministero, senza attenerne mai un'udienza. Inde il rancore. Il signor Ressman, cui ne feci parola, m'impegnò ad occuparmene, ma non potrei farlo che a voce; e sarebbe altrimenti utile che si facesse da costà.

In quanto al Petit Journal, altravolta accanito contro l'Italia (a causa del trattato di commercio) è ora tutt'altro. L'evoluzione è fatta e continuerà. Di essa magna pars fui, senza falsa modestia.

Forse quando la presente sarà sotto i vostri occhi, il successore del Mariani sarà stato nominato. Quanti nomi sono stati messi innanzi! E quanti ambiscono quel posto! Il Billot tiene la corda. Se gli si fa qualche opposizione qui, è per lo Spuller, a cui gli arrabbiati rimproverano le simpatie per l'Italia. Ed il rimprovero non è che un pretesto per fargli lasciare il portafoglio.

n posto di Rema è ben altro che quello assai facile di Lisbona. Il Billot può essere un po' vivace, particolare inerente alla carriera militare. Ma vedrà che troverà costa con chi lottare e adotterà più calma. Egli non è clericale per se stesso, ma ha intorno a sé una parentela femminea assai clericale. Se va a Roma senza di essa, sarà meglio.

Per ciò che concerne coteste finanze, è troppo strano, come l'ho detto e ripetuto nella Riforma, che questa stampa le presenti in così tristo stato, quando le finanze francesi sono altrimenti deplorabili.

Per ultimo, vi dirò che, d'accordo col signor Rouvier, il presidente Carnot ha domandato ad un economista mio amico il disegno d'un modus vivendi commerciale per l'Italia; e quest'ultimo è occupato a redigerlo; ma ciò in linea puramente officiosa. Insomma le cose sono assai meglio attualmente che varii mesi or sono.

Se non fossi vostro primogenito di qualche anno e se la mia salute fosse migliore, verrei a Roma, sperando dirvi di più a voce; ma mi si consiglia d'aspettare una stagione meno inclemente. Me Io perdonerete?

Che l'Italia v'abbia per lunghi anni al suo governo.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crlspi.

296

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. COLONIALE RISERVATO 135. Roma, 27 febbraio 1890, ore 15,55.

Ho ragione di credere che Menelik abbia fatto pervenire a codesto Governo, come ha fatto alla Germania ed a qualche altra Potenza, una nota nella quale chiedeva che non si continuasse a vietare l'importazione di armi nel suo Regno, essendogli necessario armarsi contro 1 dervisci. La Germania sì propone, da quanto spontaneamente mi promise il conte di Solms, di mandare la sua risposta per mezzo nostro. Desidererei che altrettanto facesse anche codesto Gabinetto essendo ciò d'altronde conforme alla clausola del trattato !taio-abissino da noi notificata. Prego V.E. di adoperarsi con tutta la prudenza che la cosa comporta perché il nostro desiderio sia quanto prima esaudito (1).

297

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (2)

T. COLONIALE RISERVATO 136. Roma, 27 febbraio 1890, ore 16.

Il 9 febbraio il conte Solms venne a comunicarmi una lettera di Menelik nella quale quel sovrano chiedeva a codesto Governo, come ad altri Gabinetti di Europa, che non si continuasse a vietare l'importazione dì armi nel suo Regno essendogli necessario armarsi contro i dervisci. A questo atto di cortesia, l'ambasciatore di Germania aggiunse che la risposta che avrebbe fatto

codesto Governo sarebbe stata mandata all'imperatore d'Abissinia per mezzo nostro. Lo ringraziai e sicuro che la spontanea promessa sia stata sincera, desidererei fosse quanto prima mantenuta. Voglia adoperarsi con tutta la prudenza che comporta la cosa, perché il nostro desiderio sia soddisfatto (1).

(l) Per la risposta ctr. n. 301.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Ettopta-Mar Rosso, tomo VIII. cit., p. 55.

298

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 6971/41. Roma, 28 febbraio 1890.

Riferendomi al rapporto dell'E. V. del 4 corrente n. 53/30 (2) mi affretto a dichiararle che divido pienamente le idee da lei esternate circa agli inconvenienti di una troppa frequente ripetizione di passi collettivi delle 4 ambasciate amiche, i quali se non coronati da successo, non possono che nuocere al prestigio comune. Questo mezzo di azione deve, a mio avviso riservarsi per le occasioni veramente importanti, nelle quali le Potenze amiche sieno impegnate per motivi più forti che non di semplice reciproca cortesia. Abusando di tali passi collettivi si giungerebbe difatti a toglier loro qualunque efficacia.

Importando d'altronde di fortificare la simpatia e la fiducia del Governo ottomano per il nostro gruppo la cui ragion d'essere risiede in un altissimo interesse europeo, conviene evitare fino l'apparenza ed il sospetto che la unione delle potenze amiche possa convertirsi in un istrumento di pressione per imporre alla Porta la soluzione in un determinato senso delle vertenze speciali che ciascuna di esse ha con la Turchia.

La dichiarazione che la E.V. ed i suoi colleghi del nostro gruppo credettero ultimamente di dover fare alla Porta per smentire le voci corse di screzi fra le Potenze amiche fu da me approvata nella formula adottata dalla E.V. appunto perché quel passo si riferiva all'alto interesse comune che è base del nostro concerto, concerto che non è punto indebolito dalla diversità di suggerimenti che possono essere messi innanzi da ciascuna delle Potenze amiche nel periodo in cui vengono preparate e concretate le decisioni comuni.

Approvai anche che codesta ambasciata si unisse a quelle di Austria e di Germania per appoggiare le richieste dell'Inghilterra circa il processo di Mussa bey perché ritenni un fatto isolato ed eccezionale la domanda fatta da sir

W. -White per ottenere la cooperazione delle ambasciate amiche in una questione di carattere non assolutamente generale.

Ma ora che dal suo rapporto parmi intendere che sia per estendersi tra ì suoi colleghi il concetto, che l'azione comune possa essere adoperata anche per vertenza di importanza secondaria e di interesse dirò cosi personale a ciascuna Potenza, la prego di valersi degli argomenti suesposti per sconsigliare, all'occorrenza, l'adozione di siffatto sistema, e di adoperarsi perché i passi collettivi siano solo riservati per circostanze ed argomenti che abbiano in se stessi la giustificazione di questo mezzo di azione a cui dobbiamo conservare costà il dovuto prestigio.

È superfluo aggiungere che per quanto riguarda le nostre particolari vertenze con la Sublime Porta cotesta ambasciata è autorizzata ad agire da sola, come ha fatto finora con buon successo.

(l) -Cfr. n. 304. (2) -Di tale rapporto si pubblicano i passi seguenti: «Sua Maestà Imperiale che sembra avere avuto ultimamente sufficienti prove di sostanziali divergenze di contegno tra le quattroPotenze nelle quistioni di Bulgaria e di Creta, aggiunge evidentemente poca importanza alle dimostrazioni teoriche, prive di qualsiasi sanzione, nelle quali le quattro ambasciate si usano reciprocamente la cortesia di apparire unite... la r. ambasciata d'Italia ottenne maggiori risultati nelle questioni di speciale interesse italiano in cui ebbe ad agire sola, che non nelle questionidi interesse comune in cui si associò alle tre ambasciate amiche; e lo stesso può dirsi dell'ambasciata di Germania. v. E. dunque non disapproverà forse che io ponga uno speciale impegno,in qualsiasi nuova occasione improvvisa di passi da concertarsi, a persuadere i miei colleghidella convenienza d'aspettare speciali istruzioni dei nostri rispettivi Governi».
299

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNELLI (l)

L. PERSONALE. Roma, 28 febbraio 1890.

Il commendator Catalani le recherà questa mia e le parlerà di un argomento la cui gravità non potrà sfuggire allo sperimentato senno della S.V. (2).

Chiamai il Catalani e non lei in Roma, per un motivo molto semplice. Il viaggio dell'ambasciatore di Sua Maestà alla capitale del Regno, avrebbe attirato la curiosità, mentre del viaggio di un consigliere di ambasciata, chiamato qui da Bruxelles, nessuno si è accorto.

La fortuna del Governo italiano in Africa ha suscitato gelosie là dove io non me le sarei attese. La conquista dell'altipiano etiopico con l'opera di pochi uomini e la spesa di poco danaro, ha obbligato a confronti, che sono riusciti a nostro favore.

Lo Stato Maggiore inglese in Egitto ed i rappresentanti dell'Inghilterra al Cairo, non nascondono il loro malumore contro di noi. Il comandante di Suakin poi ci insidia in tutti i modi.

Io nulla voglio fare in disaccordo con lord Salisbury. Io voglio mantenere l'amicizia dell'Italia con l'Inghilterra, sicuro che questa amicizia giovi alle due Nazioni. La presenza nostra in Abissinia può essere utile al Governo del Regno Unito, meglio del dominio del defunto negus Giovanni. Ciò non può esser posto in dubbio.

Noi non abbiamo grandi ambizioni. Vogliamo però esser sicuri nel territorio da noi occupato, e, minacciati, dobbiamo difenderci dai dervisci, che

trovammo cospirare coi capi di talune tribù a noi soggette. Or la difesa obbliga anche all'offesa, alla quale non sempre si può fissare un limite.

Ciò posto è necessario un abboccamento con lord Salisbury, il più presto possibile, e una determinazione con Sua Signoria delle cose che importa definire nell'interesse delle due Nazioni.

Vuole andar lei da lord Salisbury, o vuole che vada Catalani? Per me è lo stesso. Catalani conosce i nostri affari africani, perché li ha trattati· per parecchi anni. Egli le dirà molte cose che per brevità non le scrivo. Lo scopo mio è di riuscire, e riuscire col consenso del Foreign Office.

(l) -Da ACS, Carte Crillpl. (2) -Cfr. n. 141.
300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 139. Roma, 1° marzo 1890, ore 11,50.

Chieste informazioni a Massaua si ebbe che il comandante del «Miseno » ebbe istruzioni di assumere informazioni dei movimenti minacciati dai dervisch contro habab nostri protetti, e incoraggiar questi a resistere energicamente qualora venissero assaliti. Se nell'esecuzione degli ordini ricevuti egli comunicò con località sottoposte all'influenza inglese, subirà conseguenze suo operato, circa il quale attendiamo particolareggiato rapporto. Ho intanto dato ordini severi (l) perché non si rinnovino simili errori essendo intendimento nostro non far mai cosa che possa dispiacere al Governo britannico. Prego V.E. di far ciò eonoscere, nel modo che stimerà migliore, al Foreign Office.

301

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 156. Vienna, 1° marzo 1890, ore 12,30 (per. ore 13,35).

Kalnoky mi dà assicurazione che il Governo austro-ungarico non ha ricevuto comunicazione da Menelik (2), che se ne ricevesse alcuna farebbe giungere risposta per mezzo del Governo italiano, secondo la clausola del trattato notificata. Prego V.E. di far ringraziare il conte Kalnoky, per mezzo del barone di Bruck di questa pronta soddisfacente risposta (3).

(l) -T. coloniale riservato 140, pari data, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 296. (3) -Cfr. n. 303.
302

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

T. COLONIALE RISERVATO 144. Roma, 3 marzo 1890, ore 10,45.

Alla lettera che il re Menelik ha mandato direttamente al Governo germanico questo ha dichiarato spontaneamente che risponderà per il tramite nostro, in conformità della clausola del trattato da noi notificata alle Potenze (2). Altrettanto farà l'Austria-Ungheria qualora le pervenga lettera dal detto sovrano (3). Valendosi di ciò presso il signor Spuller, veda di ottenere senza domandarlo che la Francia si comporti analogamente ( 4).

303

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. COLONIALE RISERVATO 145. Roma, 3 marzo 1890, ore 10,50.

Il barone di Bruck è venuto a confermarmi (3) che il Governo austro-ungarico non aveva ricevuto comunicazione da Menelik e che, qualora la ricevesse, manderebbe la risposta pel tramite nostro. Voglia ringraziare a mio nome il conte Kalnoky.

304

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. COLONIALE RISERVATO 146. Roma, 3 marzo 1890, ore 11.

Il conte di Solms è venuto a confermarmi (2) che il Governo imperiale germanico risponderà a Menelik trasmettendogli la risposta pel tramite nostro. Voglia fare i miei ringraziamenti al segretario di Stato. Attenderemo la nota del Governo imperiale.

(3 Cfr. n. 301.

(l) Ed. in L'Italia tn Ajrtca, Ettopta -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 58.

(2) -Cfr. n. 297. (4) -Analogo telegramma venne inviato in pari data all'ambasciata a Londra col n. 143. Per la risposta di Menabrea cfr. n. 311; per quella di Tornielll cfr. n. 314.
305

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 425. Roma, 3 marzo 1890, ore 22,15.

È venuto il barone di Bruck a dirmi che il conte Kalnoky accetta il nostro modo di vedere circa le naturalizzazioni imposte dal Governo brasiliano. Avendomi l'ambasciatore chiesto quali conclusioni noi intendevamo trarre dalle nostre considerazioni, risposi quella degli Stati Uniti, la dichiarazione cioè che il decreto brasiliano non si riteneva da noi obbligatorio per i nostri cittadini.

306

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 624. Pietroburgo, 3 marzo 1890, ore 22,15 (per. ore 23,35).

Ministre des affaires étrangères écrit reconnaitre justesse, au point de vue droit international, des appréciations de V.E. sur loi brasilienne relative naturalisation et se propose autoriser son agent Rio Janeiro à signaler, le cas échéant, les réserves que le Gouvernement impérial croit devoir faire sur l'application de cette loi par rapport aux ressortissants russes. J'envoie copie.

307

L'AMBASCIATORE A LONDRA, 'I'ORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 163. Londra, 4 marzo 1890, ore 14 (per. ore 16).

Personale per il ministro. Catalani mi ha portato la lettera particolare di

V.E. (2) e le spiegazioni verbali del desiderio del R. Governo. Farò quanto sta in me per conseguire l'intento, ma non mi dissimulo le difficoltà di riuscire.

17 -DocumLnti dtplomatici -Serie Il -Vol. XXIIl

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 59.

(2) Cfr. n. 299.

308

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 99. Berlino, 4 marzo 1890, ore 19,06 (per. ore 21).

Agenzia Wolff annunzia questo r. ambasciatore sarebbe compreso fra i nostri delegati Conferenza operaia. È inutile ricordare che viene detto nella circolare-invito che tali questioni non avendo carattere politico conviene sottometterle dapprima all'esame di specialisti. Spero quindi notizia agenzia Wolff sia erronea. V.E. non ignora esistere certa dissensione tra imperatore ed il cancelliere riguardo rescritto imperiale; sarebbe indicato nell'interesse delle nostre relazioni colla Germania di non mettermi, per così dire, tra l'incudine e il martello. Ciò non toglie che sarò interamente a disposizione dei nostri delegati qualora richiedessero mio parere in questioni di forma ma non di sostanza. Queste ultime oltrepassano competenza di un agente diplomatico. Salvo mio collega del Belgio, che telegrafò per essere esonerato dall'incarico nessun altro inviato presso questa Corte ebbe sino ad ora mandato di delegato alla conferenza. Parlai al conte di Bismarck della mia intenzione di telegrafare in questo senso all'E. V.; egli si riferiva al testo della circolare d'invito e conveniva miglior partito fosse astenersi per ora di nominare rappresentanti diplomatici. Conferenza sarà presieduta da un ministro di Stato; gli saranno probabilmente aggiunti il direttore della sezione commerciale al Ministero degli affari esteri, due funzionari del Ministero d'agricoltura industria e commercio e due industriali. Questi rappresenteranno Impero senza speciali delegati dei vari Stati germanici (1).

309

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 165. Londra, 5 marzo 1890, ore 1,53 (per. ore 7,20).

Personale per il ministro. Spero esporre domani a Salisbury seguenti concetti: l) pericolo nascente per noi dal contatto coi dervisci; 2) audacia da essi recentemente manifestata nelle scorrerie fatte sovra territorio di nostra influenza; 3) necessità per noi di esercitare una pronta azione punitiva; 4) desiderio inalte

rabile nostro di procedere d'accordo con l'Inghilterra. Questa prima entratura mi permetterà forse scorgere disposizioni di lord Salisbury e ne riferirò tosto a V.E., alla quale intanto mi permetto rivolgere la domanda di qualche schiarìmento, sottoponendole alcune considerazioni. Deve la linea di demarcazione d'influenza fra Italia e Inghilterra essere stabilita in un accordo internazionale che indirettamente costituirebbe riconoscimento per parte dell'Italia della supremazia territoriale inglese sovra l'Egitto? L'azione militare che il R. Governo vorrebbe concertare con l'Inghilterra contro i dervisci dovrebbe intendersi obbligatoriamente simultanea per i due Governi in vista di un obiettivo comune da raggiungere, ovvero limitarsi ad una cooperazione assicurata reciprocamente in vista di certe eventualità? Il R. Governo ha in pronto il progetto di linea di demarcazione delle rispettive influenze? Per vincere gli indugi sarebbe meglio presentare noi il progetto, ma io prego V.E. di voler considerare che la facilità colla quale abbiamo sviluppato la nostra posizione in Africa ha suscitato non solamente gelosie locali ma impensierito gli inglesi, i quali si credono minacciati in un avvenire non lontano nella loro posizione in Egitto per quella che noi teniamo in Abissinia e che essi ritengono da noi si voglia estendere al Sudan. Il negus a Kassala non era una minaccia né prossima né lontana per gli inglesi in Egitto. Non sarebbe così agli occhi loro se Kassala fosse nella sfera d'interesse italiano. Le dichiarazioni nostre attuali sono certamente apprezzate e credute ma la politica del Governo britannico è talvolta previdente all'eccesso e nelle sue previsioni applica volentieri agli altri Stati parlamentari le massime sue relative agli impegni internazionali. Comprendo che quando la linea di demarcazione da rispettare reciprocamente risultasse da un trattato l'Inghilterra non avrebbe ragione di mostrarsi ancora diffidente, ma nel trattato non vedrei modo di evitare il riconoscimento della supremazia territoriale inglese sull'Egitto e sovra questo punto è mestieri che io conosca gli impegni che il Governo del re è disposto a prendere (1).

(l) Cr!spl rispose con T. riservato 91 del 5 marzo: «Apprezzo sua delicatezza. Conformemente al d! lei desideri! ed a quell! del conte di Bismarck manderò soltanto uomini tecnici. Ben inteso essi si terranno !n stretto accordo con codesta ambasciata».

(2) Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 61.

310

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

'1'. COLONIALE RISERVATO 155. Roma, 5 marzo 1890, ore 15,45.

Segreto. Il dominio inglese in Egitto non è in questione (3). Il nostro primo pensiero è di difenderci contro i dervisci, qualora questi ci attaccassero, e nella nostra difesa non intendiamo far cosa che possa destare diffidenze nella Nazione e nel Governo inglese. È appunto per questo che desidereremmo di venire ad una intesa. Come telegrafai stamattina (4), nel medesimo modo che

sulla costa ci siamo accordati per fissare un limite delle rispettive sfere di influenza e sorveglianza ci sembrerebbe logico e vantaggioso che anche nell'interno per le provincie occupate dai dervisci fosse fissata la rispettiva sfera di azione e difesa. Una volta accordatici in massima si penserebbe ai particolari. Quanto importa è che i nostri movimenti non siano accolti con sospetto.

(l) Per la risposta di Cr!sp! cfr. n. 310.

(2) Ed. !n L'Italia tn Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 62.

(3) -Risponde al n. 309. (4) -T. coloniale riservato 154, non pubblicato.
311

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 174. Parigi, 5 marzo 1890, ore 16,42 (per. ore 20,05).

In seguito al telegramma di V.E. di ieri (2) ho partecipato quest'oggi a Spuller che Germania ed Austria-Ungheria dichiararono spontaneamente che non risponderanno alle comunicazioni del re Menelik se non per il tramite del nostro Governo. In pari tempo ho chiesto a Spuller quali fossero le sue intenzioni al riguardo e se si sarebbe comportato come le Potenze anzidette. Egll mi rispose che finora non aveva avuto comunicazioni di sorta dal re Menelik e anzi espresse desiderio di sapere quando sia stata ratificata la clausola del trattato che attribuisce all'Italia la rappresentanza dell'Abissinia all'estero. È possibile che domani, giornata campale per il ministro degli affari esteri nella Camera dei deputati, Spuller sia interpellato non solo sulla Conferenza di Berlino, ma anche sulla questione abissina, poiché opposizione gli rimprovererà di abbandonare l'amicizia della Russia per riavvicinarsi alla Triplice Alleanza (3).

312

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 172. Pietroburgo, 5 marzo 1890, ore 21 (per. ore 21,40).

Giornali russi avendo annunziato intenzione Russia nominare console Abissinia, un mio collega interrogò Giers: disse non aver simile progetto ed interesse della Russia in Abissinia non essere che spirituale.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 60.

(2) -Cfr. n. 302, in realtà del 3 marzo. (3) -Con T. coloniale riservato 160 del 7 marzo Crispi comunicò a Menabrea: «Superfluo osservare che ratifica etiopica non occorre, avendo Menelik stipulato in persona e appostt} lui stesso bollo al trattato».
313

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 116/70. Costantinopoli, 5 marzo 1890 (per. il 13).

Nel momento in cui la Porta teme un movimento per l'indipendenza in Bulgaria ed un'insurrezione generale in Creta, ed è commossa dal contemporaneo annunzio di armamenti a Batoum e nel Caucaso, di preparativi di una azione ellenica contro i confini turchi e di progettate incursioni albanesi in Serbia, apparisce meritevole di seria attenzione e non può sfuggire al Governo del re il contegno assunto dai rappresentanti in Costantinopoli delle Potenze a noi amiche, che da un anno a questa parte va sempre più modificandosi.

Questi ambasciatori d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria segnalarono confidenzialmente ai loro Governi l'impossibilità in cui essi sono di riuscire, anche quando le ambasciate di Germania e d'Italia dimostrano di appoggiarli, ad esercitare effettiva influenza sulle determinazioni del sultano, il quale non tiene alcun conto di passi concertati in tre o in quattro, che li riguardano specialmente, anche in affari d'ordine secondario, come gli articoli di giornali contrarli alla politica austriaca ed il processo chiesto dall'Inghilterra contro Mussa bey, dei quali le quattro ambasciate ebbero ad occuparsi.

Né, d'altronde, gli ambasciatori d'Inghilterra e di Austria-Ungheria sembrano aspettarsi che i loro Governi si preoccupino oltremodo della progressiva diminuzione dell'influenza del nostro gruppo a Costantinopoli, né si adontino di insuccessi, cortesemente divisi dalla Germania e dall'Italia, le quali naturalmente non li subirebbero per conto proprio quando si trattasse di interessi specialmente italiani o germanici.

Per spiegare l'indifferenza più o meno dissimulata dei due Gabinetti, basterà ricordare come l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria, dopo il Congresso di Berlino, abbiano preso rispettivamente nel Mediterraneo e nella penisola balcanica posizioni d'aspettazione che ai loro uomini politici sembrano sufficienti nello statu quo attuale.

Il Gabinetto Salisbury si associava testé al signor Gladstone nel dare in Parlamento un raro attestato di soddisfazione a sir W. White. Questi per parte sua modestamente si mostra conscio di averlo principalmente meritato con un contegno d'inerzia, coerente alla crescente indifferenza inglese circa i destini di un Impero sulla cui cooperazione nessuna Potenza, eccettuata forse la Germania, può veramente contare, il cui commercio coll'Inghilterra è di poca entità relativa, e le cui regioni le più meridionali, protette dall'Egitto e da Cipro, hanno sole un'eventuale importanza per le comunicazioni britanniche colle Indie.

In quanto al barone di Calice, malgrado i colloqui da lui avuti col r. rappresentante nel 1887 e nei quali egli riconosceva come fosse indispensabile, per rendere l'alleanza austro-ungherese veramente stabile e popolare in Italia, una ingerenza italiana negli interessi economici e politici della penisola balcanica a favore delle varie nazionalità, sarebbe cosa inutile chiedergli oggi di stare con me nell'esame delle precauzioni navali da prendere a Valona, e Salonicco, a Costantinopoli per la guarentigia delle autonomie e dell'equilibrio, nel caso in cui nuovi rivolgimenti in Creta od in Bulgaria (o peggio ancora un conflitto in Occidente che rendesse meno disponibili in Oriente le forze italiane) riaprissero il campo alla politica delle egemonie, se non dei riparti territoriali, nelle regioni che si estendono dall'AdriaticJ meridionale all'Egeo ed al Mar Nero, dominate dalle posizioni prese in Bosnia ed Erzegovina. E neppure posso fare assegno sull'ambasciata d'Austria-Ungheria nelle questioni di protezioni religiose, di monopoli finanziari, ed altre, connesse colla politica comune prestabilita in massima.

L'ambasciata di Germania poi, avendo preso ·la tutela se non dell'Impero, almeno di chi Io governa (tutela che il gruppo italo-anglo-austriaco ebbe l'occasione di assumere pacificamente nel 1887), essa si contenta dei rilevanti profitti economici che ne derivano esclusivamente al suo commercio ed alla sua finanza, e della certezza di potere esercitare un'azione decisiva sulla mente vacillante del sultano quando e come convenga agli interessi germanici; e per il presente considera come beneficio del quale debbono contentarsi gli alleati l'essersi finora impedita l'accettazione per parte del sultano della persistente offerta del signor di Nelidow di un patto di amichevole neutralità, equivalente all'adesione della Turchia alla protezione politica ed eventualmente militare della Russia.

Ma al signor di Radowitz non si potrebbe ragionevolmente chiedere che egli s'impegni ad impedire la conclusione di quel trattato, quando sorto un conflitto qualsiasi in Europa la Germania abbisognasse della neutralità della Russia; né che egli reagisca intanto contro la nota tendenza dei suoi nazionali ad escludere cooperazioni italiane od inglesi; né che egli sostenga al pari dei suoi tre colleghi il regime delle capitolazioni nella sua integrità, unico mezzo di protezione efficace contro disuguaglianze di trattamento nei privilegi facilmente accordati qui ai più forti.

II sultano non vede quali vantaggi risultino in ultimo per l'Italia, sola rimasta fedele agli impegni presi fino dal 1856 dall'Europa per l'integrità dell'Impero ottomano, da una disinteressata solidarietà con Potenze il cui uti possidetis è sfavorevole tanto all'Italia quanto alla Turchia; né è convinto che esista realmente tale solidarietà, il nostro gruppo sembrandogli essersi diviso circa il riconoscimento del principe Ferdinando e circa la competenza delle Potenze nei provvedimenti applicati in Candia; né crede poi che le guarentigie di pace si accrescano per l'inerzia di esse Potenze verso i preparativi del panslavismo, cui si lascia perfino la scelta del momento che gli sarà più favorevole per l'azione. Il sultano non respinge dunque del tutto la spiegazione che sogliano dargli i nostri avversarli circa la nostra politica, che, cioè, la Tripolitania non essendo stata corrispettivo per noi degli spart.imenti ormai consolidati sulla costa settentrionale dell'Africa, cl sia riservata dai nostri alleati come compenso per riparti di territori a nuovo danno nostro e della Porta nella penisola balcanica. Ed il sultano che suole accarezzare di più chi è a lui più sospetto, aspetta passivo gli avvenimenti, colla solita preoccupazione dominante della propria sicurezza personale, che gli sembra più garantita dopo l'impressione prodotta nei musulmani dalla visita del sovrano consid.erato il più potente d'Europa.

Egli considera anche la visita del nostro principe ereditario quale prova che l'Italia non ha attuali disegni né sulla Tripolitania né sull'Albania e che ci contentiamo per ora in Oriente della situazione fattaci nel Congresso di Berlino; epperciò egli prende norma dai riguardi che ci usarono ultimamente la Francia e la Russia, e si astiene, al pari dì quelle due Potenze, dal recare attuali imbarazzi alla nostra colonia eritrea per le vie sia del Mar Rosso sia di Tripoli, quest'ultima rimanendo intanto aperta alle comunicazioni di eventuali nostri nemici coi sudanesi e cogli abissini ostili.

A questa r. ambasciata è grave il peso della propria responsabilità verso il R. Governo in tale complesso di circostanze già segnalate un anno fa ed ora aggravatesi assai. Essa non si è mai rifiutata finora a passi anche inutili, che in nome della comune solidarietà i colleghi amici proponevano per affari secondari di loro interesse; ma non può a meno di notare, che ogniqualvolta si trattò di tutelare praticamente i comuni interessi e promuovere una solidale preponderanza degli alleati, ogni tentativo dì effettivo concerto fallì per mancanza d'istruzioni da Vienna e da Londra.

Noi avemmo a felicitarci di non contare sugli aiuti altrui per le soluzioni, da noi soli ottenute, delle nostre vertenze speciali; ma al risorgimento italiano nel Levante non bastano risultati precari, quali il migliorato andamento dei nostri affari correnti colla Porta, né le nostre scuole i cui benefici si restringono dì fatto alle classi meno influenti, né gli ardui sforzi individuali per relazioni economiche dirette ed efficaci coll'Italia. I nostri interessi più generali e più vitali appariscono, per quanto se ne può giudicare qui, ognor più compromessi dall'inesecuzione degli accordi itala-anglo--austriaci del 1887, i quali, se meno trascurati a Londra e a Vienna, avrebbero recato pacificamente rimedio alla situazione creataci dal Congresso di Berlino, e prevenuto in Oriente una crisi violenta ora da tutti preveduta. Senza ardire pregiudicare le informazioni migliori che abbia V.E. da fonti più autorevoli delle mie, debbo segnalare le condizioni apparentemente a noi sfavorevoli nelle quali, a dispetto delle nostre alleanze, i preludi di detta crisi, ai quali alludo nel principio di questo rapporto, minacciano nella penisola dei Balcani le presenti autonomie e le future indipendenze, e nel Mediterraneo l'attuale equilibrio già cosi poco soddisfacente per noi. Ed è pur dover mio notare che anche quando sì riesca a conservare l'equilibrio, il marasma in cui viene mantenuta, direbbesì dì proposito, la Turchia paralizza qui la rinascente attività italiana e la effettiva attuazione della politica del Governo del re, pacifica per dovere, ma rìparatrice per diritto.

Mentre sto terminando il presente rapporto, mi giunge il riverito dispaccio del 28 febbraio n. 6971/41 (l) col quale V.E. ben vuole autorizzarmi a riservare la mia partecipazione in passi collettivi per circostanze veramente importanti nelle quali si tratti di fortificare la fiducia del Governo ottomano nel nostro gruppo, la cui ragione di essere risiede in un altissimo interesse europeo. È da augurarsi al nostro Paese, saviamente retto dall'E.V., che quando queste circostanze si presentino dì nuovo, esse non trovino un'altra volta impreparati i Gabinetti amici.

(l) Cfr. n. 298.

314

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. RISERV,\TO 234/168. Londra, 5 marzo 1890 (per. l'11).

Il 3 marzo V.E., con talegramma riservato (2), mi faceva conoscere che alla lettera con la quale il re Menelik ha notificato la sua assunzione al trono, il Governo germanico ha spontaneamente deliberato di rispondere per il tramite nostro sebbene quella lettera sia stata spedita direttamente dal sovrano di Etiopia alla Corte di Berlino. Questa risoluzione era stata presa in conformità della clausola contenuta nel nostro trattato con l'Etiopia, da noi comunicato alle Potenze. Uguale decisione era stata presa a Vienna, dove però nessuna lettera del re Menelik era giunta prima del 3 marzo.

Il telegramma di V.E. mi prescriveva di prendere norma dalle disposizioni dei due Governi imperiali austro-ungarico e germanico, per conseguire che, da parte del Gabinetto di Londra, se ne seguisse l'esempio, se di qualche lettera del re Menelik questi dovesse spedire risposta.

Lord Salisbury che, per rinfrancarsi in salute, stette di nuovo assente da Londra parecchi giorni, ritornò nella capitale il 1° di questo mese. Io avrei voluto .abboccarmi con lui direttamente per eseguire con maggiore speditezza gli ordini del R. Governo. Ma il ritorno di Sua Signoria che era stato forse anticipato di qualche giorno a causa dello scandalo parlamentare creato dal signor Labouchère, si trovò, appena rientrato in Londra [sic], occupata quasi esclusivamente degli affari inerenti alla sua qualità di primo ministro sicché non mi riuscì di incentrarla al Foreign Office né nella giornata del 3, né in quella del 4 corrente.

Per questo motivo, non volendo io indugiare maggiormente nel fare ciò che le istruzioni di V.E. mi prescrivevano, pensai di conferire con il sotto-segretario di Stato circa le lettere di notificazione che il re Menelik aveva spedito direttamente ad alcune Corti.

Sir Ph. Currie mi ricordò che ad una lettera di data già antica del sovrano etiopico, era stata mandata per mezzo dell'ambasciata italiana a Londra la risposta (3). Di questo fatto avendo io perfetta notizia e memoria, insistetti perché si verificasse se altra lettera posteriore non fosse qui pervenuta acciocché, nel caso il Governo della regina avesse voluto rispondere, si avesse a seguire appunto il metodo adottato in novembre o dicembre dell'anno passato. Il sottosegretario di Stato replicò a queste mie insistenze dicendo che infatti egli credeva che una lettera più recente del re Menelik doveva essere pervenuta per mezzo delle autorità inglesi di Aden ed ordinò, durante la mia visita, che gli fossero recati i carteggi relativi a tale faccenda.

Trovando fra quelle carte la versione in lingua francese di una lettera che porta la data di gennaio (se non erro), sir Ph. Currie mi mise in mano il documento dicendo: « ecco qui la lettera che cercava ». Era questo uno scritto piuttosto voluminoso che io non potei leggere in intero, ma che mi parve non riferirsi affatto all'assunzione al trono od alla incoronazione del re di Etiopia. Questi incomincia col dire che il suo impiegato signor Zimmerman, reduce dal viaggio fatto alla costa e ad Aden, gli avea riferito le ottime disposizioni di amicizia trovate presso le autorità inglesi. Passa quindi il re Menelik a rappresentare le disgraziate condizioni presenti dell'Etiopia minacciata dai mussulmani nella conservazione secolare della sua religione. Invoca il permesso di far arrivare armi attraverso i territori inglesi. E qui la rapida lettura mia fu interrotta da sir Ph. Currie il quale, ripigliandomi di mano il documento, mi disse: «Vedete che non si tratta di notificazione, ma di altri interessi ». Poi il sotto-segretario di Stato soggiunse: «fra queste carte trovo anche la risposta, ma non l'indicazione della data di spedizione ». La risposta, della quale sir Ph. Currie teneva in mano la minuta, diceva che, essendo stato comunicato all'Inghilterra dall'Italia il trattato contenente la clausola in forza della quale gli affari internazionali dell'Etiopia debbono essere condotti per mezzo nostro, copia della lettera del re Menelil\: e della risposta inglese sarebbe stata trasmessa al re d'Italia amico dell'Inghilterra. Il testo della clausola suddetta era anzi riprodotto nella risposta inglese. Questa era accompagnata da una noticina per uso interno d'uffizio nella quale era spiegato che, essendo la lettera pervenuta direttamente per mezzo della autorità di Aden, per lo stesso tramite si sarebbe spedita la risposta.

Ringraziai sir Ph. Currie di avermi fatto conoscere lo stato delle cose e lo pregai di sottomettere a lord Salisbury le ragioni per le quali era desiderabile che il Governo britannico non si dipartisse in questa occasione dal procedimento già da lui adottato, con molta soddisfazione nostra, nel dicembre dello scorso anno. Era consuetudine dei sovrani, con i quali gli Stati europei erano costretti a stipulare trattati analoghi al nostro con l'Etiopia, di procurare a loro stessi delle scappatoie per sottrarsi agli effetti degli impegni assunti. Incapaci di tener conto di sottili differenze, quei principi sogliano interpretare a modo loro ciò che nel pensiero dei Gabinetti europei può non essere altro che cortesia di forma. Conviene perciò siano evitate persino le apparenze di qualunque cosa possa sembrare un incoraggiamento al re Menelik ad infrangere i patti stipulati da lui liberamente con il Governo nostro.

Obbiettava il sotto-segretario di Stato che se nell'autunno scorso la risposta ad una lettera del re Menelik era stata mandata per mezzo nostro, ciò era stato fatto perchè la lettera stessa era stata consegnata al Foreign Office dall'ambasciata di Sua Maestà in Londra. Egli teneva in mano la lettera ufficiale di trasmissione che è del 16 novembre, nella quale non è parola del tramite della risposta ed una lettera particolare della stessa data, nella quale il r. incaricato d'affari insiste per la consegna alla regina della lettera di Menelik « dans le seul but de permettre à degiac Makonnen, à qui elle avait été confiée, de porter une réponse à son souverain ». Soggiungeva sir Ph. Currie che, come in quella occasione alla lettera che Makonnen avea consegnato a noi per la trasmissione a Londra, era stato risposto pregandoei c1i incaricarci della trasm1sswne a Makonnen, così presentemente la rispostn, si sarebbe mandata per il tramite stesso per il quale il re Menelik avea spedita la sua lettera. Ricordava il sotto-segretario di Stato che la euerra di Abissinia che avea costato molti sacrifizi all'Inghilterra, avea avuto per prima causa appunto il non aver la regina risposto al re di quel Paese. Indispettito per quella omissione, il sovrano abissino avea imprigionato e maltrattato i cittadini inglesi che si trovavano nei suoi territori e l'Inghilterra avea dovuto fare una spedizione costosa per non aver risposto ad una lettera.

L'argomentazione eli sir Ph. Currie provava troppo. Non si trattava di non rispondere alla lettera del re Menelik. Una lettera della regina d'Inghilterra, affidata all'Italia, non si sarebbe di certo perduta in viaggio. Il re Menelik non poteva essere paragonato in modo assoluto al negus con il quale la Gran Bretagna avea dovuto risolvere per forza eli armi le sue controversie. Con l'attuale sovrano dell'Etiopia l'Italia era entrata nelle relazioni che risultavano dal tratt:>.to da noi comunicato alle Potenze. Queste relazioni nostre costituivano una guarentigia che precedentemente non esisteva. Non risultava chiaramente dalle carte che stavano sul tavolo, se la risposta fosse o non partita. In ogni caso essa sarebbe probabilmente ancora in mani inglesi. Io desiderava, non potendo in quell'ora abboccarmi con lord Salisbury, che Sua Signoria fosse tosto informata del nostro colloquio e della espressione del desiderio del mio Governo di essere incaricato della trasmissione della risposta inglese al re Menelik.

V. E. fu informata di questa conversazione mia con il telegramma che ebbi l'onore d'indirizzarle la sera del 4 corrente (1). Nella notte mi giunse l'altro dispaccio telegrafico (2) con il quale l'E.V. esprimeva il desiderio di essere informato entr'oggi della decisione del Foreign Office.

Fortunatamente e contro le abitudini di questo Ministero degli affari esteri che suoi procedere con singolare lentezza, sir Ph. Currie, quando io mi presentai di nuovo da lui oggi, avea diggià potuto avere le istruzioni di lord Salisbury, il quale. mi disse egli, avea consentito all'invio per mezzo nostro della lettera della regina al re Menelik. Tale lettera sarebbe perciò mandata direttamente a noi nel più breve termine possibile a condizione però che, da parte nostra, procureremmo al Gabinetto britannico una ricevuta del sovrano etiopico acciocché il Gabinetto inglese non possa essere accusato di aver rinnovato l'errore che gli valse la guerra di Abissinia.

Ho riassunto questa risposta nel mio telegramma spedito a V. E. questa sera alle ore otto (3)" e mi lusingo che l'esecuzione degli ordini dati da lord Salisbury non soffrirà indugio e non incontrerà alcun ostacolo. Da queste spiegazioni risulterà anche messo in sodo un punto importante per le relazioni nostre con l'Etiopia. V. E. mi vorrà, spero, consentire che io ricordi essere le difficoltà che ora abbiamo incontrate, state da me prevedute quando, trasmettendole col rapporto del 5 dicembre 1889 (n. 2838/1161) (4) la lettera della regina Vittoria per il re Menelik, io avvertiva che si sarebbe esagerata l'importanza di quel fatto se in esso si fosse voluto considerare una prova di riconoscimento tacito della

clausola del nostro trattato con l'Etiopia relativo alle relazioni di quel Paese con la Gran Bretagna. Queste difficoltà si travedevano, a parere mio, fra le linee delle comunicazioni del Foreign Office a questa r. ambasciata, e se dalle spiegazioni occorse ieri ed oggi esse saranno definitivamente rimosse, noi ne potremo essere soddisfatti.

Di tali spiegazioni mi permisi riferi,.:e in questo rapporto con insolita prolisc.ità solo perché mi pare necessario che il R. Governo abbia una esatta notizia del punto di vista dal quale il Foreign Office considerava questo affare. Con la tenacità che gli è abituale questo Ministero degli affari esteri non abbandonerà completamente tale suo punto di vista anche in avvenire. Ma di ciò sarà tempo di ripigliare il discorso quando saranno sotto i miei occhi i termini della nota con la quale mi sarà rimessa la lettera da trasmettersi al re Menelik.

(1) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Jlossu, tomo VIII, clt., pp. 64-67.

(2) -Cfr. n. 302, nota 4. (3) -Cfr. n. 127. (l) -T. coloniale riservato 166, spedito il 5 marzo, ore 1,53, non pubblicato. (2) -T. coloniale riservato 152 del 4 marzo, non pubblicato. (3) -T. coloniale riservato 171, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 127.
315

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COI.ONIALE RISERVATO 158. Roma, 7 marzo 1890, ore 11,30.

Ringrazi vivamente lord Salisbury della cortese adesione nostro desiderio circa lettera Menelik (1). Trasmetteremo immediatamente ed in modo sicuro risposta di S. M. la Regina ed otterremo e faremo pervenire ricevuta etiopica.

316

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI. ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (2)

T. COLONIALE RISERVATO 159. Roma, 7 marzo 1890, ore 11,40.

Ringrazi vivamente n conte di Bismarck della comunicazione della lettera di Menelik (3). Non appena ricevuta risposta imperiale sarà trasmessa. Anche l'Inghilterra ci promise di mandare la sua per nostro tramite. Avverto che Inghilterra nella sua risposta avverte Menelik di. averei comunicata copia lettera etiopica e sua risposta secondo clausola trattato (4).

(l) Cfr. n. 314, nota 3, p. 188.

(2) Ed. !n L'Italia tn Africa, Ettopta -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 63.

(3) -Il testo della lettera era stato trasmesso da Launay con T. coloniale i'lservato 173 del 5 marzo, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 314, nota l, p. 188.
317

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 92. Roma, 7 marzo 1890, ore 16.

Il Governo portoghese raccomanda alla particolare attenzione e benevolenza del Governo del re ultima domanda del Governo portoghese per ottenere buoni uffici delle Grandi Potenze nel suo negoziato a Londra (1). Voglia mostrare ancora con la debita prudenza l'interessamento nostro per una soluzione che concili interessi inglesi con la dignità del Portogallo (2).

318

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. PERSONALE. Londra, 7 marzo 1890.

Il commendator Catalani venne da me nella giornata del quattro corrente e mi espose, con la lucidità che gli è abituale, ciò che, in parecchie conferenze recenti, V. E. lo avea incaricato di comunicarmi verbalmente. Ecco il sunto della comunicazione fattami:

l) Gli italiani si trovano di fronte ai dervisci. Noi non li provochiamo, nè li provocheremo; ma dobbiamo difenderci; epperciò necessità militari ci possono costringere anche ad attaccarli. Questa necessità è anzi sentita in questo momento dal comando in capo delle nostre truppe in Africa il quale, per rintuzzare l'audacia dei dervisci di Abu Ghergia, propone di occupare, anche soltanto temporaneamente, Nafka con un battaglione mandato da Keren, appoggiato da milizie sbarcate a Taklai.

2) La cordiale intelligenza dell'Inghilterra e dell'Italia è base della politica estera nostra, in Europa, come in Africa. Non solamente il Governo attuale, ma l'opinione nazionale ha adottato questa base che può considerarsi come inalterabile. Per mantenere tale cordiale intelligenza, il Governo nostro vede la necessità di prevedere fin d'ora il caso in cui bisognerà difendersi contro i dervisci pigliando l'offensiva.

3) S'impone conseguentemente al R. Governo il partito di conchiudere con l'Inghilterra un accordo (nella forma che a lord Salisbury sarà più gradita) per combattere i dervisci. L'accordo dovrebbe definire le sfere d'influenza delle

due Potenze indicandone i limiti, lasciando ai comandanti degli eserciti di ciascuna Potenza il diritto d'inseguire al bisogno il nemico anche nella sfera d'influenza dell'altra Potenza.

4) Un tale accordo, oltre allo scopo di distruggere l'insurrezione dei dervisci, avrebbe per effetto di togliere ogni malinteso fra le autorità militari italiane ed inglesi in Africa, malintesi che hanno origine in un sentimento di gelosia verso di noi per parte degli inglesi.

5) Dovrà il negoziatore italiano dell'accordo di cui si tratta, tener presente il trattato Hewett del 1884. Il Governo italiano si aspetterebbe che le concessioni fatte dal Governo inglese al negus in ciò che concerne il paese dei Bogos (specialmente Kassala) debbano considerarsi come in vigore ora che l'Italia è subentrata al negus ed offre infinitamente maggiori guarentigie di amicizia all'Inghilterra di quelle che il negus poteva dare.

In appoggio e schiarimento di questa comunicazione il commendator Catalani mi rimetteva una memoria per mio uso particolare, accompagnata da una carta geografica sovra la quale sono indicate approssimativamente le posizioni inglesi ed italiane di fronte ai dervisci.

Per ultimo l'egregio diplomatico mi consegnò la lettera particolare di V.E. in data delli 28 febbraio (1), della quale molto la ringrazio perchè in essa mi sono indicati chiaramente gli intendimenti ed i propositi del R. Governo.

Ella mi consentirà che, rispondendo io in forma particolare, sia questa volta nel mio carteggio anche più crudamente schietto del solito.

Non ho nascosto, fin dal mio primo giungere a Londra, l'impressione che ebbi del sentimento che qui inspirava la nostra posizione sull'altipiano etiopico. Non è solamente in Egitto ed a Suakin che si rivelano sentimenti non conformi alla cordialità dei rapporti che noi poniamo a base delle relazioni nostre con l'Inghilterra. L'opinione inglese è preparata alla diffidenza a nostro riguardo. Lo si è veduto nell'insistenza con la quale la stampa si è impadronita dell'affare di Agig, nelle ripetute esplosioni di malumore che eccita qualunque denunzia di un passo nostro che tenda verso il Sudan.

Nelle mie personali relazioni con lord Salisbury non mi accorsi finora che partecipi a tali sfavorevoli disposizioni a nostro riguardo. Ma, come egli fece, quando in dicembre fui incaricato di toccare ai rapporti commerciali fra Massaua e Kassala (2), bisogna aspettarsi che egli s'inspirerà principalmente ai. consigli di sir E. Baring che non ci fu mai amico. Entra nel carattere britannico molto facilmente la diffidenza. È difficilissimo sradicarla.

Io aveva sperato vedere lord Salisbury nella giornata del 5 corrente. Disgra

ziatamente egli fu ripreso da un'infreddatura non grave e mi fece scrivere di

rimettere il colloquio ad altro giorno prossimo. Gli feci dire dal suo segretario

intimo che avea premura di abboccarmi con lui per parlargli delle necessità che

nascevano per noi dal contatto con i dervisci. Gli feci dire inoltre che gli

annunziavo il soggetto della conversazione che io desiderava avere con lui,

perchè si trattava di cosa sovra la quale non avrei voluto trovarlo impreparato

a rispondere. Ho subito ricevuto l'avviso che oggi Sua Signoria mi riceverebbe nel pomeriggio. Questa sera spedirò questa lettera per corriere e riassumerò in un telegramma (l) l'esito del mio colloquio co nquesto primo ministro.

Io m'applicherò a rinfrancare in lui la fiducia che le ripetute dichiarazioni mie, secondo gli ordini di V. E., non avrebbero mai dovuto lasciar indebolire. Dimostrerò, spero in modo concludente, che in vista non solamente degli interessi locali, ma anche d'interessi generali assai più gravi, i pericoli che possono risultare dal mahdismo che ha carattere necessariamente espansivo, sono pericoli comuni all'Italia ed all'Inghilterra. Parlerò della incursione che i dervisci hanno fatto sul territorio degli habab e della necessità di una pronta punizione tanto per impedirne il prossimo rinnovamento, quanto per incoraggiare alla ~esistenza le popolazioni che, sorrette da noi, formano il naturale antimurale contro i mahdisti.

Se le disposizioni che incontrerò presso lord Salisbury consentiranno di spingere più innanzi l'argomento, entrerò a parlare con lui della nostra reciproca convenienza di determinare all'interno, come già si fece sul litorale, la zona d'influenza, ài difesa e di eventuale azione.

Ritorno dal Foreign Offìce dove ho avuto con lord Salisbury la conversazione intima che m'importava di non ritardare maggiormente.

Del breve ritardo cagionato dalla indisposizione di Sua Signoria non abbiamo però motivo di dolerci perchè essendosi qui ricevuta appunto questa mattina la notizia telegrafica delle importanti e veramente opportune dichiarazioni fatte da V.E. ieri alla Camera dei deputati e della votazione che ne fu la conseguenza, io non poteva trovare l'animo di questo ministro meglio preparato a ricevere le mie comunicazioni. Egli si rallegrava infatti dell'esito della discussione e si dimostrava molto soddisfatto delle dichiarazioni relative al mantenimento della cordiale nostra intelligenza con l'Inghilterra. Queste dichiarazioni, gli dlssi io, debbono avere tanto maggior valore per l'Inghilterra che l'opinione in Italia essendo divisa solamente in due tendenze, l'una di assecondare l'azione del Governo attuale subordinata all'accordo col Gabinetto di Londra, e l'altra per una politica di minor espansione in Africa, non vi era da prevedere per questo riguardo, neppure in un lontano avvenire, una rivalità degli interessi nostri con quelli della Gran Bretagna. Della qual cosa dimostrandosi lord Salisbury pienamente convinto, io incominciai a svolgere il soggetto sovra il quale era compito mio di condurre questo primo ministro a pronunciarsi.

Egli non ebbe difficoltà a comprendere che la posizione che occupiamo in Africa ci mette nella necessità di difenderci dai dervisci, di punire le audaci loro incursioni e conseguentemente anche, al bisogno, di attaccarli. Insistetti però sulla nessuna nostra volontà di provocare quei nemici. Per poterei muovere con la certezza non suscitare diffidenze e sospetti, sentivamo il bisogno di intenderei con l'Inghilterra per determinare una linea che stabilisse all'interno la zona d'influenza propria di ciascun Paese. Però, se nell'azione militare nostra

-o inglese, tale linea avesse dovuto essere temporaneamente oltrepassata, il fatto

non dovea creare sospetti o difficolLt, poichè doveva rimanere inteso che, cessate le necessità militari, ciascuno si ritirerebbe dietro la propria linea.

Lord Salisbury mi lasciò sviluppare questi due punti senza interrompermi e poi cosi mi rispose: in massima egli approvava il pensiero di stabilire la linea che all'interno determini la zona di influenza e di eventuale azione. Ma il Governo inglese è il tutore dell'Egitto ed è perciò impegnato a tutelarne anche i diritti territoriali. Le condizioni eccezionalmente cattive della finanza egiziana aveano obbligato il Governo inglese a provvedere, con una politica che il primo Napoleone avrebbe chiamato bottegaia, al ristauro della finanza stessa. Questo compito era prossimo ad attenersi. Bisognerebbe poscia provvedere al ristabilimento delle condizioni territoriali dell'Egitto. Se da quattro anni Kartum e Kassala avevano dovuto essere abbandonate, ciò non voleva dire che l'Egitto avesse rinunciato a quei territori che dovranno essere o prima o poi rimessi sotto la sua autorità sovrana, la valle del Nilo essendo dall'Inghilterra stessa considerata come necessaria alla vitalità dell'Egitto. Entro il limite che queste sue dichiarazioni comportavano, egli era disposto ad intendersi con noi per tracciare la linea di demarcazione della quale io gli parlava.

Sua Signoria comprende che, nelle necessità create dall'azione militare contro i dervisci, la linea possa essere oltrepassata senza che nascano sospetti e difficoltà fra i due Governi; ma dovrebbe essere sempre inteso che le momentanee occupazioni non pregiudicheranno le questioni territoriali. Inoltre nello interesse dei due Paesi sarà sempre di restringere questi necessari sconfinamenti, al più stretto indispensabile.

Replicai che le istruzioni che io aveva da V.E. non mi mettevano ancora in grado di entrare nei particolari relativi al tracciato della linea di demarcazione. Il lavoro ne sarebbe probabilmente facilitato da ciò che fra l'Inghilterra, l'Abissinia e l'Egitto era stato stipulato nel Trattato Hewett. Interessava al mio Governo di mettere, anzi ogni altra cosa, in sodo che in massima il Gabinetto di Londra era consenziente con noi nel considerare come di reciproca eonvenienza la determinazione della linea di demarcazione, accompagnando tale demarcazione con il patto relativo ai temporanei sconfinamenti. Io avrei oggi stesso riferito a V.E. che le buone disposizioni di Sua Signoria mi permettevano di considerare come assodati in massima questi due punti.

Poi proseguii dicendo che, per evitare equivoci e malintesi, giovava sempre riscontrare se il punto di vista dal quale si consideravano le cose era il medesimo per i due Governi che null'altro desideravano che di procedere in intimo accordo. Il mahdismo essendo essenzialmente un movimento religioso, avea carattere espansivo. Probabilmente tale movimento tenderà a portarsi alle rive del Mar Rosso, poi a traversarlo. Esso deve avere per punto di mira le città sante. Il mahdismo costituisce dunque un pericolo non solamente limitato alle tribù minacciate dalle razzie ed incursioni, ma un pericolo che eventualmente potrebbe estendersi ad interessi gravissimi e d'ordine generale. Gli sforzi che l'Italia ha fatto ed i sacrifici che s'impone mantenendo la sua presente posizione in Africa, non sono dunque da considerarsi come inspirati da concetti egoistici poiché rispondono invece alla difesa d'interessi certamente comuni all'Italia ed all'Inghilterra. Se questo mio concetto era diviso da lord Salisbury ne sareb

be risultato elle in evenienze possibili, sebbene presentemente non prevedibili, i due Paesi avrebbero trovato nella comunanza degli interessi la base di un'azione comune contro il comune nemico.

Lord Salisbury mi rispose che il Governo italiano poteva contare sulla simpatia con la quale il Gabinetto di Londra vedeva gli sforzi che noi facevamo per assodare l'importante posizione nostra in Africa. Le informazioni che il Governo inglese avea, non indicavano che il mahdismo volesse uscire per ora dalla sua inazione. Dappoiché le notizie che noi avevamo ci facevano invece considerare come probabile un movimento offensivo contro l'Abissinia o contro noi stessi, egli assumerebbe nuove informazioni e ci comunicherebbe tutto ciò che egli riuscirebbe a sapere. Conveniva poi Sua Signoria che se il pericolo di un movimento espansivo del mahdismo non appariva imminente, era però fra le cose possibili; non sarebbe ancora venuto il tempo di concertarci in vista di tale eventualità; ma fin d'ora si può riconoscere che nel mahdismo esiste per l'Inghilterra e l'Italia un nemico comune da combattere.

Restano dunque dalla conversaziOne d'oggi messi in sodo questi tre punti:

l) l'Inghilterra è disposta a stabilire la linea di demarcazione interna, con che però questa non leda le ragioni territoriali dell'Egitto, per il quale la valle del Nilo è necessaria;

2) lo sconfinamento necessario per le operazioni militari sarà ammesso con che esso abbia carattere temporaneo e non pregiudichi le questioni territoriali;

3) se il movimento mahdista ci mette alle prese con quel nemico della Inghilterra, le disposizioni per concertare un'azione sono favorevoli, ma lord Salisbury considera che il momento non sia ancora venuto per prendere concerti speciali relativi a tale azione.

Vedrà ora V.E. quali altre comunicazioni io dovrò fare a questo primo ministro.

L'esito del colloquio d'oggi mi parve abbastanza importante e soddisfacente perché a noi convenisse di prenderne memoria scritta. Ho perciò offerto a lord Salisbury di prendere un appunto che gli avrei comunicato.

(l) -T. riservato 100 di Collobiano del 5 marzo, non pubblicato. (2) -Non si è trovata risposta a questo telegramma. (3) -Da ACS, Carte Crlspi, ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 225-231. (l) -Cfr. n. 299. (2) -Cfr. n. 130. (l) -T. coloniale riservato 180 del 7 marzo, non pubbllcato.
319

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 185. Massaua, 8 marzo 1890, ore 12,40 (per. ore 17,40).

Makallè 25 febbraio 1890, via Agamè.

Ho avuto, oggi 25 febbraio con Menelil{ lungo colloquio su tutte le questioni che riguardano mia missione. Circa convenzione addizionale il re fece molte

obiezioni sulla linea di confine. Mi sono limitato a far sapere che il Governo del re intendeva per uti possidetis linea del Mareb. Prego V.E. di farmi conoscere il più presto possibile quale confine intende Governo del re di avere, e nello stesso [tempo] far sapere nomi delegati italiani incaricati di tracciare confine (1). Parto oggi stesso Menelik pel Tembien, dove si trovano ras Mangascià e ras Alula; trattative di sottomissione sembra certo abbiano risultato soddisfacente per Menelik.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 63 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 209.

320

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. PERSONALE S.N. Roma, 8 marzo 1890, ore 16,55.

Abbiamo ragione di credere che il signor Bleichroeder non sia estraneo al ribasso prodottosi nella nostra rendita in questi ultimi giorni ritenendosi che il movimento sia partito da Berlino. Siamo dolenti di ciò e vorrei che V.E. facesse conoscere a quel banchiere che non fu colpa nostra se egli non entrò nel gruppo della Deutsche Bank, Berliner Handels Gesellschaft e che non mancherà l'occasione in cui l'Italia si potrà rivolgere a lui. Saremmo poi lietissimi se un accordo fosse possibile tra lui e le due case suddette per togliere ogni ragione di gelosia e di diffidenza. Voglia fare quanto occorre a questo riguardo e telegrammi (2).

321

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (3)

T. COLONIALE RISERVATO 168. Roma, 9 marzo 1890, ore 11,30.

Faccia proseguire per Antonelli: «Mando felicitazioni. Sia nostro interprete presso l'imperatore. La linea di confine che domandiamo (4) è quella del Mareb. Importa che nomina governatore Adua sia concertata con Comando superiore. Da quest'ultimo saranno nominati delegati italiani pel confine. Do istruzioni al generale Orero perché si rechi sull'altipiano per abboccarsi con l'imperatore, e perché la carovana coi doni parta al più presto per Adua ».

!B -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) -Per la risposta cfr. n. 321. (2) -Cfr. n. 322. (3) -Ed. in· L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 63-64. (4) -Risponde al n. 319.
322

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 102. Berlino, 9 marzo 1890, ore 16,54 (per. ore 17,50).

Mi affrettai comunicare a Bleichroeder quanto V.E. mi telegrafò ieri (1). Egli mi risponde « essere senza fondamento la supposizione che sua casa non sia estranea al ribasso rendita italiana. Tale supposizione, che data epoca ultima emissione obbligazioni ferroviarie italiane e che si è fatta quindi strada nella stampa tedesca, essere espediente poco degno di una concorrenza, la quale, cercando nascondere con ciò propria impotenza ed insuccesso, costringe lui Bleichroeder a ritirarsi dalla gestione affari finanziari italiani in Germania. La casa Bleichroeder tuttavia, fedele alle sue tradizioni, sarà sempre pronta, nella situazione anteriormente occupata, a fare interessi del Governo italiano, ogniqualvolta questo vorrà onoraria della sua fiducia. Ribasso rendita italiana è partito infatti da Berlino questa volta e devesi a ciò che il pubblico, commosso dalle vicende quotidiane delle piazze italiane, poteva disfarsi con beneficio della rendita italiana la qual cosa non era possibile con tutti gli altri valori industriali

o altri in seguito a crisi che pesa su questa piazza,. Circa l'accordo colle due banche menzionate da V. E. mi si fa osservare che iniziativa dovrebbe partire dalle dette banche, non volendo Bleichroeder esporsi ad un secondo rifiuto. In presenza dissenzioni tra il conte di Bismarck, il sottosegretario di Stato e Bleichroeder mi permetto ricordare a V. E. mia preghiera di lasciare nell'interesse del regio servizio questa ambasciata all'infuori di eventuali ulteriori trattazioni d'indole finanziaria.

323

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, AL CONSIGLIERE CATALANI, A LONDRA

T. S.N. Roma, 9 marzo 1890, ore 17.

Per varie ragioni anche interne converrebbe che il ministro notificasse alle Potenze e pubblicasse contemporaneamente la ratifica della concessione dei porti del Benadir. Pubblicazione si farebbe come segue: «Sultano Zanzibar ha ratificato concessione commerciale esclusiva all'Italia dei cinque porti di Merca, Mogadiscio, Uarsceik, Brava e Muruti e del porto di Kisimaio in comunione con l'Inghilterra. Con questa concessione l'Italia viene ad assicurarsi una sfera d'influenza non interrotta da dieci miglia sud della foce del Giuba al 49° grado nel golfo di Aden,. Prego telegrafarci il suo avviso sovra opportunità tale pubblicazione e sull'accoglienza che le farebbe società britannica Africa orientale e opinione pubblica inglese (2).

(l) -Cfr. n. 320. (2) -Per la risposta cfr. n. 329.
324

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL PRINCIPE DI NAPOLI, MORRA DI LAVRIANO, A SALONICCO

T. 446. Roma, 9 marzo 1890, ore 22,25.

Importa che Sua Altezza Reale sia informato di quanto appresso. Il signor Ristich, uno dei reggenti di Serbia, fece pratiche presso r. ministro in Belgrado perché Sua Altezza Reale non facesse visita alla regina Natalia. Rispondemmo che l'Altezza Sua era troppo gentiluomo per trascurare un dovere di cortesia verso la regina madre, la quale era stata ospite dei suoi augusti parenti; che se ragioni politiche lo esigevano, piuttosto Sua Altezza Reale si asterrebbe dall'andare in Belgrado; che però gli inconvenienti di simile divisamento ci sembravano e dovevano sembrare anche al Ristich più gravi delle conseguenze che egli temeva della visita di Sua Altezza Reale alla regina madre. Un telegramma d'oggi m'informa che il Governo serbo attribuisce la pratica fatta da Ristich ad istigazione segreta del re Milano e prega di considerare l'incidente di cui dicesi dolente come non avvenuto. S.M. il Re ha approvato il nostro contegno ed è per desiderio espresso dell'Augusto Sovrano che le comunico quanto precede.

325

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 128/78. Costantinopoli, 9 marzo 1890 (per. il 13).

Questo ambasciatore d'Austria-Ungheria espresse come opinione sua personale il parere, in un colloquio col gran visir sugli affari di Bulgaria, che sarebbe ormai inutile dare al Governo imperiale avvertimenti i quali sogliano non essere ascoltati, e che la Porta, trascurando i suoi doveri di Potenza altosovrana, cesserà, quando la Bulgaria diventi una dipendenza russa, dall'essere essa stessa considerata Potenza indipendente, e dal trovar appoggi come guardiana d'importanti interessi europei nei territori balcanici e negli stretti ormai egualmente indifesi. Il barone Calice disse inoltre a me, in una conversazione confidenziale, doversi riconoscere che si è fatto falsa strada nel procurare come si fece nei due ultimi anni di conciliare al nostro gruppo la fiducia del sultano.

L'ambasciatore d'Inghilterra per parte sua ha avvertito riservatamente il suo Governo che la situazione qui è pericolosa per effetto degli armamenti russi nel Mar Nero e nel Caucaso, e della possibilità che fra poco l'azione russa si eserciti fino alle porte di Adrianopoli. Confidò a me essere convinto che fu irreparabilmente mancata nel 1887 l'ultima occasione di far prevalere pacificamente sulla politica degli spartimenti e dei compensi la politica dell'indipendenza del sultano e della sua solidarietà col gruppo mediterraneo conservativo della libertà degli stretti, delle autonomie balcaniche; e che è vano aspettare ancora che la Turchia difenda gli interessi suoi, né accetti il nostro aiuto per difenderli, né opponga una seria resistenza alla preponderanza russa.

Se questi gravi apprezzamenti dei rappresentanti d'Inghilterra e d'AustriaUngheria a Costantinopoli, anziché confidenziali espressioni di opinioni personali, fossero ufficiali ed autorizzate, ne seguirebbe che realizzatosi il caso di non resistenza della Porta ad imprese contrarie alla sua alta sovranità, caso previsto negli accordi dell887, l'Italia, l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria sarebbero poste nel dilemma o di procedere agli atti efficaci pur previsti per ristabilire l'equilibrio e tutelare i comuni interessi, o di ritenersi sciolte a vicenda dagli impegni stessi e libere ciascuna della rispettiva azione per gli interessi propri. Ma il mio collega di Germania prevede che quei nostri colleghi non si lasceranno indefinitamente dominare dal dispetto di non aver ottenuto, l'uno, l'espulsione da Costantinopoli del corrispondente del Times signor Guarracino, l'altro, la cassazione del processo Moussa bey; e che persino quando la Bulgaria finirà, come il signor di Radowitz ritiene inevitabile, per ricadere sotto la preponderanza russa, gli accordi del 1887 continueranno a non essere né eseguiti né denunziati dai Gabinetti di Vienna e di Londra.

326

ACHILLE DE LAUZIÈRES AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE. Parigi, 9 marzo 1890.

Gratias tibi ago propter redditam benevolentiam quam valde gratam munijicentiam.

Come avrete potuto notarlo, la situazione per rapporto all'Italia in generale, ed al Governo italiano o al suo capo in particolare, è assai meno tesa, anzi di molto migliorata. Se altravolta la parola d'ordine che era data dal Ministero dell'estero, ed anche da quello dell'interno, ai pubblicisti che andavano a prendervi delle istruzioni era « Surtout tapez sur l'Italie )), ora invece (ed ho potuto seriamente issicurarmene) è questa: «Laissez tranquille l'ltalie ).

Debbo aggiungere che ciò si deve principalmente al signor Spuller malgrado le parole poco gradevoli che pronunziò ultimamente per l'Italia. Il felice successo che ebbe di recente alla Camera lo ha di molto consolidato, e se è ancora segno di qualche ostilità, questa viene ispirata da coloro che vor

rebbero rovesciar lo, per mettersi al suo posto; il che non si avvererà così facilmente, né cosi prontamente, salvo se una crisi ministeriale -dopo le vacanze di Pasqua e non prima-riformasse interamente il Gabinetto. E' probabile che la separazione delle Camere abbia luogo il 29 marzo e che esse non si riaprano che alla fine d'aprile, sicché il Ministero, a meno d'un incidente impreveduto, ha più di sei settimane d'esistenza assicurata.

In quanto al presidente del Consiglio, signor Tirard, si può affermare che non è lui che non vuol lasciare il potere, ma è il presidente della Repubblica che non vuol farlo partire.

Ha prodotto qui in una parte della stampa, parlo di quella d'ordinario meno amabile per l'Italia, viva impressione l'articolo della Berliner Post, nel quale viene denunziata e biasimata l'attività con la quale la Francia agisce sulla minuta popolazione in Italia, cercando ogni mezzo per distaccarla dal Governo e farle odiare l'alleanza con l'Alemagna.

Vi immaginate facilmente l'irritazione della stampa di cui è parola, quando il giornale (che vuolsi ispirato dal principe di Bismarck) aggiunge che «la Francia fa di tutto perché un Governo francofilo succeda a quello del ministro Crispi, e che stante queste manovre della Francia, dirette particolarmente contro l' Alemagna, è dovere del signor Crispi d'occuparsi seriamente a farle cessare, mediante energici provvedimenti ~.

Naturalmente qui si smentiscono le asserzioni della Post giusta l'adagio: «Tout mauvais cas est niable ~.

Pare assai difficile che i membri del Gabinetto si mettan d'accordo sulla scelta dei delegati, per la riunione di Berlino.

Si credeva che nel Consiglio dei ministri di ieri, la scelta sarebbe stata fatta ed approvata. Nol fu che pel senatore Tolain e pel deputato Burdeau; si trovò difficoltà pel delegato operaio Finance, proposto in cambio di Barly, in odio al Senato; e la quistione non sarà risoluta che al consiglio di martedì,

15. Ignoro se vi si è fatto notare che il giornale Le Matin, abitualmente ostile all'Italia, ha pubblicato testé un articolo in un senso affatto diverso. Ciò è bene, ma non credo ancora poter cantare vittoria, se non quando avrò ottenuto, come spero, senza esserne ben sicuro, che persista nella nuova via. È cosi versatile che ne dubito, ma non mi disanimo.

(l) Da ACS, Carte Crlsp1.

327

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI

T. 447. Roma, 10 marzo 1890, ore 11,15.

Ho la sua del 19 febbraio (1). Anche io sono per l'affermativa.

(l) Cfr. n. 277.

328

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 666. Pera, 10 marzo 1890, ore 13,45 (per. ore 15,45).

La Porta sta studiando segretamente, per evitare ogni intromissione delle Potenze, una proposta di abolire lo stato d'assedio in Candia, alla quale condizione quasi tutti i rifugiati sembrerebbero consentire a ritornare nell'isola a bordo del bastimento che, come è già noto, venne messo a loro disposizione dal Governo ottomano.

329

IL CONSIGLIERE CATALANI (l) AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI

T. S.N. Bruxelles, 11 marzo 1890, ore 17,49 (per. ore 20,05).

Temo pubblicazione nella forma indicata (2) possa produrre sgradevole impressione società britannica ed essere seguita pubblicazione tel'to concessione e da commenti stampa.

330

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO

T. COLONIALE RISERVATO 176. Roma, 11 marzo 1890, ore 18.

Prego far proseguire seguenti telegrammi Antonelli:

l) Col noleggiato in partenza 25 corrente saranno mandati a Massaua doni lettere reali per Menelik. Diedi ordini Salimbeni perché d'accordo con lei e Comando suneriore prepari carovana per trasporto medesimi.

2) Viscardi insiste per pagamento fucili venduti per conto suo Menelik. Dovendosi far pagamento con somme depositate qui da Makonnen specificatamente destinate altri acquisti occorre autorizzazione speciale Menelik, oltre beninteso ratifica convenzione addizionale.

schlavista.

3) Segretissimo. Inghilterra e Germania faranno pervenire risposta lettera Menelik per mezzo nostro. Governo francese afferma non aver avuto partecipazioni dirette da Menelik (l) mentre a noi consta contrario. Faccia che Menelik mantenga patti conchiusi. Ove egli si mostri leale appoggio Italia non verrà mai meno. Procuri che ad evitare futuri malintesi i capi da nominarsi nelle province Tigré limitrofe nostri possedimenti siano di animo conciliante ed a noi benevisi. Giudichi se possibile e conveniente nomina fra questi di grasmac Jusef:

(l) -Catalani si trovava a Bruxelles quale secondo plenlpotenzlarlo alla Conferenza antl (2) -Cfr. n. 323.
331

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, AL CONSIGLIERE CATALANI, A BRUXELLES

T. S.N. Roma, 12 marzo 1890, ore 11,30.

Importandoci fare nota pubblicazione (2) prego suggerire forma che senza pregiudicare nostri disegni avvenire non spiacerebbe società britannica (3).

332

IL CONSIGLIERE CATALANI AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI

T. S.N. Bruxelles, 12 marzo 1890, ore 18,06 (per. ore 21).

Sono informato da Mackinnon che la concessione fu !atta il 6 corrent.e dal sultano non all'Italia ma alla compagnia britannica, con facoltà retrocessione all'Italia come era convenuto. Utile a mio credere pubblicare la verità e gli accordi 3 agosto 1889 e novembre 1889 mettendo in rilievo il pregio in cui è tenuto il Governo italiano in Inghilterra, che la società più ricca, intraprendente e benemerita dopo lunga esperienza ed immenso interesse in Africa senza chiedere alcun compenso pecuniario, anzi a scapito di grandi guadagni, ha chiamato l'Italia a preferenza di qualsiasi altra Nazione ad associarsi opera incivilimento Africa. Un tale appello assai più glorioso pel R. Governo che una concessione diretta del sultano che si aveva potuto attribuire a corruzione

-o ad abbietta paura. Sotto tale aspetto Salisbury, il re del Belgio, Mackinnon e io abbiamo sin da principio guardato la cosa. Utile far notare che l'immenso territorio non costa all'Italia né un soldo né una goccia di sangue. Tacere che Catalani non ne ebbe alcuna ricompensa. Prego accusare ricevuta presente telegramma e lettera di Mackinnon a Crispi che trasmetto, posta. Intenzioni società britannica sono ritenere possesso territorio dopo i cinquant'anni.
(l) -Cfr. n. 311. (2) -Cfr. nn. 323 e 329. (3) -Cfr. n. 332.
333

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 134/82. Costantinopoli, 12 marzo 1890.

In ubbidienza al dispaccio ministeriale del 5 marzo n. 7683/48 (l) continuerò a partecipare a V.E. ogni informazione di qualche interesse circa le disposizioni dominanti in questo clero italiano e specialmente nei gesuiti, milizia ed anzi avanguardia della Chiesa, come amano dichiararsi. Non ho per ora da aggiungere ai miei precedenti rapporti se non alcuni appunti d'ordine generale.

Se in Occidente la Chiesa, stanca forse degli insuccessi della sua diplomazia presso i Governi moderni, sembra riportare la sua attività dalle quistioni politiche alle quistioni sociali, non è a meravigliarsi che in Oriente il clero italiano si dimostri desideroso d'un mutamento nell'indirizzo politico che anche qui non poteva essere per parte del Vaticano più sbagliato negli intenti e più infelice nei risultati.

Il sogno di una restaurazione del potere temporale in Roma ha indotto Leone XIII ad abdicare in Oriente più completamente ancora dei suoi predecessori la sovranità spirituale anzi la stessa indipendenza ad sacra in mano alla Francia, e ciò precisamente quando la Francia abbandonava le sue tradizioni orientali; onde la Chiesa si vede adoperata a che il grande scisma, visibilmente trionfante già nei luoghi santi, venga intronizzato a Santa Sofia.

La preponderanza degli ortodossi, la subordinazione ed umiliazione dei latini sono palpabili in tutto l'Oriente. Mentre il patriarca ecumenico gode nel Fanaranche nei tempi più burrascosi, una piena indipendenza, anzi esercita sui membri della propria confessione giurisdizioni che sono veri attributi di sovranità, il clero italiano e la stessa delegazione pontificia vedono intercettare per così dire ad esclusivo pregiudizio del cattolicismo, da un'autorità politica che non è quella del Paese in cui risiedono né quella del loro Paese d'origine, le istituzioni secolari che fanno convivere con reciproca soddisfazione i califfi ed i patriarchi e che sarebbero egualmente propizie alle rappresentanze pontificie, di cui la tenacia [sic] impedisce la creazione. La Chiesa cattolica è qui sottoposta, come da una finzione d'extraterritorialità, ad un regime francese antiquato che si arroga il controllo perfino del culto nell'interno delle chiese, regime il quale non viene più applicato al cattolicismo in nessuno Stato europeo, né ad alcuna altra religione in Turchia; quasi che in Oriente la Chiesa romana fosse ancora, come ai tempi di Luigi XIV, una semplice appendice della Chiesa gallicana. Non v'ha prete cattolico di qualsiasi altra nazionalità che non rimpianga più o meno apertamente il danno recato ai latini da tale infeudazione della Chiesa ad una politica che, legittima per parte della Russia ortodossa, è contraddittoria in sé per parte della Potenza che pretende al protettorato della Chiesa romana in Oriente.

I gesuiti, visto il pericolo, ed essendo i più ricchi, hanno per i primi potuto schivare il regime del protettorato. In certi conventi fu posto allo studio il progetto di accettare la sudditanza ottomana, sembrando preferibile al protettorato il regime dei rajà. Comprando terreni, fabbricando collegi e chiese, si registrano quelle proprietà a nome di italiani, di tedeschi, di inglesi. Istituendo scuole, vi si accolgono alunni di religione (1).

(l) Non pubbl!cato.

334

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEI4 CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 199. Massaua, 14 marzo 1890, ore 12,20 (per. ore 16,15).

Abraisseba, 3 marzo 1890.

Rispondo due telegrammi di V.E. in data del 16 febbraio (3). Menelik ha consentito a favore nostri plenipotenziari rappresentare Etiopia nella Conferenza Bruxelles, autorizzandoli a firmare in suo nome. Sua Maestà prega il Governo del re perché voglia sostenere per l'Etiopia facoltà introduzione armi, dovendo servire a reprimere rivoluzione mahdista che minaccia questo Paese.

335

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 201. Massaua, 14 marzo 1890, ore 14,50 (per. ore 21,10).

Uombertà, 6 marzo.

S.M. il Re Menelik ha ratificato convenzione addizionale facendo apporre, secondo l'uso, sigillo reale. Ratifica porta la data del 19 di jekalit 1882, corrispondente data calendario nostro 25 febbraio anno corrente. Il re è benissimo disposto verso l'Italia, ma trova grande opposizione nei suoi capi per la cessione territorio. È accusato di vendere l'Etiopia all'Italia. Sono stato testimone di queste accuse fatte dai suoi ras e dai degiac. Tutto ciò poteva dar luogo ritardo ratifica, forse comprometterla. Sua Maestà acconsentì ratifica convenzione addizionale sol

tanto dopo mia assicurazione che linea confine non oltrepasserà Halai-GuraSaganeiti-Debaroa e poi una linea da est ad ovest. Attualmente il re fa razzie nei domini di degiac Sebhat, che si è ribellato, come già ho riferito a V.E. col mio telegramma 28 febbraio (1). Quindi andrà Adua, Axum. Credo che sia conveniente Orero incontrarsi re Adua. Sono persuaso che, per accordi verbali, nostri confini oltrepasseranno linea indicata. Con ciò toglieremo la contrarietà con i suoi capi. Sottomissione ras Mangascià sembra certo avverrà fra tre giorni.

(l) -Il testo, che è la minuta conservata nelle Carte Blanc, finisce cosi. (2) -Ed. in L'Italia in A/rica, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 69 e in LV 72, p. 4. (3) -Cfr. nn. 292 e 293.

(4) Ed. in L'Italia in A/rica, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 69-70.

336

IL CONSIGLIERE CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 211. Bruxelles, 15 marzo 1890, ore 14,20 (per. ore 17).

Mackinnon telegrafa: c Personalmente non ho obiezione pubblicazione~-Foreign Office, non apparendo accordo, non può opporsi.

337

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI, ESTERI A.I., CRISPI. AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 193. Roma, 15 marzo 1890, ore 17,30.

Prego spedire ad Antonelli seguente telegramma: «Le faccio i più vivi encomi per l'ottenuta ratifica della convenzione addizio:o,ale (3). Non poss_o_ però accett_are come definitivi confini da lei indicati. Ci occorre linea del Mareb già occupata dalle nostre bande e con nostro fortilizio sulla riva opposta. Confido sarà fatto diritto nostre giuste esigenze per mezzo accordi verbali. Io non voglio creare imbarazzi tra Menelik e i suoi .capi, ma non posso lasciare indifeso. il territorio nostro. Ho dato istruzioni Orero perché mandi tutto quanto ella ha chiesto a Salimbeni. Salimbeni partirà il più presto da Massaua colla maggior parte della roba. Il resto che si compone dei doni, lettere reali, mille casse cartucce partirà da Napoli il 25 e sarà fatto proseguire senza indugio. Consentiamo rappresentare Menelik alla Conferenza di Bruxelles (4) e abbiamo fatte le prime pratiche a tale scopo. Ottenga una risposta circa l'affare Viscardi ».

(l) -T. coloniale riservato 186, trasmesso da Massaua 1'8 marzo, non pubbl!cato. (2) -Ed. !n L'Italta in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 70. (3) -crr. n. 335. (4) -Cfr. n. 334.
338

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSIGLIERE CATALANI, A BRUXELLES

T. S.N. Roma, 16 marzo 1890, ore 11.

Prego suggerire formola per notificazione e pubblicazione che senza compromettere avvènire non scontenti società britannica Africa orientale (1).

339

IL CONSIGLIERE CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 221 bis. Bruxelles, 16 marzo 1890, ore 18,25 (per. ore 20,05).

Prima di rispondere (2) utile accertare se Salisbury ha ormai contezza concessione alla Compagnia porti settentrionali. Scrivo Màckinnon in proposito .

. ,':.

340

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 148/95. Costantinopoli, 16 marzo 1890 (per. il 31).

Ho l'onore di segnare ricevuta del dispaccio ministeriale 7 marzo (3) relativo alla risoluzione presa dal Governo del re, stante il contegno della Germania e dell'Inghilterra, di non far altre osservazioni sugli affari di Candia, benché convinto che i fatti dimostreranno i danni della nostra astensione.

In coerenza con tali istruzioni, nel caso poco probabile in cui mi si riparlasse di consigli a dare, esprimerei il parere essere passato il tempo dei consigli alla Porta ed ai greci.

Alla Porta consterebbe che il Governo ellenico esercita un'azione persistente a impedire accordi fra i rifugiati cretesi ed il rappresentante ottomano in Atene e per mantenere l'agitazione; e che egli vuole concessioni imposte dalle Potenze alla Turchia, ma respinge patti di pacificazione tra gli emigrati cretesi e la Porta che possano vincolare la libertà d'azione dei cretesi stessi e della Grecia. Perciò i ministri del sultano, considerando i cretesi in Grecia come i montenegrini in Serbia quali corpi disponibili per eventuali ostilità, hanno deciso di sospendere le trattative iniziate tra il rappresentante ottomano in Atene e gli emigrati cretesi. per il motivo che la concessione di mezzi di rimpatrio gratuito e l'abolizione della legge marziale (l) per gli attentati all'ordine pubblico posteriori all'amnistia non sarebbero che aiuti all'annunziata insurrezione.

(l) -Per la risposta cfr. n. 339. (2) -Cfr. n. 338. (3) -Non pubbl1cato: comunicazione del contenuto del n. 262.
341

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 198. Roma, 17 marzo 1890, ore 10.

Per tutto quanto riguarda rappresentanza Etiopia nella Conferenza proceda nel più stretto accordo con Catalani che poté a Roma conoscere mio intimo pensiero tale riguardo.

342

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 200. Roma, 17 marzo 1890, ore 11.

Rispondo suo telegramma di ieri mattina (3). Stiamo trattando con Salisbury per la definizione d'una zona d'influenza all'interno coine fu stabilito per la costa (4). È necessario quindi che codesto Comando non susciti diffidenze e sospetti all'Inghilterra, poiché ciò renderebbe difficile ed anche impossibile il negoziato. Ella non può non conoscere gli accordi già presi colia Gran Bretagna e aver ben presenti le zone d'influenza marittima e costiera già stabilite. La invito dunque a rispettarle.

(-4) Cfr. n. 318.

(l) Cfr. n. 328.

(2) Ed. in L'Italia ln A/rlea, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIli, clt., p. 93.

(3) -T. coloniale riservato 210 del 15 marzo, non pubblicato, nel quale Orero sugj;\erlva l'opportunità di fare pressioni sulle autorità inglesi di Sual~in perchè impedissero Incursioni d! mahd!sti in territori sotto controllo Italiano.
343

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 101/66. Bruxelles, 17 marzo 1890 (per. il 21).

Il dispaccio col quale l'E.V. mi significava la delegazione dell'imperatore d'Etiopia (1), fu comunicato da me immediatamente al ministro degli affari esteri che cercai di incontrare, e poco dopo al barone Lambermont.

A questo era già stato tenuto discorso, in modo privato, della possibilità di un cosiffatto mandato, e mentre a noi pareva essere questa la soluzione migliore per definire le questioni che ci interessavano, si era già visto che tale essa non sembrasse al Lambermont. Il quale ha sempre accarezzato il disegno, di farci accettare invece un suo emendamento all'articolo del commercio delle armi.

Dopo la mia notizia ufficiale, il Lambermont fu più esplicito e fece alle nostre comunicazioni la risposta che ieri brevemente accennai con telegramma (2) e che ora trascrivo con la maggior fedeltà di memoria: «Non le nascondo -egli mi disse -che le dichiarazioni fatte da lei, signor ministro, alla Conferenza sulla impossibilità di accettare restrizioni nel commercio delle armi con l'Abissinia, han sempre destato le preoccupazioni dei rappresentanti di Francia e di Inghilterra. Il ministro Bourée e il Cogordan ml han sempre parlato dei pericoli della libera somministrazione di armi allo Scioa e poscia all'Abissinia, non solo per la possibilità che quelle armi passassero all'interno dell'Africa, ma anche per la sicurezza dei possedimenti francesi di Tadjoura. Il ministro inglese anche egli si è sempre mostrato contrario. Con la rappresentanza di Menelik alla nostra Conferenza, quelle preoccupazioni cresceranno. Imperocché alle ostilità dianzi notate, vanno aggiunte le diffidenze del Paesi, quali la Russia e la Turchia, i. quali non avendo ancora riconosciuto il trattato fra l'Italia e l'Etiopia, potrebbero vedere nella presenza dei nuovi rappresentanti una implicita adesione, dalla quale forse sono alieni"·

Il barone Lambermont mi ha quindi accennato alla necessità di un invito del re dei belgi che dovrebbe precedere l'adesione di Menelik e sulla difficoltà di accogliere gli inviati di un nuovo sovrano, quando già i lavori della Conferenza volgono al loro fine. Ha egli conchiuso, protestando delle migliori disposizioni del suo Governo, ma nel tempo istesso dichiarando non poter dare una risposta, senza interrogare le principali Potenze.

Ho combattuto uno per uno gli argomenti di cui si è servito il ministro di Stato, solo accogliendo la sua preghiera di non comunicare crudamente la notizia, ma di svolgere, nella lettera, le considerazioni, atte a distruggere le prevenzioni e le opposizioni possibili. Cosi ho fatto.

Il barone Lambermont leggendo i1 ·foglio da me presentato (l), me ne ha dimostrato la piena sua soddisfazione, insieme con la speranza, che in tal modo gli sia più facile, evitare nella Conferenza ogni temuto dissidio.

(l) -T. coloniale rl~ervato 191 del 15 marzo, non pubblicato, inviato a Berilno, Londra, Vlenna, Bruxelles, L'Ala e Lisbona. (2) -T. coloniale riservato 213, non pubblicato.
344

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, AL CONSIGLIERE CATALANI, A BRUXELLES

T. S.N. Roma, 18 marzo 1890, ore 11,40.

Voglia interrogare confidenzialmente Mackinnon se avesse difficoltà a che nel prossimo Libro Verde sul Zanzibar (2) nel pubblicare l'accordo del 3 agosto 1889 si omettesse l'articolo quarto relativo alle sfere d'influenza del Governo italiano e della Compagnia britannica (3).

345

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 204. Roma, 18 marzo 1890, ore 16,35.

Ho ricevuto sua lettera particolare 7 marzo (5). I territori ceduti all'Abissinia col Trattato Hewett, territorii che re Giovanni non giunse ad occupare in totalità, provano che l'Egitto si era disinteressato anche di Kassala. Ora coloro che su Kassala potrebbero aver diritto, dopo quel trattato sono o re Menelik o il re d'Italia, a condizione che sappiano riconquistarla. Posto ciò in sodo, sono pronto a procedere ad accordi per stabilire fra l'Italia e l'Inghilterra la rispettiva zona d'influenza interna. Il Governo del re sente la necessità che tale delimitazione abbia luogo perché i dervisci cospirano con popolazioni musulmane da noi protette e noi non possiamo attendere che le loro cospirazioni giungano ad un risultato. Lasciandoli operare potremo trovarceli alle porte di Keren, con grave danno della nostra influenza e pericoli della nostra colonia. Per fornirle notizie di fatto precise faccio partire per Londra il colonnello Dal Verme dello Stato Maggiore, che ha studiato a fondo la questione, la conosce meglio di chiunque e potrà servirle in questa circostanza da consulente tecnico. Un prossimo telegramma le farà conoscere giorno suo arrivo.

(l) -Al rapporto è allegata copia della lettera di De Renz!s al ministro degli esteri belga, che non si pubblica. (2) -Questo Ltbro Verde non fu pubblicato. (3) -Per Il seguito della questione cfr. nn. 352 e 354.

(4) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 94.

(5) Cfr. n. 318.

346

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. PERSONALE 383/150, Berlino, 18 marzo 1890 (per. il 22).

Mes rapports, dei>uis le retour du chancelier de Friedrichsruh, laissaient présumer qu'une certaine opposition de vues entre l'empereur et Son Altesse provoquerait tòt ou tard une crise (1). Le point de départ en a été le rescrit impérial du 4 février pour la protection des ouvriers. Depuis lors, survinrent divers incidents qui ont amené avant hier une explication entre Sa Majesté et le prince de Bismarck. Celui-ci avait reçu la visite de M. Windthorst, le chef de la fraction du centre. Parmi les membres de cette fraction il s'en trouve certainement bon nombre qui cherchent avec conviction à concilier les intérèts de la religion catholique avec ceux de l'Empire; mais il n'est pas moins vrai que dans cette catégorie on ne saurait ranger qui, comme M. Windthorst, sous le manteau de la religion ne viserait qu'à saper les fondements de l'Empire. Le journal officieux la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, dans le but d'obtenir une majorité gouvernementale au Reichstag, manoeuvrait déjà dans le sens de rapprocher du centre le parti des conservateurs ayant ce point de commun que l'un et l'autre représentent le principe d'autorité. Il est évident qu'en faisant cette constatation, la feuille ministérielle voulait recommander une alliance des deux partis. Du reste, cette tendance se manifestait plus clairement dans un article où le mème journal s'attachait à démontrer que, réunis, les conservateurs et les ultramontains disposeraient réellement de la majorité et qu'une entente est très possible entre eux sur certain nombre de questions.

L'Empereur reprochait au chancelier de n'avoir pas décliné la visite de M. Windthorst.

Sa Majesté a demandé au prince de retirer un ordre d'après lequel les ministres et secrétaires d'Etat ne peuvent se présenter en audience chez l'empereur sans l'agrément du chancelier. Celui-ci a refusé son consentement.

Le souverain désire, à l'encontre de l'avis de Son Altesse, réduire au plus strict nécessaire les nouveaux crédits militaires pour lesquels il faudra recourir au Parlement, dépenses qui devront étre affectées en grande partie à augmenter l'artillerie de 74 batteries. Or le Reichstag actuel rejetterait la loi projetée. Il en surgirait un conflit que Sa Majesté veut éviter. Les chefs des différents corps d'armée sont convoqués à Berlin pour se prononcer sur l'extrème limite des réductions.

Enfin Sa Majesté trouvait qu'on l'informait incomplètement sur les affaires étrangères.

Le prince de Bismarck a trahi par des gestes l'impétuosité de son caractère, et après ce sfogo de mauvaise humeur, ses yeux se mouillèrent de larmes. L'empereur a conservé le plus grand calme durant ce pénible entretien qui a eu lieu avant hier, et il quittait son premier ministre en lui disant qu'il attendait de connaitre le résultat de ses réflexions.

Hier le général de Hancke, chef du bureau militaire, venait chez le chancelier pour lui annoncer que Son Altesse était attendue au chateau pour régler avec Sa Majesté les détails concernant sa retraite.

Le prince de Bismarck a refusé de se rendre à cet appel, et a envoyé aujourd'hui à l'empereur un mémoire justificatif de son attitude.

Comme je viens de le télégraphier (1), il n'y a nul doute, d'après les termes mémes du message apporté par le général de Hancke, que la retraite du chancelier est désormais un fait accompli. Le secrétaire d'Etat demandera d'étre lui aussi dispensé du service, quand la nouvelle de la démission de son père sera annoncée officiellement. Le comte de Bismarck agira sous l'impulsion d'un noble sentiment. Bien entendu, il n'existe entre Sa Majesté et lui aucun motif de désaccord en ce qui a trait à la direction de la politique extérieure.

Le fin mot des tiraillements entre l'empereur et son premier ministre se trouve dans leur incompatibilité àe caractère. Le prince de Bismarck est autoritaire; il ne souffre pas la moindre contradiction, ne sait pas se plier aux transactions. L'empereur, tout en rendant pleine justice aux éminents services rendues durant plua d'un quart de siècle par le prince à la Monarchie, à la Prusse et à l'Allemagne, est résolu à prendre sous sa haute direction la politique intérieure, aussi bien que la politique étrangère; tandis que le chancelier voulait conserver en main les rénes du Gouvernement, camme durant les dernières années du règne de l'empereur Guillaume I.

On ne sait rien encore sur le choix d'un successeur. Des personnes bien mformées assurent que depuis un mais l'empereur aurait déjà fixé ce choix.

Quoi qu'il en soit, rien ne sera changé dans les traits principaux de l'ancien programme de politique étrangère. L'empereur reste constant et inébranlable pour le maintien de la Triple Alliance. Le blàme de l'empereur sur des cajoleries à l'endroit de M. Windthorst doit, à nos yeux surtout, revètir une signification qu'il serait superflu de faire ressortir davantage.

Je tiens de très bonne source ces détails qui m'ont été fournis avec la recommandation de les communiquer pour l'information personnelle de V.E. Les paroles si gracieuses à l'adresse de V.E. qui ont été dites aujourd'hui par le chancelier à M. le sénateur Boccardo peuvent ètre considérées camme un adieu à qui a su camme vous, M. le ministre mériter l'amitié et l'estirne de San Altesse (2).

(l) Cfr. n. 274.

(l) -T. riservato 105, non pubblicato. (2) -I delegati alla Conferenza di Berlino, Boccardo, Ellena e Bodio. avevano comunicato con T. 743 dello stesso 18 marzo: «Oggi principe Bismarck fece visita Conferenza, conversando molto benevolmente con noi, cl domandò anzi tutto notizie di V. E. dicendo era suo amico ctvl cuore, e, benché avesse anche buoni rapporti con predecessori V. E., tuttavia era molto più lieto trattare con V. E. grandi questioni politiche europee nelle quali era completamentéd'accordo con V. E. Alla nostra domanda se potE'vamo comunicare tali dichiarazioni V. E., risposeilffermativamente ».
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 224. Londra, 19 marzo 1890, ore 15,50 (per. ore 24)

Personale per il ministro. Ringrazio V.E. per l'invio del colonnello Dal Verme (2) che mi sarà di guida sicura per gli eventuali negoziati. Prego affrettarne l'arrivo. Debbo inoltre pregare V.E. di notare che dal mio colloquio con lord Salisbury del 7 corrente (3) è risultato che un dissenso circa il diritto dell'Egitto sovra Kartum e Kassala è da prevedersi. Io ho indicato il Trattato Hewett come quello che poteva fornire la base per la delimitazione delle zone rispettive dell'Italia e dell'Inghilterra. Lord Salisbury ha dichiarato, in termini espliciti, che l'abbandono di Kartum e di Kassala era temporaneo e che l'Inghilterra considera la valle del Nilo necessaria all'Egitto. Non volli far risultare di questo dissenso in quel mio colloquio poiché, se ciò avessi fatto, avrei molto probabilmente perduto ogni base di possibili intelligenze con il Governo britannico, intelligenze indicatemi invece da V.E. come urgenti per i bisogni della nostra difesa. Se il precedente Gabinetto inglese sembrò volerei invitare ad occupare Kassala, l'attuale Ministero, su questo punto, la pensa in modo molto diverso. L'atteggiamento di lord Salisbury relativamente alla posizione da noi presa sull'altipiano etiopico è stata sempre di marcata circospezione. Io non posso lasciare credere al R. Governo che lord Salisbury sia disposto ad acconsentire allo stabilimento di una dominazione diretta od indiretta dell'Italia nella regione dell'alto Nilo, poiché qui attualmente, a ragione o a torto, si crede che da quelle posizioni si domini l'Egitto, e molti, principalmente nel partito liberale, ritengono che il Gabinetto Salisbury ha agito imprudentemente !asciandoci penetrare fin dove ora ci troviamo. Sarebbe certamente nella nostra convenienza che le cose fossero diversamente; ma il mio dovere è di dirle come esse sono, acciocché V.E. possa deliberare e farmi conoscere se convenga nelle trattative concernenti la linea di demarcazione, io affermi diritti dell'Etiopia e dell'Italia sovra Kassala, come essi sono indicati nel telegramma di V.E. del 18 corrente oppure io procuri di eludere la discussione dei diritti territoriali, limitando la trattativa a ciò che la necessità della difesa contro i dervisci rende per noi indispensabile. La questione, come fu da me posta il sette corrente a lord Salisbury, rende possibile di prendere l'una via o l'altra, ma se veramente è necessario per noi provvederei prontamente contro i dervisci, non credo che otterremo lo scopo impegnandoci con l'Inghilterra nella discussione sul valore della cessione contenuta nel Trattato Hewett, dopo la modificazione avvenuta nelle condi

-Docmnenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

zioni dell'Abissinia, discussione inevitabile se vogliamo mettere in sodo i diritti territoriali che in fatto il re Giovanni non ha mai esercitato e che, tanto per l'Etiopia o per noi, quanto per l'Egitto o l'Inghilterra, sono da conquistare. Bisogna inoltre tener conto che gli inglesi, in questo momento, credono che i dervisci siano ridotti all'impotenza dalla carestia.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 96-97.

(2) -Cfr. n. 345. (3) -Cfr. n. 318.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 10u. Pera, 20 marzo 1890, ore 13 (per. ore 15,20).

A proposito dell'attuale crisi politica di Berlino ricorderò quello che ho riferito all'E.V. che Radowitz, il quale è ora a Berlino, mi ha espresso l'opinione che gli accordi del 1887 non sarebbero né eseguiti né denunziati dal gruppo itala-anglo-austriaco e dimostrava indifferenza per la grave situazione risultante da ciò per gli interessi delle Potenze mediterranee in Oriente. Mi permetto d'invocare l'attenzione dell'E.V. sui miei rapporti politici a decorrere dal 5 corrente (1).

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IL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 233. Massaua, 20 marzo 1890, ore 17,55 (per. ore 6 del 21).

Osman Digma che dicevasi riunito Abu Ghergia presso Tokar, risulta trovarsi ancora nel Sudan oltre Kassala. Dervisch Abu Ghergia comunicano liberamente con Suakin ricevendo dura. Secondo informazioni attendibili ritiensi che Abu Ghergia, aiutato con armi e munizioni da autorità Suakin, è spinto molestarci per impedirci avanzare Sudan. Però Abu Ghergia esitante, causa grande paura degli italiani. Chi in Suakin soffia contro noi è il solito Marco

pulo, cui influenza venne cresciuta con sua recente nomina direttore dogana in aggiunta carica segretario generale. Questo concorda con informazioni da Kassala e da agente consolare Suakin, dalle quali mi risulta numerose carovane avorio e gomma giungere Suakin, garantite da accordi tra autorità Suakin e dervish. Senza intenzione insistere su quanto credo necessario nostri interessi, a scopo solo chiarire situazione, aggiungo seguenti osservazioni; ordine contenuto telegramma di V.E. del 16 (l) impartito nostre navi da guerra, è conforme a quanto sempre fu fatto. Ciò che a me pareva è occupazione punti territorio nostra giurisdizione, lontanissima giurisdizione anglo-egiziana, occupazione che ritenevo imposta dal dovere spettante a qualunque Stato di tutelare suoi interessi, anche quando tutela non collima con interessi Stato amico alleato, dovere che Inghilterra non potrebbe certo rimproverare noi di adempiere. Del resto il Sudan è abbastanza grande per l'Italia e l'Inghilterra, la quale è troppo pratica per non sapere che !asciandoci parte spettanteci, le resterà sempre, coll'Egitto, col canale, con Suakin in sue mani la parte del leone. Mio timore è che difficoltà fatte a nostra azione dall'Inghilterra non siano ispirate da veri interessi inglesi, ma da intrigo e interessi egiziani, il cui solo intento è che l'Italia ne esca coi danni e colle beffe. Considerazioni militari seguono in telegramma al ministro della guerra (2).

(l) Cfr. nn. 313 e 325.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 600/224:. Vienna, 20 marzo 1890 (per. il 23).

Col ritiro dagli affari di Stato del principe di Bismarck dispare dalla scena politica la più colossale figura del tempo presente. Questo fatto produce nella. capitale austriaca un'impressione che è profonda e sarà durevole. Certamente qui non si dubita punto della continuazione dell'attuale direzione della politica estera della Germania. La Triplice Alleanza rimane ora, come era prima, la base di questa politica. Ma non è cosa indifferente che essa non abbia più per organo e ministro principale un personaggio che inspirava qui una sicurezza assoluta e che era stato l'inspiratore convinto e potente dell'alleanza. Il conte Kalnoky mi disse oggi che la dimissione del cancelliere germanico fu annunziata, con telegramma, fin da ieri all'imperatore Francesco Giuseppe dall'imperatore Guglielmo, il quale, nel dare quest'annunzio al suo augusto alleato, lo assicurava che nulla era mutato circa la politica esteriore della Germania. Personalmente il conte Kalnoky rimpiange la dimissione del principe di Bismarck

che pure egli prevedeva inevitabile da qualche tempo. Egli era in relazioni intime da nove anni col principe, e tra i due uomini di Stato regnava una grande fiducia, la quale non era mai venuta meno anche quando v'era qualche discrepanza di vedute. Invece il generale di Caprivi, successore del principe di Bismarck, è personalmente sconosciuto al conte Kalnoky, e ci vorrà senza dubbio un certo tempo prima che si possano creare fra i due ministri relazioni d'eguale sicurezza.

A Vienna, nei circoli politici, l'opinione generale è che il cambiamento, prodottosi a Berlino, non avrà un'azione immediata nella politica degli Stati europei, ma che coll'andar del tempo la disparizione del principe di Bismarck non mancherà di farsi sentire. Certo è che con un giovane imperatore, pieno d'attività e d'ardore, e privo oramai del contrappeso d'una così forte autorità come era quella del principe di Bismarcl\:, si dovrà far luogo assai più che prima, all'impreveduto.

(l) -T. coloniale riservato 164. non pubblicato: Istruzioni di ordinare alle navi da guerra di astenersi dall'andare a Suak!n e anche dal mostrarsi nella costa non soggetta all'influenza Italiana. (2) -Non pubblicato.
351

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 95. Roma, 21 marzo 1890, ore 17.

Per soddisfare vive istanze Governo portoghese la prego unirsi ai rappresentanti delle altre Grandi Potenze che facessero pratiche presso il Gabinetto inglese per procurare accomodamento con Portogallo.

352

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 213. Roma, 21 marzo 1890, ore 17.

Sono informato (l) che lord Dufferin telegrafò a Salisbury che io avrei deciso non pubblicare termini accordo Zanzibar. Evidentemente in ciò vi è equivoco, non avendo io mai dato simile assicurazione, né potendola dare, dovendo l'accordo essere presentato al Parlamento.

(l) T. coloniale riservato 231 del 20 marzo di Catalani, non pubblicato.

353

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 316/201. Londra, 21 marzo 1890 (per. il 29).

Con separati rapporti (l) io ho avuto l'onore di far conoscere a V.E. l'uso da me fatto delle notizie da lei trasmesse circa il lavorio della Francia in Tunisia ed i preparativi che accennano a più vasti progetti della stessa in quelle contrade.

Ella avrà certamente notato che, quando io ho parlato di tali cose a lord Salisbury od al sottosegretario di Stato, la loro prima risposta fu quasi sempre che il Foreign Office non avea ricevute le notizie di fatto che io segnalava. Si è potuto anche rimarcare nella sostanza dei pochi apprezzamenti che mi riuscì di raccogliere in un colloquio con lord Salisbury, che Sua Signoria non è inclinata a credere che le opere di fortificazione ed altre che sembrano progettate per Biserta, siano di facile riuscita. Non ha, in ogni caso, questo primo ministro nascosto il suo pensiero che non sia per ora da attribuirsi importanza ai lav ori stessi.

Per modificare siffatte impressioni, io credo sia necessario, o che qualche nuova circostanza di fatto d'incontestabile valore si produca, o che gli agenti inglesi nella Tunisia e nella Tripolitania, con le spontanee loro informazioni, indicassero gli scopi ai quali il lavorio francese tende ed avvertissero i mezzi al conseguimento degli scopi stessi impiegati.

Finché il Foreign Office sarà chiamato a prendere in considerazione ciò che avviene a Tunisi e sulle frontiere della Tripolitania, unicamente in seguito alle notizie che noi gli rechiamo, io temo che l'effetto della nostra azione non possa essere efficace. È infatti nell'ordine naturale delle cose che quando, dopo le indicazioni da me fornite, il Foreign Office invita i suoi agenti a riferire intorno alle medesime, quegli agenti vogliano nella attenuazione dei fatti dare la spiegazione del loro silenzio circa i medesimi. Se invece le relazioni degli agenti britannici pervenissero qui almeno contemporaneamente a quelle che i nostri mandano a V.E., il Foreign Office si troverebbe assai meglio disposto a ricevere le mie comunicazioni.

Io mi domando anzi se, avvezzando il Foreign Office a ritenere che le notizie che gli vengono da fonte nostra non sono considerate come degne di attenzione dai suoi agenti, non possa nascere il pericolo che, quando dovessimo denunziare qualche fatto di seria importanza, la stessa freddezza ed incredulità abbia ad accogliere le prime nostre informazioni. Mi sembrerebbe perciò opportuno che gli agenti nostri in Tunisia ed in Tripolitania procurassero di mantenersi in relazioni intime con i loro colleghi inglesi, si adoperassero a fare in guisa che questi dividessero le loro impressioni e trasmettessero al Gabinetto di Londra le notizie che eglino trasmettono a Roma. Questa r. ambasciata ne troverebbe facilitato il compito suo.

(l) Cfr. nn. 211, 230 e 275.

354

IL CONSIGLIERE CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 237. Bruxelles, 22 marzo 1890, ore 9,56 (per. ore 13,20).

Preme rettificare impressione lord Dufferin (1). Il Foreign Office ha comunicato in iscritto alla Compagnia britannica sostanza telegramma lord Dufferin da me accennato. D'altra parte sottosegretario di Stato del Foreign Office mi ha telegrafato avanti ieri sera per mezzo di Mackinnon di far sospendere pubblicazione.

355

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 218. Roma, 22 marzo 1890, ore 14,25.

Il comandante superiore in Massaua c'informa (3) che i dervisci di AbuGhergia comunicano liberamente con Suakin, donde ricevono dura, armi, munizioni, nonché incitamenti a molestarci. Principale autore di questa azione a noi ostile è il noto Marcopulo, la cui influenza venne cresciuta con sua recente nomina a direttore dogana in aggiunta carica segretario generale. L'accordo tra autorità Suakin e dervisci è provato ancora dal fatto che numerose carovane avorio e gomma possono giungere dall'interno a Suakin. Non possiamo credere che il Governo inglese sia connivente a siffatta politica la quale potrebbe obbligare! ad una seria azione difensiva che ci porterebbe forse ad internarci verso Kassala. In ogni modo, insista perché Governo inglese faccia allontanare da Suakin il Marcopulo, giusta quanto ci fu già fatto sperare, potendo egli essere causa di dissidi che vogliamo evitare (4).

356

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 777. Pietroburgo, 22 marzo 1890, ore 18 (per. ore 18,50).

Czar è impressionato dalla dimissione Bismarck che egli considera danneggiare garanzie di pace. Spera che l'attività dell'imperatore di Germania

non uscirà dalla cerchia delle riforme interne. Giers parla in questo senso e aggiunge che oramai entriamo nella fase dell'ignoto. Lobanoff, che ritorna a Vienna, ha confermato questi apprezzamenti a quest'ambasciatore d'AustriaUngheria, il quale constata con ansietà che i partiti estremi di Germania e gll slavi dell'Impero austro-ungarico già cantano vittoria.

(l) Cfr. n. 352.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 98.

(3) -Cfr. n. 349. (4) -Per la risposta cfr. n. 365.
357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 219. Roma, 22 marzo 1890, ore 19,15.

Da Londra, Berlino (1), Vienna abbiamo assicurazione formale che i plenipotenziari inglesi, tedeschi ed austro-ungarici alla Conferenza di Bruxelles, appoggeranno nostra domanda di negoziare e firmare, anche in nome dell'Impero etiopico, giusta autorizzazione dataci dall'imperatore Menelik il 3 marzo (2). Altre Potenze minori aderiranno. La Francia, il cui ministro a Bruxelles sembra mostrarsi ostile alla nostra domanda, correrebbe rischio di trovarsi sola contro noi e di rivelare a nostro riguardo e senza alcun suo vantaggio un malanimo che difficilmente si spiegherebbe in senso ad essa favorevole. Veda codesto ministro degli affari esteri e gli faccia comprendere la convenienza di non creare una opposizione che sarebbe senza motivo e senza scopo (3).

358

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

R. RISERVATO 318/203. Londra, 22 marzo 1890 (per. il 30).

Con il mio rapporto delli 13 di questo mese (5) ho avuto l'onore di trasmettere a V.E. copia della nota con la quale lord Salisbury ha trasmesso a questa

r. ambasciata i tre documenti seguenti:

l) copia di versione dall'amarico in francese della lettera del re Menelik alla regina Vittoria, in data del mese di tahsàs 1552 pervenuta al Foreign Office per il tramite dell'India Office il 29 gennaio 1890;

2) lettera originale di risposta della regina Vittoria alla precedente;

3) copia della lettera originale suddetta in data 20 febbraio 1890.

Conformandomi alle istruzioni pervenutemi da V.E. con il telegramma delli 7 marzo (1), ho ringraziato lord Salisbury per aver egli aderito al desidèrlo nostro di essere incaricati della trasmissione della lettera al re Menelik e, nel tempo stesso l'ho assicurato che la trasmissione sarebbe eseguita da noi nel modo il più sicuro. In questa occasione questo signor ministro ripetè verbalmente ciò che, nella nota da me comunicata a V.E. con il rapporto del 13 corrente, era già detto, che cioè il Governo inglese desiderava avere dal sovrano etiopico una ricevuta della lettera della regina per non esporsi alle conseguenze altre volte derivate dal fatto che il negus Teodoro pretendeva che la regina non aveva risposto ad una sua lettera. Il telegramma precitato di V.E. mi autorizzava a rispondere che noi avremmo domandata e trasmessa a tempo debito la desiderata ricevuta.

Ora profitto della partenza dell'ordinario corriere di Gabinetto per mandare a V.E. la lettera della regina Vittoria e gli altri due documenti sovra descritti.

Questo affare si potrebbe così considerare come conchiuso a nostra soddisfazione ed io me ne rallegrerei volentieri se non fosse debito mio accompagnare l'invio che faccio oggi con qualche riflessione che sottometto all'alto giudizio di V.E.

A lei non isfugge certamente l'insistenza con la quale, pur rimettendo a noi la copia delle lettere scambiate fra il re Menelik e la regina Vittoria e la risposta originale della regina, il Foreign Office ha voluto mettere in evidenza la necessità per lui di avere la ricevuta etiopica della lettera della regina per guarentirsi contro la ripetizione d'incidenti che costrinsero l'Inghilterra a fare l~ costosa guerra di Abissinia.

Tale insistenza avrebbe un lato quasi puerile se si ponesse mente soltanto alla mutate circostanze dello Stato etiopico dopo che questo è entrato con l'Italia nei rapporti convenzionali che il Governo inglese perfettamente conosce. Ma siccome non sarebbe conforme alla verità delle cose il credere che dal Foreign Office si metta insistenza in cosa di nessun sostanziale valore senza uno scopo serio, così a me sembra si debba vedere nell'insistente domanda della ricevuta del re Menelik null'altro che una riserva per l'avvenire. In sostanza il Governo inglese ha aderito ancora una volta a mandare le lettere della regina Vittoria per il tramite nostro; ma, mettendo in evidenza il pericolo che altre volte ha incontrato per non aver risposto o non essersi accertato dell'arrivo della risposta a mani del re Teodoro, egli mantiene il suo diritto a tenere con il sovrano dell'Etiopia un carteggio diretto.

Non mi pare, questa, cosa nella quale a noi convenga provocare spiegazioni. Ripetendosi i casi di corrispondenza dell'imperatore di Etiopia con l'Inghilterra unicamente per mezzo nostro, i casi stessi costituiranno la consuetudine a favore nostro. Ma intanto mi sembra necessario tener presente che la condotta del Gabinetto inglese neppure in questa circostanza si è dipartita da quel sistema che pur aderendo in sostanza ai desideri dell'Italia non crea per lui formali impegni nell'avvenire.

(l) -T. coloniali riservati 214 del 16 marzo e 229 del 20 marzo, non pubblicati. (2) -Cfr. n. 334. (3) -Per la risposta cfr. n. 364.

(4) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 117-119.

(5) R. 278/181, ibid., pp. 89-92.

(l) Cfr. n. 315.

359

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 220. Roma, 23 marzo 1890, ore 11,15.

Faccia proseguire per Antonelli con corriere celerissimo: «Notizia ritirata Menelik (2) senza giungere capitale Tigrè e senza essersi abboccato con nostro generale, produrrà pessima impressione in Italia. Veda persuadere imperatore nello stesso suo interesse ad avanzarsi con una parte almeno sue truppe tanto per garantire sua sicurezza e formargli scorta onore fino Adua dove generale Orero, quale rappresentante re d'Italia, si recherà salutarlo. Importa assolutamente che incontro abbia luogo. Una certa quantità viveri si trova già Debaroa bastante per scorta anche numerosa dell'imperatore. Metta in opera tutta sua influenza perché si compia tale avvenimento, il quale avrà per risultato: l) consacrare maggiormente sovranità Menelik nel Tigrè; 2) confermare a Menelik carattere successore del negus Giovanni di fronte Europa; 3) agevolare nostri rapporti col governatore che sarà lasciato nel Tigrè, governatore che deve essere di fiducia non solo di Menelik ma nostra. In quanto ai confini dei nostri possedimenti la linea del Mareb si rende sempre più necessaria, se è vero, siccome ci si dà a credere, che Menelik intenda lasciare Mangascià governatore del Tigrè. Ad ogni modo, qualora all'imperatore manchi il coraggio di avere una volontà, e lo prova il continuato indugio ad avanzarsi nel Tigrè, a noi conviene che si rimandi a miglior tempo l'esecuzione dell'articolo terzo della convenzione addizionale. Ormai è chiaro che da Menelik nulla è da attendersi di bene. Telegrafi risposta (3) contemporaneamente a me e ad Orero, al quale do istruzioni, e combini con lui modalità incontro».

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 779. Pietroburgo, 23 marzo 1890, ore 14,20 (per. ore 14,50).

È degno di particolar nota che Giers si mostra meco ben più rassicurato sulle conseguenze dimissioni principe Bismarck. Gli pare naturale che l'imperatore di Germania voglia e governare e regnare. Lo crede pacifico. Fece risaltare aver creduto opportuno, nello stato presente delle cose, consigliare allo czar di ricevere, contrariamente all'uso, ambasciatore di Germania prima che partisse in congedo, perché vedrà imperatore Guglielmo. Crede che imperatore

di Germania manterrà il conte di Bismarck nelle sue funzioni per conservare legami col padre. Voglia l'E.V. porre questa nuova impressione di Giers a riscontro dell'ansietà che dimostra ambasciatore di Austria-Ungheria (1).

(l) -Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 211, e in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 100. (2) -Cfr. n. 378. (3) -Antonelli aveva informato con T. coloniale riservato 236 del 22 marzo che Menelik, in seguito alla sottomissione di Mangascià, alla scarsità di viveri e ad un'epidemia, ritornava a Borumieda.
361

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO SEGRETO 108. Pietroburgo, 23 marzo 1890, ore 16 (per. ore 18).

Ieri sera ad una riunione intima alla presenza di un funzionario della Corte, Giers mi parlò del viaggio del principe di Napoli, delle agevolezze che sarebbero fatte a Sua Altezza Reale, della premura dello czar a dargli ordini necessari. Giers suggerì, come idea propria, come un consiglio, che Sua Altezza Reale venga a Pietroburgo; disse che lo czar ne sarebbe lieto ma che Sua Maestà aveva troppo « quant à soi » per parlarne; fece allusione alla suscettibilità che potrebbe nascere dal passaggio del principe ereditario d'Italia per Varsavia, per la Polonia, senza venire alla capitale della Russia. Io già avevo previsto inconvenienti di questo itinerario e mi proponeva consultare V.E. Giers per prudenza accompagnò il suggerimento di riserve, dicendo ignorare se lo czar e lo czarevitch avessero progetto di assentarsi. In ogni caso una tale apertura fatta in termini oltremodo cortesi, rende opportuno, se non indispensabile, che Sua Altezza Reale venga a Pietroburgo o cambi addirittura itinerario di ritorno. Giers parlò in termini così amichevoli e franchi che mi disse perfino come lo czar sarebbe grato se il principe di Napoli se non da Batum, da punto più interessante del viaggio gli telegrafasse. Linguaggio di Giers non aveva carattere di un invito ma di un suggerimento di opportunità (2).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI. AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 223. Roma, 23 marzo 1890, ore 18.

Da Londra e da Berlino mi si telegrafa (3) che rispettivi delegati Bruxelles hanno avuto istruzione appoggiare nostra domanda di negoziare e firmare anche in nome Impero etiopico giusta autorizzazione 3 marzo (4). Ho telegrafato a Parigi (5) per far cessare opposizione codesto ministro francese. Procuri persuadere Lambermont ad adoperarsi anch'egli in tal senso ed ottenere adesione di tutti i plenipotenziari. Gli faccia capire che R. Governo tiene moltissimo a

che sia soddisfatto tale suo desiderio e che un rifiuto potrebbe avere per conseguenza di modificare il nostro contegno nella conferenza che è stato sinora arrendevole in tutto ai desideri del presidente e della maggioranza dei plenipotenziari. Conclusione dei lavori e firma trattato verrebbe in tal modo resa difficile.

(1) -Cfr. n. 356. (2) -Per la risposta cfr. n. 374. (3) -Cfr. n. 357, nota 1. (4) -Cfr. n. 334. (5) -Cfr. n. 357.
363

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. CONFIDENZIALE 408/161. Berlino, 23 marzo 1890 (per. il 26).

Je sais qu'en date du 19 mars, les ambassades d'Allemagne à Rome, Vienne, Londres, et les représentants de la Prusse à Dresde et à Munich, ont été avertis que les changements à la veille de s'effectuer à Berlin n'affectaient en rien les rapports internationaux de l'Empire.

Aujourd'hui, à la fète des ordres, j'étais placé à còté du nouveau chancelier. Il m'a parlé dans le mème sens. Il avait accueilli à contre-coeur les premières ouvertures de son souverain. Son ambition ellt été de continuer activement dans l'armée et de mourir, au besoin, sur un champ de bataille, plutòt que de consumer ses forces sur un terrain où il aurait la très rude tache de succéder à l'homme de génie qui, pendant de si longues années, a joué un ròle immense en Europe. Du moment où l'empereur faisait appel à son dévouement, il s'est résigné. En sa qualité de militaire, le courage et l'obéissance sont pour lui des vertus professionnelles. Mais il pouvait me donner l'assurance que, dans les relations extérieures, il suivrait la mème piste que son prédécesseur. J'ai laissé entendre que j'espérais entretenir avec lui aussi des rapports de confiance mutuelle à l'avantage de nos deux Pays, et que je m'y appliquerais de mon mieux. Le général de Caprivi m'a répondu que le prince de Bismarck, en passant en revue le corps diplomatique, avait eu déjà soin de désigner l'ambassadeur d'ltalie parmi ceux auxquels il pouvait accorder pleine confiance.

J'ai fait allusion à des récits de la presse allemande, attribuant à sa famìlle une origine italienne. Qualques-uns de nos journaux avaient relevé ce fait comme d'un bon augure de plus pour la continuation des excellents rapports entre l'Italie et l'Allemagne. Le général contestait le fait, ses ancètres ayant émigré du Frioul autrichien en Allemagne. La parenté avec les Montecuccoli n'était pas prouvée. «Cela n'empèche pas que j'aime les italiens, et je vous propose de vous associer à moi pour boire à leur santé ». De mon còté, j'ai porté la santé des allemands.

Après le repas, l'empereur m'a pris à l'écart. Il tenait à ce que je fournisse à S.M. le Roi et à V.E. quelques détails sur la crise qu'on vient de traverser ici. Depuis son retour de Friedrichsruh, le prince de Bismarck n'était plus reconnaissable. On remarquait en lui une grande surexcitation. Au dire du médecin, si cet état se prolongeait, il en serait résulté une attaque nerveuse. C'eùt

été un homme fini (jertig) par épuisement de forces. «Il s'est produit un profond déchirement dans mon coeur en suite de la nécessité de piacer dans la réserve

un ancien et illustre serviteur de la Couronne ». Sa Majesté exprimait l'espoir qu'à l'avenir encore les conseils, l'énergie, le fidèle dévouement du prince ne feraient pas, à l'occasion, défaut à l'Empire. A l'étranger, on se souviendra de la politique de paix si sage suivie par le prince de Bismarck «et que moi-méme je suis résolu à suivre de toutes les forces de ma volonté. Je reste fidèle à la Triple Alliance ». Sans elle, l'Europe aurait été déjà en proie de graves conflits sanglants. « J'ai des nouvelles rassurantes de Pétersbourg. L'empereur Alexandre est animé des meilleures dispositions, et pour les entretenir autant que faire se pourra, je lui rendrai visite dans le courant de cette année, à l'époque des grandes manoeuvres à Tsarskoe-Zelo ».

J'ai dit à Sa Majesté que dans ma correspondance j'avais déjà mis en relief qu'aucune modification ne serait apportée au programme pacifique du Cabinet de Berlin, et que ses vues étaient inébranlables pour le maintien de la Triple Alliance, qui est une base solide de la paix (1). Je m'empresserais néanmoins de transmettre à Rome ces nouvelles déclarations si précises et provenant de qui tient en main si ferme les rénes de l'Etat.

L'empereur a répliqué: « Vous savez que l'ambassadeur d'Italie est persona gratissima, et qu'il jouit de notre entière confiance ».

J'ai encore dit a Sa Majesté que j'avais eu soin de nier toute chance de réussite aux intransigeants ultramontains qui se bercent de l'espoir que le moment devient propice de revenir à leurs réves de restaurer la domination temporelle. Sa Majesté n'hésitait pas à déclarer que de pareils réves ne rencontreraient auprès d'elle aucune chance d'étre favorisés: «Je suis trop bon protestant pour me préter à de telles visées. D'ailleurs je professe un sincère attachement pour votre roi et pour l'Italie ».

Il me résulte que l'empereur a également insistè vis-à-vis de mon collègue d'Autriche sur ce que rien n'était changé dans son programme de politique étrangère.

Sa Majesté s'est aussi montrée satisfaite de la marche des travaux de la conférence pour la protection des ouvriers. Sa Majesté espère qu'il sortira de ces délibérations quelque heureux résultat, ne fut-ce que de fournir une base pour des conférences ultérieures.

Le comte Herbert de Bismarck, malgré tous !es efforts du souverain pour lui conserver ses fonctions actuelles, persiste à vouloir se retirer. En tout cas, il prendrait un long congé. C'est le comte de Hatzfeldt, ambassadeur à Londres, qui aura l'intérim des affaires étrangères.

*Il m'avait paru convenable d'adresser, dans les circonstances présentes, au prince de Bismarck et au comte Herbert, !es deux lettres dont je joins ici copie. J'envoie aussi copie de leurs réponses (2). Je ne suis pas mu par un sentiment de vanité en en donnant connaissance, de mème que du langage si flatteur de l'empereur à mon égard. Tout cela est au dessus de mes mérites, et prouve seulement, si mérite il y a, que je l'ai acquis en me conformant, camme tout

autre l'eut fait, aux instructions de V.E. et de ses prédécesseurs. Je ne fais que renvoyer ces éloges à leur véritable adresse. Puisque l'empereur m'a engagé à faire parvenir aussi au roi ses importantes déclarations, je prie V.E. de soumettre ce rapport à Sa Majesté.

Il me revient que les télégrammes transmis par V.E. à l'occasion de la démission du prince de Bismarck ont produit aupjrès de lui et de sa famille la meilleure des impressions, laquelle, au reste, est constatée par la réponse de Son Altesse (1).*

(l) Ed. in italiano, con l'omissione del passo fra asterischi. in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 352-354.

(l) -Cfr. n. 346. (2) -Non si pubblicano gli allegati.
364

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 240. Parigi, 24 marzo 1890, ore 15,50 (per. ore 18,10).

Questa mattina parlai col ministro degli affari esteri della opposizione che il rappresentante francese alla Conferenza di Bruxelles sembra fare alla nostra domanda di rappresentare alla detta Conferenza il sovrano etiopico (2), giusta autorizzazione da questo dataci il 3 marzo corrente (3). Ribot non era ancora bene informato della questione, pareva credere che l'Italia abbisognasse consenso palese per accettare mandato di rappresentare sovrano Abissinia all'estero. Ricordai al signor Ribot che l'Italia aveva agito nella pienezza del suo diritto in virtù dell'articolo 34 atto generale della Conferenza di Berlino 26 febbraio 1885; che in conseguenza l'opposizione del delegato francese a Bruxelles non aveva base alcuna. Ribot mi disse che avrebbe studiata la questione per riparlarne alla prima occasione. Da alcune sue parole mi parve scorgere che quell'opposizione sia provocata dalla Russia, alla quale in questo momento si continua usare insolite cortesie. Cito a titolo di semplice curiosità fatto che sabato al concerto dato dal presidente della Repubblica un solo pezzo musica non francese figurava nel programma e questo era l'inno allo czar.

365

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 246. Londra, 24 marzo 1890, ore 20 (per. ore 23,50).

Ho ricordato a lord Salisbury che già altra volta abbiamo dovuto chiedere l'allontanamento di Marcopulo da Suakin e gli ho indicato la necessità di prov

p. -355.

vedere prontamente a cagione degli intrighi suoi a danno nostro ed a pregiudizio dei rapporti dell'Italia con l'Inghilterra (1). Sua Signoria si meraviglia molto nel sentire che i dervisci riescono ad avere armi e munizioni. Mi disse telegraferebbe a Baring, al Cairo. Non mi parve però disposto, malgrado la insistenza mia, ad attribuire alle cose da me espostele importanza maggiore di quella da lui generalmente assegnata alla ordinaria tendenza delle autorità locali nelle colonie ad esagerare i fatti che le concernono. Lord Salisbury mi ha tuttavia assicurato essere intenzione sua che siano evitati gli attriti dai quali può nascere divergenza fra i due Paesi in Africa, e io l'ho impegnato vivamente a provvedere.

(l) -Non si pubblicano il telegramma inviato da Crispi a Bismarck (T. 509 del 21 marzo), e la risposta di Bismarck (T. 778 del 22 marzo). Essi sono editi in CRISPI, Politica estera, cit., (2) -Cfr. n. 357. (3) -Cfr. n. 334. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 100-101.
366

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 244. Massaua, 24 marzo 1890, ore 20,35 (per. ore 7 del 25j.

Hausen, 21 marzo 1890.

Quattro telegrammi ricevuti oggi 20 marzo in Hausen. Dopo essermi separato dall'imperatore sono diretto ad Adua,.con delegati nominati imperatore per tracciare confine italo-etiopico. Fu posto governatore di Adua Masciascià Uorchié, ottimo elemento per noi. Risiederà presso nostri confini. Imperatore fu accusato vendere all'Italia Tigrè. Capi tigrini presumevano essere autorizzati da Menelik a riprendere colla forza Asmara; altri avrebbero voluto rivolgersi Inghilterra perché faccia mantenere all'Italia Trattato di Hewett che è depositato in Axum. In queste condizioni imperatore mi scongiura far sapere Governo del re che, per non perdere popolarità non si oltrepassi nel tracciato confine la linea Halai-Saganeiti-Sciket e quindi non far entrare nel confine italiano il paese compreso nell'Hamasen. Non ho creduto compromettere nostri buoni rapporti e diedi all'imperatore assicurazione che l'Italia vuole la sua grandezza e non vuole comprometterlo con alcuno. Il governatore di Menelik Masciascià, diretto da noi, potrà preparare nostro completo predominio nel Tigrè. V.E. non dovrebbe insistere per tracciare un confine più ampio di quello che oggi è possibile ottenere pacificamente. È la prima volta che un re dell'Etiopia cede, per accordo, parte del suo territorio. Di queste tenga conto il Governo del re. Sono d'accordo col re per t.utte le altre questioni, sia per comunicazione da farsi alle Potenze sia per futura sistemazione del Tigrè, per la quale feci accordo scritto che telegraferò (3).

(l) -Cfr. n. 355. (2) -Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII. cit., pp. 101-102. (3) -Cfr. n. 373.
367

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 245. Massaua, 24 marzo 1890, ore 21 (per. ore 23,40).

Da Maidocuman, 22 marzo 1890.

In risposta al telegramma del 15 (l) circa non poter accettare confini concessi da Menelik, mi permetta di osservare che Menelik è costretto salvare suo nome taccia vendere proprio Paese per togliere così dai suoi nemici un'accusa che compromette sicurezza suo trono. Verbalmente e in segreto imperatore mi espresse sentimenti favorevoli nostra ingerenza nelle cose del Tigré. Sarà, crederei, più vantaggioso di non dare oggi troppa importanza a qualche chilometro di un paese destinato col tempo a appartenerci interamente. Per l'affare Viscardi (2), Sua Maestà spera ottenere il prestito domandato; questo può farsi, perché Menelik non prende gli altri due milioni che Banca Nazionale aveva disposto di dare.

369

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. COLONIALE RISERVATO 232. Roma, 25 marzo 1890, ore 16,30.

In seguito a preghiera di Menelik al R. Governo delegati italiani Conferenza Bruxelles chiesero poter rappresentare Conferenza imperatore Etiopia. Germania, Inghilterra (3), Austria (4) diedero istruzione loro delegati appoggiarci. Potenze minori aderiranno. Governo francese muove invece difficoltà e da buona fonte risulterebbe tale contegno esser provocato dalla Russia (5). Procuri aver un colloquio a tale riguardo con Giers e indurlo desistere sua opposizione (6).

369. IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 256. Bruxelles, 25 marzo 1890, ore 19,35 (per. ore 23,55).

Mi risulta in modo sicuro che Ribot cerca pretesti non riconoscere accettazione Spuller notificazione nostra trattato Menelik. Comunicazione venuta mi

nistro francese non favorevole nostra delegazione Menelik in forza trattato. Re del Belgio molto preoccupato, non farebbe invito Menelik se non sicuro di non avere proteste Conferenza. Intanto domani discussione capitolo armi. Ho prevenuto Lambermont che noi assisteremo discussione dichiarando non avere istruzioni e riservando interamente nostro voto. Re del Belgio parte questa notte per Inghilterra in forma privata.

(l) -Cfr. n. 337. (2) -Cfr. n. 330. (3) -Cfr. n. 357, nota l. (4) -T. coloniale riservato 257 del 25 marzo, non pubblicato. (5) -Cfr. n. 364. (6) -Per la risposta cfr. n. 376.
370

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATISSIMO 253. Londra, 25 marzo 1890, ore 19,55 (1).

Ho comunicato iersera per lettera particolare a lord Salisbury la notizia dell'incursione dei dervisci, trasmessami con telegramma di V.E. nelle ore pomeridiane (2). Ieri sera ed oggi ebbi abboccamenti con colonnello Dal Verme. Domani vedrò di nuovo lord Salisbury, il quale parte sabato per Mentone e starà assente almeno tre settimane. Il colonnello Dal Verme ed io pensiamo che per le necessità militari più urgenti basta per ora ottenere una demarcazione temporanea fra Ras Kasar e un punto sul corso del fiume Barka, il quale punto verrebbe indicato come segue: «dove il diciassettesimo grado e dieci minuti latitudine nord taglia il corso del fiume Barka, ovvero a circa venti kilometri discendendo il corso fiume stesso dal suo confluente con il fiume Anseba ». Proporrò dunque, salvo le istruzioni contrarie di V. E., che demarcazione fra Ras Kasar e il punto sovradescritto sia stabilita, per ciò che riguarda le operazioni militari, da una linea retta che riesca normale alla costa marittima con la condizione relativa agli sconfinamenti necessari come risulta dalle mie precedenti comunicazioni a V.E. Una trattativa per determinare la linea di demarcazione all'interno oltre il fiume Barka, ci porterebbe a dover trattare la questione del futuro possesso di Kassala e le circostanze presenti, non meno che le disposizioni attuali del Gabinetto inglese non sono favorevoli per siffatta trattativa. Credo sarebbe miglior consiglio procedere per gradi, tanto più che anche le condizioni generali della politica europea, a cagione dell'emozione prodotta dal ritiro del principe di Bismarck, suggeriscono di evitare qualsiasi passo che potesse far sorgere nel Parlamento inglese o nella stampa discussioni sopra la rivalità degli interessi italiani e inglesi nell'alto bacino del Nilo e per conseguenza mettere in luce un punto di divergenza nella politica dei due Paesi (3).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -T. coloniale riservato 229, non pubblicato. (3) -Con T. coloniale riservato 265 del 26 marzo Tornielli comun;cò: << Lord Salisbury non vede difficoltà ad ammettere che la linea di demarcazione venga per ora limitata al tratto eli territorio compreso fra il mare ed il fiume Barka... Sua Signoria ha dichiarato che la linea retta da me proposta non potrebbe essere continuata se la demarcazione si dovesse estendere ai territori dei quali i corsi d'acqua vanno al Mediterraneo». Cfr. anche n. 411.
371

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 234. Roma, 25 marzo 1890, ore 20.

Faccia proseguire per Antonelli: «Menelik nulla cede e nulla vende (2), perché il territorio da noi occupato lo dobbiamo a noi stessi. In ogni modo ripeto quanto dissi nel telegramma del 23 (3), potersi cioè rimandare ad altro tempo l'esecuzione dell'articolo 3 della convenzione addizionale che importa la sistemazione della frontiera. Questa sarebbe la migliore soluzione ed allo stato delle cose non posso accettarne altra. Se Menelik deve guardare ai tigrini, che qualche nostra informazione ci farebbe ritenere più favorevoli a noi che a lui, io debbo guardare al Parlamento, senza del quale non potrei governare. Ella sa quanto siano vive e insistenti le opposizioni all'impresa d'Africa e quanto io abbia dovuto lottare per vincere gli ostacoli frammessi dai miei avversari. Masciascià potrebbe anch'esso contentarsi della sospensione che propongo, la quale non lo comprometterebbe per nulla ».

372

IL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 262. Massaua, 26 marzo 1890, ore 14,40 (per. ore 19,55).

Cossato, in marcia dal Mareb su Adua, incontrò a mezza strada Antonelli, diretto al Mareb con nostre bande che fornirono scorta missione scioana, e degiac Masciascià Uorchiè con seguito migliaia uomini, donne, bambini e cinquecento quadrupedi che recavasi al Mareb per prendere viveri. Antonelli disse a Cossato che per la parte occidentale del Tigrè, da Adua verso Axum, fu nominato governatore Masciascià, lasciando a degiac Seium la parte orientale. Antonelli indicò che nostro confine, secondo trattato, era Sciket-Gura. Masciascià ha con sé due delegati per delimitare confini. Le istruzioni di Cossato e dei nostri delegati essendo troppo diverse dai confini indicati è impossibile intendersi. Masciascià, per sostenersi come governatore di Adua, chiede inoltre viveri, armi, truppe nostre. * Tolto naturale dispetto causato condotta Menelik, a me sembra che Governo italiano deve aver presente che tutto ciò aumenta discordia nel campo tigrino e rende nostra azione più libera e ci mette in grado di dettare più facilmente la legge. Disposizioni militari furono date in modo da far fronte a qualunque ordine mi verrà dato dal Governo*.

lll Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 102-103.

(2) -Cfr. n. 367. (3) -Cfr. n. 359. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt., pp. 103-104 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, clt., p. 213.
373

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 261. Massaua, 26 marzo 1890, ore 15,05 (per. ore 19,25).

Mehab Alabai Farasmai, 24 marzo 1890, ore 6,40.

Accordo firmato il 19 marzo collo imperatore nell'accampamento di Dinghilet è di tre articoli: l) obbligo imperatore non nominare governatore Tigrè persone che causarono attriti fra italiani ed abissini, ma persona di fiducia, del sud; 2) obbligo Governo del re dare speciale protezione per sistemare governatore dell'imperatore col dare, nei limiti del possibile, viveri, munizioni da guerra, forza armata; 3) dà facoltà che un nostro rappresentante risieda presso governatore del Tigrè.

374

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. RISERVATO 97. Roma, 26 marzo 1890, ore 15,30.

Sua Maestà m'incarica dirle che il passaggio per Varsavia del principe reale aveva scopo ritornare più presto in Italia per la via di terra. Sua Maestà intanto desidera che in questa occasione Sua Altezza Reale possa visitare Pietroburgo, ma vorrebbe esser sicura che lo czar si troverà nella sua capitale. Di ciò ella potrà informare Giers nei modi che sua prudenza ed esperienza suggeriranno, telegrafandomi poi esito pratiche affinché io possa far conoscere in tempo a Sua Altezza Reale gli ordini di S.M. il Re (2).

375

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 237. Roma, 26 marzo 1890, ore 18,30.

Coll'articolo 17 del trattato itala-etiopico 2 maggio 1889, di cui presero atto la Francia, l'Inghilterra, la Germania, l'Austria-Ungheria e gli Stati minori d'Europa, re Menelik ha preso l'impegno di servirsi del Governo italiano per

la trattazione degli affari con le altre Potenze. Se si aggiunge a tale stipulazione il mandato espresso di rappresentarlo alla Conferenza antischiavista di Bruxelles, vi è più del bisogno perché le Potenze non debbano fare opposizione alla nostra domanda. Del resto esse hanno riconosciuto il medesimo diritto alla Inghilterra per il Zanzibar. Parebbe poi che l'ammissione di un sovrano africano in una Conferenza come quella costì riunita dovrebbe essere, piuttosto che osteggiata, desiderata, anzi richiesta.

(l) -Ed. !n CRISPI, La prima guerra d'Ajrica, c!t., p. 214. (2) -Cfr. n. 387.
376

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 264. Pietroburgo, 26 marzo 1890, ore 18,40 (per. ore 19,50).

Giers si pronunciò con somma riserva intorno rappresentanza Menelik per parte dell'Italia (1). Disse che si disinteressa della cosa; non fa opposizione e non protesta; accennò però alla convenienza di produrre pieni poteri, giacché la Conferenza ne aveva richiesto dai plenipotenziari russi. Gli parlai soprattutto dal punto di vista umanitario e parve impressionato quando gli dissi che il sovrano africano Menelik avendo già con i suoi atti prevenuto deliberazioni della Europa civile riunita in Conferenza solenne. la Russia si farebbe torto agli occhi di Menelik stesso se andasse contro le sue buone disposizioni.

377

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 239. Roma, 26 marzo 1890, ore 19,15.

Mi riferisco al mio precedente telegramma (2). Coll'articolo 17 del trattato italo-etiopico 2 maggio 1889 (vedi telegramma a Bruxelles n. 237 (3), sino alla fine). Il signor Spuller fu dei primi a prendere atto dell'articolo 17. Ci meravigliamo che le sue buone disposizioni possano essere frustrate dal suo successore. Faccio appello alla sua esprerienza ed al buon senso del signor Ribot.

(l) -Risponde al n. 368. (2) -T. coloniale riservato 238, con 11 quale venivano ritrasmesse a Parigi le prime due frasi del n. 369. (3) -Cfr. n. 375. t
378

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 269. Massaua, 26 marzo 1890, ore 21,05 (per. ore 6 del 27).

In risposta al telegramma dell'E.V. in data del 23 marzo (2) che ricevo in Darro Taclè, oggi stesso 25, relativo questione ritorno Menelik e confini mi affretto ad esporre all'E. V.: l) tutto ciò che si poteva fare per indurre Menelik andare Adua fu fatto; mancanza viveri, impossibilità separarsi da una parte del suo esercito malato ferito obbligarono Menelik ritorno; 2) sottomissione ras Mangascià gli frutterà provvisoriamente ottenere una parte Tigrè, altra sarà data a degiac Seium. Fra i confini di questi e quelli italiani è nominato capo degiac Masciascià Uorchiè, comprese Adua ed Axum. La definitiva sistemazione del Tigrè sarà quella stabilita dalla convenzione del 19 marzo che ho telegrafato in sunto il 23 corrente (3); 3) sospendere tracciare confini può compomettere tutto. Insistere ottenere paese povero come è il Saraè sarebbe opportuno se il Governo del re non avesse posto sotto il protettorato italiano tutta l'Abissinia. Posso assicurarla che, se nascessero difficoltà per confine, queste saranno tutte a vantaggio dl Menelik che è accusato vendere Tigrè all'Italia. Confine che Menelik propone per salvarsi dalle accuse è Halai-Saganeiti-Sciket, quindi paese appartenente all'Hamasen. Quello che mi permetto sottoporre all'esame dell'E. V. è: l) tracciare confine secondo proposta dell'imperatore; 2) mantenere nostra occupazione sino al Mareb per avere stazioni telegrafiche che imperatore vorrebbe estese sino ad Adua; 3) sostenere Masciascià Uorchiè dandogli come nostro rappresentante colonnello Piano; 4) al primo attrito fra ras Mangascià e Seium agire con energia in nome dell'imperatore. E' certo che Masciascià, sostenuto da noi, potrà riunire tutti i soldati del Tigrè in poco tempo ed il vero governatore sarà il nostro rappresentante. Menelik tornerà nel Tigrè nel prossimo dicembre.

379

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATISSIMO 267. Londra, 26 marzo 1890, ore 22 (per. ore 23,45).

È qui arrivato il re dei belgi il quale ha parlato con lord Salisbury pregandolo di ottenere che i delegati italiani alla Conferenza desistano dal mettere in

(-3) Cfr. n. 373.

nanzi, come titolo della rappresentanza stata ad essi affidata dall'Etiopia, il protettorato dell'Italia sovra quello Stato. Il re dei belgi ha detto che se l'Italia introduce nella Conferenza la questione politica relativa al riconoscimento od alla definizione della posizione che ebbe in Abissinia, la Russia, la Francia e la Turchia si ritireranno dalla Conferenza. Lord Salisbury mi ha detto che egli non aveva obiezioni da fare se i delegati italiani parlavano del protettorato dell'Italia sull'Abissinia (1), ma se egli poteva permettersi un consiglio ci avrebbe pregato di considerare se a noi conviene andare a sollevare, in questa occasione, un incidente che avrebbe per conseguenza rifiuto esplicito di due Grandi Potenze e della Turchia di riconoscere la nostra posizione in Abissinia. Sua Signoria, anche indipendentemente dalla considerazione che le questioni politiche territoriali sono escluse dal programma della Conferenza, stima che sarebbe opera saggia l'accontentarci di rappresentare il re Menelik senza addurre protettorato italiano come titolo di tale rappresentanza. Lord Salisbury aveva telegrafato a lord Dufferin in proposito, ma mi pregava d'informare dal canto mio V.E. del colloquio nostro (2).

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 104 e In CarsPr, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 214-215. (2) -Cfr. n. 359.
380

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. PERSONALE RISERVATA. Parigi, 26 marzo 1890.

L'E. V. ha potuto apprezzare lo spirito benevolo a nostro riguardo che dimostrò costantemente il signor Spuller mentre reggeva questo Ministero degli affari esteri. Egli contribuì assai ad attutire i sentimenti ostili aizzati dalla stampa contro di noi, ed evitò gli incidenti atti a rendere più difficili i rapporti tra la Francia e l'Italia. Il signor Spuller avrebbe desiderato di fare scomparire i diritti differenziali che la Francia mantiene tuttora a nostro riguardo; ma il tentativo gli sembra inutile di fronte al protezionismo che in questo momento forma la base fondamentale della scienza economica di questo Parlamento. Essendo ora il signor Spuller esonerato dalla sua carica, mi venne in mente che lo si potrebbe da noi rimeritare, con qualche distinzione, per i suoi buoni sentimenti verso l'Italia; credo che ciò non potrebbe qui essere malvisto; se ne comprenderebbe il significato e la portata, e la rara eccezione sarebbe tanto più giustificabile dopoché la Francia corrisponde alle decorazioni da noi date ad ufficiali francesi in occasione della morte di S.A.R. il duca d'Aosta.

Bisogna però pensare all'effetto che un tale atto produrrebbe presso altre Potenze.

L'E.V., voglia, perciò, giudicare della opportunità del mio suggerimento; mi limito ad accennarlo alla E.V. pregandola di portarvi la sua attenzione notando che, ove fosse accolto, la distinzione da destinare al signor Spuller non potrebbe essere che il gran cordone m?.uriziano (1).

(l) -Cfr. 11 seguente passo del R. riservato 355/218 di TornielU del 27 marzo: «M! paredegno d'essere notato in questo carteggio ufficiale che, nel suo colloquio con me, lord Salisburyha dichiarato ch'egli non avea obiezioni da fare se anche per parte dei plenlpotenziari italiani alla Conferenza di Bruxelles sl fosse detto che n re di Abissinia era sotto n protettoratoitaliano. Benchè tale dichiarazione verbale sia stata fatta incidentalmente, la medesima non è priva certamente d'importanza ». (2) -Per la risposta cfr. n. 383. (3) -Da ACS, Carte Crlspi.
381

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DFGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 274. Parigi, 27 marzo 1890, ore 16,12 (per. ore 18,55).

Discussi nuovamente ieri con Ribot questione della rappresentanza re Menelik alla Conferenza di Bruxelles per niezzo Italia. Egli non seppe o non volle dire se il suo delegato vi faceva opposizione. Ad ogni modo, prima che mi fossero pervenuti i due telegrammi di V. E. di ieri sera (2), io gli aveva già esposti gli argomenti che in questi sono svolti. Alla osservazione di Ribot che Regno etiopico non era troppo dissimile dai piccoli Sultanati che popolavano quelle regioni e che non erano rappresentati alla Conferenza, io risposi che i possessi di Menelik costituiscono ormai uno Stato popolato da più milioni di abitanti, relativamente civilizzati, perché in massima parte cristiani, che tiene in mano alcune delle principali vie del commercio schiavi e che avrebbe destato un'impressione poco favorevole il vedere Francia opporsi a che una Potenza africana non trascurabile concorresse alla repressione di un traffico odioso. Ricordai di nuovo a Ribot che tutte le Potenze, Francia compresa, avevano preso senza contestazione atto dell'incarico assunto dall'Italia di rappresentare Abissinia all'estero e che sarebbe singolare che in questo momento la Francia non volesse riconoscere le conseguenze di tale impegno. Egli disse che il prendere atto non significa aderire; ma gli risposi che l'adesione risultava dalla Convenzione stessa di Berlino del 1885. Ribot non insistette oltre nei suoi argomenti. Lo si vedeva imbarazzato e sotto influenza dei suggerimenti dei suoi uffici. Intanto mi dichiarò: che la Francia non intendeva contender all'Italia la posizione da questa acquistata nel Mar Rosso, che la Francia era disinteressata nella questione limitando le sue ambizioni ad avere un deposito di carbone ad Obock, ma egli aveva fatto le sue osservazioni perché l'ammettere Menelik alla Conferenza gli sembrava un prendere pretesto di essa per fare un riconoscimento di un nuovo Stato, ciò che era contrario allo scopo della Conferenza stessa. Egli mi

promise però di studiare la cosa. Poco dopo ebbi occasioile di vedere Freycinet che informai della difficoltà insorta. Egli si mostrava disposto ad appianarla. Mi sembra che Ribot abbia anche lui qualche disposizione in quel senso, ma, al pari di Spuller, egli desidera conoscere nostro trattato con Menelik. Vedrò nuovamente Ribot.

(l) -Crispi comunicò all'ambasciata a Parigi con T. 550 del 30 marzo che 11 re avrel>bb cun· ferito a Spuller il gran cordone maurlzlano. (2) -Cfr. n. 377 e nota 2 allo stesso.
382

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 243. Roma, 27 marzo 1890, ore 18,20.

Sanminiatelli riferisce da Wadi Halfa, 2 marzo: «Giunto con Wodehouse Wadi Halfa 19 febbraio, diretto pozzi Murat. Osman Digma per affrontare abissini e temendo marcia italiani su Kartum, andò gennaio scorso Kassala. Pare dervisci intendano invadere Egitto. Marcia italiani Adua spiacque angloegiziani; ritirata reseli tranquilli. Seimila uomini, provvigioni per quattro mesi, trasporti, forniti tribù fedeli sono pronti Wadi Halfa per muovere su Dongola. Wodehouse attende ordine marciare. Risultato pare certo. Si tentenna perché dopo Dongola bisognerebbe andare Kartum. Inglesi preferirebbero conquistare coll'oro anziché con armi. Se italiani muovessero su Kassala, anglo-egiziani muoverebbero su Dongola e Kartum per prevenirli. Sanminiatelli chiude rapporto caldeggiando azione anglo-italiana franca leale vantaggiosa per entrambe Nazioni. Prego comunicare anche a colonnelìo Dal Verme:).

384

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 244 (1). Roma, 27 marzo 1890, ore 18,30.

Crediamo che i nostri titoli a rappresentare Menelik Conferenza di Bruxelles siano due: l) il trattato notificato ed accettato da tutte le Potenze compresa la Francia che ci stabilisce unici intermediari fra S.M. etiopica e gli altri Stati; 2) mandato esplicito in data 3 marzo (2). Se non si vuol prodotto il primo titolo, il secondo è più che sufficiente. Esso è equivalente a quello in virtù del quale delegato inglese sir J. Kirk e delegato tedesco dottor Arendt rappresentano Zanzibar.

Anche a loro i pieni poteri furono conferiti con telegramma (protocollo VI Conferenza). Faccia d'urgenza queste osservazioni a lord Salisbury affinché i delegati britannici ci appoggino presso i delegati che cercassero fare obiezioni (1).

384. IL CONTE ANTONELLI

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 281. Massaua, 20 marzo 1890, ore 9,30 (per. ore 15,50).

Adigana, 28 marzo 1890.

Nel Mareb ricevo oggi stesso telegramma di V. E. (3) col quale ripete essere meglio rimandare esecuzione articolo 3 della convenzione addizionale. Tale provvedimento non compromette Menelik, ma temo dare risultato non soddisfacente e compromettere una questione già sistemata. Potrebbe darsi che facesse cambiare indirizzo politico; nostri avversari potrebbero approfittarne a loro profitto. La protezione di tutta Etiopia vale più di tutto il resto; questa non la dobbiamo compromettere. Perdoni V.E. mia insistenza. Menelik nella questione confini prega Governo del re non creargli situazione difficile di fronte ai suoi. Del resto non si opporrà a che manteniamo occupazione militare sino al Mareb. Delegati per i confini: un capo, Mangascià (del Tigrè), altro, degiac Seium, a capo di questi Masciascià Uorchiè. Si eran cusì riuniti tutti gli elementi del Tigrè. Masciascià doveva governare Adua sotto la nostra protezione. Ora V.E. mi dica che cosa debbo dire a questi delegati e specialmente prego V.E. di mandare ordini perché si usino riguardi a Masciascià Uorchiè. Desidererei, se fosse possibile, avere onore conferire con V.E. prima che si prenda una definitiva deliberazione; ·essendo impossibile spiegare domande per telegramma.

(l) -Telegrammi analoghi furono Inviati In pari data a Pletroburgo e Bruxelles (T. colonlaU riservati 245 e 248). (2) -C!r. n. 334.
385

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 283. Londra, 28 marzo 1890, ore 19,49 (per. ore 6 del 29).

Lord Salisbury è in procinto di partire per il continente. Gli ho scritto, in forma particolare, relativamente appoggio dei plenipotenziarii britannici a Bruxelles per il riconoscimento della rappresentanza del re Menelik nei pieni

potenziari italiani (1). Prego V.E. di voler procurare che nelle dichiarazioni che questi faranno alla Conferenza sia evitata l'affermazione del protettorato e tutto eiò che può suscitare una discussione circa il carattere o la definizione dei rapporti stabiliti fra l'Italia e l'Etiopia. A questo si limitava il consiglio amichevole di lord Salisbury (2). Nel momento attuale una simile discussione avrebbe per effetto di suscitare anche qui la questione se il Gabinetto Salisbury abbia agito prudentemente nel !asciarci pigliare la posizione che abbiamo sullo altipiano etiopico. Le esplicite dichiarazioni relative a Kassala, che ora ci sono fatte dal Gabinetto inglese, sono al medesimo imposte manifestamente dalla necessità di non dare armi all'opposizione parlamentare. Sino a che durano le disposizioni presenti a noi non può convenire che una tale questione venga davanti al Parlamento inglese, ed a mio avviso giova evitare tutto ciò che potrebbe chiamare sopra la medesima la pubblica attenzione. Avendo inoltre V.E. ripetutamente espresso essere sua intenzione che nessuna alterazione avvenga nell'intimità e cordialità delle relazioni dell'Italia con l'Inghilterra, debbo in tempo indicare a V.E. ciò che potrebbe non solo essere causa di un sensibile raffreddamento, ma anche segnalare al cospetto di tutti l'esistenza di una divergenza di interessi che il tempo e le circostanze basterebbero invece ad appianare (3).

(l) Per la risposta cfr. n. 385.

(2) Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 105-106.

(3) Cfr. n. 371.

386

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 290. Massaua, 29 marzo 1890, ore 8 (per. ore 15,20).

Godojelassi, 26 marzo 1890.

Questa mattina Masciascià Uorchiè mi ha domandato se il Governo del re acconsente trattare sulle basi accordo coll'imperatore Menelik circa sistemazione Tigrè, che io ho telegrafato a V.E. due giorni fa (5) e sulla determinazione del confine. Mi disse pure che se tutto ciò non conviene pel momento al

Gcverno del re, mi prega telegrafare al generale Orero perché lo fornisca di viveri pel suo ritorno in Adua. Il momento è molto importante perché una decisione piuttosto che un'altra potrà influire avvenire nostra colonia. Il malcontento di Masciascià è anche causato dal non avere potuto ottenere che andando lui in Massaua per conferire col generale Orero, gli fosse permesso mettere sua gente in località meno insalubre del Mareb. L'indirizzo che hanno preso le cose mi fa temere seriamente che il lavoro di molti anni non si voglia utilizzare. Ad ogni modo prego V.E., nello stato presente delle cose, dare istruzioni perché Masciascià, anche rimandato senza nulla concludere, sia abbondantemente provveduto di viveri.

(1) -Cfr. n. 383. (2) -Cfr. n. 379. (3) -Si pubblica qui Il passo finale del R. riservato 366/222 di Tornlelli del 31 marzo: «Se sta In linea d! fatto che i plenlpotenz!ar! italiani a Bruxelles si asterranno dall'accennare al protettorato dell'Italia sovra l'Abissinia, lo non dubito che quest'incidente si possa considerare come risoluto. Sarebbe forse stato preferlbile non nascesse l'occasione per lord Sallsbury di fare! pervenire il consiglio che, in seguito alle osservazioni del re del belgi, egli difficilmente avrebbe potuto dispensarsi di trasmetterei. Le osservazioni che risultano dalle comunicazioni da me avute con lord Sallsbury personalmente e con il Forelgn Office non hanno certamente alterato i termini nel quali la questione, una volta posta, dovea essere mantenuta e così perciò che riguarda l'Inghilterra, come già ne feci cenno nel rapporto delli 27 corrente n. 355/218 non v! è danno o pregiudizio da lamentare. Ora sarà da desiderare che l! silenzio il più completo si faccia sovra lo scambio d'intime comunicazioni occorso acciocché nessuno possa trarne argomento di credere che ciò che fu da parte nostra savia condiscendenza e retto giudizio di opportunità, debba ascriversi a minor fiducia nell'efficacia delle nostre ragioni ». (4) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt.. p. 114. (5) -Cfr. n. 373.
387

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 109. Pietroburgo, 29 marzo 1890, ore 16 (1).

J'ai écrit Giers lettre particulière informant désir de Sa Majesté que prince royal de retour vienne S. Pétersbourg et présente ses compliments à Leurs Majestés Impériales (2), et je demandai si ce désir du roi et du prince pouvait se combiner avec les intentions de S.M. l'Empereur. Ce matin répond «Leurs Majestés seront charmées de recevoir chez elles le prince de Naples. Empereur désire seulement savoir quand à peu près pourrait avoir lieu arrivée de Son Altesse Royale à S. Pétersbourg ~. Giers me prie en outre de lui donner cette information (3).

388

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. RISERVATO 100. Roma, 30 marzo 1890, ore 16.

S.M. il Re, lieto del gradimento espresso da S.M. lo Czar (4}, ha dato ordine al generale Morra a Costantinopoli perché le faccia al più presto conoscere l'itinerario che seguirà S.A.R. il principe di Napoli per recarsi costi a visitare le Loro Maestà Imperiali.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Cfr. n. 374. (3) -Cfr. n. 388. (4) -Cfr. n. 387.
389

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 267. Roma, 30 marzo 1890, ore 19,30.

Riferendomi al rapporto generale Dal Verme in data 25 marzo (2), e rispondendo suo telegramma stesso giorno (3), autorizzo demarcazione temporanea proposta cioè linea da Ras Kasar al punto sul corso del fiume Barka che in detto telegramma è indicato.

390

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

R. S.N. Berlino, 30 marzo 1890.

Le prince de Galles et son fils le prince Georges ont été reçus ici avec tant d'honneurs et de distinctions, que ces temoignages sympathiques de la Cour de Berlin ont réellement acqui.s une importance politique. On les considère comme une preuve manifeste du maintien de la Triple Alliance dont l'Angleterre, on le sait, n'est pas un des membres, mais à laquelle elle est indirectement rattachée pour la sauvegarde de l'équilibre dans la Méditerranée. Ces démonstrations sont, à juste titre, envisagées comme un gage de plus de la paix générale.

Pour le moment [la paix] ne semble pas menacée. Il y a toujours le feufollet de l'alliance éventuelle franco-russe que l'on voit voltiger, tantòt près, tantòt loin, toujours décevant sur les steppes de la politique européenne. Le Cabinet de S. Pétersbourg, ou plutòt le courant panslaviste, manoeuvre en sorte d'entretenir les sentiments de défiance et de rancune entre la France et l'Allemagne, car un rapprochement entre ces deux peuples dérangerait toute l'économie des calculs de la Russie, puisqu'ils n'ont d'autre but que de les tenir divises et de les neutraliser l'une par l'autre.

Il est un fait toutefois qui se réalisera dans quelques mois et qui donne lieu à quelques préoccupations: six corps d'armée et six divisions de cavalerie manoeuvreront dans la Pologne russe. Depuis nombre d'années on n'aura jamais vu une telle concentration de troupes russes vers les frontières de la Prusse et de l'Autriche pour des exercices militaires. Si l'Allemagne en faisait autant dans les voisinages de la Russie ou de la France on ne manquerait pas de jeter les hauts cris, d'envisager une semblable manifestation comme une espèce de provocation. Le nouveau chancelier allemand ne s'en émeut pas outre mesure. En

peu de jours le Cabinet de Berlin pourrait, au besoin, mobiliser autant et plus tie soldats dans la meme direction. Mais ces grandes manoeuvres en Pologne prouveront que la Russie a fai t de grands progrès dans ses armements. L'Allemagne reste sur le qui-vive et active ses préparatifs de défense. Elle n'accueille que sous bénéfice d'inventaire les assurances pacifiques de l'empereur Alexandre. Et quant à la France, la présence au pouvoir de M. de Freycinet, girouette qui se tourne selon le vent, n'inspire qu'une très mediocre sécurité. Sous le prince de Bismarck, dans ces dermières années il s'était produit, méme dans le domaine des rapports internationaux, une certaine stagnation. Il n'en sera plus de méme à l'avenir. Non pas qu ele Cabinet impérial vise, de propos délibéré, à s'écarter de sa politique pacifique, mais il va de soi qu'un souverain, dans la force de l'àge et soldat dans l'àme, procèdera au besoin avec énergie et de toute autre façon que durant les dernières années de la vie de Guillaume I et que sous le règne ephémère de Frédéric III. Il travaille néanmoins consciencieusement à la conservation de la paix mais ce travail marche de pair avec la fabrication hàtive des fusils de petit calibre et avec l'augmentation de l'artillerie de campagne.

Les déclarations si explicites énoncées par V.E. à la séance du Sénat du 26 mars, ont produit ici la meilleure impression. Ces déclarations ne pouvaient arriver plus à propos, lorsque des événements aussi importants venaient de s'accomplir à Berlin.

(l) Ed. in L'Itatta it1 Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 116.

(2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 370. (4) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crisp1.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 270. Roma, 31 marzo 1890, ore 11.

Al suo telegramma del 27 (1) risposi (2} trattato con Menelik travasi nel Libro Verde, di cui le mandavo esemplare. Aggiungerò ora essere nuova la teoria di Ribot che prendere atto di una comunicazione non significhi farvi adesione. Quando si prende atto di una comunicazione s'intende che nulla vi si ha da opporre e che la cosa sta. Del resto la Convenzione di Berlino non dà che un obbligo alle Potenze che prendono possesso di territori od assumono protettorati, quello cioè di notifica alle Potenze firmatarie, le quali, a loro volta, sono obbligate ad accettare le conseguenze della notifica quando, prendendone atto, hanno implicitamente mostrato di non aver nulla da opporre. È strano che ad ogni mutar di Ministero in Francia debbansi manifestare, nella politica internazionale, opposizioni indebite e, dove possibile, contraddizioni coll'opera de' predecessori. Nelle relazioni internazionali la continuità è dovere salvoché si voglia rompere colle Potenze con cui si hanno rapporti. Voglia alla prima occasione parlare in questo senso al signor Ribot.

(l) -Cfr. n. 381. (2) -T. 252 del 28 marzo, non pubblicato..
392

L'AMBASCIATORE A P.ARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 295. Parigi, 31 marzo 1890, ore 14,35 (per. ore 17,30).

Ricevuto ieri due esemplari Libro Verde Abissinia. Ne rimisi uno a Ribot. Si conferma che la Russia è causa dell'opposizione della Francia a che il re Menelik sia rappresentato dall'Italia alla Conferenza di Bruxelles. Ieri l'altro Ressman incontrò Ribot che gli disse Russia essere risoluta a ritirarsi dalla Conferenza, ove Abissinia vi fosse rappresentata. È probabile che Francia farebbe lo stesso a rimorchio della Russia. Se così è, mi domando se non sarebbe opportuno che l'Italia proponendo accettazione immediata dell'Abissinia, sia la prima a dichiarare che, in caso di rifiuto, l'Italia si ritirerebbe dalla Conferenza. Lo scorno sarebbe per quelle due Potenze che avrebbero respinto dalla lega contro la tratta dei negri un sovrano che ne propugnò lui stesso l'abolizione e tiene in sue mani le strade le più facili per quel traffico sulle coste orientali dell'Africa. Un tale risultato sarebbe poco glorioso per la diplomazia francese che, poco consentanea con se stessa, fa rappresentare dalla Francia la Tunisia alla Conferenza di Madrid per la proprietà letteraria, mentre noi vi ci potremmo opporre perché, come nell'incidente di Firenze, consideriamo la Tunisia quale vassalla della Turchia e non ammettiamo che possa essere rappresentata all'estero da altri che da mandatari del sultano. Circola voce che la Russia cerchi occupare qualche posizione sulla costa orientale Africa in vicinanza del Mar Rosso. Attribuisco a quel fatto il ritardo Ministero francese a darci atto del nostro protettorato sopra il Sultanato di Aussa. Intanto si continua una guerra sleale contro i nostri valori per favorire prestito russo.

393

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 272. Roma, 31 marzo 1890, ore 18.

Secondo nostre informazioni Osman Digma è entrato in Kassala ed ha assunto il comando di altro capo mahdista che dicesi mandato presso Abu Ghergia. Osman Digma cerca attirare i capi beni amer, nos~ri protetti, i quali allarmati chiedono nostro aiuto. Scrisse pure ad altri capi lungo la via Keren Kassala, dicendo voler liberare la strada. Si dubita però che possa aver altri intenti. Una scorreria dei mahdisti di Tokar minacciando la via Massaua Keren sul Lebka, fu da Massaua e da Keren provveduto alla difesa. Sono attesi a Keren i prigionieri liberati a Kartum e Kassala da Osman Digma, di cui è annunciata una lettera. Paccia di queste informazioni conveniente uso con codesto Governo insistendo però su questo punto che, da quanto risulta a Keren, Kassala sarebbe approvvigionata di viveri da Suakin. È evidente l'urgenza per noi di poterei difendere come è chiaro che il restar passivi potrebbe esserci di nocimento (1).

394

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 559. Roma, 1° aprile 1890, ore 18.

Viene annunziato che il presidente della Repubblica si recherà a Tolone. Crederei conveniente mandarlo a salutare da un ammiraglio della r. squadra che trovasi a poca distanza da quel porto. Prego V.E. farmi conoscere se l'atto cortese sarebbe accolto amichevolmente (2).

395

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 303. Londra, 1° aprile 1890, ore 23,10 (per. ore 6 del 2).

Ho comunicato oggi al sottosegretario di Stato la parte delle informazioni mandatemi iersera da V.E. (3) relativa ai movimenti e preparativi ostili dei dervisci. La conversazione si portò naturalmente sopra le domande da me fatte negli ultimi giorni a lord Salisbury ed ho saputo che il rapporto sulla linea di demarcazione progettata è stato spedito oggi a quel ministro. Era pure arrivata dal Cairo la risposta di Baring circa l'allontanamento di Marcopulo. L'agente inglese dice che, avendo fatto già altra volta delle pratiche per la rimozione di quel funzionario egiziano ed avendo incontrato difficoltà nel Governo egiziano, non stimava opportuno rinnovare la stessa domanda, se non gli si fornivano fatti sui quali fondare la medesima. Replicai ch'io stava preparando un memorandum nel quale avrei esposto i fatti in gran parte già noti al Foreign Office per le pratiche eseguite dal commendator Catalani; che avrei aggiunto ciò che risultava delle facilitazioni che ai dervisci si facevano, !asciandoli pacificamente rifornirsi a Trinkitat, ma che la questione non poteva essere riguardata sol

tanto da questo lato. La presenza di Mareopulo era una causa di mantenere fra Suakin e Massaua relazioni che non erano conformi al carattere che noi volevamo certamente conservare ai rapporti nostri con l'Inghilterra. Segnalavamo questa causa e speravamo che sarebbe rimossa. Constatai che se io aveva già tre volte recato al Foreign Office notizie dalle quali risultava che le minacce dei dervisci contro le nostre tribù erano fatti positivi, con ciò io non aveva voluto dare informazioni a chi ne poteva avere più di me. Ciò io aveva fatto e faceva anche oggi per far risultare che, quando, parecchio tempo fa, parlai delle minacce dei dervisci verso noi, non aveva parlato leggermente, mentre invece le informazioni che mi si davano al Foreign Office circa le disposizioni pacifiche dei dervisci non si erano verificate. Per ciò che riguardava le nostre linee il sottosegretario di Stato, da parte sua, constatava che Suakin è ora aperta al commercio, che se le derrate vanno a Kassala ed altrove non è in potere degli anglo-egiziani di impedirlo; armi e munizioni non possono passare e sarebbe ridicolo pensare che gli inglesi, che hanno tanto sofferto per la lotta contro i dervisci, vogliano provvederli di mezzi di offesa. Per il momento la conversazione, che durò più di un'ora e riuscì piuttosto acre, finì con la mia dichiarazione che rimetterei prossimamente il memorandum relativo al Marcopulo, ma che io era forzato riconoscere che non vi era alcuna buona volontà, per parte del Governo inglese, per questo affare. Mi propongo di presentare il memorandum; ma io sono del subordinato avviso che non convenga ingrandire questo affare del Marcopulo fino a crearne un motivo di malumore fra i due Governi.

(l) -Per la risposta cfr. n. 395. (2) -Menabrea rispose con T. 855 del 3 apr!le, non pubblicato, che l'invio a Tolone di un ammiraglio Italiano sarebbe stato molto gradito. Della missione fu Incaricato l'ammiraglioLovera di Maria. (3) -Cfr. n. 393.
396

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO 104. Roma, 2 aprile 1890, ore 16.

Mi viene riferito che Francia si presenterà a Conferenza Madrid per proprietà industriale anche come rappresentante di diritto della Tunisia, senza mandato speciale. Ho dato istruzioni delegato italiano a quella conferenza (l) che, verificandosi tale caso, faccia sue riserve e domandi ordini ministero. Per Tunisia noi potremmo solo ammettere delegato del bey con mandato speciale nel medesimo modo che abbiamo creduto dover munirei di mandato speciale per rappresentare Etiopia a Conferenza Bruxelles. Prego V.E. intrattenere di ciò codesto ministro affari esteri per procurare che suoi delegati appoggino nostro contegno in coerenza quanto fu da esso ordinato ai suoi delegati alla Conferenza di Bruxelles (2).

T. -riservato 112 del 5 aprile che il Governo austro-ungarico non partecipava alla conferenza.
(l) -T. riservato 102 del 1• aprile, non pubblicato. (2) -Per la risposta da Londra cfr. n. 400. Launay rispo~c' con T. riservato 111 dtl. 4 apl'i~e i·he 11 aelogato tedesco assisteva alla Conferenza di Madrid solo ad audiendum; Nigra con
397

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 305. Parigi, 2 aprile 1890, ore 18,40 (per. ore 21,40).

Quest'oggi ebbi lunga conferenza con Ribot, a cui diedi lettura articoli 34 e 35 atto generale della Conferenza di Berlino. Domandai quindi se la Francia aveva qualche interesse contrario al nostro trattato con Menelik, del quale tutte le Potenze, compresa la Russia, avevano preso atto. Ribot mi rispose negativamente, egli mi ripeté solo una osservazione, già fatta dal suo predecessore circa titolo di sovrano d'Etiopia anziché Abissinia. Gli feci osservare che antica Etiopia comprendeva oltre Abissinia, altri Regni, fra i quali quelli di Scioa, del Tigré, ora tutti sotto il dominio di Menelik, per cui Italia non faceva altro che constatare un fatto esistente col dare a Menelik un titolo che gli competeva, poiché è attualmente in possesso di quelle regioni, dopo la morte del negus. Feci notare a Ribot che Menelik aveva il diritto di farsi rappresentare dall'Italia alla Conferenza di Bruxelles, poiché egli è il più direttamente interessato nella questione della tratta dei negri, che prende impegno di impedire sul proprio territorio. A ciò Ribot rispose mettendo avanti le obiezioni della Russia. Dissi a Ribot che questi scrupoli non erano che pretesti per molestare l'Italia e che la Francia, per dar prova di buon volere verso noi, non doveva associarvisi. Soggiunsi che eravamo disposti ad accogliere colla massima cordialità nuovo ambasciatore di Francia, ma che i nostri buoni rapporti futuri potrebbero dipendere dalla soluzione che darà la Francia a quello affare. Ribot chiese tempo per rispondere. Lo pregai di darmi in ogni caso una risposta prima della partenza del signor Billot. Colsi opportunità per consegnargli un esemplare del trattato dell'Italia col sultano di Aussa e lo pregai di rispondere alla notificazione (l) che io già feci in proposito al suo predecessore. Non occorre aggiungere che nella discussione mi valsi di tutti gli argomenti svolti nel telegramma di V.E. di ieri (2).

398

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 306. Pietroburgo, 3 aprile 1890, ore 15,45 (per. ore 16,45).

Appena ricevute telegramma di V.E. del 27 marzo (3), non potendo vedere Giers, gli scrissi lettera particolare relativamente mandato conferito da Menelik.

S.E. mi dice che la Russia si disinteressa della cosa. Interesse della Russia nella Conferenza non è mai stato che secondario e indifferente, sopratutto ora che Martens è ritornato. Russia non ha colonie e non ne vuole avere.

(l) -Cfr. n. 128. (2) -T. coloniale riservato 275, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 383, nota l.
399

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO S.N. Berlino, 3 aprile 1890, ore 19,30.

Per mezzo ambasciata e del conte Fantoni sarà pervenuto a V.E. avviso che furono oggi superate tutte le difficoltà per sindacato finanziario formato dalle prime banche compresavi casa Bleichroeder e Diskont Gesellschaft. Il merito ne è dovuto principalmente all'appoggio del Governo imperiale e del nuovo cancelliere. Ringraziai per anticipazione a nome della r. ambasciata. Sarebbe indicato che V.E. m'incaricasse per telegrafo di ringraziare a nome del R. Governo (l).

400

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 310. Londra, 3 aprile 1890, ore 19,55 (per. ore 6 del 4).

Lord Salisbury sarà tosto informato del nostro punto di vista nell'affare della rappresentanza Tunisia alla Conferenza di Madrid (2). Intanto però il sottosegretario di Stato nel ricevere la mia comunicazione ha osservato che lord Salisbury ci ha consigliato di presentarci a Bruxelles come mandatari speciali del re Menelik, non perché l'Inghilterra facesse difficoltà proprie, ma perché la Francia e la Russia dicevano di non aver riconosciuto lo stato di cose creato in Abissinia dal nostro trattato, mentre invece lo stato di cose creato in Tunisia fu ammesso dall'Inghilterra e da tutti gli altri Stati. Osservai non conosceva atti di riconoscimento del trattato franco-tunisino e che in ogni ipotesi, per evitare la difficoltà che sarebbe nata dalle riserve dell'Italia, mi sembrava che Salisbury avrebbe potuto fare sentire a Parigi che sarebbe stato opportuno rappresentanza della Tunisia a Madrid fosse affidata a commissari francesi con speciale mandato del bey.

21 -Documenti diplomatic-i -Serle II -Vol. XXIII

(l) -Crisp! dette istruzioni a Launay !n tal senso con T. riservato 105 del 4 aprile, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 396.
401

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 283. Roma, 4 aprile 1890, ore 17,15.

Giers ha dichiarato al r. ambasciatore a Pietroburgo (l) che la Russia si disinteressa nella questione del mandato conferitoci da Menelik di rappresentarlo Conferenza Bruxelles. Ha aggiunto che interesse della Russia nella Conferenza è stato ed è secondario ed indifferente, non avendo Russia colonie e non volendo averne. In seguito a tali dichiarazioni se la Francia persiste nella sua opposizione, sarà essa sola responsabile delle conseguenze, giacché, secondo ogni probabilità, i nostri delegati dovranno ritirarsi dalla Conferenza.

402

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, TORNIELLI, A PARIGI, MENABREA, E A VIENNA, NIGRA

T. 583. Roma, 5 aprile 1890, ore 15,10.

Preghi codesto Governo dichiarare se accetta memorandum da presentarsi Governo brasiliano circa naturalizzazione stranieri, avvertendolo che Portogallo, Spagna già accettarono, e Russia lo appoggerà. Attendo risposta telegrafica, essendo mio intendimento inviare istruzioni al r. rappresentante al Brasile pel 15 corrente qualunque sia il numero degli aderenti (2).

403

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 398/239. Londra, b aprite 1890.

I dispacci che V.E. mi ha indirizzato il 22, 24 e 31 marzo n. 9875/136, 10016/139 e 11066/152 (3), si riferiscono ai lavori che si eseguiscono con intermittente alacrità a Biserta ed alla Goletta. Nel rapporto del 24 marzo sono

T. -890 dell'8 apriìe, non pubblicato, che Il Forelgn Office non era ancora In grado di pronun

ciarsi perché attendeva Il parere degli avvocati della Corona. (~} Non pubblicati.

inoltre esposte varie altre notizie relative alla situazione generale esistente nella Tunisia le quali fanno della situazione stessa un quadro poco soddisfacente.

Ringrazio il r. ministero delle informazioni per tal guisa trasmessemi. Esse mi saranno utili ogni volta che le mie conversazioni al Foreign Office mi permetteranno di farne uso conveniente ed efficace.

Non si può dubitare, finora almeno, dell'attenzione con la quale il Governo britannico sorveglia ciò che i francesi fanno nei porti tunisini. Non bisogna anzi dimen~1eare che, nei primi mesi del 1889, lord Salisbury si era occupato col più v1vo interesse dei lavori di Biserta, avea fatto a Parigi talune rimostranze e per esse si era associato alla Germania. Ma le pratiche fatte allora presso il Governo della Reputmnca aveano avuto per effetto di provocare delle spiegazioni che produssero a Londra, e pare anche a Benmo, un'impresswne sodcilstacente; né io credo che, npigliando a parlare con lord Salisbury di questo soggetto, mi sia riu~;cito ùi modificare in lui la persuasione della scarsa importanza, dal punto di vista militare, delle opere alle quali il genio francese sembra tuttora intento.

Per questo motivo, pur non dub1tanuo cile, da parte sua, il Governo della gegina non cesserà di sorvegliare ciò che effettivamente si progetta e si edifica sulla costa tunisina, io mi sono permesso, nella mia corrispondenza, di pregare il r. ministero di volermi fornire qualche precisa indicazione in ordine agli Hnpegru elle la Francia avrebbe assunti verso l'Inghilterra, o verso altri Stati, di non alterare le condizioni di difesa o di offesa del litorale tun:isino. Nel rapporto del r. console a Tunisi, allegato in cop1a al dispaccio di V.E. delli 22 marzo ultimo passato, si parla di una pubblicazione fatta dal signor P. Bourde nella Dépeche tumsienne ddli ·; dello stesso mese e pure ci1.e m quella puooncazwne sia fatto cenno degli impegni sovr'indicati i quali daterebbero dal 1881. A me manca il mezzo di procurarmi il giornale sovra ricordato, né l'archivio di questa r. ambasciata mi fornisce gli elementi necessari per riconoscere se impegni siano stati effettivamente presi e di quale indole tali impegni fossero. Rinnovo perciò a V.E. la preghiera di farmi avere in proposito un'informazione precisa e sicura della quale eventualmente io mi possa valere per dirigere in modo efficace l'azione della r. ambasciata.

Da un altro punto di vista considerando l'insieme delle notizie comunicate dal r. agente e console generale a 'l.'unisi si viene facilmente a comprendere che i lavori già eseguiti, o prossimi ad essere compiuti a Biserta, bastano per fare del lago che da quella città prende nome un sicuro rifugio per numerose flottiglie di torpediniere. Io non sono in grado di giudicare se un tale rifugio possa avere una importanza strategica degna di attenzione. Ciò dipende necessariamente dall'impiego che si può fare delle navi di quel tipo senza l'appoggio di bastimenti di maggiore pescagione per i quali Biserta non offrirebbe un ancoraggio tranquillo. Pare a me che uno studio che si facesse, con criteri esclusivamente tecnici, del valore che Biserta, o nelle condizioni sue presenti o dopo i lavori già eseguiti, o quelli che sono in corso di esecuzione, può o potrà avere, fornirebbe una buona base per ricondurre l'attenzione del Governo britannico sopra questo grave interesse collegato con la conservazione dell'equilibrio delle forze fra gli Stati del Mediterraneo. Ho saputo indirettamente che le località

sono state in tempo recente opportunamente visitate da persona competente. Il problema dell'utilità di Biserta così come oggi si trova, o come potrà essere ridotta in epoca prossima con lavori di non molto conto potrebbe essere presentato alle nostre autorità militari competenti nella materia dell'impiego delle forze marittime. Se, quando tali studi saranno fatti, con criteri, lo ripeto, puramente tecnici, ne emergeranno considerazioni di serio valore relative alle condizioni di equilibrio che all'Inghilterra ed a noi importa conservare, noi avremo una base più sicura per agire presso il Gabinetto di Londra nel senso di distruggere l'impressione rassicurante prodotta dalle spiegazioni ottenute l'anno passato a Parigi, impressione che io ho dovuto riconoscere essere ancora persistente e viva nell'animo di lord Salisbury.

(l) -Cfr. n. 398. (2) -Per le risposte da Berlino, Vienna e Parigi, cfr. nn. 408, 409 e 424. Torn!elll rispose con
404

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 307/117. Sofia, 5 aprile 1890 (per. il 10).

Il mio collega di Germania, barone di Wangenheim, mi disse oggi avere conferito alquanto con S.E. il slgnor di Radowitz ieri nel treno Express Orient. L'ambasciatore germanico in Costantinopoli menzionò al barone di Wangenheim che a Berlino si vedrebbe poco favorevolmente qualsiasi passo intempestivo dei bulgari (come, per esempio, sarebbe un'agitazione per l'indipendenza), il quale mettesse in pericolo la tranquillità della penisola dei Balcani.

S.E. il signor di Radowitz aggiungeva che aveva saputo che il Governo russo e Io stesso czar erano molto malcontenti di vedere tutti gli sforzi fatti per rovesciare dal trono il principe Ferdinando non aver prodotto verun risultato.

Ho motivo di pensare che il barone di Wangenheim sceglierà favorevole occasione per dare al signor Stambuloff consigli di moderazione nel senso delle parole di S.E. il signor di Radowitz. Il mio collega germanico mi espresse inoltre il parere che il ritiro del principe di Bismarck dalla scena politica renderebbe probabilmente il Gabinetto di Berlino più simpatico alla causa nazionale bulgara, essendo ben conosciuta l'antipatia personale che nutriva il gran cancelliere contro i bulgari.

Questi primissimi sintomi di un mutamento della politica germanica in Bulgaria sono interessanti a seguire, poichè fin qui la Germania rimaneva passiva od indifferente affatto in Bulgaria.

P.S. Il signor Stambuloff, che ho visto ora, mi dice che il barone di Wangenheim gli ha parlato nel senso menzionato nel presente rapporto e che esso gli ha assicurato che il Governo bulgaro non aveva affatto l'intenzione di perturbare la tranquillità presente dei Balkani.

405

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 318. Parigi, 6 aprile 1890, ore 17 (per. ore 19).

Ieri ho comunicato verbalmente al signor Ribot contenuto ultimo telegramma di V.E. relativo rappresentanza re Menelik alla Conferenza di Bruxelles (1). Egli più non insiste sulla supposta opposizione della Russia, ma, prima di determinarsi, fa esaminare nostro trattato etiopico-italiano per verificare se, a mente dell'articolo 34 dell'atto generale Conferenza Berlino, vi sia per avventura luogo a reclamo. Ribot protesta però che la Francia non intende in alcun modo fare opposizione all'Italia su questo terreno, ma si scorge che egli vuole mettersi in misura di rispondere all'opposizione che crede incontrare in Parlamento. In seguito osservazioni di V.E. confermate dal MalteBrun, Ribot mi sembra rinunziare a contestare a Menelik titolo di re od imperatore di Etiopia, anziché di Abissinia, essendo quest'ultimo un titolo male accettato da quelle popolazioni. Ribot mi parlò di qualche osservazione fatta da questo ambasciatore d'Inghilterra contraria alla rappresentanza del re Menelik. Procurerò vedere questo ambasciatore; intanto sarebbe utile avere, a questo riguardo, una dichiarazione esplicita del Governo inglese (2).

406

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

R. RISERVATO 62. Massaua, 6 aprile 1890 (per. il 19).

Mi pregio rimettere all'E.V. qui accluso un breve pro-memoria (4) che riassume le idee espresse nei discorsi avuti in questi giorni col generale Orero sulla questione coll'imperatore Menelik riguardo al Tigrè.

Il generale Orero, dal poco che mi ha detto, mi è sembrato propenso a non riconoscere nulla di quanto avrebbe stabilito pel momento l'imperatore Menelik; vorrebbe creare lui stesso un capo del Tigrè lusingando ed appoggiando ras Mangascià a rendersi indipendente. Invece di un imperatore la nostra protezione si limiterebbe a quella di un mal fido ribelle. Ora un simile programma lo credo pieno di difficoltà e pericoli e più di tutto tendente a distruggere tutto il lavoro sul quale in questi ultimi tempi fu basata senza doversene dolere la nostra politica coloniale.

A rimuovere il generale da un tale funesto proposito e per togliermi ogni responsabilità ho creduto opportuno mettere per iscritto quanto gli avevo espresso a voce perché meglio potesse vedere le ragioni che mi inducevano a sempre più sostenere l'antico programma.

(l) -Cfr. n. 401. (2) -I passi princip»ll di questo telegramma furono comunicati alla legazione a Bruxelles con T. coloniale riservato 290 dell'8 aprile. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 134-135. (4) -Non si pubblica, cfr. ibid., pp. 135-140.
407

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 321. Massaua, 7 aprile 1890, ore 9,10 (per. ore 15).

Sunto lettere Menelik: I) a Sua Maestà il Re: n. 1: «Avendo veduto la convenzione addizionale fatta col consenso del mio inviato straordinario e plenipotenziario degiac Makonnen e il presidente del Consiglio dei ministri Crispi (1), vi abbiamo apposto il nostro sigillo. Desidero, auguro tutte le cose che possono fortificare la nostra amicizia si facciano, ma bisogna fare in modo che la nostra amicizia non sia un motivo per i nostri nemici per sollevarsi contro di noi~. N. 2: ringrazia per ricevimento fatto a degiac Makonnen in Italia. N. 3: accusa ricevuta lettera di richiamo conte Antonelli. Spera Salimbeni vada presto rimpiazzarlo. N. 4: «Dopo di aver terminato questione trattato limite confi!le sfJrà Halai.-Saganeiti-Sciket. Paesi e terra al di là di Sciket, appartenenti all'Hamasen, saranno entro confine italiano. Ad est di Halai delegati tracceranno confini sino alla pianura del mare; la costa però sarà tutta italiana. Per guardarsi dal paese sul confine italiano mando Masciascià Uorchié perché resti coi soldati italiani. Paese essendo sprovvisto, prego Vostra Maestà faccia proteggere dal suo Governo degiac Masciascià Uorchié in tutti i suoi bisogni~.

II) Per V.E.: lettera n. 1: ringrazia accoglienza fatta degiac Makonnen e dice: «Convenzione addizionale primo ottobre che V.E. fece d'accordo con Makonnen è stata munita del mio sigillo. Mando conte Antonelli mettendolo al corrente di tutti 1 segreti ostacoll che io incontro relativamente alla rettifica dei confini~. Ringrazia per la lettera della regina d'Inghilterra. Annunzia prossimo arrivo delegati per la frontiera. Detti delegati già giunsero Saati, domani saranno Massaua. N. 2: prega V.E. perché il console d'Italia prenda sotto la sua protezione convento etiopico a Gerusalemme.

III) Per la regina d'Inghilterra: ringrazia per lettera ricevuta; dichiara che per l'avvenire, in caso di bisogno, si servirà del Governo italiano come intermediario. Esprime la speranza di stabilire l'ordine nei paesi musulmani disordinati per la rivoluzione dei dervisci, appena che i paesi cristiani saranno pacificati. Tutte le lettere sono in data del 5 marzo (2).

(l) -Cfr. n. 45. (2) -Per !l testo Integrale di queste lettere, trasmesse da Antonelli con R. 57 del 6 aprilecfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt., pp. 131-134.
408

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 876. Berlino, 7 aprile 1890, ore 16,52 (per. ore 17,20).

Rispondo al telegramma di V.E. 5 aprile (l) il cui contenuto mi diede occasione di rinnovare passi circa questione naturalizzazione al Brasile. In conformità quanto mi venne detto a più riprese e ripetuto oggi stesso, cancelleria imperiale, quantunque sempre con noi d'accordo in principio, persiste nella sua attitudine dilatoria fin tanto che Gabinetto di Washington osserva esso stesso una grande riserva, la quale dà luogo a serie riflessioni sulle sue vere intenzioni. Un intervento o pressione diplomatica da parte Europa porgerebbe forse un argomento di più a chi vorrebbe favorire certi progetti di unione politica, ovvero doganale, dell'America del nord, del centro e del sud; se tale disegno si verificasse, esso recherebbere, sotto l'aspetto economico almeno, grave danno agl'interessi commerciali delle Potenze europee. Non sembrerebbe opportuno assecondare neppure indirettamente simile giuoco, e dare cosi pretesto a tradurre in atto le mire segrete di un partito influente; procurando allontanare inconvenienti, che risulterebbero dalla applicazione decreto di naturalizzazione converrebbe non esporsi ad un maggiore danno riguardo alle relazioni di commercio. Finora non giunse qui da sudditi tedeschi nel Brasile alcun reclamo contro quel decreto. Il Governo imperiale non gli riconosce d'altronde un valore giuridico qualunque. Conte di Solms ebbe già occasione di lasciar comprendere a V.E. i motivi che dettano contegno del Gabinetto di Berlino, contegno che esso non intende mutare. Sottosegretario di Stato mi parlò or ora in questo senso, anche a nome del segretario di Stato. Essi pregano V.E. di considerare questo telegramma come strettamente confidenziale, sopratutto affinché nulla ne trapeli a Washington.

409

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 883. Vienna, 7 aprile 1890, ore 19,50 (per. ore 20,45).

Secondo gli ordini contenuti nel telegramma del cinque (1), avendo chiesto a Kalnoky se aderiva al memorandum sulla naturalizzazione degli stranieri da presentarsi al Governo del Brasile, mi fece rispondere che fin dal 15 marzo il barone de Bruck fu autorizzato a comunicare al R. Governo la adesione dell'Austria-Ungheria, e che istruzioni in questo senso furono mandate al mini

stro austro-ungarico a Rio Janeiro. In presenza della mia nuova interrogazione che non sa bene spiegare, egli telegraferà al barone di Bruck di schiarire la situazione e di comunicare a V.E. per iscritto, se occorre, le istruzioni ricevute fin dalla metà del mese scorso.

(l) Cfr. n. 402.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CANCELLIERE DELL'IMPERO TEDESCO, VON CAPRIVI (l)

L. CONFIDENZIALE. Roma, 7 aprile 1890.

J'ai reçu la lettre que vous avez bien voulu m'adresser en date du 3 courant (2) pour m'apprendre dans quel esprit vous avez accepté l'héritage du grand homme d'Etat, dont la volonté de l'empereur, votre auguste maitre, vous a donné la succession.

Je vous remercie de la franchise cordiale, avec laquelle vous m'avez ouvert votre pensée.

Je connaissais en vous le vaillant soldat, le général habile, l'administrateur expérimenté, je suis heureux de connaitre l'homme politique, et de constater en lui des sentiments conformes à ceux qui m'animent moi-meme.

Les principes de politique générale, qui vous inspirent, sont tels que vous pouvez compter sur mon concours loyal pour les faire triompher. De meme qu'avec le prince de Bismarck, je travaillerai consciencieusement avec vous au maintien de la paix. Mais si, par malheur, le jour devait venir où l'Italie et l'Allemagne, attaquées, se trouvassent dans la pénible nécessité de se défendre, vous me verriez aussi, à l'exemple du roi, mon souverain, et d'accord avec la Nation italienne toute entière, pret à remplir dignement et jusqu'au bout le devoir qui nous serait imposé.

C'est dans cet ordre d'idées, que je me déclare heureux d'entrer en colla

boration avec vous pour assurer, autant qu'il est en nous de le faire, le bonheur

et la prospérité des deux dynasties et des deux peuples que nous servons.

411

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

R. RISERVATO 412/251. Londra, 7 aprile 1890 (per. il 12).

Nel mio rapporto delli 19 marzo n. 308/195 (4), ebbi l'onore di esporre a

V.E. ciò che, in ordine alle posizioni da noi occupate di fronte ai dervisci, era

stato messo in sodo nelle verbali preliminari trattative da me iniziate con lord Salisbury. V.E. mi avea significato, diggià a quella data, la venuta a Londra del colonnello conte Dal Verme (l) dal quale io mi riprometteva di avere tutta l'assistenza desiderabile per la continuazione delle trattative stesse.

Disgraziatamente l'arrivo di quel distinto nostro ufficiale coincideva quasi con la partenza di lord Salisbury per il mezzodì della Francia e si annunziava che l'assenza di questo primo ministro durerebbe circa tre settimane.

Il colonnello Dal Verme arrivò qui il 24 marzo. La sera stessa del suo arrivo e l'indomani ebbimo insieme lunghi colloqui dai quali mi lusingo essermi fatta un'idea chiara degl'intendimenti attuali del R. Governo tanto dal punto di vista delle necessità presenti, quanto in riguardo ai punti che giova riservare per l'avvenire.

Nella giornata del 24 il r. ministero mi segnalava per telegrafo che al Comando superiore di Massaua erano stati annunziati movimenti offensivi dei dervisci sul territorio degli habab e la ritirata di questa e di altre tribù nostre protette verso il fiume Lebca (2). Una prima incursione, o meglio razzia, era stata fatta da quei dervisci a Rahib con grave danno delle pacifiche popolazioni di quel luogo.

Queste notizie e quelle che il colonnello Dal Verme mi recava da Roma, non lasciavano dubbio circa l'urgenza di provvedere allo stabilimento di una linea temporanea di demarcazione territoriale nella zona dove le minacce dei dervisci già si traducevano in fatti. Il carattere e lo scopo di tale demarcazione escludevano che si dovesse pensare al tracciamento di una regolare frontiera. La zona nella quale per ora riusciva utile che la demarcazione si stabilisse, è compresa fra il mare ed il fiume Barka. Uno dei punti della linea da tirare, era prestabilito negli accordi anteriori presi con l'Inghilterra. Questo punto à a Ras Kasar, sul mare. Era conforme alla pratica seguita finora per fissare le rispettive zone d'influenza e di azione nei paesi africani, che da Ras Kasar si alzasse una linea retta normale alla costa e questa linea veniva a tagliare il corso del Barka presso a poco dove il 17° 10' di latitudine nord interseca quel fiume. La designazione geografica di questo secondo punto, necessario per il tracciamento della linea di demarcazione, avrebbe potuto riuscire troppo imperfetta se non si fosse tenuto conto della necessità di rinchiudere nella zona italiana il confluente del Barka con l'Anseba. Epperò il colonnello Dal Verme ed io ravvisammo necessario che nella proposta da farsi a lord Salisbury fosse detto che quel punto si trovava a circa 20 chilometri, discendendo il Barka, dal suo confluente con l'Anseba.

Nel pomeriggio del giorno 25 ebbi l'onore di far conoscere per telegrafo a

V.E. (3) che, a meno d'istruzioni in contrario, io avrei proposto a lord Salisbury la demarcazione sovrindicata con l'osservazione che tale demarcazione si farebbe per agevolare le operazioni militari e con la condizione che, in caso di sconfinamento, reso necessario dalle operazioni stesse, l'occupazione territoriale si considererebbe come temporanea. Per facilitare le intelligenze fra lord

Salisbury e me, stimai opportuno che sovra un esemplare della carta dello Stato Maggiore inglese, allegata alla pubblicazione intitolata Report on the egyptian provinces ecc., venisse tracciata la linea che io mi proponeva di presentare a Sua Signoria come progetto di demarcazione fra il Barka ed il mare. Ed il punto sul corso di quel fiume non che la linea in progetto furono da me indicati come segue: «Une ligne droite à tirer entre Ras Kasar et un point pris à l'endroit où le 17° 10' de latitude nord coupe le cours du fleuve Barka, c'est-à-dire à environ vingt kilomètres en aval du confluent du Barka avec l'Anseba l),

In un abboccamento che ebbi il 26 marzo con lord Salisbury, ho lasciato nelle mani di Sua Signoria la carta geografica e l'indicazione sovra descritte. A noi importava, gli dissi, provvedere al più urgente. Per ora la demarcazione fre il mare e il Barka sembrava soddisfare le esigenze della nostra difesa e bastava ad eviLue il pericolo di contestazioni che avrebbero altrimenti potuto prodursi fra le autorità di Massaua e di Suakin.

Sua Signoria esaminò attentamente la linea tracciata sulla carta geografica ed osservò che il metodo di segnare la demarcazione mediante una normale all'asse della costa marittima non avrebbe potuto essere accettato se la normale stessa avesse dovuto essere prolungata oltre il corso del Barka, perchè in tal caso la demarcazione avrebbe lasciato entro la zona italiana Kassala, Kartum e la massima parte delle provincie sudanesi dell'Egitto. Replicai che io non aveva incarico di proporre il tracciamento di una frontiera. Le forze italiane a l.V!assaua erano ormai minacciate di un urto con i dervisci. Dove la minaccia era prossima, occorreva, per gli scopi militari, fissare una demarcazione di zona che prevenisse le difficoltà e contestazioni che altrimenti avrebbero potuto nascere. Sua Signoria parve persuaso di ciò che io le diceva e soggiunse che non vedeva difficoltà ad ammettere la demarcazione da me progettata fra il Barka e Ras Kasar. Però nessun impegno egli avrebbe voluto prendere in proposito senza essersi prima consultato con sir E. Baring. Un corriere partiva in giornata per il Cairo, la risposta si avrebbe nel termine di circa quindici giorni. Feci notare dal canto mio che le necessità militari, alle quali si voleva provvedere, avrebbero potuto presentarsi prima di tale termine e che naturalmente le trattative aperte non avrebbero potuto essere d'impedimento ad agire contro un nemico che ci avesse aggredito nel frattempo. Era giun

to, diss'io a lord Salisbury, a Londra il colonnello Dal Verme, ufficiale dello Stato Maggiore italiano, specialmente cognito della geografia militare dell'Africa. Per precedenti relazioni personali questi si proponeva di visitare il generale Brackenbury, direttore dell'uffizio delle informazioni al Ministero della guerra. Se il generale ricevesse istruzione di studiare il progetto di demarcazione, dagli abboccamenti che egli potrebbe avere con il colonnello Dal Verme il compito finale potrebbe essere facilitato e reso più spedito. Lord Salisbury mi rispose che infatti l'uffizio diretto dal generale Brackenbury doveva essere consultato e che egli farebbe conoscere a quest'ultimo che converrebbe si abboccasse con il colonnello Dal Verme. Però Sua Signoria ripeteva che una

decisione non avrebbe potuto essere presa prima che sir E. Baring avesse dato il suo parere e che doveva fare fin d'ora ogni riserva per il caso in cui si fosse voluto seguire il metodo della demarcazione mediante la linea retta normale all'asse della costa marittima, attraverso i territori, i corsi d'acqua dei quali

vanno al Mediterraneo. Insistetti dal canto mio nelle precedenti dichiarazioni confermando che volevamo soltanto provvedere a necessità militari urgenti che per ora si presentano nella zona compresa fra il Barka ed il mare e lasciai impregiudicato ogni altro punto sul quale avrebbe potuto impegnarsi una spinosa discussione.

Di tutto ciò V. E. fu da me informato per telegrafo la sera del 26 marzo (1).

Il 30 dello stesso mese mi pervenne il telegramma dell'E.V. (2) che approvava la demarcazione temporanea da me proposta. Ringrazio V.E. di tale approvazione. Io mi preoccupo soprattutto dell'interesse che noi abbiamo di conciliare con le inglesi le esigenze della nostra situazione in Africa e d'impedire che, da un incidente anche secondario, venga ad emergere l'esistenza fra l'Italia e l'Inghilterra di una rivalità politica o di una divergenza di vedute circa l'avvenire dei territori sudanesi che hanno appartenuto all'Egitto. L'attenzione pubblica in Inghilterra incominciò a dirigersi verso le cose del centro dell'Africa quando nacque il conflitto col Portogallo. Le notizie che si pubblicano quotidianamente e sono seguite con interesse vivissimo, circa i progetti dei tedeschi ai quali Emin pascià sarebbe disposto a dare n suo concorso, eccitano in questo momento singolarmente il sentimento della Nazione inglese. Non passa quasi giorno senza che si possa spigolare nella stampa inglese qualche accenno al pericolo che deriverà all'Egitto dalla posizione che gli italiani stanno prendendo nel bacino del Nilo. La lettera pubblicata da sir Samuel Baker nel Times del 3 aprile, la quale sarà stata certamente segnalata a V.E., è sostanzialmente l'espressione eU ciò che ormai pensa la maggioranza di coloro che in Inghilterra si occupano di questi interessi. Ne risulta una condizione di cose tutt'altro che favorevole per impegnarci in trattative nelle quali le stesse nostre riserve ecciterebbero il sosnetto dell'esistenza in noi di intendimenti e di vedute contrarie a quelle della Gran Bretagna. V.E. è certamente meglio in grado di me di giudicare dell'effetto che potrebbe avere, nella situazione politica generale di questo momento, la rivelazione dell'esistenza fra l'Italia e l'Inghilterra di un dissidio d'interessi del quale non mancherebbesi dagli avversari nostri di esagerare le proporzioni. Io mi muoverò con la massima circospezione sovra il terreno difficile e mi lusingo di trarre le cose a buon fine se però n Governo di Sua Maestà con me opina che per ora lo scopo da conseguire debba limitarsi a provvedere alle esigenze della difesa dei territori posti sotto la nostra influenza senza pregiudicare le questioni territoriali dell'avvenire.

;2) Cfr. n. 389.

(l) Da ACS, Cartt Cr!sp!, minuta autografa; eu. iu CRIS~r. Questioni internazionali, cit., pp. 4-5.

(2) -Ibid.• pp. 3-4. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit.. pp. 123-125. (4) -Non pubblicato, ma cfr. n. 347. (l) -Cfr. n. 345. (2) -Cfr. n. 370, nota 2. (3) -Cfr. n. 370.

(l) Cfr. n. 370, nota 3.

412

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 598. Roma, 8 aprile 1890, ore 16.

Notizie contenute suo telegramma 7 corrente (l) non coinciderebbero con assicurazione datami giorno 6 dal conte Solms che, cioè, Stati Uniti già protestarono presso Governo brasiliano contro decreto naturalizzazione stranieri. Prego informarsi, telegrafare (2).

413

IL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO, E IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGI..I ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 323. Massaua, 8 aprile 1890, ore 17,30 (per. ore 22,15;.

Confine indicato da Antonelli, concesso da Menelik ritenendo cattivo e militarmente inaccettabile, Orero crede doversi sospendere tracciamento. Sospensione accettata da Masciascià, in nome di Menelik, è respinta da Antonelli, perchè tracciamento confine stabilisce antecedente di un imperatore etiopico che cede spontaneamente all'Italia parte suo territorio senza impedire che l'occupazione italiana si mantenga linea Mareb-Belesa per accordi presi con Menelik. Dopo lunga amichevole discussione rimettiamo a V. E. decisione (4).

414

IL CONTE ANTONELLI AL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI

T. S.N. Massaua, 8 aprile 1890.

Ti prego vivamente adoperarti perché S.E. rifletta seriamente prima di decisione relativa alle proposte telegrafate oggi stesso (5). Se non conforme al mio avviso tutto può essere compromesso fornendo a Menelik pretesto per ritenersi sciolto da ogni impegno.

(lJ Cfr. n. 408.

(2) Cfr. n. 420.

(3) -Ed. in L'Italia in A/ri~a. Etiopia lVIar -R0sso, tomo VIII. cit.• pp. 120-121 ~ in Crtspi e Menelich, clt., p. 63. (4) -Per la risposta di Crispi cfr. n. 416. (5) -Cfr. n. 413.
415

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 423/260. Londra, 8 aprile 1890 (per. il 12).

Allorché, dopo il ritiro del principe di Bismarck, io vidi per la prima volta lord Salisbury, gli dissi che un grande avvenimento si era compiuto al quale egli stesso fino all'ultimo momento sembrava non disposto a credere. Sua Signoria risposemi che l'avvenimento compiutosi era non solamente grave ma anche triste. Le previsioni di questo primo ministro dinotavano l'incertezza che avea invaso l'animo suo in quei giorni. Non credo errare nel dire che egli rifletteva l'impressione generalmente risentita nei circoli politici più serii dell'Inghilterra.

Ora è stata anche qui comunicata la circolare del nuovo cancelliere tedesco e l'impressione che al Foreign Office se ne è avuta è piuttosto soddisfacente. Naturalmente quel documento dovea contenere espressioni rassicuranti per il mantenimento della politica pacifica che interessa tutti i Paesi ed in altissimo grado specialmente la Nazione inglese. Il sottosegretario di Stato, parlandomi della circolare, osservava che certamente la politica non mutava con il cambiamento della persona del gran cancelliere. Ma il modo di eseguire la medesima politica poteva non essere più lo stesso, sicché sarebbe prudente riservare il giudizio finché qualche incidente avesse potuto far palese il metodo che dagli uomini nuovi si sarebbe seguito. Certamente, soggiungeva l'alto funzionario, la scomparsa dalla scena di un uomo dell'importanza del principe di Bismarck lasciava dietro di sé un vuoto ed un'incertezza facile a comprendere ed a spiegare.

416

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 293 (2). Roma, 9 aprile 1890, ore 16,45.

Come più volte le telegrafai, ritengo conveniente rimandare a tempo indeterminato l'esecuzione dell'art. 3 della convenzione addizionale. Questo mio concetto trova appoggio nel consenso di Masciascià, il quale accetta la sospensione tracciamento frontiera e in quello di Menelik che ci lascerebbe occupare di fatto territorio sino al Mareb. Il temporaneo inadempimento di detto articolo non può offendere Menelik che ci ha, in certo modo, affidato protezione di tutta quella parte del Tigré. Comunichi a Orero (3).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 121.

(2) -Risponde al n. 413. (3) -Per la risposta di Antonelli cfr. n. 418.
417

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 329. Parigi, 9 aprile 1890, ore 19 (per. ore 21,45).

Al ricevimento d'oggi Ribot mi disse che questo ambasciatore di Russia, barone Mohrenheim, da lui interpellato, reputava del tutto inesatta e impossibile la notizia datami da V.E. con suo telegramma del 4 corrente (l) cioè che il signor Giers avrebbe dichiarato al nostro ambasciatore a Pietroburgo che la Russia si disinteressava nella questione del mandato conferito all'Italia dal re Menelik di rappresentarlo nella Conferenza di Bruxelles. Ribot, che in seguito al telegramma di V.E. sembrava disposto a rinunziare all'opposizione che faceva prima a questo riguardo, si trova ora alquanto incerto e chiede che sia sciolta al più presto la contraddizione esistente fra il telegramma suddetto e l'asserzione del slgil:Jr de Mohrenheim. Pare che questi sia ispirato dal rappresentante della Russia a Bruxelles signor Ouroussow. Ribot colse l'occasione per esprimermi il desiderio di avere una carta indicante la delimitazione dei possessi del re Menelik e specialmente di quelli del sultano di fl_ussa, attesa la vicinanza ai medesimi della colonia di Obock.

418

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.L, CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 331. Massaua, 10 aprile 1890, ore 8 (per. ore 10,20).

Ho comunicato al generale Orero telegramma di V.E. (2). Mi permetto far osservare all'E.V. che, se non fossi stato convinto essere nocevole la sospensione dell'articolo 3 della convenzione addizionale, non avrei insistito tanto tenacemente. Espcrrò con mio rapporto (3) tutte le ragioni, per ora mi limito farle osservare che detta sospensione ci porta in uno stato di indecisione, come due anni fa, e servirà agli avversari di Menelik, numerosi sul nostro territorio africano, per spargere la voce di una nostra rottura coll'imperatore attuale e da questa voce far derivare conseguenze da sconvolgere ogni pacifica ed amichevole sistemazione. Sospensione, del resto, giova più a Menelik che a noi.

rIl Cfr. n. 401.

(2) -Cfr. n. 416. (3) -R. 68 del 13 r.prile, ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIU, clt., pp. 150-155.
419

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. COLONIALE RISERVATO 296. Roma, 10 aprile 1890, ore 15.

Mohrenheim, interpellato da Ribot, ha tacciato d'inesatta ed impossibile risposta data da Giers a V. E., che la Russia si disinteressa nella questione del mandato conferitoci da Menelik, da lei riferitami col telegramma del tre corrente (1). In seguito a ciò Ribot è di nuovo incerto e chiede sia spiegata la contraddizione. Voglia vedere Giers d'urgenza e pregarlo di partecipare a Mohrenheim dichiarazione suddetta fatta a V.E. (2).

420

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 908. Berlino, 10 aprile 1890, ore 19,22 (per. ore 20,15).

Feci nuove indagini presso il segretario di Stato. Egli dopo aver preso conoscenza dell'incartamento, mi disse che, con rapporto del 14 marzo, ministro germanico a Washington riferiva avergli il signor Blaine dato lettura delle istruzioni trasmesse pochi giorni prima al rappresentante degli Stati Uniti a Rio Janeiro per protestare contro decreto di naturalizzazione e per consigliare amichevolmente Governo provvisorio di ritirare quel decreto. Cancelleria imperiale scrisse in data del 2 aprile al suo rappresentante Rio Janeiro che qui si voleva aspettare che le istruzioni del segretario di Stato Blaine fossero eseguite, ed il ministro ebbe ordine di telegrafare. Stante esitazioni manifestate più volte dal Governo degli Stati Uniti, Gabinetto di Berlino preferisce, prima di prendere posizione, ricevere avviso sicuro che le istruzioni impartite al ministro americano a Rio Janeiro siano giunte ed eseguite. Qualora Governo brasiliano si rifiutasse di ascoltare le amichevoli osservazioni, e che tosse presentata protesta da varie Potenze, Gabinetto di Berlino non ha deciso quale sarebbe suo proprio contegno, ma è probabile che non rimarrebbe in disparte. Però è da presumere che non si assocerebbe a dimostrazioni collettive di protesta. Mi pare che il r. ministro a Rio de Janeiro potrebbe ricevere ordini di indagare se il suo collega degli Stati Uniti abbia comunicato al Governo provvisorio il dispaccio contenente sue istruzioni, e che commendator Riva avesse direzioni eventuali in conformità dell'esito delle pratiche del suo collega degli Stati Uniti.

(l) -Cfr. n. 398. (2) -Cfr. n. 422.
421

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE. Berlino, 11 aprile 1890.

La dépèche citée en marge m'est parvenue hier, ainsi que son annexe. Je me suis empressé de demander une audience au chancelier de l'Empire, laquelle n'a pu m'ètre accordée qu'aujourd'hui.

J'ai remis votre réponse (2) à la lettre que M. le général de Caprivi, au début de ses hautes fonctions, adressait à V.E. (3). Il en a pris lecture en ma présence, et manifestait une très vive satisfaction de son contenu, qui s'accorde si bien avec sa propre manière de voir et avec les intérets réciproques des Etats formant le groupe de la Triple Alliance, dont le programme vise essentiellement au maintien de la paix. Il se plaisait à remarquer combien, pour un « novice » comme lui en matière de politique étrangère, était precieux le concours d'un homme d'Etat aussi illustre et expérimenté que le premier ministre d'Italie.

Le chancelier me priait en mème temps de remercier V.E. de l'empressement que vous aviez mis à lui répondre, et de vous exprimer ses vrais sentiments d'amitié.

Il avait également reçu une réponse des plus satisfaisantes du comte Kalnoky. Il manquait encore celle de lord Salisbury, mais le retard s'explique parce que Sa Seigneurie est absent de Londres.

Les ambassadeurs allemands à Rome, Vienne et Londres ont reçu, à titre très confidentiel, copie des lettres respectives. V.E. jugera si, dans l'intéret du service, il ne serait pas indiqué qu'il filt agi de meme à l'égard de cette ambassade.

Je me réfère à mon telegrarnme de ce jour (4).

422

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 341. Pietroburgo, 12 aprile 1890, ore 20,10 (per. ore 23,40).

Giers déclare qu'il y a malentendu et il a tenu à me dicter ce qui suit: « D'après les informations données par Mohrenheim, Ribot demanda s'il était

exact que la Russie, n'ayant pas intérets propres dans la Mer Rouge, ne songe plus à élever aucune objection contre le traité stipulé entre l'Italie et Menelik ». Ambassadeur de Russie à Paris croyant qu'il s'agissait de notre traité de l'an dernier, a répondu camme sait V.E. Giers lui écrira aujourd'hui plutòt que de télégraphier pour plus de clarté. Il reconnait exactitude de mon télégramme du 3 (l) et déclare: «que la Russie, se posant au point de vue humanitaire, ne proteste pas contre la délégation de Menelik, ne s'oppose pas, mais ne participe pas et s'abstient ». A ma question, formulée avec beaucoup de prudence, à savoir, si le Cabinet russe envisage la possibilité d'une formule permettant son adhésion, Giers a répondu que le verbal présenté par les délégués italiens était trop en contradiction avec les vues du czar et a surtout le défaut de vouloir classer le roi des rois, l'empereur Menelik, au niveau des souverains d'Europe; l'Etiopie n'existant du reste que camme terme géographique (2).

(l) -Da ACS, Carte Crlspl. (2) -Cfr. n. 410. (3) -Cfr. n. 410, nota 2. (4) -T. riservato 114, non pubblicato.
423

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN (3)

T. 634. Roma, 13 aprile 1890, ore 0,30.

Il signor Billot è giunto questa mattina; mi ha subito domandato udienza e l'ho ricevuto alle cinque. Mi narrò le vicende della sua nomina, spiegando il ritardo della sua venuta a Roma. Disse aver esposto a Ribot ciò che si proponeva di dire a Spuller quanto alla sua linea di condotta verso l'Italia: circa la politica coloniale italiana, non intralciare la nostra espansione; circa la questione tunisina far sì che gli italiani dovessero trovarsi nella Reggenza ed esservi trattati come a casa loro. In tutte le altre questioni disse proporsi di procedere amichevolmente per appianare ogni screzio, nel qual compito la via gli era stata facilitata da Mariani, alla cui memoria era grato. Gli dissi, a mia volta che ero animato da intenzioni identiche alle sue; che la stampa francese non ci era amica, il che non mi impedisce di amare la Francia, di amarla anzi come un francese, senza cessare di essere conscio dei doveri che mi impone la mia qualità di ministro, cioè di difensore degli interessi italiani. Gli ricordai che ho trovata la Triplice Alleanza e che da uomo onesto devo esservi fedele. Gli dissi che mi si imputano colpe che non sono mie, come gli incidenti di Firenze e di Massaua, nei quali la ragione era nostra,

22 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. XXIII

come tutta l!!uropa riconobbe. Gli narrai come nel 1877, essendo non ministro, ma presidente della Camera, fossi andato a Berlino ed a Gastein per vedervi il principe di Bismarck, con cui ero già in rapporti; come, per andarvi, fossi passato per Parigi e là avessi veduto Gambetta; come Gambetta mi avesse pregato di far aperture a Bismarck in vista di un disarmo; come, tornando dalla Germania, fossi nuovamente passato da Parigi ed avessi riferito a Gambetta, a Emilio di Girardin e ad altri quanto avevo detto ed udito, e che, circa al disarmo, Bismarck Io avrebbe desiderato ma non lo riteneva possibile (1). Soggiunsi che, venuto al potere, il mio desiderio e la mia speranza erano stati di poter servire di tratto d'unione tra la Francia e la Germania, di curare che la Triplice Alleanza non riuscisse alla Francia di pregiudizio; che queste erano tuttora le mie intenzioni e che egli mi troverebbe sempre disposto a fare tutto il possibile per riavvicinare maggiormente l'Italia alla Francia, a cui sarebbe follia il voler muovere la guerra e che, come ogni italiano, giudico necessaria all'Europa ed al nostro Paese, per la sua posizione geografica, per le sue tradizioni, per la sua affinità con noi, ecc. Ho trovato il signor Billot una persona ammodo e simpatica, e credo non errare dicendo che ci lasciammo egualmente soddisfatti l'uno dell'altro.

(l) -Cfr. n. 398. (2) -n senso di questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Puigi e alla legazione a Bruxelles con T. coloniale riservato 306 del 13 aprile.

(3) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 155-156.

424

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 929. Parigi, 13 aprile 1890, ore 16,10 (per. ore 18,20).

Con nota or ora inviatami Ribot m'informa che incaricato d'affari di Francia a Rio Janeiro già segnalò ai ministri brasiliani le difficoltà che per le relazioni internazionali susciterebbe alla nuova repubblica applicazione sistema concernente naturalizzazione degli stranieri, adottato dal Governo provvisorio, impegnandolo a conformarsi a un anteriore decreto più favorevole agli stranieri, epperò Governo francese udì con soddisfazione che Governo del re si proponeva di richiamare al par di lui l'attenzione del Gabinetto di Rio sugli inconvenienti del decreto del quindici dicembre (2). Nel caso, conchiude Ribot, che osservazioni fatte a Rio nello stesso senso, se non in forma assolutamente identica dagli agenti italiano e francese, non producessero risultato sperato, Governo italiano troverebbe Governo francese disposto a esaminare, d'accordo con lui, opportunità di pratiche ulteriori che potrebbe esigere atteggiamento Governo brasiliano.

(l) -Per questa missione d! Crisp! cfr. 1 documenti pubblicati nel vol. IX della serie n. (2) -Cfr. n. 402.
425

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA, E ALLE LEGAZIONI A BERNA, BRUXELLES E L'AJA

T. RISERVATO 107. Roma, 15 aprile 1890, ore 19.

Le condizioni delle piazze italiane sono, di questi tempi, dipinte da ribassisti interessati sotto colori esageratamente foschi. In Italia e fuori si spargono anche, contro i nostri più potenti istituti di credito e le nostre case bancarie più solide, voci calunniose ed allarmanti che vengono diffuse con ogni mezzo lecito ed illecito. Qualcuno degli istituti presi di mira provvede direttamente, nelle vie giudiziarie, alla propria difesa. Ciò non esime però il Governo dal dovere di tutelare, nel suo complesso, il credito italiano. Mentre dunque si procederà, a rigore di legge, all'interno, contro chi nuoce colpevolmente ad esso, desidero che per cura delle rr. rappresentanze all'estero si reagisca, nella misura del possibile, contro il movimento allarmista che ci danneggia. Ciò si può fare in più modi: con comunicati a giornali amici; nelle conversazioni con personaggi del ceto politico, bancario, giornalistico, ecc. Occorre inoltre che delle accuse ed insinuazioni più meritevoli di attenzione e tali da nuocere maggiormente al credito dello Stato o di banche italiane, mi si dia sollecito avviso, perché si possano, se è il caso, rettificare volta per volta, nei modi convenienti, con informazioni attinte alle fonti più sicure. Voglia diramare queste istruzioni ai rr. consolati dipendenti nelle principali città commerciali di codesta circoscrizione indicandomeli, per mia norma, telegraficamente.

426

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A MADRID, MAFFEI, A PIETROBURGO, MAROCHETTI E A VIENNA, NIGRA, E AL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO

T. 651. Roma, 15 aprile 1890, ore 19,40.

Oggi partono per posta istruzioni al r. ministro al Brasile, perché presenti memorandum circa naturalizzazione degli stranieri unitamente con ministri di Austria-Ungheria, Portogallo, Spagna, aderenti alla protesta, e con appoggio del ministro russo. Informi d'urgenza codesto Governo affinché trasmetta istruzioni definitive al proprio rappresentante.

427

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 362. Parigi, 16 aprile 1890, ore 19,20 (per. ore 21,40).

Ho dato oggi lettura a Ribot del telegramma di V.E. in data 13 corrente (l) che riferiva la ripetuta dichiarazione di Giers a Marochetti circa mandato conferitoci da Menelik. Ribot persiste a sostenere che tale dichiarazione era contraria a ciò che telegrafava l'ambasciatore di Francia a Pietroburgo, ed alle istruzioni date dalla Russia al suo rappresentante a Bruxelles. Egli tuttavia non aveva ancora riveduto Mohrenheim, cui Giers doveva, secondo quel telegramma, scrivere in proposito. Disse poi che, comunque fosse, quella era questione fra noi e Russia, che la Francia non faceva dipendere il suo atteggiamento dalla Russia; che non intendeva in nessuna guisa osteggiare nostra espansione nel Mar Rosso, ma che credeva necessario un previo esame con noi circa estensione del Regno di Etiopia e circa la delimitazione sul territorio dei danakil e verso Obock, esame al quale era sempre pronto. Ripeté le osservazioni già fatte al generale Menabrea, dicendo che anche lord Lytton espresse il dubbio che, nelle presenti condizioni, il Governo inglese volesse ammetterci a rappresentare Menelik nella Conferenza di Bruxelles per tema di simile pretensione d'altra Potenza e che Governo belga, anch'esso, ci era avverso. Secondo Ribot la nostra domanda mirerebbe ad ottenere un implicito riconoscimento del trattato stipulato con Menelik, ma questo non potrebbe esser accordato dalla Francia se prima non le fosse ufficialmente notificato intero trattato con Menelik, affinché, secondo spirito del Trattato di Berlino, possa esaminare se non sia leso nessun suo diritto e discutere con noi la suddetta questione di confine. Non ripeto le mie energiche ed inutili obiezioni, fra le quali anche quella che, volgendo ormai al suo termine lavoro della Conferenza di Bruxelles, le condizioni qui accampate sembrano intese a rendere impossibile il nostro assunto senza apparci un rifiuto esplicito (2).

428

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 116. Londra, 16 aprile 1890, ore 19,45 (per. ore 21,40).

Ho procurato anche prima di ricevere il telegramma di V.E. (3) di reagire contro la corrente sfavorevole al credito italiano anche su questa piazza. Mando

oggi stesso una circolare ai consoli in Inghilterra con invito di rivolgersi agli agenti dipendenti nei principali centri commerciali. Il R. Governo può star sicuro che non perdo di vista questi gravissimi interessi del Paese. Non è ancora arrivato il conte Fantoni.

(l) -Cfr. n. 422, nota 2, p. 259. (2) -Per la risposta cfr. n. 430. (3) -Cfr. n. 425.
429

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S. N. Bucarest, 17 aprile 1890, ore 13,20 (per. ore 13,40).

Questo inviato straordinario e ministro plenipotenziario di Germania, oltre ad avere comunicato al ministro degli affari esteri la circolare del generale Caprivi sulla immutabilità della Triplice Alleanza più salda che mai ha per ordine superiore rassicurato in tal senso ed individualmente le poche persone al corrente dei nostri patti colla Rumania. Un rapporto (l) ove parlo soltanto dalla prima comunicazione beninteso, corre già a questa volta.

430

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. COLONIALE RISERVATO 317. Roma, 17 aprile 1890, ore 19,15.

Colloquio suo con Ribot (2) prova ancora una volta il malvolere del Governo francese riguardo nostra azione in Africa. Noi non avevamo nessun obbligo o bisogno notificare intero nostro trattato con Menelik che non interessa che noi e l'altro contraente. Notifica fu limitata all'articolo 17, essendo questo il solo che si riferisce relazioni internazionali. Spuller ne prese atto con nota 20 ottobre (3) e ci basta. È nuova in diritto internazionale la teoria che un ministro non riconosca operato del suo predecessore. Inoltre è contrario verità che Inghilterra e Belgio ci siano avversi, né possiamo dubitare ripetute assicurazioni che ci vengono da Pietroburgo. Il trattato itala-etiopico è d'altronde fuori questione, rappresentando noi Etiopia a Bruxelles in virtù

(ll Non pubblicato.

dl mandato speciale che ogni sovrano può dare ad un altro. Validità di tale mandato ci è riconosciuta già da Inghilterra Germania, Austria e da maggioranza Potenze.

(2) -Cfr. n. 427. (3) -Cfr. n. 62, nota 2.
431

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 318. Roma, 18 aprile 1890, ore 11,30.

Ella può far conoscere Menelik, per mezzo Salimbeni, che, finché Masciascià interpretando intenzioni imperatore si manterrà amico nostro in Adua e concorrerà con noi sicurezza via commercio avrà nostra amicizia e faremo per lui tutto quanto interesse colonia e pace Tigrè esigono. Circa confini ella conosce mie idee. Faccia comprendere, con tutta sua prudenza, come il rinvio a miglior tempo materiale delimitazione frontiera non pregiudichi alcun diritto e faccia capire che questo è il solo modo evitare difficoltà che potrebbero sorgere in Italia. Noi siano pronti aiutare Menelik in quanto possa giovare consolidare sua autorità e questo nostro impegno deve togliere da lui ogni sospetto. Non abbiamo alcuna intenzione occupare Tigrè, e avendo riconosciuto Menellk imperatore non può cader dubbio che lealmente eseguiremo assunte obbligazioni (2).

432

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 371. Massaua, 18 aprile 1890, ore 20,50 (per. ore 22,50).

Rispondo telegramma di V.E. in data d'oggi ( 4), ricevuto in questo momento. Masciascià Uorchiè ha istruzione dall'imperatore di eseguire quanto gli verrà ordinato dal Comando superiore. Di questo posso rispondere ed è per questo che mi sono opposto alle difficoltà sollevate dal generale Orero per impedire andata Masciascià in Adua. Salimbeni riferirà parole dell'E.V. Non dubito tutto potrà avere esito soddisfacente se le idee del Governo del re saranno interpretate favorevolmente ed eseguite qui con vantaggio nostro e del nostro protetto.

(2l Per la risposta d! Antonelll cfr. n. 432.
(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 128. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -111ar RoRso, tomo VIII, c!t., p. 129. (4) -Cfr. n. 431.
433

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 379. Parigi, 20 aprile 1890, ore 17,10 (per. ore 20,10).

Ho riveduto ora Ribot per riparlargli del mandato di Menelik, valendomi dei telegrammi di V.E. del 17 e di iersera (1). Egli si difese contro ogni sospetto di malvolere, cominciando dal dirmi, in modo confidenziale, aver saputo dal signor Bourée che Lambermont doveva pregare i nostri delegati alla Conferenza di Bruxelles di non introdurre la questione Menelik o di non insistervi; che Vivian o Ouroussoff farebbero anch'essi obiezioni; che Giers aveva dichiarato a Laboulaye di non essersi interamente disinteressato nella questione, come pareva aver capito il r. ambasciatore ecc. Ad ogni modo le istruzioni date da Ribot al suo rappresentante sarebbero concilianti e tenderebbero in previsione della vicina chiusura della Conferenza a lasciare aperto il protocollo per l'ulteriore accessione del re Menelik quando le questioni dipendenti dal nostro trattato con lui sarebbero regolate. Obiettai a Ribot che il mandato da noi ricevuto era un mandato speciale, di cui era indiscutibile la validità, astrazione fatta dal trattato. Questo argomento sembrò colpirlo, giacché osservò che finora generale Menabrea non si era posto su quel terreno e disse che, dal momento che non invocavamo il trattato, egli avrebbe esaminata di nuovo la questione; per oggi rifiutò di darmi una risposta più categorica. Protestò poi che era appunto per non inceppare la nostra azione nel Mar Rosso che egli desiderava definire regolarmente e una volta per sempre con noi la questione dei limiti e aggiunse che se la Francia da quel lato poteva farci concessioni, essa, alla sua volta, avrebbe da domandarcene in Tunisia.

434

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 983. Parigi, 20 aprile 1890, ore 17,10 (per. ore 20,10).

Ribot mi disse in modo amichevole che delegazione di giornalisti, presentataglisi ieri, espresse apprensione che altri giornalisti francesi siano ancora

espulsi dal Regno (1). Egli aggiunse che amava non crederlo, giacché ciò troppo nuocerebbe ai rapporti nostri, che egli desiderava cordiali. Agenzia Havas manderà un altro corrispondente a Roma.

(l) Cfr. n. 430 e il T. coloniale riservato 325, del 19 aprile, non pubblicato.

435

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 127. Berlino, 20 aprile 1890, ore 18,30 (per. ore 19,25).

Mi riferisco al telegramma spedito oggi dal conte Fantoni al Ministero del tesoro relativamente ad una riserva speciale fatta dalla Banca Nazionale. Converrebbe non solo dal punto di vista finanziario ma anche dal lato politico procurare in ogni modo di appianare per il presente e per l'avvenire sola difficoltà che impedisca di concludere accordo ottenuto non senza considerevole sforzo e che sfuggendo non si potrebbe più conseguire. La riserva di cui è questione non produsse buon effetto e si potrebbe in certo modo interpretare come una via che si vorrebbe lasciar aperta per accordi colla Francia, accordi che difficilmente si concilierebbero cogl'interessi finanziarii del gruppo che presta larghissimo concorso e coll'interesse politico della Germania, il quale è pure il nostro. V.E. converrà meco, che, malgrado che la Banca Nazionale sia al di sopra di tale ·sospetto, bisogna che essa dimostri sempre più di saper tenere maggior conto dei nostri interessi politici che non d'uno spirito di esagerata speculazione cui sono proclivi istituti di minore importanza. Fantoni partirà domani sera per Firenze con mandato del sindacato tedesco (2).

436

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO (3)

T. COLONIALE RISERVATO 329. Roma, 20 aprile 1890, ore 23.

Non sono d'accordo nè con lei, nè con Antonelli circa sistemazione cose Tigrè. Noi non abbiamo interesse a scegliere e mantenere in Adua un nostro rappresentante, nè ad istallarvi governatore eletto da Menelik. In entrambi

i casi assumeremmo impegni, i quali potrebbero condurci ad una guerra nel Tigrè. Ora l'Italia non deve andare di là dei confini attuali, aspettando che gli avvenimenti maturino. Quanto all'aiuto di viveri noi potremmo prestarli a condizione che Masciascià mandi prenderli Massaua e li faccia trasportare da sua gente e a sue spese in Adua.

(l) -Ressman aveva riferito con T. 951 del 16 aprile, non pubblicato, circa un colloquio con Ribot a proposito dell'espulsione dall'Italia di due giornalisti francesi. (2) -Per la risposta cfr. n. 439. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 144 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 218-219.
437

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 541/222. Berlino, 20 aprile 1890 (per. il 24).

Depuis l'établissement du nouvel Empire d'Allemagne, le poste diplomatique auprès du Saint-Siège avait été maintenu au budget, bien qu'il ne fut pas occupé. En 1872, le Gouvernement impérial avait désiré y nommer le cardinal prince de Hohenlohe, mais ce choix n'ayant pas été agréé par le pape Pie IX, le poste était resté vacant. Le prince de Bismarck, en exprimant au Reichstag les regrets que ce refus lui avait causé ne considérait pas moins nécessaire de conserver la position budgétaire, dans l'espoir d'une entente ultérieure avec la Curie romaine. Les sommes inscrites ne furent rayées qu'à partir de 1875. Le prince de Bismarck laissait toutefois entrevoir le rétablissement de la mission, quand cessemit l'animosité du Saint Père contre l'Allemagne et surtout contre la Prusse. Le changement de dispositions se produisit après la mort de Pie IX, et le poste fut confié à M. de Schléizer. Cependant, le Cabinet de Berlin jugea convenable d'établir auprès du Vatican une simple représentation prussienne, au lieu d'une légation allemande, puisque les affaires religieuses ne relèvent pas immédiatement de l'Empire.

Ce préambule servira à mieux expliquer un entretien que j'ai eu récemment avec le secrétaire d'Etat.

Certains journaux répandaient le bruit qu'il s'agirait de transformer la légation de Prusse près le Vatican en mission allemande, et meme de l'élever au rang d'ambassade. J'en ai touché un mot incidemment et sans avoir l'air d'y attacher de l'importance. Le baron de Marschall m'a répondu n'avoir rien appris à ce sujet. La nouvelle lui semblait dépourvue de fondement, aujourd'hui plus que jamais. L'ancien chancelier se laissait parfois imposer par la cohésion et la discipline de la fraction du centre, et son entrevue, peu avant sa retraite, avec M. de Windthorst, le chef de ce parti, pouvait induire à supposer qu'il était disposé à des concessions partielles sur l'un ou l'autre des points suivants: la faculté accordée au Governement de supprimer en certaines circonstances le traitement d es ecclésiastiques; la création au Ministère des cultes d'une section catholique, le caractère nettement confessionnel de l'inspection des écoles, et la rentrée, sans exception, des ordres religieux en Prusse. Or, il ne parait pas qu'on soit enclin aujourd'hui à faire au centre les concessions dans la mesure désirée. En outre les questìons ecclésiastiques ressortissent à chacun des Etats de l'Empire, qui les traitent avec le Saint-Siège par des délégués spéciaux. Elles ne sauraient dane ètre réglées par une légation ou une ambassade d' Allemagne. Et quant à celle-ci, sa création, s'il y avait lieu de procéder à la réciprocité, amènerait plus d'un embarras ne serait ce que celui de s'entendre sur la présence d'un nonce à une Cour protestante.

J'ai laissé parler le secrétaire d'Etat en me bornant à intercaler quelques mots pour soutenir la conversation.

Les réponses données, depuis cet entretien, au Landtag prussien par le ministre des cultes à des interpellations faites par M. Windthorst ne semblent pas non plus indiquer l'intention de céder sur toutes les réclamations présentées par la fraction du centre.

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IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 383. Massaua, 21 aprile 1890, ore 14,50 (per. ore 20,30).

Rispondo telegramma di V.E. in data di ieri ricevuto oggi (2). Insediare Masciascià in Adua non è pericoloso per l'Italia. Egli non ha bisogno di nostre truppe e posso garantire troverà un modus vivendi col ras Mangascià da dare tranquillità, avviare commerci, ristabilire ordine sulle nostre frontiere. Tigrini non hanno odiosità contro le disposizioni di Menelik, perché oggi Mangascià ottenne dall'imperatore il massimo del desideratum. Menelik ha scelto Governo di Masciascià, avendo egli più di mille uomini, mentre che, a tempo di re Giovanni, governatore Adua ne aveva appena cinquecento. Non lo abbandonò alla sorte, ebbe solo grande fiducia nella amicizia lealtà del Governo italiano. Masciascià, se venne a Massaua, fu per ossequio Orero, consigliato da me, altrimenti restava, come aveva diritto, in Adua. Lettera Menelik ad Orero deve essere interpretata secondo le intenzioni del mittente, a me note, non del destinatario. In Etiopia lo stile non è uguale a quello italiano; inoltre con lettera 30 marzo Menelik ordina a Masciascià di abboccarsi con ras Mangascià, il quale gli comunicherà a viva voce sue istruzioni. Mangascià doveva essere oggi stesso in Adua ed avevalo già prevenuto del mio prossimo arrivo. In quanto alle armi non proposi che fossero trasportate via Tigrè, solo Masciascià meglio avrebbe armato i suoi soldati. Vedo che i miei undici anni di esperienza in questi Paesi e la conoscenza delle idee del

(ll Ed. in L'italia in Africa, Etiopia-Mar Ros,o. tomo VIII. cit .. pp. 145-146.

l'imperatore non sono sufficienti a procurarmi fiducia di V.E. Ne sono dolente, perché qui si inizia un lavoro di demolizione dì tutto quello che sì era fatto, e tutto ciò perché il ministro viene male informato. Sospendo viaggio Salimbeni perchè non intendo, né posso più rispondere di quello che accadrà. Non volendo colla mia presenza associarmi a disposizioni che io sono fermamente convinto siano nocevoli all'interesse dell'Italia e della colonia, lascio il campo libero a chi giudica con criteri diversi l'attuale situazione delle cose del Tigrè, imbarcandomi su primo piroscafo (1).

(2) T. colonlolp riservato 328, non pubblicato: inopportunità di Insediare Masciasclà ad Adua sotto la protezione delle truppe Italiane.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO 108. Roma, 21 aprile 1890, ore 15,15.

La Banca Nazionale ha fatto due sole riserve (2), l'una si riferisce ai suoi statuti, ai quali è evidente che essa non potrebbe mancare; l'altra è relativa alle commissioni che il Governo le darebbe e sulle quali essa sarebbe obbligata a serbare il silenzio, ed è chiaro che simili affari non possono essere messi in piazza. Quest'ultima riserva avrebbe potuto anche essere tacita, la Banca Nazionale fungendo da noi anche da Banca eli Stato. Ma essa per delicatezza verso il gruppo tedesco ha preferito enunciarla. Comunque sia, finché io sono al potere, nessuno ha il diritto di diffidare e di credere che io possa chiedere e permettere operazioni da attuarsi col concorso delle banche francesi. Soggiungo che le altre riserve espresse nella lettera del 18 aprile, al sindacato tedesco, nell'interesse della Banca Generale, possono essere abbandonate. Si valga di ciò immediatamente presso chi di ragione e comunichi a Fantoni.

440

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI. AL CONTE ANTONELLI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 331. Roma, 22 aprile 1890, ore 10.

Mi sorprende la risoluzione che ella vorrebbe prendere (4) e temo che ella non mi comprenda bene. Non subisco influenze e rispondo coi criteri suggeriti dalle stesse proposte che mi vengono fatte. Nel caso presente, se Masciascià

può reggersi in Adua, nulla di meglio per noi e per Menelik. Solamente mi rifiuto all'atto d'insediamento di lui in Adua per parte del Governo italiano, perchè appunto non voglio prendere impegni per l'avvenire. Dando a Masciascià concorso di truppe italiane, sarei costretto in caso di disordini in quella provincia a sostenerlo con la forza ed a fare la guerra, il che non voglio. Non è diffidenza verso di lei ma il mio è diverso apprezzamento delle circostanze e di ciò che potrebbe accadere nel Tigrè. Insomma, non voglio assumere responsabilità nè mettere il Governo italiano in condizione impiegare le armi per sostenere un luogotenente di Menelik. Ove acconsentissi alla sua proposta avrei contro di me il Paese ed il Parlamento. Venga dunque a consigli più pratici dal punto di vista nostro, e lasci che Masciascià vada solo a prendere possesso del territorio affidato al suo governo. Spero poi che ella non lascerà l'opera sua incompiuta, e che qualora ella non possa più oltre rappresentarci presso Menelik, lascerà che si rechi Salimbeni dall'imperatore.

(l) -Per la risposta di Crispi cfr. n. 440. (2) -Cfr. n. 435. (3) -Ed. in l/Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso. tomo VIII, cit., p. 146. (4) -Cfr. n. 438.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. COLONIALE RISERVATO 333. Roma, 22 aprile 1890, ore 11,30.

Il signor Ribot è male informato (1). Non posso dubitare né dell'Inghilterra né del Belgio che hanno deliberato di ammettere il mandato di Menelik a nostro favore. Il Governo francese non avrebbe dunque motivo ad obiezioni. Ponga bene in sodo che non domando concessioni alla Francia. Se il signor Ribot vuole una delimitazione dal lato di Obock e la crede necessaria, questo è nel suo interesse anziché nel nostro. Colà infatti stiamo al posto che è nostro ed i nostri confini sono debitamente definiti. Il ritorno poi alle cose di Tunisia tradisce uno stato morboso in codesto Ministero degli affari esteri, il quale si rivela ad ogni mutamento di ministro.

442

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 684. Roma, 22 aprile 1890, ore 18.

R. console Tunisi riferisce (2) sapere da buona fonte che fu firmato contratto di lavori a Biserta per nove milioni lire.

(l) -Cfr. n. 433. (2) -T. !J93 del 21 aprile, non pubblicato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 337. Roma, 22 aprile 1890, ore 20,55.

Dai suoi telegrammi del 27 e 28 marzo e 5 aprile (l) e dalla sua corrispondenza risulta che codesto ministro affari esteri era favorevole nostra rappresentanza nell'interesse di Menelik e che adoperavasi a procurare consenso da Francia, Russia e Turchia. Di questo ci ritenemmo ancor più sicuri dopo le dichiarazioni fatte dallo stesso re del Belgio a Londra. Un contegno diverso del barone di Lambermont mi parrebbe ora un atto di debolezza (2). Per noi abbiamo Germania, Inghilterra, Austria, Portogallo, Paesi Bassi, cioè la maggioranza dei delegati. La sola questione che s'era voluto far sorgere riferivasi al titolo nostra rappresentanza che i dissidenti non volevano basato sul Trattato del 2 maggio 1889. Avendo noi dichiarato che procedevamo in forza mandato speciale del 5 marzo, il quale ormai deve essere nelle sue mani, ogni difficoltà doveva naturalmente cessare, nostro titolo non essendo diverso da quello per cui delegati inglese e tedesco rappresentano Zanzibar. Ora noi teniamo che questione sia risolta nostro favore, desiderando che Belgio non ci obblighi con suo contegno a qualche atto a salvaguardia nostra dignità. Voglia concertarsi coi suoi colleghi inglese, tedesco, austriaco, olandese, portoghese affinché nostri diritti siano rispettati (3).

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IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 389. Massaua, 23 aprile 1890, ore 8 (per. ore 15,25).

Differenza vera non palese tra Orero e me (5) dipende che il generale vorrebbe fare di ras Mangascià un capo del Tigrè indipendente da Menelik, cosa dispendiosa, pericolosa e tutta a nostro danno; mentre io vorrei semplice esecuzione ordini imperatore, insediando Masciascià Uorkiè in Adua, non sotto la nostra responsabilità, ma indipendentemente da noi. Se insisterei

andare Adua è soltanto per assicurarmi che il viaggio Salimbeni proseguirà regolarmente. Ras Mangascià mi conosce, sono persuaso che mio abboccamento con lui potrà assicurare completa tranquillità, purchè comando superiore non metta discordie, delle quali non abbiamo bisogno. Viaggio Toselli aveva lo scopo di vedere se era possibile che il Comando superiore si riconciliasse con Menelik. Credo che Salimbeni potrà da solo fare benissimo, e, se ciò per colpa di Menelik non accadesse, V.E. può essere sicuro che, in circostanze difficili, sarò sempre pronto ad aderire ai desideri dell'E.V. Nel caso presente coll'imperatore non esistono difficoltà; queste purtroppo esistono a Massaua. Masciascià Uorkiè e ras Mangascià, per accordi presi con Menelik, non possono non intendersi e non vedo nessun pericolo da obbligarci ad assistere il primo colle nostre armi; di ciò posso assicurarla, come pure che nell'insediamento di Mangascià Uorkiè in Adua, noi non ci assumeremmo obblighi essendo cosa di loro competenza, perché al di là del nostro confine tutto ciò che noi potremo fare per Mangascià Uorkiè sarà un'anticipazione di viveri e questo non mi sembra troppo domandare da un imperatore protetto ad un Governo protettore. Se queste assicurazioni persuaderanno, è necessario mandare al generale Orero ordini tassativi, perché eseguisca il programma dell'E.V., che si riassume: l) insediamento Masciascià Uorkiè in Adua per conto Menelik e non nostro; 2) protezione sino Adua o Mareb di Salimbeni; 3) permesso che io possa andare ad Adua con necessaria libertà di azione per trattare pacificamente sistemazione al di là del nostro confine ed assicurare esito viaggio del nostro inviato; 4) fornitura viveri a Masciascià Uorkiè.

(l) -T. coloniali riservati 275, 285 e 316, non pubblicati. Per evidente errore il testo del registro reca le date del 27 e 28 febbraio e 5 marzo. (2) -Risponde al T. coloniale riservato 382, dello stesso 22 aprile, non pubblicato, con cui De Renzls cocmunlcava l'esitazione di Lambermont. (3) -Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna e alle legazioni a L'Aja e Lisbona con l'incarico di adoperarsi presso i vari Governi per ottenere l'appoggio del delegati alla Conferenza. Alla sola ambasciata a Londra fu trasmessa anche la seguente istruzione: «Faccia notare a lord Salisbury che potremmo anche ritirare! dalla Conferenza, se ci vlen fatto simile torto, mentre noi a Madrid non abbiamo mosso obiezioni al delegato francese che rappresentava la Tunisia con mandato speciale del bey >>. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 147. (5) -Risponde al T. coloniale riservato 332, ibid., p. 146.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMANDANTE SUPERIORE IN AFRICA, ORERO

T. COLONIALE RISERVATO 341. Roma, 23 aprile 1890, ore 15,35.

Disapprovo negoziati con Mangascià che stimo contrarii nostri accordi con Menelik.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 689. Roma, 23 aprile 1890, ore 17.

Per stabilimento addetti militari (l) ravviso più dignitoso che iniziativa pratiche venga da codesto Governo. Ciò per norma di V.E.

(l) Risponde al T. 128 del 21 aprile, non pubblicato, con eu! Marochettl aveva proposto di ristabillre gl! addetti militari a Roma e a Pietroburgo, in occasione della visita In Russia del principe di Napoli.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 391. Parigi, 23 aprile 1890, ore 17,20 (per. ore 19,10).

Nell'udienza di poc'anzi ho interrogato Ribot se egli, secondo promessa fattami il 20 corrente (1), avesse di nuovo e;;;aminato questione nostra rappresentanza Menelik a Bruxelles. Siccome espressi la fiducia che oramai nulla potrebbe né vorrebbe obiettare contro incontestabilmente valido mandato datoci da Menelik ed enumerai le Potenze che già lo avevano riconosciuto, egli domandò se, fondandoci sul mandato speciale non temevamo di pregiudidicare il valore del trattato da noi prima invocato. Risposi io essere di tutta evidenza che questo era affare tra noi e Menelik e che con ciò trattato rimaneva soltanto fuori di questione nel caso presente. Egli allora soggiunse avere Giers detto a Laboulaye che barone Marochetti aveva riconosciuto di averlo male compreso; che Russia non intendeva disinteressarsi negli affari del Mar Rosso, come già aveva provato nella questione del canale di Suez; e che, in ogni modo, non avrebbe apposto la sua firma presso quella di un imperatore di Etiopia, titolo di cui ignorava il fondamento ed il vero significato. Lasciò dunque comprendere che la difficoltà sarà sollevata sul valore del titolo dell'imperatore e re di Etiopia, ma non volle, malgrado la mia insistenza, pronunziarsi nettamente sulle istruzioni che darà egli medesimo; mi lesse invece quelle che aveva impartite a Bourée in precedenza, quando ci eravamo basati sull'articolo 17 del trattato itala-etiopico, conformi alle già indicate nel mio telegramma del 20 corrente, le quali concludevano a lasciare aperto il protocollo alla ulteriore accessione di 11enelik. Dobbiamo dunque prevedere che per opposizione d'una o d'altra Potenza non otterremo l'unanimità necessaria nella Conferenza di Bruxelles e tenerci preparati ad una adeguata risoluzione.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 393. Londra, 23 aprile 1890, ore 18,15 (per. ore 20,30).

Salisbury ha ricevuto nulla da Bruxelles circa le difficoltà che talune Potenze intenderebbero fare alla rappresentanza per mandato speciale del re

Menelik; nessuno dei tre Governi indicati nel telegramma di V.E. (1) ha fatto conoscere a Londra le sue obiezioni. Lord Salisbury è perciò inclinato a credere che il signor Lambermont esageri le difficoltà le quali, al dire di Sua Signoria, mancherebbero di fondamento se l'Italia rappresenta Menelik in forza del mandato speciale. Entro questo limite ritengo che l'appoggio dei plenipotenziarii inglesi ci sia assicurato. Negli uffici del Foreign Office mi è stato riferito che il re del Belgio, per evitare ogni incidente pericoloso per l'esito finale della Conferenza, avrebbe voluto che l'Etiopia, invece di essere rappresentata alla Conferenza, facesse semplice atto di adesione alle decisioni della medesima. Lord Salisbury però non mi ha parlato di ciò e ritiene che la rappresentanza di uno Stato, per mezzo di un altro munito di speciale mandato, non possa dare motivo a fondate obiezioni.

(l) Cfr. n. 433.

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IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 394. Bruxelles, 24 aprile 1890, ore 10,12 (per. ore 13).

Solamente ora tarda riuscitomi parlare ieri Lambermont, cui tenni linguaggio fermo e dignitoso quale telegrafato dall'E.V. (2). Lambermont ha protestato vivamente contro ogni lontana responsabilità parte Governo belga, più interessato di tutti soluzione felice questione Conferenza. Intanto fatti confermano purtroppo no'~izie miei telegrammi 50, 54, 5'1, 58, 61 (3) e tutti rapporti inviati. Ho saputo ieri essere qui giunta risposta Russia assolutamente contraria accettazione rappresentanza Menelik sotto qualsiasi forma, espressione dettami «nemmeno l'adesione>>. Francia non risposto ufficialmente, ma linguaggio ministro sempre ostile. Solo Turchia recedente opposizione. Visto ieri, corso giornata, ripetutamente ministri d'Inghilterra e Germania i quali promisero larghissimo aiuto facendo agire loro Governi direttamente Pietroburga. Questa notte il re del Belgio, cui fu riferito immediatamente mio linguaggio risoluto, fattomi cercare ballo dato in onore di Stanley, mi ha lungamente pregato raccomandandomi gran calma, chiedendomi nulla fare per lasciar tempo Governi amici accomodare cosa Pietroburgo Parigi. Ministri d'Inghilterra Germania scongiuranmi stesso senso non inasprire situazione ancora accomodabile. Non avendo noi ricevuto ufficialmente nessuna risposta, siamo autorizzati ignorare questo contegno ostile Russia. Catalani al corrente di tutto.

(l) -Cfr. n. 443, nota 3. (2) -Cfr. n. 443. (3) -Numeri di protocollo dello. legazione a Bruxelles, di solito non riportat nel registri del telegrammi in arrivo; risulta pertanto impossibile identificare i telegrammi eu! De Renzis si riferisce.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 396. Londra, 24 aprile 1890, ore 13,50 (per. ore 17).

Lord Salisbury non ha ancora ricevuto da Baring la relazione scritta circa le difficoltà che al Cairo si oppongono al tracciato della linea di demarcazione, proposta da noi fra Ras Kasar ed il Barka. Dalle indicazioni telegrafiche che Sua Signoria ha ricevuto risulterebbe che quella linea taglia in mezzo alcune tribù. Ho fatto osservare che si trattava non di delineare una frontiera definitiva ma di stabilire una zona entro la quale ci potessimo muovere senza suscitare sospetti, apprensioni e dare motivo di dissidi fra Massaua e Suakin. Sua Signoria mi ha assicurato che egli era ansioso di togliere di mezzo qualunque pretesto o causa di attrito fra le autorità di quei luoghi e di creare nei punti di contatto coloniale uno stato di cose, corrispondente all'intimità delle relazioni esistenti fra l'Inghilterra e l'Italia nelle questioni di interesse europeo. Per assicurare il conseguimento di questo scopo, Salisbury propone e mi incarica di chiedere a V.E. di accettare che la trattativa per la linea di demarcazione sia rimandata al mese di giugno prossimo, epoca nella quale verrà a Londra Baring; allora le difficoltà potranno essere agevolmente esaminate ed appianate. Ho insistito sopra le ragioni di urgenza che derivano dalle incursioni dei dervisci, dallo spostamento di intiere popolazioni che ne è risultato, ecc.; ma lord Salisbury non dimostrò di annettere una grande importanza a queste considerazioni. Il funzionario che, al Foreign Office, è reputato essere specialista nelle questioni territoriali Africa, partirà probabilmente fra qualche giorno per Berlino per trovare colà la base di una delimitazione fra l'Inghilterra e la Germania nelle zone dell'Africa centrale. Questa circostanza e il desiderio del Gabinetto inglese di prevenire anzitutto le difficoltà colla Germania fanno sì che in questo momento tutta l'attenzione di lord Salisbury sia rivolta a quell'interesse principalissimo. A parer mio, non gioverebbe insistere per un esame affrettato di una questione della quale ci si propone il rinvio ad epoca non lontana. La proposta fatta della linea fra Barka e il mare, l'iniziativa presa da noi per la demarcazione e l'indicazione da me ripetutamente ed instantemente fatta dei motivi urgenti di procedere alla fissazione della linea, ci autorizzerebbero, in caso di vera necessità, a prendere nella zona dalla linea stessa assegnataci i provvedimenti di difesa necessari, ed a muoverei entro essa liberamente. Il generale Dal Verme ha spedito con il corriere, partito da qui lunedì sera, nn suo rapporto a V.E. (2). Quando quel rapporto sarà giunto a V.E., ella vedrà se la presenza a Londra del generale sia ancora necessaria, aderendosi da noi alla proposta di lord Salisbury di rimandare a giugno le trattative relative alla demarcazione fra

23 -Documenti diplomatici -Serle li -Vol. XXIII

Massaua e Suakìn. Sarà, in ogni ipotesi necessario che il generale ritorni a Londra; intanto egli potrebbe riferire verbalmente a V.E. le impressioni che egli stesso ha potuto formarsi delle disposizioni qui esistenti relativamente alle cose d'Africa (l).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 148-149.

(2) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 398. Parigi, 24 aprile 1890, ore 16,20 (per. ore 19).

Nel nostro colloquio di ieri Ribot disse incidentalmente che non aveva ancora risposto alla notificazione fattagli dal r. ambasciatore il 7 dicembre ultimo circa nosi;ro trattato col sultano dei danakil (3), perché dopo le osservazioni fatte in Parlamento al signor Spuller, a proposito della notificazione dell'articolo 17 del nostro trattato con Menelik, egli dovrebbe previamente esaminare con noi la questione dei limiti e diritti rispettivi (4).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. COLONIALE RISERVATO 345. Roma, 24 aprile 1890, ore 19,35.

Ribot ha informato Ressman (5) che Giers avrebbe detto a Laboulaye

V.E. aver riconosciuto d'averlo mal compreso; che la Russia non intendeva disinteressarsi negli affari del Mar Rosso, come già aveva provato nella questione del canale di Suez e che in ogni modo non avrebbe apposto la sua firma presso quella di un imperatore d'Etiopia, titolo di cui ignorava il fondamento ed il vero significato. La prego darmi schiarimenti necessari (6).

(l) -Cfr. n. 459. (2) -Eù. in L'Italia in Africa, Etiopia -JViar Rosso, tomo VIII, cit., p. 149. (3) -Cfr. n. 128. (4) -Si pubblica qui un brano di una lettera di Ressman a Crispi dello stesso 24 aprile:«Gli apprezzamenti pressoché unanimi della stampa provano una volta di più che nell'opposizione al Governo italiano attuale vi è anzitutto l'ira contro la Triplice Alleanza. Il nostro nemico Saint-Cère (Rosenthal) che trovò modo di fare il più bell'elogio del primo ministro italiano con un recente articolo sulla scuola in Oriente, riassumeva !l vero ed intimo sentimento di tutti i francesi in questa formala: "per un'Italia amica, tutto; per un'Italia neutra molto; per un'Italia ostile nulla di nulla ". E convincere l francesi che possiamo essere loro amici finchè siamo nella Triplice Alleanza è !nvero il più arduo dei compiti». (5) -Cfr. n. 447. (6) -Cfr. n. 453.
453

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 403. Pietroburgo, 25 aprile 1890, ore 12,40 (per. ore 18,25).

Affermo nel modo più solenne di non mai aver riconosciuto d'aver mal compreso Giers, né si presentò il caso di farlo (1). Coniermo telegrammi del 26 marzo, 3, 11, 12 aprile (2). Nel domandare udienza l'll, ebbi cura di ripetere a Giers nella mia lettera particolare i termini da lui usati e da me telegrafati. Giers riconosceva esattezza. Il doppio giuoco è chiaro. È vero che Giers non mi ha mai detto disinteressarsi «negli affari del Mar Rosso », ma io non ho commesso l'errore di parlargli d'altro che «della questione della delegazione italiana per Menelik alla Conferenza di Bruxelles», della quale egli dichiarò volersi disinteressare, anzi «se dégager ». Quanto alla ripugnanza d'apporre la firma, tale dichiarazione di Giers può concordare colla fine del mio telegramma del 12. Domando udienza a Giers (3).

454

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CHISPI

T. COLONIALE RISERVATO 405. Bruxelles, 25 aprile 1890, ore 22,06 (per. ore 6 del 26).

Re del Belgio ha scritto lettera lord Salisbury pregandolo farsi spontaneo mediatore per risolvere nostra questione. Altre informazioni dicono Ribot, dopo colloquio Ressman ieri ( 4), essere disposto a discutere formula accomodamento. Domani Lambermont avrà nuovo colloquio in proposito col ministro di Francia.

455

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 409. Pietroburgo, 26 aprile 1890, ore 8 (per. ore 8,45).

L'abstention de Giers ne devient évidemment pas bienveillante; il déclare «que le Cabinet impérial se trouve dans l'impossibilité de donner son

adhésion à l'admission de Menelik à la Conférence de Bruxelles ». Tout en admettant avoir dit que les travaux de la Conférence tirent à leur fin et que la Russie n'est pas directement intéressée, n'ayant pas des colonies dans l'Afrique centrale, il a ajouté: «que cette observation n'implique pas, camme on semble l'avoir compris à Rome, une adhésion à la proposition italienne ».

(l) -Cfr. n. 452. (2) -Cfr. nn. 376, 398 e 422; il T. coloniale riservato 335 dell'll aprile non è pubblicato. (3) -Cfr. n. 455. (4) -Recte tlel 23 aprile; cfr. n. 447.
456

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1020. Parigi, 26 aprile 1890, ore 17,40 (per. ore 20,30).

L'ottimo effetto prodotto nell'opinione pubblica in tutta la Francia dalla visita della squadra italiana a Tolone, e dall'atto di cortesia usato da S.M. il Re al presidente della Repubblica, mi è giornalmente attestato da uomini · politici di ogni colore. Un antico ministro mi diceva ieri che i suoi colleghi del Senato si compiacevano tutti altamente del significato amichevole di quella dimostrazione atta a giovare più di ogni altra al miglioramento dei nostri rapporti.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. COLONIALE RISERVATO 351. Roma, 27 aprile 1890, ore 18.

Non comprendo atteggiamento Governo russo (1). Abbiamo da Menelik doppio mandato: uno generale, come protettori riconosciuti e rappresentanti dell'Etiopia nei suoi rapporti con terze Potenze; l'altro speciale per rappresentarlo alla Conferenza di Bruxelles. Il Governo imperiale non potrà fare che ciò non sia. Di più, se per colpa della Russia, la quale sola muove oramai opposizione, senza avere alcun motivo o interesse a farlo, non possiamo rappresentare Menelik nella Conferenza di Bruxelles sarà nostro dovere di far conoscere, con tutte le prove in appoggio, al re Menelik il contegno poco amichevole per lui, anzi a lui avverso del Gabinetto russo. Non so quale vantaggio potrà attenerne la Russia, la quale tende ad avere amichevoli

rapporti con l'Etiopia. Faccia ancora valere questo argomento volendo noi esaurire mezzi conciliativi prima di prendere decisione conforme nostra dignità e nostri interessi (l).

(l) Cfr. n. 455.

458

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 413. Berlino, 27 aprile 1890, ore 18 (per. ore 20).

Mi riferisco al mio telegramma di ieri (2). Questo segretario di Stato

mi dice all'istante aver ricevuto oggi comunicazione dall'ambasciata britannica di un telegramma di stamane da Londra. Salisbury informa che la Conferenza di Bruxelles correrebbe pericolo di andare a male, a cagione questione rappresentanza Menelik. Sua Signoria chiede al Gabinetto di Berlino se esso vuole dare istruzioni al suo inviato a Bruxelles di appoggiare domanda dell'Italia, ovvero di prestare, d'accordo con i delegati italiani e inglesi, buoni uffici per un assestamento della questione affine di evitare che la Conferenza non riesca. Oggi stesso venne dalla cancelleria imperiale telegrafato al ministro di Germania a Bruxelles: l) di continuare ad appoggiare risolutamente domanda fatta da noi a nome di Menelik; 2) nel caso che un componimento della vertenza fosse proposto da altre Potenze ed accettato dall'Italia, il delegato germanico è autorizzato ad aderirvi; 3) egli deve tenersi strettamente d'accordo con i suoi colleghi italiani ed inglesi. Fu risposto in questo senso alla comunicazione dell'ambasciata britannica.

459

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 360. Roma, 28 aprile 1890, ore 15,25.

Acconsento al desiderio di lord Salisbury rimandare giugno negoziazione relativa delimitazione confine fra Ras Kasar e Barka (4). Presenza costì generale Dal Verme non essendo per ora necessaria voglia invitarlo ritornare in Italia riferire verbalmente sue impressioni sulla questione Sudan.

(l) -Cfr. n. 461!. (2) -T. coloniale riservato 407, non pubblicato: appoggio tedesco alla tesi itl1llana a Bruxelles.

(3) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 155.

(4) Cfr. n. 450.

460

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTHO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 498/314. Londra, 28 aprile 1890 (per. il 4 maggio).

Gli effetti della uniformità di informazioni, trasmesse da Tunisi simultaneamente a Londra ed a Roma dagli agenti rispettivi dei due Governi, incominciano a farsi sentire. Quando il 23 di questo mese io entrai a parlare con lord Salisbury delle notizie che V.E. mi aveva trasmesse con il suo telegramma del 22 (l) trovai che Sua Signoria già era stata edotta della conclusione dei contratti per la spesa di circa nove milioni destinati dalla Francia alle opere idrauliche ed altri lavori in Biserta. Le informazioni pervenute all'ufficio competente dell'ammiragliato confermano le nostre. L'addetto navale di questa r. ambasciata fu invitato, in questi ultimi giorni, a passare a quell'ufficio e vi ebbe appunto le notizie che al Governo di Sua Maestà sono diggià pervenute direttamente dai suoi agenti.

Nel corso del colloquio con lord Salisbury, ho indicato che, attesa la grandissima importanza che nella marina francese si attribuisce alle torpediniere, si poteva sospettare essere intenzione del Governo della Repubblica di formare, per ora, un porto di sicuro rifugio e rifornimento per le navi di quel tipo nel lago di Biserta. Sua Signoria notava che infatti i lavori dei quali si progettava l'esecuzione, sembravano intesi a raggiungere un tale scopo. Non riusciva però chiaro a questo signor ministro perché l'Italia si sentisse più minacciata da Biserta che da Tolone o dalla Corsica molto più vicine, diceva egli, alle coste italiane. Rettificai a tale riguardo le idee espresse da Sua Signoria indicandole che un porto militare sulla costa tunisina oltre ad essere una minaccia permanente principalmente per la vicinissima Sicilia, riusciva il complemento di un sistema offensivo che avea molte basi di operazione ed acquistava in ragione di ognuna di esse maggiore solidità ed efficacia.

Non credo sarà difficile mantenere lord Salisbury nell'opinione che i lavori che la Francia ha progettato di eseguire sulle coste tunisine risultano a detrimento della potenza militare degli altri Stati mediterranei. Ma non vedo ancora che questo primo ministro sia disposto a prendere in esame se vi sia qualche modo di ottenere che il Governo francese rinunzi alla esecuzione dei progetti di cui trattasi.

Come già scrissi altra volta a V.E., se noi crediamo di avere una base diplomatica per opporci alle costruzioni tendenti a fare di Biserta una stazione avente un'importanza militare, non dovremmo indugiare a scambiare sovra di essa le nostre idee con il Gabinetto britannico. Ma sovra questo soggetto io debbo aspettare di ricevere da V.E. le istruzioni che ella stimerà utile impartirmi.

(l) Cfr. n. 442.

461

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRJSPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 352 (1). Roma, 29 aprile 1890, ore 17.

Al punto in cui siamo intendiamo provocare un voto nella Conferenza di Bruxelles relativamente rappresentanza Menelik. Non è richiesta unanimità, ma possiamo contare sulla maggioranza. Facciamo però assegno sul voto favorevole dei rappresentanti inglesi e interesso V.E. a comunicare quanto precede a lord Salisbury e provocare istruzioni (2).

462

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 581/240. Berlino, 29 aprile 1890 (per. il 5 maggio).

Quand l'Europe occupée de ses affaires intérieures est à peu près à la paix, ou se complait, si l'an veut, aux apparences de la paix, il ne manque pas d'indices qu'il se produit de plus d'un còté un travail en vue de semer la défiance entre les Etats formant la Triple Alliance. On voudrait laisser croire à Rome que l'Allemagne se met en frais de coquetteries avec la France; Vienne devrait etre convertie à l'idée que l'Allemagne cherche à s'entendre avec la Russie aux dépens de l' Autriche. Rien n'est ménagé de Paris pour mettre en suspicion l'Italie. Mais c'est là un jeu percé à jour. Les déclarations échangées entre l'Italie, l'Allemagne et l'Autriche avant et depuis la disparition du prince de Bismarck de la scène politique, sont si catégoriques, qu'on ne saurait élever l'ombre d'un doute sur la continuité de leurs rapports intimes et sur la solidarité de leurs intérets réciproques. Il plait au Gouvernement de la République de nous payer en bonnes paroles, sans répondre, jusqu'ici du moins, par des actes à nos bons procédés à son égard: suppression des droits différentiels; honneurs presque royaux rendus à la mémoire de so n ambassadeur près notre Cour; envoi d'une escadre à Toulon pour saluer le président M. Carnot, et lui consigner une lettre de notre Auguste Souverain; attitude très conciliante des principaux organes de notre presse. Lors meme que nous devrions semer pour ne rien recueillir, notre conduite

actuelle n'est moins estimée lei comme très habile en abandonnant à nos voisins le ròle de provocateurs, le jour où ils lèveront le masque. Le Cabinet de Paris, voulùt-il lui-meme nous faire des concessions en matière commerciale, rencontrerait des difficultés insurmontables dans les dispositions d'un Parlement voué à outrance aux doctrines protectionnistes, pour ne pas dire prohibitives. Ici aussi on n'accepte que sous bénéfice d'inventaire le langage amicai, ou du moins devenu plus modéré de la part de quelques journaux d'outre Rhin. On admet qu'il peut se produire une trève dans les revendications pour l'Alsace-Lorraine, mais qu'un accord ne s'établira pas sur ce terrain. On sait également qu'en France et en Russie des partis influents s'appliquent, ne fùt-ce qu'en apparence, à se faire, en haine de l'Allemagne, les apòtres d'une solidarité d'intérets, avec l'arrière-pensée de se retourner au moment pro p ice et viribus unitis contre l'Allemagne et contre nous, tant que nous ne nous plierons pas à devenir les satellites de la France. Comment expliquer autrement que ces deux Puissances, meme dans une question pour elles secondaire, nous suscitent, comme à la Conférence de Bruxelles, des obstacles relativement à la représentation du roi Ménélik, si ce n'était qu'elles sont guidées par le désir de faire accroire toujours plus à la communauté de leur cause? Heureusement qu'il faut encore deux années à la Russie pour

achever ses armements sur terre et sur mer, et que la France restera l'arme au bras avant d'engager une lutte à elle seule.

(l) -Un'annotazione indica che i telegrammi coloniali riservati in partenza del 29 aprilefurono per errore registrati prima di quelli del 28. (2) -Cfr. n. 466.
463

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1040. Londra, 30 aprile 1890, ore 0,11 (per. ore 6).

Con nota d'ieri Salisbury annuncia aver ordinato al rappresentante inglese al Brasile di concertare una azione con i colleghi aventi istruzioni di unirsi alla protesta italiana.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 431. Parigi, 30 aprile 1890, ore 17,15 (per. ore 20,10).

Prima che io lo interrogassi, Ribot, nell'odierna udienza, mi disse che la questione del mandato di Menelik era in via di accomodamento per ricevere una soluzione conforme alla nostra domanda, la medesima dovendo essere introdotta nella Conferenza di Bruxelles in modo da fare cadere l'opposizione della Russia. Ribot mi mostrò le più amichevoli disposizioni e dichiarò che difficoltà prima prodottesi non erano effetto del suo malvolere, ma che egli pure avrebbe dovuto tenere conto delle obiezioni del Governo russo. Il conte Milnster e lord Lytton gli avevano entrambi parlato della questione; il secondo per rettificare il suo giudizio sulle intenzioni di lord Salisbury (l).

465

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1043. Parigi, 30 aprile 1890, ore 17,15 (per. ore 20,40).

Ribot mi disse di essere stato informato dal barone Itajuba che il Governo brasiliano, piegandosi alle rimostranze della Francia contro il decreto di naturalizzazione, s'impegnava ad accogliere tutti i reclami che dopo la scadenza del 15 giugno gli saranno presentati dagli stranieri, i quali non avranno nel termine stabilito optato contro la naturalizzazione brasiliana, e non vorranno sottostare alle conseguenze prescritte dal decreto del Governo brasiliano. Promise altresì di non invocare il decreto in favore dei cittadini francesi dimoranti al Brasile [i quali] tornando in patria, volessero valersene per esimersi dal servizio militare. Governo francese pare disposto a non differire più oltre il riconoscimento della Repubblica brasiliana.

466

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 433. Londra, 30 aprile 1890, ore 19,40 (per. ore 21,45).

Salisbury mi ha detto che malgrado tutti gli sforzi da lui fatti insieme alla Germania, le obiezioni della Russia e della Francia nell'affare della rappresentanza di Menelik a Bruxelles sussistevano, ma che l'Italia poteva con

tare sul voto dell'Inghilterra, se la questione veniva portata in votazione nella Conferenza (1). Egli telegrafava questa sera in questo senso al rappresentante inglese a Bruxelles.

(1) Con D. riservatissimo 15284/363 del 10 maggio, non pubblicato, vennero comunicate a Ressman le istruzioni date a Roma a Menabrea per aprire il negoziato con la Francia per la delimitazione del confini fra Etiopia e Aussa.

467

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 727. Roma, 1° maggio 1890, ore 19,15.

Impegno preso Governo brasiliano accogliere reclami stranieri dopo 15 giugno (2) sembrami una proroga accordata ma non modificazione sostanziale decreto naturalizzazione contro cui signor Ribot mostrassi disposto agire in conformità memorandum italiano, aspettando però di conoscere risoluzioni dell'Inghilterra, secondo risulta dal telegramma di V.E. in data 12 aprile (3). Partecipo che r. ambasciatore in Londra m'informò con telegramma 30 aprile (4) avere Governo britannico ordinato suo rappresentante Rio Janeiro concertare azlone coi colleghi aventi istruzioni di unirsi alla protesta italiana. Prego pertanto insistere perché Governo francese tengasi fermo nell'appoggiare nostro memorandum.

468

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 439. Pietroburgo. 1° maggio 1890, ore 19,26 (5).

A la suite de notrc conversation d'avant hier (G) Giers a soumi.s à l'empereur l'idée suivante, dont il m'a dicté sur papier à peu près les termes « au lieu ò.'admettre Menelik à prendre part par délégation à la Conférence, le Gouvernement italien laissant achever l'oeuvre de la Conférence, pourrait notifier aux Puissances que se chargera de l'application aux domaines de Menelik des principes que la Conférence aura adoptés, puis V.E. en informera les Puissances qui en prendront acte ». L'empereur a demandé à Giers de lui soumettre un rap

port avant de formuler l'idée d'une façon précise dans un télégramme à Ouroussoff. Sa Majesté l'a déjà admise en principe mais il est possible qu'elle fasse des corrections. Il est très-important de noter que l'empereur croit ne pas déjuger de sa première résolution, de << s'abstenir »; qu'il ne veut pas absolument mettre sa signature à còté de celle de Menelik et que je me suis toujours placé au point de vue humanitaire et du second mandat spécial indiqué dans le té1égramme de V.E. du 27 (l). Il est opportun de ne pas prononcer le mot l'« Etiopie » et de laisser de còté notre traité avec Menelik camme un droit acquis et clont il est inutile de parler. C'est ce que Giers entend en demandant éèbsolument que nous écitions de toucher aux questions politiques (2).

(l) -Tornielli rispode al n. 461. (2) -Cfr. n. 465. (3) -Cfr. n. 424, in realtà del 13 aprile. (4) -Cfr. n. 463. (5) -Manca l'Indicazione dell'ora di arrivo. (6) -Conversazione interlocutoria, su cui Marochetti avea riferito con T. coloniale riservato 426 del 29 aprile, non pubblicato.
469

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 7066. Parigi, 3 maggio 1890, ore 17,10 (per. ore 21,25).

Mi sono recato oggi da Ribot parendomi. urgente d'informarlo delle osservazioni telegrafatemi ieri l'altro da V.E. (3) circa l'impegno preso dal Governo brasiliano per decreto di naturalizzazione, affinché egli non se ne dichiarasse appagato e appoggiasse invece .fermamente il nostro memorandum. Ribot mi disse avere nel frattempo chiesta ed ottenuta dal Governo brasiliano la esplicita dichiarazione che l'impegno preso sarebbe applicabile anche agli italiani, ed essergli per parte sua sembrata accettabile la condizione offerta, giacché i reclami contro il decreto dovendo essere accolti in qualunque tempo dopo il 15 giugno, gli effetti del medesimo erano in fatto annullati, mentre si capiva che il Governo brasiliano non volesse addirittvra revocare un decreto che egli pretendeva aver reso a favore non a danno degli stranieri. Alla mia domanda se egli avesse già formalmente accettato il temperamento accordato dal Governo brasiliano, Ribot rispose che la questione doveva essere prima esaminata in Consiglio dei ministri. Gli feci quindi presente che seguendo il sistema ora proposto a titolo di concessione dal Governo brasiliano, sarebbe pur sempre necessario un apposito atto di protesta dello straniero, senza il quale non cesserebbero, a suo riguardo, gli effetti del decreto che, in mancanza di un simile atto, o per esempio, in caso di morte prima elle fosse compiuto potrebbero avere gravi conseguenze per le successioni. Informai anche Ribot delle istruzioni elle furono date al rappresentante britannico a Rio Janeiro e insistetti affinché non cedesse. Egli non contraddisse alle mie osservazioni, e mi promise di riparlarmene, dopo aver esaminato di nuovo la questione.

(l) -Cfr. n. 457. (2) -Cfr. n. 470. (3) -Cfr. n. 467.
470

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES E LISBONA

T. COLONIALE RISERVATO 368. Roma, 4 maggio 1890, ore 23.

Ambasciatore di Russia mi ha dato oggi lettura di telegramma di Giers dal quale risulta che se il Governo italiano intende estendere ai domini di Menelik le disposizioni della Conferenza di Bruxelles lo potrebbe fare dandone poi notificazione alle Potenze firmatarie a Conferenza chiusa. La Russia in tal caso non si rifiuterebbe prenderne atto, salvo le riserve destinate a salvaguardare le questioni di carattere politico. Risposi ad Uxkull che se Giers ci avesse fatto questa proposta in principio di marzo, si sarebbe forse potuto discuterla. Fatta oggi, dopo che la gran maggioranza delle Potenze rappresentate alla Conferenza aveva fatto buon viso al mandato speciale di Menelik, ero dolente non poter accogliere la proposta russa e dovevo rimanere fermo al mandato. Ciò per la dignità nostra e pel rispetto dovuto alle Potenze che hanno aderito al nostro modo di vedere.

(Per la r. ambasciata a Londra sola) Lord Dufferin venutomi a visitare dopo Uxkull approvò interamente la risposta che gli avevo data.

471

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. PERSONALE RISERVATO S.N. Pietroburgo, 6 maggio 1890.

Con il telegramma del 23 marzo ultimo (2) io accennavo alle suscettibilità che, a detta di Giers, il passaggio del principe ereditario d'Italia per Varsavia poteva fare nascere. L'E.V., in risposta, si compiaceva informarmi telegraficamente, in data del 27 dello stesso mese (3), d'incarico di S.M. il Re, che il passaggio per Varsavia del principe di Napoli aveva per iscopo il ritorno più pronto in Italia di Sua Altezza Reale per la via di terra.

Tale essendo il motivo del passaggio per Varsavia ed essendo il medesimo

venuto meno con la visita di Sua Altezza Reale a Pietroburgo, donde la via più

breve per Berlino non traversa il Regno di Polonia, stimai opportuno di telegrafare al generale Morra « che il viaggio a Varsavia, città affatto priva d'interesse e poco si:mpatica a questa Corte, ritarderebbe secondo me inutilmente l'arrivo a Berlino» che si trattava appunto di determinare. Mi rispondeva in data del 4 volgente il primo aiutante di campo di Sua Altezza Reale: «Va bene, quantunque Varsavia fosse suggerita da S.E. Crispi. Lasci ad ogni buon fine due giorni disponibili per detta città ».

In presenza di questo telegramma io sto dubitando se il generale Morra abbia contezza del motivo che aveva fatto suggerire il passaggio per Varsavia, ora venuto meno e se egli si è interamente capacitato delle ragioni di opportunità che ne sconsigliano l'andata e che non potei invero sviluppare abbastanza per telegrafo.

Non solo quella visita, come feci noto all'E.V. ed all'aiutante di campo generale di Sua Altezza Reale, sarebbe poco gradita a S.M. l'Imperatore per ovvie ragioni politiche nel momento appunto che si sta architettando la russificazione completa di una parte della Polonia, distaccando i distretti orientali delle provincie del Regno di Polonia di Lublino e Siedlce al di là del fiume Pug per formarne una nuova provincia russa sotto il nome di «Governo di Kholm »; ma potrebbe anche essere inopportuna rispetto alla nazione polacca per i sentimenti ultra-cattolici che animano le popolazioni di quelle regioni.

Non essendovi pertanto nulla d'interessante a vedere a Varsavia; la Corte non vedendo di buon occhio quel viaggio e l'accoglienza popolare potendo essere dubbia e se pure, come potrebbe avvenire, fosse favorevole, un'ovazione della nazione polacca ad un principe cattolico di uno Stato fondato sul principio di nazionalità non potendo tornare gradita all'autocrate di tutte le Russie, io non vorrei esporre Sua Altezza Reale, il cui viaggio si va svolgendo sotto i più fausti auspicii a inconveniente alcuno. Ed è perciò che io mi credo in dovere di rivolgermi all'E.V. affinché voglia sottomettere a S. M. il Re l'opportunità di escludere Varsavia dall'itinerario di Sua Altezza Reale.

Alle ragioni di ordine politico e religioso addotte se ne aggiunge pure un'altra di somma delicatezza il cui peso dovrebbe bastare per se stesso a dare il tracollo alla bilancia. Sua Altezza Reale a partire da Odessa per volontà dell'imperatore diventa suo ospite e nominatamente a Mosca ed a Pietroburgo; treni speciali sono posti ai suoi ordini; ufficiali superiori del seguito dell'Imperatore sono addetti alla sua persona; palazzi imperiali sono messi a sua disposizione. Il principe di Napoli, smesso pertanto l'incognito, viene alla capitale dell'Impero moscovita, come principe ereditario d'Italia. Ora di Varsavia nel programma di ricevimento e di ospitalità imperiale non si è fatto cenno e, certo non sarebbe decoroso che Sua Altezza Reale riprendesse l'incognito per recarsi colà con apparente sgradimento della Corte imperiale che l'avrà fino a quel momento festeggiato o che ci attendessimo ad un prolungo di una ospitalità imperiale nella capitale del Regno di Polonia, ospitalità assai costosa.

Stando così le cose prego V.E. di farmi conoscere per telegrafo gli ordini

di S.M. il Re in proposito (1).

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi. (2) -Cfr. n. 361. (3) -Cfr. n. 374.

(l) Cfr. n. 487.

472

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 130. Berlino, 7 maggio 1890, ore 20.15 (per. ore 22).

Né cancelliere né segretario di Stato, secondo positiva loro dichiarazione, sono informati degli atti del principe di Bismarck altrimenti che per mezzo della stampa. La supposizione del ricevimento di des Houx O) ha tuttavia soltanto mediocremente sorpreso, visto che esso si accorderebbe col contegno assunto fin dall'autunno scorso dal principe verso il partito ultra-clericale. Attuale ricevimento sarebbe stato in certo modo lo sviluppo del pensiero che ispirò incontro con Windthorst, il quale fu una delle cause che determinarono rottura tra principe e imperatore. In queste alte sfere ufficiali è sparsa la credenza che la esasperazione senza limite del principe potrà condurlo lontano. Desterebbe qui gratitudine se V.E. la quale non potrebbe evidentemente ricevere personalmente des Houx, senza esporsi ad indiscrezioni tendenziose o menzognere, lo volesse far ricevere da persona di fiducia a titolo d'informazione e di controllo.

473

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO SEGRETO 131. Tangeri, 8 maggio 1890, ore 9,10 (per. ore 13).

Tornato Gentile. Sultano prega Governo italiano far costruire, per conto di lui e pel valore d'un milione cinquecento mila lire, piccola nave da guerra a titolo esperimento. Concede facoltà Governo Sua Maestà rappresentarlo, in ogni maniera, stipulando contratto. Si obbliga corrispondere rate pagamento banca italiana da V.E. designata. Consegnata nave da guerra ne farà costruire altra base modello ricevuto. Concessione racchiude altresì condizione, nostro favore politicamente importante che Gentile, accompagnando Roma ambasciata marocchina, porti a V.E. documenti originali. Risultato dovuto ottime pratiche nostro interprete migliore che si poteva sperare (2).

(l) -Con T. segreto personale del 6 maggio Crispi aveva chiesto a Launay di assumere informazioni circa i rapporti fra il pubblicista francese des Houx, il quale gli aveva chiesto udienza, e Bismarck. (2) -Si pubblica qui il seguente passo di un lungo documento del 24 gennaio 1894 sulle relazioni con il Marocco: Nel 1888-89 «l'ascendente dell'Italia sul Marocco aveva preso proporzioni quali non ebbe mal. Dal sultano e dal suo Governo cl venivano frequenti, insolite dimostrazioni di simpatia e rispetto; felicissime riuscirono le missioni Cantagalli e Gentile alla Corte sceriffiana nell'ottobre 1889 e maggio 1890; una solenne ambasciata marocchina giunge in Italia e vi si trattiene tra il giugno e l'agosto 1890. Il sultano fa costruire a Livorno
474

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 132. Berlino, 8 maggio 1890, ore 16,58 (per. ore 17,40).

Conte Fantoni comunica quanto segue: egli parte domani sera per Londra anche con mandato del sindacato tedesco per trattare e concludere col gruppo inglese. ~uesto mandato che il conte Fantoni ha ottenuto faciliterà le transazioni ed è una probabilità di più di buon esito. Ciò è desiderato pure dal Governo imperiale anche dal punto di vista politico.

475

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI,

L. CONFIDENZIALE. Roma, 8 maggio 1890.

Lord Salisbury m'a envoyé ce matin une dépeche pour me dire que le baron Lambermont vient de l'informer par le télégraphe qu'il est en train de préparer une formule qui pourra réconcilier les suggestions du Gouvernement russe avec la manière de procéder d'abord proposée par l'Italie, d'une façon à contenter le Gouvernement italien.

Le baron Lambermont dit qu'en outre il peut à peine supposer que le concours des trois Puissances, sur lequel le Gouvernement italien s'appuie si fortement, sera poussé jusqu'à faire surgir l'alternative entre un ultimatum à la Russie et la rupture de la conférence.

Dans ces circonstances lord Salisbury ose espérer que V.E. fera tout ce qui dépendra de lui pour seconder les efforts que fait le baron Lambermont dans le but d'amener une solution qui sera agréable à toutes les Puissances intéressées (2).

una piccola navP da guerra sulla quale vuole sventolino insieme le due bandiere marocchina ed italica; si avviano trattative per la concessione di un porto m1litare a Mehedia sotto 11 protettorato nostro, isolatamente, o in comune con quello britannico; si pensa alla istituzionf di una banca ltalo-marocchina con capitale italiano; giovani marocchini affluiscono nelle scuole militari del Regno; si consolida, ampliandone mandato e funzioni, la missione militare italiana a Fez, incaricata di fabbricare armi, cartucce e monete di rame >>.

(l) -Da ACS, Carte Crispi. (2) -Si pubblica qui un brano di una lettera del 30 aprile di Kalnoky a Nigra (Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi): «le Gouvernement beige cherche un compromls qui consisterait en un mandat direct donné par Menelik aux plénipotentialres itallens et par la substitution du titre: « negus negesti » à celui d'empereur d'Aethyopie dont !es russes ne veulent pas entendre parler. Si à ce prix on peut éviter une rupture de la Conférence la solution sera heureuse, car il me semble que toute cette opposition contre Menellk n'est au fond qu'une intrigue dirigée contre la position de M. Crispi personnellement ».
476

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 385. Roma, 10 maggio 1890, ore 15,451

Generale Dal Verme è stato incaricato trattare al Cairo delimitazione fra Massaua e Suakin. Partirà nella prossima settimana. Prego V.E. informarne Salisbury perché voglia dare istruzioni a Baring onde siano prontamente nominati delegati anglo-egiziani (2).

477

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 477. Parigi, 10 maggio 1890, ore 16,20 (per. ore 19,50).

Ieri sera vidi Ribot che insisté per l'accettazione della proposta russa dl estendere ai dominii del re Menelik le disposizioni della Conferenza di Bruxelles, senza però accettare il di lui mandato all'Italia di rappresentarlo presso detta Conferenza. Conformemente al telegramma di V.E. del 5 corrente (3), risposi che, dopo l'adesione della maggioranza delle Potenze al modo di vedere dell'E.V., essa doveva rimanere ferma nel suo proposito per rispetto dovuto a quelle Potenze e per le giuste suscettibilità del re Menelik, il quale, col mandato affidato all'Italia, volle affermare la sua sovranità, e si sentirebbe offeso nella sua dignità di fronte al sultano di Zanzibar che fu ammesso a farsi rappresentare, mentre ,egli, sovrano assai più importante, riguardo a oggetto stesso della Conferenza non vi sarebbe accolto. Ribot per giustificare la sua insistenza si appigliava ad un suggerimento fatto, dice egli, dal barone De Renzis che avrebbe egli stesso proposto di riservare ai potentati africani, non rappresentati alla Conferenza, di aderire alle deliberazioni di questa senza esservi intervenuti. Fra tali potentati Ribot comprenderebbe 1\fenelik. Egli protesta ad un tempo il suo vivo desiderio di un accomodamento. Io risposi di non essere autorizzato fare alcuna concessione, all'infuori delle istruzioni cosi nettamente espresse nel telegramma di V.E. e che mi sarei limitato a partecipare a V.E. le opposizioni del signor Ribot. Si scorge che l'opposizione ingiustificata di Ribot è una gherminella ideata dai rappresentanti della Russia a Parigi e Bruxelles per accarezzare i francesi, mentre è in contraddizione colle pr~me dichiarazioni del signor Giers, quali risultano dai due primi telegrammi del barone Maro

chetti (l). Aspetto perciò le definitive istruzioni di V.E. (2). Colsi l'occasione per consegnare a Ribot il volume e la carta di Etiopia che gli furono destinate da codesto ministero. Nel ringraziare, Ribot mi fece alcune osservazioni che mi fanno supporre che le nostre delimitazioni proposte non saranno accettate senza contrasto, specialmente rispetto all'Harar che nella carta figura come composto di due parti separate da una linea retta; quella a destra sarebbe non sotto la protezione, ma l'influenza (sic) della Francia, e l'altra di sinistra sotto quella dell'Inghilterra, giusta l'accordo, dice egli, intervenuto fra quelle due Potenze, le quali, a quanto pare, non avrebbero interpellato in proposito i veri interessati in quella regione. Io non volli entrare in discussione al riguardo; mi limitai ad accennare la località detta Gildessa, sul confine di Harar, dove travasi la dogana del re Menelik, i sui prodotti ci servono di garanzia pel nostro prestito a questo sovrano.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 171. (2) -Crispi avea comunicato a Tornielli con T. coloniale riservato 379 dell'8 maggio: « Lord Dufferin mi ha partecipato desiderio Salisbury che trattative per delimitazione sfere influenza tra Ras Kasar e fiume Barka si facciano al Cairo invece che a Londra, giacchè sir E. Barlng non può assentarsi per ora dall'Egitto >>. (3) -Cfr. n. 470.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 350/349. Londra, 10 maggio 1890 (per. il 16).

Mi pervennero successivamente dispacci che V.E. ha diretto a questa r. ambasciata il 28 e 30 aprile ed il 5 maggio, nn. 14474/203, 14936/210, 14937/211, 14938/212 e 15483/218, relativamente alle cose di Tunisi (3). Ringrazio vivamente il r. ministero sia per le informazioni circa i progetti ed i lavori che si eseguiscono nei porti di Biserta e della Goletta, sia per le indicazioni concernenti la base che si potrebbe dare, sul terreno diplomatico, alle osservazioni da presentare in proposito alla Francia.

Presentemente, anche per J.a posizione reciproca dei Gabinetti di Londra e di Parigi nella questione egiziana, intorno alla quale riferisco in separato rapporto (4) conviene ritenere che le disposizioni del Governo britannico non possono essere favorevoli ad una proposta che noi gli facessimo di presentare delle osservazioni a Parigi. Benché la Francia abbia assunto negli affari relativi all'Egitto un contegno più conforme alle viste ed agli interessi inglesi, restano cionondimeno ancora aperte relativamente alle cose egiziane molte questioni che lord Salisbury deve desiderare di risolvere e che non saranno composte fintanto che il Gabinetto di Parigi non renda più praticamente effettive le sue dimostrazioni di buon volere. Non sarebbe dunque da aspettarsi che, mentre le cose egiziane stanno al punto in cui oggi si trovano, lord Salisbury voglia prendere in mano la questione della alterazione di equilibrio che i lavori che si eseguiscono a Tunisi ed a Biserta possono produrre nelle forze degli Stati mediterranei.

Quest'ordine di considerazioni mi trattiene dallo spingere troppo oltre qui le osservazioni che in ogni opportuna occasione faccio a lord Salisbury circa

24 -· Documenti diplomatici -Serie li -Vol. XXIII

la posizione marittimo-militare che dalla Francia si va acquistando in Tunisia. Non vorrei infatti che, venendosi a conoscere gli adoperamenti a Parigi, ne risultasse null'altro che un peggioramento nelle relazioni nostre con la Francia e la convinzione nel Governo francese che l'Inghilterra in questo momento pensa assai più all'Egitto che alla Tunisia.

Nelle cose politiche e principalmente in quelle che riguardano gl'interessi internazionali la questione di opportunità s'impone e giova tenerne conto. Perciò considero mio dovere di sottoporre all'alto apprezzamento di V.E. ciò che la cognizione delle presenti relazioni dell'Inghilterra con la Francia suggerisce.

Sta di fatto che negli ultimi tempi il Gabinetto di Parigi si è dimostrato premuroso di comporre tutte le difficoltà esistenti nelle sue relazioni con l'Inghilterra e di prevenire che altre si producessero. Nel bacino del Niger e perfino alle frontiere di Obock pare si siano allontanati tutti i pericoli di gelose competizioni. Le controversie sono poste in buona via e perfino per la annosa controversia delle pescherie di Terranuova la Francia fa prova verso la Gran Bretagna della più conciliante sua disposizione a favorire un accordo che, dal Trattato di Utrecht in poi, non poté mai essere trovato.

Ritengono i miei colleghi di Austria-Ungheria e di Germania (e quest'ultimo particolarmente) che nulla vi sia di sostanzialmente cambiato nelle linee direttive della politica del Gabinetto inglese. Ma intanto è mestieri tener presente che sovra questa politica hanno ognora influito potentemente le disposizioni della pubblica opinione la quale dall'attuale atteggiamento del Governo francese è favorevolmente impressionata. E sarebbe non conoscere le tradizioni della politica britannica il supporre che, in tutto ciò che è di essenziale suo particolare interesse, essa non voglia cercare di trarre il massimo suo profitto dall'atteggiamento preso in modo cosi rimarchevole dal Gabinetto di Parigi (l).

(l) -Cfr. nn. 398 e 422. (2) -Cfr. n. 480. (3) -Non pubblicati. (4) -Non pubblicato.
479

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, E AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 394. Roma, 12 maggio 1890, ore 9,30.

Ambasciatore Russia venne ieri leggermi nota del suo Governo dalla quale risulta essere state date istruzioni al ministro di Russia a Bruxelles (a codesto ministro di Russia) qualora noi insistiamo rappresentare Menelik di dichiarare che egli si asterrà da ogni discussione. Questo mezzo termine ci incoraggia a mantenere nostra proposta poiché Russia non pensa ritirarsi dalla Conferenza.

Nella stessa udienza d'ieri partecipai comunicazioni russe a quest'ambasciatore britannico che se ne mostrò soddisfatto.

(Per Londra solo) Voglia far conoscere quanto precede a lord Salisbury, aggiungendo che non fu mai né è nostra intenzione di spingere la cosa agli estremi (l).

(l) Allegato a questo rapporto è il seguente appunto di Mayor del 19 maggio: <<S'insista perché il conte Tornielli parli dell'argomento con lord Salisbury. Non possiamo attendere che le opere siano a compimento oppure a tal punto che le nostre osservazioni riescano serotine. Siamo 1 primi interessati, ma l'Inghilterra viene subito dopo noi. Fu essa che, nel 1881, segnalò per la prima il pericolo, essa che ottenne impegni dal Governo francese. Non possiamo tacer al Gabinetto di Londra ciò che è a nostra conoscenza, né astenerci dal proporre ciò che la logica e l'interesse Impongono. Se per ragioni sue, il Gabinetto inglese non vuoi muover passo, avremo però fatto il nostro dovere prevenendolo e messo in salvo la nostra responsabilità. D'ordine di S. E. ».

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (2)

D. RISERVATISSIMO 16666/333. Roma, 14 maggio 1890.

Con telegramma del 10 corrente (3) V.E. mi riferisce d'aver consegnato al signor Ribot la carta sulla quale, per cura di questo r. ministero, furono tracciati i confini dell'Impero etiopico e del Sultanato d' Aussa colle sue dipendenze, ed aggiunge che il ministro francese le fece alcune osservazioni riguardo all'Barar, prendendone occasione dalla retta stampata sulla carta Lannoy che delimiterebbe le rispettive sfere d'influenza in quelle regioni della Francia e dell'Inghilterra, procedendo dalla costa alla città stessa d'Barar. Le risposi ( 4) che non aveva inteso di comunicare al Governo francese altro che i confini segnati a colori sulla carta suddetta, dell'Etiopia e dell' Aussa e non intendeva naturalmente di riconoscere o d'entrare in discussione sopra le linee stampate della carta Lannoy, e specialmente sulla summenzionata, la quale avrebbe dovuto in ogni caso fermarsi al confine dell'Barar, paese soggetto al re dei re d'Etiopia, e perciò oramai alla esclusiva nostra influenza.

L'accordo anglo-francese del 1888 relativo alla delimitazione delle rispettive sfere d'influenza nel golfo d'Aden fu comunicato a suo tempo confidenzialmente al R. Governo dal Gabinetto di Londra. Esso consiste in uno scambio di note che a titolo riservatissimo trasmetto qui accluse in copia a V.E. (5). Dall'articolo 1° vedrà chiaramente che la linea suddetta di demarcazione non deve entrare dentro all'Harar, giacché essa segna il confine dei protettorati presenti o futuri delle due Potenze, e l'articolo 4 stipula esplicitamente che l'Harar non dovrà né annettersi né sottoporsi a protettorato dai contraenti. Tale linea di demarcazione non corrisponde a quella stampata sulla carta Lannoy, ma va da Lavadu a Abassium, da Abassium a Bio-Kaboba e quinti segue la strada di Zeila; ed il signor Lannoy nello scorso gennaio confessò al r. addetto militare a Parigi di essersi sbagliato nel tracciamento di essa sulla sua carta.

Che il Governo francese farebbe difficoltà relativamente all'Harar ne ho sempre avuto timore, specialmente dopo il rapporto di cotesta r. ambasciata dell'8 febbraio u.s. n. 197/89 (6); alle obiezioni che le venissero fatte V.E. dovrà rispondere recisamente che il R. Governo non può transigere, ritenendo che l'ac

cordo anglo-francese nel fissare le rispettive sfere d'influenza non si riferiva né poteva riferirsi all'Harar e che su quella regione non possiamo ammettere che sia esercitata influenza alcuna da chicchessia.

Non le nascondo però che sarei ben lieto di evitare una nuova disputa colla Fnincia, ed a tale effetto ho cercato d'escogitare un possibile accomodamento pel quale bisognerebbe naturalmente contare sulle buone disposizioni del signor Ribot manifestate ultimamente all'E.V. ed al commendator Ressman allorché dichiarò loro che la Francia nel Mar Rosso non mirava che a conservare e sviluppare il possedimento d'Obock e non intendeva affatto d'osteggiare la nostra politica (l).

Se il Governo francese volesse perciò rinunziare al porto di Ras Gibuti e cedere all'Italia la costa dal confine del protettorato inglese fino a tutto il GubeL el Karab noi tratteremmo ben volentieri una permuta e saremmo disposti a cedere alla Francia la costa da Ras Sagian a Ras Sinthiar (fino cioè al territorio d'Assab) ed anche il Sultanato di Raheita, il quale però a nord ovest dovrebbe delimitarsi in modo da lasciare entro la regione protetta dall'Italia la strada che da Assab per Magabla, Asbol e Madgul procede all'Aussa. Queste cessioni che faremmo alla Francia avrebbero per effetto d'arrotondare la sua colonia d'Obock e di darle una base solida sull'ingresso del Mar Rosso, non senza valore per una Grande Potenza marittima che ha interessi lontani in tutte le parti del mondo. Il R. Governo sarebbe inoltre disposto a non fare opposizione all'annessione alla Francia del promontorio di Sceik Said, oggetto di precedente carteggio, lasciando bene inteso alla Francia la cura d'intendersi a tale riguardo colla Porta e coll'Inghilterra.

L'Italia guadagnerebbe d'altra parte uno scalo per l'Harar e i paesi Galla e avrebbe il vantaggio d'allontanare da quelle regioni l'influenza e gli intrighi francesi che nell'avvenire potrebbero esser causa di gravi conflitti.

Questa proposta non dovrebbe farsi da V.E. che al momento opportuno, ossia in seguito ad una dichiarazione formale del signor Ribot d'esser disposto a trattare un aggiustamento ed a farci qualche vantaggiosa concessione.

La questione dei limiti dei possedimenti e dell'influenza francese nel Mar Rosso è per noi di somma importanza, e conto perciò sopra tutto lo zelo di V.E. perché procuri di risolverla con profitto del R. Governo.

(l) -Per la risposta di Tornielll cfr. n. 482. (2) -Ed. in L'ltalla in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 179-180. (3) -Cfr. n. 477. (4) -T. coloniale riservato 396 del 12 maggio, non pubblicato. (5) -Non pubblicate. (6) -Non pubblicato.
481

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 497. Parigi, 15 maggio 1890, ore 16,15 (per. ore 19,15).

Ribot mi manda, per mezzo di un suo impiegato, il signor Delaroche Vernet, la seguente comunicazione che trasmetto testualmente in francese all'E.V.: «Amendement présenté par le baron De Renzis à la séance de la première commission

de la Uonférence de Bruxelles du 27 janvier 1989: "Les Puissances s'obligent à . demander aux Etats indigènes soumis à leur protectorat, à leur influence ou liés envers elles par des traités d'alliance, d'adhérer au présent acte en souscrivant aux obligations y inhérentes ").

(l) Cfr. n. 427.

482

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 501. Londra, 16 maggio 1890, ore 13,19 (per. ore 15,45).

t:lalisbury, al quale ho comunicato sunto della comunicazione fatta a V.E. dall'ambasciatore di Russia (l) mi ha detto sperare che dalla questione della rappresentanza del re Menelik non sorgerebbe così altra difficoltà nella Conferenza. Ma il re dei belgi non è di questo avviso; egli mi ha detto ieri sera sapere che i plenipotenziarii della Russia non firmeranno l'atto se noi insistiamo nella rappresentanza dell'Etiopia. Conseguenza di questo, soggiunse Sua Maestà, è che l'atto non avrà la unanimità delle firme delle Potenze che ebbero parte alla Conferenza di Berlino, unanimità che è necessaria perché l'opera di Bruxelles non fallisca. Il re dei belgi mi ha pregato di telegrafarle questo e di offrirle la sua interposizione per condurre la Russia a riconoscere le ragioni dell'Italia sull'Etiopia, mediante una trattativa separata da aver luogo indipendentemente dalla Conferenza. Siccome è probabile che il re mi interroghi ancora sopra le decisioni di V.E., così ella vedrà se convenga che io faccia a Sua Maestà qualche comunicazione a tale riguardo. Ho ragione di ritenere che il re abbia parlato nel senso sovra detto, dopo l'ultimo colloquio con Salisbury, il quale finora non mi ha fatto alcuna osservazione in proposito.

483

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. CONFIDENZIALISSIMO 16860/240. Roma, 16 maggio 1890.

Mi pregio di qui unito trasmettere all'E.V. copia d'un rapporto confidenzialissimo testé direttomi dal r. ministro a Tangeri (2) contenente alcune importanti informazioni circa i maneggi iniziati dalla Francia nel 1888 quando pareva prossima una vacanza del trono marocchino, e circa quelli che si prevede essa rinnoverà quando venisse a mancare ai vivi il sultano regnante. Da questo rap

porto cui va unita una memoria confidenziale del cavaliere Gentile dragomanno di quella r. legazione V.E. vedrà come la Francia coltivi con sempre maggior sollecitudine i suoi progetti di espansione in Africa. Il compito di tutte le Potenze interessate al mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo è dunque di sorvegliare attentamente l'azione palese o segreta della Repubblica in quelle regioni. Perciò le informazioni ora inviatemi dal commendator Cantagalll non possono non interessare il Governo inglese; sarà quindi utile che l'E.V. colga una favorevole occasione, per tenerne confidenzialmente parola a lord Salisbury.

(l) -Cfr. n. 479. (2) -R. conf!denz!alissimo 400/120 del 2 maggio, non pubblicato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, NIGRA

D. (1). Roma, 17 maggio 1890.

Dalle informazioni che già da tempo giungono a questo ministero dal

r. consolato generale a Tunisi risulta che il Governo francese si propone di eseguire a Biserta dei lavori che darebbero a quel porto un carattere militare di somma importanza e ne farebbero una nuova e minacciosa base d'operazione in caso di guerra nel Mediterraneo. Ebbi cura di tener sempre informato di tutti i fatti rivelativi di tali propositi il r. ambasciatore a Londra, il quale ora con un rapporto riservato (2) di cui mi pregio di qui inviare copia all'E.V., mi fa sapere che notizie analoghe pervennero al Foreign Office. Già sono stati conchiusi dalla Francia contratti per nove milioni per opere idrauliche ed altri lavori.

Non è mestieri che io mi faccia a dimostrare all'E.V. la grave minaccia che costituirebbe per noi l'esistenza d'un nuovo porto militare francese nel Mediterraneo, per di più così prossimo alle coste della Sicilia. Certo se i francesi potessero proseguire e condurre a compimento l'opera progettata, la nostra posizione nel Mediterraneo ne sarebbe grandemente indebolita. il che andrebbe indirettamente a scemare la potenza militare della Triplice Alleanza. Credo perciò opportuno di pregar l'E.V. di voler segnalare questi fatti a codesto Governo e di scandagliare le sue intenzioni allo scopo di conoscere se e in quale misura esso sarebbe disposto a venir con noi ad uno scambio d'idee circa il modo di fare opposizione al proseguimento dei lavori francesi a Biserta.

La base diplomatica per una eventuale opposizione può trovarsi negli impegni che la Francia intese assumere per quanto riguarda la città e il porto di Biserta e che risultano dal carteggio scambiato nel 1881 fra il Ministero francese degli esteri e l'ambasciatore britannico a Parigi. Credo opportuno di riassumere tale carteggio.

Lord Lyons, ambasciatore d'Inghilterra a Parigi, ln una nota diretta al ministro per gli affari esteri francese in data del 14 maggio 1881, prendendo atto delle dichiarazioni verbali antecedentemente fattegli dal signor Barthélemy Saint Hilaire, scriveva quanto segue: « Peu de temps avant, V.E. m'avait déclaré que le Gouvernement français n'avait certainement pas l'intention de créer un port à Biserte, bien qu'il fiìt possible qu'une entreprise française privée pùt éventuellement, dans l'avenir, se charger de faire, sur ce point, des travaux pour l'établissement d'un port de commerce :.. Il signor Barthélemy Saint Hilaire nella nota responsiva del 16 maggio 1881 confermava a lord Lyons le assicurazioni date relativamente al porto di Biserta nel seguente modo: « Je réponds implicitement ainsi, et d'une manière qui, j'aime à le croire, vous paraitra concluante, à vos observations, concernant le port de Biserte. Nous n'avons pas plus le désir de nous annexer Biserte que tout autre point de la Tunisie. Sans doute, camme je vous l'ai spontanément indiqué, il est possible que nous soyons amenés à favoriser le développement commerclal de ce port et à encourager les tentatives qui seralent faites dans l'intérèt mème de la Régence pour en améliorer les conditions matérielles. Mais quelles que saint les entreprises que des sociétés privées veuillent tenter à Biserte, il n·entre nullement dans nos projets de dépenser aujourd'hui les sommes ~normes et de commencer les travaux gigantesques qui seraient nécessaires pour transformer cette position en un port militaire pouvant servir de base à des opérations de guerre maritime. Là, camme dans le reste de la Régence, l'action de la France ne s'exercera qu'en vue de progrès pacifiques, qui devront profiter aux autres Nations, aussi bien qu'à nous ».

Lord Granville nel prendere atto con nota 20 maggio 1881 di quelle dichiarazioni, soggiunge che le ritiene come un vincolo assoluto, contratto dalla Francia di fronte alle altre Nazioni. Scrive inoltre: «Le Gouvernement de Sa Majesté constate que M. Barthélemy Saint Hilaire répudie toute idée d'annexion par la France du port de Biserte ou d'un port quelconque de la Tunisie, et que, bien qu'il fasse pressentir la possibilité d'un encouragement à donner à l'entreprise privée, dans le but d'améliorer le dit port, il déclare qu'il n'entre nullement dans les intentions du Gouvernement français de dépenser, en ce moment, des sommes énormes et de commencer les immenses travaux nécessaires pour créer sur ce point un port militaire. Je ne crois pas nécessaire d'approfondir la question de l'importance possible de Biserte camme port de commerce. Je me bornerai à cette observation que, si le canal entre la mer et le lac était creusé assez pour donner accès aux grands navires, les bàtiments britanniques auront, d'après le traité de 1875, le droit d'en faire usage, sans ètre soumis à des droits supérieurs à ceux des navires français ou tunisiens ».

Sta poi in fatto che l'Italia fu la prima a segnalare nel giugno del 1878 all'Inghilterra il pericolo che poteva derivare al mantenimento dell'equilibrio del Mediterraneo dal progetti che fin d'allora la Francia vagheggiava per fare di Biserta una importante piazza commerciale. In seguito alle rimostranze da noi mosse alla Francia fin dall'aprile del 1881 per impedire che Biserta fosse occupata, e poi per ottenere che essa fosse abbandonata dalle truppe francesi, il signor Barthélemy Saint Hilaire, 1'11 maggio di quell'anno, confermando identiche dichiarazioni fatte dal signor Gambetta al generale Cialdini, assicurò di rinunziare all'occupazione di quella città. Il valore di tali dichiarazioni è indiscutibile. Ma del resto, anche all'infuori di esse le osservazioni che tanto l'Italia quanto l'Inghilterra credessero necessario di fare alla Francia circa il porto di Biserta, avrebbero sempre pieno fondamento e giustificazione nell'interesse generale di non veder alterato in alcun modo lo statu quo nel Mediterraneo (1).

(l) -Il dispaccio fu Inviato a Berlino col n. 17122;201 e a Vlenna col n. 17123/355. (2) -Cfr. n. 460.
485

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONTE ANTONELLI (2)

D. 17443. Roma, 21 maggio 1890.

Mi pregio di segnare ricevimento del rapporto della S.V. n. 83 in data del la corrente coll'acclusa lettera di ras Mangascià accompagnata da tre traduzioni ( 3). Dai suoi telegrammi posteriori ho visto con piacere che non sono sorte divergenze per la differita sistemazione dei confini definitivi, e che anzi nell'accordo relativo all'esecuzione dell'articolo XIII del Trattato di Uccialli è stato ritenuto praticamente come nostro confine la linea del Mareb, della Belesa e del Muna.

La S. V parla nel suo rapporto della convenienza e quasi del bisogno per noi di notificare alle Potenze i confini dell'Eritrea e le occupazioni eseguite sull'altipiano. Mi preme di dichiararle che non credo necessaria una tale notifica e non abbiamo quindi alcuna intenzione di farla. Il R. Governo notificò alle Potenze le sue occupazioni ed i protettorati assunti sulla costa d'Africa per uniformarsi all'articolo 34 dell'atto generale di Berlino del quale fa parte; notificò l'articolo 17 del Trattato di Uccialli perché le Potenze sapessero a chi dovevano rivolgersi per trattare nell'avvenire gli affari che avessero coll'Impero d'Etiopia; notificammo infine l'articolo 5 del Trattato coll'Aussa per togliere ad altri qualunque velleità d'occupazioni nella regione dancala. Ma i nostri confini coll'Etiopia non riguardano i terzi e dal momento che il R. Governo considera l'Etiopia come paese sottoposto all'influenza italiana è anzi nostro interesse di non notificare alle Potenze i limiti esatti dei nostri possedimenti sull'altipiano, per non lasciar quasi credere che al di là di tali confini esista un potentato da noi indipendente col quale esse possano aggiustare direttamente l~ loro eventuali vertenze.

È per questa ragione che il Governo del re non insiste per avere da Menelik un riconoscimento esplicito della linea di confine del Mareb, della Belesa e del Muna, ma si contenta di una acquiescenza che risponda alle esigenze della pratica ed alla conservazione dei buoni rapporti fra le popolazioni finitime.

(l) Analogo dispaccio era stato inviato il 30 aprile a Londra col n. 14936/210. Per le risposte cfr. n. 498 e nota l allo stesso.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 195-196.

(3) Ibid., pp. 188-189.

486

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 616/391. Londra, 22 maggio 1890 (per. il 29).

In un colloquio che non avea carattere ufficiale, ho saputo ieri dal sottosegretario di Stato che, per evitare il pericolo del rifiuto per parte della Russia di firmare l'atto della Conferenza di Bruxelles, nel caso da parte nostra s'insistesse per rappresentare l'Etiopia, si è pensato di porre preliminarmente davanti la Conferenza stessa la questione se essa abbia competenza per pronunciarsi sulla opposizione che a tale rappresentanza taluna Potenza si disponesse a fare. Siccome mi premeva informare sollecitamente V.E. della accoglienza che tale questione preliminare avrebbe potuto incontrare presso lord Salisbury, così ieri sera, in occasione del ricevimento al Foreign Office per la festa anniversaria delìa nascita della regina, pregai questo signor ministro di mettermi in grado di riferire a V.E., senza alcun indugio, in proposito.

Sua Signoria mi disse, e ne ho riferito tosto a V.E. per telegrafo (1), che se la questione veniva posta sul diritto dell'Italia di rappresentare l'Etiopia l'Inghilterra voterebbe con l'Italia; ma se la votazione si facesse sulla competenza della Conferenza a giudicare della situazione esistente fra l'Italia e l'Etiopia, l'Inghilterra si pronuncerebbe per l'incompetenza della Conferenza. Lorcl Salisbury, benché il momento non fosse opportuno per entrare nello svolgimento del suo concetto, soggiunse che egli non comprendeva quale fosse il nostro interesse nel mantenerci in un contegno che metteva in pericolo l'esito finale del lavoro della Conferenza e creava una situazione imbarazzante per tutti gli Stati interessati in Africa.

Se V.E. consente che io, ispirandomi all'ambiente nel quale sono chiamato a muovermi, le esprima l'opinione che sono venuto formandomi circa questo incidente, la prego di prendere in considerazione che la posizione nostra non avrà alcun vantaggio se, a cagione dell'incidente stesso, dovesse soffrire incaglio l'opera della Conferenza, iniziata dal re dei belgi, ma sorretta principalmente dal Governo britannico. Noi abbiamo in Africa degli interessi speciali, ma vi abbiamo anche interessi generali de' quali una Grande Potenza deve tener debito conto. A me pare che, in vista di un lontano avvenire, non dovrebbe essere l'Italia la più interessata a far figurare in un atto europeo internazionale la sottoscrizione dell'Etiopia sulla stessa linea degli Stati europei costituiti. Sarebbe stata assai diversa la cosa se noi avessimo potuto assumere, senza incontrare contestazione, la rappresentanza del re Menelik per nostro proprio diritto e senza mandato. Dappoiché noi ci presenteremmo, in ogni caso, come mandatari del sovrano etiopico, a parer mio, cessa in noi l'interesse che l'Etiopia figuri fra i primi sottoscrittori dell'atto che si avrà da firmare a Bruxelles. Sarei d'avviso che all'interesse ed alle convenienze nostre meglio risponderebbe la certezza di poter, in un'epoca posteriore, presentare in quel modo che le circo

stanze ci suggeriranno, l'atto di adesione dell'Etiopia all'atto medesimo. Per ciò basterebbe intenderei con l'Inghilterra e con il Belgio acciocché, per iniziativa loro, l'atto rimanesse aperto per la accessione dei Paesi che vi volessero aderire.

Questo mio modo di vedere che naturalmente non può essere altrimenti che subordinato al giudizio assai più completo che V.E. può recare sovra lo stato in cui sono le cose a Bruxelles, ho stimato opportuno esprimere nel telegramma sovracitato, poiché anzi tutto è conforme alle intenzioni più volte espressemi dalla E.V. che io mi adoperi a favorire l'incremento delle relazioni intime e fiduciose dell'Italia con l'Inghilterra.

(l) T. coloniale riservato 519 del 22 maggio, non pubblicato.

487

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 816. Roma, 23 maggio 1890, ore 11.

Ho telegrafato al generale Morra gli ordini di Sua Maestà, giusta i quali Sua Altezza Reale nel recarsi da Pietroburgo a Berlino non deve prendere la via di Varsavia (1).

488

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 417. Roma, 23 maggio 1890, ore 18.

Comunichi Lambermont che siamo disposti conciliare come segue vertenza nostra rappresentanza Menelik: «Prima di firmare atto generale e protocollo nostri plenipotenziarii notificherebbero ufficialmente presidente Conferenza nostra rappresentanza re dei re d'Etiopia e nostra intenzione notificare subito dopo firma accessione Etiopia stipulazioni Conferenza, mettendo accettazione tale accessione da tutte le Potenze come condizione sine qua non nostra firma. Presidente dovrebbe portar ciò a conoscenza di tutti i plenipotenziarii ed ottenere promessa scritta e formale da loro, in nome loro Governi, che sarà da questi preso atto puramente e semplicemente accessione suddetta, per mezzo nostro, del re dei re. Questa accessione verrebbe notificata ai Governi dal presidente della Conferenza o da noi ». Ottenuto che Lambermont abbia da tutti tale promessa nostri plenipotenziari sarebbero autorizzati firmare (2).

(l) -Risponde al n. 471. (2) -Questo telegramma venne comunicato alle ambasciate a Londra e Parigi con T. coloniale riservato 419, pari data.
489

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI (l)

D. RISERVATISSIMO 17708/91. Roma, 23 maggio 1890.

Mi pregio d'informare la S.V. che il cavalier Giulio Pestalozza ha ricevuto incarico di recarsi all'Aussa e compiervi una missione di qualche mese presso il sultano Mohamed ben Anfari (2). Egli dovrà prendere in consegna la stazione di Gombo Kuma ceduta al R. Governo coll'articolo XII del Trattato di Adele Gubò del 9 dicembre 1888, continuare le trattative iniziate dal signor Traversi per l'apertura delle strade di Zebul e di Alalé-badd, sistemare la questione di Raheita rimpiazzando l'attuale sultano, poco ben disposto verso l'Italia, con persona amica dell'Anfari e devota ai nostri interessi, e finalmente indurre il sultano dell'Aussa a far atto di possesso sul lago d'Assai, per impedire tentativi d'occupazione di quella regione da parte della Francia.

Su quest'ultima parte della missione affidata al cavalier Pestalozza la S.V. chiamerà l'attenzione dell'imperatore, facendogli notare che il R. Governo non ha dimenticato le raccomandazioni ricevute da lui negli anni decorsi circa la questione del lago Assai, e che si erige a difensore delle ragioni dell'Etiopia e dell'Aussa adesso che gli ultimi trattati gli danno diritto di farlo.

Questa comunicazione dovrà esser fatta in via riservatissima, perché la cosa non venga all'orecchio dei mercanti e degli agenti francesi costì stabiliti, i quali col divulgare i nostri progetti potrebbero comprometterne l'effettuazione.

490

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOP ASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. RISERVATA PERSONALE. Bucarest, 23 maggio 1890.

Ho avuto l'onore di renderle conto ne' miei tre ultimi rapporti (4) delle discussioni sulla politica estera, occorse in questo Parlamento, a proposito delle fortificazioni. Dal momento che re Carlo malgrado il parere contrario dell'E.V. e dei suoi colleghi di Berlino e di Vienna, vuol mantenere gelosissimo il nostro segreto, perfino con l'attuale presidente del Consiglio, l'intemperanza di linguaggio del signor Carp è stata affatto inopportuna, né son valse le nostre raccomandazioni a moderarla. Le sue parole, per l'autorità onde gode presso la maggioranza e il Governo, sono sembrate rivelazioni a coloro che già da tempo sospettano l'esistenza di un patto, ed hanno certamente corroborato il convincimento dei signori Mano e Lahovary; questi, segnatamente, é persuaso della cosa, e non cessa dall'adoperare con noi ogni arte, pur di sapere il vero.

Onde, il grave inconveniente, già da me segnalato, di ispirare, cioè, nell'animo de' predetti ministri la stessa diffidenza dalla quale si credono colpiti. Il signor Carp, con la sua solita smodata sujjisance dice a noi tre che i suoi concetti sono stati ben ponderati, volendo egli abituare il Paese all'idea dell'alleanza; ma non pensa poi all'offesa che reca al re che, a torto o a ragione, vuol scegliere il momento propizio per divulgarla. E difatti, il sovrano si mostra con noi sdegnato per le imprudenze del Carp, e non sa più come frenarle.

In quanto al resto, dobbiamo essere soddisfatti del modo con cui procedono le cose: le terre demaniali continuano ad essere distribuite ai contadini, il credito per le fortificazioni è stato votato, una severa sorveglianza tien lontana la propaganda panslavista, né l'azione malefica del signor Hitrovo è oggi da temere. L'atto di accusa Panitza, ove ritrovasi spesso il nome di quel diplomatico, ha dato il crollo al suo preteso prestigio; esso ha perduto ogni posizione politica e sociale; non è più temuto, bensì disprezzato, e dubito assai che il suo Governo lo mantenga più a lungo in un posto ove i suoi antichi amici (i conservatori) non esitano a chiamarlo: vulgaire conspirateur.

Rimane tuttavia insoluto un problema di capitale importanza: il matrimonio del principe ereditario, senza del quale la dinastia non avrà serie radici in questo Paese. Il re si lusinga che il papa permetta che la prole del nipote sia per essere ortodossa, siccome è prescritto dallo Statuto; d'altra parte, la madre del principe Ferdinando vuole che la nuora sia cattolica. Ecco le ragioni dell'indugio, e malgrado le nostre continue premure, in mezzo a tante difficoltà, la questione non fa alcun progresso. Tale indecisione è tanto più strana in quanto che la defunta figlia del re fu educata nell'ortodossia, nonostante le minacce di Pio IX; allora il pontefice ordinò a questo ordinariato di rifiutare al sovrano la confessione e la comunione, e soltanto dopo un anno, per avere il principe dichiarato che, qualora siffatto rigore continuasse, egli sarebbe costretto dl abbracciare le religione greca, il divieto fu tolto. A Sua Maestà che mi narrava il fatto mi permisi di osservare che sarebbe forse utile di procedere, all'occorrenza, ora come prima; e non fui contraddetto.

Non occorre aggiungere che avrò cura di riferire immediatamente all'E.V. quanto potesse occorrere di nuovo in tale questione.

(l) -Ed. in Crispi e Meneltch, cit., pp. 164-165. (2) -Non si pubblicano le istruzioni date a Pestalozza (D. riservatissimo 17511 del 21 maggw). (3) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Cr!spi. (4) -Non pubblicati.
491

IL GENERALE DAL VERME AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 530. Cairo, 24 maggio 1890, ore 21,05 (per. ore 21,30).

Baring obietta linea normale alla costa taglia Beni Amer, lascia incerto confine a ponente. Soltanto determinando questo e lasciando Kassala Egitto,

egli farebbe riconoscere protettorato Habab-Beni Amer. Risposi questione ingrandita, trasportata dal terreno militare al politico; dovrei riferire Governo. Segue rapporto Cl). Marcopulo bey richiamato (2).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 211.

492

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. 18058/272. Roma, 24 maggio 1890.

Le segno ricevuta del rapporto in data dei 14 corrente mese n. 571/359 col quale la E.V. mi trasmetteva i documenti presentati al Parlamento britannico sulla missione Simmons presso il Vaticano relativa alle questioni religiose nell'isola di Malta (3).

Colgo quest'occasione per rispondere anche al di lei rapporto dei 7 aprile prossimo passato n. 411/250 (4) ed informarla che ho motivo di ritenere che le ultime bolle pontificie, per quanto concerne il conclave futuro, dispongono che esso abbia luogo in Roma, salvo il caso di guerra in cui essendo coinvolta l'Italia, venissero impedite le relazioni tra Roma e l'orbe cattolico.

Mi giova poi rilevare che nel Vaticano prevale l'opinione che allontanandosi il papa da Roma, o tenendosi fuori di Roma il conclave, si commetterebbe un errore politico, dandosi per tal modo a credere che anche altrove puossi esercitare la giurisdizione ecclesiastica e che quindi la rivendicazione del potere temporale in Roma non è punto necessaria al libero esercizio del potere spirituale.

(l) -Non pubblicato. (2) -Per la risposta di Crispl cfr. n. 497. (3) -Di tale rapporto si pubblicano i brani seguenti: «Le questioni trattate da sir L. Simmons sono sostanzialmente la nomina dei vescovi, la legislazione relativa ai matrimoni, l'educazione del clero, l'immigrazione di ecclesiastici stranieri, le sepolture nelle chiese ... La tendenza generale del negoziato sembra sia stata quella di dare al clero cattolico maltese un'educazione inglese e di sottrarlo alle influenze italiane rappresentate particolarmente dal gesuitisiciliani ed in genere dagli italiani che entrano nei conventi maltesi... Oggi i documenti sono pubblicati e l'impressione che se ne può avere lascia sussistere il dubbio che sir L. Simmons, mentre era ufficialmente incaricato di trattare gli affari sovra enumerati, fosse anche incaricato di altre trattative più importanti». (4) -Con questo rapporto Tornielll aveva, fra l'altro, comunicato: «Il corrispondente dello Standard telegrafa in data del 6 da Roma che i negoziati della Gran Bretagna col Vaticano comprendono un progetto speciale per la creazione in Malta di un gran collegio per i missionari... La questione di un conclave da tenersi a Malta ove l'Italia fosse in quel momento Impegnata in una guerra, non farebbe parte delle istruzioni date a slr L. Simmons, quantunque il Vaticano desideri di giungere, in qualche modo ad una intelligenza in proposito. Sul conclave e sul modus procedendi per tenerlo, sarebbe, secondo il corrispondente stata diramata una bolla segretissima ai cardinali ... L'erezione del seminario delle missioni in Malta, se fatta con accordi speciali fra l'autorità inglese ed il vaticano, è cosa importante se non altro come dimostrazione degl'intendimenti dell'amministrazione britannica la quale mostrerebbe per tal guisa di voler tenere in propria mano tutti 1 mezzi di influenza e di azione nelle contrade africane».
493

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO (l). Madrid, 24 maggio 1890.

Quantunque non abbia avuto più motivo di scrivere circa lo stato delle relazioni tra l'Italia e la Spagna, tuttavia tanto col presidente del Consiglio come col marchese de Vega de Armijo io non perdo mai l'occasione di mantenere i nostri rapporti in quell'ambiente di cordialità e di scambievole confidenza atto ad accrescere l'influenza italiana in questo Paese. Il marchese de Vega de Armijo, a delle allusioni fatte all'Italia nel Parlamento e accennate nel mio odierno rapporto, mi disse che durante la sua gestione del Ministero degli affari esteri era rimasto colpito dal carattere limitato delle relazioni esistenti tra i due Regni ed essergli ora di soddisfazione il pensare che esse erano divenute intime al punto di rendere l'Italia l'intermediaria tra la Spagna e gli Imperi dell'Europa centrale. Replicai subito che la mia soddisfazione non era meno sincera e che sarebbe stato sempre una gloria per me d'avere associato il mio nome a quel memorabile atto che ardentemente speravo poter rinnovare tra un anno alla sua scadenza. Il marchese de Vega de Armijo mi espresse la sua piena ed intera adesione, benché molto incerto della permanenza al potere del Gabinetto attuale. Avanti di por termine al colloquio affermai all'onorevole marchese quanto caso l'E.V. faccia delle buone relazioni colla Spagna e non gli tacqui avermi l'E.V. palesato, in una conversazione di cui conservo vivo ricordo, che anche prima di assumere le redini dello Stato ella aveva sempre sostenuto l'importanza per l'Italia d'essere colla Spagna nei termini della più stretta amicizia.

494

ACHILLE DE LAUZIÈRES AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

L. PERSONALE. Parigi, 24 maggio 1890.

È assai dura cosa il persuadere a questi signori, dai più alti agli infimi, che l'Italia non ha affatto l'intenzione di muover guerra alla Francia, ma solo quella di difendersi, come ne ha il diritto ed il dovere, se è da essa attaccata. Tanto nelle sfere governative, quanto nel pubblico meno atto a ragionare, la risposta a ciò che posso dire o scrivere è sempre la stessa: «L'Italia ci fa ora buon viso perché ha bisogno della Francia, sia nell'eventualità d'un prestito che le sarebbe difficile contrarre altrove, sia per restaurare il suo commercio languente. Ma la Francia deve esser diffidente; non può dare il suo denaro all'Italia perchE'

questa lo spenda in cannoni per coadiuvare l'Alemagna a ritenere l'Alsazia e la Lorena ». E sempre la Triplice Alleanza, sempre l'Alsazia e la Lorena! Sicché anche quando il Governo italiano si mostra, come attualmente, più arrendevole, è tenuto in sospetto! Nullameno la situazione non è così tesa come lo era altra volta. Se la riconciliazione non è peranco del tutto attuata, la colpa non è dell'Italia che si astiene nella stampa ed ovunque da ogni ostilità, ma di coloro che frugano nei giornali italiani d'opposizione, per cercarvi articoli nel genere di quello del Diligenti nel Secolo e pubblicano questi articoli come se fossero il termometro dell'opinione generale ed il pensiero di cotesta Nazione.

Epperò ho provato non poca difficoltà per far riprodurre il sunto del lavoro fatto· dalla Camera di commercio italiana di Parigi sulle tariffe differenziali. Anche l'argomento delle cifre mi veniva contestato! Pure è stato forza arrendervisi.

Il rialzo della rendita italiana ha sorpreso e contrariato questi economisti; i quali si studiano a trovare le ragioni occulte di un fatto per essi anormale, ed assicurano che il rialzo inaspettato sarà ben presto seguito da un ribasso considerevole. Né si dispensano dall'insinuare che se la convenzione monetaria cessasse, l'Italia sarebbe inevitabilmente perduta, non avendo come ridurre in oro la moneta d'argento di molto inferiore al suo valore convenzionale. Ma non credo che si vorrà muovere questa pedina. Il farlo non sarebbe senza pericolo.

Quella parte della stampa che ha cessato di esser italofoba (e di presentar il presidente del Consiglio italiano come «gallofobo») ha di molto moderato il suo linguaggio ed inserisce più volentieri comunicazioni favorevoli all'Italia. Ne do a questo ed a quel giornale, meno restii ad inserirle, e pubblico nella Paix lettere con la data di Roma e sottoscritte dall'iniziale del mio prenome (A.). Ne accludo una come specimen. Nelle altre riassumo i vostri discorsi al Parlamento, indicando la considerevole maggioranza della votazione. Queste mie lettere sono periodiche e servono d'utile contrappeso alle osservazioni di coloro che si applicano a far valere l'opposizione degl'Imbriani, Nicotera, Cavalletti, ecc.

Una buona nota è stata la vostra bella lettera alla Holmès.

(l) -Al R. 455/183, non pubblicato. (2) -Da ACS, Carte Crlsp!.
495

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 531. Bruxelles, 25 maggio 1890, ore 10,10 (per. ore 12).

Ho fatto comunicazione (l) Lambermont, il quale mostrasi soddisfatto. Egli spera condurre presto a termine trattative, solamente osserva inutile scambio lettere con Potenze amiche che riconoscono già trattato Menelik.

(l} Ctr. n. 488.

496

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

'I'. RISERVATO 146. Berlino, 25 maggio 1890, ore 16,30 (1).

Cancelliere dell'Impero mi pregò ieri di passare al suo ufficio. Discorrendo sul contegno assunto dal principe di Bismarck, S.E. disse che, se ogni considerazione va dovuta all'illustre e benemerito uomo di Stato, che tanto contribuì nell'esercizio di alte funzioni a dare lustro alla Prussia e alla Germania, il Governo Imperiale non poteva approvare presente suo contegno nella stampa e nei suoi colloqui con corrispondenti di giornali esteri male notati, come quelli del Matin di Parigi e della Novoe Vremia di Pietroburgo. Il Gabinetto di Berlino respinge ogni responsabilità di tali comunicati e colloqui, che non furono smentiti e che potrebbero dare luogo a commenti inesatti sulla politica estera dell'Impero, quantunque essa, nelle sue linee generali, sia immutata e segua le precedenti norme. Da quella conversazione si potrebbe, fra le altre cose, dedurre un riavvicinamento fra la Germania e la Russia: tale non è il caso. Il Gabinetto di Berlino si applica certamente a vivere in buona pace colla Russia e colle altre Potenze, ma il suo programma è sopratutto rivolto al mantenimento della Triplice Alleanza, per scopi politici e difensivi. Generale Caprivi dava importanza acché

V.E. fosse di tutto ciò avvertita; egli mi disse inoltre avere ricevuto con soddisfazione notizia che V. E. non aveva accettato visita del des Houx (2). Il cancelliere non sapeva nulla dell'asserzione che il luogotenente di Alsazia si recherebbe a Belfort, per salutare, a nome dell'imperatore, il presidente della Repubblica francese al passaggio in quella città. S.E. reputa dunque simile notizia come infondata.

497

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GENERALE DAL VERME, AL CAIRO (3)

T. COLONIALE RISERVATO 424. Roma, 25 maggio 1890, ore 22,15.

Proposta Baring (4) inaccettabile. Non vogliamo rinunziare esplicitamente a Kassala e crediamo superfluo riconoscimento nostro protettorato Habab e Beni Amer. Risponda che delimitazione fra Ras Kasar e Barka dovrebbe avere solo scopo rimuovere attriti e sospetti fra Comandi Massaua e Suakin in occasione razzie dervisci e relative repressioni.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Cfr. n. 472.

(3) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -IVIar Rosso, tomo VIII, cit., p. 211.

(4) Cfr. n. 491.

498

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 1057/403. Vienna, 27 maggio 1890 (per. il 30).

Riferendomi al mio precedente rapporto del 20 corrente n. 1013/385 (confidenziale) (l) mi pregio di partecipare al r. ministero quanto S. E. il conte Kalnoky mi ha detto oggi, in risposta alla comunicazione verbale da me fattagli, a quella data, relativamente ai lavori divisati dal Governo francese nel porto di Biserta (2).

Il conte Kalnoky mi partecipò che aveva fatto interrogare in proposito il marchese di Salisbury e che questi s'era espresso nel senso che per ora almeno non fosse il caso di fare uffici presso il Governo francese.

Il ministro i. e r. degli affari esteri mi ripeté a questo proposito ciò che ebbe a dire altre volte, e segnatamente all'occasione del rinnovamento dell'alleanza coll'Italia, che cioè l'attenzione dell'Austria-Ungheria deve esser rivolta più specialmente all'oriente che all'occidente del Mediterraneo. Ma soggiunse che, oggi come allora, il Governo austro-ungarico si mantiene fermo al principio del mantenimento dello statu quo nello stesso mare. Per conseguenza, se le Potenze alleate e l'Inghilterra, per la quale la presente questione ha uno speciale interesse al pari che per l'Italia, cadono d'accordo sulla convenienza di fare un passo nello scopo d'impedire l'attuazione dei progetti francesi sul porto di Biserta, il conte Kalnoky non avrà difficoltà ad associarvisi.

Anche in questo caso adunque la soluzione della questione non deve attendersi

da Vienna, ma da Londra ( 3).

499

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 432. Roma, 28 maggio 1890, ore 22.

Riferendomi al telegramma di V.E. del 10 corrente ed al dispaccio ministeriale del 14 (4) prego l'E. V. di dirmi se Ribot sia entrato nuovamente in discorso con lei circa i confini dei possedimenti francesi nel golfo d'Aden ~ delle regioni sottoposte alla nostra influenza ( 5).

30ì

25 -Documenti diplomatici -Serie II -VaL XXIII

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 484. (3) -Cfr. anche quanto comunicò in proposito de Launay con il R. 721/299 del 29 maggio:«Le secrétaire d'Etat a promis de me renseigner sur le résultat des investigations du comte de Hatzfeldt. Il me laissait toutefois entendre que l'attitude du Cabinet de Berlin dépendrait beaucoup des dispositions de l'Angleterre qui se plait assez à se dérober quand elle peut abandonner à des tiers le soin de tirer !es marrons du feu, en ce qui rentre dans ses convenances ». (4) -Cfr. nn. 477 e 480.

(5) Per la risposta cfr. n. 501.

500

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE A SCUTARI, FINZI

D. 18432/64. Roma, 28 maggio 1890.

Segno ricevuta a V.E. dei rapporti 16 dicembre 1889 n. 397/233, 11 aprile ultimo scorso n. 119/48 e 8 corrente n. 143/39 (1), relativi al vescovo di Pulati, al superiore dell'ospizio centrale dei francescani, e alla probabile esaltazione, nella sede vescovile di Sappa e Zadrima, d'un austriaco, monsignor Lorenzo De Petris, in sostituzione dell'italiano, monsignor Luigi Marsili, attualmente titolare di quella diocesi. Tale sostituzione caratterizza la politica dell'Austria in Albania, diretta ad acquistare il predominio in quella regione appoggiandosi sul clero e sulla palese cooperazione del Vaticano. Al R. Governo gioverà di esser sempre tenuto al corrente di tutti i fatti che rivelano siffatto pensiero.

501

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 545. Parigi, 29 maggio 1890, ore 16,14

(per. ore 18,50J.

Da qualche tempo non ebbi con Ribot conversazione seguita circa i confini dei possedimenti francesi nel golfo di Aden (2). Egli mi disse che per discutere questione dei confini avrebbe aspettato arrivo del governatore di Obock signor Lagarde che giunse or ora e fu immediatamente incaricato di studiare questione delle delimitazioni segnate da codesto ministero sulla grande carta d'Africa. Ogni volta che se ne parlò mi tenni nella massima riserva in conformità delle istruzioni riservate di V.E. del 14 corrente (3). Mi limitai a considerare con insistenza Harar come facente parte dell'Impero di Menelik. Ho qualche sospetto che su questo punto possa sorgere qualche discussione. Ribot pensa che non siamo d'accordo con inglesi sulla questione d'Africa, perché ieri mi domandò se fosse vera la notizia, che io ignoro, cioè che sia stato mandato a Londra un generale italiano per regolare la supposta difficoltà insorta coll'Inghilterra (4).

(l) -Non pubblicati. (2) -Risponde al n. 499 (3) -Cfr. n. 480. (4) -Cfr. n. 502.
502

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 433. Roma, 31 maggio 1890, ore 16.

Generale Dal Verme fu inviato Londra mese scorso e trovasi adesso Cairo per trattare una delimitazione delle sfere d'azione del comando di Massaua e d'el governatorato di Suakin fra la costa ed il fiume Barka (1). Ciò per evitare possibili attriti e malintesi. Tale delimitazione, come vede V. E., è circoscritta ad una zona piccolissima al nord di Massaua e nulla ha che fare con quanto si discute a Parigi. Siamo in perfetto accordo coll'Inghilterra riguardo Etiopia e Aussa ed allorché gli si notificò articolo 5 del trattato con quel sultano, Salisbury accennò a possibili difficoltà da Parigi, ma disse che esse non concernevano Governo inglese. Può darsi che la Francia cerchi adesso appoggio inglese per chiederci qualche promessa di disinteressamento circa Harar. R. Governo è deciso resistere tali maneggi. Queste informazioni le sono date riservatamente per sua norma di linguaggio e di condotta.

503

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. 860. Roma, 1° giugno 1890, ore 13.

S.M. il Re è commosso per le accoglienze veramente amichevoli e cordiali che S.A.R. il principe di Napoli ha ricevuto dalle Loro Maestà Imperiali e da tutta l'augusta famiglia di Russia. Il nostro sovrano incarica V.E. di essere presso S.M. l'Imperatore interprete della sua gratitudine. Voglia pur far conoscere al signor de Giers la profonda soddisfazione del Governo del re per l'unanimità di sentimenti che verso l'augusto principe si è manifestata tanto da parte della Casa regnante quanto del Governo e della Nazione russa, lieto auspicio di rapporti sempre più intimi fra le due dinastie ed i due Paesi.

(l) Risponde al n. 501.

504

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GENERALE DAL VERME, AL CAIRO (l)

T. COLONIALE RISERVATO 437. Roma, 2 giugno 1890, ore 17,45.

Ricevuto suo rapporto n. 4 (2). È nostro interesse non disgustare in questo momento Inghilterra essendo probabile che a proposito discussione confini possedimenti francesi che adesso ha luogo a Parigi Francia faccia pratiche a Londra per chiederci qualche impegno di disinteressamento circa Harar. Procuri tirare in lungo negoziazione lasciando magari a Baring qualche speranza ma senza prendere impegni essendo nostro fermo proposito non fare esplicita rinunzia a Kassala (3). Non comprometta nulla, fissi direzione linea demarcazione fino al Barka insistendo sulla necessità di evitare malintesi con Suakin. Lasci aperta questione del prolungamento dopo il Barka. Dica che non è andato al Cairo per discutere confine del Sudan e che gliene mancano i poteri. A suo tempo dirà che abbandono Kassala dai dervisci è una ipotesi e che Gabinetto inglese, al pari di noi, è uso discutere e trattare in base soltanto a fatti. Discussione Kassala si capirebbe se dovessimo trattare per una campagna offensiva da fare in comune. Non ci risulta che questa vogliasi fare a Suakin nè è nostra intenzione intraprenderla. Vogliamo solo provvedere bisogni difesa nostre tribù protette e evitare malumori col vicino comando di Suakin.

505

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATOR.E A LONDR.A, TOR.NIELLI

T. 879. Roma, 3 giugno 1890, ore 19.

Secondo nostre informazioni il signor Lesueur senatore, e l'ingegnere Heyrend sono incaricati dei lavori di Biserta. Essi devono scavare il canale fra il lago ed il mare sino alla profondità di 12 metri. La spesa presunta è di

nove milioni. Di più il signor Heyrend ha il diritto di pesca nel lago per settantacinque anni. Aggiungendo a questi lavori quelli per le fortificazioni, riesce manifesta la intenzione della Francia. Non si tratta di un locale per ricoverare torpediniere ma di un porto militare capace di grandi navi. Il giorno in cui questo porto sia terminato, Biserta sarà più forte di Tolone ed il Mediterraneo si troverà chiuso. L'Italia sarà la prima a risentirne le conseguenze, ma anche l'Inghilterra dovrebbe preoccuparsene sin d'ora. Non tralasci di parlare nuovamente a lord Salisbury sull'importante argomento (l).

(l) Ed. in L"Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 216.

(2) -Non pubblicato. (3) -Si pubblicano qui alcuni passi del R. 1509/75 di Orero dell'Il maggio: «Ciò che qui si vede chiaramente si è che mai come ora è stata la situazione più propizia per operare nel senso di trarre vantaggio dalla nostra occupazione di Massaua nelle relazioni col Sudan, e che ove passi questa buona disposizione di cose perderemo per sempre l'occasione, o quanto meno la rimanderemo a tempo troppo lontano. Che se gli anglo-egiziani occupassero da soli il Sudan dovrebbero rinunziare a molta parte del commercio (quello ai nostri confini), il quale rimarrebbe inattivo per ragioni di viabilità, mentre Kassala diverrebbe Il focolare del madhismo, con grave danno loro e nostro... Nella nostra occupazione di Massaua il consenso inglese fu inspirato da un largo concetto, in cui non fu certamente estraneo l'interesse del Governo anglo-egiziano, e gli è appunto continuando nello stesso largo concetto che esso potrà raccogliere i frutti che gli spettano. Quando il Sudan fosse completamente estraneo alle nostre' aspirazioni, non saprei capacitarmi che si mantenesse l'occupazione di Keren, giacché non sarebbe per noi che una continua passività ».
506

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 675/421. Londra, 4 giugno 1890 (per. il 27).

Ho ricevuto regolarmente, insieme al dispaccio delli 23 maggio (2), le due relazioni relative ai lavori del porto di Biserta. Ieri sul tardi mi pervenne il telegramma speditomi da V. E. sovra lo stesso soggetto (3). In sostanza risulterebbe dalle notizie pervenute al R. Governo e dallo stesso comunicate all'ambasciata di Sua Maestà, che il Gabinetto di Parigi avrebbe dato un principio di esecuzione ai lavori del porto e canale di Biserta per i quali si sarebbe stanziata una spesa fra i nove e gli undici milioni di franchi. Il Governo del re ritiene che tali opere abbiano una grande importanza e che la loro esecuzione possa avere per conseguenza uno squilibrio, in favore della Francia, delle forze militari nel Mediterraneo.

Delle opere progettate, dei crediti assegnati alle medesime e delle conseguenze della esecuzione di lavori dal punto di vista militare, io ebbi frequenti occasioni di parlare con lord Salisbury e delle impressioni che ebbi dai miei colloqui con lui, ho informato successivamente V.E.

Non era questo un soggetto nuovo di discorso per il primo ministro di Sua Maestà Britannica. Come già ebbi l'onore di ricordare nel mio rapporto delli 5 aprile n. 398/239 (4) Sua Signoria, nei primi me:si del 1889, sembrava aver preso il più vivo interesse a questo affare per il quale lo sollecitavano insistenti pratiche anche di Berlino. Ma allora il Gabinetto di Parigi avea dato delle spiegazioni e ne era risultata a Londra l'impressione che le opere progettate dal genio francese non avevano molta importanza. Allorché, nei primi mesi di quest'anno, io ebbi più volte a portare il discorso sovra questo interesse, sia per dimostrarne la gravità intrinseca, sia per manifestare l'importanza speciale che esso ha per noi, io trovai che l'impressione anzidetta per

durava tanto in lord Salisbury quanto nei principali suoi collaboratori del Foreign Office. Dippoi mi sono dovuto avvedere che, a cagione di un complesso di circostanze le quali influivano potentemente sull'ambiente politico di Londra, l'inopportunità per l'Inghilterra di suscitare a se stessa una difficoltà a Parigi in riguardo ai lavori di Biserta era indiscutibile. Di ciò ho informato V.E. (l). Purtroppo è evidente che la Francia in questo momento sa trarre il miglior profitto da non poche circostanze che essa certamente non ha potuto contribuire a creare. Ma è pure non meno manifesto l'interesse che il Gabinetto inglese deve annettere ad eliminare qualunque siasi attrito con Parigi. Gl'importa condurre a buon fine l'affare del fondo disponibile che risulterà dalla conversione egiziana e non faciliterebbe l'opera diplomatica e parlamentare del Ministero Salisbury, impegnato nelle difficoltà africane con la Germania, il far sorgere presentemente un qualsiasi attrito con la

Francia.

In vista di ciò io mi sono studiato di tener viva l'attenzione di lord Salisbury sovra gl'interessi comuni dell'Italia e dell'Inghilterra che dai lavori di Biserta riescono danneggiati, sovra l'importanza militare delle opere incominciate e sovra le condizioni eccezionali dei luoghi le quali permettono, con spesa relativamente tenue, di conseguire effetti importanti. Ottenni, nei ripetuti colloqui che ebbi con lord Salisbury sovra questo soggetto, di acquistare la certezza che egli conosce precisamente al pari di noi ciò che i francesi hanno progettato e ciò che essi stanno ora eseguendo a Biserta. Ma dovetti anche persuadermi che il giudizio che Sua Signoria reca circa l'influenza che quei lavori e quelle opere potranno avere sovra le condizioni dell'equilibrio delle forze del Mediterraneo, non è conforme al nostro. Sarebbe cosa forse arrischiata il dire che a formare questo giudizio contribuiscono in lord Salisbury considerazioni che non sono tutte d'ordine tecnico. In altre circostanze forse egli modificherebbe tale suo attuale giudizio. Sembra anzi egli stesso accennarvi quando volentieri ripete che con il denaro stanziato nulla d'importante dal punto di vista militare può essere fatto e che non solamente bisogna contare con il denaro, ma anche con il tempo che per opere di vera importanza è richiesto non potendosi queste improvvisare. Naturalmente io non ho mancato di replicare e più di una volta che ben sapeva che lo stanziamento di maggiore somma non sarebbe stato prudente né dal punto di vista delle relazioni esteriori della Francia, né da quello della interna sua politica parlamentare. Ma pure si sapeva in tutti i Paesi che quando s'incominciava a spendere qualche milione in opere militari, i successivi crediti occorrenti non

potevano più essere rifiutati. L'essenziale era perciò che non s'incominciassero

i lavori.

Ieri, poche ore prima che mi pervenisse il telegramma di V.E., io avea avu

to con lord Salisbury un colloquio durante il quale le cose sovra dette furono

da lui e da me ripetute. E siccome io avea con qualche insistenza notato il pe

ricolo che si correva nel lasciare incominciare i lavori senza muovere osserva

zioni, cosi Sua Signoria conchiudeva il discorso dicendo che se, secondo il

desiderio e la speranza sua, l'Italia e l'Inghilterra rimanevano unite, le loro forze marittime bastavano a renderle superiori a qualunque altra Potenza, né esse aveano da temere i fortilizi di Biserta.

Non mi parve opportuno spingere più oltre l'insistenza mia perché, sebbene la osservazione con la quale lord Salisbury conchiudeva il nostro discorso, potesse per certi rispetti sembrare soddisfacente, io non poteva tuttavia dissimulare a me stesso che quella risposta confermava una volta dippiù il proposito attuale del primo ministro britannico di non voler attendere a questo interesse del quale egli cerca, con evidente deliberato proposito, di attenuare agli occhi suoi e nostri l'importanza. Quando pure, spingendo più oltre la insistenza nostra, non si dovesse arrischiare d'imbatterci in un preciso rifiuto di agire ed invece si dovesse credere che, non foss'altro, per impedirci noi di presentare da soli delle osservazioni al Gabinetto francese, lord Salisbury finirebbe per accondiscendere a fare qualche pratica a Parigi, ritengo che oggi, ancor più che nel 1889, il Governo britannico si lascerebbe subito persuadere dalle spiegazioni che gli sarebbero date e noi perderemmo l'occasione di ritornare sovra questo soggetto nel momento opportuno con speranza fondata di ottenere pratici ed efficaci effetti.

Per le ragioni sovra esposte io continuerò a chiamare l'attenzione di lord Salisbury sovra gli interessi comuni del suo e del nostro Paese pregiudicati dalle opere militari incominciate a Biserta. Non perderò occasione per combattere l'opinione sua circa la scarsa importanza di quelle opere e porrò ogni studio acciocché egli conosca tutto l'interesse che noi mettiamo in questo affare. Ma, a meno che V.E. me ne dia altra istruzione precisa, io interpreterò quelle fin qui ricevute nel senso di non espormi a ricevere da lord Salisbury una risposta che, anche soltanto temporaneamente, dovesse avere per effetto d'impedirci di proseguire con il Gabinetto di Londra lo scambio di idee che a noi c'importa tenere aperto nella lusinga che un prossimo mutamento s'abbia a produrre nelle circostanze presenti.

(l) -Cfr. n. 506. (2) -D. 18423/278, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 505. (4) -Cfr. n. 403.

(l) Cfr. n. 478.

507

IL GENERALE DAL VERME AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T COLONIALE RISERVATO 553. Cairo, 5 giugno 1890, ore 17 (per. ore 18,35).

Dopo il colloquio, secondo ordini contenuti nel telegramma (2), Baring propose sospendere delimitazione a ponente e segnare i confini settentrionali colla condizione sine qua non del Governo italiano rinunziare Kassala. Dietro mie obiezioni, fu sostituita dichiarazione mantenere statu quo. Ho risposto

farei comunicazione per evitare rifiuto che farebbe spiacevole impressione Governo britannico e pessima Governo egiziano. Credo che sia conveniente rimandare trattative, allegando necessità conferire con Massaua, fare nuovi studi ciò che non può disgustare Inghilterra e serve tirare in lungo. D'altra parte Baring più libero in Londra. Mia difficile posizione rimpetto Governo egiziano potrebbe divenire insostenibile quando il R. Governo rifiutasse mantenere statu quo. V.E. riceverà col prossimo corriere mio rapporto (l) frontiere occidentali Abissinia di cui ho parlato vagamente a Baring.

(l) Ed. In !:Italia in A/riaa, Etiopia· Mat Rosso. tomo VIII, c!t., pp. 216-217.

(2) Cfr. n. 504.

508

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 887 bis. Roma, 6 giugno 1890, ore 12,40.

Gabinetti di Vienna e Berlino risposero mie aperture per concertare opposizione lavori Biserta facendo intendere che loro contegno dipenderebbe da quello del Governo inglese principalmente con noi interessato nella questione (2). Incaricarono rispettivi ambasciatori scandagliare lord Salisbury. Prego V.E. insistere perché quest'ultimo assuma attitudine netta e risoluta che adottata prontamente dai quattro Gabinetti può arrestare progetti francesi (3).

509

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 557. Bruxelles, 6 giugno 1890, ore 15,45

(per. ore 18,25).

Lambermont ha discusso ieri con i ministri di Francia e Russia formule approvate dall'E.V. (4), le quali furono approvate in generale, salvo alcuna piccola variante, la cui redazione mi sarà data oggi. È stato fissato pure il mo

dulo per quelle riserve politiche che vogliono fare Russia Francia e ministro Turchia; saremo assicurati così precedentemente sul loro tenore. Spediti do

cumenti per posta. perch~ V.E. possa meglio giudicare (l).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 498 e nota 3 allo stesso. (3) -Per la risposta cfr. n. 510. (4) -T. coloniale riservato 436 del 2 giugno. di cui si pubblica il passo seguente: «Riserva politica minacciata dalla Russia non dovrà figurare nella promessa di presa d'atto la qual,. tlovrà essere letteralmente conforme al progetto trasmessom!. Mene!ik dovrà chiamarsi "negus neghesti d'Etiopia " ».
510

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 148. Londra, 6 giugno 1890, ore 19,50 (per. ore 21,40).

Sono stato informato dai miei colleghi d'Austria-Ungheria e di Germania della accoglienza fatta dal marchese di Salisbury alle loro osservazioni relative ai lavori di Biserta, essa confermava ciò che ebbi cura di esporre al R. Governo nei miei rapporti (2). Ne riferisco per corriere (3). La situazione qui non si è modificata. Lord Salisbury per sottrarsi a premurose nostre istanze incomincia dal contestare l'importanza dei lavori ed il valore militare che essi potrebbero avere, se ampliati. Non ho cessato e non cesso di tenere aperta la questione nei miei colloquii con Salisbury, ma debbo insistere nel far presente a V.E. che le sue disposizioni attuali sono tutt'altro che favorevoli a prendere l'atteggiamento netto e risoluto che noi potremmo desiderare.

511

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 905. Roma, 8 giugno 1890, ore 22,10.

Oggi è venuto da me il conte di Solms a porgermi le felicitazioni di S.M. l'Imperatore e Re per l'ultimo voto di fiducia avuto dalla Camera, voto, disse l'ambasciatore, che rende più salda la posizione del Governo e quindi giova anche nei rapporti internazionali. Prego V.E. di volersi rendere inter

prete dei miei sentimenti di gratitudine verso l'Augusto Sovrano che si è degnato dirigermi così grazioso messaggio. Al telegramma di felicitazioni del cancelliere risposi subito telegraficamente (l).

(l) -Cfr. n. 513. (2) -Cfr. nn. 460 e 506. (3) -Con R. riservato 698/434 del 7 giugno Tornielli comunicò: «Era però utile che V. E. tenesse presente che le circostanze da me segnalate le quali rendevano inopportuna per l'Inghilterra qualunque pratica che potesse cagionarle una difficoltà con la Francia. non erano mutate. Esse non si modificheranno probabilmente prima che siano acquietate in qualsiasi modo le inquietudini dal pubblico inglese concepite per la arrendevolezza attribuita a lord Sallsbury nelle cose africane rispetto alla Germania... Ora ciò che mi pare più importante di riconoscere è che all'Italia a Londra fu soltanto detto che il Governo inglese non ravvisa nelJr, opere in corso di esecuzione a Biserta Il pericolo e la minaccia che noi in esse vediamo. È questo un tema sovra il quale la discussione può continuarsi, che ammette perfettamente un mutamento di opinione senza timore di disdirsi e che lascia perciò aperta la questione in guisa da poter profittare di qualunque occasione propizia per condurre il Gabinetto inglese a prendere in migliore considerazione un interesse che oggi egli sembra trascurare perché altri più urgenti e chiassosi lo spingono e gli si impongono>>.
512

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GENERALE DAL VERME, AL CAIRO (2)

T. COLONIALE RISERVATO 440. Roma, 10 giugno 1890, ore 11.

Ricevuto suo rapporto n. 5 (3). Approvo che ella con quel pretesto che crederà migliore, interrompa negoziato in modo da poterlo eventualmente riprendere poi.

513

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 441. Roma, 10 giugno 1890, ore 11,30.

Formula risposta Gabinetti Pietroburgo, Costantinopoli e Parigi (4) inaccettabile. La riserva che farebbero le tre Potenze circa a diritti politici in Abissinia manca d'ogni base. Di più non si comprende come possa venire espressa in questa circostanza in cui noi invochiamo per rappresentare Menelik non il trattato itala-etiopico ma una delegazione che un sovrano è sempre libero di dare ad un altro. Il momento opportuno era quello in cui notificammo l'articolo 17 del trattato suddetto che stabilisce di fronte ai terzi la posizione giuridica esistente fra l'Italia e l'Etiopia. Ora in quell'occasione la Francia si limitò a prendere atto puramente e semplicemente della nostra notificazione, la Turchia tacque, la Russia presentò soltanto osservazioni verbali fondandosi su riserve formulate nella Conferenza di Berlino da Said pascià e che dimostrammo non applicabili al caso. La formula rimette tutto in dubbio e la respingiarr.o (5).

(l) Con T. 1449 del 25 giugno Beccaria comunicò: «In risposta al deputato Windthorst. che aveva fatto qualche malevola allusione a V. E., il cancelliere emise le dichiarazioni seguenti... "È a mia cognizione che l'alleanza coll'Italia continuerà a sussistere anche quando l'attuale primo ministro venisse, ciò Dio preservi, a ritirarsi dal suo posto, ma nella persona di questo ministro noi troviamo una garanzia di pace che difficilmente un altro italiano ci potrebbe dare, ed io deploro perciò che questa persona venga qui attaccata alla tribuna " >>.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 219.

(3) -Non pubblicato ma cfr. n. 507. (4) -Cfr. n. 509. (5) -De Renzis comunicò con T. coloniale riservato 565 dello stesso 10 giugno, ore 21: «Ho fatto risposta recisa Lambermont secondo ordini avuti».
514

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 556/167. Tangeri, 10 giugno 1890 (per. il 17).

Il signor conte di Tattenbach, inviato di Germania, è tornato ieri dalla sua missione presso la Corte sceriffiana, a Fez. Fui incontro al mio collega. Gli ufficiali che gli facevano seguito, non sono ancora arrivati. Essi presero, a piccole giornate, la via di l\1echinez. Il conte di Tattenbach, venne, invece, a grandi tappe, direttamente da Fez.

Il sultano aveva lasciato la sua capitale due giorni innanzi, lunedì, due del corrente. Sua Maestà si recava a Mechinez, per rimanerci, si afferma, fino agli ultimi del mese. Di là, avrebbe mosso contro agli Zemmur Sceloha. È notizia tuttavia prematura. Intanto, però, havvi concentrazione di truppe, verso le regioni nord e nord ovest dell'Impero.

Il conte di Tattenbach ha fatto, più dell'usato, lunga dimora alla Corte. Il sultano gli fu specialmente cortese. Al dire della gente, l'inviato del re Guglielmo avrebbe domandato molto, ottenuto assai. Si parla di concessioni dì natura politica, di favori al commercio, e, quindi di generale vantaggio. Così fosse! Con particolare cura, il conte di Tattenbach si sarebbe, poi, occupato di procacciare ai negozianti di sua nazione, quella maggior somma di agevolezze che ne possono aiutare e far sviluppare i traffici, senza, però, costituire privilegi. Ciò era naturale. La Germania, qui, come altrove, si adopera gagliardamente a sostegno delli interessi dei produttori suoi e loro rappresentanti in paese, e questi, gente seria, tenace, laboriosa, paziente, non sprovvista di capitali, prende ogni anno più piede nel Marocco, donde ha fugato, per certe industrie, ogni altra estera concorrenza. Ne danno piena fede le statistiche commerciali di questa legazione.

Agli occhi di molti, l'andata del conte di Tattenbach aveva scopo sin&olarmente importante: quello di conseguire per l'Impero germanico la preponderanza nei consigli del sultano. Ed anche di più. Ne giudichi V.E. dal telegramma, qui trascrltto, che il Diario di Cadice si fa indirizzare da Berlino: «La missione germanica al Marocco, si propone di condurre il sultano ad accettare il protettorato tedesco. In questo caso la Germania prenderebbe a riorganizzare l'esercito e l'amministrazione marocchina, per mezzo di ufficiali e funzionari tedeschi. Il rappresentante di quella Nazione in Tangeri, ha l'alto incarico di menare i negoziati».

Trasmetto la notizia a V.E. come semplice indicazione dei sospetti e delle

apprensioni che nella vicina penisola si nutrono. Non altrimenti suonava il

linguaggio dei giornali spagnuoli, durante la missione da me compiuta a Tetuan.

Altri, vanno più oltre; una seconda Triplice Alleanza si sarebbe costituita,

sotto gli auspici del conte di Tattenbach. Ne farebbero parte, col Marocco, ripa

rato all'ombra delle due potenti Nazioni, l'Italia e la Germania.

Riferisco e non commento. E mi studio intanto di raccogliere informaziom. Nel fatto, niuno degli ufficiali tedeschi che accompagnavano l'inviato, è rimasto in Fez. Il conte di Tattenbach non ebbe ancora agio di parlarmi. Ma ieri stesso, alludendo alle molte dicerie, e forse, principalmente alla notizia del Diario, diceva a me, a sir Wìlliam Green, ed all'inviato spagnuolo: « Si è raccontata una gran quantità di cose della missione mia. Tutto è falso».

P.S. Tutti gli ufficiali tec1Pschi sono arrivati.

515

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE

T. RISERVATO 118. Roma, 11 giugno 1890, ore 17.

Ricevuto suo rapporto 29 maggio O). Mandi sollecitamente relazione contenente in forma metodica tutti i fatti che possono essere invocati in una azione diplomatica per impedire progressi francesi in Tripolitania (2).

516

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI. AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA

T. COLONIALE RISERVATO 442. Roma, 11 giugno 1890, ore 17.

Codesto Gabinetto ha accettato la delegazione dataci dall'imperatore d'Etiopia per accedere in nome suo all'atto generale della Conferenza di Bruxelles. Non dubitiamo punto che, conseguente a se stesso, codesto Governo prosegua a sostenere le nostre ragioni. La formula di accettazione della Russia, Francia e Turchia presentata dal Governo belga contenendo riserve abbiamo telegrafato a Bruxelles nei termini seguenti: ( 3).

(l) -R. riservato 208/12!> del quale si pubblicano i pCLssi seguenti: <<Oramai è bene aeccrtatn dalle comunicazioni del valì che !a Francia tende ad estendersi verso Gadames, ed essa in ciò si giova dei rapporti che passano tra gli sciamba, che sono della famiglia dei tuaregh, e questi, i quali accampano pretesa che la città di Gadames loro appartenga, come quella di Grat... Oltre a ciò il pascià dicevami che la Francia vuole annettere alla Tunisia un territorio appartenente alla Tripolitania... Or stando a questo tracciato [della grande carta della Tunisia, pubblicata dal Service géographique de l'armée française] rimarrebbe tra gli antichi confini dell'Algeria ed i nuovi della Tripolitania un tratto di territorio che è quello precisamente che i francesi intendono annettere alla Tunisia >>. (2) -La relazione richiesta fu inviata da Grande il 19 giugno (R. riservato 225/142, non pubblicato). (3) -Qui era inserito il documento n. 513.
517

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUENOS AIRES, FERRARA DENTICE

T. 932. Roma, 11 giugno 1890, ore 17.

Governo inglese afferma sottoposta codesto Congresso legge naturalizzazione simile brasiliana. Autorizzala concertare eventualmente rimostranze con suoi colleghi (l).

518

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 573. Londra, 13 giugno 1890, ore 19,47 (per. ore 6 del 14).

Ho trovato lord Salisbury manifestamente dispiacente della piega che ha preso l'incidente di Bruxelles. Egli mi disse che l'Inghilterra è desiderosa di avere l'occasione favorevole per manifestare in faccia al mondo la sua completa adesione al protettorato italiano sull'Abissinia, ma egli non può ammettere che la firma di un atto relativo all'abolizione della schiavitù offra siffatta occasione. La Conferenza è e deve rimanere estranea alle questioni territoriali ed alle. discussioni di sovranità politica. Egli si riportava a ciò che in proposito mi aveva detto e che io ho riferito il 22 magg~o (2). Sua Sig!loria non aveva da Bruxelles tutti i documenti relativi alla fase presente dell'incidente. Avendogli io fatto leggere i termini della riserva delle tre Potenze, Sua Signoria li dichiarò anodini. Dato che quei tre Governi volevano fare una riserva, circa al diritto di Menelik, alla situazione che noi invece gli riconoscevamo, la formula adoperata non poteva essere più vaga ed indeterminata; bisognava trovare un mezzo termine per uscire dalla difficoltà. Sua Signoria ricordava il consiglio datoci e da me trasmesso il 26 marzo (3) e ripetevrt che la nostra posizione in Abissinia, da tutti tacitamente ammessa come sicura, non migliorava dal fatto di mettere in luce che due Grandi Potenze e la Turchia la contestavano. Mi parve che dalle osservazioni, piuttosto dure nella sostanza che Salisbury andava facendo, emergesse il pensiero che noi avremmo dovuto intendere la riserva non come diretta contro le nostre relazioni con l'Abissinia, ma come diretta contro la qualità di re dei re assunta da Menelik. Non volendo io pregiudicare le cose ed anche per dar tempo alla riflessione da parte di lord Salisbury sulla circostanza che egli pareva ignorare, che cioè i termini del nostro rifiuto di accettare

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la riserva era!lo perentori e conduce> ~~-lO in conseguenza dell'intesa presa con il signor Lambermont al rifiuto di firma per parte nostra, ho concluso il discorso pregando Sua Signoria di procurarsi da Bruxelles tutte le informazioni necessarie, dicendogli che mi teneva a sua disposizione per ripigliare il colloquio in altro giorno. Debbo fare osservare a V.E. che, sebbene le dichiarazioni di Salisbury siano assolute circa il riconoscimento per parte dell'Inghilterra della posizione nostra in Abissinia, noi non possiamo assolutamente sperare che egli voglia impegnarsi in discussioni a questo riguardo davanti alla Co!lferenza. Egli mi ha lasciato sentire la parola isolamento come espressione dell'esito che avrebbe il contegno nostro se ci impuntassimo a voler far decidere, in occasione della firma dell'atto di Bruxelles, una questione per la quale la Conferenza non ha competenza. Se siamo ancora in tempo crederei che un mezzo termine, analogo a quello da me suggerito nella comunicazione del 22 maggio, potrebbe forse comporre con discreta soddisfazione nostra la difficoltà presente. Naturalmente mi astengo di parlarne se V.E. non me ne dà istruzione. Ora qui, fino a lunedì, non vi è più occasione di fare comunicazioni verbali al Foreign Office.

(l) -Ferrara rispose con T. 1322 del 13 giugno che il progetto di legge circa la naturalizzazione, di iniziativa parlamentare, non era ancora stato preso in considerazione. (2) -Cfr. n. 486. (3) -Cfr. n. 379.
519

APPUNTO DEL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAYOR (l)

Roma, 13 giugno 1890.

Le Gouvernement du roi ne peut reconnaitre le Gouvernement brésilien tant que celui-ci n'a pas reçu la consécration de la volonté nationale, dont l'expression libre et sincère peut seule liu donner une existence légale.

Le Gouvernement italien s'est toujours inspiré à ce principe, dont on ne saurait s'écarter d'ailleurs sans s'exposer à reconnaitre des Gouvernements issus de coups d'Etat ou de pronunciamentos. Il s'étonne meme que le Gouvernement brésilien n'ait pas encore demand~~ au peuple une sanction sans laquelle il n'existe que comme Gouvernement de fait.

520

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 448. Roma, 15 giugno 1890, ore 19,20.

Questioni riconoscimento nostra posizione in Etiopia e adesione Menelik Conferenza sono distinte e non comprendo perché si voglia della prima far oggetto

di discussione dalle Poten~e rappreccntate nella Conferenza. Spediente della. delegazione speciale da noi scelto e approvato dall'Inghilterra tende appunto tener separate le questioni; siamo quindi in diritto pretendere che Francia e Russia non le confondano con riserve fuori di luogo. Qualunque Governo può dare ad altro mandati speciali e nessuno potrebbe negare che quello del re d'Etiopia non sia Governo almeno di fatto. Impossibile ammettere in una questione accessoria riserve che compromettano la principale e dare a Stati che, come la Francia, avevano incondizionatamente riconosciuto nostra posizione in Etiopia il mezzo di sottrarsi al loro impegno. Ciò vale anche se riserve, come pare credere Salisbury, si riferiscono soltanto a sovranità Menelik sovra Etiopia, essendo questo Stato implicitamente riconosciuto dal Governo francese nel prendere atto il 20 ottobre ultimo scorso della nostra notificazione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli (l) e non avendo né Russia né Turchia fatto osservazioni su questo speciale argomento. Valendosi delle suddette ragioni prego V.E. intrattenersi ancora con lord Salisbury, al quale vorrà rammentare che nella presente questione abbiamo continuamente dato prova di deferenza verso desideri Inghilterra per vedere conclusa opera Conferenza Bruxelles sicché a buon diritto possiamo chiederle di associarsi a noi per la soluzione delle attuali difficoltà (2).

(l) L'appunto è una minuta di nota per il Governo brasiliano.

521

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 579. Londra, 16 giugno 1890, ore 18,45 (per. ore 21,55).

Salisbury mi riceverà domani. Gli esporrò cose indicate nel suo telegramma di ieri (3) relativamente all'incidente di Bruxelles. Risultò dalle precedenti conversazioni che Sua Signoria distingue in questo affare tre questioni. La prima è quella di competenza della Conferenza a pronunciarsi in materia di sovranità territoriaìe e di titoli competenti a sovrani partecipanti o aderenti all'atto finale; la seconda questione, quella riguardante titolo assunto da Menelik da noi riconosciutogli e col quale noi intendiamo nominarlo nell'atto di accessione; la terza riguarda il diritto dell'Italia a rappresentare alla Conferenza un altro Stato in virtù d'una delegazione speciale. Nella prima questione di competenza, che è per indole sua preliminare, Inghilterra è impegnata dalle condizioni stesse, sotta le quali riunione della Conferenza fu consentita, a non ammettere competenza della Conferenza a pronunciarsi circa titolo di

Menelik. Nella seconda questione, quella cioè relativa al titolo stesso, Inghilterra è disposta a stare con noi. Sulla terza questione, quella cioè relativa al diritto nostro di rappresentare un altro Stato per delegazione, mi pare non vi siano presentemente obiezioni da nessuna parte (1).

(l) -Cfr. n. 62, nota 2. (2) -Per la risposta cfr. n. 521. (3) -Cfr. n. 520.
522

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 185/111. Belgrado, 16 giugno 1890 (per. il 21).

Le dichiarazioni del conte Kalnoky alle delegazioni relativamente alla Serbia continuano ad essere il principale tema di discorso in queste sfere politiche. Secondo i più, le severe parole pronunciate dal ministro imperiale degli affari esteri non sarebbero che un atto d'intimidazione per tagliar corto alle provocanti elucubrazioni della stampa di Belgrado, e per richiamare il Governo della Reggenza all'osservanza dei riguardi internazionali. Se, come v'ha luogo di credere, i ministri serbi terranno in debito conto siffatto avvertimento, l'incidente potrebbe chiudersi senza gravi conseguenze. Secondo altri, le dichiarazioni del conte Kalnoky si collegherebbero all'azione che va qui spiegando l'ex-re Milano contro l'attuale amministrazione (2). Sua Maestà, persuaso che il partito radicale trascina il Paese all'anarchia, si preparerebbe a riprendere, al momento opportuno, le redini dello Stato; ed il Gabinetto di Vienna, proclive ai progetti del re Milano, avrebbe colto l'occasione per discreditare pubblicamente il Governo della Reggenza, e denunciando la Serbia in balia dei partiti sovversivi, preparare l'opinione pubblica ad accogliere come una necessità il ritorno di re Milano sul trono.

Dalle informazioni venutele da Vienna V. E. potrà desumere quale di queste due opinioni abbia maggior fondamento.

Se il conte Kalnoky, col suo discorso alle delegazioni, credette di rendere servizio alla causa del re Milano, l'effetto delle sue parole fu finora contrario allo scopo. Di fronte alle minacce dell'Austria-Ungheria i vari partiti politici han dato tregua ai loro dissensi; i giornali stessi d'opposizione si sono schierati a difesa del sentimento nazionale offeso dal conte Kalnoky ed il re Milano, accusato di connivenza col Gabinetto di Vienna, ha veduto diradarsi le file dei suoi partigiani. Questo unanime movimento di protesta contro l'AustriaUngheria non può evidentemente modificare le disastrose condizioni politiche della Serbia; ma, per q'Janto sia precaria, questa reazione mi sembra degna di nota.

(l) -Per la risposta di Crispi cfr. n. 523. (2) -Galvagna aveva riferito in proposito con R. 160/96 del 28 maggio. non pubblicato.
523

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 452. Roma, 17 giugno 1890, ore 16,15.

Giammai ho chiesto alla Conferenza di <<pronunciarsi in materia di sovranità territoriale» (1). La questione a Bruxelles si limita all'esercizio del mandato conferito da Menelik al ministro d'Italia per essere rappresentato alla Conferenza antischiavista. Questo è il solo tema di cui dobbiamo occuparci. Sulla soluzione di esso sono stati a noi favorevoli l'Inghilterra, la Germania, l'Austria, il Portogallo, l'Olanda. Le altre questioni sono state sollevate da quei Governi che non vorrebbero che fosse da noi esercitata la detta rappresentanza. Rinchiuda dunque in questi limiti il suo colloquio con lord Salisbury (2).

524

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 580. Londra, 17 giugno 1890, ore 23,50 (per. ore 6 del 18).

Ricevo telegramma d'oggi di V.E. (3) al mio ritorno dal Foreign Office, dove ho esposto a lord Salisbury le cose contenute nel telegramma del giorno 15 ( 4). Sua Signoria mi ha ripetuto che l'Inghilterra non fa nessuna difficoltà ad ammettere il diritto dell'Italia a rappresentare il re Menelik nella sua qualità di sovrano d'Etiopia. Che essa ha fatto a Pietroburgo ed a Parigi delle pratiche per rimuovere quei Governi dal contegno che hanno assunto; che quei Governi hanno certamente torto di tenere tale contegno, ma che le pratiche fatte non hanno prodotto alcun effetto; Sua Signoria opina che, se la Russia abbandonasse le sue riserve, la Francia non insrsterebbe. Egli ritiene che le riserve riguardano il titolo e la qualità che nell'atto di accessione sarebbero da noi attribuiti all'antico re dello Scioa, al quale la Russia non intende riconoscere tale qualità e titolo. Lord Salisbury per evitare difficoltà e complicazioni si propone di mettersi officiosamente in relazione col barone Lambermont per impedire, se ne è tempo, che le riserve si producano prima della sottoscrizione dell'atto generale. Egli vedrebbe con piacere che da parte nostra si separasse la firma nostra, come Italia, dall'altra che daremo in forma di accessione, come

(-2) Cfr. n. 524. (-4) Cfr. n. 520.

26-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

delegati dell'imperatore d'Etiopia. Lord Salisbury considera così la questione, ed è mio dovere d'informare il Governo del re del suo modo di vedere e di ciò che egli mi dice. Resta dunque stabilito che il Gabinetto inglese ammette che noi abbiamo diritto di rappresentare Menelik, come sovrano d'Etiopia, ed è disposto ad appoggiarci nella affermazione di questo nostro diritto ma nel tempo stesso dichiara di aver fatto inutilmente delle pratiche a Pietroburgo che non ottennero effetto favorevole. Lord Salisbury deplorerebbe che per questa questione l'opera umanitaria della Conferenza dovesse naufragare.

(l) -Cfr. n. 521. (3) -Cfr. n. 523.
525

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA

T. COLONIALE RISERVATO 453. Roma, 18 giugno 1890, ore 11,30.

Iersera venne l'ambasciatore di Germania a parlarmi dell'incidente sorto nella Conferenza di Bruxelles per la rappresentanza di Menelik nella Conferenza stessa. Ripeto a V.E. quanto dissi al conte di Solms. Durante la Conferenza fummo incaricati da Menelik di rappresentarlo. Riconobbero valido il mandato da noi ricevuto i Gabinetti di Berlino, Vienna, Londra, L'Aja e Lisbona. Per motivi di forma e non di sostanza fece obiezioni la Russia alla quale si associò la Francia senza addurne un motivo plausibile, e solamente per la solita antipatia. Il re Leopoldo temendo che la Conferenza potesse andare a monte ci chiese di trovare un componimento accettabile dalle varie Potenze intervenute a Bruxelles. Dietro proposta della Russia accettai che, dopo firmato il protocollo, l'Italia aderisse alla Conferenza in nome di Menelik essendo convenuto che le Potenze avrebbero preso atto dell'adesione. Al barone di Lambermont venne in mente di redigere per questa presa d'atto una formala comune per tutte le Potenze. Ma cotesta formala conteneva riserve di ragione politica, quindi anche contrarie all'indole della Conferenza, ed abbiamo dovuto respingerla. Noi avevamo avuto un'adesione incondizionata dall'Inghilterra, Germania, Austria, Olanda e Portogallo, e non potevamo peggiorare la nostra posizione col progetto Lambermont. Dopo essere stati concilianti ed avere noi stessi per i primi scartato ogni questione politica avevamo diritto ad un contegno amichevole anche per parte delle Potenze che ci erano state ostili. È questo un colpo montato dalla Francia e mi lusingo che codesto Gabinetto, fedele a ciò che sin da principio aveva risposto, non vorrà mancarci.

(Per Vienna si aggiunga) Il Gabinetto di Berlino ci presta il più ampio suo appoggio.

(Per Londra si aggiunga) I Gabinetti di Berlino e di Vienna ci prestano il più ampio loro appoggio.

526

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 454. Roma, 18 giugno 1890, ore 11,55.

Il barone Lambermont ci ha ingannato o si è fatto ingannare. Sin dal giorno che dichiaravamo alla Conferenza di Bruxelles che eravamo mandatari di re Menelik, avemmo per noi la Germania, l'Inghilterra, l'Austria, l'Olanda ed il Portogallo. Si oppose la Russia senza saperci addurre un motivo plausibile e si associò alla medesima il Governo francese per la solita opposizione che ci venne da Parigi. Pareva che le cose conducessero ad un dissidio che avrebbe potuto portare ad un insuccesso della Conferenza. La Russia propose e noi accettammo che, dopo firmato il protocollo, avremmo fatto adesione alla Conferenza in nome di Menelik e che le Potenze ne avrebbero preso atto. Ella sa come noi siamo concilianti e con qual animo abbiamo consentito di sostituire alla partecipazione diretta, in nome di Menelik l'adesione posteriore alla firma del protocollo. Noi abbiamo rinunziato ad una posizione vantaggiosa che ci faceva arbitri della Conferenza avendo per noi la maggioranza delle Potenze intervenute a Bruxelles. Il signor Lambermont col suo progetto di risposta aveva ridato alla questione quel carattere politico che noi consentimmo ad evitare. Da ciò è venuta una nuova difficoltà che pare architettata appositamente dai soliti nostri avversarii per imputare a noi il possibile insuccesso della Conferenza, mentre non ne siamo imputabili. Bisogna ritornare alle origini. La Germania, l'Austria, l'Inghilterra, l'Olanda, il Portogallo prendano atto della nostra adesione per Menelik incondizionatamente secondo le loro precedenti dichiarazioni. La Francia e la Russia, se vogliono essere coerenti, dovrebbero fare altrettanto. Se nol vogliono, rispondano come meglio credono.

527

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 455. Roma, 18 giugno 1890, ore 17.

Il mio telegramma di questa mattina (l) partì prima che avessimo conoscenza del suo di ieri sera (2). Non intendiamo punto confondere la nostra posizione con quella di Menelik. Firmeremo il protocollo come Potenza intervenuta alla Conferenza. Poscia, con atto separato e come rappresentanti in virtù di mandato speciale, dichiareremo di aderire per il re Menelik, senza

aggiungere alcun altro titolo che possa involgere questione politica al suo riguardo. Che l\1enelik sia re nessuno può contestarlo. Beninteso che dell'accessione nostra così formolata deve essere preso atto senza alcuna riserva (l).

(l) -Cfr. n. 525. (2) -Cfr. n. 524.
528

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 586. Berlino, 18 giugno 1890, ore 19 (per. ore 20,10).

Diedi oggi lettura al segretario di Stato del telegramma di V.E. di stamane (2) confermato da un telegramma del conte Solms. Egli mi disse che l'appoggio della Germania non ci mancherà certamente in tutto ciò che stimeremo di fare nella questione della rappresentanza di Menelik alla Conferenza di Bruxelles. Anche nel caso che il Governo del re credesse potersi contentare cne dopo la firma dell'atto generale della Conferenza i suoi delegati notificassero il mandato ricevuto e che Germania, Inghilterra ed AustriaUngheria dichiarassero per mezzo dei loro rappresentanti riconoscere all'Italia il diritto di rappresentare il negus neghesti d'Etiopia, Gabinetto di Berlino è disposto ad appoggiare a Londra ed a Vienna tale combinazione, qualora sia da noi desiderata.

529

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 587. Londra, 18 giugno 1890, ore 19,07 (per. ore 20,45).

Con rapporto d'oggi (3) chiamo l'attenzione di V.E. sopra un paragrafo della nota presentata ieri sera al Parlamento, nel quale lord Salisbury afferma che dal primo grado di latitudine fino alla frontiera dell'Egitto l'influenza britannica si estende sopra tutto il paese che giace a sud e a ponente del protettorato italiano in Abissinia e nel paese dei gallas. Mi sembra che in questa espressione non si sia tenuto conto delle ragioni nostre sul paese dei somali; ma aspetto istruzioni da V.E. (4) prima di parlarne a lord Salisbury (5).

(l) -Analogo telegramma venne inviato in pari data alle ambasciate a Berlino e Vienna e alla legazione a Bruxelles col n. 456. (2) -Cfr. n. 525. (3) -R. riservato urgente 718/444, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 535. (5) -Cfr. però il n. 533.
530

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 589. Londra, 19 giugno 1890, ore 11,55 (per. ore 13,50).

I due telegrammi di V.E. di ieri (l) chiariscono la situazione. Qui si ignorava il progetto di Lambermont di redigere una formala unica, da adottarsi da tutte le Potenze per esprimere l'accettazione dell'accessione dell'Etiopia; inoltre qui si riteneva che l'Italia volesse fare l'atto di accessione in nome di Menelik, re dei re d'Etiopia. Io non conosceva il progetto del ministro belga, né poteva indovinarlo, non essendo conforme alla procedura ordinaria lo stabilire un'unica forma di accettazione per tali atti. Non avrei neppure potuto rettificare impressioni di Salisbury circa titolo col quale noi intendevamo nominare il sovrano d'Etiopia nell'atto di accessione, perché il telegramma speditomi da codesto ministero il 23 maggio (2), diceva che noi avremmo notificato, prima della firma dell'atto generale, la nostra rappresentanza del re dei re d'Etiopia e la nostra intenzione di notificare subito dopo la firma l'accessione dell'Etiopia. Ora però che V.E. mi ha messo in grado di rettificare le idee di Salisbury, sono persuaso che Sua Signoria sarà pienamente soddisfatta della piega data a questo affare e non esito ad annunziare che l'accettazione dell'atto di accessione, eseguita nei termini e con la procedura indicata nel secondo telegramma di V.E. di ieri, sarà per parte dell'Inghilterra incondizionata e senza riserva; l'Inghilterra si adopererà ancora per persuadere le altre Potenze. Che se, malgrado tali pratiche, qualche riserva venisse fatta, essa per certo si unirebbe alla Germania ed agli altri Paesi per dichiarare che la ragione sta dalla parte nostra. Mi procurerò al più presto possibile un abboccamento con Salisbury e spero che potrà così essere tosto eliminato ogni equivoco.

531

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1393. Therapia, 20 giugno 1890, ore 14 (per. ore 14,35).

Vulcovic ha ufficiosamente dato oggi cognizione a me ed ai miei colleghi d'Austria-Ungheria e d'Inghilterra di un dispaccio da lui comunicato ieri in

copia al gran visir e al ministro degli affari esteri. In quel dispaccio il suo Governo gli ordina chiedere riconoscimento del Governo bulgaro, e reclama per i bulgari in Turchia un trattamento eguale, in quanto alle questioni religiose, a quello concesso ai mussulmani in Bulgaria ed a quello che lo stesso Governo imperiale accorda nell'Impero ai cristiani di tutte le altre Nazioni.

(l) -Cfr. nn. 525 e 527. (2) -Cfr. n. 488, nota 2.
532

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO CATALANI, A LONDRA

T. COLONIALE RISERVATO 460. Roma, 20 giugno 1890, ore 17.

Ricevetti ieri Mackenzie e mi promise di aggiustare amichevolmente a Londra questione Kisimaio, comprendendo nostro desiderio d'assicurarci una parte di controllo su quel porto che è il solo realmente buono sulla costa soggetta all'influenza italiana. Disse maggiore difficoltà essere residenza Kisimaio dei capi principali delle tribù che hanno stanza fra il Tana ed il Giuba. Risposi che R. Governo non intende immischiarsi con tali tribù, e difficoltà potrebbe rimuoversi trasportando le capanne di quei capi nella porzione del territorio di Kisimaio che toccherebbe all'Inghilterra. Riportai dal colloquio eccellente impressione sulle disposizioni di Mackenzie.

533

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 596. Londra, 20 giugno 1890, ore 18,21 (per. ore 21,10).

Salisbury mi ha detto che nel far annunziare a Roma il protettorato sullo Zanzibar ci ha fatto dare le più larghe assicurazioni relativamente al rispetto dei diritti dell'Italia. Siccome al Parlamento fu domandata con insistenza una carta geografica che designi i limiti dell'Inghilterra dopo l'accomodamento con la Germania, cosi ho creduto a proposito profittare di questa iniziativa di Salisbury per pregarlo di far mettere la più scrupolosa attenzione nella preparazione di quella carta in guisa che le ragioni nostre nel paese dei somali siano rispettate. Sua Signoria mi disse che le aveva presenti «voi siete su una riva e noi sull'altra del Giuba». Non mi sono creduto autorizzato ad introdurre la questione della scelta del confluente che nella parte superiore deve portare il nome di Giuba. Sopra questo punto aspetterò le istruzioni di V.E. (1).

534

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 740/461. Londra, 21 giugno 1890 (per. il 27).

Non ispetta a questa ambasciata l'occuparsi del linguaggio della stampa francese relativamente all'accordo seguito fra l'Inghilterra e la Germania per la determinazione delle zone di loro influenza in Africa. E V.E. saprà certamente meglio di me ciò che in proposito si pensa a Parigi a tale riguardo. Se però il pensiero del Governo della Repubblica corrisponde al contegno dei giornali governativi parigini, si dovrebbe prevedere prossimamente qualche difficoltà diplomatica nelle relazioni della Francia con la Gran Bretagna circa il protettorato sullo Zanzibar. La questione (ed è questa la ragione per me di scriverne a V.E.) per due aspetti non è indifferente per noi.

Sebbene le simpatie del Governo inglese siano presentemente per la Germania, non bisogna perdere di vista che anche il Gabinetto Salisbury in ogni discussione che sorge fra l'Inghilterra e la Francia, mette ogni suo studio a trovare i termini di una conciliazione. Non è dunque fuori d'ogni previsione che, se la Francia volesse in questo momento farsi dare altrove compensi per la sua condiscendenza a riconoscere il protettorato sullo Zanzibar, troverebbe il terreno favorevole. Nella questione dell'Harar, fors'anche in quella di Tunisi, il Gabinetto di Parigi potrebbe trovare presentemente a Londra disposizioni che in circostanze normali non si ritroverebbero.

Dal punto di vista degli interessi nostri ne deriva primieramente che, in questo momento, meno che mai, possiamo calcolare di trovare ascolto a Londra per l'affare dei lavori di Biserta; in secondo luogo che nell'affare della frontiera nostra e dei nostri protettorati verso il possedimento francese di Obock, ogni nostro studio dovrebbe essere di non affrettarne l'esame e la risoluzione. Non credo si errerà nelle previsioni se si terrà conto che oggi il principale interesse che il Gabinetto britannico avrà in vista sarà quello di conseguire pacificamente il riconoscimento della sua posizione allo Zanzibar per parte della Francia. A questo interesse lord Salisbury, ancorché a malincuore, farà i sacrifizi necessari. Dal canto nostro agiremo abilmente nel procurare di seguire una linea che non ci esponga a dover incontrare nel Gabinetto britannico un debole sostegno delle nostre ragioni e degli interessi nostri osteggiati dalla Francia.

(l) Cfr. n. 535.

535

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 464. Roma, 22 giugno 1890, ore 16.

Nostri desideri riguardo confini influenze inglese ed italiana Africa orientale sono che i Regni galla soggetti all'Etiopia, compreso il Caffa, siano tutti riconosciuti soggetti nostra influenza e che al sud dell'Etiopia confine sia costituito dal Giuba senza introdurre per ora questione scelta dell'affluente. Primo punto fu alquanto compromesso da nostro accordo colla compagnia britannica del 3 agosto 1889, che fa terminare nostra influenza all'Bo parallelo. Sarebbe perciò utilissimo che V.E., fingendo ignorare termini precisi accordo suddetto, ottenesse accortamente da lord Salisbury che sulla carta che presenterà al Parlamento, tutti i Regni galla suddetti compreso il Caffa, siano segnati fuori dell'influenza inglese e come parte integrante dell'Etiopia. Ciò indipendentemente dal nostro riconoscimento del protettorato del Zanzibar sul quale V.E. dirà di non avere istruzioni, notifica essendo stata fatta a Roma da lord Dufferin, ma che crede che, data intenzione del Governo inglese di rispettare nostri diritti, non possano esservi serie difficoltà.

536

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. RISERVATO 121. Roma, 22 giugno 1890, ore 17.

Dai discorsi avuti con S.A.R. il principe di Napoli, ho dovuto convincermi che alla Corte imperiale l'Italia è inadeguatamente conosciuta e falsamente giudicata. Lo stesso czar avrebbe in mente che il nostro Paese è nella miseria, che le finanze dello Stato sono dissestate, che nell'esercito la divozione alle istituzioni sia scossa, che gli ufficiali possono tradire i loro doveri, insomma che l'Italia in genere si trovi in condizioni economicamente e moralmente tristi. Non le posso nascondere che questo dipinto così calunnioso ed umiliante ha prodotto una dolorosa impressione sull'animo mio. In verità non saprei da qual parte codesto imperatore attinga siffatte notizie sull'Italia, se dai rapporti dei suoi consiglieri residenti in Roma o dalla stampa francese. Constato però con gran rammarico che codesta ambasciata non ha saputo presentare le cose sotto il loro vero aspetto e non si è curata di far conoscere quali siano realmente l'Italia e il suo Governo. Codesta dovrebbe essere la missione di ogni rappresentante all'estero poiché ogni erronea convinzione contro di noi va a scapito del nostro prestigio e delle nostre buone relazioni con altri Governi. Le telegrafo quanto precede a malincuore, ma è mio dovere farlo. È d'uopo che ella sappia tutto affinché possa provvedere (l).

537

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 748/467. Londra, 22 giugno 1890 (per. il 27).

Ricevetti, con l'arrivo del corriere, il 18 di questo mese, il dispaccio di

V.E. -in data 21 maggio (2) e vi trovai allegati i tre rapporti del R. Corpo di Stato Maggiore circa il canale di Tunisi, la posizione di Biserta ed il porto di Biserta. V.E. -mi ordina di consegnare in via riservata questi documenti al marchese di Salisbury riferendomi alle precedenti comunicazioni di questa r. ambasciata sulle questioni di Tunisi.

Io eseguirò prossimamente queste istruzioni del R. Governo. Debbo però mio malgrado far conoscere a V.E. che le circostanze le quali manifestamente influivano a distogliere lord Salisbury dal dare ascolto alle nostre osservazioni relativamente alle cose tunisine, si sono ancor più aggravate in senso contrario al nostro interesse dopo che si affaccia per il Gabinetto di Londra la necessità di acquietare la Francia nell'affare del protettorato sullo Zanzibar.

Delle proporzioni che potrà prendere questo affare il R. Governo sarà meglio di me informato; intanto bisegna prevedere che, supremo scopo della politica inglese essendo lo sviluppo e l'ingrandimento della sua potenza coloniale con i mezzi di conciliazione, ogni via di transazione sarà tentata da lord Salisbury per conseguire l'acquiescenza del Gabinetto di Parigi. Quanto maggiore sarà la resistenza di quest'ultimo nelle questioni ancora insolute in Egitto ed a Terranova e nella nuova questione relativa allo Zanzibar, tanto più riguardoso si dimostrerà lord Salisbury nell'impegnarsi in altre discussioni con la Francia.

Occasionalmente, nel corso di uno dei miei recenti colloqui con lord Salisbury, ho fatto sentire a Sua Signoria che la convenzione di estradizione fatta dall'Inghilterra con la Francia per estendere alla Tunisia la stipulazione esistente fra i due Paesi, avea prodotto dispiaeevole impressione in Italia (3).

essere osservat a con indifferenza >>.

Lord Salisbury sembrò meravigliarsi della mia osservazione. Se nella procedu· ra di quell'atto si era commesso qualche errore, egli ne era sinceramente dolente. Non ho stimato dover insistere poiché, più che la procedura è la sostanza stessa dell'atto che urta con l'interesse italiano. Profittai invece della circostanza per notare che nella stampa francese si facevano suggestioni nel senso che la Tunisia potrebbe fornire uno dei termini di una amichevole transazione per le difficoltà sorte a Terranova. I due Paesi mi sembravano in verità molto lontani, e gli affari che li concernevano molto dissimili. Sua Signoria m'interruppe dicendo che egli pure avea osservato la suggestione, ma la sua volontà non avea alcuna disposizione a subirla. Mi bastò aver fatto questi accenni perché mi accorsi che lo scopo mio era ottenuto dal momento che lord Salisbury era avvisato che il sentimento pubblico in Italia stava sempre in vedetta per tutto ciò che riguarda Tunisi.

(l) -Per la risposta cfr. n. 540. (2) -D. 17446/261, non pubblicato. (3) -A proposito della convenzione franco-inglese di estradizione Torniolli aveva oss2rvato con R. riservato 699/435 del 10 giugno: <<non mancherò di cogliere la prima opportuna occasione per manifestare a lord Salisbury l'impressione che ne ebbe il Governo di sua Maestà. Ritengo anzi quasi necessario esprimermi in proposito con lord Salisbury in termini abbastanza espliciti per non !asciargli supporre una acquiescenza illimitata da parte nostra a qualunque cos"-egli potesse escogitare in tale direzione. Si è veduto infatti suggerire, nei giorni passati, in alcuni diari francesi e ripetere nei grandi periodici di Londra che i termini di una transazione per le difficoltà nate a Terranova potrebbero essere trovati fra l'Inghilterra e la Francia in un miglior regolamento delle questioni commerciali in Tunisia... mi sembra che non possa riuscire intempestivo il far conoscere sin d'ora a lord Salisbury che una eccessiva arrendevolezza da parte sua ad assecondare la Francia nell'accrescimento della sua posizione politica e militare in Tunisia, non è cosa che dal Governo e dal sentimento pubblico in Italia potrà
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 124. Roma, 23 giugno 1890, ore 17,15.

Decifri ella stessa. Telegrammi da Parigi annunciano che tra Francia ed Inghilterra sia stato concluso trattato o scambio di note in cui Inghilterra rinunzierebbe a qualunque diritto eventuale sopra Tunisi avente a base le antiche capitolazioni e Francia accetterebbe pacificamente protettorato britannico sullo Zanzibar. A noi la notizia sembra verosimile vista la tiepidezza che il Gabinetto di Londra mostra da qualche tempo circa le costruzioni nel porto di Biserta. L'argomento è assai grave e il fatto, se vero, potrebbe produrre pericolose conseguenze. Ella vedrà quindi con ogni riserva di appurare la notizia e ragguagliarmi. Nelle indagini potrebbe esserle utile l'opera del commendator Catalani che ha tante conoscenze al Foreign Office e in codesta società (l).

539

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 603. Londra, 23 giugno 1890, ore 20,08 (per. ore 23,55).

Per prevenire qualunque difficoltà stimerei opportuno prender nota, in una mia lettera particolare a Salisbury, di ciò che fu detto nel nostro colloquio del 20 corrente circa la preparazione della carta geografica domandata dal Par

lamento inglese (l). Se V.E. approva, nella lettera mi esprimerei così: «V.S. mi disse che l'Italia si trova sulla riva sinistra e l'Inghilterra sulla destra del Giuba, ma è pure necessario che nel fare la carta domandata dal Parlamento si tenga conto che i Regni Galla ed il Kaffa sono sotto la dipendenza dell'Etiopia e perciò compresi nella zona d'influenza italiana». Aspetto in proposito risposta di V.E. (2).

(l) Per la risposta cfr. n. 541.

540

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 156. Pietroburgo, 24 giugno 1890, ore 6,12 (per. ore 8,15).

Dopo gli omaggi resi all'Italia ed al suo Governo innanzi all'Europa con le accoglienze straordinariamente solenni e cordiali fatte all'erede del trono, il linguaggio quasi senza eccezione simpatico della stampa pel nostro Paese, le affettuose parole di simpatia che ebbi incarico formale di fare pervenire all'indirizzo di V.E., in risposta al suo telegramma del 30 maggio, [tanto] da parte dell'imperatore (mio telegramma a V.E. del 1° giugno) (3), quanto da parte del signor Giers (mio telegramma del 5 giugno a V.E.) (4), il contegno di maggior riserva adottato in questi ultimi giorni dal Governo imperiale nelle sue velleità d'ingerenza religiosa in Abissinia (rapporto di questa ambasciata n. 152 del 15 corrente) (5), sono fatti che parrebbero dovermi scagionare dal severo rimprovero contenuto nel telegramma che ebbi l'onore di ricevere questa mattina dall'E.V. (6). Se però tale non fosse l'avviso di V.E. la prego, signor ministro, di volere rassegnare nelle mani di Sua Maestà la mia dimissione, o di volermi destinare ad altro posto, dove mi sia dato conformarmi con maggiore soddisfazione di V.E. ai di lei ordini (7).

541

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 157. Londra, 24 giugno 1890, ore 19,30 (per. ore 6 del 25).

Se non fosse stato sospeso un viaggio del corriere V.E. avrebbe ricevuto da una quindicina di giorni varii miei rapporti del 4, 7 e 10 (8) che mettono

(-2) Cfr. n. 542.

in chiaro le disposizioni di lord Salisbury riguardo alle cose di Tunisi. Questi rapporti sono partiti di qua con il corriere del 21. Altri due miei del 22 (l) sono in viaggio; V.E. li riceverà dalla prefettura di Livorno. Dal complesso delle informazioni da me raccolte in quei rapporti, nonché dalle risposte di lord Salisbury in essi riferite emerge che la notizia di un accordo già seguito fra Inghilterra e Francia relativo a Tunisi, in compenso dell'acquiescenza di quest'ultima per lo Zanzibar è prematura. Però come Salisbury si è nascosto da tutti per architettare l'accordo con la Germania, così sarebbe nell'indole sua il nascondersi ora con la Francia per trovare una combinazione che questa acquieti. Nella politica seguita da questo primo ministro negli ultimi tempi le difficoltà con la Francia si sono accumulate. Non erano totalmente composte quelle della conversione egiziana e quelle di Terranuova si erano inasprite che questione dello Zanzibar venne a portare un terzo elemento di dissidio. Per vincere in Francia le resistenze nascenti dall'impressione, che con l'accordo anglo-tedesco in Africa si sia assodata una più intima e più vasta intelligenza fra Londra e Berlino, il Gabinetto inglese metterà ogni suo studio nel trovare transazioni che diano qualche soddisfazione alla Francia. Ciò che oggi, a mio credere, non esiste ancora per la Tunisia fra la Francia e l'Inghilterra potrebbe dunque essere vero domani, poiché è nella situazione che l'Inghilterra sacrifichi qualche cosa alla Francia ed è noto il desiderio della Francia di conseguire qualche concessione a Tunisi. L'ambasciatore di Francia ha già conversato con Salisbury del protettorato dello Zanzibar, affermando non essere cosa questa che possa farsi senza il consenso del Governo francese; però il signor Waddington si sarebbe espresso in termini da lasciare intendere tale consenso non sarà impossibile ad ottenere. In vista di ciò e qualora una politica di aspettativa sembri esporre a pericolose sorprese, due altri partiti, a mio avviso, ci si presenterebbero, aventi tuttavia anch'essi manifesti pericoli ed inconvenienti. Primo partito. V.E. potrebbe ordinarmi di presentare a lord Salisbury, insieme alle informazioni d'indole tecnica allegate al dispaccio del 21 maggio (Gabinetto) (2) da me ricevuto il 18 corrente e che sono ancora in mia mano, una nota per affermare essere opinione del Governo del re che le opere in corso a Biserta scompongono l'equilibrio delle forze nel Mediterraneo e conseguentemente essere il caso di fare delle osservazioni a Parigi relativamente a quei lavori. Naturalmente questo passo potrebbe eseguirsi soltanto dopo positivi concerti con Berlino e Vienna. Delle conseguenze di esso V.E. meglio di me può giudicare. Secondo partito. Potrebbe V.E. ordinarmi di andare. senza alcun ritardo, da Salisbury e di dirgli: l) che il Governo del re nelle varie occasioni che dal dicembre in poi si sono presentate per discorrere delle cose di Tunisi fra Roma e Londra crede essersi accorto che nel Gabinetto inglese esiste una tendenza a fare delle concessioni alla Francia, a scapito d'interessi italiani che noi riteniamo comuni coll'Inghilterra e sui quali né il Governo nostro intende transigere né l'opinione pubblica lo permetterebbe; 2) che, in conseguenza di ciò nell'interesse del mantenimento e sviluppo delle intime relazioni fra i due Paesi, sul quale riposa principalmente la pace europea,

l'Italia deve fin d'ora fare conoscere al Governo inglese che non sarebbe disposto a seguirlo in una via che conducesse a modificare politicamente o materialmente statu quo nella Tunisia a favore della Francia. Naturalmente rimetterei a Salisbury un appunto scritto dei due punti sopradetti. Ritengo, nello stato presente delle cose, dichiarazione basterebbe a trattenere Salisbury dall'accettare un'occasione di transazione per le sue difficoltà colla Francia a scapito nostro in Tunisia, a meno che a questo riguardo egli si fosse già assicurato il consenso di Berlino. Nel qual caso non riuscendo a noi nelle presenti circostanze o per ora facile il reagire io opinerei che gioverebbe al credito del nostro Paese non spingere le cose troppo oltre, salvo a ricordarsene e tenerne conto a tempo debito. Naturalmente io inclinerei per adozione del secondo dei due partiti sovra indicati. Intanto riterrei cosa savia il procedere con calcolata lentezza nel riconoscimento dei protettorati sullo Stato libero dello Zanzibar. Forse nell'affare del debito egiziano ci siamo troppo affrettati ad assecondare un Governo che è calcolatore per eccellenza. Sarei di subordinata opinione che V.E. potrebbe fare sentire all'ambasciatore d'Inghilterra che, prima di dare il nostro riconoscimento ufficiale, desideriamo sia finito l'affare della subconcessione dei porti del Benadir che abbiamo incominciato e desideriamo finire col Governo indipendente dello Zanzibar. Questo gioverebbe forse ad affrettare i nostri ultimi accordi colla Compagnia dell'est Africa.

(l) -Cfr. n. 533. Il contenuto del colloquio era stato esposto con maggiore ampiezza da Torniel!i ne! R. riservato 728/451 del 20 giugno, non pubblicato. (3) -T. 1227, non pubblicato. (4) -T. 1247, non pubblicato. (5) -Non pubblicato. (6) -Cfr. n. 536. (7) -Cfr. n. 546. (8) -Cfr. nn. 506, 510, nota 3 e 537, nota 3. (l) -Cfr. n. 537; l'altro rapporto non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 537, nota 2.
542

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 4G8. Roma, 25 giugno 1890, ore 11,55.

Invece di scrivere (l) voglia vedere lord Salisbury e dirgli quello che l'Italia domanda e se avesse a trattare con altra Potenza meno amica esigerebbe come suo diritto sui confini dell'Etiopia. Una lettera potrebbe invitare a meditazioni e avere per risultato una risposta pregiudizievole ai nostri interessi (2).

543

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. RISERVATO PERSONALE 125. Roma, 25 giugno 1890, ore 16,30.

Decifri ella stessa. Notizie da Parigi e da Londra fanno credere probabile conclusione trattato o scambio di note con cui Inghilterra rinunzierebbe a qua

Iunque diritto in Tunisi avente a base le antiche capitolazioni e Francia accetterebbe pacificamente il protettorato britannico su Zanzibar. La notizia non pare a noi inverosimile, se consideriamo alcune recenti circostanze: l) indifferenza del Governo inglese per gli armamenti che vanno compiendosi in Biserta e che più volte segnalammo; 2) naturale desiderio di acquetare Francia inasprita dalle questioni della conversione egiziana, di Terranova ed ora di Zanzibar. *D'altra parte dovremmo rifiutarci a credere possibile un tale accordo se poniamo mente agli obblighi assunti con noi dall'Inghilterra pel mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo* (1). L'argomento è in sé grave e il fatto, se vero, potrebbe produrre gravissime conseguenze. Voglia investigare nel modo più prudente e riservato se codesto Governo sappia qualche cosa dei negoziati che ora indubbiamente sono in corso tra Parigi e Londra, e qualora non sappia nulla pregarlo di assumere informazioni presso i suoi rappresentanti nelle suddette capitali per comunicarceli al più presto. Non vogliamo ammettere che Governo inglese sacrifichi permanenti interessi *ed impegni presi* al desiderio di riamicarsi la Francia momentaneamente offesa. Qualora però ciò dovesse avvenire, *noi non mancheremmo di ricordare a lord Salisbury gli accordi passati e* confidiamo che non ci mancherebbe l'appoggio di codesto Gabinetto né quello del Gabinetto di Vienna (Berlino). Aspetto risposta telegrafica (2).

(l) -Cfr. n. 539. (2) -Cfr. n. 544.
544

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 604. Londra, 25 giugno 1890, ore 19,30. (per. ore 22,15).

La carta geografica domandata dal Parlamento (3) fu deposta alla biblioteca della Camera. Il sottosegretario di Stato mi ha assicurato che nella regione situata a sinistra del Giuba non fu fatto alcun tracciato pregiudicante ragioni italiane od etiopiche. Raccomandai si evitasse di comprendere nella zona inglese i Regni Gallas ed il Kaffa, dipendenti dall'imperatore di Etiopia. Lord Salisbury mi ha detto che si farebbe il possibile per non toccare alle ragioni di quel sovrano; però la designazione di Regni Gallas gli sembrava troppo indeterminata. Sua Signoria ha ripetuto che in ogni caso il Giuba era la linea di confine. Ho saputo al Foreign Office che V.E. ha fatto esprimere qui, per mezzo di lord Dufferin, il desiderio di fare la demarcazione delle zone d'in

fluenza italiana ed inglese a mezzogiorno ed a ponente dell'Abissinia e paesi dipendenti e di trattare di questo affare a Roma. Il Governo britannico deve averle risposto che appena siano terminate le trattative con la Germania, le quali si spera saranno compiute fra pochi giorni, egli è disposto a trattare a Roma per quella demarcazione.

(l) -I passi fra asterischi. messi fra parentesi quadre nella minuta del telegramma. furono trasmessi alle ambasciate a Berlino e Vlenna, come risulta dal loro archivi, ma non sono Inseriti nel registro dei telegrammi riservati In partenza dal ministero. (2) -Per le risposte cfr. nn. 552, 554 e 559. (3) -Cfr. n. 533.
545

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 158. Londra, 25 giugno 1890, ore 19,40 (per. ore 22,15).

*Salisbury mi ha detto che il signor Waddington nega che i lavori di Biserta abbiano carattere di opere militari* (1). Mentre per una parte si può essere contenti che finalmente Salisbury si sia deciso a parlare di quest'affare con il rappresentante francese, per altra parte questa circostanza aggrava il sospetto che fra Parigi e Londra siano in corso trattative nelle quali si parli fra l'altro anche di cose della Tunisia.

546

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI

'!'. RISERVATO 122 (2). Roma, 26 giugno 1890, ore 16.

Ho voluto essenzialmente richiamare la di lei attenzione sui pregiudizi inradicati nella Corte russa a nostro riguardo e sulla necessità di correggerli. Le ricorderò che uno dei motivi per i quali la scelsi per Pietroburgo fu che durante sua dimora a Copenaghen erami parso che ella fosse in buoni termini con lo czar, potesse avvicinarlo e informare rettamente il suo giudizio in tutto ciò che concerne l'Italia. Ove intorno allo czar si lasci sviluppare l'ambiente ostile che la Francia ha interesse d'alimentarvi e per un motivo o per l'altro ella non si adoperi a neutralizzare le cattive impressioni e correggere gli erronei giudizi, manca uno degli scopi della missione che un ambasciatore ha da compiere presso codesta Corte ( 3).

(!) Il brano fra asterischi è edito in CarsPr, Questioni internazionali, clt., p. 72.

(2) -I telegrammi riservati in partenza del 26 giugno sono registrati prima di quelli dei giorni 23-25 giugno (cfr. ad esempio i telegrammi editi al nn. 538 e 543). (3) -Cfr. n. 626.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO 123. Roma, 26 giugno 1890, ore 16,15.

Ho ricevuto suo rapporto 21 giugno (l) relativo suore d'Ivrea e prerogative a cui la Francia pretende in Oriente. Mentre mi riservo di rispondere ampiamente per iscritto, ricordo a V.E. che, in base all'articolo 62 del Trattato di Berlino, sostenni alla Camera, il 20 giugno 1889, che la Francia non può esercitare un protettorato cattolico, come vorrebbe; ma che tutti i sudditi italiani, anche appartenenti a comunità religiose, sono sotto il protettorato italiano. In conseguenza di ciò le suore d'Ivrea, quando pure si vogliano considerare come formanti una comunità, dipendono dall'Italia. Per animosità verso di noi la Propaganda può dare loro noie. Ma il Governo francese non ha alcun diritto od autorità su di esse.

548

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, PALMARINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1470. Sofia, 27 giugno 1890, ore 14,30 (per. ore 17,45).

Ministro Givcoff venne oggi pregarmi a nome Governo principesco chiedere a V.E. di volere interporre suoi buoni uffici presso la Sublime Porta per ottenere soddisfacente risposta alla nota ufficiale dal Governo principesco ultimamente inviata (2) dichiarando che se la Sublime Porta non ammetteva i giusti reclami dei bulgari Governo principesco sarebbe obbligato a far da sé. Simile apertura fece pure agli agenti locali d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria. Prego V.E. farmi conoscere le di lei intenzioni al riguardo (3) per informarne Governo principesco. Seguono rapporti di ieri e di oggi ( 4).

549

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 472. Roma, 27 giugno 1890, ore 16.

Espressione nostra concernente confini etiopici meridionali (5) è indeterminata soltan~o in apparenza quando diciamo d'includervi i «Regni Galla dipen

denti e tributarii dell'Etiopia, compreso il Caffa ~. La geografia di quelle regioni è ancora troppo imperfetta perché possiamo precisare di più, ma quegli Stati furono conquistati da Menelik nell'ultimo ventennio e quel sovrano, prima di cingere la corona imperiale, aveva aggiunto al suo titolo di re di Scioa quello di re di Caffa e dei paesi Galla. Al sud dell'Etiopia accettiamo Giuba per nostro confine. Terrei moltissimo che V.E. ottenesse da lord Salisbury una assicurazione formale riguardo al confine meridionale suddetto dell'Etiopia la quale, se sarà solo verbale, ne prenderemo atto per iscritto. Rammenti a lord Salisbury promessa fattale di rispettare ragioni di Menelik e frase del suo dispaccio a sir E. Malet sul «protettorato italiano sull'Abissinia ed i paesi Galla :.. Preghi vivamente Sua Signoria di non menomare l'effetto eccellente che fece al Governo ed al Paese quell'espressione di cui avevamo già preso atto (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 531. (3) -Cfr. n. 555. (4) -Non pubblicati. (5) -Cfr. n. 544 .
550

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 159. Londra, 27 giugno 1890, ore 18,20 (per. ore 21,20).

In conseguenza pratiche fatte da V.E.. a Berlino (2), il conte Hatzfeldt ha domandato a Salisbury se avesse qualche fondamento il timore concepito a Roma che Inghilterra abbia fatto delle concessioni alla Francia relativamente Tunisi. Salisbury ha risposto con vivacità che di Tunisi non si era fatta parola fra Londra e Parigi. Questa notizia sarà telegrafata oggi a Berlino. Essa esclude, a meno di supporre una duplicità singolare: l) la esistenza dell'accordo fra la Francia e l'Inghilterra segnalato a V.E. da Parigi; 2) ogni intelligenza, anche tacita, fra Berlino e Londra per lasciare che l'Inghilterra calmi con compensi a Tunisi le inquietudini francesi. Nell'affare dello Zanzibar Salisbury ha adottato la massima che uno Stato non cessa di essere indipendente se, usando di tale sua indipendenza, si metta spontaneamente sotto protettorato di un altro. Egli ha fatto sapere a Parigi che, se questo non fosse il modo di vedere della Francia, il Governo britannico prenderà in esame le obiezioni che gli saranno presentate. Resta dunque sempre nella situazione che per parte della Francia si possano presentare all'Inghilterra delle domande di compensi e che qualche proposta, anche rispetto a Tunisi, possa essere fatta qui da Parigi, ma finora tali domande non esistono ed è da credersi che la pratica fatta fare qui dalla Germania possa bastare a mettere Salisbury sull'avviso che le medesime, qualora venissero messe innanzi, non potrebbero essere accettate senza lesione d'interessi che l'Italia non è disposta ad abbandonare. In questo stato di cose, salvo nuovi ordini di V.E., nei primi giorni

27 -Documentt atplomattct • Serle II • Vol. XXIII

della settimana prossima prèsenterò a Salisbury le relazioni del nostro Stato Maggiore sui lavori di Biserta a titolo semplicemente informativo e per tenere aperta la discussione.

(l) -Per la risposta cfr. n. 565. (2) -Cfr. n. 543.
551

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 609. Bruxelles, 27 giugno 1890, ore 23 (per. ore 6 del 28).

Sottometto a V.E. che se noi facciamo comunicazione dell'adesione Menelik nella stessa seàuta Conferenza, nella quale sl firma protocollo, possiamo suscitare proteste o riserve dei dissidenti che non chiedono migliore occasione e tutto il dissidio finora non ufficiale si troverà inscritto nel protocollo di quella seduta. Se noi notifichiamo adesione il domani o più tardi al Governo belga, questi è obbligato a notificarla per via diplomatica alle Potenze, le cui risposte resteranno nell'archivio del Governo belga e non ci saranno comunicate. L'effetto legale dell'adesione sarà medesimo e nessuno potrà fare riserve pubbliche sopra titoli di Menelik che potremo mettere quali· sono. Questo metodo è conforme spirito articolo 98 e trova approvazione Inghilterra, Austria e Germania che ne hanno giudicato i vantaggi. Tuttavia qualora V.E., per ragioni che ignoro, non creda accogliere mia proposta, farei notificazione nei termini seguenti: «I sottoscritti plenipotenziari di S.M. il Re d'Italia, in virtù dell'articolo 98 dell'atto generale di Bruxelles e in virtù di una delegazione speciale di S.M. il Re Menelik hanno l'onore di notificare che la Maestà Sua aderisce all'atto generale e ne assume gli obblighi». Attendo istruzioni (l).

552

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 863/351. Berlino, 27 giugno 1890 (per. il 30).

Com'ebbi l'onore di telegrafarlo ieri (2), partecipai verbalmente e confidenzialmente al segretario di Stato il contenuto del telegramma di V.E. (3), pervenutomi la sera precedente, relativo alla probabile conclusione di un trattato o scambio di note con cui l'Inghilterra rinunzierebbe in Tunisia a qualunque diritto basato sulle antiche capitolazioni, e la Francia accetterebbe pacificamente il protettorato britannico su Zanzibar.

Feci notare come qualunque concessione a danno dello statu quo nel Mediterraneo e degli interessi italiani in quel mare, che il Gabinetto di Saint James facesse alla Francia malgrado gli impegni assunti verso di noi, non potrebbe a meno di produrre un raffreddamento nelle cordiali relazioni esistenti tra l'Italia e l'Inghilterra, e di diminuire la fiducia del R. Governo in quello presieduto da lord Salisbury; la quale cosa andrebbe certamente contro le intenzioni del Gabinetto di Berlino, che, a detta dello stesso segretario di Stato, nella conclusione del recente accordo per l'Africa ebbe di mira, non solo il regolamento delle quistioni colà pendenti coll'Inghilterra, ma anche e principalmente un più alto interesse di politica generale; vale a dire, di riavvicinare sempre maggiormente la Gran Bretagna alla Triplice Alleanza, scartando per quanto possibile ogni occasione di attriti con essa.

Il barone Marschall convenne meco su queste considerazioni e sulla importanza dell'argomento; affermò di non saper nulla dei negoziati ai quali riferivasi il telegramma di V.E., e mi promise di telegrafare ai rappresentanti imperiali a Londra e Parigi per avere informazioni.

Ricevo all'istante dalla cancelleria imperiale, e mi pregio accludere qui il testo della dichiarazione scambiata il 10 marzo 1862 tra Francia e Inghilterra relativa a Zanzibar, chiesto da V.E. con telegramma del 24 corrente a sera, dichiarazione cui la Germania aderì il 29 ottobre-lo novembre 1886 (1).

(l) -Cfr. n. 553. (2) -T. s.n., non pubblicato. (3) -Cfr. n. 543.
553

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS

T. COLONIALE RISERVATO 473. Roma, 28 giugno 1890, ore 11,45.

Riconosco validità sue ragioni (2). Aspetti a presentare adesione Menelik (3)·.

554

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 161. Berlino, 28 giugno 1890, ore 19,54 (per. ore 20,50).

Mi riferisco al mio telegramma 26 corrente (4). Informazioni testé inviate al Dipartimento imperiale degli affari esteri dagli ambasciatori di Germa

(-4) Cfr. n. 552, nota 2.

nia a Londra ed a Parigi escludono assolutamente che l'Inghilterra pensi a far concessioni alla Francia in Tunisia, come compenso al protettorato sopra Zanzibar. La Francia fece infatti domanda in questo senso che però Salisbury respinse. Si cercherà di far accettare alla Francia compensi coloniali all'infuori del bacino del Mediterraneo.

(l) -L'allegato non si pubblica. (2) -Cfr. n. 551. (3) -L'atto generale antischiavista, firmato a Bruxelles il 2 luglio, è ed. in Trattati e convenzioni del Regno d'Italia, vol. 12, clt., pp. 308-347.
555

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, PALMARINI

T. 1098. Roma, 29 giugno 1890, ore 9,15.

Voglia rispondere al Governo principesco (l) che dopo preso in esame la nota bulgara di cui non conosco ancora il testo, farò conoscere le mie deliberazioni circa all'intromissione amichevole che mi richiede (2).

556

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 474. Roma, 29 giugno 1890, ore 17,15.

Silvestrelli ha ricevuto incarico recarsi Parigi come delegato per questione confini. Partirà da Roma domani sera.

557

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 475. Roma, 29 giugno 1890, ore 19,15.

Razzie dervisci contro pacifiche tribù beni amer nostre protette rinnovaronsi con persistenza nelle scorse settimane lungo confine occidentale e reclamarono misure di repressione da parte autorità di Massaua. Una banda dervisci avendo saccheggiato Dega comandante Keren mosse a quella volta, ma trovò dervisci partiti conducendo secoloro donne e ragazzi dega in schiavitù. Essi vennero però assaliti da capitano Fara avviato Biscia per reprimere

analoghe razzie e furono sbaragliati, inseguiti alla baionetta e costretti abbandonare preda. Ciò per informazione di V.E. qualora lord Salisbury entrasse in discorso su tale argomento. Scopo operazioni militari è stato quello solo di reprimere ingiuste aggressioni ma a dileguare sospetti inglesi rendesi necessaria fissazione confine occidentale. Il R. Governo è pronto discutere a Roma tale questione insieme a tutte le altre analoghe e conta per risolverle sopra giustizia e deferente amicizia Governo inglese.

(l) -Cfr. n. 548. (2) -Per 11 seguito della questione cfr. n. 563.
558

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 1111. Roma, 30 giugno 1890, ore 16,30.

Ambasciatore di Francia mi ha rimesso copia di nota direttagli dal suo Governo con cui questo propone che le economie derivanti dalla conversione del debito privilegiato egiziano siano impiegate alla ricostituzione dell'esercito kediviale e ad altri provvedimenti preparatorii dello sgombero dell'Egitto per parte dell'Inghilterra. Alla abolizione della c corvée ;,, per cui noi già consentimmo l'uso di tali economie (1), sino ad un maximum annuo di lire sterline 150.000, il Governo francese propone che, sotto certe garanzie affidate alla commissione del debito pubblico, si provveda con le risorse attuali del Tesoro; qualora queste non bastino acconsentirebbe ad un prelevamento sul residuo delle dette economie. Voglia vedere subito lord Salisbury e dirgli che in tale questione, come nelle altre, desideriamo procedere in istretto ed intimo accordo con l'Inghilterra. Prima dunque di prendere una deliberazione, che vogliamo conveniente agli interessi dell'Europa in Egitto, senza danno, neanche morale, degli interessi dell'Inghilterra, desidereremmo conoscere confidenzialmente il pensiero di Sua Signoria. Tratti delicato affare con somma segretezza. Urge risposta (2).

559

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 162. Vienna, 30 giugno 1890, ore 17 (per. ore 20,25).

Kalnoky essendo tuttora nell'impossibilità di ricevere, ho stimato dover intrattenere Szogyeny dell'oggetto del telegramma di V.E. del 25 corrente (3) e l'ho pregato confidenzialmente d'informarsi dei negoziati anglo-francesi,

facendogli comprendere che, se la questione di Tunisi doveva essere sollevata di nuovo, V.E. contava sull'appoggio dei Gabinetti di Vienna e di Berlino. Szogyeny mi disse che egli non si credeva autorizzato a trattare una tale questione ma che ne avrebbe riferito a Kalnoky, appena lo stato di salute del ministro glielo avrebbe concesso e che intanto avrebbe fatto assumere confidenziali informazioni.

(l) -T. 876 del 2 giugno, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 564. (3) -Cfr. n. 543.
560

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1512. Vienna, 30 giugno 1890, ore 17,45 (per. ore 18,45).

II Governo bulgaro avendo chiesto verbalmente al console austro-ungarico a Sofia che la nota bulgara alla Porta fosse appoggiata dall'AustriaUngheria, il console predetto rispose pure verbalmente che era difficile pel suo Governo d'aderire a tale domanda, tanto più che la nota non era nemmeno stata comunicata né prima né poi al Governo austro-ungarico. Szogyeny mi disse che la risposta del console era stata approvata da Kalnoky e la cosa non ebbe fino ad ora altro seguito.

561

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 897/360. Berlino, 30 giugno 1890 (per. il 5 luglio).

Mi riferisco al rapporto che ebbi l'onore di dirigere all'E.V. sotto la data del 26 corrente, ai numeri 859/349 (1).

Seppi dal barone Holstein che questo ambasciatore di Russia erasi recato dal segretario di Stato poco prima della partenza del medesimo per Copenaghen, e, dopo essersi espresso in termini severi sullà nota del Governo bulgaro alla Porta, chiese se la Germania si voleva associare alla Russia per sconsigliare il sultano dal riconoscere il principe Ferdinando.

Il barone Marschall rispose facendo osservare che l'assenso di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino essendo necessario per regolarizzare la situazione del sovrano della Bulgaria, il riconoscimento -d'altronde poco

probabile -del principe per parte della Turchia rimarrebbe senza valore mancando il detto assenso. Non essere dunque il caso che la Germania faccia a Costantinopoli dei passi nel senso indicato dal conte Schouwaloff.

Il barone Holstein mi confermava poscia gli apprezzamenti del segretario di Stato circa lo scopo e la portata della nota bulgara, come pure l'intendimento del Gabinetto di Berlino di non dipartirsi in questa occasione dalla sua abituale riserva nelle questioni riferentisi alla penisola balcanica.

Quantunque non si creda qui che a Sofia si pensi seriamente a mettere in esecuzione le minacce contenute nella nota, e che siano per ora a temersi pericolose complicazioni, sembra però che il Governo bulgaro -quasi per dimostrare che le sue non sono parole vane -abbia intenzione di ritenere il tributo dovuto alla Turchia. Un tale atto non potrebbe a meno di produrre nella situazione una certa tensione che converrebbe evitare. Colla condotta sinora tenuta, i bulgari si guadagnarono molte simpatie. L'Italia e L'Austria diedero loro particolari prove di benevolenza. Ma, compromettendo con colpi di testa la tranquillità europea, essi indisporrebbero l'opinione pubblica, desiderosa di pace, nei Paesi meglio disposti a loro riguardo, rendendo così impossibile ogni azione dei Governi in loro favore. La Russia presentemente non sembra voler turbare la pace e tollera lo statu quo in Bulgaria; ma non bisogna che questa la provochi e la irriti. Se quindi -continuava il barone Holstein il Governo italiano credesse di dare qualche consiglio a Sofia per mezzo del conte di Sonnaz, che si è acquistato colà un posizione eccezionale e vi è ascoltatissimo, farebbe opera buona e utile. Il tono più minaccioso che diplomatico della nota bulgara -come l'avrebbe qualificato il gran vizir -porta già i suoi frutti a Atene, dove si parlerebbe di ricorrere a vie analoghe per far valere le ragioni della Grecia, qualora la Porta cedesse alle intimazioni del signor Stambuloff.

Relativamente all'esecuzione del maggiore Panitza, il barone Holstein mi espresse l'opinione che essa fosse necessaria per dare un esempio e perché reclamata dall'opinione nell'esercito.

(l) Non pubblicato.

562

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATISSIMO 148 (1). Londra, 1° luglio 1890, ore 18 (per. ore 23,50).

Ieri Waddington ha detto a Salisbury che il trattato dell'Italia con Tunisi spira fra sei anni e che il trattato inglese con la Reggenza è invece senza limiti di tempo, che il Governo francese desidererebbe che il Governo britannico consentisse ad assegnare al suo trattato la stessa scadenza del trattato italiano,

con promessa che in ogni tempo l'Inghilterra riceverebbe in Tunisia il trattamento della Nazione più favorita. Salisbury, non essendo preparato a rispondere, ha detto che esaminerà i documenti per rendersi conto degli effetti pratici ai quali mira questa domanda; intanto Sua Signoria mi ha espressamente incaricato d'informarne V.E., e di chiederle che cosa ne pensi. Salisbury ha aggiunto che questo era il primo cenno che dalla Francia gli si era fatto di volere qualche concessione a Tunisi, e che egli si era affrettato di parlarmene. Nessuna proposta di trovare nelle cose della Tunisia compenso per interessi esistenti in altra contrada gli era stata fatta da Parigi. Prego V.E. mettermi in grado di dare una risposta a Salisbury (1).

(l) Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma n telegramma non è stato protocollato.

563

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, PALMARINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1527. Sofia, 1° luglio 1890, ore 18,20 (per. ore 22,30).

Ho comunicato Governo principesco telegramma di V.E. concernente nota bulgara (2). Ministro Givcoff mi disse contare sopra appoggio Potenze amiche per poter uscire d'una posizione politica difficile; mi ha fatto comprendere che il Governo principesco sarebbe soddisfatto che la Sublime Porta concedesse qualche cosa sul punto della questione episcopale bulgara in Macedonia. Gli agenti inglese e austro-ungarico ebbero formale domanda di appoggiare nota anche soltanto sotto questo punto di vista politico.

564

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1528. Londra, 1° luglio 1890, ore 20,54 (per. ore 6 del 2).

Quando oggi parlai a Salisbury della nota francese, di cui nel telegramma di V.E. in data d'ieri (3), Sua Signoria mi disse ignorarne l'esistenza. Egli mi chiese in che data era quella nota. Non conoscendola gli dissi il contenuto del documento. Sua Signoria fa ringraziare V.E. per l'amichevole comunicazione, ma non conoscendo la nuova proposta francese, la quale, diss'egli, accennava al partito preso dalla Francia di essere disaggradevole al Gabinetto di Londra,

si trovava in grado soltanto di dire che il Governo inglese persiste nel suo modo di vedere, che cioè anzitutto 150 lire sterline annue dell'economia, risultante dalla conversione del debito egiziano, debbano essere impiegate all'abolizione della corvée e che per l'impiego del residuo di detta economia si abbiano a prendere ulteriori accordi con le Potenze. Sarei d'avviso che avendo noi fin dal 29 maggio accettato la proposta inglese fatta a V.E. da lord Dufferin, non possiamo aderire ad altra proposta prima che dal Governo britannico ci venga fatta una comunicazione in proposito.

(l) -Per la risposta cfr. n. 567. (2) -Cfr. n. 555. (3) -Cfr. n. 558.
565

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 617. Londra, 1° luglio 1890, ore 21 (per. ore 13,50 del 2).

Avendo avuto occasione di fare intendere a Salisbury nei termini indicati dai telegrammi del 27 e del 29 (l) che sarebbe necessario venire, senza soverchio ritardo, alla demarcazione delle linee di confine dei nostri protettorati, e che V.E. era pronta a discutere in Roma di tutti questi interessi, Sua Signoria mi rispose che, a suo avviso, era molto difficile trattare le questioni di demarcazione verso l'Egitto altrove che al Cairo; che se noi volevamo rimandare colà generale Dal Verme, il signor Portai avrebbe certamente condotto a buon termine le trattative. Dissi, a mia volta, che credeva fossero già corse intelligenze fra V.E. e lord Dufferin per trattare di questi interessi in Roma, e Sua Signoria replicò che lord Dufferin non avrebbe competenza speciale per tale negoziato e che se si fosse voluto trattare a Roma, occorreva mandarvi una persona speciale, ma che, a suo avviso, il migliore se non il solo modo di venirne prontamente a capo era di continuare le trattative al Cairo per ciò che riguarda il confine verso l'Egitto. Naturalmente io non ignorava che la trattativa per la quale Salisbury ha preso impegno di trattare a Roma, è quella riguardante il confine meridionale dell'Etiopia; ma gli lasciai supporre che io non avessi in proposito idee esatte e notizie precise. Agli accenni che feci al desiderio del Governo del re di assicurare all'influenza italiana tutti i paesi Galla e il Kaffa, soggetti o tributari del re dello Scioa, ancora prima che Menelik fosse imperatore d'Etiopia, Sua Signoria rispose allegando la sua ignoranza della geografia dei luoghi. Egli vorrebbe che io gli fornissi una carta o almeno una indicazione scritta in proposito. Non vedrei inconvenienti, salvo l'approvazione di V.E., a dargli una memoria senza data e senza firma, sulla quale direi puramente e semplicemente cosi: «L'Italia comprende nella sua zona d'influenza lo Stato dello Scioa, del quale fanno parte il Kaffa ed altri Regni Galla che nell'ultimo ventennio furono sottoposti al dominio o resi tributari del re Menelik :..

(l) Cfr. nn. 549 e 557.

566

APPUNTO DELL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

... (l)

Rapport secret parvenu à la Porte. 1° juillet 1890. Stambouloff a donné au Gouvernement autrichien deux gages contre toute entente particulière avec la Russie ou avec l'Italie d'abord en fusillant Panitza non seulement convaincu de conspiration avec des agents russes mais suspect d'intelligence avec les agents italiens en Albanie et ensuite en prenant envers les banquiers de Vienne l'engagement de ne pas saisir les chemins de fer Hirsch et de continuer à payer le redevance rouméliote. Le Cabinet de Vienne en est satisfait; il croit d'ailleurs que Caprivi est moins contraire que ne l'était Bismarck à l'idée d'une entente directe entre l'Autriche-Hongrie et la Porte en faveur des demandes des bulgares, et l'espoir d'une accession de la Turquie à la Triple Alliance pour se garantir contre les menaces russes pourrait bien etre caressé de nouveau à Vienne maintenant qu'on ne craint plus le risque d'intelligences secrètes de Stambouloff avec Pétersbourg et Rome.

567

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 126. Roma, 2 luglio 1890, ore 16.

Ringrazi lord Salisbury della sua comunicazione circa la apertura fattagli dal signor Waddington (2). Non possiamo sperare il rinnovamento del nostro trattato del 1868 con la Tunisia e la nostra posizione non ci permette di prendere ancora una deliberazione su ciò che faremo. l'Inghilterra il cui trattato non ha scadenza fissa si trova in assai migliori condizioni. Dica ciò a Sua Signoria e indaghi che cosa egli pensi fare egli stesso (3).

568

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 618. Parigi, 2 luglio 1890, ore 20 (per. ore 22).

Silvestrelli giunto stamane; lo presentai a Ribot, quindi al signor Hanotaux, delegato per trattare questione delimitazione. Questo primo colloquio versò

del rapporto d! eu! tratta !l testo.

soltanto sulle generalità però delegato francese accennò a pretese sull'Harar, valendosi dell'accordo franco-inglese; ma io dichiarai recisamente che sull'Harar non potevamo transigere. Sarebbe consiglio opportuno prevenire Tornielli per il caso che i francesi tentassero a Londra qualche pratica contraria ai nostri interessi (1).

(l) L'appunto, tratto dalle Carte Blanc, è privo d! data, si inserisce sotto !l 1o luglio, data

(2) -Cfr. n. 562. (3) -Cfr. n. 577.
569

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. COLONIALE RISERVATO 478 (2). Roma, 3 luglio 1890, ore 11,30.

Salisbury ha detto al conte Tornielli che se la Francia chiede come compenso per il protettorato di Zanzibar il riconoscimento del protettorato francese a Madagascar egli non direbbe di no, ma che le cose di Tunisi non hanno nessuna attinenza con l'affare di Zanzibar o qualunque altro. Anche l'ambascia · tore d'Inghilterra a Parigi smentì col generale Menabrea la notizia d'un accordo tra Francia ed Inghillterra relativamente a Tunisi (3).

570

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 479. Roma, 3 luglio 1890, ore 12,30.

Fu in questi giorni iniziato a Parigi uno scambio di vedute tra quella r. ambasciata e il Ministero francese degli affari esteri circa il confine Obock-Aussa. Nel primo colloquo il delegato francese valendosi dell'accordo anglo-francese accennò a pretese sull'Harar (3). Il r. ambasciatore dichiarò recisamente che sull'Harar non potevamo transigere. Difatti il trattato itala-etiopico ci assicura influenza sull'Harar facente parte Impero etiopico, e la convenzione del 1° ottobre 1889 ci dà in pegno eventuale dogane quella provincia. Di ciò prevengo V.E.. pel caso che Governo francese tentasse costà qualche pratica contraria nostri interessi ( 6).

(l) -Cfr. n. 570. (2) -Lo stesso telegramma si trova nel registro dei telegrammi riservati col n. 126 bts. (3) -T. riservati 163 e 164 del 1° luglio, non pubblicati. (4) -Ed. !n L'ItaUa in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII. c!t., p. 231. (5) -Cfr. n. 568. (6) -Cfr. quanto comunicò Torn!elli con R. riservato 841/525 del 9 luglio: «Per l'Harar dopole d!ch!araz!on! esplicite con le qual! lord Duffer!n accompagnò la notificazione dell"accordo anglo-tedesco del lo luglio, noi possiamo con ogni ragione aspettarci l'astensione del Gabinetto d! Londra da ogni azione che la Francia gli proponesse !n senso contrarlo a! nostri interessi ed alle nostre ragioni. Io m! attengo per questo affare alle !stru?:ion! d! V. E. e non ne parlerò con lord Sal!sbury che qualora egli per 11 primo me ne parlasse».
571

Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI,

AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, PALMARINI

T. 1152. Roma, 4 luglio 1890, ore 17,20.

Siamo dolenti di non poter approvare invio nota bulgara. È stata sempre nostra opinione che ogni atto il quale tendesse, nelle attuali circostanze, al riconoscimento del principe di Coburgo come principe di Bulgaria potrebbe essere causa perturbamento in Oriente, dando alla Russia pretesto per ridestare questione sopita ed, ove sia il caso, anche per intervenire. Abbiamo sempre manifestato costì che lo statu quo giova al consolidamento della situazione e che dall'attendere quel Governo non può che avvantaggiarsi. Ella può se interrogato esprimersi in tal senso.

572

Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBA:SCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1153. Roma, 4 luglio 1890, ore 17,45.

Avendo V.E. occasione di manifestare il nostro sentimento circa Bulgaria, può dire che non approviamo invio nota bulgara. È stata sempre nostra opinione che ogni atto il quale tendesse, nelle attuali circostanze, al riconoscimento del principe di Coburgo come principe di Bulgaria, potrebbe essere causa di perturbamenti in Oriente, dando alla Russia pretesto per ridestare la questione sopita ed, ove il caso, anche per intervenire. Abbiamo sempre manifestato a Sofia che lo statu quo giova al consolidamento della situazione e che dall'attendere quel Governo non può che avvantaggiarsi (1).

573

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 1171. Roma, 6 luglio 1890, ore 19.

L'ambasciata di Francia mi ha lasciato il 26 giugno copia di una nota del signor Ribot con cui propone un'intesa sul modo d'impiego delle economie derivanti dalla conversione del debito privilegiato egiziano (2). Il Governo

(21 Cfr. n. 558.

francese le vorrebbe anzitutto adibite al riordinamento dell'esercito egiziano per preparare sgombro degli inglesi. Ho preso tempo a riflettere ed oggi ho risposto al signor Billot, in occasione del solito ricevimento ebdomadario, che avevamo accettato, sin dal giorno che ci fu proposto dall'Inghilterra tanto la conversione quanto l'impiego delle economie derivantine all'abolizione della corvée sino a concorrenza di 150.000 sterline all'anno. Per il rimanente delle economie medesime e l'uso eventuale da farne per il riordinamento dell'esercito egiziano, ho detto che prima di far pratiche presso il Governo kediviale, credevo necessario uno scambio d'idee con l'Inghilterra quale principale parte interessata ed anche, ove ne sia d'uopo, con le altre principali Grandi Potenze. Di ciò informo V.E. per sua conoscenza e per eventuale sua norma di linguaggio col signor Ribot (l).

(1) Analogo telegramma venne inviato in pari data a Costantinopoli col n. 1150.

574

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1174. Roma, 6 luglio 1890, ore 23.

Lord Dufferin mi ha detto che lord Salisbury, richiesto di appoggiare domanda bulgara circa riconoscimento del principe Ferdinando vi si era negato, e mi ha chiesto quale fosse il nostro atteggiamento. Ho risposto che non diversa era stata la nostra risposta, essendo nostra convinzione che qualsiasi mutamento allo status quo in Oriente può essere cagione di gravi perturbazioni. Ho soggiunto che circa alla questione dei vescovi bulgari in Macedonia, essa era d'ordine troppo interno perché ce ne potessimo occupare.

575

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. 1175. Roma, 6 luglio 1890, ore 23,30.

La Francia insiste perché le economie risultanti dalla conversione del debito privilegiato egiziano siano destinate al riordinamento dell'esercito egi

ziano, in vista di un più pronto sgombro dell'Egitto dagli inglesi. Ho risposto (l) che abbiamo già aderito che sino a concorrenza di 150.000 sterline all'anno, dette economie fossero adibite all'abolizione della corvée, e che, per la parte residua, prima di destinarla allo scopo proposto, desideriamo procedere ad uno scambio d'idee con le Potenze amiche. Non posso nasconderle come in questa grave questione sia nostro primo desiderio che nell'accordo con codesti Gabinetti non siano menomamente contrariati i proponimenti di lord Salisbury, dal quale vorremmo far dipendere la soluzione della questione. Ciò per sua norma e perché ne faccia uso presso codesto Governo con tutto il riserbo e con tutta la prudenza che l'argomento esige (2).

(l) Il senso di questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 1173. paridata, con la seguente aggiunta: «Voglia far conoscere questa mia risposta al capo del ForeignOfflce, aggiungendo che, In questa questione, non vogliamo menomamente allontanarci da quanto il nobile lord abbia deliberato o sia per deliberare».

576

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (3)

T. PERSONALE CONFIDENZIALE S.N. Roma, 7 luglio 1890, ore 0,15.

Casualmente sono venuto a conoscere da un intimo amico di Freycinet e di Ribot che la Francia negozia con l'Inghilterra un trattato di commercio per la Tunisia, le pratiche sarebbero state iniziate in vista della condizione speciale in cui si trova l'Inghilterra di avere colà un trattato la cui durata è indeterminata. La persona medesima mi ha dato ad intendere che la Francia vorrebbe fare altrettanto con noi e che sarebbe pronta a concedere a noi le stesse condizioni che farebbe alla Gran Bretagna. Che la Francia prepari qualche cosa in Tunisia è oramai certo. Se indugia si è perché non vuole scontentar né Inghilterra, né Italia. Ciò essendo, ho risposto all'amico ufficioso con massimo riserbo, e senza menomamente impegnarmi, che la questione della Tunisia non si può toccare in Italia senza incorrere l'avversione pubblica; che l'argomento offrirebbe materia a lunghi studii; e che se conoscessi le basi dell'accordo sarei dispostissimo a prenderle nel dovuto esame. Gioverebbe intanto che io conoscessi le intenzioni di lord Salisbury poiché nulla vorrei fare che non sia in perfetto accordo con lui. Prego perciò V.E. di volere con la più grande prudenza scandagliare quanto vi sia di vero nelle cose dettemi ( 4).

l'Inghilterra~.

(l) -Cfr. n. 573. (2) -Nigra comunicò con T. 1581 del 7 luglio che Kalnoky gli aveva detto di essere d'accordo con Crispi nel facilitare a Sal!sbury la soluzione della questione. Launay rispose con T. riservato 1598 dell'8 luglio di cui si pubblica il passo seguente: «Questo Governo divide perfettamente parere di v. E. circa convenienza di non contrariare i propositi di Salisbury negli affari egiziani..Barone Holstein mi disse tra le altre cose che l'ambasciatore di Francia avendo tenuto parola con lui dello sgombero, egli osservò non essere giunto il momento di sollevare la questione, non dissimulando al signor Herbette che in un tal caso Germania..si troverebbe dal lato del

(3) Ed. in CRISPI, Politica estera, clt., p. 359.

(4) Per la risposta cfr. n. 577.

577

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 167. Londra, 7 luglio 1890, ore 17,50 (per. ore 20,10).

Il primo di questo mese ho telegrafato (l) ciò che Salisbury mi ha detto circa proposta francese di ridurre alla scadenza italiana trattato perpetuo anglotunisino che verrebbe così a scadere fra sei anni. Proposta era accompagnata dalla promessa che Inghilterra otterrebbe in ogni caso a Tunisi trattamento nazione più favorita. Salisbury riservò risposta ed aveva ordinato al Foreign Office di riunire e sottomettergli i necessari documenti per studiare questione. Egli interrogò noi per sapere che pensa Governo del re di questa proposta. Non può dunque essere esatta notizia che Inghilterra stia trattando con Parigi nuovo trattato per la Tunisia (2). Mi sembra pure escluso dalle dichiarazioni di Salisbury, da me riferite nel precitato telegramma, che questione Tunisi abbia sotto altri aspetti potuto prendere in questi giorni nei rapporti fra Inghilterra e Francia un carattere urgente; può invece convenire agli interessi francesi il lasciare intendere qui che Italia non dissente dall'entrare in negoziati per le sue relazioni commerciali con Tunisi. Mi sembra che risposta, che porterò a Salisbury nel senso telegramma di V.E. del 2 corrente (3), che cioè Inghilterra ha certamente diritto a mantenere suo trattato fino alla scadenza degli altri trattati tunisini e quindi del nostro e che durante i sei anni della durata del trattato nostro i due Governi avranno certamente tempo di esaminare se qualche variazione allo stato presente sia ammissibile, potrà suggerire a Salisbury di declinare per ora invito di Parigi per accettare scadenza sei anni. Se non erro, tutto ciò che noi possiamo desiderare per noi presentemente è la non alterazione dello statu quo.

578

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 168. Berlino, 7 luglio 1890, ore 18,35 (per. ore 19,30).

Mi riferisco al telegramma di V.E. del tre corrente (4). Risulta da recenti informazioni pervenute alla Cancelleria imperiale che la Francia insiste per ottenere dall'Inghilterra concessioni a Tunisi, come compenso per il protettorato inglese sullo Zanzibar. Salisbury però rimarrebbe fermo nella negativa; questo suo contegno fa qui buona impressione.

(l) -Cfr. n. 562. (2) -Cfr. n. 576. (3) -Cfr. n. 567. (4) -Cfr. n. 569.
579

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1585. Londra, 7 luglio 1890, ore 19,38 (per. ore 21,25).

Ambasciatore di Germania, mi ha detto oggi che Kalnoky fece proporre a Salisbury di far dire alla Porta che la domanda di riconoscimento della Bulgaria non era approvata dai Governi alleati, ma che questi vedrebbero con piacere fosse data soddisfazione alla Bulgaria sopra altre questioni toccate nella sua nota. Pare che Salisbury abbia fatto sentire che egli credeva V.E. non disposto a partecipare a tale dichiarazione. II conte Hatzfeldt soggiunse che sarebbe desiderabile che dichiarazione proposta da Kalnoky potesse farsi a Costantinopoli. Risposi che Salisbury doveva essere stato recentissimamente, per mezzo di lord Dufferin, informato delle intenzioni di V.E. a tale riguardo (l) e che, dovendo io vedere Salisbury mercoledì, gli avrei confermato il pensiero di V.E. Mi occorre però sapere prima di tale mio prossimo abboccamento se anche dopo la proposta di Kalnoky, V.E. persiste nel concetto di non volersi interes~;are nella questione dei vescovi di Macedonia (2).

580

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO (3). Madrid, 7 luglio 1890.

V.E. rammenta senza fallo gli incidenti che indussero il marchese Vega de Armijo a richiamare il conte di Benomar, ambasciatore di Spagna a Berlino, per lunghissimi anni uno dei principali fautori dell'entrata della Spagna nel concerto delle Potenze centrali, effettuata mercé l'accordo del 4 maggio 1887 (4). Egli in realtà fu vittima dei rancori del marchese Vega de Armijo e questi colla destituzione del Benomar eccitò i più gravi sospetti della Germania, la quale credette l'ex-ministro di Stato infeudato alla Francia nelle questioni del Marocco, come del resto già ebbi l'onore di rassegnare in anteriori annessi cifrati. Lo stesso sentimento di diffidenza ha sempre nutrito il mio collega d'AustriaUngheria.

Patti colla vicina Repubblica non esistono, ma è un fatto che durante la presenza al potere del marchese Vega de Armijo il signor Cambon si acquistò la riputazione a Parigi d'aver attirato la Spagna nell'orbita francese.

Ciò esposto, debbo dire ora che il conte di Benomar, col quale sono legato da antica amicizia, venne pochi giorni fa a vedermi e parlando delle sue intime

relazioni col signor Canovas del Castillo mi disse aver fondata ragione d'assicurarmi che i conservatori rimarrebbero non solo fedeli all'accordo del 4 maggio ma che scrupolosamente lo osserverebbero per il mutuo e reale vantaggio dell'Italia e della Spagna. Queste sono testuali parole del conte, il quale mi pregò vivamente di far conoscere all'E.V., che un sacro debito d'onore gli aveva imposto, anche nei suoi più duri momenti, di sacrificare se stesso piuttosto che correre il rischio, col difendersi. da ingiuste accuse, di lasciare trapelare anche la benché minima parte dei segreti diplomatici internazionali di cui era depositario e caldissimo aderente.

Si afferma adesso che il conte di Benomar sarà di nuovo mandato all'ambasciata di Berlino o a quella presso S.M. il Re ma lo stesso Benomar non ha finora la menoma indicazione in proposito.

P.S. Ho ricevuto una nuova visita del conte di Benomar; egli ebbe incarico da S.M. la Regina reggente d'andare a porre al corrente tanto il signor Canovas del Castillo che il duca di Tetuan di tutti i più minuti particolari riferentisi all'accordo del 4 maggio 1887. Il conte mi affermò avergli entrambi dichiarato che lo avrebbero lealmente mantenuto (1).

(l) -Cfr. nn. 572 e 574. (2) -Cfr. n. 581. (3) -Al R. 606/245, non pubblicato. (4) -Cfr. serie Il, vol. XXII, nn. 362 e 366.
581

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1190. Roma, 8 luglio 1890, ore 11,15.

Confermo quanto telegrafai a V.E. di aver risposto a lord Dufferin circa le pratiche bulgare a Costantinopoli e circa l'appoggio chiesto alle Potenze (2). Certamente, si potrebbero far buoni uffici presso la Porta per risolvere questione vescovi conformemente al desiderio del Governo principcsco e ciò per mostrare una volta di più a Sofia la buona volontà delle Potenze di mantenere la pace. Nulladimeno la questione non mi sembra tale da meritare il concorso delle Potenze per risolverla.

582

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1191. Roma, 8 luglio 1890, ore 11,30.

Nell'ultima udienza diplomatica lord Dufferin mi domandò se avevamo preso in considerazione l'eventualità della successione al trono del Marocco.

28 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

Ho risposto essere a nostra conoscenza che la Francia cerca suscitare un pretendente nello sceriffo di Uasan o nel figlio suo protetti francesi. Discorrendo di ciò con lord Salisbury, voglia fargli notare che sarebbe conveniente un accordo tra noi e possibilmente con la Spagna per assicurare la eventuale successione al figlio del sultano da questo scelto a suo erede (1).

(l) -Annotazione a margine: «Letto al ministro». (2) -Cfr. n. 574.
583

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1592. Vienna, 8 luglio 1890, ore 13,50 (per. ore 14,35).

Kalnoky mi ha detto che Salisbury ha incaricato rappresentante britannico a Costantinopoli di unirsi ambasciatore d'Austria-Ungheria per raccomandare verbalmente alla Porta di contentare i bulgari nella questione eclesiastica in Macedonia, senza parlare però della nota bulgara che anche Salisbury considera inopportuna. Kalnoky aggiunse che sarebbe utile che ambasciatore d'Italia tenesse stesso linguaggio, concertandosi con Calice. A questo argomento si rlfetisce un mio rapporto di ieri (2).

584

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 127. Roma, 9 luglio 1890, ore 11.

Non ho compreso bene il senso del suo telegramma in rapporto ai trattati di commercio nostro e dell'Inghilterra con la Tunisia (3). In ogni modo non si può pretendere che l'Inghilterra rinunci alla perpetuità di quel trattato e noi non lo richiediamo certamente. Poiché non havvi altro da fare resti lo statu quo (4).

-o r•rofittevoli in diplomazia».
(l) -Cfr. n. 590. (2) -Di tale rapporto, che reca il n. 1348/1523, si pubblicano i passi seguenti: «nel declinare ogni approvazione diretta o indiretta di quel documento, il conte Kalnoky continua a chiamare l'attenzione della Sublime Porta sulla situazione della Bulgaria, affinché essa, per evitare che i bulgari, perdendo pazienza, si lascino trascinare a qualche movimento o atto inconsulto e avente gravi conseguenze, trovi modo di appagare in qualche guisa, e nella misura che sarà stimata equa, l'aspettativa e i desideri del giovine Principato... Da questa conversazione ho riportato l'impressione che il Gabinetto di Vienna non è senza una vaga inquietudine su ciò che possa accadere in Bulgaria, e sembra che una specie d'analoga apprensione si risenta anche al Foreign Office a Londra ». Per le istruzioni di Crispi a Blanc cfr. n. 589. (3) -Cfr. n. 577. (4) -Si pubblica qui il passo finale del R. riservato 848/532 del 10 luglio di TornielU: «per parte della Francia vi può essere interesse a seminare sospetti a Roma contro l'Inghilterra e forse a Londra contro l'Italia, i due Gabinetti legati fra di loro da comunanza d'interessi e da intimità di rapporti dovranno stare in diffidenza contro maneggi che mai furono arti buone
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L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 170. Madrid, 9 luglio 1890, ore 19,50 (per. ore 23,20).

Prima udienza che ho avuto col duca di Tetuan non poteva riuscire più cordiale. Egli mi espresse la massima simpatia per l'Italia ed il suo fermo proposito di mantenere con essa le più strette relazioni. Mi disse in confidenza che sebbene il signor del Mazo non abbia ancora date le dimissioni, sarà nominato presso il Governo del re altro ambasciatore la cui scelta verrà fatta colla maggior cura.

586

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. S.N. Madrid, 9 luglio 1890, ore 19,50 (per. ore 23,20).

Decifri ella stessa. Mi risulta che il signor Canovas del Castillo e Tetuan osserveranno lealmente accordo del 4 maggio. Non me ne fu ancora parlato perché non si ebbe tempo a leggere incartamento ma per mezzo del conte di Benomar il quale com'ella sa è al corrente di tutto, sono stato avvertito che nell'interesse medesimo dell'accordo si fa assegnamento su di me come firmatario per il caso si trovassero lacune che si vorrebbero colmare, ricorrendo, come è naturale, al rappresentante del Governo italiano. Prego V.E. di farmi conoscere se prestandomi a ciò avrò approvazione di V.E. (1).

587

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 169. Londra, 9 luglio 1890, ore 20,07 (per. ore 22).

Salisbury mi ha confermato oggi che nessuna trattativa è in corso fra l'Inghilterra e la Francia per la rinnovazione trattato Tunisi. La Francia gli ha domandato solamente se egli fosse disposto a ridurre a sei anni la durata del trattato perpetuo anglo-tunisino. Sua Signoria non ha ancora risposto. Egli

ritiene che né la Francia né la Tunisia abbiano diritto di denunziare il trattato perpetuo, però si riservava di esaminare le clausole di quell'atto internazionale. Il momento di trattare non sarebbe favorevole, perché la Francia è portata attualmente a cercare dei compensi e lo spirito pubblico inglese non ama che le questioni d'ordine commerciale siano trattate simultaneamente ed insieme alle questioni politiche. In conclusione Sua Signoria mi ha detto che poiché il nostro trattato dura ancora sei anni non vi era urgenza né per noi né per l'Inghilterra di occuparsi di quest'affare, nel quale lo statu quo può essere conservato.

(l) Per il seguito della questione cfr. n. 607.

588

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, LA GRECA, E AL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, BIENENFELD (l)

T. S.N. Roma, 10 luglio 1890, ore 19.

Faccia proseguire con corriere celerissimo fidato seguente telegramma conte Salimbeni presso l'imperatore Etiopia: «Il sultano di Aussa per nostro suggerimento provvede a far atto di possesso o di alta sovranità sui territori a ponente ed a sud fino ai possessi scioani, a sud-est fino ad Erer sulla frontiera degli Issa, territori che i francesi minacciano conglobare nei loro possedimenti di Obock. Avverta di ciò Menelik informandolo che siamo favorevoli alle sue ragioni sul lago d'Assai e su ogni territorio che egli reputasse di sua spettanza anche oltre il fiume Auasc. Importerebbe però che l'imperatore facesse, come fa l'Anfari, qualche atto che valesse a confermare di fatto il suo diritto. Qualora insorgessero questioni fra lui e l'Anfari le risolveremmo secondo giustizia. Presso l'Anfari abbiamo mandato Pestalozza. Voglia da parte sua fornirmi ogni argomento che valga sostenere diplomaticamente le ragioni di Menelik sul lago Assai».

589

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 1213. Roma, 10 luglio 1890, ore 22.

Deferendo al desiderio del conte Kalnoky (2) prego l'E.V. di unirsi a Calice nella questione ecclesiastica in Macedonia.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 239.

(2) Cfr. n. 583.

590

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 843/527. Londra, 10 luglio 1890 (per. il 15).

Quando nel colloquio che ebbi jeri con lord Salisbury accennai alla domanda fatta a V.E. da lord Dufferin circa la eventuale successione al trono del Marocco (1), Sua Signoria si dimostrò meravigliata che l'ambasciatore inglese le avesse di sua iniziativa parlato di questo affare. Feci notare dal canto mio che non era questa la prima volta che di tale eventualità si discorreva fra i due Governi e che, conseguentemente, la conversazione che aveva avuto luogo a Roma non poteva essere attribuita a personale iniziativa dell'ambasciatore inglese. Appariva da queste preliminari osservazioni non essere in questo momento lord Salisbury disposto ad interessarsi vivamente per questo affare; sicché mi limitai a dirgli sommariamente risultare dalle informazioni ricevute a Roma, che la Francia favorirebbe probabilmente le pretensioni al trono dello sceriffo di Uasan o del figlio di lui, entrambi protetti francesi. A noi pareva doversi invece favorire la successione nella discendenza diretta del sultano il quale designava uno dei suoi figliuoli come successore eventuale al trono. Vi era, conclusi, in questo affare, materia di preventivi concerti fra l'Inghilterra e l'Italia ai quali si sarebbe forse potuto associare anche la Spagna. Osservò in risposta lord Salisbury non essere certamente desiderabile che un protetto francese succedesse all'attuale sultano del Marocco, non avere però questo affare carattere urgente. Se ne potrebbe discorrere più tardi e vedere, intanto, in quale via si mette il nuovo Gabinetto insediatosi a Madrid. Chiedevami anzi Sua Signoria se il Ministero Canovas non si pronunzierebbe in modo più risoluto in favore di una politica d'intimità con le Potenze centrali, ed avendogli io risposto che il Canovas del Castillo e gli amici suoi finché erano nell'opposizione non nascondevano la preferenza loro per una politica di neutralità assoluta o per dir meglio d'isolamento, il ministro replicava che l'isolamento non poteva essere desiderato dalla Spagna almeno nelle questioni del Marocco.

591

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 486. Roma, 11 luglio 1890, ore 11,50.

Nasce sospetto che Francia intenda domandare come compenso ad Inghilterra Zeila e mano libera su Harar. Gabinetto inglese conoscendo nostro antico

desiderio circa Zeila e sapendo che Harar dipende da Menelik nostro protetto, crediamo sospetto infondato. In ogni modo ella scandagli intendimenti Iord Salisbury facendogli all'occorrenza comprendere quanto l'ingrandimento della Francia in quella parte Africa sarebbe pregiudizievole nostri interessi (1).

(l) -Cfr. n. 582. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso. tomo VIII, cit.. p. 240.
592

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AD HARZBURG

T. PERSONALE S.N. (2). Roma, 11 luglio 1890, ore 12.

Decifri ella stessa. *Il conte di Solms al suo ritorno da Berlino, portandomi i saluti di S.E. il conte Caprivi, mi espresse il di lui desiderio di un suo viaggio in Italia per abboccarsi con me. Risposi all'ambasciatore germanico, che io ero lietissimo del gentile pensiero del gran cancelliere, ch'egli sarebbe il benvenuto tra noi, e che io sarei fortunato di averlo ospite in casa mia, o qui od a Napoli, dove a S.E. sarebbe più comodo od opportuno* (3). Uno scambio d'idee col capo del Governo imperiale sarà molto utile nell'interesse dei due Paesi e per la pace d'Europa. Se V.E. lasciato per un momento il suo estivo ritiro potrà recarsi a Berlino la prego di ringraziarlo da parte mia. Si metta quindi d'accordo con S.E. per fissare i particolari del suo viaggio in Italia e me ne informi con la massima celerità. Questa mia comunicazione serva per lei soltanto, desiderando che il negozio sia condotto con la massima segretezza. Diriga telegrammi relativi questo affare Ministero dell'interno (4).

593

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (5)

T. COLONIALE RISERVATO 629. Londra, 11 luglio 1890, ore 20,15 (per. ore 22,30).

Non ho sentito parlare di Zeila come compenso possibile per la< Francia; neppure ho sentito trattarsi annullare la clausola dell'accordo anglo-francese del 1888 che interdice reciprocamente il protettorato sopra Harar (6). Due giorni fa Waddington mi ha detto aver speranza di arrivare a conclusione con

(-4) Per Il seguito della questione cfr. n. 751.

Salisbury quel giorno stesso. Ieri Salisbury alla Camera dei lord ha detto che trattative con la Francia sono ancora pendenti. A parer mio, trattandosi di negoziati che possono venire a conclusione da un istante all'altro, faremmo cesa utile ed eviteremmo il pericolo di qualche spiacevole sorpresa, aprendoci chiaramente e senza ritardo con Governo inglese circa ciò che noi considereremmo come contrario ai nostri interessi. Non bisogna far calcolo sopra la memoria che Salisbury può conservare dei nostri antichi desideri sopra Zeila e neppure sopra le sue cognizioni riguardo alle ragioni dello Scioa sull'Harar. Se vogliamo esser sicuri che né l'uno né l'altro di questi interessi sia compromesso bisogna che V.E. o ne parli a lord Dufferin, dicendogli di telegrafare a Londra, oppure autorizzi me a parlarne a lord Salisbury che probabilmente io potrò vedere soltanto lunedì. Se V.E. ha istruzioni da darmi prego telegrafarmi d'urgenza, perché Salisbury nel pomeriggio di domani va in villa fino a lunedì

mattina (1).

(1) -Per la risposta cfr. n. 593. (2) -La minuta autografa di questo telegramma è conservata !q ACS, Carte Crispi.

(3) Il passo fra asterischi è ed. in CRISPI, Questioni internazionali, clt., p. 6.

(5) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 241. (6) -Cfr. n. 591.
594

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 487. Roma, 12 luglio 1890, ore 11.

Dica a Salisbury che considereremmo come estremamente lesiva dei nostri interessi qualunque concessione che mutasse lo statu quo nelle regioni sottoposte alla rispettiva influenza francese ed inglese nel golfo di Aden (3).

595

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 488. Roma, 12 luglio 1890, ore 16,15.

Al telegramma di questa mattina (4) aggiungo per abbondanza che non permetteremmo mai che si modificassero le condizioni dell'Harar: 1) perché appartiene a re Menelik e nessun altro che lui potrebbe disporne, sempre col nostro consenso; 2) perché le dogane dell'Harar sono garanzia dell'imprestito da noi fatto a Menelik con l'ultima convenzione.

(l) -Cfr. n. 594. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 241. (3) -Cfr. n. 597. (4) -Cfr. n. 594.
596

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1631. Therapia, 12 luglio 1890, ore 16,30 (per. ore 17,45).

1 Ho fatto oggi alla Porta la seguente comunicazione verbale: «Fin dal 9 giugno ultimo ho dato alla Porta, in nome del R. Governo, a proposito dello sfratdel metropolita bulgaro da Uskub, il consiglio di non dar luogo a ragionevoli lagnanze del Governo bulgaro in tale materia di autonomia ecclesiastica. La questione dei vescovi bulgari in Macedonia ha richiamato dipoi l'attenzione di altre Potenze amiche che alla loro volta raccomandano alla Porta di risolverla in favore dei bulgari, non !asciandola complicare con altra questione inopportuna e pericolosa. Io mi unisco a questi passi recentemente fatti in tal senso dai miei colleghi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria >>. Riferisco per corriere come l'ambasciatore d'Austria-Ungheria abbia fatto risultare alla Porta che non interloquiva nell'argomento se non dopo i rappresentanti d'Italia, Inghilterra e specialmente in appoggio ad un passo fatto in tal senso dal collega d'Inghilterra il 9 corrente, e come egli solo di noi tutti abbia aggiunto che il suo Governo vedrebbe con soddisfazione oggi l'appoggio concesso dalla Porta ai bulgari, sembrando non escluda l'eventuale riconoscenza.

597

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 631. Londra, 12 luglio 1890, ore 18,50 (per. ore 21,15).

Quando entrai oggi da Salisbury, ne usciva Waddington, andato frettolosamente a chiedere quale fondamento avesse voce sparsa Parigi di cessione Zeila all'Italia. Dissi a Salisbury che io doveva fargli sapere che qualunque mutazione nelle zone di influenza francese e inglese nella regione del golfo d'Aden sarebbe considerata dall'Italia come lesiva dei suoi interessi. Salisbury rispose che io rassicurassi V.E. che l'Inghilterra non cederebbe Zeila a nessuno. Questa dichiarazione, fatta in tuono scherzoso, è ciò nondimeno significativa. È evidente che in eguali termini si dovrà essere espresso con l'ambasciatore di Francia. Non mostrai darvi peso, ed ho indicato soltanto che la sovranità di Menelik estendendosi sull'Harar, questo paese faceva parte dell'Impero etiopico. Replicò Salisbury che tutto ciò che interessava l'Inghilterra in quella regione era di mantenere la via dei suoi commerci con gli Stati di Menelik. Sua Signoria mi

domandò se avevamo notificato a Parigi nostri protettorati sopra i paesi che si estendono al capo Guardafui; risposi che le notificazioni dovevano essere state fatte a Parigi come agli altri paesi. Presumo che questa interrogazione sia stata fatta in relazione al colloquio di Waddington, ma Salisbury non si spiegò sopra motivo tale sua domanda.

(l) Ed. iu L'Italia in Africa, Etiopia -lVlar Rosso, tomo VIII, clt., pp. 242-243.

598

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 1633 bis. Londra, 12 luglio 1890, ore 18,59 (per. ore 21,15).

Con lettera particolare, della quale mando copia a V.E., Salisbury mi fa sapere che ha trovato che il trattato anglo-tunisino è rivedibile e che, se il Governo del bey farà proposta di revisione, questa dovrà essere accettata dalla Inghilterra. Domandai verbalmente a Salisbury se la proposta era già arrivata. Mi disse di no, perché essa doveva essere diretta dal Governo tunisino per mezzo della Francia, ma evidentemente tale proposta arriverà presto. Il trattato dopo sette anni di durata è sempre rivedibile sulla domanda dell'uno o dello altro contraente. Salisbury mi ha detto che credeva si trattasse di modificazioni di tariffe e che naturalmente era questa quistione di dare ed avere. Replicai che io speravo non si toccasse alle questioni di ordine politico. Salisbury per ciò che concerne le capitolazioni mi ha detto che l'Inghilterra accettava a Tunisi ciò che essa stessa fa a Cipro; dove uno Stato europeo governa, le capitolazioni non possono ragionevolmente sussistere. Ritengo che probabilmente la Francia vorrà mettere i rapporti commerciali internazionali della Reggenza in armonia con la recente sua legislazione doganale, tendente a monopolizzare, a profitto suo, il commercio tunisino.

599

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1235. Roma, 13 luglio 1890, ore 18.

Circa revlSlone del trattato di commercio del 1875, tra il Governo inglese e il Governo beilicale, nulla ho da osservare, qualunque cosa i due Governi stipulino, noi potremmo trame profitto, poiché il nostro trattato del 1868 con la Tunisia ci assicura il trattamento della nazione più favorita. Non sono d'accardo con lord Salisbury circa alle capitolazioni (1), per due ragioni: l) perchc il protettorato, come recentemente ebbe a dichiararlo Sua Signoria, non toglie l'indipendenza al protetto. Questi continua ad esercitare la sovranità; in suo nome si governa e si amministra la giustizia; 2) perché con la convenzione del 25 gennaio 1884 tra noi e la Francia, all'articolo 2, il Governo della Repubblica riconobbe all'Italia il diritto alle capitolazioni, meno che per la giurisdizione, di cui consentimmo la sospensione temporanea. Non potremmo dunque rinunziare a quel diritto, né la Francia può disconoscerne a noi l'esercizio. Ci dorrebbe che il Governo britannico ci lasciasse soli in questa congiuntura. Non credo poi che sia esatto il paragone tra lo stato giuridico di Cipro e quello della Tunisia. A Cipro gli inglesi non sono protettori, ma cessionari, mercé il pagamento di un annuo canone. Essi quindi vi esercitano piena potestà, non solo nella sostanza ma anche nella forma (2). E non comprendo che il Foreign Office intenda fare questa concessione, a meno che essa non sia la conseguenza di qualche beneficio che ne ottenga l'Inghilterra in corrispettivo. Rilegga il trattato per Cipro fra l'Inghilterra e la Porta e, se lo crede, richiami su di esso l'attenzione di codesto ministro .degli affari esteri (3).

600

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. RISERVATO 1237. Roma, 13 luglio 1890, ore 23,50.

Oggi al mio ricevimento ebdomadario è venuto l'ambasciatore di Francia e con molta insistenza mi ha chiesto se avessi notizia dei negoziati che hanno luogo in Londra tra la Francia e l'Inghilterra. Tale insistenza mi fa sospettare che in Londra qualche cosa si combini per la Tunisia. Ne avverta codesto ministro degli affari esteri, affinché l'Europa non sia sorpresa da un atto più serio forse di quello del 1881. L'Italia non potrebbe permettere l'annessione della Tunisia alla Francia, imperocché la sovranità della Francia su quella regione porterebbe tal mutamento nel Mediterraneo da impedire alle altre Potenze la libertà d'azione che loro è necessaria. Più di ogni altra Potenza ne soffrirebbe l'Italia. Domandi che l'ambasciatore di Austria-Ungheria (Germania) in Londra sia avvertito di ciò ed invitato ad agire d'accordo col rappresentante nostro presso il Foreign Office (4).

(l) -Cfr. n. 598. (2) -Con T. 1236 dello stesso 13 luglio Crispi comunicò a Tornielli: <<ripeto non potersi fare alcun confronto tra lo stato giuridico di Cipro e quello di Tunisi. L'Inghilterra è sovrana assoluta in Cipro dopo Trattato di Berlino che cede Kars alla Russia». (3) -Tornielli rispose con T. riservato 1663 del 15 luglio: «Se più tardi occorrerà terrò conto di ciò che V. E. mi ha indicato nei suoi ultimi telegrammi. Ritengo però che in questo momento le disposizioni qui non sarebbero le più favorevoli per interpretare restrittivamente i diritti inerenti ai protettorati; ciò che vale meglio è prevenire, se è possibile, la discussione dei medesimi riguardo alla Tunisia ». (4) -Per le risposte cfr. nn. 601 e 612
601

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1648. Vienna, 14 luglio 1890, ore 13,45 (per. ore 21,40).

Ho comunicato contenuto telegramma di V.E. (l) a Kalnoky pregandolo di dare a Deym istruzioni nel senso da lei desiderato. Kalnoky mi aveva già detto che, secondo le informazioni da lui attinte a Parigi e Londra, la base dei negoziati anglo-francesi era Madagascar e non Tunisi. Se le nostre relazioni col Gabinetto di S. Giacomo non hanno, come vedo dai suoi telegrammi, il grado di fiducia e di sincerità da permettere un leale scambio d'idee in proposito, io credo che il solo partito da prendere, sarebbe di far fare a Salisbury una dichiarazione esplicita sulle intenzioni ben risolute del Governo italiano; ma un tale passo suppone ben inteso che la risoluzione sia maturata e irrevocabile e che cessione abbia altre ragioni di sospetto che la sola insistenza di Billot, la quale può avere per unico motivo il desiderio di essere ben informato, essendo poco probabile che il suo Governo gli comunichi ciò che si tratta a Londra.

602

IL MINISTRO CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 172. Londra, 14 luglio 1890, ore 23,12 (per. ore 1 del 15).

In conformità degli ordini di V.E. ho interrogato Salisbury sulle sue trattative colla Francia circa Tunisi. Sua Signoria mi ha assicurato che non farà alcuna concessione politica alla Francia, ma è disposto a una revisione degli accordi commerciali anglo-francesi in senso alquanto favorevole alle domande francesi.

603

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N.

Roma, 15 luglio 1890, ore 17.

Decifri ella stessa. Mercoledì 9 corrente fu firmata tra il bey di Tunisì e i due immediati successori da una parte ed il ministro residente di Francia dalla altra una convenzione, in virtù della quale la famiglia beilicale cesserebbe di

regnare alla morte del sovrano attuale. La Francia garantirebbe una lista civile di due milioni a quello dei due principi che avrebbe diritto al trono (1). Questo fatto gravissimo non ha bisogno di commenti. È questione di tempo ed ormai è sicuro che la Francia annettendosi la Tunisia estenderebbe la sua sovranità nel Mediterraneo in modo da togliere all'Italia quella libertà d'azione che nel mare onde è circondata le è tanto necessaria. Questa convenzione porta un mutamento nello statu quo del Mediterraneo e parmi debba richiamare l'attenzione dei Gabinetti di Vienna e di Londra i quali mercè le note del 12 e del 19 febbraio 1887 pattuirono con l'Italia che si sarebbero concertati sulle misure da prendere d'accordo nell'interesse della pace e dell'indipendenza dei vicini territorii del Mediterraneo. II Governo del re, essendo direttamente interessato, prende l'iniziativa per tali accordi e prega V.E. di parlarne a codesto ministro degli affari esteri. Nel caso che la Francia debba assolutamente annettersi la Tunisia, l'Italia, a tutela dei suoi diritti dovrebbe con ragione ottenere un compenso sufficiente e tale da potersi difendere contro i possibili pericoli del nuovo dominio in Africa (2).

(l) C!r. n. 600.

604

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (3)

T. S.N. Roma, 15 luglio 1890, ore 24.

Decifri ella stessa. Il 9 corrente fu firmata a Tunisi una convenzione con la quale fu pattuita la cessazione della sovranità beylicale a favore della Francia alla morte del principe attualmente regnante. La Francia in compenso darà al princlpe successore una rendita annuale di due milioni di franchi. Questo atto completa il Trattato del Bardo ed assicura alla vicina Repubblica l'impero di un vastissimo territorio, dalle frontiere del Marocco a quelle della Tripolitania. I pregiudizi, che da ciò verranno all'Italia, sono incalcolabili (4). L'errore commesso al 1881 dal Gabinetto di Berlino nel permettere l'occupazione della Tunisia, produrrà i suoi effetti, se la Germania lascerà eseguire il suddetto trattato del 9 luglio. A noi non solamente sarà tolta nel Mediterraneo la libertà alla quale abbiamo diritto, ma il nostro territorio sarà sotto una continua minaccia. Se le Potenze amiche non vorranno o non sapranno opporsi a cotesto nuovo atto di spoliazione, dovranno per lo meno cooperare percb é l'Italia ottenga sicure garanzie contro pericoli inevitabili alla difesa del suo territorio. Voglia parlare subito al conte Caprivi e chiedere da S.E. una pronta risposta per nostra norma (5).

(l) -La notizia era stata da Machiavelli con T. 1647 del 14 luglio, non pubblicato. (2) -Per la risposta cfr. n. 616. (3) -Ed. in CarsPr, Politica estera, cit., p. 360. (4) -Con R. riservatissimo 1369/581 dello stesso 15 luglio Menabrea comunicò: «Al signor Ribot che una volta ]asciava timidamente trapelare che ove l'annessione si facesse senza ostacolo per parte dell'Italia questa avrebbe dalla Francia tutte le desiderabili facilità per compiere la sua conquista etiopica, io risposi che nello stato attuale degli spiriti io dubitavo assai che potesse reggere contro lo sdegno dell'opinione pubblica quel ministro italiano che abbandonarse l nostri diritti nella Tunisia». (5) -A questo telegramma fece seguito un altro (cfr. n. 610). Per la risposta di Beccaria cfr. n. 612.
605

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 15 luglio 1890.

Decifri ella stessa. Il console inglese a Tunisi ha telegrafato al F'oreign Office che il 9 corrente fu firmata una convenzione con la quale fu pattuita la cessazione della sovranità beilicale in quel paese alla morte del principe attualmente regnante. La Francia in compenso del territorio che le sarebbe ceduto, garantirebbe una lista civile di due milioni al principe che avrebbe il diritto di succedere al trono. Con le note del 12 e del 19 febbraio 1887 fu convenuto fra l'Inghilterra, l'Italia e l'Austria-Ungheria il mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo ed ove questo non fosse possibile l'obbligo nelle tre Potenze di concertarsi per le misure a prendere d'accordo nell'interesse della pace e dell'indipendenza dei vicini territori nel Mediterraneo. L'immenso impero che va a costituire la Francia dalle frontiere del Marocco a quelle della Tripolitania è un permanente pericolo per l'Italia la quale ha ragione di chiedere ed ottenere sicura garanzia a tutela dei suoi diritti nel Mediterraneo la cui libertà è ormai minacciata. Voglia subito parlarne con lord Salisbury e chiedere da lui una precisa risposta (1). Noi abbiamo bisogno di conoscere le intenzioni di Sua Signoria per nostra norma.

606

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 1667. Costantinopoli, 16 luglio 1890, ore 13 (per. ore 15,50).

Said pascià mi ha pregato di sottoporre a V.E. questione della responsabilità per le Potenze che danno alla Porta il consiglio di soddisfare i bulgari scontentando greci e serbi, a suo parere ancora più pericolosi. Egli vorrebbe porci nella alternativa o di riconoscere formalmente che in caso di complicazioni lasceremo la Turchia senza aiuto efficace o di apparire invogliati d'intavolare noi l'argomento degli impegni difensivi. Io gli ho risposto che non ero autorizzato ad entrare in simili questioni ed ho dovere di riferirne a V.E., suggerendo a Said pascià d'intendersi prima col gran visir il quale è assai più ottimista e di fare poi, se lo crede a proposito, scandagliare dagli ambasciatori del sultano i Gabinetti amici sul delicato argomento (2).

(l) -Cfr. n. 608. (2) -Con T. 1677 del 17 luglio Blanc comunicò: «Sultano ha con iradé coneesso i berat ai tre vescovi bulgari di Macedonia a condizione che i bulgari s'impegnino a non domandare ulteriori concessioni contrarie al trattato».
607

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. RISERVATO 128. Roma, 16 luglio 1890, ore 16,15.

Decijri ella stessa. Se il duca di Tetuan vuole copia dell'accordo 4 maggio gliela manderemo. È cosa troppo ovvia che un contratto internazionale vincola i successori del ministro caduto, perché puerile incidente (l) abbia importanza e meriti tanta corrispondenza.

608

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 167 (2). Londra, 16 luglio 1890, ore 20,30 (per. ore 6 del 17).

Ho domandato a Salisbury se fosse pervenuto a sua notizia che il 9 luglio era stato concluso fra il bey di Tunisi e la Francia l'accordo del quale V.E. mi ha segnalato l'esistemm (3). Sua Signoria rispose che aveva veduto qualche cosa nei giornali ma che non credeva che il ministero avesse informazioni di tale accordo. Replicai che il mio Governo nella supposizione che una notizia cosi positiva, a lui pervenuta, non potesse essere ignorata al Foreign Office, aveva dovuto necessariamente preoccuparsi di una eventualità sempre imminente, poiché dipendeva dalla vita di un uomo; la variazione nella condizione territori che risulterebbe era di quelle prevedute in termini espressi nelle intelligenze che Salisbury ben conosceva, non era savio lasciarsi sorprendere da un mutamento che un proclama avrebbe bastato ad operare; bisognava che l'Italia si garantisse ed io era incaricato di riferire prontamente a V.E. una risposta precisa ed esplicita a tale riguardo. Salisbury cercò di schivare le strette della mia comunicazione con gli scherzi che infiorano la sua conversazione ma non gli ho lasciato molto margine alla divagazione e gli dissi che dappoiché egli ignorava l'accordo concluso il 9 luglio era cosa ben naturale che egli avesse il desiderio d'informarsi ma che doveva anche comprendere che il mio Governo non fosse disposto a considerare questo affare come privo affatto di urgenza. Mi fissasse un giorno prossimo e ritornerei a prendere la risposta che V.E. domandava. Sua Signoria mi disse che ritornassi da lui lunedì prossimo, egli non vedeva però

troppo come si potrebbe conoscere la verità intorno all'esistenza del preteso accordo del 9 luglio poiché la Francia certamente non lo notificherebbe e il bey neppure. L'impressione che ebbi dal colloquio è che Sua Signoria non aveva fatto attenzione alla notizia avuta da Tunisi, se pure l'ha avuta, e che col suo sistema solito di non voler essere distratto dalla trattativa che più lo occupa aveva sperato che o l'Italia ne saprebbe nulla per ora o che questa si sarebbe acquietata mediante un scambio d'idee nel quale egli avrebbe fatto prevalere nulla potersi fare sopra la semplice supposizione dell'esistenza di un accordo del quale non si hanno prove. Ho procurato dal mio canto di lasciare a questo signor ministro l'impressione che noi prendevamo invece la cosa molto seriamente.

(l) -Maffei aveva telegrafato il 14 luglio che 11 marchese de la Vega de Armijo, ministro di Stato all'epoca dell'accordo 4 maggio 1887 non aveva consegnato 11 relativo incartamento al suo successore. Cfr. F. CuRATO, La questione marocchina e gli accordi itala-spagnoli del 1887 e del 1891, vol. II, Milano, Edizioni di Comunità, 1964, pp. 154-155. (2) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (3) -Cfr. n. 605.
609

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 174. Londra, 16 luglio 1890, ore 21,20 (per. ore 6 del 17).

Salisbury non sembra contento della piega presa negli ultimi giorni dalle trattative colla Francia per il compenso relativo Zanzibar. Egli incontra difficoltà che pare non avesse prevedute. So che egli disse che V.E. era tenuta da lui al corrente di tutto ciò che egli faceva. Se è vero, sarebbe opportuno che, a imitazione di ciò che praticasi nella diplomazia inglese, fossi da V.E. tenuto al corrente delle comunicazioni che le fa ambasciatore d'Inghilterra a Roma (1).

610

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (2)

T. RISERVATO S.N. Roma, 16 luglio 1890 (3).

Decifri ella stessa. Fo seguire altre considerazioni al mio telegramma di stanotte (4) con incarico di subito comunicarle al cancelliere dell'Impero. L'atto del 9 corrente mercé il quale la Francia succede nella sovranità della Tunisia ove non fosse impedito metterebbe l'Italia nella posizione d'invocare l'appoggio che la Germania *ci ha promesso coll'art. 3 del trattato 20 febbraio 1887. Noi per ora ci limitiamo a chiedere che si proceda nelle vie diplomatiche essendo nostro fermo proposito di non ricorrere per ora ai mezzi estremi.*

La Tunisia venendo sotto la piena sovranità della Francia, in caso di guerra assumerebbe contro di noi una grande importanza miìitare. Biserta, al cui porto da qualche tempo si lavora, diverrebbe una formidabile piazza di guerra. Essa è tre ore distante dalla Sicilia, contro la quale sarebbe una continua minaccia. L'Italia allora sarebbe costretta a tenere un forte esercito in Sicilia e non potrebbe, senza pericolo, allont~nare da quelle acque la sua flotta. Per evitare mali maggiori noi ci crediamo in dovere di prevenirne il Governo alleato il quale non mancherà di associarsi a noi nelle pratiche necessarie a Londra e, quando ne verrà il momento, anche a Parigi. Se ella non ha i documenti necessari, li chieda al conte di Launay.

(l) -Per la risposta cfr. n. 611. (2) -Ed., con l'omissione del passo fra asterischi. In CRISPI, Politica estera, cit., p. 361. (3) -II telegramma giunse a Berlino indecifrabile (cfr. n. 612); fu trasmesso nuovamente il 17 luglio, ore 13,15. (4) -Cfr. n. 604.
611

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 129. Roma, 17 luglio 1890, ore 16.

Non ho avuto comunicazione alcuna dall'ambasciata britannica, di ciò che si sta negoziando a Londra circa compenso relativo Zanzibar od altro affare serio (1). Lord Dufferin è a Sorrento, il primo segretario in Inghilterra e da quindici giorni non è rimasto in Roma che un secondo segretario. Lord Dufferin mi ha però, dietro alcune parole dette da me al secondo segretario, annunciato la sua visita per oggi.

612

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. URGENTE RISERVATO S.N. Berlino, 17 luglio 1890.

Nella mattinata del 14 corrente feci pratiche ordinatemi col telegramma di V.E. della notte (2). Cancelleria imperiale telegrafò subito al conte Hatzfeldt cui comunicò pure immediatamente un telegramma giunto in giornata dal conte Solms nel quale egli riferiva una conversazione avuta coll'E.V. circa questione Tunisi. Conte Hatzfeldt rispose poco fa avere lungamente conferito con lord Salisbury e ricevuto da lui esplicite dichiarazioni che in ogni caso Inghilterra farebbe concessioni alla Francia in Tunisi soltanto sul terreno commerciale, non mai di carattere politico quale sarebbe la rinuncia alle capitolazioni. Ricevetti iersera 2 telegrammi di V.E. Il primo col presente ci

12) Cfr. n. 600.

frante relativo convenzione firmata a Tunisi il 9 corrente dalla Francia per cessazione della sovranità beilicale (1). Già ho chiesto udienza al cancelliere per conferirne. Non potei invece decifrare il secondo (2) di detti telegrammi cifrato senza dubbio col cifrante K l attualmente presso il r. ambasciatore a Harzburg. Telegrafai ieri sera a V.E. pregando ripeterlo con altro cifrario e aspetto con impazienza di conoscere il contenuto per paterne all'occorrenza parlare anche nella stessa occasione personalmente col cancelliere (3).

(l) Cfr. n. 609.

613

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, ALL'ADDETTO ALL'UFFICIO COLONIALE, SILVESTRELLI, A LONDRA

T. S.N. Roma, 18 luglio 1890, ore 17,30.

Negoziati con Francia non intendonsi rotti. Trattasi solo guadagnar tempo per poterli condurre contemporaneamente a negoziati che inizierannosi Roma con Inghilterra. Tutti suoi rapporti e lettere letti al ministro e da questi lodati (4). Suo secondo progetto è tenuto presente. Torni pure mercoledì ma senza fermarsi Parigi. Se le occorrono fondi si rivolga codesta ambasciata cui ministro telegrafa.

614

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (5)

T. SEGRETO S.N. Roma, 18 luglio 1890, ore 19,30.

Decifri ella stessa. Ritorno sulla questione tunisina. L'occupazione francese di Tunisi nel 1881 produsse la caduta del Ministero. Il Paese se ne addolorò, ma allora l'Italia era isolata. Oggi esiste la Triplice Alleanza, ed il mutamento della sovranità in Tunisi produrrebbe in Italia due conseguenze: il ritiro del Ministero attuale e la persuasione nel nostro popolo, che a nulla giova la Triplice Alleanza. Questa seconda conseguenza sarebbe fatale; bisogna che il Gabinetto di Berlino ci pensi. Io sono convinto che se la Germania farà comprendere a Parigi che l'esecuzione del trattato del 9 corrente potrebbe produrre la guerra, il Governo della Repubblica cederà ad un accomodamento con l'Italia. Comunichi queste mie considerazioni al cancelliere dell'Impero (6).

29-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

(l) -Cfr. n. 604. (2) -Cfr. n. 610. (3) -Cfr. n. 615. (4) -La documentazione relativa alle trattative condotte a Parigi da S!lvestrelli non è stata pubblicata perché di scarso significato. (5) -Ed. in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 361-362. (6) -Cfr. n. 628.
615

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO S.N. Berlino, 18 luglio 1890.

Mi pervenne ieri sera ripetizione del telegramma d'avant'ieri che non avevo pc~tuto decifrare (1). Ne comunicai poco fa il contenuto al cancelliere assieme a quello del telegramma con cui V.E. mi annunciava conclusione di convenzione assicurante alla Francia piena sovranità sulla Tunisia dopo morte del principe attuale (2). Aggiunsi alcune considerazioni circa la viva emozione che la notizia non mancherebbe di destare in Italia quando fosse conosciuta e circa il partito che cercherebbero di trarne gli avversari della politica estera con tanta fermezza seguita da V.E. Il cancelliere mi parve compreso della gravità dell'argomento. Dissemi però che appunto per ciò non poteva pronunziarsi senza maturo e profondo esame. La mole degli affari che lo hanno assorbito dal giorno della sua venuta al potere non gli lasciò il tempo di approfondire la questione tunisina, che non s'aspettava di vedere sorgere cosi presto e che lo coglie quindi all'improvvista. Egli ne farà subito oggetto di attento studio, come lo merita una questione di tanta importanza per la Nazione alleata. Già si è fatto sottoporre i relativi documenti e ha ordinato di raccogliere tutte le possibili notizie relativamente alla conclusione della convenzione 9 luglio corrente. Il cancelliere non poneva in dubbio l'esattezza delle informazioni pervenute all'E.V. riguardo a tale convenzione, ma dicevami che stando ai ragguagli recentemente inviati dal conte Hatzfeldt lord Salisbury non avrebbe conoscenza del fatto. Acl ogni modo questi ragguagli confermano la risoluzione di lord Salisbury di non fare alla Francia concessioni d'ordine politico in Tunisia. Di ciò informai

V. E. col mio telegramma di ieri (3).

616

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. PERSONALE S.N. Vienna, 18 luglio 1890.

Ho comunicato a Kalnoky la notizia della convenzione franco-tunisina (4). Egli si informerà dal canto suo e conferirà con me in proposito il 25 corrente al suo ritorno dalla campagna.

(-4) Cfr. n. 603.

Sarebbe bene che V.E. mi specifichi intanto almeno approssimativamente il compenso di cui è cenno nel di lei telegramma. Kalnoky m'informa confidenzialmente che Salisbury interrogato per di lui ordine da Deym rispose che i negoziati colla Francia riguardano: l) la convenzione egiziana, 2) un territorio africano di proprietà contestata, 3) la revisione del trattato commerciale con Tunisi, la quale concerne soltanto la tariffa e non tocca la questione delle capitolazioni. Secondo il trattato vigente il Governo di Tunisi ha diritto, fin dal 1882 di chiedere questa revisione. Non è questione di vantaggi politici da accordarsi alla Francia in Tunisia. Il Governo francese d'altronde non formulò finora alcuna domanda al riguardo. Questo è il sunto di una comunicazione di Deym del 15 corrente. Siccome non potrò vedere Kalnoky prima del 25, la prego di confermarmi intanto la notizia della convenzione indicandomene possibilmente la fonte, giacché Kalnoky non ne sapeva nulla.

(l) -Cfr. n. 610. (2) -Cfr. n. 604. (3) -Cfr. n. 612. Per l'intervento di Hatzfeldt a Londra cfr. il suo rapporto del 21 luglio a Caprivi ed. in Die Geheimen Papiere Friedrich von Holsteins, vol. III, Gottingen-BerlinFrankfurt, Musterschmidt Verlag, 1961, pp. 311-315.
617

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1685. Pietroburgo, 19 luglio 1890, ore 11,10 (per. ore 12,15).

Ministro di Grecia ha fatto presso l'aggiunto degli affari esteri pratiche di cui tratta mio telegramma di ieri l'altro (l). Vlangali risoose che la nota bulgara non avrebbe seguito, che del resto le Potenze occidentali non l'hanno approvata, che anche il Gabinetto di Vienna la qualificò intempestiva; fece però qualche riserva nel senso bulgaro circa la questione religiosa per dimostrare l'imprudenza di lasciare libero il terreno alla propaganda cattolica in Macedonia. Czar ritornato.

618

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1686. Costantinopoli, 19 luglio 1890, ore 11,50 (per. ore 12,40).

Said pascià ha pregato me ed i tre colleghi di procurare alla Sublime Porta assicurazioni o guarentigie che dai bulgari e da noi non si chiedano ulteriori

concessioni che sollevino difficoltà di fronte ai trattati. Ho risposto che V.E. non ha approvato la lettera Stambuloff appunto perché sollevava questione di tal genere e che non avremmo cessato dal consigliare ai bulgari di contentarsl della concessione relativa ai vescovi. Said avendomi pregato di chiedere per telegrafo a V.E. istruzioni circa la sua predetta richiesta, ho osservato non potere, secondo mie istruzioni, far ciò senza concertarmi coi tre colleghi. Essi fecero a Said risposte analoghe. Rimango d'accordo con essi nell'evitare che risulti fatta dalla Porta e declinata dalle Potenze la richiesta di guarentigie che, secondo l'iradé, sono condizioni dei berat, ma che potrebbero assumere forme inaccettabili dai bulgari e dalle stesse Potenze le quali non vogliono toccate in qualsiasi senso le questioni dell'illegalità del Governo principesco e dell'irregolarità di condizioni della Rumelia orientale e benché non sia impossibile che altri spinga la Porta ad insistere per guarentigie ed a sospendere intanto l'invio dei vescovi, noi dimostriamo considerare la questione vescovile sciolta e le domande di Said soddisfatte dalla non dubbia fedeltà delle Potenze al Trattato di Berlino.

(l) T. 1676 con il quale Marochetti aveva comunicato che il ministro di Grecia aveva ricevuto istruzioni di domandare l'appoggio russo alla protesta greco-serba contro le pretese bulgare in Macedonia.

619

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 641. Londra, 19 luglio 1890, ore 20,05 (per. ore 22,30).

Carta geografica presentata al Parlamento (l) è quella in quattro fogli di

A. Keith Johnston, edita da Stanford, sulla quale furono eseguite nuove tinteggiature. Il colore inglese si espande fino a coprire tutto il Kaffa ed a comprendere tutta la regione che è limitata a nord dai fiumi Godjeb e Waira, all'est segue il corso del Giuba fino a Logh, poi in linea retta va sino all'intersezione dell'ottavo grado latitudine col quarantesimo longitudine. Salisbury nega valore di documento alla carta; egli dice che nelle trattative per la demarcazione si vedrà quali territori appartengono al re Menelik quali al re Mackinnon. Gli ho domandato che mi desse atto delle osservazioni e raccomandazioni presentategli prima che la carta fosse mandata al Parlamento ed egli, ammettendo di averle ricevute, mi disse ne scriverebbe a lord Dufferin. Ritengo sarebbe opportuno che V.E. mi ordinasse di metter in sodo nella conversazione che avrò lunedì prossimo con Salisbury: l) che nulla è pregiudicato per il fatto della presentazione della carta al Parlamento; 2) che nella designazione della linea di demarcazione si terrà conto della sovranità di Menelik assegnando alla zona

italiana tutti i paesi sopra i quali risulterà che questa sovranità esisteva anteriormente al l" luglio, data dell'accordo anglo-tedesco. Aspetto istruzioni da V.E. in proposito (l).

(l) Cfr. n. 533.

620

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

D. RISERVATO 25927/114. Roma, 19 luglio 1890.

Mi è pervenuto il pregiato rapporto della S.V. illustrissima del 29 u.s.

n. 660/196 (2) ed ho preso debita not?. del suo importante contenuto.

Divido pienamente i suoi apprezzamenti sul contegno che ci conviene di seguire nel Marocco e la prego di tenermi sempre informato, come ha fatto sinora, di quanto avvenga costà che possa interessare la politica nostra. Intanto in vista delle molteplici gelosie e continue rivalità che si schierano contro di noi, ravviserei conveniente che il cavaliere Gianatelli Gentile, di cui abbiamo potuto apprezzare il tatto e l'intelligenza, faccia frequenti visite alla Corte sceriffiana.

Ella resta quindi sin d'ora autorizzata a mandarvelo tutte le volte che stimerà più opportuno, ed anzi sembrerebbe che l'opportunità si faccia sentire di già; per modo che appena ritornato al Marocco il cavaliere Gentile potrebbe partire per Fez.

Le delicate e gravi quistioni poi che abbiamo da trattare col Governo marocchino, richiedendo che la r. legazione sia sempre diretta da persona di conosciuta abilità e pratica nelle relazioni col Governo sceriffiano, rendono necessario che nell'assenza del titolare, per causa di congedi, viaggi od altri motivi, essa sia affidata, sino a nuovo ordine, al cavaliere Gentile, che, anche per questa ragione ebbe il titolo di segretario interprete, di cui è autorizzato a far uso e che gli crea una precedenza sul r. addetto.

A questa disposizione non ostano le norme dell'ordinamento diplomatico in vigore. Potrebbe anzi dirsi che gli articoli 34 e 39 di esso combinati tra loro, esplicitamente dimostrino giusta la misura presa al riguardo dal r. ministero. Sarò grato alla S.V. illustrissima se vorrà darmi del presente dispaccio adeguato segno di riscontro (3).

R. -riservatissimo personale del 9 agosto di cui si pubblicano l passi seguenti: «il cavaliere Gentile mi rimise pure la copia di due importanti documenti, e mi diede lungamente a voce esatto conto dei colloqui che egli ebbe l'onore di avere con V. E., e dei criteri direttivi della mia condotta ch'ella, signor ministro, lo incaricò di comunicarmi... Il cavaliere Gentile ha missione di ottenere la firma del documento che reca e di preparare la via ad intelligenze, il cui scopo non può essere raggiunto che con diretto scambio di idee fra l'imperatore e me stesso».
(l) -Cfr. n. 621. (2) -Non pubblicato. (3) -Questo dispaccio fu recato a Cantagalli da Gianatelll Gentile. Cantagalll rispose con
621

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 499. Roma, 20 luglio 1890, ore 11,45.

Approvo sua proposta circa carta Africa da presentarsi Parlamento inglese (1). Cerchi anche ottenere risposta scritta da Salisbury.

622

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

T. URGENTE SEGRETO S.N. Roma, 20 luglio 1890, ore 20,55.

Conte di Solms è venuto informarmi che il conte Caprivi gli ha telegrafato le notizie datele col mio telegramma del 15 corrente sulla Tunisia (2). Il modo con cui mi ha parlato l'ambasciatore di Germania mi fa dubitare che a Berlino non si sia data all'avvenimento l'importanza che merita, e di ciò sono dolentissimo. Conte di Solms ricordando la questione fra noi e Francia per le nostre swole a Tunisi, osservò come io avessi allora saputo comporre il dissidio. La questione delle scuole non ha e non poteva avere l'interesse che devesi dare ~'l mutamento della sovranità nella Tunisi8.. Il linguagf,io del conte di Solms mi ha molto preoccupato, ed ora più che mai sento il bisogno di una prossima precisa risposta del cancelliere dell'Impero sul gravissimo argomento (3).

623

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1714. Pietroburgo, 21 luglio 1890, ore 17,30 (per. ore 19,15).

Giers, qui di passaggio, parlandomi della imminente visita dell'imperatore eli Germania con il cancelliere volle attenuarne ai miei occhi la portata politica. «Servirà a dimostrare la buona intelligenza esistente fra i due Paesi, senza che perciò s'abbia a prendere in esame alcuna questione speciale». Si disse soddisfatto degli attuali rapporti, relativamente amichevoli esistenti fra Berlino e Parigi «poiché, se così non fosse la situazione sarebbe imbarazzante per la

Russia>>. Si rallegrò pure della migliorata situazione in Candia. Ritornando sul viaggio del principe di Napoli, compiacevasi d'aver egli suggerito un'idea (1), la cui gttuazione aveva avuto così lieto successo, e conchiuse constatando che i rapporti di tutti i suoi agenti rappresentavano la situazione politica come rassicurante.

(l) -Cfr. n. 619. (2) -Cfr. n. 604. (3) -Cfr. n. 628.
624

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 643. Londra, 21 luglio 1890, ore 20,40 (per. ore 22,46).

J'ai laissé aujourd'hui entre les mains de Salisbury mémoire daté résumant

,,

entretien que j'ai eu le seize avec S.E. Voici le texte de la partie concernant réponse de ce ministre « Des réponses de S.E. M. le ministre des affaires étrangères il est ressorti que la carte sur laquelle son attention était appelée n'ayant point valeur d'un document diplomatique son envoi à la Chambre ne pouvait pas préjuger question réservée à l'examen des Gouvernements d'Italie et d'Angleterre et que dans les négociations dont l'ouverture prochaine est convenue entre les deux Governements, ceux-ci auront lieu de reconnaitre quels sont les territoires sur lesquels la souveraineté de l'empereur d'Ethiopie est établie, ces territoires devront rester en dehors de l'influence britannique ». Après avoir pris lecture de ce mémoire Salisbury m'a di t «c'est absolument exact ». J'ai averti S E. que j'enverrai le texte mème mémoire à Rome en ajoutant qu'elle l'avait trouvé exact. J'enverrai par le courrier partant demain le texte entier du mémoire accompagné des détails de ma conversation d'aujourd'hui (2).

625

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 171 (3). Londra, 21 luglio 1890, ore 20,40 (per. ore 23,20).

Salisbury mi ha detto che non gli è stato possibile raccogliere prove del preteso trattato di unione della Tunisia alla Francia. Qualche indizio farebbe credere che un atto sia stato firmato fra il bey regnante ed il Governo francese per assicurare, alla morte del bey, la successione in uno dei principi e tacitare un pretendente mediante danaro. Sua Signoria aveva parlato delle voci che

correvano, senza, ben inteso, nominarci, con l'ambasciatore di Francia, il quale aveva risposto non credere che siavi nel suo Governo una corrente per una simile politica. È da credersi che il signor Waddington avrà segnalato le cose dettegli da Salisbury e che il Governo francese saprà che l'attenzione dei Gabinetti è già rivolta sopra questo interesse, il quale, soggiunse Salisbury, sarebbe certamente di tale gravità da richiedere, qualora le notizie che a Roma si hanno fossero sufficientemente appoggiate da prove, che i Gabinetti amici dell'Italia s'intendessero per vedere quali pratiche dovrebbero eseguirsi o a Parigi o forse anche a Costantinopoli. Se, per corriere, il mio Governo mi mandasse qualche informazione particolareggiata, Sua Signoria ne prenderebbe attenta cognizione.

(l) -Cfr. n. 360. (2) -R. 561, ed in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., pp. 253-25•1. (3) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato p;·otocollato.
626

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 176. Pietroburgo, 21 luglio 1890, ore 23,20 (per. ore 6 del 22).

Il grazioso linguaggio che Giers mi ha tenuto oggi sulla visita del principe di Napoli e che riferisco con precedente telegramma (l) mi fornì occasione d'esprimere la speranza che quel fatto, che aveva destato tanto interesse, condurrebbe ad un giudizio più equo e ad un apprezzamento imparziale delle nostre cose, fra le altre le militari e le economiche ed « a fare meglio comprendere l'Italia in Russia». Mi fu risposto colla preghiera di non dare importanza a critiche interessate e tendenziose e con una velata allusione al linguaggio della stampa la quale, muovendoci il costante rimprovero di appartenere alla Triplice Alleanza, dimostra il valore che attribuisce all'Italia.

627

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, MALMUSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1435/244. Trieste, 22 luglio 1890 (per. il 25).

Ritorno al fatto che tutti qui occupa e preoccupa, allo scioglimento cioè, del «Pro Patria ». Le ragioni allegate dall'I.R. ministero proponente non sembrano serie; né le sole che determinarono il grave provvedimento.

Costituitosi, come è noto, in opposizione allo Schulverein tedesco ed al sodalizio slavo dei santi Cirillo e Metodio, e a dispetto del Governo; meravigliosa

mente diffusosi in mezzo agli italiani sì del Trentina che del Friuli, dell'Istria, e della Dalmazia, e tanto da accrescere le diffidenze delle autorità imperiali e gli odi di quelle due potenti rivali associazioni, il «Pro Patria» fu fin dal principio, e da ogni lato, assalito: e lottò, ma finì col soccombere.

Una scrupolosa osservanza delle leggi che ne garantirono l'esistenza, e dello statuto suo proprio, una maggiore arrendevolezza verso i partiti a lei ostili, ed una più cauta manifestazione di sue tendenze politiche aspirazioni, avrebbero forse disarmato gli avversari, dileguati i sospetti, e salvata la nobile istituzione.

Ma chi presiedette il «Pro Patria», convien pur riconoscerlo, non conobbe e non seppe scongiurare il pericolo. Si incominciò da un titolo che urta e ferisce, più di quanto non credasi, le suscettibilità tedesche e slave, e che a Vienna suona addirittura minaccia costante d'agitazione.

Nell'autunno del 1888 quando, e per prima volta, l'associazione si riunì a congresso in Trieste il «Pro Patria» trascese nelle dimostrazioni in senso italiano; e ricusò ogni, e pur doveroso, atto di rispetto ed omaggio al capo dello Stato onde in quei giorni pur ricorreva, (e dagli slavi e tedeschi solennemente festeggiavasi), l'anniversario.

Imprudente, sempre, fu poi il linguaggio del giornale (L'indipendente) che è l'organo riconosciuto sì del «Pro Patria » e importa notarlo, che del partito locale irredentista: e clamorosa troppo la propaganda e la proclamazione dei vantaggi conseguiti o sperati.

È tutto questo insieme di fatti che provocò, secondo qui generalmente si apina, la dissoluzione del «Pro Patria»; gli incidenti di Trento, cui accenna il decreto ministeriale, non ne sarebbero che la causa occasionale, e il desiderato pretesto.

Mi riservo di riferirle intorno all'agitazione che qui o nel litorale fosse per manifestarsi; benché a tutt'oggi in Trieste, il contegno della cittadinanza, e massime degli italiani, sia appieno tranquillante.

(l) Cfr. n. 623.

628

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. URGENTE SEGRETO S.N. Berlino, 23 luglio 1890, ore 23 (1).

Esco da un colloquio col cancelliere. S.E. crede utile per riuscita della campagna diplomatica a condursi per affare tunisino il concorso dell'Austria e di somma importanza quello dell'Inghilterra, *che nell'opinione del cancelliere ha per parecchi motivi un interesse non minore dell'Italia a impedire che Tunisia passi sotto sovranità francese.* Subito dopo prime mie comunicazioni Gabinetto di Berlino intavolò quindi pratiche a Londra e Vienna. Benché queste non

abbiano ancora approdato, generale Caprìvì [spera] sì potrà arrivare a preselitare rìmostranze collettive a Parigi. *Anzitutto però bisognerebbe cercare di procacciarsi una prova indubitata della esistenza del trattato con cui Francia si sarebbe assicurata la sovranità sulla Tunisia, essendo questa la prima condizione per potere domandare eventualmente adeguate garanzie e compensi per l'Italia. Il cancelliere aggiungeva essere questo solo un principio di risposta e sperare essere presto in grado di farmi ulteriori comunicazioni*. Intanto egli mi pregava istantemente di assicurare l'E.V. che questo Governo è come per lo passato animato delle migliori disposizioni e maggior desiderio di rendere servizio alla Italia e che egli poi generale Caprivi sarà personalmente ben lieto d'avere occasione di testimoniare alla E.V. il suo buon volere e l'alto conto in cui. tiene le di lei vedute ed apprezzamenti. Sapendo con qual uomo di Stato sperimentato ed illuminato egli ha da fare, *egli era fiducioso di trovarsi d'accordo coll'E.V sulla necessità di procedere a passi sicuri e contati in questo affare onde condurlo coi maggiori elementi di successo possibili. V.E. potrà essere certa che egli se ne occupa con tutta la serietà che esso merita.*

Da certi accenni fattimi dal cancelliere e da ragguagli avuti da altra sorgente in via assolutamente confidenzale, ho potuto indurre che dopo tastato il terreno a Londra, il Gabinetto di Berlino, pur non dubitando della possibilità di ottenere l'appoggio degli inglesi, si è convinto della necessità di procedere verso di essi con grande cautela, in modo da persuaderli gradualmente senza sgomentarli, sovratutto in questo momento in cui lord Salisbury è impegnato colla Francia in negoziati difficili per gli affari di Zanzibar e di Terranova. *Si crede quindi qui che non converrebbe accentuare troppo l'azione diplomatica a Londra prima della chiusura del Parlamento (1). Ringrazio V.E. dei suoi telegrammi del 18 e 20 corrente (2) dei quali mi sono giovato.*

(l) Ed., con l'omissione dei passi fra asterischi, in CRISPI, Politica estera, cit., p. 364.

629

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI. AL PRIMO MINISTRO E MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY (3)

L. PERSONALE. Roma, 23 luglio 1890 (4).

V.E. recevra cette lettre des mains du commandeur Catalani, qui vous ouvrira toute ma pensée au sujet de la question tunìsienne, question dont la solution est d'un si grand ìntéret pour l'Italie et pour la Grande Bretagne.

La France est depuis neuf ans en Tunisie. Il serait impossible de l'en déloger et sa ferme intention est manifestement d'y rester maitresse et en toute sécurité.

Sans donner suite aux nouvelles contradictoires reçues de Tunis, et voulant meme preter foi au démenti de M. Ribot, j'ai la conviction que, tòt ou tard, la France saura acquérir la plénitude de la souveraineté de ce pays.

En attendant il ne faut pas ou.blier, que jusqu'au 6 avril 1881, c'est-à-dire un mois environ avant le Traité du Bardo, M. Barthélemy Saint-Hilaire déclarait au général Cialdini (l) que le Gouvernement français ne pensait aucunement à une occupation militaire permanente et moins encore à l'annexion de la Tunisie.

Si ce changement de domination en Tunisie venait d'avoir lieu sans opposition et à notre insu, la Tripolitaine ne tarderait pas à avoir son tour. Le Gm.l'.'ernement de la République tend à occuper cette région, comme le prouvent surabondamment ses empiètements continuels sur la frontière.

Il arriverait alors que du Maroc à l'Egypte une seule Puissance dominerait l'Afrique du norcì, et que cle ce tte Puissance dépendrait la liberté de la Méditerranée. L'Italie, pour ce qui la concerne, serait sous la menace incessante de la France; Malte et l'Egypte ne seraient pour la Grande Bretagne une garantie suffisante.

En présence de tels dangers, il faut se préparer et prévenir l'exécution des clesseins de la France.

La Tunisie ne pouvant etre rendue à elle meme, et puisque on ne peut empécher le protectorat de devenir nn jour ou l'autre une souveraineté, il serait nécessaire de se prémunir contre une occupation possible de la Tripolitaine de la part de la France, en l'occupant avant elle.

Si nous avions la Tripolitaine, Biserta ne serait plus une menace pour l'Italie, ni pour la Grande Bretagne.

Nous sommes vos alliés nécessaires; et notre union vous garantirait la domination de Malte et de l'Egypte. Grace à elle, l'Italie n'aurait plus à craindre qu'une double expédition militaire put simultanément etre dirigée contre elle de Biserta et de Toulon.

Je prie V.E. de peser ces considérations et d'agir de concert avec le Gouvernement que j'ai l'honneur de présider. Il s'agit de notre salut et de votre grandeur dans la Méditerranée (2).

(l) -Cfr. quanto comunicò Tornielli con R. riservato 920/566 del 22 luglio: «debbo però pro veritate far notare che in codeste cose i due Governi nostri alleati non sembrano agire per propria convinzione ed interesse, ma piuttosto unicamente per non dispiacere all'Italia. Del che forse sarà bene aver tenuto nota per prevedere con sicurezza quale effettivo appoggio ci sarebbe assicurato qualora la questione tun!s!na s'inacerbisse magg!onnente ». (2) -Cfr. nn. 614 e 622.

(3) Da ACS, Carte Crispi, ed. in CRISPI, Politica eotcra, cit., pp. 367-3GB.

(4) La minuta reca la data 22 luglio.

630

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (3)

Roma, 24 luglio 1890, ore 12,40.

Ieri sera è venuto a vedermi il conte di Solms e mi ha a un dipresso detto ciò che è contenuto nel di lei telegramma (4). Dissi all'ambasciatore di Germania quali siano i pericoli per la libertà del Mediterraneo e la pace europea, qualora

la Francia divenisse sovrana assoluta della Tunisia. Soggiunsi che ove cw avvenisse senza alcuna opposizione da parte delle Potenze alleate, sarebbe indubitata la occupazione anche della Tripolitania. Bisogna quindi o trovar modo d'impedire la dominazione assoluta francese in Tunisia, o premunirsi perché la Trlpolitania sia data a noi, come sola possibile garanzia di fronte all'aumentarsi della potenza militare e marittima della Francia. *Non mi diffondo con lei su ciò perché il mio telegramma del 18 (l) dice abbastanza.* Noi vogliamo procedere d'accordo coi Gabinetti amici, ma siamo risoluti ad usare tutti i mezzi perché l'Italia non venga colpita da un fatto che sarebbe un vero disastro.

(l) -Cfr. serle II, vol. XIII, n. 801. (2) -Per la risposta di Sallsbury cfr. n. 669.

(3) Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, In CRISPI, Politica estera, clt., pp. 364-36:>.

(4) Cfr. n. 628.

631

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (2)

L. 26846/585. Roma, 24 luglio 1890.

La luogotenenza di Trento ha sciolto la società «Pro Patria». Il Governo del re nulla ha da dire circa un atto di amministrazione interna che in se stesso sfugge al suo giudizio, ciascuno Stato essendo padrone di governarsi con i criteri che gli sembrano più opportuni.

Debbo però affermare nell'interesse dei rapporti internazionali, che la notizia del fatto ha prodotto nel Regno la più penosa impressione, sovratutto per i motivi che dicesi abbiano ispirato il decreto di scioglimento.

In questo, difatti, si dichiara che due sarebbero le ragioni dell'atto luogotenenziale. La prima, che il presidente del congresso tenutosi a Trento il 29 giugno avrebbe inviato alla società italiana «Dante Alighieri» per mezzo del telegrafo la sua piena adesione e le più sincere felicitazioni per l'opera della società medesima. La seconda sarebbe, che la società << Dante Alighieri » osserverebbe un contegno ostile alla Monarchia austro-ungarica e che le aspirazioni di detta società sarebbero rivolte direttamente contro gli interessi dello Impero (3).

Or mi permetto di osservare, signor ambasciatore, che codeste considerazioni sono prive di fondamento. Anzitutto la società «Dante Alighieri» presieduta dall'on. Ruggero Bonghi non ricevette alcun telegramma dal congresso trentina e per conseguenza la luogotenenza imperiale e reale è stata male informata. È deplorevole che per un atto di tanta importanza s'invochino a motivo due notizie false.

Passo a ciò che più giova conoscere e che interessa un'associazione nazionale, quale la società «Dante Alighieri». La società «Dante Alighieri» non ha scopi politici. I soci che la compongono appartengono al partito moderato e non vanno confusi, sarebbero i primi a sdegnarsene, con coloro i quali fanno professione d'irredentismo. La società «Dante Alighieri » si propone il culto della lingua

italiana in tutte le regioni in cui questa è parlata e non oserebbe far cosa che potesse influire sulla politica internazionale del Governo o pregiudicare l'azione di questo all'estero. Le relazioni della società «Dante Alighieri» col Governo sono tali e così notorie che ritengo come un'offesa fatta a noi ogni imputazione che le si possa fare di tendenze faziose o di atti che in qualunque modo o misura potessero ledere le buone relazioni che l'Italia mantiene coll'Impero vicino.

Voglio sperare che il conte Taaffe, presa notizia delle cose come realmente sono avvenute, saprà correggere l'opera della imperiale e reale luogotenenza di Trento. Non intendiamo con ciò influire sugli atti amministrativi del Governo austriaco, ma solamente osservare che a nessuno è dato, ancorché pubblico funzionario, offendere gratuitamente con ingiustificate imputazioni un Governo amico. Il contegno del luogotenente non è certamente di tal natura da mantenere quell'accordo che noi cerchiamo e ci sforziamo di tener saldo a costo anche della nostra popolarità.

Allorché io seppi che a Trento volevasi innalzare una statua a Dante e che il Governo austriaco aveva permesso non solo questo omaggio all'altissimo poeta, ma anche l'istituzione di una società che tende a favorire il culto della lingua italiana, me ne compiacqui e rallegrai, vedendo in quell'atto di buona politica un fatto reale che alla nazionalità italiana guarentiva nel poliglotta Impero gli stessi diritti che sono guarentiti ai tedeschi, agli slavi, agli ungheresi, ai boemi, ai rumeni ed a tutti gli altri popoli che fanno parte dell'Impero.

Ora son dolentissimo di dover constatare le condizioni difficili che vengono fatte al Ministero italiano in questa occasione. Finché la fiaccola dell'irredentismo si trovava accesa dai radicali, io non li temevo. Ma l'atto ultimo, il quale ravviva la memoria d'altri atti non pochi che ogni tanto rivelano l'intolleranza di codesto Governo, basterà, temo assai, a turbare o per lo meno a raffreddare la gente moderata e tranquilla, sul cui appoggio il Governo sapeva di potere sino ad ora contare.

Non so se ella riuscirà a far comprendere tutto ciò al Governo austro-ungarico e se il conte Kalnoky dispone di sufficiente autorità per richiamare il suo collega dell'Interno a migliori consigli. Dirò soltanto a V.E. come l'alleanza colla Austria, che solo io potevo difendere, avrebbe contro di sé un maggior numero di nemici, e che non so se al 1892 o il mio successore od io avremmo la forza necessaria a rinnovarla.

Comprendo che il conte Taaffe che è cattolico convinto potrebbe venire, dalle ispirazioni del Vaticano, indotto ad atti che lo obbligassero a combattere l'alleanza delle Potenze centrali. Però al di sopra di lui sta S.M. l'Imperatore e Re, che si distingue per tanto buon senso e per tanta esperienza di governo, ed all'Augusto Sovrano non può sfuggire la considerazione che l'opera nostra, la quale è utile alla Monarchia, è resa oltremodo difficile se il suo ministro non agisce d'accordo con noi per raggiungere lo scopo cui tutti miriamo.

Con ciò fo seguito al mio telegramma del 22 sera (l). Le accludo copia della protesta direttami il 21 luglio dalla società «Dante Alighieri» (2), e desidero

che ella si ispiri alle considerazioni che sono contenute in questa lettera per discorrere del delicato argomento con quelle riserve ed in quei modi che crederà più opportuni, avvertendo sempre che è mio intendimento evitare ogni causa di dissapori col Governo imperiale e reale (1).

(l) Cfr. n. 614.

(2) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 124-126.

(3) Sul carattere della <<Dante Alighieri» cfr. D. J. GRANGE, L'ltalie et la Méditerranée ( 1891-1911), Eco!e Française de Rome, 1994, pp. 661 sgg.

(l) -T. riservato personale, non pubblicato. (2) -Non si pubblica.
632

IL SEGRETARIO MAYOR AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

L. PERSONALE. Roma, 24 luglio 1890.

Il signor Corbett, segretario dell'ambasciata d'Inghilterra è venuto or ora a portarci la qui unita ampliazione di un telegramma ricevuto poco fa dall'ambasciata stessa. La comunicazione è confidenziale, tanto più non essendo stata esplicitamente autorizzata né da lord Salisbury, né da lord Dufferin. Corbett crede però interpretare le intenzioni dei suoi capi. Il medesimo segretario ha soggiunto che, quantunque volte piacesse a V.E. di vedere lord Dufferin, una parola dei suoi segretari, senza che ella intervenga, basterà perché sappiano che fare.

ALLEGATO

CONFIDENTIAL.

In conversa;tion a few days ago with the marquis of SaJ.isbury, the french ambassador in London informed him that Ribot categorically denies that there is any foundation whatever for the rumoured renunciation of their rights by the heirs of the bey of Tunis. The present Government of France are strongly opposed to the annexation of Tunis.

633

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. PERSONALE RISERVATO S.N. Vienna, 25 luglio 1890, ore 18,45

(per. ore 20,40).

Kalnoky mi ha detto che risultava da una comunicazione di Deym che il ministro degli affari esteri francese aveva fatto dichiarare a Salisbury che il Governo francese non aveva fatto alcun passo, né intendeva farne per annettere la Tunisia e aveva smentito la notizia d'una convenzione col bey. Nel parteciparmi ciò Kalnoky mi ha incaricato assicurare V.E. che la questione tunisina, benché non tocchi in modo speciale l'Austria-Ungheria è qui sorvegliata con grande interesse e che per sua parte il Governo imperiale e reale è disposto a partecipare e qualunque azione che sia stimata utile d'accordo con l'Inghilterra e con noi per evitare che essa sia modificata a danno dell'interesse generale.

(l) Per il seguito cfr. n. 635.

634

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. URGENTE SEGRETO S.N. Berlino, 25 luglio 1890, ore 20,15.

Esco dal barone Holstein il quale mi disse che Gabinetti di Berlino e Londra sono convenuti avant'ieri d'interpellare in forma cortese il Governo francese circa affare tunisino. *A tal fine l'ambasciatore germanico a Parigi -da qualche tempo assente dal suo posto -ricevette istruzioni di ritornarvi subito.* Mentre conversavo col barone, giunse un telegramma del detto ambasciatore, in cui egli dice quanto segue: «Appena misi la conversazione sulla Tunisia, il signor Ribot dichiarò assolutamente falsa la voce sparsa dall'Italia che un accordo sia stato conchi.uso dalla Francia col bey, indennizzando i di lui eredi mediante due milioni di franchi. Ministro mi pregò di comunicare questo a S.E. il cancelliere dell'Impero onde evitare malintesi. *Il barone Holstein s'asteneva per ora da ogni commento sulla dichiarazione del signor Ribot. Non sapeva ancora se l'ambasciatore d'Inghilterra a Parigi ha pure interpellato quel ministro degli affari esteri.*

635

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. PERSONALE RISERVATO S.N. Vienna, 25 luglio 1890.

La ringrazio della informazione che mi dà rispetto alla società «Dante Alighieri» (3). Ella sa che il Governo austro-ungarico non ammette alcuna ingerenza estera per ciò che riguarda i sudditi italiani dell'Austria. Io non posso perciò parlare della soluzione della società « Pro Patria » a Kalnoky, tanto meno dopo che un telegramma da Roma inserito nella Neue Freie Presse annunzia che io fui incaricato di far passi in proposito. Ora mi permetta di rilevare un'espressione del suo telegramma (3). Ella sembra credere che la dissoluzione sia stata fatta per sentimenti clericali del Ministero. La quistione non è clericale, giacché nella società disciolta vi erano parecchi preti e d'altra parte fra quelli che applaudirono alla dissoluzione vi è tutta la stampa liberale tedesca. Il fatto è che la dissoluzione è dovuta a certe imprudenze e alle tendenze irredentistiche a proposito delle quali il Governo austro-ungarico non ammette che noi siamo meglio informati di lui trattandosi di società esistente in Austria (4).

(l) -Ed., con l'omissione del passi fra asterischi, !n CRISPI, Politica estera, cit., p .. 365. (2) -Ed. in CRrSPI, Questioni internazionali, c!t., p. 127. (3) -Cfr. n. 631, nota l, p. 383. (4) -Per la risposta di Crispi cfr. n. 637.
636

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A SAN ROSSORE (l)

T. S.N. Roma, 26 luglio 1890, ore 12.

L'ambasciatore di Francia a Londra è stato autorizzato dal signor Ribot a smentire formalmente la notizia della rinunzia ai diritti del trono fatta a favore della Francia dagli eredi del bey di Tunisi. Soggiunse che l'attuale Ministero francese è contrario all'annessione della Reggenza. La notizia fu data da lord Salisbury agli ambasciatori di Germania e d'Austria. Il conte Kalnoky, nel comunicarla a Nigra (2), lo incaricò di dirmi, che la questione tunisina, benché non tocchi in modo speciale l'Austria-Ungheria, è da lui sorvegliata con grande interesse e che per sua parte il Governo imperiale e reale è disposto a partecipare a qualunque azione che sia stimata utile d'accordo con l'Inghilterra e con noi per evitare che essa sia modificata a danno dell'interesse generale. Da Tunisi intanto mi si conferma la notizia, e noi siamo costretti a sorvegliare per non essere sorpresi. La diplomazia francese è avvezza a mentire, e non bisogna dimenticare che mentre il 6 aprile 1881 Barthélemy Saint-Hilaire dichiarava a Cialdini (3) che la Francia non avrebbe occupato Tunisi, il 12 maggio successivo la occupò.

637

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (4)

T. PERSONALE RISERVATO S.N. Roma, 26 luglio 1890.

Non ebbi mai in mente ch'ella reclamasse a codesto Governo contro il decreto « Pro Patria » ed i giornali che lo scrissero fantasticarono. Nella mia lettera del 24 (5) che non tarderà a ricevere le ho dichiarato che ogni Governo entro i confini dello Stato ha pienissimo diritto e nessuno può ingerirsi negli atti della sua interna amministrazione. Lo scopo per il quale a V.E. mi diressi col telegramma e con la lettera fu d'informarla delle impressioni sentite in Italia dal decreto per lo scioglimento del «Pro Patria » e del contegno e degli scopi dell'associazione italiana «Dante Alighieri», che non mira alle province italiane dell'Austria, ma estende la sua azione in tutti i Paesi nei quali sono italiani, codesta istituzione completa l'opera iniziata dal Governo coll'istituzione delle scuole italiane all'estero.

(l) -Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa. (2) -Cfr. n. 633. (3) -Cfr. serie II, vol. XIII, n. 801.

(4) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 127-128.

(5) Cfr. n. 631.

638

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

D. 26994/117. Roma, 26 luglio 1890.

Ho ricevuto il rapporto 20 giugno u.s. n. 614/182 (1), nel quale V. S. mi dà notizia della rischiosa spedizione militare intrapresa da S. M. il Sultano, e mi delinea la situazione politica del Marocco, poco rassicurante per i torbidi interni e per il malcontento delle popolazioni, sobillate dalla Francia, dall'Inghilterra e dalla Spagna, e depauperate da avidi governatori.

Approvo i concetti da lei accennati come guida della nostra politica costà.

Fortificare e sostenere con saggi e disinteressati consigli il sultano, impedendogli sopratutto di cedere alle mene di altre Potenze, aiutarlo a mantenere il proprio prestigio ed autorità, ed a migliorare le condizioni civli e morali dello Stato, traendo da ciò per noi quel grado d'influenza che è dovuta ad amici sinceri: ecco le linee generali della nostra condotta. Tal mezzi richiedono però un paziente lavorio di tempo e, date le condizioni attuali di codesto Impero e i pericoli cui si espone il sultano, una catastrofe può determinarsi improvvisamente. Conviene quindi aver gli occhi aperti per ogni eventualità, affinchè l'influenza acquistata possa esserci utile nel momento decisivo.

Annetto pertanto una speciale importanza a tutti i ragguagli che ella m'invia e che continuerà a mandarmi sullo stato di codesto Impero e sugli elementi che potranno determinare l'avvenire.

639

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 503. Roma, 27 luglio 1890, ore 17,30.

Giornali francesi dicono al pari V.E. (2) che hinterland algerino forma oggetto principale attuali trattative franco-inglesi. Sarebbe necessario chiamare atten

JO --Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

zione di lord Salisbury sul progetto riportato nel Siècle del 25 corrente, secondo il quale la Francia prenderebbe anche l'hinterland della Tripolitania. Ci sembra che l'Inghilterra dovrebbe opporsi a tale pretesa. Faccia osservare a Sua Signoria che limite massimo orientale al quale potrebbe lasciarsi arrivare la sfera d'influenza francese sarebbe una linea che partendo dal confine tripolitano presso Ghadames vada alla sponda occidentale del lago Tchad. Una maggiore sfera d'influenza accordata alla Francia lederebbe i diritti attuali dell'Impero ottomano e sarebbe considerata dal R. Governo come un tentativo che miri ad una occupazione futura della Tripolitania da parte della Francia (1).

(l) -Di tale Rapporto si pubblicano i brani seguenti: «In tutta Inghilterra. dalle Cnn"·rc di commercio, dai negozianti, dagli industriali si leva un grande clamore. Come consentire, oggimai, che un Paese sì vasto, sì fertile, naturallnente cosi ricco, riman~a qua:::i chiuf~ 1? J ·O vietano le convenienze politiche? Non sia così. Si teme di favorire le ambizion: francesi? E qual male sarebbe? Venga chiunque e prenda, purché Manchester, e Sheffield e Glasgow abbiano sbocchi larghi, perenni ... Tanto vale dire che Inghilterra e Francia possano, un bel giorno. darsi la mano e spadroneggiare al Marocco. E questa è minaccia maggiore che non le storiche rivendicazioni spagnuole anche spalleggiate dalla Repubblica, o le ambizioni di questa solr> trascinate dall'ineluttabile spinta che dalle terre del Te!! urge la Francia per la via di Tombuctù già conquistata ... Il sultano, lo ha visto V. E., ha ceduto alle domande commerciali della Germania. Il trattato di commercio fra quella ed il Marocco è già un fatto ... [Occorre]. per la via di laboriosi e tenaci non men che severi consigli, condurre il sultano a dare migliore e più umano assetto alla sua amministrazione; sovvenirlo di informazioni, confortarlo nei cattivi passi coll'aspetto di un'amicizia che non può dirsi del tutto platonica, dappoichè gli offre l'appoggio morale di una Potenza forte e rispettata; rappresentargli il pericolo di cedere a pressioni ed Influenze intese ad assottigliarne il patrimonio: ecco, nell'opinione mia ed allo stato delle cose, il concetto cui conviene informare la nostra politica nel Marocco >>. (2) -T. 173 del 21 luglio, non pubblicato.
640

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (2)

T. S.N. Roma, 27 luglio 1890, ore 18.

Decifri ella stessa. La smentita data da Ribot all'esistenza del trattato col quale era ceduta alla Francia la piena sovranità della Tunisia, ha una importanza relativa e niente ci assicura pensando alla condotta precedente del Governo della Repubblica. Il 12 maggio 1881 fu occupata la Tunisia e fu firmato il trattato per il protettorato, mentre il 6 aprile dell'anno stesso, cioè pochi giorni innanzi, Barthélemy Sant-Hilaire aveva dichiarato a Cialdini che la Reggenza non sarebbe stata occupata (3). *È facile quindi, anzi io sono sicuro, che le parole di Ribot siano mendaci* (4).

641

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1490/587. Vienna, 27 luglio 1890.

Mi pregio di segnar ricevimento della lettera che V. E. mi fece l'onore di dirigermi il 24 corrente relativamente allo scioglimento della Società «Pro Patria» (5), la quale fa seguito al telegramma ch'ella mi diresse il 22 corrente (6), ricevuto il

(-5) Cfr. n. 631.

23, e redatto nel medesimo senso; nonché della copia di lettera annessa diretta a

V. E. dal Consiglio centrale della società <<Dante Alighieri:..

Al suo telegramma ebbi l'onore di rispondere col mio telegramma del 25 corrente che mi pregio di confermare e di qui trascrivere: (1).

V.E. mi rispondeva col telegramma seguente: (2).

Confermandole che io non posso fare dello scioglimento della Società « Pro Patria)> e delle circostanze in cui si produsse, l'oggetto d'una conversazione col conte Kalnoky, mi riservo però la prima volta che avrò occasione di vedere il conte Taaffe, senza entrare nel merito della questione, di fargli notare l'errore di fatto in cui cadde nelle considerazioni che precedono il decreto relativamente alle comunicazioni della società « Pro Patria » con quella di « Dante Alighieri ~ di Roma, nonché intorno agli scopi di quest'ultima. Ma quest'errore è già stato rilevato da una parte della stampa, ed il miglior modo di metterlo in rilievo è quello di dar la maggiore pubblicità possibile alla lettera che in proposito fu diretta all'E. V. dal Consiglid centrale della società « Dante Alighieri )> in Roma.

Per quanto mi risulta da ogni fonte, il Vaticano ha potuto bensì compiacersi dell'accaduto come di cosa che possa nuocere alle buone relazioni tra i due Paesi, ma non ebbe nessuna parte nelle determinazioni di cui si tratta. La questione, ripeto, non è clericale ma essenzialmente politica ed irredentista. L'E. V. tocca, nella sua lettera, une questione assai grave, quella della continuazione dell'alleanza dell'Italia coll'Austria-Ungheria, che sarebbe a di lei giudizio resa più difficile dalla cattiva impressione che l'atto di cui si tratta fece in Italia, e si può aggiungere dall'impressione non meno cattiva che produssero in Austria-Ungheria alcuni atti della società «Pro Patria)>_ Non è certo intenzione di V. E., come non è la mia, di trattare una simile questione per incidenza. Mi limito soltanto a ricordare qui ciò che a lei è ben noto cioè, che tale alleanza, la quale del resto non fu fatta da lei nè da me, fu consigliata all'Italia da circostanze imperiose che ignoro se si siano modificate; che fu chiesta dall'Italia, non dall'Austria-Ungheria; che fu mantenuta con lealtà da ambe le parti, e suppongo con reciproco vantaggio. Spetterà alla saviezza dei Governi che presiederanno più tardi alla direzione politica dei due Stati lo esaminare se convenga rinnovarla nel 1892.

(l) -In pari data venne inviato all'ambasciatore a Parigi un telegramma analogo (T. co1nniale riservato 504) che termina con il periodo seguente: «Senza alludere a questi passi che facciamo a Londra procuri informarsi sulle attuali trattative e lasci intendere al signor Ribot chp !l Governo considererebbe una estensione dell'influenza francese verso oriente mg,ggiore di quella sopra indicata come lesiva dei diritti attuali dell'Impero ottomano e come un tentativo che miri ad una occupazione francese futura della Tripolitania ». Per le risposte cfr. nn. 646 e 656. (2) -Ed.. con !"omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 365-366. (3) -Cfr. serie II, vol. XIII, n. 801. (4) -Per le risposte cfr. nn. 644 e 647. (6) -Cfr. n. 631, nota l, p. 300.
642

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO CATALANI, A LONDRA (3)

T. COLONIALE RISERVATO 505. Roma, 28 luglio 1890, ore 10,15.

Mackenzie scrive a questo Gabinetto sulla negoziazione pendente circa Kisimaio e manda un esemplare della carta della sfera d'influenza della Compagnia britannica. In tale carta che ella si farà mostrare da Mackenzie non solo non si rispettano i confini etiopici ma neanche la delimitazione indicata nell'accordo

del 3 agosto. Insista vigorosamente presso i direttori e Mackinnon per ottenere come compenso delle concessioni che c'impongono a Kisimaio di sostituire all'ottavo parallelo fissato come delimitazione nell'accordo del 3 agosto, «i confini dell'Etiopia e delle sue dipendenze », nelle quali è compreso il Caffa che è ora una provincia etiopica governata da un generale dì Menelik. Governo inglese ha esplicitamente ammesso che l'influenza britannica si ferma «alle frontiere dell'Etiopia e delle sue dipendenze», e Salisbury l'ha dichiarato a Tornielli (1). Dica a Mackìnnon che il R. Governo essendo obbligato a difendere e proteggere l'Impero etiopico con trattati anteriori agli accordi conclusi colla Compagnia, sarebbe impegnato ad assistere Menelil>: qualora la Campania pretendesse d'invadere i suoi Stati. Le delimitazioni delle sfere d'influenza sì riferiscono sempre a paesi soggetti ad autorità non riconosciute e non possono pretendere di smembrare un Impero antico e civile, riconosciuto da tutti i Governi e in primo luogo dall'Inghilterra. Dichiari infine che soltanto coll'arrendersi a questa nostra ragionevole domanda sarà possibile accordarsi relativamente a Kisimaio.

(l) -Cfr. n. 635. (2) -Cfr. n. 637.

(3) Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, clt., p. 255.

643

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A SAN ROSSORE (2)

T. s. N. Roma, 28 luglio 1890, ore 11,30.

La smentita di Ribot era stata comunicata anche al conte Tornielli. Lord Salisbury me ne fece informare da lord Dufferin (3). Da Tunìsì Machiavelli mi ha telegrafato, che non ha potuto avere ancora nuovi ragguagli dalla Corte del bey, ma ha soggiunto, che il console inglese insiste nelle date notizie e che fida di riescire a completarle.

644

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. SEGRETO S. N. Berlino, 28 luglio 1890, ore 19,14 (per. ore 20,30).

* In assenza del cancelliere diedi oggi conoscenza al barone Holstein del telegramma di V.E. di ieri, Tunisia (5). * V.E. sarà già stata informata da Londra che lord Salisbury interpellò quell'ambasciatore di Francia circa esistenza della convenzione assicurante alla Repubblica francese piena sovranità sulla Tunisia. Il signor Waddindgton, dopo riferitone al suo Governo, avrebbe fatto al ministro degli affari esteri inglese dichiarazione analoga a quella del signor Ribot al conte

di Munster. Quest'ultimo, dopo il telegramma di cui diedi contezza il 25 corrente (l) scrisse che le affermazioni del ministro degli affari esteri francese erano state delle più formali, cosicchè devesi credere o che convenzione realmente non esista, o che Francia non si senta abbastanza forte per dar seguito alle sue mire di fronte alla resistenza intraveduta. * Ottenuto questo risultato ed in presenza delle denegazioni formali del ministro esteri francese, il Gabinetto di Berlino crede non si possano fare ulteriori pratiche. Nella sua opinione importa all'Italia riservare l'avvenire e cementando sempre più le sue buone relazioni con l'Inghilterra, assicurarsene l'appoggio nelle questioni relative al Mediterraneo dove essa è pure direttamente interessata. *

(l) -Cfr. n. 624. (2) -Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa. (3) -Cfr. n. 632. (4) -Ed., con l'omissione dei passi tra asterischi, in CRtSPI, Politica estera, cit., p. 366. (5) -Cfr. n. 640.
645

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, PALMARINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 716/297. Sofia, 28 luglio 1890 (per. il 2 agosto).

Il r. agente consolare a Varna, signor cavalier Assereto, mi ha comunicato alcuni particolari di una conversazione avuta in questi giorni con il presidente del consiglio, signor Stambuloff, che credo opportuno riferire alla E. V.

Quel r. agente, trovandosi a visitare il primo ministro, lo interrogò sopra le notizie qui giunte da Vienna circa la esistenza di trattative fra il Governo bulgaro e la Turchia per la conclusione di un trattato di alleanza offensivo e difensivo.

Il signor Stambuloff non negò che delle trattative al riguardo potessero essere intavolate e dichiarò che ciò sarebbe cosa naturalissima, poichè, mentre la Bulgaria col suo esercito terrebbe, mediante un compenso, sottomessa la Serbia, e tranquilla la penisola balcanica, la Turchia potrebbe, all'occorrenza, servirsi altrove della sua armata, invece di tenerne la maggior parte pronta per gli eventuali bisogni nella penisola.

Per quanto nei circoli politici della capitale non si conosca tale notizia, pure è vero che vari giornali di Vienna parlarono di ciò, però non si ha alcuna conferma dell'esattezza della stessa. Continuando, il signor Stambuloff avrebbe pure dichiarato che aveva scelto a sua residenza provvisoria Varna per essere più vicino a Costantinopoli, e per potere, all'occorrenza, chiamare presso di sè il signor Vulcovich, agente principesco a Pera. Venendo poi a parlare delle voci di abdicazione del principe Ferdinando, dichiarò che esse erano del tutto false, soggiungendo: «Sua Altezza Reale è troppo ambizioso per abbandonare la Bulgaria», e disse che nei consigli di famiglia tenutisi a Carlsbad con il duca regnante di Coburgo, si trattò del matrimonio del principe Ferdinando.

Parlando poi delle concessioni fatte dalla Sublime Porta per quanto riguarda i vescovi bulgari in Macedonia, disse che il Governo principesco dichiaravasi soddisfatto, e che avrebbe punito qualsiasi movimento per l'indipendenza, riconoscendo egli pure che nessun beneficio ne ritrarrebbe il Paese, e che meglio vale il certo che l'incerto.

Vari consigli di ministri sono stati tenuti a Varna pel disbrigo degli affarl correnti, e per concretare, dicesi, la posizione del Governo, rimpetto alla Porta, dopo le concessioni avute, nonché stabilire un accordo provvisorio commerciale con l'Austria-Ungheria, fino a che non si conchiuderà un trattato definitivo.

Tali sono le informazioni ricevute da Varna, e che stimai presentare una qualche importanza come indizio degli intendimenti di questo Governo nell'attuale situazione politica.

(l) Cfr. n. 634.

646

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 181. Londra, 29 luglio 1890, ore 12,40 (per. ore 14,25).

Ho fatto a Salisbury la comunicazione relativa all'hinterland algerino. Sua Signoria mi ha detto non essere intenzione sua oltrepassare la linea indicata dall'E. V. nel suo telegramma del 27 (1). Ambasciatore di Turchia aveva fatto da qualche tempo comunicazioni sullo stesso oggetto.

647

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. S.N. Vienna, 29 luglio 1890, ore 13 (per. ore 14,05).

La prego di farmi sapere se devo comunicare a Kalnoky di lei sospetto sulla mendacità di Ribot (2). La prego di rifletterei. Non vorrei che comunicando notizie insussistenti si menomi la fede in quelle che poi fossero vere. Io devo dirle che né Kalnoky né gli ambasciatori austro-ungarici a Parigi e Londra credono alla notizia da lei data. Kalnoky parte per Ischl e non sarà di ritorno che il 5 agosto. Ella ha dunque tempo di verificare a Parigi, Londra, Tunisi e di impartirmi quindi sue istruzioni (3).

648

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Roma, 30 luglio 1890, ore 18,05.

La notizia di un trattato mercé cui la sovranità della Tunisia è ceduta alla Francia ci venne dal console Machiavelli che l'ebbe confermata dal console

inglese (1). È impossibile ottenere una prova inconcussa per notizie somiglianti. Certo si è che quella da me annunziata è verosimile e aggiungo che la Francia non può contentarsi del protettorato della Reggenza, il quale non le dà piena potestà e vera libertà d'azione in quel Paese. Il 6 aprile 1881 Barthélemy Saint Hilaire dichiarava formalmente a Cialdini che la Francia non aveva intenzione di occupare Tunisi e contrariamente a ciò l'occupò il 12 maggio successivo. Ciò posto, dopo la smentita di Ribot ho il diritto di supporre che il ministro francese abbia potuto non dire il vero e domando quale sarebbe il contegno dell'Austria-Ungheria, qualora uno di questi giorni giungesse la notizia che la Francia ha fatto l'annessione della Tunisia. Posto il quesito la risposta non dovrebbe mancare. Per parte mia dirò che l'Italia non potrebbe tollerare codesta annessione, perché ne verrebbe pregiudicata. In Italia poi la notizia produrrebbe una pessima impressione, a meno che ci fosse dato un compenso che portasse al nostro Paese una soddisfazione morale ed una garanzia militare. Ne verrebbe anche un colpo alla Triplice Alleanza. Al 1881 l'Italia era isolata, ma oggi che abbiamo alleate a noi due Grandi Potenze, tutti ne trarrebbero la conseguenza che queste a noi non sono di alcun giovamento.

(l) -Ctr. n. 639. (2) -Cfr. n. 640. (3) -Per la risposta cfr. n. 648.
649

IL MINISTRO CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 647. Londra, 31 luglio 1890, ore 7,59 (per. ore 13).

Nuove proposte della compagnia circa Kisimaio sono seguenti: l) Governo italiano eserciterà tutti i suoi diritti, acquistati con l'accordo 3 agosto, per la occupazione e amministrazione comune dogana e porto Kisimaio; 2) Compagnia eserciterà controllo esclusivo sopra capi indigeni e città Kisimaio da essi abitata, conforme alle promesse che sarebbero state fatte da V.E. a Mackenzie; 3) saranno mantenute proposte Compagnia circa zona riservata esclusivamente Italia ed alla strada comune. Compagnia rifiuta qualsiasi modificazione linea demercazione sfere influenza indicata nel contratto, ciò che fa sospettare che essa disegni estendere influenza sul Caffa e i territori adiacenti per mezzo accordo capi indigeni. Urgente quindi avvertire nostro rappresentante presso Menelik prendere misure necessarie per prevenire mene inglesi. Mackenzie mi ha informato «piuttosto che discutere modificazione linea influenza già stipulata, Compagnia addivenire al trasferire territorio in conformità accordo 3 agosto ». Nello stesso tempo mi ha dichiarato che se Governo italiano persiste ad imporre l'impraticabile amministrazione comune città di Kisimaio, Compagnia, pur conservando i suoi diritti, si astiene dal farsi rappresentare nell'occupazione e priva in tal modo italiani dell'appoggio degli ufficiali inglesi e della fiducia che essi ispireranno agli indigeni. Egli ha fatto allusione ai recenti avvenimenti di Warsceik (3). che

avrebbero inasprito indigeni contro noi in modo da far temere una rottura alla quale Compagnia non desidera partecipare. Dichiarazioni e allusioni di Mackenzie sono stratagemmi per farci consentire alle proposte circa Kisimaio sopra menzionate che sarebbero accettabili, se non che questione assai più importante è se convenga o non firmare un documento il quale conferma che l'Italia lascia alla influenza inglese territori appartenenti all'Abissinia. Avendo chiesto spiegazioni circa nuova carta sfera tnfluenza della Compagnia, Mackenzie si riferl alla clausola proposta da Winton al momento firma contratto 3 agosto. Come è noto a V.E., io non ho firmato detta clausola, che non fa parte contratto, ma ho fatto osservare non avere istruzioni per discuterla. Queste tergiversazioni fanno riconoscere che il momento è giunto di avvertire Compagnia che il Governo del re è costretto riferire la questione al Governo inglese.

Mi risulta che il Foreign Office è stanco delle difficoltà che Compagnia ha creato al Governo con diverse Potenze e non dubito che esso eserciterà pressione favorevole ai nostri interessi. Aspetto istruzioni da V.E. in proposito (1). Mackinnon fu allontanato da Londra al mio arrivo.

(l) -Cfr. n. 603, nota l, p. 366. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo III, cit., pp. 255-256. (3) -Dove un gruppo di italiani era stato aggredito dagli indigeni, bombardati poi per ritorsione da una nave italiana.
650

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA (2)

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Roma, 31 luglio 1890, ore 11,15.

Il nostro console a Tunisi mi telegrafa (3) la notizia di un serio combattimento alla frontiera della Tripolitania fra tribù tunisine e tripoline. Non vorrei fosse una ripetizione della favola dei krumiri che diede pretesto al 1881 alla occupazione della Tunisia. Ora è la volta della Tripolitania (4).

651

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO S.N. Berlino, 31 luglio 1890, ore 18,30 (per. ore 20,20).

Ho comunicato al barone Holstein contenuto telegramma di V.E. d'oggi (5) con preghiera di sottoporlo al cancelliere; il barone mi fece osservare che l'Italia d'oggi non è più l'Italia del 1881 ed aggiungeva che tutte le notizie pervenute in questi ultimi tempi al Gabinetto di Berlino concordano nel dire che il Governo

francese non ha attualmente nessuna voglia di sollevare un conflitto. Egli non crede quindi assolutamente che i francesi pensino a varcare confini della Tripolitania soprattutto dopo le interpellanze ultimamente loro dirette dalla Germania e dall'Inghilterra relativamente alla Tunisia.

(l) Per la risposta cfr. n. 657.

(2) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 37-38.

(3) -Con T. riservato 182, pari data. (4) -Per le risposte cfr. nn. 651, 652 e 665. (5) -Cfr. n. 650.
652

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 178 (1). Londra, 31 luglio 1890, ore 19,50 (per. ore 20,35).

Se la notizia telegrafata da Tunisi (2) ha tanta gravità da lasciare fondatamente sospettare che la Francia voglia tentare un colpo di mano sopra la Tripolitania, credo che, date le disposizioni in varie circostanze recenti riscontrate in lord Salisbury, converrebbe che V.E. mi autorizzasse a fargli sentire che l'Italia non indulgerà a prendere l'iniziativa eli provvedimenti conservativi e di ordine materiale per il pronto ritorno allo statu quo, quali sarebbero per esempio l'invio di navi in tutti i porti della Tripolitania e l'invito formale alla Turchia di difendere l'integrità del suo territorio. Ma se V.E. non credesse conforme agli interessi della nostra politica generale il pigliare un siffatto atteggiamento prevedo che la risposta di lord Salisbury attenuerà o negherà l'importanza dei fatti occorsi. Egli declinerà di prendere in considerazione le probabili conseguenze; dirà che i consoli sogliano vedere grosso, che vi è nulla di straordinario in uno scontro di tribù sulle frontiere tripolitane, che si farebbe una politica congetturale attribuendo alla Francia intenzioni supposte. Sarebbe pertanto opportuno che V.E. mi desse le sue istruzioni (3) prima che io mi rechi da lord Salisbury per parlare di questa faccenda.

653

IL MINISTRO CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I. CRISPI (4)

T. PERSONALE S.N. Londra, 31 luglio 1890.

La lettera di V.E. (5) ha prodotto profonda impressione su Salisbury. Sua Signoria risponderà per iscritto fra breve (6). Per il momento mi ha incaricato

13) Cfr. n. 656.

di telegrafare a V.E. « che egli è convinto che il giorno in cui lo statu quu nel Mediterraneo sarà menomamente alterato è indispensabile che la Tripolitania sia occupata dall'Italia». Rammentò spontaneamente avermi manifestato altra volta tale opinione, punto importante della sua politica. Soggiunse: «L'occupazione italiana di Tripoli dovrà effettuarsi indipendentemente dagli avvenimenti in Egitto, sia che l'Egitto resti in mani britanniche o del sultano. Essa è richiesta da interesse europeo per impedire che il Mediterraneo diventi un lago francese. La sola questione da esaminare è l'opportunità del momento presente all'impresa». Su questo punto Salisbury differisce da V.E. Egli crede che il momento dell'occupazione non è ancora giunto. Quindi, la preghiera che Sua Signoria rivolge all'E. V. per mezzo mio, si contiene in una sola parola :<< aspettare ». Tale parola sarebbe già stata o sarà mandata a Roma da Berlino. Tutto porta a credere, secondo Salisbury, che nonostante la poca fede da darsi alle smentite francesi, il Governo francese sia sincero nell'affermare non aver concluso nuovi accordi col bey. All'osservazione che l'accordo potrebbe essere stato concluso da un precedente Gabinetto, Salisbury rispose che non si era potuto ottenere alcuna prova. «L'ostacolo principale ad una occupazione immediata di Tripoli si troverebbe nella resistenza del sultano che dichiarerà guerra all'Italia. Le condizioni della Turchia sono diverse da quelle all'epoca della cessione di Cipro. La Turchia da sé sola non è da temersi, ma: sarà appoggiata dalla Russia, che coglierà occasione di rendersi vassallo il sultano difendendone il territorio. Una mossa italiana contro Tripoli sarebbe il segnale dello smembramento della Turchia, sorte alla quale essa non può sfuggire ma alla quale in questo momento né le Potenze né l'opinione pubblica inglese, sono preparate. L'Italia non perderà nulla coll'aspettare, se si terrà pronta ad agire al momento in cui la Francia desse segno di attuare i suoi disegni».

Da parte sua, Salisbury avvertirà energicamente la Francia di astenersi dal

fare qualsiasi mutazione politica in Tunisia. Sulla mia domanda di dichiarare

risolutamente al Governo francese che la flotta inglese si unirà alla italiana

per mantenere lo statu-quo nella Tunisia, Salisbury rispose che una tale di

chiarazione avrebbe per effetto di suscitare un incidente parlamentare poiché

Waddington ne informerebbe Labouchère. Salisbury conchiuse: «Il Governo

italiano avrà la Tripolitania, ma il cacciatore per tirare sul cervo deve aspettare

che passi a portata del suo fucile affinché anche ferito non gli sfugga ».

Le mie impressioni sono le seguenti:

l) Le relazioni fra la Francia e l'Inghilterra sono assai più tese dell'anno

passato; 2) Salisbury è più deciso dell'anno passato a non lasciarsi sfuggire

l'Egitto, ed una mossa italiana contro Tripoli sarà seguita dal protettorato in

glese al Cairo.

La chiave di Tripoli è in questo momento a Berlino. Una parola risoluta da

Berlino infonderebbe a Salisbury l'ardire che gli manca. Sua Signoria desidera tre

o quattro giorni per farmi pervenire risposta alla lettera di V.E. Ritengo che l'indugio fu chiesto per mettersi in comunicazione con Berlino.

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (2) -Cfr. n. 650.

(4) Ed. in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 368-370.

(5) -Cfr. n. 629. (6) -Cfr. n. 669.
654

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (l)

L. PERSONALE. Roma, 31 luglio 1890.

Ho la sua del 27 (2).

Nulla ho da aggiungere alla mia lettera del 24 (3) ed ai telegrammi del 22 e del 26 (4). Sento quanto ella mi scrive nella sua del 27, e sul decreto per lo scioglimento del « Pro Patria » ritengo inutile per ora ogni ulteriore discussione.

Mi permetta, però, che io spenda poche parole sovra un argomento che scivolò quasi per incidente nella nostra corrispondenza e che è della massima importanza.

Io non voglio riandare le origini del trattato d'alleanza. Ammetto che se ne deve all'Italia l'iniziativa. Posso però giudicare la situazione quale essa è, ed in questo giova alle due parti parlarne senza preconcetti e con vero disinteresse.

Io sono di parere che l'alleanza sia utile all'Italia ed all'Austria.

L'Italia deve tener sicure le sue frontiere. Non potendo pel momento aver amica la Francia, ed è una sventura, deve ad ogni costo tenersi stretta all'Austria, e non comprometterne l'amicizia.

Se l'Austria ci sfuggisse, si alleerebbe subito alla Francia in difesa del papa. Le conseguenze sarebbero incalcolabili.

L'Austria alla sua volta ha bisogno dell'Italia. la quale, in certe occasioni, potrebbe renderle segnalati servizi. L'Austria, sicura alle Alpi e nell'Adriatico, avrebbe piena libertà d'azione verso l'Oriente, dove sono i suoi veri interessi e donde può essere assalita dai suoi veri nemici.

L'Austria è quella che è, e se volesse modificarsi correrebbe il rischio di andare in rovina. Per vivere però è obbligata a rispettare tutte le nazionalità racchiuse entro i confini dell'Impero.

Dalla parte nostra dirò che l'Italia è interessata perchè l'Austria non si sfasci. Per noi essa è una grande barricata di fronte ad eventuali e più pericolosi avversarii, che giova tener lontani dalle nostre frontiere.

Posto ciò, tra l'Italia e l'Austria non ci dovrebbero essere quistioni. Quella dei confini sarà, un giorno o l'altro, risoluta amichevolmente.

Vuolsi intanto osservare che in Italia l'alleanza coll'Austria non è simpatica, essendo putroppo recenti i ricordi delle lotte nazionali e del mal governo imperiale.

Necessario, quindi, che l'Austria faccia dimenticare il suo passato, e che negli atti di governo eviti di ferire il sentimento di nazionalità, che è ancora vivo negli italiani.

Queste considerazioni, signor conte, le proveranno che le mie opinioni sono abbastanza concilianti, e che quando io chiedo qualche cosa da cotesto Governo, lo fo sempre nell'interesse dei due Paesi.

(-4) Cfr. n. 631, nota l, p. 383 e n. 637.
(l) -Ed. !n CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 129-130. L'originale non è stato trovRto. (2) -Cfr. n. 641. (3) -Cfr. n. 631.
655

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI,

T. S.N. Vienna, 1o agosto 1890, ore 9,40 (per. ore 11,35).

Secondo telegramma di V.E. d'ieri l'altro sera (l) io porrò quesito a Kalnoky, quando sarà di ritorno, chiedendo quale sarebbe il contegno dell'Austria-Ungheria nel caso che la notizia da lei data si confermi. È però difficile ottenere una risposta precisa per un fatto ipotetico. La mia impressione è che la notizia d'oggi, al pari di quella dell'anno passato a quest'epoca, è infondata. La Francia aspetterà a fare l'annessione di Tunisi che l'Italia non abbia alleanze; si guarderà bene dal farla o dal conchiuderla ora.

656

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Roma, 1° agosto 1890, ore 11,30.

Con mio telegramma d'ieri (2) ho inteso informare il Governo britannico di ciò che avviene alle frontiere della Tripolitania. Pur rilevando i pericoli del momento attuale non prenderei alcuna iniziativa senza l'accordo con l'Inghilterra interessata come noi nel Mediterraneo. Credo però che potremmo concertarci sulle eventuali comunicazioni da farsi a Costantinopoli, in vista di una possibile occupazione della Tripolitania.

657

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO CATALANI, A LONDRA

T. COLONIALE RISERVATO 507. Roma, 1° agosto 1890, ore 16 (3).

Sono assolutamente disgustato dal contegno della Compagnia. A Mackenzie dissi solo che Italia non avrebbe tenuto ad esercitare il controllo a Kisimaio sui capi delle tribù poste fuori di quel territorio sulla destra del Giuba e soggette perciò all'influenza esclusiva dell'Inghilterra ( 4); non intesi affatto parlare di

tutti i capi di Kisimaio ed è perciò inesatto quanto Mackenzie mi attribuisce aver detto. Aggiunsi che dividendo il territorio di Kisimaio Compagnia poteva trasportare nella sua porzione capi delle sopradette tribù soggette alla sola influenza inglese. È poi inqualificabile volersi appoggiare nella questione delle sfere d'influenza alla riserva de Winton. Dica nettamente che l'Italia non ammette pretesa alcuna della Compagnia sui Paesi appartenenti all'Etiopia; che Governo inglese ha esplicitamente riconosciuto che Abissinia e tutte sue dipendenze dovranno restar fuori della sfera d'influenza inglese e che abbiamo il dovere d'aiutare l'imperatore d'Etiopia. Se crede, l'autorizzo anche a dichiarare che

R. Governo rompe qualunque trattativa colla Compagnia, riassumendo tutti i suoi diritti anteriori e riservandosi trattare col Governo inglese tutto ciò che concerne sua posizione, interessi e diritti nel Zanzibar. In tal modo la questione resterebbe deferita al Governo inglese (l).

(l) -Cfr. n. 648. (2) -Cfr. n. 650.

(3) Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano. tomo II, cit.. pp. 256-257.

(4) Cfr. n. 649.

658

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. SEGRETO S.N. Parigi, 1° agosto 1890, ore 16,40.

Ieri sul tardi mi recai al convegno fissatomi da Freycinet cui dissi che avendo per mandato mantenere buone relazioni fra i nostri Paesi, io, di mia iniziativa, mi rivolgeva amichevolmente a lui, come capo del Governo, per chiàmare la sua attenzione sullo stato della Tunisia rispetto all'Italia e sugli inr.itamenti fatti per la annessione alla Francia della Reggenza. Notai che l'Italia non poteva rimanere indifferente a tali atti e che se non provvedevamo in tempo per stabilire a questo riguardo un accordo atto a dare soddisfazione all'Italia, potrebbe da Tunisi scoppiare l'incendio che darebbe luogo ad una conflagrazione generale che, per quanto da noi dipende, vogliamo evitare, perché sarebbe per tutti funesta. Feci osservare che l'occupazione francese della Tunisia fu considerata dall'Italia come grande offesa e danno, poiché tendeva a privare l'Italia di un esutorio {3) necessario alle sue popolazioni laboriose, che da tempo immemorabile praticavano quelle regioni prossime alla Sicilia. Se quell'annessione, ambita dalla Francia, avvenisse, l'Italia dovrebbe avere un compenso territoriale ed inoltre serie garanzie per i suoi nazionali che non potrebbero cessare di frequentare la Tunisia, dove, d'altronde, il concorso del loro lavoro è necessario alla prosperità del Paese. Ricordai che una tale necessità era stata riconosciuta da parecchi ministri

francesi, fra gli altri da Ferry che mi prometteva il concorso del Governo francese stesso perché occupassimo Tripoli in cambio della Tunisia che rimarrebbe incontestata alla Francia. Tale divisamento non ebbe seguito per forza di mutamenti ministeriali avvenuti tanto in Italia quanto in Francia. Ciò posto, dissi a Freycinet che stava a lui di escogitare un modo di dare soddisfazione all'Italia per stabilire un sincero accordo, ugualmente desiderevole e necessario per entrambi. Freycinet, prendendo la parola, dichiarava riconoscere la gravità della questione tunisina e avere sempre raccomandato ai suoi colleghi del Ministero degli affari esteri di evitare tutto ciò che potesse urtare gli italiani in Tunisia, moderando lo zelo intempestivo dei funzionari. Egli, al pari di me, riconosceva l'importanza di reciproche buone relazioni fra i nostri Paesi e non nascondeva paventare grandemente la guerra, le cui conseguenze potrebbero essere disastrose per tutti. Freycinet disse spontaneamente che i supposti accordi per l'annessione della Tunisia non esistevano affatto e me lo ripetè più volte, poscia mi promise che avrebbe conferito con Ribot e studiato il modo di sciogliere l'arduo problema. * Nel corso della conversazione non tralasciai di parlare delle atrocità della stampa francese contro l'Italia, e designai l'infame articolo pubblicato nel Matin di jeri. Nella conversazione colsi pure l'occasione per ricordare senza spavalderia che i nostri principi sanno maneggiare la spada e suscitare entusiasmi nelle nostre popolazioni*. Aspetto dunque la risposta di Freycinet che mi mostrò la massima benevolenza. * Intanto soggiungerò che jeri l'altro, parlando con Ribot dello hinterland tripolitano, gli domandai se la Francia intende estenderlo fino al confine egiziano. Mi rispose di no, ma che pensava comprendervi la grande strada delle carovane che unisce il Sudan alla Tripolitania * (1).

(l) -Con T. particolare dello stesso 1° agosto. ore 16,15, Pisani Dossi comunicò a Catfllani· "Quando fu firmato il contratto del 3 agosto 1889, non avevamo in Etiopia la posizione definita e riconosciuta anche dal Governo inglese che abbiamo adesso. Ci sarebbe impossibile adesso abbandonare alla Compagnia il Caffa e gli Stati Galla del sud conquistati da Menelik senza perdere ogni prestigio in Europa, ogni autorità presso Menelik >>. (2) -Da ACS, Carte Crispi, ed., con l'omissione del passi fra asterischi, in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 378-379. (3) -Sic, dal francese « exutoire >>.
659

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORI A LONDRA, TORNIELLI, E A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA

D. RISERVATISSIMO (2). Roma, 1° agosto 1890.

Trasmetto, qui unito, all'E.V. una memoria (3) nella quale sono raccolti principali fatti che stanno a provare le mire della Francia sulla Tripolitania.

Il Governo del re non può rimanere indifferente al lavoro che da Parigi e da Tunisi si va compiendo ed ha fondato motivo di credere che se ne debbano preoccupare anche gli altri Stati e specialmente le Potenze Alleate. Poiché se la Francia venisse ad estendere il suo dominio dalla frontiera del Marocco a quella dell'Egitto, l'Italia, obbligata a guardarsi da un'Africa francese che la minaccerebbe da Biserta fortificata e da tutta la costa tripolitana, più non potrebbe, eventualmente, prestar,e all'alleanza quel concorso che oggi sarebbe in grado di dare, mentre il formidabile centro di potenza militare che la Francia costituirebbe nel Mediterraneo, paralizzando Malta e Gibilterra, verrebbe a compromettere per sempre la libertà di quel mare a danno di tutte le altre Nazioni.

Si aggiunga, che, insediatasi nella Tripolitania, la Francia cercherebbe subito di sfruttare senza riguardi per gli altri la nuova teoria dello hinterland. Glà la stampa francese, applicando ad esagerazione quella teoria, contende qualunque futura espansione nell'interno del continente africano all'Impero del Marocco, ai possessi spagnuoli dal Capo Bianco al Capo Bejador, a quelli del Portogallo e dell'Inghilterra presso Capo Verde, alla Repubblica di Liberia, ai possedimenti e protettorati inglesi della Costa d'oro, del Niger e del Benué e al protettorato tedesco del Camerun. Questo enorme territorio (12 milioni circa di chilometri quadrati) agognato dai francesi nel settentrione dell'Africa, che confinerebbe ad oriente coll'Egitto propriamente detto e col Darfur, tenderebbe naturalmente ad assorbire anche quest'ultime regioni; e la sfera d'influenza britannica, che dall'Oceano Indiano si stende, in seguito agli ultimi accordi anglo-germanici, lungo tutta la valle del Nilo, correrebbe serio pericolo.

Ora e per mantenere intatte le forze della Triplice Alleanza e per tutelare la libertà del Mediterraneo e per non turbare la pacifica ed equa spartizione dell'Africa che si è iniziata, non deve essere consentito alla Francia di ripetere in Tripolitania quanto ha fatto a Tunisi. Sulle dichiarazioni che il Governo della Repubblica abbia potuto o possa fare in contrario, la diffidenza non è mai troppa. Scaltriti dall'esperienza di Tunisi, sappiamo quanto esse valgano. L'avvertimento che l'Italia dà alle Potenze amiche ed alleate non è prematuro.

L'E.V. nell'intrattenere del grave tema codesto signor ministro degli affari et:teri vorrà servirsi degli argomenti sovraccennati aggiungendovi quanti altri crederà migliori e vorrà citare i fatti indicati nell'annessa memoria. Soggiungerà che il Governo del re ha piena fiducia che codesto Governo sarà per prestargli il suo appoggio per risolvere una questione che è per tutti del maggiore interesse ed è capitale per noi. V.E. è poi autorizzata a rilasciare, a titolo confidenziale, una delle due copie del memorandum qui unito.

E si compiacerà di riferirmi, telegraficamente, il risultato del suo colloquio (1).

D. -27947/596 dello stesso 1° agosto. Per le risposte cfr. nn. 670, 685 e 688.
(l) -Si pubblica qui la prima parte della L. p. di Ressman. Parigi, 7 agosto 1890 (ACS, Carte Crispi): <<Il commendator Mayor, cui affido queste due righe, potrà farle fede elle fino dalla prima ora del mio ritorno a Parigi ho coscienziosamente riferiti al generale Menabrea 1 concetti e le istruzioni di V. E. esponendogli pure quelle idee di tattica ch'erano state da lei approvate. L'E. V. già conosce il primo passo fatto dal generale. Ma non siamo più ai tempi di Ferry. Questi signori hanno le riso•uzioni meno pronte, e l'indugio d'una risposta qualsiasi <lei signor de Freycinet farebbe credere che si dibattono tra l'imbarazzo, la diffidenza e la voglia d'essere i più scaltri. I giornali annunziando ora che il presidente del Consiglio si recherà lunedì prossimo in !svizzera per passarvi alcuni giorni, il generale gli ha ricordato stamane con due righe che aspettava sempre una chiamata da lui. Dopo il colloquio del 31 luglio con Freycinet, il generale non vide nemmeno una volta il signor Ribot che ieri non diede le sue udienze ebdomadarie al corpo diplomatico. Ed intanto, è meglio cosi ». Per il seguito della questione cfr. nn. 681 e 687. (2) -Il dispaccio venne inviato a Berlino col n. 27794/332, a Vienna ·col n. 27795/607 e a Londra col n. 27801/404. (3) -Non si pubbl!ca. (l) -Il dispaccio e l'allegato furono inviati, per conoscenza, all'ambasciata a Parigi con
660

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1811. Pietroburgo, 2 agosto 1890, ore 17 (per. ore 18,10).

Relativamente visita imperatore Guglielmo quest'ambasciatore germanico tiene linguaggio identico a quello di Giers riducendone significato politico, soggiunge però che «avrà almeno per effetto di addolcire l'impressione che potrebbero produrre le grandi manovre russe di settembre le quali comandate dai noti generali Gurko e Dragomirov si spiegheranno in Polonia sino a pochi chilometri dalla frontiera Austria ».

661

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATISSIMO 180 (1). Londra, 2 agosto 1890, ore 18,36 (per. ore 21,30).

Salisbury ha telegrafato Tunisi. Quel console inglese rispose non avere del combattimento (2) altra notizia che quella datagli dal suo collega italiano. Salisbury persiste credere che attuale Governo francese non abbia intenzione di tentare novità in Tunisia. Per hinterland Algeria fu ammesso che esso tocchi soltanto riva occidentale lago Tchad; negoziati non sono però ancora totalmente finiti (3).

/

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (2) -Risponde al n. 650. (3) -Sul colloquio con Salisbury di cui al presente telegramma Tornielli riferì con maggiore ampiezza nel R. riservato 964/592 del 5 agosto di cui si pubblicano i passi seguenti: <<Più volte dovetti notare, nel mio carteggio con il r. ministero, che lord Salisbury, finché continuerà ad essere quasi esclusivamente intento a comporre lo strascico di difficoltà nelle quali la clausola Oel trattato anglo-germanico, relativa allo Zanzibar, lo ha impigliato, guarderà con occhio distratto alle conseguenze della politica francese in Tunisja, conseguenze che egli considera in parte come ipotetiche, in parte come lontane e che inoltre non eccitano nel pubblico inglese l'interesse che noi vi annettiamo ... [Salisbury], osservando che l'agitazione risultant<.> dagli ultimi negoziati, non ancora completamente terminati, fra Londra e Parigi, avea momentaneamente mal disposto il terreno per una trattativa tendente ad invitare amichevolmente la Francia a spiegare le sue intenzioni, soggiungeva spontaneamente che, dopo le: vacanze estive ormai inoltrate, la situazione più calma, sovra la quale si poteva fondatamente sperare, permetterebbe l'esame di ciò che, nella direzione da me indicata, si potrebbe praticamente fare. Se io non erro, quest'ultima dichiarazione di lord Salisbury ha sovratutto il vantaggio di permettere al R. Governo di tenerne il conto che le circostanze consiglieranno. Qualora, in vista della critica situazione che la scadenza del nostro trattato con Tunisi ci prepara, entro un non lungo periodo di anni, a noi convenisse profittare di un momento meno sfavorevole per cercare la base di un componimento nella rinunzia della Francia di costruire opere militari lungo il litorale tunisino, noi potremmo trovare, nella dichiarazione sovra riferita, un comodo punto di partenza delle delicate trattative dirette a prestabilire, con il Gabinetto inglese, le intelligenze indispensabili per toccare, senza pericolo di complicazioni e con intendimenti pratici, ad tì.n::t così grave e spinosa materia ».
662

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

T. PERSONALE RISERVATO S.N. Roma, 2 agosto 1890, ore 19.

Ho più volte avvertito cotesta ambasciata sugli sconfinamenti che si fanno

o si tentano dalla Francia dalla Tunisia nella Tripolitania. Or sento il dovere d'informarla, che in un colloquio su cotesto argomento tenuto il 31 luglio dal generale Menabrea col ministro Ribot (2), questi dichiarò che, nello hinterland preteso dalla Francia, essa intende comprendere la grande strada delle carovane che unisce il Sudan alla Tripolitania. Ove ciò fosse, la Francia verrebbe a prendere quasi tutto l'hinterland tripolitano, togliendo qualunque avvenire a quella provincia. Ne prevenga il Foreign Office (3).

663

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (4)

·.r. PERSONALE RISERVATO S.N. Roma, 2 agosto 1890, ore 23.

Siccome dopo il colloquio del 31 luglio elìa dovrà ri\•edere Freycinet e forse anche abboccarsi con Ribot, credo bene determinare i concetti sostanziali di ulteriore discorso. Primamente bisognerà persuadere cotesti signori che noi non potremo permettere alcun mutamento politico nella Tunisia e che qualora il Governo della Repubblica assumesse la piena autorità nella Reggenza avremmo con noi i nostri alleati. Il protettorato fu tollerato perchè l'Italia era isolata, ma oggi non siamo più al 1881. La Tripolitania appartiene all'Impero ottomano, e noi per averla non vorremo provocare una guerra europea. La Francia qualora si mostrasse disposta a facilitarcene il pacifico acquisto come compenso della Tunisia dovrebbe adoperarsi con tutti i suoi mezzi a Costantinopoli ed a Pietroburgo, donde naturalmente verranno le opposizioni. È bene che questo sia posto in chiaro, perchè a noi non basta il solo consenso della Francia per occupare il suddetto territorio. *Poichè l'iniziativa delle tri'.ttative con cotesto Governo devesi all'E.V., ed io la ringrazio, giova essere espliciti nelle nostre domande e ad un tempo cauti *

31 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) Ed. in CR!SPI, Questioni internazionali, cit., p. 38.

(2) -Cfr. n. 658. (3) -Per la risposta cfr. n. 666. (4) -Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa; ed., con l'omissione del passo fra asterischi, In CRISPI, Politica estera, cit., pp. 378-379.
664

IL MINISTRO CATALANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 650. Londra, 2 agosto 1890, ore 23,21 (per. ore 1 del 3).

Ho fatto a Mackenzie comunicazione verbale conforme ordine telegrafico di V.E. (2) ed essendomi stata chiesta comunicazione scritta nostre intenzioni definitive ho detto che il Governo del re si riservava comunicare con la compagnia per mezzo r. ambasciatore e Foreign Office. A tale dichiarazione Mackenzie mi ha assicurato che la compagnia rinunziando precedenti domande era pronta a firmare contratto di trasferta conforme verbatim all'accordo 3 agosto e che il R. Governo non poteva chiedere di più. Nonostante istanze di Mackenzie ho rifiutato senza rompere nè buone relazioni personali nè trattative. La mia ultima proposta fu di aggiungere semplicemente al contratto che delimitazione influenze sarebbe stabilita in un susseguente accordo fra Governo del re e Governo britannico. Aspetto ordini telegrafici di

V.E. (3) per consegnare al r. ambasciatore telegrammi e documenti circa questione. Ho spedito ieri rapporto a V.E. colla posta (4).

665

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Vienna, 3 agosto 1890, ore 14,30 (per. ore 16).

Scrivo a Kalnoky per non perder tempo notizia del conflitto sulla frontiera tripolitana (5). Al suo ritorno gli poserò la questione indicata dall'E.V. col telegramma del 30 (6). Io le ho già partecipato col mio telegramma del 25 (7) che Kalnok mi incaricò di farle sapere essere il Governo austro-ungarico pronto ad associarsi coll'Inghilterra e quindi anche colla Germania a qualsiasi azione diplomatica diretta a mantenere lo statu quo nel Mediterraneo. Sarebbe importante il sapere se l'una o l'altra delle Potenze suddette siano disposte a fare altrettanto, giacché da sola l'Austria-Ungheria non basterà.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano. tomo II. cit., p. 259.

(2) -Cfr. n. 657. (3) -Cfr. n. 674. (4) -Non pubblicato. (5) -Cfr. n. 650. (6) -Cfr. n. 648. (7) -Cfr. n. 633.
666

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 652. Londra, 3 agosto 1890, ore 15,40 (per. ore 17,55).

Ogni volta che codesto ministero ha avvisato questa ambasciata di sconfinamenti francesi a danno Tripolitania o di atti tendenti preparare ingrandimento, a pregiudizio di questa provincia ottomana, non ho mancato di parlarne al Foreign Office ed anche di lasciare memoria dei nomi delle località segnalate. Ho reso conto a V.E. di quelle comunicazioni e dell'accoglienza fatta alle medesime. Non era forse ancora pervenuto a V.E. il mio telegramma d'ieri, 8 pomeridiane (2) allorchè ella ha telegrafato circa pretesa confessata da Ribot a Menebrea in abboccamento del 31 luglio (3). Dalle cose dettemi ieri da Salisbury circa hinterland tripolitano risulta che accordo stabilito lascia che Francia arrivi toccare soltanto riva occidente lago Tchad. Sua Signoria mi ha detto espressamente che tutti i diritti del sultano erano stati salvaguardati. La trattativa non essendo ancora stata chiusa ieri nel pomeriggio e Salisbury essendosi trasferito in campagna per tre giorni, gli scrivo oggi stesso un privato biglietto per avvisarlo che pretese Ribot tendono mettere in mano della Francia strada carovane del Sudan, che, in circostanze date, può essere importantissima e utile allo Stato che possiede Algeria e Tunisia, anche per operare nascostamente sovra altre parti Africa. Sua Signoria comprenderà certo allusione all'alto Egitto e, se un impegno positivo non è stato già preso, sono persuaso che porterà sua attenzione più scrupolosa ad evitare che strada suddetta passi alla Francia ( 4).

667

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, MALMUSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (5)

R. 1346/252. Trieste, 3 agosto 1890 (per. il 6).

Anzichè riferire, e necessariamente ripetere le notizie già pubblicate e diffuse dalla stampa, mi sembra di dover piuttosto riassumere e considerare fatti di maggior rilievo e d'interesse per il R. Governo.

L'ordinanza ministeriale che pronunciò la dissoluzione del «Pro Patria~ è stata dappertutto, e con estremo rigore applicata ed eseguita.

Chiuse le scuole e gli asili d'infanzia dipendenti dalla società, il Governo con una lunga serie di provvedimenti, che i più giudicano errori, se ne appropriò i documenti i registri ed i fondi: vietò le collette, proibì ogni pubblica adunanza e manifestazione e tutti quasi sequestrò i giornali del Regno.

Ma queste severe misure non fecero che accrescere i malumori nazionali ed inasprire una situazione già per se stessa difficile, nè scevra di pericoli: offesero ma non sgominarono gli italiani; dispiacquero ai tedeschi, inquieti della parte d'influenza che lo Stato concede agli slavi; nè i croati e sloveni contentarono, perché parvero miti troppo e insufficienti.

Impensierisce, per vero, il loro contegno e l'aggressivo linguaggio della stampa slava la quale fin d'ora proclama il proprio trionfo e la ruina di nostra nazionalità.

Rassicura invece il calmo e dignitoso atteggiamento degli italiani regnicoli e non regnicoli.

I cittadini del Regno infatti provano tuttodì d'intendere non solo le esigenze della politica internazionale ma di sentire quanto importi nell'interesse dei connazionali soggetti all'Austria, di starsene assolutamente da parte; i non regnicoli hanno saputo resistere al partito che tentò trascinarli più in là del dovere, ma servendosi dei mezzi legali forniti dalla costituzione, seriamente rivendicano l'uso dei diritti che la stessa costituzione loro consente.

A Trieste frattanto di giorno in giorno si aspettano le decisioni del supremo tribunale dell'Impero, e tali si sperano da permettere che il soppresso sodalizio su altre basi risorga.

Nell'Istria, dove sono più numerose che altrove le scuole italiane, l'agitazione è maggiore: e le fiere parole pronunciate dal podestà di Rovigno nell'ultimo recente congresso della società politica istriana (V.E. potrà leggerne ll testo Ecll'accluso foglio) (l) tutta ne rivelano la gravità e l'importanza.

In Dalmazia, e secondo risulta dal pur qui compiegato rapporto, gli slavi danno quasi per finita la lotta, e dettano addirittura patti e condizioni.

(l) Ed. ln CarSPI, Questioni internazionali, cit.. pp. 38-39.

(2) -Cfr. n. 661, che però risulta spedito alle ore 18,36. (3) -Cfr. n. 662. (4) -A una lettera di Tornlelli a Salisbury del 4 agosto, che non si pubblica, Sa!lsbury rispose con lettera del 5 agosto sulla quale Tornie'll riferì con il R. riservato 973/597 del 7 agosto dl cui sl pubblica il passo seguente: <<Sua Signoria mi assicura che, sebbene egli non comprenda di quale strada carovaniera io abbia inteso parlare, tuttavia nessuna alterazione è da temersi relativamente alla medesima, giacché, simultaneamente alla firma dell'accorrlo con la Francia, a questa fu consegnata una nota la quale chiaramente dichiara che l'accordo stesso né tocca, né può toccare ad alcuno dei diritti che il sultano può avere nelle regioni giacenti a mezzodì dei suoi domini tripolitanl. Cortesemente lord Salisbury, nello stesso biglietto, m'informa che l'accordo stipulato con la Francia segna soltanto la linea che separa la zona spettante alla « British Niger Company » da quella reclamata dalla Repubblica francese, e che al diritti d! nessuna terza Potenza è stato toccato ».

(5) Ed. In CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 133-134.

668

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

'I'. RISERVATO PERSCNALE 182 (2). Londra, 4 agosto 1890.

La comunicazione da me proposta con il telegramma del 24 luglio (3) dovrebbe essere di un dispaccio a me diretto e firmato da V.E. Attesa però

la premura di fare tale comunicazione prima che lord Salisbury parta, proporrei di rimettergli copia del dispaccio seguente del quale ella potrebbe mandarmi l'originale firmato con la data di domani 5 agosto (1): «Signor ambasciatore, mentre V.E., conformemente alle mie istruzioni, aveva iniziato col principale segretario di Stato per gli affari esteri di S.M. britannica uno scambio d'idee tendente a prevenire le conseguenze dell'accordo che si afferma fosse stabilito fra il Governo francese ed il regnante bey di Tunisi per introdurre, alla morte di quel principe, un mutamento sostanziale nelle condizioni della sovranità della Reggenza, e mentre si aspettavano i particolari delle prime notizie in proposito ricevute, S.E. il marchese Salisbury mi fece cortesemente comunicare, per mezzo dell'ambasciatore inglese a Roma (2) la smentita formale data alle notizie stesse dal ministro degli affari esteri della Repubblica. Ai ringraziamenti che S.E. lord Dufferin fu da me incaricato di porgere al suo Governo per tale amichevole ed importante comunicazione, io desidero che ella aggiunga l'espressione della soddisfazione in me prodotta dalle dichiarazioni a lei fatte da lord Salisbury, le quali mi danno la certezza che, se la esplicita smentita del Gabinetto di Parigi non avesse reso per ora superflua la continuazione dell'iniziato scambio d'idee e se altre considerazioni di opportunità non avessero consigliato di soprassedere per non recare incaglio a trattative più urgenti in corso fra Londra e Parigi, i Governi di S.M. il Re nostro Augusto Sovrano e di S.M. la Regina d'Inghilterra si sarebbero subito trovati d'accordo per invitare tutti gli altri Stati interessati alla conservazione dell'equilibrio dello forze nel Mediterraneo ad intendersi circa ciò che la previsione del mutamento di sovranità nella Reggenza di Tunisi avrebbe reso necessario. È opinione del Governo di S.M. il Re, la quale io spero sia divisa pienamente da quello di S.M. la Regina, che, mentre le presenti circostanze hanno permesso di sospendere l'esame di eventualità che non sembrano prossime, qualora dovessero sopraggiungere nelle circostanze stesse variazioni che suggerissero di ripigliare in considerazione gli interessi comuni, impegnati nella conservazione di quell'equilibrio, le fiduciose dichiarazioni scambiate recentemente fra l'E.V. e S.E. il marchese di Salisbury offriranno la base di un pronto accordo, bastevole certamente per prevenire qualunque serio pericolo che sovrastasse agli interessi medesimi. Per questo motivo mi riuscirono preziosissime le assicurazioni che nel senso sovra espresso ella fu in grado di comunicarmi in seguito al colloquio da lei avuto col principe segretario di Stato di S.M. britannica il giorno 21 dello scorso mese (3) ed è mio desiderio che Sua Signoria conosca tutto il valore che il Governo di S.M. il Re vi annette. Voglia perciò dare di questo dispaccio lettura a

S.E. il marchese di Salisbury e !asciargliene copia se egli la desidera».

(l) -Non si pubblicano gli allegati. (2) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato. (3) -Con il T. riservato 174 del 24 luglio Tornielli aveva proposto che gli venisse indirizz?.to un messaggio «col quRle si mettesse in sodo per qualunque eventualità si avesse a produrre all'epoca della morto del bey che i Governi italiano ed inglese hanno avt:to in proposito uno scambio èi idee al quale non si è dato seguito in conseguenza della formale dichiarazione del Governo francese. Bisognerebbe che questo dispaccio mi pervenisse prima della partenza di Salisbury cioè non più tardi dei primi di agosto». (l) -Crispi autorizzò Tornielli con T. personale del 5 agosto a comunicare a Salisbury il dispaccio; esso è ed. in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 374-375. (2) -Cfr. n. 632. (3) -Cfr. n. 625.
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IL PRIMO MINISTRO E MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. CONFIDENZIALE. Londra, 4 agosto 1890.

J'ai l'honneur d'accuser réception de la lettre (2) dont V.E. a bien voulu m'honorer. Je l'ai lue avec le plus grand intéret.

Je suis d'accord avec V.E. sur l'avenir probable de la Tunisie. Elle deviendra fatalement française un jour ou l'autre: mais je crois cette issue assez loin. Aussi, je me trouve en parfaite harmonie avec vos idées sur le danger d'une avance ultérieure de la part de la France. Les intérets politiques de la Grande Bretagne aussi bien que ceux de l'Italie ne comportent pas que la Tripolitaine ait une destinée semblable à la Tunisie. Il faut absolument parer à une telle éventualité, quand elle nous menacera. Mais je ne la crois pas proche. La France a beaucoup de chemin à faire avant de se trouver à ce point là.

Or, dans une telle affaire, les précautions prématurées sont pleines de danger. Si l'Italie venait à occuper Tripoli en temps de paix sans que la France ait pris aucune mesure agressive, elle s'exposerait au reproche d'avoir réveillé la question d'Orient dans des conditions fort désavantageuses. Le sultan ne supportera pas la perte d'une autre province sans pousser des hauts cris. Pour garder san territoire il fera sacrifice de son indépendance, et il acceptera le protectorat et le soutien de la Russie.

Ainsi, si j'osais offrir une conseil à V.E., je la prierais vivement d'agir avec beaucoup de circonspection et de patience dans cette affaire; et, tant que les desseins de la France n'ont pas pris corps, d'éviter toute action qui pourrait nous compromettre irrévocablement avec le sultan.

Je prie V.E. de croire toujours à la sympathie vive que le peuple et le Gouvernement anglais ressentent pour l'Italie.

670

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Vienna, 5 agosto 1890, ore 16.

Ho intrattenuto oggi Kalnoky delle cose di Tunisi e di Tripoli, e gli ho confidenzialmente comunicato il memorandum confidenziale (annesso al di

spaccio del lo agosto 1890 Gabinetto 27795/607 Tripolitania) (l) che egli si riservò di esaminare. Kalnoky crede che la Francia certamente non uscirà più di Tunisi e farà il possibile per procedere a poco a poco nella via dell'annessione. Ma non crede alla convenzione di successione tunisina, nè all'intenzione della Francia di tentare qualsiasi cosa su Tripoli. Ciò non di meno, in seguito alla nostra insistenza egli farà interrogare ufficialmente il Governo francese, e prenderà atto della risposta, come deve fare il Governo germanico. Quanto all'attitudine dell'Austria-Ungheria essa è la seguente: il Governo austro-ungarico è disposto ad associarsi a qualunque azione diplomatica insieme colle Potenze amiche in favore dell'Italia. Esso non ha alcuna difficoltà che l'Italia, se l'occasione si presenta, abbia un compenso sulle coste africane. Ma ci avverte amichevolmente che è della più alta importanza per le Potenze alleate di non gettare la Turchia in braccio alla Russia e alla Francia. Ci avverte ancora che esso non potrebbe prendere alcun impegno per dare all'Italia un concorso materiale, attesochè tutte le sue forze non sono troppe per sorvegliare la Russia. Questo è quanto ho potuto ottenere dalla bocca di Kalnoky. Sarebbe inutile l'insistere per chiedere altro. Desidero sapere, per mia norma, se ella considera questa risposta soddisfacente (2).

(l) -Da ACS, Carte Crispi, ed. In CRISPI, Politica estera, c!t., pp. 370-371. (2) -Cfr. n. 629.
671

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 188. Vienna, 5 agosto 1890, ore 17,45 (per. ore 19,20).

n principe di Bulgaria ha fatto ieri visita a Kalnoky da cui ha ricevuto consiglio di nulla precipitare e di continuare nella via prudente in cui si è rr1esso senza fretta e senza deviazione. Ha promesso che farebbe così; ha dichiarato non aver avuto e non avere intenzione d'abdicare.

672

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETISSIMO S.N. Berlino, 5 agosto 1890.

Cancelliere mi fece chiamare oggi e dopo avermi nuovamente attestato con sentite parole tutto il prezzo che il Governo imperiale annette al mante

nimento al potere del Gabinetto presieduto da V.E. disse essere penetrato dell'alta importanza per l'Italia della questione tunisina e della posizione difficile in cui troverebbesi il Governo se tale questione venisse risoluta a danno nostro. Le interpellanze recentemente dirette dalla Germania e dall'Inghilterra al Governo francese sono di natura a servire a questo di ammonimento e a distornarlo pel momento dal tradurre in atto i suoi piani. J.\.fa è evidente che la questione risorgerà tosto o tardi. È dunque necessario prepararsi maturamente ad affrontarla. Questo forma ora l'oggetto di tutte le cure del Gabinetto di Berlino il quale procede attualmente ad un scambio d'idee in proposito coi Governi inglese e austriaco. Il cancelliere assicuravami che a Vienna le disposizioni sono buone. A Londra le cose vanno lentamente. Il conte Hatzfeldt, il quale è in ottime relazioni con lord Salisbury e ben ne conosce la tempra, è tuttavia persuaso che, come precedentemente riferii a V.E. (1), convenga procedere gradualmente e non accentuare le premure sopra tutto prima della chiusura del Parlamento. Accennando ai compensi che l'Italia potrebbe chiedere per eventuale sovranità completa della Francia su Tunisi ed alle nostre viste future relativamente alla Tripolitania, il cancelliere mi faceva intendere che non conviene sollevare la questione anzi tempo e che per risolverla occorre un piano ben stabilito tra le Potenze Alleate d'accordo coll'Inghilterra. S.E. spera si potrà arrivare a tale soluzione senza conflitti. Nondimeno bisogna tenersi preparati ad ogni peggiore eventualità e, questa presentandosi, avere in mano tutti i possibili elementi politici e militari di successo. Ora l'armamento della fanteria germanica col fucile a piccolo calibro sarà compiuto soltanto nella primavera ventura e la formazio dei due nuovi corpi d'esercito soltanto nel prossimo inverno. Tutto dunque consiglia di camminare attualmente lentamente, con prudenza e sicuramente, di non correre il pericolo di aprire la questione d'Oriente, di inimicarsi la Turchia (la quale qualunque sia la sua durata potrà essere ancora di grande utilità nella prossima guerra) e di gettarla in braccio della Francia e dei suoi alleati. Il cancelliere conchiudeva insistendo ancora sulla necessità di attirare sempre più l'Inghilterra verso la Triplice Alleanza e di invogliarla a prendere parte attiva nella politica generale europea prestandole il maggiore appoggio possibile nelle questioni che la interessano direttamente. S.E. mi incaricava infine d'assicurarla che, pur procedendo a passi contati, il Governo imperiale prende a cuore gli interessi dell'Italia e se ne occupa seriamente, convinto della comunità degli interessi dei due Paesi. Alla cancelleria imperiale non sono pervenute notizie sul recente combattimento di tribù alla frontiera tripolitana. Non pare tuttavia che la Francia oserebbe tentare in questo momento un colpo di mano da quella parte. Rimane dunque tempo per prepararsi alle eventualità dell'avvenire. Il cancelliere insistette replicatamente sulla necessità che tutto quanto precede rimanga un segreto

assoluto tra lui e V.E.

(l) -Cfr. n. 659. (2) -Per la risposta cfr. n. 675.

(l) Cfr. n. 628.

673

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1842. Pietroburgo, 6 agosto 1890, ore 15,15 (per. ore 17,45).

Novoie Vremie d'oggi, commentando articolo della Riforma, che qualifica di organo personale dell'onorevole Crispi, sul rescritto dell'imperatore al ministro della guerra, dice che le tendenze pacifiche dell'imperatore sono note da gran tempo; che il primo ministro italiano sembra ora inclinare a maggiori simpatie verso la Russia e che ciò non può che riuscire gradito a chi ha sempre considerato come un increscioso malinteso la politica anti-russa dell'attuale Min1stero, come del Ministero Depretis-Robilant.

674

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 510. Roma, 6 agosto 1890, ore 15,30.

Catalani consegnerà a V.E. documenti relativi ultime trattative con Compagnia britannica dovute interrompere non volendo essa cedere nostre domande circa sfere influenza. V.E. dovrà dirigere a Mackinnon una comunicazione scritta domandata dai direttori per la quale mando per posta le istruzioni (1). Frattanto avendo occasione vedere Mackinnon o Mackenzie lasci comprendere che il R. Governo è disposto a fare qualche ragionevole concessione circa Kisimaio in cambio aggiustamento domandato sfere influenza sul quale non può transigere.

675

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Roma, 6 agosto 1890, ore 16.

Il problema è grave, ed anch'io sono d'avviso che non bisogna mettere la Turchia in condizione da gettarsi in braccio dei nostri avversarii (2). Il che importa, che per la soluzione, essendo tutti decisi ad evitare la guerra, giovi lavorare a Costantinopoli e a Pietroburgo. So purtroppo che le forze austriache

bastano appena ad assicurarsi contro la Russia, e però non posso pretendere ad un concorso materiale dell'Impero. Del resto io rifuggo dal provocare la guerra per i casi di Tunisi, e sarò fortunato se potrà la questione essere pacificamente risoluta. Comprendo quindi la risposta di Kalnoky e non potevo attendermi altro da lui.

(l) -D. 28552/417 del 7 agosto, ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit.. pp. 260-262. (2) -Cfr. n. 670.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 654. Londra, 6 agosto 1890, ore 21,31 (per. ore 23,10).

*Non ho potuto vedere oggi Salisbury che domani va ad Osborne, venerdì in villa e sarà qui soltanto lunedì. Avrò probabilmente in questo ultimo giorno abboccamento circa le cose della Tripolitania. Ho intanto rimesso al Foreign Office copia della nota relativa alla successione tunisina* (1). Il negoziato con la Francia è finito, però una commissione traccerà la linea accettata in massima dalle due parti. Essa separa il territorio della compagnia inglese del Niger da quello domandato dalla Francia. Le ragioni tutte della Turchia sui paesi situati a mezzodì della Trìpolìtanìa furono espressamente riservate con apposita nota (2).

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IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. SEGRETISSIMO S.N. Tripoli, 7 agosto 1890.

Decifri ella stessa. Profittando che Sid Hassuna Caramanlì travasi qui, chiamatovi dal governatore generale per gli ultimi avvenimenti frontiera gli

V. -E. questa mia opinione dall'impressione che In me fecero le accoglienze avute qui ognivolta che mi occorse po •lare al Foreign Office delle cose relative alla Tripolitania. Malgradola calcolata misura e prudenza del mio linguaggio, In ogni occasione io mi dovetti accorgere che lord Salisbury attribuisce al Governo di Roma delle Intenzioni di annessione di quellaprovincia ottomana all'Italia e cbe la nostra sollecitudine, per la conservazione delle ragioniterritoriali di quella provincia, non gli sembra suggerita unicamente da considerazioni di equilibrio e da desiderio di mantenimento dello statu quo. Sebbene, in parecchie occasioni. lo mi sia adoperato a distruggere. od almeno a non lasciar crescere siffatte prevenzioni le quali nocciano evidentemente all'efficacia della nostra azione diplomatica, mi accorsi tuttavia che ben poca strada ho fatto in tale direzione e che, qualunque volta lo parlo dell'Integrità della Trlpolitanla, Il pensiero di lord Sallsbury si porta più sul pericolo che può far correre all'Impero ottomano l'aspirazione Italiana al possesso di quella provincia africana, che sovra l'alterazione di equilibrio che dalla espansione francese potrebbe derivare ».

feci parlare da un mio e di lui amico intimissimo e confidente. Il colloquio ebbe luogo ieri sera. Raccomandai all'amico apertura trattative avesse carattere privato, come proveniente da particolare sua iniziativa, esplorandone per ora animo e intenzioni. Sid Hassuna Caramanli mostrassi disposto coadiuvare occupazione italiana, convinto che, se non noi, sarebbero altri ad occupare Tripolitania; disse disporre di tutte le forze delle popolazioni delle montagne, godendone simpatie. Per preparare terreno egli chiede tempo, denaro, non per 'lui, ma per gli sceiks. Accetterebbe forma governo simile quella Tunisi. Ciò, dice, eviterebbe resistenza arabi pacificherebbe paese; non dissimulasi resistenza Turchia, che, non secondata dall'elemento arabo, cederebbe di fronte italiani. Raccomandata massima prudenza essendo sorvegliato dal

governatore generale. Dichiam paese stanco occupazione Turchia. Mostrò conoscere la situazione politica Africa e cogliere occasione favorevole. Egli ritorna al Gibel Gharian questa sera. Ha assicurato farà ritorno (1).

(l) -Il passo fra asterischi, che si trova nell'archivio dell'ambasciata a Londra. non è riportatonel rPgie.tro dei telegrammi coloniali riservati in arrivo. (2) -Tornlelll comunicò le sue osservazioni circa l'accordo anglo-francese relativo al reciprocoriconoscimento di protettorati ed alla delimitazione delle zone d'mfluenza in Africa con R. riservato 1029/630 del 19 agosto di cui si pubblica il passo seguente: <<A parer mio gioverebbe che In questa faccenda l'Italia si tenesse in una certa riserva lasci<mdo agire la Turchia, o meglio assicurandosi che la Turchia agisca nel suo proprio Interesse. Sono Indotto ad esprimere a (3) -Ed. In CRISPI, Politica estera, clt., p. 386.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

L. PERSONALE. Vienna, 7 agosto 1890.

Ho il suo autografo del 31 luglio (3) e ne la ringrazio. Il suo linguaggio è da uomo di Stato e la sua lettera dalla prima all'ultima sillaba è oro di coppella. Ella stima l'alleanza utile all'Italia e all'Austria. Posso assicurarla che tale è pure l'opinione di Kalnoky e di tutto il Ministero austriaco. Questi ministri si rendono perfettamente ragione della cattiva impressione che produce in Italia la dissoluzione della Società «Pro Patria». Ma fra due mali essi preferiscono quello che credono il minore per loro. Preferiscono cioè, che la cattiva impressione si produca in Italia anzichè in Austria. Vogliono l'alleanza e sono pronti a eseguirne fedelmente gli obblighi, ma a condizione che non si voglia imporre l'irredentismo in casa loro. La situazione è tale; e nessun ambasciatore o ministro può cambiarla.

Certo sarebbe desiderabile che ai sudditi italiani dell'Austria fosse concessa una posizione eguale nel fatto a quella accordata alle altre nazionalità dell'Impero. Ma per ottener ciò converrebbe che gl'italiani sudditi dell'Austria si mettessero dal loro canto nella situazione delle altre nazionalità, ciò che non fanno. Bisognerebbe cioè che rinunziassero all'irredentismo.

Invece non lasciano passare occasione senza affermarlo; e la società «Pro Patria » spinse il suo zelo fino ad una dimostrazione contro la bandiera

austriaca. Io non mi arbitro di giudicarli. Accenno il fatto. E constato, una volta di più, che ogni indizio d'un'immistione da parte del Governo italiano in questi affari, peggiora, invece di migliorare la situazione degl'italiani sudditi dell'Austria. E viceversa ogni atto di questi che miri all'Italia, rende più difficile la.. situazione del Governo italiano verso l'Austria-Ungheria.

E qui potrei terminare la mia lettera, attesochè in sostanza ella comprende perfettamente la situazione, e sa che non c'è da insisterei.

Ma non posso dispensarmi dal ripeterle qualche altra considerazione, già toccata in precedente corrispondenza. Ella sembra credere che le disposizioni contro il « Pro Patria » si debbano in parte al clericalismo del conte Taaffe. Ora mi preme il levarla da questo errore. Anzitutto in questo paese sono tutti più o meno clericali. Ma nel caso presente il clericalismo non ha nulla che fare. Se invece del conte Taaffe, il ministro dell'interno fosse il più liberale degli ebrei di Vienna, la situazione non cambierebbe d'un punto solo intorno a questo affare. Ella ha visto gli applausi con cui la dissoluzione fu accolta dalla stampa liberale viennese. Non è dunque questione di clericalismo. Ma bensì questione politica irredentista. Per carità, la supplico di non vedere i gesuiti là dove proprio non ci sono.

rvn preme inoltre di ben constatare un altro punto. Io non vorrei ch'ella credesse che io rifugga dal fare a Kalnoky o agli altri ministri imperiali comunicazioni sgradevoli. Abbia la bontà di persuadersi che io da questi signori non ho nulla, ma proprio nulla, da sperare, nè da chiedere, nè da temere; e che non tengo punto a restar qui. Nella posizione mia posso dire molto liberamente a loro, come a lei, come ad ognuno, quello che penso, anche quando ciò che penso possa tornar sgradevole. Ma non amo dar colpi di spada nell'acqua e far passi non solo inutili, ma dannosi, tali, cioè, da raffreddare senza profitto le relazioni fra i due Stati.

Ancora una parola sull'alleanza coll'Austria, ch'ella mi scrive non essere popolare in Italia. Anzitutto io penso ch'ella renderà a Kalnoky la debita giustizia. In ogni questione che finora si presentò, il concorso dell'Austria-Ungheria non ci fece mai difetto, e fu talora più pronto e più largo di quello

, della Germania. Deploro che quest'alleanza non sia popolare presso di noi, e che non se ne comprenda la necessità. Le mie simpatie per la Francia datano da un pezzo e non le ho mai celate; e certo se avessi visto la possibilità di un'alleanza tra la Francia e l'Italia, io non sarei ora qui. Ma anche quando la direzione delle relazioni fra l'Italia e la Francia, era in mano d'uomini notoriamente amici alla Francia come Cairoli e Cialdini, non solo non fu possibile un'intesa fra i due Governi, ma ci fu lo schiaffo di Tunisi. Se, ciò non astante, non vi è simpatia fra noi per l'alleanza austro-italica, questo prova che il nostro povero paese non è ancora stato abbastanza miserabile, e che ha bisogno di altre lezioni più disastrose e più umilianti. Si scosti dall'alleanza attuale, e le avrà. All'Italia nella situazione presente dell'Europa si presentano tre alternative: o l'alleanza attuale, con tutti i suoi pesi,

ma colla sicurtà; o in ginocchio dinanzi alla Francia; o diventare un grande Belgio senza l'industria. E ancora, non è ben certo che il grande Belgio, mercè le divisioni e le amputazioni, non diventasse piccolo (1).

(l) -Per la risposta cfr. n. 679. (2) -Da ACS, Carte Crispi; ed. in CniSPI, Questioni interna.zionali. cit.. pp. 130-132. (3) -Cfr. n. 654.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE

T. SEGRETO S.N. (2). Roma, 8 agosto 1890, ore 16,15.

Voglia tenersi amico Hassuna Caramanli e dargli aiuto. Eviti far promesse circa futura forma governo Tripolitania pur non togliendogli sue speranze. Agisca sempre nel modo più prudente. Nulla precipiti senza miei ordini espressi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 8 agosto 1890, ore 22,30.

Come V.E. vedrà dal mio dispaccio speditole (3), non è nostra intenzione rompere le trattative con Compagnia. Desideriamo solo che essa accetti delimitazione sfere d'influenza in base principio ammesso da lord Salisbury circa dipendenze Etiopia. Non avendo avuto finora comunicazione dalla Compagnia del termine perentorio del 18 corrente per la comunicazione da farsi al sultano crediamo sia un pretesto per farci porre in fretta la firma ad un atto che confermi stipulazioni accordo 3 agosto e ci precluda rettifica sfere influenza. Prego V.E. interessare lord Salisbury ad agire, presso Compagnia per indurla ad arrendersi nostre giuste domande. Voglia anche mettersi personalmente in rapporto coi direttori e possibilmente con sir W. Mackinnon.

(l) -Si pubblica qui un passo del R. 1245/502, Berlino, 23 settembre 1890, col qu<è!e Boccarh comunicava una conversazione avuta col segretario di Stato tedesco circa l'incontro fra gliimperatori di Germania e di Austria-Ungheria: «Nel corso -della conversazione il segretariodi Stato non mi celò la eccellente impressione prodotta qui, come a Vienna, dal1a fermezza con cui l'E. V. seppe reprimere in Italia certe manifestazioni che avrebbero potuto turbare i nostri rapporti coll'Austria, compromettendo la compagine della Triplice Alleanza, se !a mano del R. Governo si fosse palesata meno robusta. Nel conferimento d'una altissima onorificenza austriaca a S. E. il conte Nigra taluni vollero anzi scorgere un attestato della soddisfazione che tale contegno provocò a Vienna >>. (2) -Risponde al n. 677. (3) -Cfr. n. 674, nota l.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Parigi, 9 agosto 1890, ore 16,52

(per. ore 20).

Freycinet oggi mi ha detto avere riferito la mia precedente conversazione con lui (2) al signor Ribot, insistendo sulla necessità di porre fine alla esistente irritazione fra i due Paesi, procurando all'Italia alcuna soddisfazione nei suoi interessi materiali e al suo amor proprio. Ribot rispose accettare perfettamente quell'ordine d'idee, che vi aveva già pensato e che sperava che mercoledì prossimo, al suo ritorno da una breve assenza, egli sarebbe in grado d'iniziare qualche apertura in proposito. Aspettare intanto ritorno Ribot {3).

682

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 315. Roma, 10 agosto 1890, ore 10,45.

Nel dispaccio speditole 7 corrente (4) troverà istruzioni per risposta Compagnia (5). Dovrà dire Governo è pronto sottoscrivere atto trasferta con condizioni e transazioni circa Kisimaio ivi indicate, purché Compagnia acconsenta modificazione sfera influenza nei termini stessi stabiliti con lord Salisbury ossia dandoci per limiti Giuba e confine paesi dipendenti e tributari Etiopia, compreso Caffa (6). Bene inteso tale delimitazione non deve riflettere che paesi sulla sinistra Nilo azzurro, giacché al di sopra di quel fiume, come

V.E. già sa, abbiamo vedute diverse per delimitazione con Sudan. Aggiungerà nella lettera che su questione sfere influenza R. Governo non può transigere e che ha diritto per ragioni indicate a V.E. nel dispaccio di ritenersi sciolto dall'accordo del 3 agosto. Prima di consegnare lettera voglia interessare lord Salisbury nella questione e mettersi personalmente in rapporto con Mackenzie e possibilmente Mackinnon.

T. -coloniale riservato 659 del 9 agosto, non pubblicato.
(l) -Da ACS. Carte Crispi, ed. in CRISPI, Politica estera, cit., p. 379. (2) -Cfr. n. 658. (3) -Cfr. n. 687. (4) -Cfr. n. 674, nota l. (5) -La compagnia aveva diretto a Catalani una lettera su cui Torniell! aveva riferito con (6) -Catalani aveva comunicato a Pisani Dossi con T. coloniale riservato 657 del 9 agosto: «Dalla conversazione avuta quest'oggi ho impressione direttori Compagnia, per evitare responsabilità verso azionisti, accettare intervento Foreign Office, ma teme che per ragione politica Sa!lsbury non metterà ostacolo all'estensione influenza italiana sul Caffa. ma sul Galla. limitrofi Etiopia, che attirerebbero al loro centro altre tribù stessa razza sulle quali la compagnia ha fatto assegnamento ».
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 516. Roma, 11 agosto 1890, ore 11.

Fondamento nostro diritto su Kisimaio (l) si trova nei documenti 48 e 51 della serie LXXXIV (2). Lettera annessa del sultano al secondo di essi rettifica promessa Kisimaio dicendo che intese parlare di concessione e non di cessione. Con debite riserve circa merito rettifica anche esso vale dimostrare nostra priorità sull'Inghilterra. Lord Salisbury inoltre nell'estate 1888 ci chiese non usare la forza contro sultano in occasione incidente lettera reale, promettendo aiutarci nell'affare di Kisimaio (3). Consulti documenti 88 e 89 della stessa serie. Trattative per suggerimento del Foreign Office, come risulta da documento 85. Venendo esse a fallire per ostinazione direttori possiamo legittimamente riassumere nostri diritti e chiedere Governo inglese mantenimento sue promesse, ora che può farlo e non ci sono scuse di disordini nel Sultanato. Appena arriverà corriere con suoi rapporti risponderò altri punti.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 517. Roma, 11 agosto 1890, ore 19,30.

R. Governo desidera evitare possibilmente rottura negoziati Compagnia. Se però ciò dovesse avvenire, a neutralizzare cattiva impressione nostra opinione pubblica gioverebbe annunzio apertura trattative fra due Governi. Credo utile perciò che V.E. procuri sollecitare a tale riguardo lord Salisbury. Dufferin ci aveva annunziato che principierebbero appena finite trattative colla Germania.

685

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 190 (4). Londra, 12 agosto 1890, ore 21 (per. ore 6 del 13).

Salisbury, con cui ragionai oggi in conformità del dispaccio di V.E. in data del 1° agosto (5) relativamente a Tripoli, mi disse ancora una volta che egli

(-5) Cfr. n. 659.

riteneva che non fosse nelle intenzioni del Governo francese presente di far novità in quella direzione. Richiamai l'attenzione di Sua Signoria sopra la serie dei fatti, enumerati nel memorandum del quale gli aveva dato comunicazione, e gli ho fatto osservare che se non agivano in forza d'ordini recenti le amministrazioni francesi proseguivano però la loro azione nella direzione per la quale avevano ricevuto una vigorosa spinta. Sua Signoria ammise che bisognava vigilare ancorché egli non ammettesse l'esistenza di un pericolo. Se il valy di Tripoli non fosse curante dei diritti del sultano vi sarebbe forse da fare qualche pratica a Costantinopoli per renderlo più attento.

(l) -Crispl risponde al T. coloniale riservato 671 dello stesso 11 agosto, non pubblicato, con Il quale Torniell! aveva chiesto notizie circa il fondamento del diritto italiano su Kisimaio. (2) -Si riferisce ai documenti diplomatici riservati inviati alle rappresentanze all'estero, sede LXXXIV, Zanzibar. I documenti citati sono due rapporti del console a Zanzibar del 25 ottobre e 23 dicembre 1886. (3) -Cfr. serle Il, vol. XXII, nn. 204 e 220. (4) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 191 (1). Londra, 12 agosto 1890, ore 19,30.

Relativamente al dispaccio 5 agosto del quale feci tenere copia a lord Salisbury (2), Sua Signoria non ha fatto osservazioni od obiezioni di sorta. Egli mi disse che certamente se la condotta che egli crede sia seguita presentemente dal Ministero francese rispetto alle cose di Tunisia venisse a cambiare e vi fosse così a temere qualche novità da quella parte, l'Inghilterra e l'Italia dovrebbero prendere le intelligenze necessarie per garantire i loro interessi.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Parigi, 13 agosto 1890, ore 19,20 (per. ore 22,20).

Oggi vidi Ribot, con cui ripresi la conversazione iniziata con Freycinet (4) circa la necessità pei due Paesi di far cessare le cause d'irritazione tuttora esistenti che ebbero per origine l'occupazione della Tunisia per parte della Francia. Notai che questa, anziché tentare di calmare, sembra volere aumentarle col mantenere ingiustamente i dazi differenziali e coll'opporre ostacoli allo sviluppo di alcune essenziali industrie nostre come la navigazione e la pesca. Fra l'altro, feci osservare al signor Ribot che la occupazione della Tunisia aveva singolarmente scemata la nostra posizione nel Mediterraneo, minacciando renderla pericolosa, ove la Francia tentasse di farne una stazione

navale militare importante e che aveva tolto all'Italia un esutorio necessario ad una parte delle sue popolazioni. Ribot rispose che al pari di me deplorava tale situazione e desiderava migliorarla ma che aspettava proposte esplicite dall'Italia. A ciò replicai non avere missione alcuna di fare proposte, ma che avevo presa iniziativa di portare la sua attenzione sul presente stato di cose, e che il male essendo venuto dalla Francia spettava ad essa di proporre il rimedio. Ribot disse che sarebbe disposto a provocare vantaggi speciali per noi in Tunisia ma che, a sua volta, ci domandarebbe di rinunziare alle capitolazioni e poi accennò alla Triplice Alleanza. A tali suggerimenti risposi che le capitolazioni erano armi nelle nostre mani per far rispettare i pochi diritti che abbiamo conservati in Tunisia e che, in quanto alla Triplice Alleanza, questa doveva mantenersi fin che non avessimo ottenuto soddisfazione per i nostri interessi e per la nostra dignità e fin che non fosse più necessaria per assicurare la pace. Mi astenni dal fare a Ribot alcuna proposta perchè non ne avevo missione ma lasciai a lui di escogitarne una che si potesse sottomettere a V.E. e con ciò lo lasciai prendendo commiato nei migliori termini.

(l) -Numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegmmma non è stato protocollato. (2) -Cfr. n. 668. (3) -Ed. in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 379-380. (4) -Cfr. nn. 658 e 681.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, BECCARIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO S.N. Berlino, 13 agosto 1890.

Segretario di Stato di ritorno in questi ultimi giorni mi assicura avere attentamente esaminato documenti relativi Tunisia e Tripolitania, compreso il memorandum e promemoria (l) da me consegnati il 7 corrente al barone Holstein, come ne informai lo stesso giorno telegraficamente V.E. (2). Segretario di Stato mi ripeté che Germania non trascurerebbe interessi italiani e saprebbe all'occasione fare onore agli impegni contratti verso di noi col trattato d'alleanza. Egli aggiunse; ciò che non erami ancora stato detto, che il presidente della Repubblica francese aveva personalmente confermato al conte di Miinster le denegazioni del signor Ribot circa esistenza di convenzione assicurante futura piena sovranità francese sopra Tunisia. S.E. comprende tuttavia benissimo che noi, ammoniti dall'esperienza, prestiamo poca fede alle dichiarazioni francesi. Non trovandoci però ora di fronte ad atti precisi e palesi, segretario di Stato stima anch'egli non si possa attualmente spiegare azione positiva e determinata. Relativamente alla Tripolitania è pure del parere che la Francia (la quale senza conoscere . tenore del trattato d'alleanza ne sospetta tuttavia la portata) non ardirebbe tentare attualmente colà un colpo di mano e che non convenga a noi sollevare ora la questione. Osservai che recente incursione di spahis francesi sul territorio tripolitano dà molto a pensare, ed essere da stupire che Turchia, tanto gelosa dei suoi diritti su

32 ---Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

quella provincia, non abbia protestato. Segretario di Stato non aveva informazioni al riguardo. Dietro mia preghiera mi promise però di comunicarmi quelle che gli potrebbero pervenire. Senza osare permettermi esprimere un giudizio, gioverebbe forse se in via indiretta si potesse sollevare suscettibilità e inquietudini della Turchia in modo da spingerla a chiedere spiegazioni alla Francia.

(l) -Cfr. n. 659. (2) -T. segreto s. n., non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Therapia, 14 agosto 1890, ore 23 (per. ore 11,25 del 15).

Il seguente telegramma, sul quale non posso avere schiarimenti, venne spedito il 12 a Zia bey d'ordine del sultano: «Un dispaccio privato annunzia che l'Italia preparerebbe una spedizione militare. Benché questa notizia ci sembri inverosimile prego informarci ~ (l).

690

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Roma, 15 agosto 1890, ore 18,30.

Non un soldato si muove, i nostri porti militari sono tranquilli. Il telegramma a Zia bey (2) dev'essere reffetto di quelle solite invenzioni estive del Governo francese, il quale crede così poter deviare l'attenzione della Turchia dalle continue occupazioni di territorio che dalla parte della Tunisia si fanno sulla Tripolitania.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN (3)

N. S.N. Roma, 15 agosto 1890.

In risposta alla nota di V.E. del 13 corrente (4), ho l'ono<re di informarla che i punti principali che il Governo del re desidererebbe discutere a Roma,

in relazione al protettorato che l'Inghilterra ha intenzione di stabilire sul Sultanato di Zanzibar, sono i seguenti:

l) La situazione che verrebbe fatta all'Italia nei porti somali attualmente soggetti alla sovranità del sultano.

2) La delimitazione delle sfere d'influenza fra l'Italia e l'Inghilterra nella regione compresa fra l'Etiopia meridionale e la costa somala. La discussione su questo punto non sarà difficile in seguito a quanto è già stato ammesso nell'accordo anglo-tedesco ed alle ultime dichiarazioni di lord Salisbury al conte Tornielli (1).

3) La delimitazione delle rispettive sfere d'influenza tra il protettorato inglese della costa da Lavadu a Bender Ziadeh ed i protettorati italiani sulle dipendenze orientali dell'Etiopia, sul Sultanato di Obbia e sugli altri territori della Somalia.

Si potrebbe infine discutere l'opportunità di unire alle trattative suddette la delimitazione che ha formato oggetto della missione a Londra ed al Cairo del generale conte Dal Verme.

Pregando l'E.V. di portare quanto precede a conoscenza del primo ministro di S.M. la Regina...

(1) -Per la risposta cfr. n. 690. (2) -Cfr. n. 689. (3) -Ed. !n L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II. c!t., p. 263. (4) -Ibid., pp. 262-263.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI

D. PARTICOLARE RISERVATISSIMO 29542. Roma, 15 agosto 1890.

Riferendomi al dispaccio ministeriale del 23 luglio u.s. (n. 26430/130) (2}, mi compiaccio che il fatto d'armi del 27 giugno abbia notevolmente rialzato il nostro prestigio, non solo nelle regioni finitime a cotesta colonia, ma anche nel vicino Vicereame d'Egitto. Infatti, per quanto la razzia dei dervisci sopra Dega sia stato un fatto isolato di brigantaggio, e per nulla il sintomo d'una nuova azione generale offensiva, è però vero che i dervisci, dopo parecchi anni d'incontestati successi, hanno finalmente subito uno scacco, e nel primo loro scontro contro le nostre truppe. Da quel giorno il protettorato italiano sui beni amer è divenuto effettivo, e la nostra autorità sopra quelle tribù soltanto adesso potrà prendere solidi fondamenti.

Com'ebbi occasione d'accennare in Roma alla S.V. illustrissima, sono in corso da varii mesi trattative col Governo inglese circa il confine occidentale

dei nostri possedimenti e protettorati. Prevedendo esigenze assolutamente ingiustificate da parte dell'Egitto e dell'Inghilterra, sarebbe utilissimo approfittare del sopradetto fatto d'armi per spingere innanzi tacitamente e segretamente le nostre truppe su tutto il territorio dei beni amer. Bisognerebbe perciò mantenere l'occupazione del posto di Biscia e stringere intime relazioni colle tribù dei beni amer che stanno sulla strada di Cassala. Gradirei inoltre che cotesto Comando superiore facesse preparativi per una marcia eventuale su Sabderat che da un giorno all'altro potrebbe divenire molto opportuna a facilitare i negoziati diplomatici summenzionati.

Pregando la S.V. illustrissima di trattare una tale questione colla massima riserva e segretezza, le sarò grato se vorrà telegrafarmi il suo apprezzato parere dal punto di vista tecnico e militare, anche sull'entità dei preparativi da farsi. Giacché non vorrei che eccedessero le risorse del bilancio di cotesta colonia.

(l) -Cfr. n. 624. (2) -Non pubblicato
693

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

D. RISERVATISSIMO 29543/137. Roma, 15 agosto 1890.

In seguito alla conclusione dell'ultimo accordo anglo-francese, i giornali parigini hanno cominciato a farne i commenti, e nel delineare la sfera d'influenza riservata alla Francia non tengono alcun conto dei dritti dei terzi.

I suddetti giornali, inspirati certamente dal Governo della Repubblica riducono l'Impero di Sua Maestà sceriffiana alla costa, a Marocco, Fez e Mequinez, togliendogli qualunque espansione verso l'interno, su paesi che già dipendono di fatto dalle autorità sceriffiali.

Trasmetto qui acclusi due numeri dl tali giornali, nei quali la S.V. illustrissima troverà anche il testo dell'accordo, il quale non riferendosi affatto al Marocco non giustifica per nulla le suddette pretese.

La S.V. chiamerà accortamente ed opportunamente l'attenzione di Sua Maestà sceriffiana e del gran visir sopra di ciò, non già perché ne facciano oggetto di rimostranze al Governo francese, ma perché si persuadano sempre più dei continui maneggi di quest'ultimo contro il Marocco.

Lascerà quindi comprendere che il miglior modo d'opporvisi è di coltivare e render più stretta l'amicizia coll'Italia, che è la Potenza che ha vedute assolutamente disinteressate sull'Impero marocchino, desiderando solo di mantenerne l'indipendenza e l'integrità territoriale e di vederlo progredire ed incivilirsi.

694

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL PRIMO MINISTRO E MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY (l)

L. PERSONALE. Roma, 16 agosto 1890.

V.E. me permettra de répliquer brièvement à sa lettre du 4 courant (2) qui m'est arrivée par le dernier courier.

En vous écrivant, le 23 juillet (3), j'avais pour but de dénoncer à V.E. les dangers qui nous menacent en Tunisie, et de vous signaler la nécessité d'un accord entre l'Italie et la Grande Bretagne pour les éventualités que je prévoyais. Ce but ayant été atteint grace à l'échange de nos deux lettres et aux colloques qui ont eu lieu entre V.E. et le commandeur Catalani, il ne me reste à ce sujet rien à demander, ni à désirer.

Je suis en plein accord d'idées avec V.E. sur ce point qu'il ne convient pas de précipiter une action qui pourrait jeter le S'Jltan dans les bras de la nussie. Du reste il manquerait actuellement à l'Italie une raison pour agir.

Il appartient cependant à la prudence d'un homme d'Etat de ne pas se laisser surprendre; et, dans le cas spécial qui nous occupe, il importe de faire savoir à Paris que nous ne pourrions, en aucun cas, permettre qu'en Tunisie le protectorat se change en pleine souveraineté.

Il y a lieu, en outre, d'avertir les Gouvernements amis, que le fait, s'il ne se vérifie aujourd'hui, est cependant inévitable, et cela pour que nous ne nous trouvions pas surpris et non préparés le jour où il sera nécessaire d'agir. Bien des injustices internationales ont pu .s'accomplir par suite de l'imprévoyance, ou de la négligence de ceux dont l'intervention, à un moment donné, eiìt pu les prévenir.

La Turquie n'a pas les forces suffisantes à sauvegarder la liberté de la Méditerranée. Elle est impuissante à arreter les empiètements qui se vérifient depuis neuf ans sur le territoire tripolitain du còté de la Tunisie. Il est donc plus que probable qu'elle ne saura et ne pourra s'opposer à l'occupation de ce territoire. La Turquie, à cause de sa position toute spéciale, n'a que la force des faibles; elle ne peut guère que jeter la division parmi les forts, obligés à se montrer tolérants par crainte de ce qui peut survenir. Mais ce privilège dont jouit le sultan, ne doit pas constituer un danger permanent pour les autres Etats, qui cohabitent dans la Méditerranée et qui ont le devoir de garantir leur propre existence, et de veiller au maintien de leur propres droits.

(1) -Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa; ed. in CarsPr, Politica estera, cit., pp. 373-374. La lettera fu consegnata a Sal!sbury da Mayor il 26 agosto a La Bomboule. Cfr. ibid., pp. 371-372. la lettera di Mayor a Crispi che riferisce in proposito. (2) -Cfr. n. 669. (3) -Cfr. n. 629.
695

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (1)

T. CONFIDENZIALE S.N. Vienna, 18 agosto 1890, ore 11,55.

Il re di Romania che si trova oggi a Ischl coll'imperatore d'Austria, ebbe al suo passaggio qui un colloquio con Kalnoky. Questi mi disse che ne era stato molto soddisfatto. Il re gli si mostrò ben risoluto a mantenersi nella direzione degli impegni presi e gli sembra essere in grado ora di dominare la situazione in Romania. Il Ministero rumeno si conduce correttamente; anche la questione dinastica è entrata in una fase rassicurante. Kalnoky ha dato al re il consiglio che gli sarà pure dato dall'imperatore di far una posizione più cospicua al principe ereditario e di cercargli presto una sposa. Kalnoky parte per Ischl dopodomani, sarà di ritorno nella prossima settimana.

696

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PARTICOLARE RISERVATA. Vienna, 18 agosto 1890.

A completamento del mio telegramma d'oggi (2) mi pregio di trasmetterle qui unita la copia di un lettera del conte Kalnoky da lui direttami sabato 16 corrente. Io lo vidi il giorno seguente, ed egli mi ha confermato verbalmente quanto mi aveva scritto la vigilia. Il conte Kalnoky rientrerà a Vienna fra pochi giorni.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, KALNOKY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Vienna, 16 agosto 1890.

Je vous suis bien obligé de ce que vous ayez voulu me commundquer le contenu de votre télégramme a M. Crispi du 5 (3), et de sa réponse du 6 courant (4). Cette

dernière me prouve que M. Crispi juge notre situation avec beaucoup de justesse et

ne se fait aucune illusion sur le danger de froisser le sulta.n dans la situation actuelle.

Le comte Hoyos s'est fait répéter par M. Ribot que le bruit d'une convention avec le bey manqurutt absolument de fondement. Le ministre a ajouté que l'état de choses actuel en Tunisie répondait bien mieux aux intérèts bien compris de la France, qu'une incorpomtion, et que par conséquent le Gouvemement français ne songeait pas à l'a.nnexdon de la Régence.

Je n'ai plus entendu souffler mot sur le combat entre tunisiens et tripolitains,

qu'on avait signalé à M. Crispi; et je continue à croire que la France ne pense pas

en ce moment à créer une question tripolitaine.

Je crois savoir du reste que M. Crispi a obtenu de lord Salisbury certaines assu

rances pour ~e cas échéant d'une action française, qui ont dft le rassurer sur l'attitude

éventuelle de l'Angleterre. Mais je n'ai à ce sujet que des indications vagues jusqu'à

présent.

Le voyage de l'empereur Gumaume en Angleterre y a laissé une impression excellente.

Il n'y a absolument pas de raison pour que vous vous dérangiez; car il y a. calme pLat depuis quelques semaines en politique. J'ai l'intention d'ail.ler à Ischl le 20 pour quelques jours pour voir l'empereur avant son départ pour les manoeuvres.

(l) -Da ACS, Carte Crlspi. (2) -T. riservato s.n.. non pubblicato. (3) -Cfr. n. 670. (4) -Cfr. n. 675.
697

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 138. Torino, 19 agosto 1890, ore 17.

Le condizioni del Marocco ci preoccupano nuovamente. Sebbene ritenga esagerate le notizie sparse dalle agenzie francesi e spagnuole, pure vi è del vero in esse. Le truppe del sultano hanno subito disfatte ed una parte dell'Impero è in rivolta. È assai probabile che agenti esteri cerchino estendere questo movimento. Giornali francesi parlano apertamente annessione Figuig; giornali spagnuoli mettono innanzi idea occupare addirittura Impero. Il Ministero spagnuolo attuale è invero meno propenso alla Francia che il precedente, ma senza bisogno di addivenire esso ad accordi con la Repubblica può avere dal Gabinetto liberale ereditato un patto franco-ispano ed un progetto di spartizione che, per le sopravvenute circostanze, gli toccherebbe eseguire. Per quanto siasi alieni dal ragionare sopra dati ipotetici, il pericolo è grave per l'Inghilterra come per noi. Richiami l'attenzione del Foreign Office sui fatti accennati facendo comprendere che sarei pronto associarmi provvedimenti che si ritenessero utili per scongiurarlo (l).

(l) Per la risposta cfr. n. 698.

698

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, A.I., CRISPI

T. RISERVATO 193. Londra, 19 agosto 1890, ore 20,27 (per. ore 24).

Prima di ricevere il telegramma di V.E. (l) io parlai oggi con il sottosegretario di Stato dell'incidente di Melilla. Egli mi ha letto un rapporto del ministro inglese a Tangeri relativo al viaggio del ministro spagnuolo alla Corte sceriffiana ed alle domande che si supponevano dover essere presentate alla medesima. Si attribuiva alla Spagna l'intenzione di profittare di quest'occasione per allargare il territorio di Ceuta compensando questo acquisto con la rinunzia all'introvabile Santa Cruz, ma le notizie dei giornali d'oggi dando per composto l'incidente senza fare parola di tale ingrandimento, il sottosegretario di Stato riteneva nulla esservi per ora da fare. Ho pregato questo alto funzionario di prendere nota conformemente al dispaccio di V.E. del 16 corrente (2) che il Governo del re era pronto ad accordarsi con l'inglese sulla base di evitare cambiamenti territoriali che alterassero la statu quo dei paesi mediterranei. Sebbene dal mio colloquio d'oggi risulti chiaramente che il Foreign Office presentemente non divide le inquietudini nostre tuttavia in una prossima occao;ione ritornerò sopra questo soggetto con il sottosegretario di Stato, pregandolo di chiamare sopra il medesimo l'attenzione di Salisbury (3).

699

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, A.I., CRISPI

T. 1950. Parigi, 20 agosto 1890, ore 16,50 (per. ore 19,04).

Alcuni giornali avendo annunziato divisione squadra Mediterraneo a Tolone avere ricevuto ordine d'essere pronta per salpare pel Marocco, una nota officiosa dichiara che gli ordini dati non si riferiscono agli avvenimenti del Marocco, ma sono conseguenza istruzioni anteriori, in virtù delle quali divisione squadra Tolone deve essere pronta ogni ora per qualunque evento. Ribot m'ha detto poc'an:;;:i che quantunque a·;esse ancora notizie insufficieDti da Tangeri, sperava non v'insorgessero difficoltà gravi e che per parte sua là, come altrove, non desiderava che lo statu quo.

(l) -Cfr. n. 697. (2) -Non pubblicato. (3) -Tornielli ebbe un colloquio in proposito con Curde. Ne riferì con R. riservato 1059/652 del 25 agosto, che non si pubblica.
700

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI (l)

D. RISERVATISSIMO 30127 (2). Roma, 20 agosto 1890.

Dopo averne presa conoscenza, prego la S.V. di rimettere all'imperatore l'acclusa lettera del conte Antonelli.

Voglia sorvegliare con accortezza e prudenza i maneggi francesi presso re Menelik, e gli intrighi dell'ingegnere Ilg e di altri europei a noi poco benevoli. Dovrà presto arrivare allo Scioa il francese Chefneux, che porta, come al solito, armi. Certamente chiederà qualche cosa a Sua Maestà per conto del Governo della Repubblica. Ella raccomanderà all'imperatore di seguire i consigli del conte Antonelli, di non parlare di politica con lui e cogli altr! mercanti e di garantirsi da subdole manovre colle quali la Francia cerca d'assicurarsi la sovranità del lago Assai e la sua influenza sopra l'Harar. Dirà ai re di prendere i doni, ma non fare alcuna promessa in ricambio, giacchipotrebbe seriamente compromettere i suoi interessi.

Il r. ministero conta in tutte queste pratiche sullo zelo della S.V. e non dubita che saprà tutelare i diritti italiani. Ella deve rammentarsi che l'Etiopia è divenuta la nostra corda sensibile e che il Governo del re desidera d'avere su quell'Impero influenza vera ed esclusiva.

ALLEGATO

IL CONTE ANTONELLI ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II

L. Roma, 20 agosto 1890.

Salute!

Scopo di questa mia lettera è di far conoscere alla Maestà Vostra che arrivai in ItaJia senza inconvenienti. Le mando pure la buona notizia che domenica 10 agosto fui eletto deputato del primo collegio di Roma al Parlamento nazionale.

Sebbene lontano dall'Etiopia il mio cuore è rivolto sempre verso la Maestà Vostra ed il suo vasto Impero.

I miei undici anni passati presso la Maestà Vostra mi fanno pensare all'Etiopia con quell'affetto che si pensa alla propria patria e tutto quello che può interessare la Maestà Vostra e l'Etiopia interessa moW.ssimo anche a me. Ed ora mi permetta la Maestà Vostra che le mandi alcune notizie che è bene siano dalla Maestà Vostra conosciute.

Dal conte Salimbeni Vostra Maestà sarà stata certamente inform::~ta che le Potenze europee sono venute ad un accordo per delimitare le loro sfere d'azione nell'Africa.

Il Governo italiano è molto preoccupato per le mene dei Governi francese ed inglese per ciò che riguarda la questione del lago Assai e dell'Barar.

Queste questioni possono minacciare l'integrità dell'Impero etiopico e 1a Maestà Vostra deve essere molto cauta in tutte le sue conversazioni che potesse avere con agenti francesi ed inglesi.

Come altre volte esposi aUa Maestà Vostra, l'opera dell'Italia è rivolta tutta a vantaggio dell'Impero etiopico e sarebbe doloroso per voi e per noi che degli intriganti guastassero il nostro lavoro e che si compromettesse la sovranità della Maestà Vostra tanto all'Barar quanto 811 !ago Assai.

Il Governo italiano sostiene tanto presso il Governo inglese che quello francese:

l) che l'Harar è una provincia dell'Impero d'Etiopia sulla quale le Potenze non debbono accampar pretese; 2) che non solo il lago Assal, ma tutti i danakil sono dipendenti dalla Maestà Vostra.

E siccome non possiamo fidarci dell'Bamed Loeta cosi consideriamo come capo di tutti gli 81dal o dankali Mohamed Anfari e per provare che noi consideriamo l'Anfari dipendente dalla MMstà Vostra portiamo come argomento che il trattato per la sicurezza della via da Assab all'Aussa fu fatto dal Governo italiano coll'Anfari, fu poi approvato daill.a Maestà Vostra.

Tutto questo il Governo italiano ha fatto sapere all'Inghilterra ed alla Francia e già tutto sarebbe stato accomodato se f81lse notizie date da negozianti non lasciassero incertezze pericolose.

Il signor Chefneux vorrebbe far credere al Governo francese che la Maestà Vostra cederebbe alla Francia 11 lago Assai. Il signor Ilg e Zimmermann assicurano le autorità inglesi di Zeila ed Aden che Vostra Maestà non vedrebbe con dispiacere gli inglesi in Gildessa. &Itri come il Brémond e Bartoli assicurano invece che la Maestà Vostra avrebbe ordinato una ferrovia da Ras Gibuti aLl'Barar.

Tutto questo genera una grande confusione non a me che conoscendo come pensa la Maestà Vostra so che queste sono .tutte notizie false, ma al mio Governo. Vostra Maestà deve bene considerare la situazione, pensare che l'Italia non ha nè Zeila nè Ras Gibuti e che quindi tutto quello che fa per l'Barar e il lago Assai lo fa per mostrare l'amicizia e l'utilità di questa amicizia a tutta ['Etiopi•a.

In queste questioni Vostra Maestà deve aiutare il suo amico il re d'Italia per dargli la forza a sostenere la grandezza dell'Etiopia.

È necessario quindi che Vostra M81està vada molto cauto nel parlare non si comprometta con nessuno e non permetta ai commercianti o agli operai di fare della politica.

Sarebbe anzi meglio che la Maestà Vostra faccia una circolare a tutte le Potenze perchè sappiano dove comincia e dove finisce l'Impero d'Etiopia ( 1). Firmate le varie lettere dovrebbe naturalmente consegnarle al conte Salimbeni, perchè il Governo italiano penserebbe alla spedizione.

I paesi che la Maestà Vostra deve mettere nella lista sono specialmente tutte le tribù 81dal e somali, quelle dell'Ogaden. i paesi al di là di Kaffa ed insistere sempre per Gildessa, Barar, lago Assai.

Nel momento attuale fino a tanto che le cose non sono bene chiarite credo che Vostra Maestà farebbe bene di far sorvegliare le carovane e le persone mandate dai Governi interessati ed esser sicuro che essi sono veramente amici e non perturbatori dell'integrità dell'Impero d'Etiopia.

Queste cose ho voluto far conoscere alla Maestà Vostra perchè sia certo che se sono lontano dalla Vostra Maestà il mio cuore è molto vicino.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 279-281 e in Crispi e Mc?:eli<'h, cit., pp. 213-215. (2) -Il dispaccio fu inviato parzialmente in cifra.

(l) La richiesta di questa circolare era già stata fatta da Crispi con T. coloniale nscrvato 498 del 18 luglio, diretto a Sallmbeni.

701

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTHO DEGLI ESTERI AL, CRISPI

T. RISERVATO 195. Pietroburgo, 21 agosto 1890, ore 11,30 (per. ore 12).

Giers reduce da Narva mi dice aspettare qui visita Caprivi «col quale non aveva avuto tempo di parlare di affari». S.E. prendendo iniziativa discorso mi parlò della questione dei berat di Macedonia e disse dover con soddisfazione riconoscere che in questa questione V.E. si era accostato all'opinione del Governo russo, giacché secondo rapporti giunti da Costantinopoli pareva poco approvasse ingerenza Potenze nelle cose interne della Turchia, e l'Italia fu l'ultima a far parte della lega contro il parere del Gabinetto di Pietroburga che, unicamente mosso da interessi religiosi, si è limitato a dichiarare verbalmente essere inopportuna ed intempestiva la concessione turca alle esigenze di Stambuloff. Giers aggiunse parole molto lusinghiere rendendo omaggio «al talento, all'abilità cavalleresca». Terminò dicendo la vertenza vescovi Macedonia secondo lui « non ancora finita e potrà avere conseguenze locali gravi». Imperatore di Germania riparte il 23.

702

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI

T. COLONIALE RISERVATO 534. Roma, 21 agosto 1890, ore 16.

.

Corrispondenze da Massaua che non credo esatte, farebbero supporre che nostri rapporti coll'Etiopia non siano ottimi. Essendo in corso trattative coll'Inghilterra il Governo del re ha posto come base di esse che le sue buone relazioni coll'Etiopia ed il protettorato che esercita gli danno diritto estendere influenza italiana fin dove arriva quella dell'imperatore etiopico. Alla S.V. non può sfuggire l'importanza che ha in questo momento per noi tranquillità dell'Eritrea e il mantenimento delle buone relazioni coi capi del Tigré dipendenti da Menelik. È quindi necessario che la via da Massaua al Tigré sia sicura e facile ai commercianti e che il nostro residente in Adua renda sempre migliori i rapporti con ras Mangascià, degiac Masciascià e ras Alula. Conto sulla sua abilità e sul suo tatto perché l'elemento ostile a Menelik che esiste a Massaua non intralci in questo momento l'opera nostra. La prego di tenermi informato sulle condizioni della colonia e sui nostri rapporti colle autorità etiopiche.

703

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE SEGRETA. Parigi, 21 agosto 1890.

Ebbi ieri nel pomeriggio il mio primo colloquio, dopo la partenza del generale Menabrea, col signor Ribot. Mi era proposto di non tornare per il primo con questo signor ministro degli affari esteri sul terreno tentato col signor di Freycinet e con lui dall'ambasciatore (2). Ma, come io lo prevedeva, fu egli che dopo le prime frasi tra noi scambiate subito vi scese, mettendosi a discorrere delle entrature fatte dal generale e dicendo che nè Freycinet nè egli stesso avevano potuto capire che cosa in fondo volesse. Quindi una lunga e molto incisiva conv'"rsazione s'impegnò tra noi, dopo ch'io aveva però premesso che su tale argomento le mie parole non potevano avere che il carattere ed il valore di parole di un amico e che per discorrerne dovevamo entrambi considerarci come in colloquio non ufficiale, ma confidenziale e privato. Consentì con premura ed esplicitamente.

Dissi in sostanza che se veramente il Governo francese capiva il prezzo di quei più cordiali rapporti tra noi che per parte nostra desideravamo, e se voleva addivenirvi, doveva anzitutto studiarsi a rimuovere definitivamente le cause dalle quali era nato lo screzio che ci divide; che in passato a Roma e poi a Tunisi ci furono fatte le più profonde ferite; che il tempo, la nostra saviezza e l'Interesse presente del Governo repubblicano vanno sanando la prima, ma che la seconda rimane viva; che nulla la Francia fece nè fa per guarirla, che anzi per le tendenze che ogni tratto qui si manifestano di dilatare il protettorato potrebbe da un'ora all'altra inasprirsi e trascinare alle più gravi conseguenze. « Ogni passo che in Tunisia voi tentereste oltre i limiti delle condizioni esistenti ed oltre quelli del nostro stretto diritto, diss'io, ci troverebbe tutti in piedi per contrastarvelo, e sappiate che non saremmo soli. Eliminare per sempre questa perdurante causa di attriti e di sospetti tra noi mi pare dunque il primo mezzo per rimetterei in condizioni di confidente e franca amicizia. Il rimedio vuole però essere proporzionato alla gravità del male fattoci, nè lieve dovrebb'essere il valore del servizio col quale la Francia volesse chiudere la piaga tunisina. Cercare un compenso per l'Italia in sole concessioni piò o r"eno passege;ere d'ordine commerciale e finanziario sarebbe un assunto vano ».

Dal suo lato il signor Ribot, in progresso del colloquio, tornava di continuo sul quid?; finché, quasi rispondendo a se stesso: «Chiesi, disse, al generale Menabrea se mirasse a Tripoli, ma egli troncò protestando che l'Italia non voleva mettersi male col sultano».

A questo punto ricordai anch'io, come le ricordò Menabrea a Freycinet, le offerte di cooperazione che prima a me stesso e poi all'ambasciatore erano state altra volta fatte dal signor Giulio Ferry e allora non accolte da Mancini, e aggiunsi che se proposte di cuoperac:ione per qualche negoziazione simile oggi si producessero, v'era a Roma tale ministro col quale certo si potrebbe discorrerne, attesochè malgrado tutte le calunnie sapevo quanto gli stava a cuore, se poteva giovare al proprio Paese riconciliandolo ad un tempo colla Francia, di farlo.

Usai le maggiori precauzioni di linguaggio e devo dire ad onore del signor Ribot che se io mi tenni in tutta la conversazione sulla punta d'uno spillo, egli più volte battè sul pomo. Messosi a parlare il primo senza ritegno di Tripoli, disse avere saputo che a Costantinopoli manifestavansi inquietudini e che vi si subodorava qualche cosa di progetti italiani, che d'altronde la questione d'una cessione, ardua in sè, urterebbe contro un non possumus assoluto del sultano. «E poi, l'opinione pubblica in Francia non seguirebbe il Governo, se egli in una simile impresa prestasse la mano all'Italia senza che questa rinunziasse con ciò alla Triplice Alleanza ».

Disfare la Triplice Alleanza: ecco la preoccupazione ardente, incessante degli uomini di Stato francesi. «Finchè il trattato della Triplice Alleanza, si offensivo per lo czar, più ancora che per la Repubblica francese, non sarà stato denunziato, l'intimità non sarà possibile fra la Russia e la Germania più che fra gl'italiani e noi. Si potrà non trattarsi da nemici, ma considerarsi come amici, mai ».

Queste parole che ritrovo nel Matin d'oggi sono l'espressione pura e semplice del sentimento di Ribot e di tutti i suoi colleghi, anzi di tutti i francesi. È perciò naturale che tutta la politica francese verso di noi, sia quella di Ribot o d'altri, se negli atti ostili non eccederà mai quel limite ove sorgerebbe un pericolo serio per la pace, commisurerà sempre qualunque maggiore ed efficace concessione alla probabilità di raggiungere con essa quello scopo.

Il signor Ribot mi parlò poi della situazione in Tunisia, rendendo omaggio a V.E. che s'era mostrata conciliante nei piccoli incidenti. (Protestò a questo proposito che non divideva le ingiuste prevenzioni di molti suoi connazionali contro di lei e che le aveva sempre biasimate). Affermò di voler mantenere scrupolosamente lo statu-quo a Tunisi, mostrandosi propenso a intendersi con noi per miglicrarvi la sorte de' n::Jstri pes.::atori, poichè il generale Menabrea se n'era querelato. Accennando alla scadenza che avverrà fra sei anni del nostro trattato di commercio col bey, egli domandò se non saremmo disposti a negoziare fino da ora, com'egli ammetterebbe, pel suo rinnovamento, verso l'abbandono d'alcuni nostri privilegi nella Reggenza.

In conclusione dunque, il signor Ribot non rinunzia alla speranza ed al desiderio di un qualche accordo con noi. Per procedere, io devo aspettare da

V.E. quelle nuove istruzioni che ella stimerà opportuno di darmi, perocchè ignoro il risultato degli scandagli da lei fatti altrove dopo la mia partenza da Roma e le sue presenti intenzioni. Non posso in poche righe ripeterle tutto ciò che in un colloquio durato più d'un'ora mi studiai di far comprendere al mio interlocutore: avrei fede che il seme non sia perduto se lo credessi uomo più risoluto e più ardito. Ma so che ad ogni modo ella non può dubitare che a seconda de' suoi concetti ogni possibile sarebbe sempre da me tentato a fondo.

Mi augurerei che il commendator Mayor potesse ritornare qui, come annunziava, per udire da lui le sue attuali idee e come meglio si possa servirle. Nel prossimo settc:nbrc, il signor di Freycinet sarà ad Aix-les-Bains, vicino al generale, che potrà pure rivederlo in un più tranquillo ambiente e più propizio ad espansioni che una camera d'udienze ministeriali.

P.S. Quanto del nostro trattato d'alleanza questi signori si preoccupino, lo provi anche il quesito che incidentalmente nella conversazione il signor Ribot mi rivolse, se cioè occorresse, per farlo cessare, di denunziarlo espressamente e se vi fosse la clausola della tacita riconduzione. Risposi che lo ignoravo.

(l) Da ACS. Carte Crispi; ed. in CRISPI, Politica estera, cit., pp. 380-383.

(2) f;fr. nn. 658, 681 e 687.

704

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI,

R. RISERVATISSIMO PERSONALE 923/299. Tangeri, 23 agosto 1890 (per. il 30).

Porgo a V.E. particolari grazie per l'invio che si compiacque farmi col dispaccio n. 29543/137, riservatissimo, (15 corrente) (l) di due giornali francesi, il Siècle ed il Temps, contenenti l'espressione d'idee e di progetti che si carezzano in Francia, a riguardo di questa parte del continente africano, senza tener conto né dei diritti già esistenti, né di legittime aspirazioni.

Ho creduto bene mandare copia di quel dispaccio al cavalier Gentile, e i due giornali, dei quali uno, il Temps io già possedeva. Egli dovrà servirsene all'occorrenza. Infrattanto, nelle sue conferenze col vizir Garrit.

Il r. segretario interprete stima non opportuno il momento per una gita a Marocco. Il sultano è occupato nel fare la campagna; è preoccupato dell'atteggiamento delle cabile; è ammalato; il cavalier Gentile propone di rimanere a Rabat finché vi rimanga il vizir Garrit, soprattutto, finchè vi rimanga il ministro di Francia. A ciò l'ho autorizzato, approvandone i concetti.

Trasmetto, qui unito, a V.E. la copia di un foglio (2) che fa seguito al rapporto di quel funzionario, da me speditole il 20 corrente, col n. 895/289; esso contiene gravi, importantissime rivelazioni.

Sarà questo il momento per dar corso ai progetti di V.E. cioè, d'intrattenere il sultano, quando egli sarà riposato e tranquillo, di quanto ella ha escogitato nell'interesse del sultano medesimo, ad estensione della influenza nostra ed a guarentigia degli interessi nostri mediterranei? Io pongo a me

medesimo questa interrogazione. La cui risposta, non si presenta davvero facile. Essa dipende da un'intima conoscenza delle cose d'Europa che ella sola, signor ministro, è in grado di possedere. Veda in quali termini che saranno forse di pura minaccia, il signor Patenòtre parli al vizir Garrit dell'insediamento ad Adjerod della Germania. La bandiera itali!:\na che abbia a sventolare su quella località, a protezione dei territorii sceriffiani (ove ha il sultano autorità poco più che di nome) contro due vicini ambiziosi, l'uno dei quali, pronto alla offesa, e contro le avverse vedute di altre Potenze, non sarà dessa per avventura il segnale di quello appunto che la politica di V.E. e degli alleati nostri intende ad allontanare?

Non sono già obbiezioni ch'io faccio. L'E.V., che ha di tutto chiaro ed alto concetto, sa, quel che non posso saper io, ove andiamo, ed avrà, all'evenienza, tutto disposto. La cosa apparisce a prima vista men facile, cioè quanto a fare entrare nell'animo del sultano il convincimento della sua opportunità e profitto per esso, che non quella dell'altro punto cui apre la via la costruzione di un legno da guerra per l'imperatore, e la necessità di creare un porto militare. Certamente, le odierne condizioni possono favorire il nostro piano. Di queste, si varrà il cavalier Gentile per aprire gli occhi a Sua Maestà. Ma, prima di autorizzarlo . a ciò fare, mi occorrono, per quanto è possibile, da

V.E. -chiare indicazioni. Il ritorno qui del nostro interprete, consigliato anche da questa considerazione, mi darà agio di prepararlo, colla scorta dei lumi che V.E. -sarà per fornirmi alla delicatissima missione; la quale dovrà disporre le cose, lasciando a me la cura di condurle al fine. Il tornar sarebbe agevole in giornata, anche pel fatto che il ministro britannico, quasi ristabilito in salute, dice volersi recare alla Corte, appena il sultano sarà a stanza nella città di Marocco od altrove.

Il cavalier Gentile ha già redatte e presentate al signor Garrit le carte relative alla costruzione dell'incrociatore (1).

(l) -Cfr. n. 693. (2) -Non pubblicato.
705

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 693. Londra, 24 agosto 1890, ore 15,48 (per. ore 6 del 25).

Ieri sera ebbi dal signor Mackenzie una lettera che mi annunzia essere egli ritornato a Londra per assistere alla morte di sua madre e non poter prima della metà dell'entrante settimana occuparsi di affari; contemporaneamente

egli mi ha mandato aperta una lettera per il cavalier Pisani Dossi ed una lettera ufficiale della Compagnia indirizzata a me. Nella lettera al cavalier Pisani Dossi il signor Mackenzie dice che sulla domanda del signor Branchi egli si fermò a Roma mosso dal desiderio amichevole di suggerire un accordo aggradevole per le due parti ma che avendo egli trattato come privato senza poteri od autorità concessagli dalla Compagnia la conversazione che egli ebbe con V.E. è cosa senza conseguenza poiché essendone fallito lo scopo non resta che a strettamente eseguire l'accordo passato fra sir W. Mackinnon ed il commendator Catalani. Quest'ultimo è stato avvisato che la Compagnia è pronta a ciò fare ed il funzionamento della comune amministrazione di Kisimaio è un dettaglio che deve lasciarsi a sir F. de Winton da regolare sul luogo con il rappresentante del R. Governo. Nella lettera ufficiale la Compagnia accusa la ricevuta di una lettera rimessale dal Catalani il 7 agosto, poi, per mia informazione prestabillsce che i negoziati ebbero origine dal desiderio di evitare un inutile conflitto con il sultano dello Zanzibar, di assicurare all'Italia la concessione dei porti, come pure di stabilire definitivamente le zone d'inllueaza delia Compagma t;Ltanùica e do1la Cumpagnìa italiana da formarsi, rappresentata dal Governo italiano. Passa poscla a parlare della clausola supplementare che dice essere stata firmata contemporaneamente all'atw del 3 agosto con l'intelligenza che sarebbe la medesima spiegata al Governo italiano ed incorporata nel formale finale trasferimento. Argomenta dal silenzio del R. Governo circa queìla clausola per dire che la Compagnia l'ha considerata come accettata; soggiunge che l'accordo è chiaro e definito, che quando si volle dal Catalani suscitare la questione d'includere il Kaffa nella sfera italiana fu risposto essere ciò inammissibile e contrario all'inteso accordo; che la linea lungo l'ottavo parallelo essendo stata accettata dal Governo italìano con piena conoscenza che la questione del Kaffa era stata preventivamente presa in considerazione, ora la Compagnia non può riaprire o discute

suppìementare sia valida o no. Conchiude essere venuto il tempo di occupare i porti e territorii conceduti, e se il Governo italiano continua a declinare di adempiere le condizioni dell'accordo e di accettare le responsabilità e rilevare la Compagnia dalle obbligazioni imposte dalla concessione, la Compagnia sarà obbligata di procedere a tale passo, ciò che accrescerebbe le difficoltà della situazione. Non ho bisogno d'insistere circa la gravità delle sovra espresse dichiarazioni. Rispondo a Mackenzie con lettera privata di condoglianze ripetendo che in qualsiasi giorno vorrà egli designare sono pronto a trattare. Non crederei opportuno rispondere prima di un abboccamento alla lettera sopra riassunta. Di questa mando copia a V.E. con un rapporto che spedirò domani o dopodomani al più tardi (1). Prego V.E. di aspettare l'arrivo del rapporto e del testo della lettera della Compagnia prima di decidere sulla migliore via da tenere.

(l) Crispi rispose con D. segreto 32462/160 del 6 settembre di cui si pubblica il passo seguente: «Il cavalier Gianatelli Gentile nella sua recente venuta a Roma ebbe personalmenteda me una chiara e ben definita traccia dei nostri intenti. Non posso dubitare ch'egli non abbia esattamente ed interamente riferito alla S.V. il sunto dei nostri colloqui e le mie istruzioni, !\Ile quali non ho nulla da togliere e nulla da aggiungere >>.

(l) Ed. in L'Italia in A/dca, Oceano Indiano, tomo II, cit., pp. 263-272.

706

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. PERSONALE S.N. Roma, 24 agosto 1890, ore 16,45.

Ebbi la sua lettera personale e segreta del 21 corrente (1). Sono convinto che nulla havvi a fare per ora costì. Per sua norma la prevengo che qualunque mutamento nello statu quo politico della Reggenza sarà da noi combattuto. Abbiamo con noi in ciò i Governi alleati e specialmente la Germania, la quale, secondo il patto d'alleanza, è disposta ad andare fino alle estreme conseguenze (2). Sarebbe stato preferibile che il generale Menabrea non avesse toccato di questa delicata materia né con Freycinet né con Ribot. Desidererei ora che le sue idee sull'argomento fossero da lei manifestate allora solo che Freycinet o Ribot entrassero a parlarle di loro iniziativa della questione.

707

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 1990. Pietroburgo, 25 agosto 1890, ore 17,20 (per. ore 19,15).

Ambasciatore di Germania mi disse considerare il convegno di Narva come un successo nell'interesse della pace generale, perché cordialità, simpatia e reciproca fiducia si sono affermate tra gl'imperatori, che comprendono l'interesse comune di tenersi strettamente uniti contro la rivoluzione. «Non vi fu nulla di scritto, né proposte concernenti questione bulgara; non è che un atomo nella politica generale, solo la presenza alle manovre generale francese aggiunto del generale Miribel è stata l'unica nota discordante». Il linguaggio del signor Giers concorda interamente con quanto precede. Il ministro mi ha parlato inoltre della fiducia che Caprivi ha saputo qui ispirare. Disse aver nella conversazione col cancelliere scandagliato terreno sulla politica tra la Germania e la Francia ed essersi persuaso che la Germania desidera evitare ogni occasione di attrito.

33 --· Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) -Cfr. n. 703. (2) -Cfr. n. 688.
708

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL RE, PALLAVICINI (l)

T. RISERVATO 142. Roma, 27 agosto 1890, ore 10,45.

Ambasciatore di Francia mi ha fatto chiedere epoca nella quale S.M. il Re si troverebbe alla Spezia, accennando intenzione suo Governo di mandarvi parte squadra francese per ossequiare la Maestà Sua. Attendo gli ordini di Sua Maestà per la risposta da dare al signor Billot (2).

709

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 543. Roma, 27 agosto 1890, ore 16.

Il 14 corrente Dufferin m'annunciò che negoziati relativi sfere influenza africana comincerebbero quanto prima e fu deciso insieme che avrebbero luogo a Napoli. Contemporaneamente mi richiese con nota ufficiale di specificare punti da discutersi, e gli venne subito risposto (3). Sono oramai passati molti giorni e negoziati non incominciano. Senza mostrare troppa premura gradirei che V.E. accortamente s'informasse circa ragioni del ritardo, giacché anche per mettere fine alla controversia sorta colla Compagnia (4) crederei utile si procedesse alle trattative fra i due Governi senza maggiori ed inutili indugi.

710

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 198. Parigi, 27 agosto 1890, ore 18,55 (per. ore 23,10).

Nell'odierna udienza Ribot, senza che io vi avessi menomamente accennato, mi disse supponeva non essermi sfuggito ciò che i giornali andavano narrando circa il progettato invio di navi della squadra francese alla Spezia per complimentarvi S.M. il Re. Ribot aggiunse che sarebbe meglio che i giornali non

ne parlassero tanto, ma che ad ogni modo, quantunque Consiglio dei ministri non ne avesse deliberato ancora e che egli non mi desse ancora ufficialmente l'annunzio, poteva fin d'ora assicurarmi essere intenzione del Governo francese ricambiare alla Spezia cortesia ricevuta a Tolone. II Figaro e qualche altro giornale d'oggi portando telegramma da Roma secondo il quale imperatore Guglielmo si recherà pure alla Spezia, Ribot vi alluse, osservando che se tale fatto si avverasse gli creerebbe un grave imbarazzo (1). Risposi esprimendo il mio compiacimento per la cortese intenzione manifestatami, e aggiunsi che, per parte mia, non avevo finora nulla udito del supposto progetto dell'imperatore di Germania.

(l) Ed. in CRrsPr, Questioni internazionali, c!t., p. 158.

(2) -Cfr. n. 713. (3) -Cfr. n. 691. (4) -Cfr. n. 705.
711

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 199. Parigi, 27 agosto 1890, ore 18,55 (per. ore 22,15).

Menzionandomi poc'anzi un telegramma secondo il quale l'onorevole Damiani nell'annunziato prossimo discorso propugnerebbe la necessità del rinnovamento della Triplice Alleanza, Ribot mi disse che molto gli rincrescerebbe se le sue concilianti ed amichevoli intenzioni in tal caso dovessero trovarsi in urto colla irritazione che senza dubbio opinione pubblica ne risentirebbe in Francia (2).

712

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. PERSONALE CONFIDENZIALE. Parigi, 27 agosto 1890.

Ringrazio V.E. del suo telegramma personale segreto del 24 corrente (4). Il generale Menabrea avendo già prima del mio ritorno a Parigi stabilita la data della sua partenza in congedo, io gli aveva proposto d'incaricarmi personalmente della nota trattativa: ma egli ebbe a cuore di condurla da sè, per un sentimento che facilmente si comprende e che a me imponeva i massimi riguardi. Non potei dunque che ripetergli coscienziosamente e con precisione le idee costì da lei espostemi. Ora mi conformerò strettamente al desiderio di V.E. non ritornando sull'argomento se non nel caso in cui il signor Ribot

entrasse di nuovo a parlarmene. Il signor di Freycinet è da due giorni ad Aix les Bains, ove suppongo il generale Menabrea andrà a vederlo dalla vicina sua villa di S. Cassin. Probabilmente la conversazione di Parigi avrà tra essi una qualche ... sterile appendice di cui l'ambasciatore senza dubbio la informerà (1).

Oggi nel pomeriggio ho trovato il signor Ribot, alla sua udienza ordinaria, con una flussione alla guancia che l'aveva fatto soffrire tutta la notte, ma che per fortuna non l'obbligava più né ad essere più scarso di parole, né a farmi un brutto viso. Fu anzi amabilissimo, ma non riprese per questa volta il tema del nostro ultimo colloquio riferitole colla mia precedente lettera segreta (2). Ho già telegrafato a V.E. ciò che mi disse circa l'invio di una divisione della squadra francese alla Spezia (3).

La notizia recata da qualche giornale che l'imperatore Guglielmo andrebbe alla Spezia lo preoccupava molto. «Per ora questa è soltanto una novella di giornali, gli dissi, ma supponete che s'avveri dopo che avete ufficialmente annunziato l'invio della vostra squadra che già ora mi date per sicuro: che cosa farete?». «Non posso rispondervi su due piedi, replicò, perché non sono da me solo il Governo; ma è certo che saremmo in un grave imbarazzo».

E continuava a mordegli l'orecchio anche la grossa pulce della « Triplice ». Espresse il timore di vedere paralizzata la sua azione conciliante ed amichevole ove si avverasse l'annunzio venuto da Roma che l'onorevole Damiani propugnerà nel prossimo suo discorso il rinnovamento delle nostre presenti alleanze (4). Dovendo pure dirgli qualche cosa notai che qualunque dovessero essere le dichiarazioni dell'onorevole sottosegretario di Stato, questi parlerà principalmente come deputato a' suoi elettori, e che non mi pareva che l'opinione pubblica in Francia ne avrà quell'impressione che avrebbe da un discorso-programma del capo del Governo.

(l) Cr!sp! rispose con T. riservato 143 del 28 agosto che la notizia non aveva fondamento.

(2) Cfr. n. 721.

(3) -Da ACS, Carte Cr!spl. (4) -Cfr. n. 706.
713

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN (5)

T. RISERVATO 145. Roma, 28 agosto 1890, ore 15,30.

Ringraziando il signor Ribot della cortese intenzione, (3) ella può prevenirlo quando le occorra vederlo che S.M. il Re non è per recarsi alla Spezia per il varo della << Sardegna » nè che a tale gita potrebbero offrire occasione le manovre della nostra flotta, essendo queste terminate.

:a) Cfr. n. 710.
(l) -I puntini di sospensione sono nell'originale del documento. Con L. personale riservata datata S. Cassin 5 settembre (Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi) Menabrea comunicò che Freycinet gl! aveva chiesto notizie circa le conversazioni con Ribot e che egli gli aveva risposto: «che il signor Ribot era rimasto nelle generalità ed aveva lasciato il tempoquale era, riserbandosi sul da fare per fac!litare un ravvicinamento del quale accennai per parte nostra le basi, cioè l'abol!z!one delle tasse d! guerra ed una soddisfazione per i nostri interessi nel Mediterraneo e per la nostra dignità ». (2) -Cfr. n. 703. (4) -Cfr.. n. 711.

(5) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, c!t., p. 158.

714

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE RENZIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. 328/228. Bruxelles, 28 agosto 1890 (per. il 31).

In altro mio dispaccio (2) addussi le ragioni che mi consigliavano a procrastinare la notificazione dell'accessione di re Menelik all'atto generale della Conferenza di Bruxelles. Volevo evitare il caso che, dietro le dichiarazioni del Governo italiano, le Potenze mostratesi ostili alle nostre relazioni con l'Etiopia, non si servissero del protocollo della conferenza per dar maggior peso alle loro riserve, e queste, rese pubbliche in un atto solenne, non avrebbero potuto essere combattute con adeguata efficacia dal R. Governo senza far trascendere quei pacifici lavori in una giostra politica del tutto estranea allo scopo della riunione.

Rimandata la nostra notificazione fino al giorno in cui è piaciuto all'E. V., ho interpellato preventivamente il Governo belga sulla procedura da tenere per cosiffatta significazione, non perché l'art. 98 dell'atto generale che statuisce sulle accessioni, avesse forma oscura ed incompleta, ma per non lasciare altri nell'arbitrio di una posteriore interpretazione, non consentanea all'interesse italiano, o tale che mandasse a vuoto il nostro proposito.

L'E.V. troverà in copia, qui inclusa, una mia «nota verbale» del 20 agosto, a tal riguardo, e in documento simile, in data di jeri, la risposta del ministro degli affari esteri del Belgio. Il quale, dichiara che, in caso di osservazioni da parte di una Potenza sulla notificata adesione, esso risponderà di non aver qualità per darvi seguito.

È quanto da noi si voleva. In cotal modo, dietro la nostra lettera ufficiale notificante l'accessione di re Menelik, l'incidente si troverà chiuso a Bruxelles, e se osservazioni o riserve verranno poscia fatte da alcuna Potenza direttamente al R. Governo, l'E.V. ha il mezzo di rispondere in modo trionfale.

La notificazione ufficiale ho fatto così, oggi, nella formala già nota all'E.V., avendo cura di dare al nostro alleato il suo titolo di « negus neghesti di Etiopia », oggetto di tante e cosl ingiustificate recriminazioni da parte della Russia, della Francia e dell'Impero ottomano.

Ho l'onore di far tenere all'E.V. copia di tal documento (3).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 285.

(2) -Cfr. n. 551. (3) -Per gli allegati cfr.. L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VJTI, cit., p. 286.
715

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 707. Parigi, 29 agosto 1890, ore 16,50 (per. ore 20,25).

Esco dal Gabinetto del signor Ribot che mi aveva scritto, pregandomi di passare da lui. Egli mi disse che il signor Lagarde, governatore d'Obock, informava il Governo delle attive pratiche che andrebbero facendo le autorità italiane di Assab per distaccare dal raggio della colonia francese, attirando a sé con trattati, alcuni capi tribù di quelle regioni. Il signor ministro degli affari esteri si dolse con tutta la buona grazia possibile di tali procedimenti, osservando che mentre erano ancora pendenti tra noi le trattative di delimitazione su quel territorio, pareva equo e necessario che si rispettasse dalle parti lo statu quo, e protestando ch'egli era sempre disposto a largheggiare e ad usare la massima condiscendenza nei relativi negoziati tra noi, ma pure non poteva ammettere che lo si getti a mare o che si voglia ridurre la colonia francese al solo deposito di carbone d'Obock, quantunque non si esageri la importanza d'un punto non difendibile in caso di guerra. Risposi al signor Ribot che avrei informato V.E. delle sue rimostranze, che il R. Governo aveva esso pure dato prova di buona volontà, accogliendo la sua proposta di discutere la questione dei confini, e che l'aggiornamento delle trattative dipendeva soltanto da ragioni... (2), come già gli aveva dichiarato il

r. ambasciatore; che non poteva tacergli che certi trattati, nella prima discussione prodotti dal Governo francese, potrebbero sollevare anch'essi obiezioni da parte nostra. Ebbe un leggero sorriso (3).

716

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISFRVATO 708. Londra, 29 agosto 1890, ore 22,35 (per. ore 6 del 30).

In un colloquio avuto oggi col sotto-segretario di Stato mi sono accertato che, in seguito al memorandum presentato dal commendator Catalani alla Compagnia il 2 agosto (4), nel quale è detto che R. Governo non ammette

influenza della Compagnia nei paesi appartenenti all'Etiopia, avendo il segretario di Stato esplicitamente riconosciuto che l'Abissinia e tutte le sue dipendenze dovevano rimanere fuori dell'influenza inglese, ecc., la Compagnia si è rivolta al Foreign Office per essere appoggiata nella sua pretesa di considerare come obbligazione perfetta ed irrevocabile l'accordo firmato il 3 agosto 1889, e per domandare spiegazioni a lord Salisbury delle dichiarazioni che noi invochiamo contro i diritti che la Compagnia dice aver acquistati nell'esercizio delle sue facoltà, assenziente il Foreign Office, che fu tenuto al corrente di ciò che la Compagnia trattava col Governo italiano. Naturalmente fu scritto a lord Salisbury in riguardo a questi passi della Compagnia. Il sotto-segretario di Stato, in termini più che vivaci, mi ha domandato come noi potevamo ritirare la firma data alla Compagnia; che se all'Italia nulla importava di vedersi bistrattata da tutta la stampa, in Parlamento, ecc., noi potevamo mettere da parte l'atto del 3 agosto, ma che certamente quando lord Salisbury fece le dichiarazioni delle quali noi ci armavamo contro la Compagnia, egli non aveva in vista che quelle dichiarazioni potevano ledere le ragioni già da noi riconosciute alla Compagnia. Ho replicato nei termini che mi parvero opportuni per richiamare il troppo focoso ed aspro funzionario a ritirare parecchie sue espressioni, che non ripeterò perché mi pregò di non tenerne conto. Mi pare chiaro che fintantochè noi non ci troveremo in grado, o di appianare le difficoltà colla Compagnia, o di dichiarare in modo esplicito le ragioni per le quali consideriamo che l'atto del 3 agosto non ci vincola, sarà difficile che si aprano le trattative a Napoli. A questo proposito il sotto-segretario di Stato mi disse che, quando sir E. Baring passerà per l'Italia, quelle trattative potranno incominciare per le linee al nord dell'Etiopia, e che a questo proposito una partecipazione doveva di già essere stata fatta a V.E. Tutto questo mi fa temere che la resistenza della Compagnia sarà ostinata, e che incontreremo molta difficoltà ad ottenere che il Foreign Office ammetta il nostro diritto a svincolarci dall'accordo del 3 agosto.

(l) Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 283-284.

(2) -Gruppo lndecifrato. (3) -Cfr. n. 718. (4) -Cfr. n. 664 nel quale però Catalani parlava solo di una comunicazione verbale da lui fatta.
717

IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. 117/4. Entotto, 29 agosto 1890 (per. il 31 ottobre).

Quando giungevo in Entotto, al mattino del 9 luglio u.s., dopo essere stato bene accolto nel Tigrè, e male nello Scioa, avevo il presentimento che le disposizioni di Menelik non fossero tanto buone quanto si sperava. Tale presentimento si mutò per me in certezza all'atto del ricevimento reale che fu tutt'altro di quello che sarebbe convenuto per un residente generale.

Tuttavia, confidando di poter migliorare questa prima incerta e falsa situazione, mercè una condotta paziente e saggia, credei opportuno di non destare per allora alcun allarme, e nel mio telegramma del 9 luglio n. 2 (1), spedito per la via del Tigrè a mezzo della guida assegnatami da ras Mangascià, annunziavo a V.E. che ero stato ricevuto bene dal re, ed accennavo alla completa tranquillità che regnava in tutto l'Impero, alla fame crescente e minacciante gravi sciagure a queste popolazioni.

Mandai quindi al signor residente in Let Marefià per informarlo della critica posizione in cui mi trovavo e per invitarlo a venire da me per consiglio; in pari tempo gli ingiungevo di non comunicare nulla di quanto gli scrivevo alla costa.

In attesa della venuta del dottor Traversi riuscivo a cattivarmi l'animo dell'eccighiè, agevolato in ciò da una efficace lettera di raccomandazione del conte Antonelli. Avevo anche il tempo di osservare che il grazmac Jusef, cotanto altero e presuntuoso in Italia, mostravasi qui soverchiamente umile e sommesso. Quantunque a lui avessi scritto in data del 23 luglio da Borumieda per esortarlo ad adoperarsi a che il re, per rispetto al mio grado, mi ricevesse bene, nulla seppe fare per questo, allegando, quando io ne feci a lui qualche rimostranza, che egli era stato ammalato. Mi accennò anche a certe influenze di Corte, per le quali Menelik si sarebbe persuaso che a lui, ora re dei re d'Etiopia, non conveniva scomodarsi per ricevere un rappresentante di S.M. il Re d'Italia.

Poco fiducioso sempre nella lealtà di questo grazmac Jusef, ho ritenuto opportuno di trattare con lui colla massima riservatezza, senza però disgustarlo, e di vigilare attentamente, per scoprire se, o per paura, o per interesse,

o per mal animo egli osteggiasse ora la politica italiana.

D'altra parte ero informato della esistenza di un forte malcontento a Corte per l'art. 17 del trattato stipulato ad Uccialli il 2 maggio 1889, la cui traduzione in lingua italiana non corrisponde al testo amarico, secondo il quale il re potrebbe quando volesse, ma non sarebbe obbligato a servirsi del Governo italiano per i suoi rapporti colle altre Potenze. Mi veniva inoltre segnalato che alla Corte stessa esisteva un forte partito che facendo eco, qui allo Scioa, alle idee tigrane, biasimava il re per le cessioni di territorio da lui fatte all'Italia; ed ero assicurato che alla testa di questo partito si trovava la stessa regina, la cui influenza sull'animo del re è nota a tutti.

Alla sera del giorno 15 luglio giunse in Entotto il dottor Traversi. Mi trovavo con lui nel recinto reale al mattino del 16 in attesa dell'ora del ricevimento, volli sentire da lui quale fosse il suo pensiero sulla situazione politica attuale.

Egli mi confermò le notizie che avevo di già ricevute e che ho scritte qui sopra e mi disse che riteneva come impossibile l'ottenere un palmo più di territorio di quanto ne era stato concesso al conte Antonelli. Soggiunse inoltre che dovevamo pensare di essere noi due soli contro tutti, compreso il grazmac Jusef, suo amico, il quale ora per timore e per rimettersi nella grazia perduta, ci si mostra ostile.

Sebbene il quadro non fosse molto confortante, decisi però di scandagliare in quel giorno stesso l'animo del re, conducendo abilmente il discorso sulla questione dei confini. Traversi assisteva al colloquio.

Il re si mostrò irremovibile, ed io, essendomi accorto che la conversazione cominciava a prendere una cattiva piega, credei, per allora, opportuno di non insistere. Parlai di macchine e di costruzioni, alle quali cose il re mostrò d'interessarsi moltissimo; gli dissi che, ove a lui piacesse, e senza alcuno interesse da parte mia, potrei fargli vedere qualche saggio di queste e mi ritirai convinto di aver fatto una buona impressione nell'animo suo.

Dopo la partenza del Traversi, il quale ritornava in residenza il giorno 19 luglio, rivolsi tutti i miei sforzi ad ottenere di essere ricevuto dalla regina, la quale, a quanto mi si diceva, pareva non intendesse di vedermi. Fino a tanto che per questo mi raccomandai al grazmac Jusef, non riuscii nel mio intento. Pensai allora di far capo ad Afa Worke e per mezzo suo fui subito e splendidamente ricevuto e non ebbi a durare gran fatica per entrare pienamente nelle grazie della regina stessa.

II grazmac Jusef, scosso da questo scacco, andava spargendo la voce che questa pretesa di portare il confine al Mareb era tutta cosa immaginata da me per salire in onore ed acquistarmi decorazioni in caso di riuscita, ma che il Governo italiano non vi pensava nemmeno.

Dopo l'acquisto dell'amicizia della regina la mia casa è assediata ogni giorno da messi di personaggi d'importanza che desiderano di far relazione con me. Fra questi, degiac Tessamà, capo di Gumma, influentissimo nei consigli del re; degiac Apto Mariam (l), * che forse contenderà con successo a ras Makonnen il trono di Etiopia, quando manchi l'attuale imperatore; * Licamequas Abbatà cal)o dei favoriti del re; Azag Zammaniel, capo della casa della regina: Azag Sinchiè, capo della casa del re, ed altri molti che spesso si trovano in contatto colle reali persone.

Era così trascorso un mese durante il quale avevo veduto, oso dirlo, con vera soddisfazione, migliorarsi la situazione e pensavo già di riprendere col re le trattative per la delimitazione del confine dalla parte del Tigrè, quando sopravvennero digraziatamente due incidenti a guastare il ben fatto; che pure mi era costato non poca fatica, non indifferente dispendio e moltissima pazienza.

Ho detto sopra come a Corte si parlasse di una traduzione mal fatta dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli 2 maggio 1889; non avendomene però il re tenuto discorso alcuno, tacqui anch'io, sia perchè ritenevo fossero dicerie sia perchè non ho presso di me il testo amarico di quel trattato e non potevo ricercare, cosa di vero esistesse in quelle dicerie. Ma le lettere dell'imperatore di Germania e della regina d'Inghilterra, accennando esplicitamente a quell'articolo, fecero nascere un forte clamore, e il re mi chiamò con lettera

* qui annessa sotto il numero l (2), ad audiendum verbum * (3). Egli mi fece esa

minare il trattato e mi fece rilevare come *realmente la traduzione di questo articolo fosse errata * (1). Difatti l'art. 17 del trattato nel testo italiano dice:

«Sua Maestà il Re dei Re d'Etiopia consente di servirsi del Governo di Sua Maestà il Re d'Italia per tutte le trattazioni di affari che avesse con altre Potenze o Governi».

Nel testo amarico invece è detto: (2). Vale a dire:

« 17° articolo. Di Etiopia re dei re dai di Europa Regni che desidera affari tutti con con (d') Italia Regno aiuto mandare li può».

Dopo che io ebbi preso lettura di questo articolo lasciai che il re parlasse per primo. Egli mi ripetè ad un dipresso ciò che aveva di già scritto nella sua lettera del 16 corrente a me diretta. Mi disse, cioè, che il trattato era stato scritto prima in amarico e poscia tradotto in italiano e che perciò, essendo errata la traduzione, affinchè fosse valido il successivo art. 19 del detto trattato, era necessario correggere la traduzione stessa. Il re sospettava di essere stato tratto in inganno: era in collera, e quasi per dimostrarmi che ne aveva motivo, mi annunziò che ras Mangascià gli aveva scritto di aver ricevuto proposte dal Comando superiore di Massaua (generale Orero) relativamente alla cessione della linea del Mareb senza tenere in alcun conto l'autorità imperiale, contro promesse di non si sa bene quali aiuti ed agevolazioni.

Dissi di non credere a questa asserzione di Mangascià, ma il re soggiunse che avrebbe mandato l'ordine perché gli venga subito inviata la lettera originale di Orero.

In quanto poi all'articolo 17, temendo che il re si rimettesse al giudizio di altra Potenza europea, compresi che unico spediente valevole per un paese ricco di sorprese come è questo era quello di guadagnar tempo e non mi opposi alla determinazione presa da re Menelik di rivolgersi direttamente per lettera al nostro Augusto Sovrano e per questo argomento e per la questione della delimitazione, resa più aspra e difficile dai sopradetti incidenti, che hanno profondamente ferito la suscettibilità di questo monarca etiope.

Avendomi per altro il re comunicato la lettera indirizzata a S.M. il nostro Re perché ne prendessi conoscenza, ho ritenuto essere mio obbligo replicare io stesso facendo osservare al re che nella sua lettera, mentre prende in esame le modificazioni occorse nell'esecuzione del trattato per parte nostra, non pensa alle cause che ci hanno costretti ad agire in tal guisa e tanto meno che la causa delle cause è proprio lui. Lui, che ai replicati inviti, che noi gli abbiamo fatti affinchè sollecitasse la sua venuta in Tigrè, non prestò ascolto rendendo sempre più intollerabili le condizioni di quel paese: «Vostra Maestà sa, ho detto, che la popolazione tigrina, desolata ed affamata, seminando di cadaveri la via, emigrava in massa al di là dal Mareb per chiedere a noi di che sfamarsi; Vostra Maestà sa che ribelli di ogni fatta infestavano il paese; sa che la discordia regnava fra i capi. Poteva l'Italia forte e civile assistere impassibile a tale uno spettacolo di miseria e di disordine? No. E per questo,

quando si vide che voi non venivate nel Tigré, siamo stati costretti ad avanzare noi, fino ad Adua, prima, e poscia ci siamo ritirati per stabilirei al Mareb. Infine quando noi siamo arrivati dove ora siamo, voi non avevate ancora sottomesso il Tigré, e se l'avete poi sottomesso fu perché noi eravamo al Mareb pronti a sostenervi quando occorresse ).

Le lettere reali faranno conoscere anche meglio l'attuale vera situazione politica fra noi e lo Scioa. Pare a me che, concludendo, si possa riassumere così:

l) impossibile ora ottenere amichevolmente, il confine del Mareb; 2) ciò può verificarsi solamente nel caso che la fame, la quale infierisce ogni giorno più, unitamente ad alcuna di quelle sorprese, di cui dissi esser ricco questo ambiente, pongano il re in condizioni pericolose e paurose quali erano quelle sotto il di cui impero accettò i patti anteriori; 3) la vertenza ora sollevata per l'articolo 17 del Trattato di Uccialli 2 maggio 1889, non facile ad accomodarsi dopo la notificazione fattane alle Potenze a senso deil'atto finale della Conferenza di Berlino e le trattative corse fra il Comando e Mangascià, hanno ora dato il sopravvento al partito avverso all'intromissione della influenza europea; 4) ed ultimo. È necessario ora vedere, e ciò spetta all'alta intelligenza dell'E.V., e prontamente decidere se convenga persistere nei pazienti e dispendiosi tentativi intrapresi, ma d'incerto frutto, ovvero alzar la voce ed imporci colla forza abbandonando l'imperatore al suo destino.

Queste verità io dico con tutta franchezza poiché esse non adombrano menomamente il * glorioso * operato del mio illustre predecessore, il quale lottando contro le immense difficoltà incontrate a Massaua uegli ultimi tempi del suo soggiorno colà, tutto questo previde e predisse.

Sia che l'E.V. mi imponga di rimanere sia che mi comandi di rimpatriare potrà accadere che il re si assicuri della mia persona. In tal caso (piacemi fino da ora dichiararlo) sarebbe mio desiderio che il Ministero non si preoccupasse menomamente della mia sorte, non addivenisse mai a concessione alcuna per il mio riscatto, e nemmeno prestasse ascolto a lettere che per avventura fossi forzato a scrivere per evitare sevizie.

Siamo molto lungi da tutto ciò. Ma, per rimembranze, e per ogni buon fine, mi piace fino da ora scrivere così.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit.. pp. 348-352 e in LV 72, pp. 49-53; parzialmente in CRISPI e Menelich, cit., p. 153.

(l) Non pubblicato.

(l) -In L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., e In LV 72, invece del passo fra asterischi: «in cui si vuoi ravvisare un futuro competitore di ras Makonnen ». (2) -Non pubblicata. (3) -Le parole fra asterischi mancano in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit. e in LV 72. (l) -Ibid., invece delle parole fra asteri"chi. «realmente le due versioni di quest'articolo non fossero conformi ». (2) -Qui era il testo in amarico dell'articolo 17, che non si riproduce.
718

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. COLONIALE RISERVATO 549. Roma, 30 agosto 1890, ore 11.

Spedirò due memorie che confutano trattati francesi regione dancala. Ella però non dovrà presentarle finché non riceverà istruzioni speciali, giac

ché vogliamo soltanto riprendere trattative colla Francia dopo che avremo terminato quelle con Governo inglese. Importa perciò guadagnare tempo col signor Ribot adducendo pretesti.

719

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2054. Pietroburgo, 1° settembre 1890, ore 14,27 (per. ore 15,45).

Incaricato d'affari di Germania mi ha detto confidenzialmente aver Caprivi qui data assicurazione sulla politica di disinteressamento dalla quale Germania non si sarebbe dipartita neppure per l'avvenire nella questione bulgara. Governo russo, sebbene in fondo favorevole alla soluzione della vertenza dei berat, era rimasto impressionato dalla attitudine più accentuata del consueto nelle questioni balcaniche del Gabinetto di Berlino. Prego confrontare quanto precede col mio telegramma del 20 agosto (l) sulla politica di V. E.

720

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 553. Roma, 2 settembre 1890, ore 17,20.

Non voglio dare troppo peso colloquio di sir Philip Currie (2) essendo notorii suoi sentimenti ostili verso di noi. D'altra parte vertenza attuale essendo di somma importanza prego V.E. procurarsi colloquio con lord Salisbury recandosi anche sul continente. In lungo dispaccio spedito oggi corriere (3) spiego nostra condotta che è stata corretta. Negoziati sfere influenza furono da noi chiesti come condizione riconoscimento protettorato inglese Zanzibar che mutava radicalmente nostra posizione in quelle regioni. Se Governo inglese ci avesse creduto legati da stipulazioni accordo 3 agosto non doveva accordarci tali negoziati. Così pure lord Salisbury non doveva riconoscere giuste le osservazioni di V. E. circa nota carta geografica né darle assicurazioni formali circa rispetto dipendenze Etiopia. Governo inglese non può allegare seriamente ignoranza nostre stipulazioni Compagnia perché direttori dichiarano avergliele comunicate e perché delimitazione tracciata sopra suddetta carta geografica contro la quale protestava V. E. era precisa

mente quella indicata accordo 3 agosto. Dichiarazioni fatte da Sua Signoria non vennero surrepite con sorpresa anche perché pratiche relative durarono più di un mese.

(l) -Cfr. n. 701. (2) -Risponde al n. 716. (3) -D. 32034, non pubblicato.
721

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN (l)

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Roma, 2 settembre 1890, ore 22,45.

La insistenza del signor Ribot per conoscere le nostre intenzioni circa la rinnovazione della Triplice Alleanza (2) non è degna di un uomo di Stato. Ad un anno e mezzo di distanza nulla si può prevedere in politica. Giova però ricordare le ragioni che obbligarono il cavalier Mancini a chiedere la alleanza dell'Austria e della Germania. L'Italia dal 1879 al 1881 fu continuamente maltrattata dal Governo della Repubblica, minacciata dagli austriaci, disistimata a Berlino. Al 1880 un esercito di quaranta mila uomini era pronto ad entrare nel Regno, il Governo di Roma tollerando l'agitazione irredentista. La stampa francese ci derideva, ed il Governo francese occupava Tunisi. Sono celebri le parole pronunziate da Bismarck al 1879, che l'Italia non era una Potenza militare temibile e che pochi reggimenti austro-ungarici sarebbero bastati per metterei alla ragione. Il cavalier Mancini pregò, scongiurò a Vienna ed a Berlino, e dopo molti sforzi ottenne che l'Italia fosse accolta nella alleanza dei due Imperi. Oggi tutto è mutato in nostro vantaggio ed io non permetterò che l'Italia ritorni in quello stato di umiliazione nel quale pel suo isolamento fu sino al 1881. Ribot, prima di chiedere quali siano le nostre intenzioni sulla rinnovazione della Triplice, dovrebbe metterei in condizione di non averne bisogno, ed assicurarci che, sciolti i nostri impegni coi due Imperi, la Francia non ripeterebbe in altri territorii le imprese tunisine, che non ci insidierebbe più nella penisola per mezzo del Vaticano, che garantirebbe la nostra indipendenza. Or finora nulla fu fatto per persuaderei che il Governo ed il popolo di Francia vogliano divenirci amici ed amici sinceri e leali.

722

LINCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 202. Parigi, 3 settembre 1890, ore 18,35 (per. ore 21).

L'immaginazione dei giornali continua ad esercitarsi per indovinare la ragione che induce S. M. il Re a non andare alla Spezia, e la va cercando anche nelle

più strane ipotesi. Da molti articoli traluce il sentimento d'un amaro disinganno, da altri quello di un'offesa ricevuta; però nei principali fogli la querela si produce in tono relativamente moderato. Anche Ribot, nella nostra odierna breve conversazione, ha mostrato rammarico che non si sia spiegata la vera causa dell'astensione di Sua Maestà; che si siano lasciate correre durante tanto tempo le notizie della visita reale alla Spezia senza contraddirle, quando pure non poteva esservi dubbio sulla intenzione del Governo della Repubblica francese, che infine vengano ora dei giornali italiani, come per esempio dall'Italie spiegazioni poco benevole per il Governo francese. Il signor Ribot mi disse che l'ambasciatore di Francia a Roma l'aveva informato che persone che circondano Sua Maestà avevano mostrato premura di conoscere se la flotta francese andrebbe alla Spezia, e che dopo ciò la subita decisione del re quando già il Governo francese aveva manife·stato le sue intenzioni, ben doveva giungere inattesa. Ripetei al ministro che già da tempo qualche telegramma dall'Italia aveva dichiarato molto dubbio il viaggio del re, che sarebbe insensato di voler ravvisare nella decisione di Sua Maestà il rifiuto d'accettare una cortesia dalla Francia, allorché Sua Maestà fu la prima a fare l'uguale spontaneamente a Tolone; che d'altronde a niuno verrebbe in mente di fare simili supposizioni rispetto alla flotta inglese che pure anche essa erasi proposta, come si annunziava, d'ossequiare il re alla Spezia (1).

(l) Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa; ed. in CRIBPI, Politica estera, clt., pp. 383-38q.

(2) Cfr. n. 711.

723

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. RISERVATO 146. Roma, 5 settembre 1890, ore 15,30.

In risposta ai rilievi del signor Ribot comunicatimi col di lei telegramma del 3 corrente (2) osservo; che l'!talie non è giornale ufficioso; che i giornali inventano sempre favole e che se si dovesse smentire tutto ciò che di falso o inesatto dicono ogni dì, bisognerebbe pubblicare un bollettino errata corrige quotidiano; tanto meno poi sentiamo bisogno smentire giornali francesi che quotidianamente dileggiano e insultano Governo italiano attribuendogli, quando non vi sono fatti da svisare, i più strani propositi. Quanto alla visita della flotta francese se avesse potuto aver luogo ne sarebbero stati lieti re e Governo, e non vi sarebbe stato motivo alcuno per declinarla; ma essa fu prima discussa e criticata dalla stampa francese che decisa. Il signor Billot non poteva riferire notizie attinte a buona fonte sulla visita del re alla Spezia. Se informò il suo Governo che un tal viaggio era deciso, disse cosa non esatta.

(l) -Per la risposta cfr. n. 723. (2) -Cfr. n. 722.
724

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATISSIMO PERSONALE 1007/323. Tangeri, 8 settembre 1890 (per. il 14).

A complemento dei miei rapporti nn. 289 e 299 ambo riservatissimi e personali (1), ho l'onore d'inviare a V. E. una nuova relazione del cav. Gentile sull'affare della moneta (2).

Essa relazione mi è giunta all'ultim'ora. Mi manca tempo a far commentarii. Il ministro di Francia non l'ha spuntata. È da aspettarsi che cercherà altrove la sua rivincita.

Il bisogno di vegliare sui nostri interessi, da quel lato, l'utilità di stare accanto al visir Garrit, e di conferire direttamente col sultano, additano al cav. Gentile siccome indispensabile che egli raggiunga Sua Maestà non appena, partito il signor Patenòtre, anche il visir Garrit lasci Rabat. Gli ho dato a ciò piena facoltà. Se il ministro di Francia rimane, egli rimarrà.

Una cosa pure spinge il r. interprete alla presa decisione. Da lungo tempo, Sua Maestà ha presso di sé, tradotte, le carte relative alla costruzione dello incrociatore. E non risponde. Questo silenzio può indicare esitazione e peggio. È mestieri vincere tutti gli ostacoli.

L'armeggiare della Francia, nell'affare della moneta, e per ottenere un piede ad Adjerod, potrà rendere accorto il sultano della convenienza vie più accostarsi a noi. È, quindi, momento propizio. Il cavalier Gentile preparerà le cose. Lo raggiungerò, se e quando occorra, a mia volta.

Non si può dissimularlo a noi stessi. Tutti, anche gli amici, insidiano la nostra influenza; non per questo ci fermeremo. Se il sultano farà buon viso alla proposta della costruzione d'un porto militare, gente seria, adatta, discreta, e già bene imbeccata dovrà tenersi pronta a venire. Il signor Patenòtre, il quale capisce forse vagamente ove noi tendiamo, si affanna ad ottenere che la missione militare francese, (questa, al punto di vista dello studio del territorio ha già finito il compito suo), venga sostituita da uomini tecnici, da adibirsi per scopi tecnici. La cosa è significante.

Lavoro per quanto me lo consentono i mezzi e le forze. Mi assista di consiglio

V. E.; procurerò meritarne la fiducia.

P.S. -Le parole «all'estero» che nel rapporto del cav. Gentile vanno fra parentesi, e da me segnate a pag. 9 di lapis azzurro, non esistono disgraziatamente nell'originale dell'accordo stretto fra i francesi già col sultano. Il visir Garrit opina che debbano essere sottintese. Ed in questa interpretazione, conviene, è superfluo il dirlo, che noi lo sosteniamo.

(3) -Cfr. n. 704; il R. 895/289 del 20 agosto non è pubbl!cato. (4) -Non pubblicata.
725

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO (1).

Madrid, 10 settembre 1890.

Il duca di Tetuan mi ha dato confidenzialmente lettura di una importante comunicazione direttagli dall'ambasciatore di Spagna a Parigi circa una conversazione da esso avuta col signor Ribot sugli affari del Marocco.

L'ambasciatore incominciò il discorso col dire che non aveva prestato fede alla voce corsa qualche tempo fa che la Francia volesse mandare bastimenti da guerra nelle acque marocchine. Ribot dichiarò che effettivamente mai vl s1 era pensato e che se dopo le manovre navali qualche legno rimase in armamento a Tolone ne era sola ragione la necessità di provvedere alle eventualità che sempre possono sorgere in varii punti.

Egli pertanto rimarcò aver la Spagna inviato un bastimento e ambasciatore replicò che ciò era stato solamente per trasportare ministro di Spagna da Tangeri a Rabat pel compimento della sua missione e che Governo della regina reggente intendeva evitare scrupolosamente qualunque indebita ingerenza negli affari del Marocco di cui vuole rigorosamente mantenere lo statu quo.

«Infatti, osservò Ribot, questo programma è conforme alle dichiarazioni già emesse dal Gabinetto Canovas del Castillo », poi continuando disse: «la Francia e la Spagna hanno grandi interessi al Marocco certamente assai superiori a quelli di qualsiasi altra Nazione»; che fermamente sperava non accorrerebbero avvenimenti atti a minacciare l'Impero sceriffiano, poiché Francia sarebbe costretta a prendervi larghissima parte. Ambasciatore di Spagna nel dar conto di questo colloquio afferma che il signor Ribot non mancò dal far allusione all'azione al Marocco [di] certe Potenze remuantes (sic).

Il duca di Tetuan mi assicurò che nessuna confidenza sull'accordo del quattro maggio ottantasette venne fatta all'attuale ambasciatore di Spagna a Parigi, il quale ha unicamente per generale istruzione di cogliere ogni occasione di proclamare il desiderio del suo Governo di adoperarsi per la conservazione della pace ovunque.

726

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO (1). Madrid, 11 settembre 1890.

Il duca di Tetuan mi dichiarò che il conte di Benomar viene a Roma per le due ragioni da me già accennate nel fare allusione alla probabilità della di lui

nomina cioè: l) perché durante quasi tre lustri era stato accreditato presso il più saldo alleato dell'Italia acquistando tutta la fiducia del principe Bismarck e divenendo così uno dei più attivi collaboratori del patto del quattro maggio al cui buon successo validamente contribuì per la parte che gli spettava; 2) perché essendo stato lungamente ministro a Tangeri, possiede una competenza negli affari d'Africa che lo addita in modo speciale pel posto di rappresentante presso il Governo del re, una delle basi del patto stesso essendo appunto di mantenere uno scambio di idee non interrotto sulle questioni che più direttamente concernono gli interessi comuni che abbiamo nel Mediterraneo.

La scelta del conte di Benomar ha dunque, mi osservò con insistenza il duca di Tetuan, un alto significato ed attesta il peso che l'attuale Gabinetto accorda agli impegni esistenti tra l'Italia e Spagna.

Più ancora che con il duca di Tetuan il conte di Benomar è in intimi rapporti col signor Canovas del Castillo il quale gli impartì diffuse istruzioni sul compito che da lui il Governo aspetta raccomandandogli sopra tutto di procurare d'ispirare in V. E. la più completa fiducia. Evidentemente qui si teme che siffatto sentimento sia stato alquanto scosso in lei dalla condotta equivoca del marchese Vega de Armijo. Il duca di Tetuan per esempio mi palesò che in uno dei suoi ultimi rapporti il signor Del Mazo espose che avendo parlato coll'E. V. dell'amicizia che il Gabinetto spagnuolo vuole coltivare coll'Italia, V. E. avrebbe rimarcato un poco ironicamente «nonostante le vostre simpatie per la Francia? ».

Non ho voluto passare ciò sotto silenzio per addivenire alla conclusione che la missione del conte di Benomar consisterà principalmente nel cercare di dissipare quelle diffidenze che potrebbero per avventura esistere nell'animo dell'E. V.

(l) -Al R. riservato personale 797/324, non pubblicato. (l) -Al R. riservato 803/325, non pubblicato.
727

IL CAPO DI GABINETTO, PISANI DOSSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. URGENTISSIMO S. N. Roma, 12 settembre 1890, ore 16,45.

Tornielli manda suo progetto nuovo contratto da proporre Compagnia britannica per subconcessione porti Benadir (1). Esso ci assicura posizione eccellente a Kisimaio. Riservando delimitazione sfere influenza a trattative fra i due Governi ci assicura finché non vengano concluse confine del Giuba fin dove questo fiume entra nei confini dei paesi dell'Impero d'Etiopia. Questione dipendenze Impero etiopico e Caffa resterebbe così pregiudicata a danno Compagnia. Annulla inoltre tutte le precedenti stipulaztoni. Domani si troveranno vari direttori presso Mackinnon in Scozia e sarebbe urgente telegr2-fare oggi stesso a Tornielli autorizzazione discutere progetto suddetto. Chiedo licenza farlo.

3•1 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) R. 695 del 5 settembre, ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., pp. 274-281.

728

IL CAPO DI GABINETTO, PISANI DOSSI, AL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAYOR, A NAPOLI

T. URGENTISSIMO S. N. Roma, 12 settembre 1890, ore 16,45.

Progetto Tornielli attentamente esaminato anche da Filonardi e""'silvestrelli trovato eccellente. Purtroppo è così buono che difficilmente Compagnia si deciderà accettarlo. Se viene firmato questione sfere influenza può ritenersi completamente risoluta in nostro favore. Sotto mia responsabilità, ho chiesto licenza autorizzare telegraficamente Tornielli a presentarlo (1). Sarebbe urgente farlo oggi stesso (2) perché domani direttori si riuniscono in Scozia presso Mackinnon. Corriere è giunto soltanto questa mattina.

729

APPUNTO DEL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAYOR

Napoli, 16 settembre 1890.

Marocco. Si constata che la Germania non si è finora diretta a nessuna Potenza e che non dimostra premura. Non abbiamo bisogno di ricorrere a Berlino. Tentiamo, per conto nostro, di stipulare direttamente un trattato, e facciamo rilucere agli occhi del sultano gli stessi vantaggi che il Tattenbach. Anche l'Italia è grande Potenza. Anche l'Italia può stipulare i patti stipulati dal Tattenbach (1), e prendere gli stessi impegni, che manterremo. Si tenti. Ben inteso con ogni cautela e prudenza. D'ordine di S. E.

730

ABDUL FRASHERI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

L. PERSONALE (4). Costantinopoli, 16 settembre 1890.

J'ai eu l'honneur de vous avoir écrit deux lettres sur l'état actuel et l'avenir de l'Albanie, en vous exposant les voeux et les besoins de la nation albanaise et

en vous prlant de vouloir bien employcr votre influence dans le monde diplomatique pour que cette nation, qui se glorifie de compter parmi ses enfants chéris un grand homme comme vous, assure les droits sacrés qu'elle a sur le coin de terre qu'elle habite depuis des temps immémorials.

La question d'Orient ne pourra jamais étre dissoute sans que l'Europe prenne en considération le sort de l'Albanie qui tient une piace très importante dans la presqu'ile des Balkans et qui occupe une grande partie du pays qu'on désigne encore sous le nom de Turquie d'Europe.

L'état précaire qui règne dans la péninsule balkanique ne peut pas durer encore longtemps. Il parait que la diplomatie européenne s'est enfin décidée [à s'occuper] du sort qui attend cette péninsule, mais quelle sera la partie de l'Albanie dans cette nouvelle organisation? Si l'on compte partager le pays albanais parmi les petits Etats limitrophes la question ne sera pas dissoute ni la paix assurée dans la presqu'ile des Ballmns, car les albanais sont prets à mourir tous sous les armes plutòt que de se laisser partager parmi des nationalités qui finiraient par anéantir leur langue et leur caractère qu'ils conservent depuis des siècles préhistoriques. Ainsi donc la solution de cette question et le maintien de l'ordre et de la paix en Orient dépend de la satisfaction des voeux justes et loyaux de la nation albanaise.

Les albanais désirent et demandent de la justice européenne que l'état actuel qui pèse de jour en jour plus lourdement sur eux cesse le plus tòt possible et que leur pays soit érigé en une province autonome ou en un petit Royaume selon la nouvelle organisation de la péninsule. Ils sont préts à faire partie d'une Confédération balkanique ou à reconnaitre la suprématie d'un grand Etat quelconque, à condition de garder toujours leur autonomie administrative et les frontières naturelles et ethnographiques de leur patrie.

L'Albanie est bornée du nord par Monténégro, la Bosnie et la Serbie, du sud par le golfe ambracique et la Grèce, quant à se.s frontières orientales, una ligne tirée de la frontière serbe près de Vranja, traversant le Vardar entre Scopia (Uskub) et Vélez (Koeuprulu), puis suivant la crete de la montagne Babouna et d'une série d'autres montagnes en laiss2-nt à l'Albanie Prilip, Monastir (Bitolia), Florina, Kastoria et Grévéno, jusqu'à la frontière grecque, une telle ligne serait la frontière naturelle et ethnographique de l'Albanie de ce còté là. Et s'il y a à l'occident de cette ligne quelques milliers de bulgares, de valachs et de grecs, il y a en revanche un nombre beaucoup plus grand d'albanais au dehors de ces frontières.

Quant à la Macédoine, c'est à dire au vilayet de Salonique avec les parties sud-est des sandjaks de Monastir et d'Uskub, si l'Europe désire donner à ce pays aussi une autonomie pareille, quoique historiquement parlant la Macédoine est un pays albanais comme l'Epire, les albanais n'ont pas des prétensions sur cette province habitée par plusieurs peuples; mais la Macédoine jusqu'aux susdites frontières orientales de l'Albanie pourrait étre érigée en une province autonome qui serait avantageusement placée sous un méme prince avec l'Albanie en forme de dualisme.

Les albanais acceptent avec plaisir une organisation et d es lois européennes; ils donnent peu d'importance à la religion, et musulmans, catholiques ou orthodoxes tous sont unanimement d'accord pour tout ce qui regarde leur pays. Ils auraient toujours préféré un prince de leur sang digne de ce titre, capable à Ies bien diriger dans la voie du progrès et qui connaitrait leur moeurs et leur coutumes.

Son Altesse Fuad pacha, prince d'Egypte, petit-fils du fameux albanais Mehemet-Ali l'organisateur du Vice-royaume d'Egypte, se souvenant du pays qui a vu naitre son illustre ai"eul et sentant circuler dans ses veines le sang albanais, s'est décidé à servir la cause de sa mère patrie. Son éducation européenne et ses talents militaires acquis dans l'arméc italienne lui out inspiré un amour et un zèle irrésistibles qui le poussent cette fois-ci vers l'Europe. Il est connu. V.E. est donc p;:iée d'accueillir Fuad pacha comme le représentant et le délégué de la nation albanaise. L'état gènant dans lequel nous vivons ne nous a pas permis de lui donner une requete souscrite par tous les notables albanais.

Soyez siìre, Excellence, que la nation albanaise se souviendra éternellement avec reconnaissance de la bienfaisance que V. E. est aujourd'hui en état de lui faire, et placera votre nom à còté de celui du héros Scanderbeg. Un mot lancé aujourd'hui de votre bouche dans le monde diplomatique pourra sauver ce pays, berceau de vos areux, et ce peuple dont le noble sang circule dans vos veines (1).

(l) -Cfr. n. 727. (2) -Cfr. il T. 164 inviato a Londra a firma Crispi lo stesso 12 settembre, ore 22,15, di cui si pubblicano i brani seguenti: «Suo progetto contratto pervenutomi soltanto questa mattina. Incontra mia piena approvazione e la prego presentarlo Compagnia senza indugio... Mi compiaccio elle V. E. sia perfettamente entrata nello spirito delle intenzioni del R. Governo e l'autorizzo sin d'ora a cedere sopra punti di secondaria importanza per facilitare accettazione Compagnia ». (3) -Cfr. n. 514. (4) -Annotazione a margine: <<Atti per ora. Che fare? Pare convenga aspettare l! preannunziato arrivo di Fuad pascià e astenersi dal rispondere per iscritto >>.
731

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 172 (3). Roma, 18 settembre 1890, ore 11,15.

Sir E. Baring può partire anche sabato prossimo perché io sarò di ritorno a Roma ai primi della settimana ventura e sono pronto a riceverlo (4). Ambasciata inglese n'è stata prevenuta avendomi fatto premure in proposito. Non avendo avuto partecipazione alcuna da Dufferin che negoziato Baring si limiti alla frontiera nord-ovest ritengo che gli sia affidata l'intiera negoziazione delle delimitazioni africane.

n. -154,
(l) -Si pubblica qui un appunto di Pisani Dossi senza data per Mayor, conservato !n ACS, Carte Crispi, a margine del quale è stato annotato «letto a S.E.»: «Per l'evenienza sempre probabile di uno sfasciamento dell'Impero ottomano, non sarebbe, pare, inopportuno che l'Italia avesse fin d'ora ben determinate le sue viste sulle regioni dell'Impero da occupare e averne pronti gli studi e fatti i piani perché l'occupazione riuscisse senza difficoltà. Cipro e l'Albania potrebbero essere fra queste regioni. Mantenere indirettamente rapporti col personaggi più influenti di esse potrebbe quindi giovare». (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso. tomo VIII, cit., p. 296. (3) -Per errore il registro dei telegrammi coloniali riservati in partenza passa dal n. 553 al (4) -Risponde al T. coloniale riservato 748 del 17 settembre, non pubbl!cato: desiderio di Baring cbe le trattative inizino al più presto.
732

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 751. Londra, 18 settembre 1890, ore 14,40 (per. ore 17).

Avvertii Baring che egli può partire per Roma (2). Egli e generale Grenfell sono incaricati di assistere Dufferin per il negoziato relativo alla demarcazione verso i territori sui quali l'Egitto ha dominato. Il negoziatore è lord Dufferin. Non credo che in pendenza dell'affare del contratto colla Compagnia lord Salisbury vorrà negoziare per la frontiera al sud-ovest dell'Etiopia.

733

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, A.I., CRISPI

T. RISERVATO 204. Costantinopoli, 19 settembre 1890, ore 15,15 (per. ore 16,42).

Credo mio dovere, con preghiera non compromettermi, telegrafare all'E.V. le seguenti parole testuali dettemi da sir William White col quale si discorreva della proposta di commissione sanitaria Mar Rosso: «Le relazioni tra l'Inghilterra e l'Italia non sono più così cordiali e se Crispi ci avesse ancora fatto questa senza consultarci la pagherà». Dopo si parlò d'altro, ma uscendo mi augurò di potere ottenere l'adesione della Turchia, dichiarandosi disinteressato trattandosi tra Salisbury e Rustem pascià (3).

734

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, NOBILI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 310/231. Belgrado, 19 settembre 1890 (per. il 24).

Dalla stampa V.E. ha potuto vedere come all'occasione della inaugurazione dei lavori alle «Porte di ferro » il conte Szapary, presidente del Consiglio della Ungheria, abbia alzato un brindisi alla Serbia e al re Alessandro e in termini molto cortesi abbia ricordato i nemici comuni dei secoli scorsi e le relazioni intime fra le due Nazioni e accennando poi come oggi debbano questi rapporti continuare verso questo Paese e verso la dinastia regnante degli Obrenovitch, ha bevuto alla salute del re di Serbia!

Il generale Grotiitch (presidente del Consiglio serbo) ha creduto opportuno rispondere che la Serbia è propensa ad una amicizia necessaria fra questi due Paesi limitrofi e ringraziando il conte Szapary ha bevuto alla salute dell'imperatore Francesco-Giuseppe.

La stampa locale ha riportato questi brindisi e ne ha fatti i commenti, ma salvo qualche giornale del partito progressista o liberale, la maggioranza della stampa radicale non ha approvato le dichiarazioni del generale Grotiitch ed anzi ha colta l'occasione per combattere appunto questo ministro per gli affari esteri. Anche la stampa officiosa non è troppo soddisfatta.

Si ripete insomma lo stesso gioco: le autorità, che rappresentano il Paese a nome d'una maggioranza radicale fanno ufficialmente solenni dichiarazioni d'amicizia verso l'Austria-Ungheria ad ogni evenienza. Gli stessi uomini poi sono pronti a dare ragione ai loro elettori radicali nemici dichiarati della Austria-Ungheria che scendon spesso e volentieri ad intransingenze e dimostrazioni ostili verso il vicino Impero.

In questo modo le relazioni fra i due Paesi non potranno mai migliorare e tutto porta a credere che non vi sarà tregua.

I radicali sono la maggioranza, sono al potere, san russofili moderatamente, aspirano ad una Velika Serbia (grande Serbia) e non ammettono l'amicizia con l'Impero austro-ungarico come l'ex-re Milan l'aveva imbastita e non si arriverà mai a persuaderli che l'Austria non aspira ad assorbirli.

Presto si avranno l'elezioni generali e vedremo; ma si può affermare, fin d'ora, che i radicali sono in maggioranza e resteranno al potere.

Il generale Grotiitch però fra i radicali è tenuto per moderato e non troppo antl-austriaco e così nulla di più [sic] strano se il partito radicale insistendo a combatterlo arriverà ad obbligarlo a lasciare il portafoglio. Di ciò si è parlato più volte nei circoli radicali, ma finora sembra la crisi sarà evitata e del resto la perdita del generale Grotiitch sarebbe molto da lamentare vista la scarsità che questo Paese ha di uomini capaci per reggere i dicasteri per gli affari esteri e la guerra oggi ben amministrati dal predetto ministro.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 295-296.

(2) -Cfr. n. 731. (3) -Cfr. nn. 568 e 613.
735

IL RESIDENTE AD HARAR, NERAZZINI, AL SEGRETARIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAYOR (l)

L. PERSONALE. Harar, 20 settembre 1890.

E' arrivato dallo Scioa un corriere verbale di Salimbeni, certo signor Davico, con incarico di portarmi una brevissima lettera e di dirmi a voce la situazione delle cose che mi sembra assai grave. Il corriere porta con sé due lettere dell'imperatore Menelik (2), che deve impostare a Massaua, di una delle quali il corriere ha con sé la traduzione, più una lettera di Salimbeni per il generale

Gandolfi personale, al quale deve poi raccontare tutto quello che ha detto a me. Ti espongo quanto mi ha raccontato il corriere. Alla Corte di Menelik prevale l'idea di essere stato giuocato dall'Italia, ma ciò che soprattutto ha suscitato una vera reazione contro di noi è la pretesa del nostro Governo di voler il confine del Mareb. Il re, la regina e tutti i capi hanno dichiarato che questa concessione, vivente Menelik, non sarà fatta mai; anche Makonnen me lo ha dichiarato assolutamente e mi ha detto di farvi comprendere che per Menelik quella concessione sarebbe un suicidio (1). E ricordati, caro Mayor, che questo io pure l'ho sempre sostenuto e scritto confutando con validissimi criteri politici, quello che voi altri dite essere un'esigenza dei criteri strategici. Quello che mi meraviglia è che Salimbeni abbia accettato di presentarsi al re con quel mandato, e che Antonelli lo abbia lasciato partire da Adua; era certo che si veniva a questo punto. Intanto Salimbeni fu ricevuto dal re più che freddamente: è stato un mese intero ad aspettare che la regina si degnasse riceverlo; e sembra che in questa aperta ostilità della regina abbia la sua influenza il grasmac Joseph, il quale, al dire del corriere, subdorando l'ambiente di corte, va predicando a dritta e a sinistra che il Governo italiano ha imbrogliato (sic) l'imperatore Menelik: questo in ricompensa delle attenzioni ricevute in Italia! Se le mani fortunate del professar Durante, che con tanta scienza hanno lavorato in quella parte poco rispettosa del sue corpo, vi avessero piantato un palo alla turca, sarebbe stato meglio. Salimbeni è scoraggiatissimo: sembra, per quanto racconta il corriere: che non vada più neppure al ghebi, ossia alla residenza reale. La lettera, o meglio una delle due lettere che l'imperatore ha scritto al nostro re e della quale il corriere tiene la traduzione, è molto vivace, si appella alla lealtà del nostro re perché non gli domandi cose impossibili e dichiara che mai cederà il confine del Mareb. Makonnen pure è molto preoccupato, mi ha confessato che l'animo del re è irritatissimo e debbo dire che, a mio riguardo benché mantenga le apparenze, pure non è quello che dovrebbe essere e che avevo ragione di aspettarmi.

Ora permettimi qualche riflessione: ricordo prima di tutto che un'altra volta volendo far trionfare i criteri strategici sopra i criteri politici, senza che il Governo nostro estrinsecasse mai un programma netto e determinato, ci trovammo impegnati in una guerra che ci costò carissima, e che ebbe per noi un risultato miracolosamente favorevole. (Prima questione di Saati). Siamo a un secondo periodo, quasi a una ripetizione di quelle circostanze. Mi raccomando che, qualunque sia, buttiate fuori un programma netto e determinato. Se i criteri strategici debbono avere il diritto di predominare, voi non potrete mai conciliare l'amicizia e l'alleanza di Menelik colla pretesa del confine sul Mareb, che significa completa autonomia del Tigrè; in tal caso la linea di condotta è tracciata. Tenete il Mareb, magari marciate sopra Adua, ma cessate la commedia di amicizia e di rispetto verso l'imperatore, tenendovi pronti, prima o poi, alla guerra. Se volete che le cose si sviluppino col tempo, per naturale andamento di evoluzione, senza fracasso, senza pericoli, senza oneroso impegno di armi e di denari, non rompete collo Scioa, contentatevi delle primitive aspira

zioni accettando un confine quale chiese Antonelli a Uccialli, compatibile con l'esistenza morale di Menelik quale imperatore.

Il vostro giuoco è troppo ardito, e troppo facilmente si lascia conoscere dagli interessati. Ti dichiaro che, per la poca conoscenza che posso avere di questa gente e del loro umore, e in armonia alle mie opinioni dette e ridette al Governo, se, partendo dall'Italia, avessi supposto questo andamento progressivamente invadente nei trattati di amicizia con Menelik, non sarei mai partito né avrei accettato il mandato che gentilmente mi è stato concesso. Seguitando le cose così, intendo di lavarmene le mani anch'io. Un altro grave errore è di aver sempre considerato questi signori alla pari con noi e delle altre Potenze civili; mentre sono quello che sono e non bisogna farsi illusioni.

Ti ho esposto tutto chiaramente. L'affare di Gildessa diviene un episodio secondario dello stato di sospetto generale. L'imperatore non lo permetterà mai, ed è più dignitoso per il Governo non insistere. Mi era venuto in mente di fermare il corriere in Harar e di venire da me in Italia per trattare la cosa e definire la situazione verbalmente con voialtri; ma ho temuto di aver qualche osservazione dal signor ministro e non l'ho fatto, per quanto creda sempre che sarebbe stato utile.

Aspetto lettere tue, delle quali manco da qualche mese, e desidero che tu faccia leggere la presente anche a Pisani, che mi saluterai tanto.

P.S. -Sono giunte oggi lettere dall'imperatore Menelik; egli dice che aspetta colla massima ansietà la risposta del nostro sovrano, che si augura giusta e conforme ai suoi desideri.

Makonnen prega tutti voialtri a voler persuadere il Governo a non insistere su quel confine.

Per quel che mi dice questo benedetto corriere che conosce anche i pensieri intimi di Salimbeni la lettera che egli ha scritto al generale Gandolfi mi piace poco. È strano che in questo momento Salimbeni si tenga lontano da Traversi, che a quanto pare non vuole occuparsi di niente e desidera starsene tranquillo a Let Marefià.

(l) Ed. in L'Italia in A/riva, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII cit., pp. 323-325.

(2) Ed. in LV 72, pp. 10-11. Cfr. anche la nota redazionale di Giglio in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 322-323.

(l) Concetti analoghi in un successivo telegramma di Nerazzini a Crlspi del 4 ottobre, ibtd., p. 312.

736

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 148. Roma, 21 settembre 1890, ore 18.

Mi si fa credere che al Gabinetto inglese siano dispiaciute le nostre proposte in materia sanitaria (1). A ciò non presto fede perché le proposte suddette sono conformi alle teorie sempre sostenute dal Governo britannico. In ogni modo anche in questo voglio essere d'accordo con codesto Governo. Lo dica in luogo acconcio (2).

T. -riservato 149, pari data, non pubblicato.
(l) -Cfr. n. 733. (2) -Del contenuto di questo telegramma fu informata l'ambasciata a Costantinopoli con
737

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN (l)

D. RISERVATO 34342/711. Roma, 22 settembre 1890.

Riferendomi al dispaccio ministeriale del 31 u. s. 31784/663 (2), prego la

S.V. illustrissima di rimettere al signor Ribot, con una nota da lei firmata, la memoria nostra sui trattati francesi e quella sul lago Assai, dando a tali documenti la data del 15 corrente. La nota dovrà riferirsi all'altra del ministro francese del 12 luglio u. s. e sarà bene che venga da lei consegnata anziché inviata al signor Ribot, affinché possa !asciargli intendere che malgrado il nostro giudizio sul fondamento delle pretese accampate dalla Francia, il Governo del re è disposto a riprendere la negoziazione cominciata nel luglio scorso (3), a l'atto però di trovare discrezione ed arrendevolezza. Aggiungerà che a tal fine sarebbe opportuno di fissare in via preliminare taluni punti affinché le trattative affidate ai delegati possano riuscire più spicce.

Vorremmo anzitutto che la Francia s'impegnasse ad inserire nell'accordo una clausola colla quale riconosca l'Impero etiopico con tutte le sue dipendenze come al di fuori della sfera d'influenza francese e compreso in quella dell'Italia. Fra tali dipendenze dovrebbe esplicitamente intendersi incluso l'Harar ed il paese dancalo presso Erer, il quale si trova sotto la dipendenza immediata dell'Etiopia.

Vorremmo inoltre che la Francia fosse disposta a cederci Ras Gibuti con un dìs~reto tratto della costa adiacente, ecl a cì.is1'1teressarsi dell'hinterland relativo.

In tal caso il R. Governo farebbe il possibile per dare alla Francia una ragionevole sfera d'influenza nella regione dei danakil, compatibilmente coi nostri interessi e salvi i diritti dell'Etiopia e dei dancali sul lago Assai, che riteniamo affidati alla nostra custodia.

Se il signor Ribot si dimostrasse contrario ad assumere i sopradetti impegni, la S.V. dovrà dichiarargli nettamente che le pretese affacciate sull'Harar durante la negoziazione del luglio hanno seriamente impressionato il R. Governo, il quale non si lascerà indurre in modo alcuno a facilitare ai francesi l'accesso in Etiopia senza impegni positivi che impediscano loro di valersene per ordire maneggi a danno del nostro protettorato sugli Stati di Menelik. Rammenterà al signor Ribot le ripetute sue dichiarazioni di farci anche delle concessioni per addivenire a un accordo e concluderà che è venuto adesso il momento per porre ad atto quelle sue buone disposizioni ( 4).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 303-304.

(2) -Ibid, pp. 284-285. (3) -Cfr. nn. 568 e 613. (4) -Cfr. n. 766.
738

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 181. Roma, 23 settembre 1890, ore 10,30.

Con nota soltanto di ieri sera Dufferin mi partecipa che Baring e Grenfell hanno solo istruzione discutere delimitazione itala-egiziana (1). Ho risposto

(2) in termini cortesi che riceverò con piacere quei signori mercoledì prossimo, esprimendo però rincrescimento che non abbiano facoltà di trattare anche sugli altri punti, accennati nella mia nota del 15 agosto (3), giacché era mio vivo desiderio di conseguire prontamente anche su di essi un accordo.

739

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1953/767. Vienna, 26 settembre 1890 (per. il 1° ottobre).

Parlandomi del convegno di Narva S. E. il conte Kalnoky mi disse, ieri, ch'esso aveva avuto un soddisfacente risultato quantunque in fondo non avesse cambiato in nulla la situazione delle cose.

I due imperatori avevano toccato nei loro colloqui le varie questioni politiche senza però approfondirle; ma ciò non toglieva che i loro rapporti personali fossero stati improntati ad una vera simpatia.

Il conte Kalnoky aggiunse che l'imperatore Alessandro non sembrava volersi dipartire dalla linea di condotta tenuta finora; Sua Maestà desiderava continuare gli armamenti, ma non era però intenzionato a sollevare questioni di sorta.

A questo proposito il conte Kalnoky, proseguendo, mi disseche il contegno assunto dall'imperatore Alessandro non sarebbe stato certo per modificarsi anche qualora la questione bulgara fosse stata sciolta in conformità ai suoi desiderii. Non era tale questione, a parere del conte Kalnoky, che aveva motivato il presente contegno della Russia, ma bensì altre circostanze. La Russia era scontenta delle stipulazioni del Trattato di Francoforte, come di quelle di Berlino e specialmente delle conseguenze che da questi due importanti atti internazionali erano scaturite. Era quindi inutile e non conforme alla realtà delle cose il ricercare le ragioni di tale contegno altrove che nei fatti suddetti, che avevano in certa guisa creato e sanzionato l'egemonia dell'Impero germanico.

L'atteggiamento attuale della Russia, conchiuse il ministro imperiale, sarebbe suscettibile di modificazione soltanto qualora la presente situazione generale delle cose in Europa potesse esser cambiata in vantaggio suo proprio.

(l) -Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII. cit.• p. 302. (2) -Ibid., p. 303.

(3) Cfr. n. 691.

740

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, A.I., CRISPI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN, A LIVORNO

T. RISERVATO 150. Napoli, 27 settembre 1890, ore 12,15.

La situazione interna del Portogallo potendo diventare minacciosa ravviso necessario, per interessi nazionali e dinastici, l'invio sollecito di due nostri legni da guerra a Lisbona. Prego disporre in conseguenza senza però dare le ragioni speciali di tale provvedimento ed in modo da non far pubblicità.

741

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. RISERVATO S.N. (l) Parigi, 28 settembre 1890, ore 18,30 (per. ore 21,35).

Dopo il colloquio di cui le resi conto (2), Ribot non mi disse verbo dell'affare Tunisi-Tripoli ed io mi astenni, giusta le istruzioni di V. E. (3) di rimetter per il primo il discorso su quel terreno. Dal suo lato Menabrea, dopo aver visto in Savoia Freycinet, mi scrisse non averne potuto cavare nulla di più che l'espressione della sua sorpresa che nulla si fosse concluso con Ribot; ma ieri l'ambasciatore d'Inghilterra, lord Lytton, m'interrogò se corresse qualche trattativa tra noi e Ribot per un accordo colla Francia concernente Tripoli, e sulla mia denegazione mi raccontò in confidenza che Ribot glielo aveva lasciato supporre, parlandogli delle mire di V. E. su Tripoli. Lord Lytton osservò che un tale accordo con noi potrebbe forse tentare Ribot desideroso di cercare in esso un puntello al suo portafoglio sul terreno tunisino, ma egli insistette sul pericolo di negoziare con un ministro di cui non crede che si possa fidarsi ed espresse l'avviso che l'impresa sarebbe in ogni caso arrischiatissima: «Dopo una guerra, diss'egli, e nel caso di susseguenti rivolgimenti, l'acquisto di Tripoli per parte dell'Italia non sarebbe contestato dall'Inghilterra, ma ora Salisbury paventa ogni mossa che minacci compromettere di nuovo l'integrità dell'Impero ottomano e veglia sul rigoroso mantenimento dello statu quo, onde una guerra generale non esca da qualche atto temerario: perciò anche a Tunisi egli si adopera contenere la Francia nei limiti presenti del suo protettorato. Salisbury non dubita che un tentativo o un colpo di mano dell'Italia su Tripoli getterebbe la Turchia nelle braccia della Russia e vuole evitare ciò ad ogni modo». Credo mio dovere informare V. E. di questa dichiarazione di lord Lytton, anche per il caso probabile che, in seguito all'allusione di Ribot che sarà riferita a Salisbury, questi interpelli Tornielli oppure faccia interpellare costì l'E. V. circa le sue intenzioni.

(-3) Cfr. n. 706.
(l) -Da ACS, Carte Crlspi. (2) -Cfr. n. 703.
742

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, E L'AMBASCIATORE DI SPAGNA A ROMA, BENOMAR (l)

APPUNTO. Roma, 29 settembre 1890.

Alla Consulta. Alle 3 pomeridiane è venuto il conte di Benomar. Egli mi dà copia delle lettere reali che lo accreditano presso S. M. il Re.

Egli mi riferisce, che il duca di Tetuan vuol riannodare le relazioni amichevoli fra i due Paesi, relazioni che parvero un po' sospese durante il Ministero di Vega de Armijo. Egli racconta di essere a giorno di tutto ciò che con Moret fu fatto, e per iniziativa dell'Italia, onde collegare la Spagna alla Triplice. Il duca di Tetuan vuole stringer di più, estendere ed ove d'uopo migliorare gli accordi fra il Gabinetto di Madrid e le tre Monarchie.

Racconta che il signor Vega de Armijo aveva portato con sé i documenti che si riferiscono agli accordi; che li restituì dopo ordini espressi della regina reggente. Soggiunge che la regina chiese ed egli, il Benomar, fece una relazione di tutto ciò ch'era nel maggio 1887, relazione letta al Moret e da lui trovata esatta.

Il Benomar ha una missione speciale presso il re a nome della regina. La regina è favorevole alla Triplice e ritiene ciò necessario alla Monarchia ed alla dinastia.

Incoraggiai il Benomar nelle sue opinioni. Dissi come giovi alle due Monarchie il tenersi strette. L'amicizia dell'Italia per la Spagna è disinteressata. È interesse di ambedue, che in Africa non si estenda il dominio francese. Se la Repubblica occupasse il Marocco, la libertà del Mediterraneo sarebbe perduta per noi.

Il Benomar riprese, che nulla farebbe nel Marocco senza averci prevenuto ed essersi concordati con noi.

Il Benomar mi riferì, che in Berlino io sono amato, e che popolare è il mio nome colà. E' là ch'egli mi apprese a umoscere. Ha piena fede in me ed ebbe ordine dal duca di Tetuan di mettersi d'accordo con me e di mantenere le più cordiali relazioni fra i due Governi.

Il Benomar mi pregò di parlargli sempre di tutto ciò che possa interessare i due Paesi, e di non temere di rivelargli anche ciò che possa essergli disaggradevole.

Ci siamo divisi nei migliori termini. L'impressione fattami del conte di Benomar è di un gentiluomo, franco, leale, molto benevolo per noi.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi, autografo.

743

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 211. Parigi, 29 settembre 1890, ore 18,20 (per. ore 21,15).

Lord Lytton mi racconta aver saputo da lord Salisbury che l'imperatore di Germania nel loro convegno in Inghilterra gli disse allontanamento principe di Bismarck essergli stato imposto, il cancelliere avendo a sua insaputa trattato per un'alleanza colla Russia mentre Sua Maestà intendeva rimanere fedele ai suoi alleati presenti.

744

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1976/775. Vienna, 29 settembre 1890 (per. il 6 ottobre).

Le condizioni anormali, in cui si trovano in Austria le varie frazioni della famiglia italiana, non permettono almeno per ora che esse possano conseguire quell'autonomia propria a cui tendono le altre nazionalità dell'Impero e che alcune di esse hanno in parte già potuto conseguire.

L'elemento italiano, che si trova sparso nelle provincie di Trento, Trieste, Gorizia, Istria e Dalmazia, è in proporzioni numeriche abbastanza esigue di fronte all'enorme maggioranza delle popolazioni tedesche e slave che lo circondano, le quali, quantunque discordi tra loro, sono però unite contro di esso nell'intento di sostituire la propria civiltà a quella italiana. La lotta disuguale ma incessante che esso deve sostenere per la propria esistenza, sia contro ambedue questi elementi ad un tempo, sia contro l'uno di essi soltanto, è resa ancor più difficile dalla mancanza d'unione tra le popolazioni del Trentina e quelle del Litorale. Queste popolazioni, oltre all'essere separate tra loro da territori intersecati da altre nazionalità, ciò che rende meno facili e quindi meno intime le relazioni reciproche, guardano ad obbiettivi diversi, onde i loro interessi, invece d'armonizzarsi, spesso si combattono, e li obbligano anzi talvolta a far lega coi nemici stessi dei loro connazionali. Così mentre i trentini, nella lotta che devono sostenere contro i tedeschi, hanno per loro naturali alleati gli slavi, gli italiani del Litorale invece, che hanno da lottare quali contro gli sloveni, quali contro i serbo-croati, sono portati maggiormente a stringersi ai tedeschi per far testa al loro comune nemico gli slavi.

Questa divisione di forze, che costringe l'elemento italiano a combattere su due campi separati con base d'operazione diversa, è dannosa allo sviluppo del sentimento nazionale ed è abilmente sfruttata dai suoi avversarii.

Infatti i tedeschi da un lato, mediante il Deutsche Schulverein, e gli slavi

dall'altro, mediante l'associazione scolastica di Cirillo e Metodio, cercano rispettivamente di mantenere o di istituire, nei confini della lingua italiana, delle scuole onde diffondere la propria cultura, allargando le reciproche frontiere linguistiche.

n Tirolo è uno dei paesi pei quali fu appositamente fondata la società scolastica tedesca, ed è colà infatti che la sua azione si manifesta più attiva. In questo lavorio l'elemento tedesco è coadiuvato, non solo dal Consiglio scolastico d'Innsbruck, ma bensì dal Governo stesso, che, contrariamente alle disposizioni delle leggi esistenti, provvede colà al mantenimento di scuole popolari tedesche. Contro tale infrazione alle leggi anche quest'anno non mancarono di protestare, nel Reichsrat, i deputati trentini, facendo giustamente osservare come con tali spese, arbitrariamente fatte, si obbligassero i contribuenti italiani, in opposizione alla propria loro volontà, a mantenere scuole tedesche in paesi prettamente italiani.

Malgrado tali validi appoggi, il Deutsche Schulverein, non ha trovato finora nelle popolazioni del Trentina quel favore che l'associazione slava di Cirillo e Metodio incontra nei paesi del Litorale.

Mercé la cooperazione, che, malgrado le sue tendenze notoriamente eterodosse, le presta il clero cattolico, quest'associazione ha potuto colà sia convertire in scuole d'insegnamento slavo gli istituti stessi italiani, sia esigere delle scuole popolari parallele a questi.

Il Deutsche Schulverein invece incontra una viva opposizione nel clero cattolico tedesco ed in quello italiano, due potenti avversari in un paese così religioso come il Tirolo. Infatti mentre il primo di questi, ciecamente devoto al clericalismo romano, che non conosce patria, rimane estraneo a qualsiasi movimento nazionale germanico, il secondo invece ha in parte abbracciato i principii propugnati dall'elemento italiano e lotta per la difesa dei medesimi. L'atteggiamento, assunto in proposito dal clero cattolico tedesco, si spiega dal fatto che il Deutsche Schulverein, fondato e sostenuto da elementi prettamente liberali, è animato da uno spirito riformatore che ricorda ad esso la fiera lotta sostenuta in tempi memorabili dalla Chiesa contro il germanesimo.

Di fronte a tali maneggi, l'elemento italiano, che aveva cercato di reagire

colla fondazione d'una associazione avente scopi identici al Deutsche Schul

verein ed all'associazione slava di Cirillo e Metodio, travasi ora intieramente

disarmato in seguito alla recente dissoluzione della «Pro Patria», motivata

dall'accusa, invero non immeritata, d'irredentismo. Questa società, che era

l'unico legame che univa le varie genti italiane soggette alla Monarchia au

striaca e che spiegava un'azione feconda nella difesa della propria lingua

e cultura, cessò quindi per propria colpa di esistere, lasciando libero campo alla

propaganda germanica e panslavista.

Ma dove le conseguenze di questo fatto si fanno maggiormente sentire è

nei paesi del Litorale, in cui, a causa dell'invadente attività spiegata dall'ele

mento slavo, la situazione delle popolazioni italiane diviene ogni giorno più

critica.

Infatti, mentre nel Goriziano la lotta, che l'elemento italiano ha da subire

contro l'elemento sloveno, è minima a causa dei pochi contatti che esistono tra

le due nazionalità avverse, nell'Istria invece questa lotta è piuttosto viva e l'elemento croato, che vi predomina per numero, non cessa d'agitarsi per affermare la propria nazionalità. Quantunque finora le elezioni politiche siano state colà italiane, in quelle amministrative i croati pervennero tuttavia a prendere il disopra in molti grossi comuni. Inoltre le domande per l'aumento delle scuole in lingua croata divengono più frequenti, come quelle per ottenere ch'essa sia ammessa, negli atti pubblici e nell'amministrazione, alla pari della lingua italiana. A dimostrare poi i progressi fatti dall'elemento croato in Italia, basterà ricordare che, nell'ultima sessione tenuta dalla Dieta di questa provincia, il rappresentante del Governo, dopo aver salutato i deputati, com'era finora costume, in lingua italiana, ripeté tali saluti in lingua croata.

Più accanita però ferve la lotta in Trieste e nella Dalmazia. Nella prima di queste provincie l'elemento italiano deve combattere contro due avversarii ad un tempo, l'elemento tedesco e lo sloveno. Nella seconda invece l'elemento italiano non è che una minoranza, non rappresentando esso che il 6% dell'intera popolazione dalmata, che è in maggioranza d'origine serbo-croata.

Mentre in Trieste l'agitazione slovena, il cui focolare è Lubiana, va sempre aumentando ed accampa nuove pretese, in Dalmazia l'elemento croato è divenuto già quasi padrone della situazione. Nella prima di queste provincie, le popolazioni slovene cercano d'ottenere, mediante l'appoggio dei proprii rappresentanti al Reichsrat, per la lingua slovena parità di diritti coll'italiana nelle scuole pubbliche come negli atti pubblici, sia amministrativi che governativi. Ma finora i loro sforzi non riuscirono a detronizzare la lingua italiana, che è rimasta in Trieste padrona del campo. D'altro lato l'elemento tedesco, che, per ragione di commercio e di impiego, affluisce in gran numero in Trieste, mentre prima della nascita dell'irredentismo finiva per italianizzarsi, ora, a causa della diffidenza che contro d'esso mantiene l'agitazione irredentista, si tiene in disparte e cerca con ogni mezzo di combattere la di lei influenza.

Malgrado ciò, l'elemento italiano ha potuto riportare completa vittoria,

sia nelle elezioni per la Dieta, come in quelle pel Reichsrat, ove i deputati

triestini appartengono per la maggior parte al partito italiano.

Ma dove più grave si presenta la situazione è in Dalmazia. Il partito nazio

nale croato, mercé l'attività da esso spiegata, è pervenuto a sconfiggere nelle

elezioni, sia amministrative che politiche, il partito autonomo italiano, il quale

non ha ora più alcun suo rappresentante in Parlamento. Il partito nazionale

non nasconde del resto i suoi fini diretti, dichiarando altamente che esso ha

per missione di estirpare dalla Dalmazia ogni ricordo d'italianità e di preparare

la costituzione d'un futuro Regno croato-dalmata. In tale intento una gran

parte delle scuole pubbliche vennero, per sua iniziativa, slavizzate, e da esse

venne bandita la lingua italiana con grave danno di quelle popolazioni a cui

essa è indispensabile pel loro commercio e per la loro navigazione.

A differenza di questo accade nel Trentine il clero cattolico dei paesi del

Litorale s'accampa, salvo rare eccezioni, a reciso avversario dell'elemento ita

liano ed appoggia a vicenda nelle provincie di Gorizia e Trieste l'elemento

sloveno, quantunque eterodosso, e quello croato nell'Istria ed in Dalmazia.

L'elemento italiano rappresenta in Austria, nei varii paesi ove esso è sparso, la tradizione civile e la latina. Però mentre nel Trentina esso ha potuto difendere, con vera tenacità di propositi, la sua posizione contro l'elemento tedesco, e non è da prevedersi che esso possa da questo esser sopraffatto, nei paesi del Litorale invece il risveglio dell'idea nazionale tra le popolazioni slave e gli sforzi ch'esse fanno per raggiungere la propria autonomia, minacciano seriamente, malgrado le divisioni di lingua e di religione che tra esse sussistono, l'esistenza stessa dell'elemento italiano. È da temersi quindi che, perdurando le circostanze attuali, l'elemento slavo, che è di gran lunga superiore in numero all'italiano, rimanga in parte padrone del campo.

A rendere anche peggiore la situazione dell'elemento italiano in queste prcvincie, si aggiungono le inconsulte manifestazioni irredentiste, le quali, oltre al fornire all'elemento slavo nuo'li mezzi per affermare la propria nazionalità, obbligano il Governo a prendere provvedimenti estremi, dannosi alla propaganda della lingua e della cultura stessa italiana.

La notevole difficlem:a poi che, a causa di queste manifestazioni, sussiste contro l'elemento italiano e nel Governo, e nell'altre nazionalità a cui esso è frammisto, creano alle popolazioni italiane una situazione difficile e ben differente da quella che è concessa alle altre popolazioni della Monarchia.

A scongiurare quindi il pericolo che lo minaccia, farebbe d'uopo che l'elemento italiano, seguendo l'esempio datogli dalle altre nazionalità, rinunziasse ad ogni idea irredentista, e, ponendosi francamente sul terreno costituzionale, s'adoprasse ad ottenere quell'autonomia che gli è necessaria per tutelare la propria nazionalità contro le pretese dei suoi avversarii.

In tal guisa, senza pregiudicare l'avvenire, esso troverebbe, non solo nel Governo stesso, ma anche nell'elemento tedesco, i cui interessi collimano, in queste provincie, coi suoi, un prezioso concorso onde arrestare la propaganda slava, che dopo essersi resa o quasi padrona della Dalmazia, tenta d'impadronirsi ora degli altri paesi del Litorale.

La sorte che minaccia l'elemento tedesco in Boemia, ove, quantunque di molto superiore di cultura all'elemento czeco, è da questo sopraffatto, dovrebbe servire d'ammaestramento all'elemento italiano, se ancora gli sta a cuore che la lingua del si continui a risuonare libera e sovrana in queste ultime rive dell'Adria (1).

745

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEG.LI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 199. Napoli, 30 settembre 1890, ore 11,45.

Apertasi sabato negoziazione con Baring e Grenfell nostri delegati chiesero per frontiera una linea da Ras Kasar a Gos Rejeb, quindi l'Atbara, poi il confine occidentale del Gallabat e dei Cangiar, etc. Ne vennero subito obiezioni riguardo

a Kassala, ma fu risposto che la frontiera da noi richiesta era la minore che potevamo pretendere e la sola che potevamo impegnarci a non oltrepassare. E non volevamo certamente stipulare un trattato che non ci fosse possibile di rispettare al primo incidente militare che venisse a sorgere. Le tribù fino allo Atbara hanno con noi dei trattati e siamo obbligati a proteggerle. Oggi Dufferin e Baring sono venuti a chiedermi di cedere riguardo a Kassala. Ho risposto dicendo loro che ci garantissero dai dervisci ma essi hanno naturalmente replicato di non poterlo fare. Situazione nostra a Massaua e sull'altipiano, trattati conclusi colle tribù non ci permettono ormai una rinunzia a Kassala. Dufferin e Baring dissero che chiederanno istruzioni a Salisbury. Nell'informarne V.E. la prego d'insistere, qualora avesse occasione di parlare al Foreign Office. La prevengo che frontiera indicata nella conclusione della memoria GHetta ultimamente speditale, non comprendendo Kassala, non corrisponde più ai nostri bisogni commerciali e esigenze militari. Soggiungo che l'Inghilterra nulla cederebbe perché nulla possiede, mentre da noi chiederebbe una rinuncia che non potremmo anche volendo fare, non essendo possibile prevedere quali sarebbero, in caso di attacco dei dervisci, le necessità della nostra difesa. Agli inglesi poi gioverebbe !asciarci liberi perché ne avrebbero un vantaggio nel caso di una guerra che volessero tentare per la rioccupazione di Kartum (1).

(l) Annotazione a margine: «Segnare ricevuta di questo importante rapporto riassumendo per sommi capi ».

(2) Ed. L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 309.

746

L'ADDETTO ALLA LEGAZIONE A TANGERI, CARACCIOLO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1109/356. Tangeri, 30 settembre 1890 (per. il 7 ottobre).

Ho l'onore di trasmettere a V.E. un rapporto riservato, testé giunto da Rabat, ove tuttora travasi il cav. Gentile. Sarei grato a V.E. se, dopo di aver preso conoscenza del rapporto in discorso, ella ne volesse far prender copia e rimandarlo poscia in plico suggellato a questa r. legazione, affinché possa esso esser conservato fra le carte riservate e per la regolarità della corrispondenza diretta al r. rappresentante in Tangeri.

.ALLEGATO

L'INTERPRETE DELLA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

R. RISERVATO 44. Rabat, 24 settembre 1890.

Mi onoro segnare ricevuta dei due dispacci, riservati, della S. V. illustrissima, delli 17 e 21 di questo mese, nn. 1042/342 e 1064/186 L, e del dispaccio delli 19, n. 1052/352 (2). Nessuna ulteriore comunicazione è stata fatta a questo Governo dall'inviato germanico circa i:l trattato di commercio. n sul1Jano ed il visir sono informati delle buone disposizioni del R. Governo e delia s. V. Ulustrissima a tale riguardo. Io ho tenuto il linguaggio

35 --Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

da lei prescrittomi. S. E. se ne dimostrò oltremodo compiaciuto e dichiarò che Sua Maestà non poteva desiderare di più da parte nostra. Dubti.to fortemente che l'imperatore si decida a prendere egli stesso l'iniziativa delle pratiche intese ad ottenere l'adesione éielle Potenze al nuovo patto commerciale. Non ho mancato di far comprendere, giusta quanto ella mi scriveva, ed usando la maggiore circospezione, come fosse conveniente e perchè; che si prendesse qui siffatta iniziativa. Il visir Garrit parve non preoccuparsi dell'effetto che produrrebbe all'estero H fatto che la Germania, e non il Marocco, chieda alle Potenze di aderue al trattato. Le disposizioni del Vlisi.r su questo punto danno luogo a riflettere. Che il conte di Tattenbach abbia persuaso il sultano che a questi convenga di accostarsi alla Germania? L'inviato tedesco, un anno fa, consigliava Sua Maestà ad avere piena fiducia in noi, ad accostarsi all'Italia; parmi ora scorgere, vorrei essere in errore, che all'Italia vuolsi sostituire la stessa Germania.

F'arò il possibile per scuoprire terreno. Terrò presente la linea di condotta tracciatami dalla s. V. illustrissima quanto all'affare di capo Jubi. Per ora, questa quistione è messa in tacere. Ho creduto opportuno far noto al visir Garrit quanto la S. V. i11ustrissima mi ha scritto circa le dogane della China. Siffatta informazione produsse vivo stupore sul visir. Arma migliore ella non avrebbe potuto puntare contro i francesi! Sua Maestà è cosi gelosa delle sue dogane l

Il sultano non ha ancora risposto circa l'affare della moneta d'argento. Del ritardo, si lagna il console interprete Hélouis col visir Garrit. I notabili che emisero parere contrario alla proposta della Francia, sono tuttavia qui presenti. Il signor Patenòtre ha effettivamente protestato contro il verdetto della commissione marocchina, egli ha fatto di più, tentò di soffocarne la voce. I notabili marocchin! non si lasciarono impaurire dalle minacce dell'inviato della Repubblica.

Esatta è la notizia che la s. V. iUustrtsstma mi ha data di acquisti di cannoni in Francia, per conto del sultano. A rtchiesta del signor Patenòtre, Sua Maestà si è decisa ad acquistare colà due batterie da montagna. Siffatto acquisto sarà fatto dallo stesso Governo della Repubblica. L'inviato francese si occuperà della cosa andando in congedo a Parigi. Ma, prima di conchiudere l'affare, il signor Patenéìtre dovrà far conoscere a Sua Maestà il costo dei cannoni. Non ho detto parola alcuna per avversare tale accordo.

Sono dolente di dovere informarla che non è ancor arrivato l'ordine sceriffiano per la consegna degli italiani detenuti a Mogador. Protestai, a nome di V. S. illustrissima, e colla maggiore energia, contro tale indelicato quanto indebito ritardo. Feci intendere, che tardando ancora l'ordine sceriffiano da noi chiesto, eHa potrebbe chiedere riparazione maggiore che non la semplice rifusione di spese dal giorno del rifiuto di consegnarci i prigionieri.

Nessuna risposta è giunta dal sultano circa il noto affare, nè circa cosa veruna da noi presentata. Siffatto prolungato silenzio mi tiene !inquieto.

Porgo alla S. V. illustrissima infinite grazJie della libertà d'azione ch'ella volle concedermi quanto ai miei movimenti. Sarà mio costante studio di mostrarrni sempre degno della fiducia ond'ella mi onora.

(l) -Per la risposta d! Tornielll cfr. n. 749. (2) -Non pubbllcat!.
747

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTEHI A.I., CRISPI, AL CONSOLE AD ALESSANDRIA D'EGITTO, PIRRONE

D. .... settembre 1890 (l).

Il signor avvocato Carletti, mentre si trovava costà in qualità di viceconsole fece pervenire a questo ministero per mezzo di V.S. (vedi rapporto

4 gennaio u.s. n. 5/4) (l) un'accurata relazione sull'influenza italiana in Egitto. Dopo aver accennato alle cause della decadenza della italianità ln Egitto, e allo sviluppo dell'influenza francese, descrive le condizioni economiche e morali della colonia italiana in confronto specialmente della francese e della greca, e propone alcuni rimedi per sorreggere la italianità sulle rive del Nilo. Questi rimedi consisterebbero nel conservare la nostra lingua nel popolo, e rimetterla in onore nelle classi elevate, completare i corsi delle nostre scuole laggiù, istituire un collegio-convitto, fondare un giornale, accattivarsi gli israeliti e i rumeni, ottenere la neutralità della colonia greca, ora nemica, e aiutare le compagnie drammatiche e di canto. Ho esaminato attentamente il pregevole lavoro del Carletti. Il ritardo frapposto nel segnargliene ricevuta è dovuto ad alcune ricerche laboriose per ritrovare i precedenti relativi a pratiche fatte col Ministero della pubblica istruzione, su qualcnua delle proposte accennate dallo egregio vice-console.

Le considerazioni svolte nel detto lavoro sono in gran parte esatte e solamente mi sembra che nel suggerire i mezzi per far rivivere la italianità in Egitto non si sia tenuto il debito conto delle condizioni eccezionali di quel Paese, nel quale manca assolutamente la partecipazione alla vita intellettuale e politica dei popoli che vogliono introdurvi la propria lingua. Certamente, l'azione della lingua è un'arma potente di colonizzazione e il bilancio dell'influenza materiale e morale delle differenti Nazioni europee in Africa, in Asia e in America è dato appunto da quello della situazione delle lingue europee. Ed è a deplorarsi che l'associazione italiana al Cairo per la propagazione della lingua italiana, invece di adoperarsi a fondare un serio giornale politico, non dia alcun segno di vita. Però senza volere andare a ricercare delle ragioni storiche ormai da tutti ripetute, parmi che le cause determinanti della diffusione della lingua francese in Levante a danno della italiana, dopo la guerra di Crimea, siano state l) il fatto che le classi agiate delle colonie europee mandavano i figli in Francia, di dove poi venuti, contribuirono non poco a rendere obbligatoria la lingua francese; 2) la potenza delle scuole dette congreganistes, dirette dal clero francese del Levante; 3) la gran diffusione della lingua ottenuta per mezzo di un immenso numero di giornali, e della società dell'Alliance trançaise che conta più di 10.000 soci, la quale ha appunto per scopo di portare l'influence jrançaise specialmente nel bacino del Mediterraneo, servendosi soprattutto dell'insegnamento della lingua.

Lo stato di cose prodotto dalle cause suddette perdura ancora in gran parte e per avvisare ai rimedi bisogna tenere conto di esse esclusivamente, come appunto si è cercato di fare col vasto impianto delle scuole italiane all'estero le quali hanno per scopo di diffondere con la Hngua la italianità. Un altro mezzo efficace sarebbe quello di favorire nelle università e nelle scuole del Regno l'ammissione di giovani orientali, specialmente egiziani, o anche italiani che hanno studiato laggiù ma che non posseggono un diploma sufficiente. Incarico la S.V. di far saper all'avvocato Carletti nella sua attuale residenza che il suo lodevole lavoro è stato da me apprezzato.

(l) Dispaccio non spedito. In margine si legge la seguente annotazione: <<Tenere presente come un riassunto illustrativo del rapporto del signor Carlett! ».

(l) Non pubblicato.

748

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 212. Parigi, 1° ottobre 1890, ore 18,25 (per. ore 21,10).

Mi risulta ad ogni passo che uomini serii ed influenti accolgono le dichiarazioni di V.E. a Saint Cère con migliori sentimenti che una parte della stampa (1). Anche il capo di Gabinetto del signor Ribot mi disse poc'anzi che al Quai d'Orsay l'impressione avuta era buona, e che l'amarezza d'alcuni giornali vi spiacque. Egli non ha torto di attribuirla alla loro gelosia verso il Figaro, cui la pubblicazione di Saint Cère accresce evidenza ed importanza ed adduce a prova la premura e soddisfazione con cui i fogli rivali pubblicarono la smentita del Capitan Fracassa. Tanto il signor Cogordan, quanto altri molti fanno poi colpa a Saint Cère di parole qua e là lanciate con perfidia nella conversazione riferita, e le deplorano senza stupirne.

749

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 785. Londra, 1° ottobre 1890, ore 20,12 (per. ore 23,30).

La stampa inglese di tutti i partiti si è pronunziata in modo troppo assoluto ed energico contro l'eventuale cessione di Kassala all'Italia perché lord Salisbury possa aderire alla nostra domanda senza suscitare una violenta opposizione parlamentare. Egli avrà inoltre a lottare contro l'ostilità della Compagnia est Africa se non la difenderà contro di noi nelle ragioni che essa pretende avere acquistate contrattualmente coll'atto 3 agosto 1889. Se pur lo volesse non credo Sua Signoria in grado di affrontare simultaneamente tutte queste ostilità. Noi dobbiamo inoltre tenere conto che ciò che può mettere in difficoltà il Gabinetto attuale davanti il Parlamento non incontrerebbe simpatia nei Gabinetti nostri alleati. L'opinione pubblica inglese accetta l'espansione nostra in Abissinia come un fatto compiuto; la considera però come la conseguenza di errore commesso dall'Inghilterra; accusa lord Salisbury di debolezza per averla riconosciuta; ed è assolutamente contraria a nuovi nostri allargamenti verso il Sudan. Kassala poi è il punto sul quale l'opinione del pubblico inglese si è particolarmente fissata. Così stanno le cose in questo momento, epperò io stimerei vantag-

Ill Ressman aveva riferito con T. 2311 del 29 settembre e T. riservato 210 del 30 settembre, non pubblicati, circa i commenti della stampa francese alle dichiarazioni di Crispi al giornalista Saint-Cère.

gioso per gli interessi nostri generali il tenerne conto. Non sarebbe possibile trovare al sud di Kassala, fosse pure a breve distanza, una linea corrispondente alle esigenze militari? Troverei opportuno pattuire per noi la libertà di penetrare nel territorio occupato dai dervisci, in caso di guerra con questi e ciò fintantoché gli anglo-egiziani non abbiano ristabilito l'effettivo loro dominio sovra quei territori. Finalmente sarei d'opinione che, se le presenti trattative di Napoli giungessero a conclusione, non si firmasse l'accordo fino a tanto che non sia stata risoluta soddisfacentemente la questione della linea al sud dell'Etiopia. *Conviene che lord Salisbury si senta impegnato a resistere alla Compagnia dell'est Africa dal compenso che gli offrirebbe la desistenza circa il tracciato della frontiera al nord*. Lord Salisbury è tuttora sul continente. Sebbene al Foreign Office non vi sia persona autorevole colla quale abboccarsi, tuttavia mi esprimerò nel senso del telegramma di V.E. (1), pur pregandola di prendere in considerazione le cose sovra esposte.

(2) Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in L'Italia in A/Tica, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 310.

750

APPUNTO DEL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI

... 1° ottobre 1890.

Il signor Vasconcellos afferma che il fatto dell'accettazione da parte del signor Martens Ferrao di formare il nuovo Gabinetto, è per sé solo guarentigia, che il Gabinetto sarà presto costituito.

In ogni modo, egli non crede che alcun ministro di qualsiasi partito possa fare accettare dal Portogallo la convenzione anglo-portoghese (2), se l'Inghilterra, pur !asciandovi stare le pattuite spartizioni di territorio, non vi porti in alcune sue parti che feriscono la dignità dei portoghesi, necessarie modificazioni, anche di forma.

751

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. PERSONALE RISERVATA. Berlino, 1° ottobre 1890.

*Au cours de notre entretien du 27 septembre échu, dont j'ai rendu compte par mon rapport 1261/505 (4), le chancelier de l'Empire se référant à la cor

respondance que j'ai échangée avec lui en juillet dernier durant mon séjour à Harzburg, m'a dit que rien n'était changé dans son* vif désir et dans sa ferme déclsion de se rencontrer cn Italie avec V.E. (1). Les retards tiennent à des circonstances tout à fait indépendantes de sa bonne volonté. Jusqu'ici, s'il s'est absenté de Berlin, ce n'a été que pour accompagner l'empereur à Narva, et aux grandes manoeuvres en Silésie. Mais telle est la masse d'affaires à examiner pour s'acquitter au mieux possible de ses nouvelles fonctions, que pour le moment encore il se trouve dans l'impossibilité de réaliser le projet d'un voyage au delà des Alpes, lequel à tous égards lui tient beaucoup à coeur. Il n'a pas jusqu'ici pu rendre, entre autres, les visites qui lui ont été faites, à son avènement au pouvoir. par les '11inistres de Bavière et de Wurttemberg. *Mais aussitòt qu'il en aura le loisir, il s'empressera de se mettre en route pour l'Italie.*

Le général de Caprivi ajoutait que le retard si involontaire qu'il soit aura du moins l'avantage de lui laisser le temps de se mettre davantage au courant des questlons qui intéressent mutuellement nos deux Etats, et d'en mieux discourir avec V.E. *Il lui envoie en attendant les meilleures salutations.*

(l) -Cfr. n. 745. (2) -Cfr. n. 808. (3) -Da ACS, Carte Crispi; ed. in italiano, con l'omissione dei passi fra asterischi e qualche piccola variante in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 6. (4) -Non pubblicato.
752

L'INCARICATO D'AE'FARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2328. Parigi, 2 ottobre 1890, ore 13,05 (per. ore 14).

Il M atin pubblica, sotto il titolo « Duplice Alleanza )) e data di Vienna, articolo secondo cui V.E., invitata dal Governo germanico a pronunziarsi entro quest'anno sulla rlnnovazione alleanza avrebbe posto condizione poter occupare Tripoli. Essendo stata ammessa, V.E., per premunirsi contro l'opposizione di Francia avrebbe inviato qui emissario per presentire disposizione Governo francese e avrebbe in questi ultimi giorni offerto convenzione analoga quella inglese per Madagascar. Risposta ufficiosa avuta qui non essendo sembrata sfavorevole, tentativo Tripoli sarebbe stato deciso per fine settembre e la nostra squadra concentrata in Siracusa. Su ciò il Matin riferisce molti particolari; conchiude essere tutto preparato per un'azione militare immediata e domanda se avrà luogo, osservando che prima elezioni V.E. deve fare gran colpo per dimostrare vantaggi amicizia Imperi centrali (2).

(l) -Cfr. n. 592. (2) -Cfr. n. 762.
753

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN (l)

T. PERSONALE S.N. Napoli, 2 ottobre 1890, ore 14.

Saint Cère sotto forma d'intervista ha voluto scrivere la mia vita traendo molte cose da qualche biografia e da quanto gli avrà detto Mayor. Alle dichiarazioni politiche che dice aver io fatte nulla ho da opporre, essendo vero che la Triplice è difensiva e non aggressiva, che non è stata ancora rinnovata, che gli armamenti schiacciano l'Europa a beneficio dell'America, che è desiderabile il disarmo, che Bismarck, Caprivi ed io abbiamo lavorato per la pace. Sono inesatti però i giudizii, che avrei pronunziato su Caprivi e sull'imperatore di Germania. Saint Cère mi ha fatto nemici tutti i corrispondenti di giornali stranieri, che non ho ricevuto e non voglio ricevere, e ha mancato alla promessa scritta e verbale che del nostro colloquio non avrebbe fatto un'intervista. Allo stato delle cose bisogna usar prudenza e tenere un contegno tale da non rompere col Figaro se è mai vero che voglia ritornare! amico. Il Saint Cère scrive, che fu da me il 19 settembre. Si sbaglia, perché io giunsi in Firenze la sera del 18 e vi stetti sino alla sera del 21. Comunicate questo telegramma a Mayor.

754

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 213. Tripoli, 2 ottobre 1890, ore 15 (per. ore 17,55).

Motta ansioso lasciare Bengasi. Prega porre fine sua cEmora (2).

755

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 788. Londra, 2 ottobre 1890, ore 18,30 (per. ore 19).

Compagnia britannica nella sua risposta afferma esistenza obbligazione nostra relativa demarcazione risultante dall'atto 3 agosto e dichiara essere l'osservanza

p. 125, nota 11.

del medesimo condizione necessaria ed unica del trasferimento all'Italia dei porti del nord. Dopo questa risposta stimo resti al R. Governo la scelta fra i due partiti seguenti: o notificare alla Compagnia che la sua resistenza ci costringe ad abbandonare la trattativa incominciata il 1° agosto con la proposta di sir W. Mackinnon a ricollocarci nella posizione anteriore e quella data ed a riprendere i negoziati diretti con il Governo di S.M. britannica, oppure, replicare punto per punto alla risposta della Compagnia. Nel primo caso dovremmo comunicare con nota ufficiale a Salisbury la notificazione fatta alla Compagnia e significargli che non abbiamo rinunziato alle ragioni conferiteci sopra Kisimaio ed il Giuba dal sultano dello Zanzibar anteriormente alle concessioni da esso fatte alla Compagnia britannica. Nel secondo caso la nostra replica dovrebbe mettere in luce: l) la differenza che passa fm il progetto di convenzione definitiva ultimamente proposto e l'accordo imperfetto per forma e per sostanza firmato il 3 agosto 1889; 2) la imprescindibile necessità di regolare la questione di Kisimaio non potendo essere seria l'obbligazione della Compagnia di attenersi testualmente all'atto del 3 agosto dopo averci dichiarato l'impossibilità di eseguire l'obbligazione; 3) l'errore della Compagnia di considerare la demarcazione del 3 agosto come anteriore a qualunque altro diritto. L'anteriorità appartiene ai diritti dell'Etiopia che questo paese, riconosciuto dal Governo di S.M. britannica, si propone di dimostrare. Le linee relative alle sfere d'influenza non possono comprendere territorii appartenenti a Stati riconosciuti dall'Europa ancorchè la loro sovranità sia soggetta a qualche limitazione. Quand'anche l'atto del 3 agosto avesse creato un'obbligazione, questa sarebbe di per sé nulla e senza valore, perché mancava al Governo italiano la capacità di riconoscere alla Compagnia diritti sovrani su territori appartenenti all'Etiopia. La formula adottata nella convenzione progettata, art. 5 (l) mentre esclude ogni pretensione nostra, comprende esattamente tutto ciò che noi possiamo seriamente promettere e mantenere; 4) la necessità dispiacevole nella quale ci metterebbe la Compagnia, persistendo nel suo contegno di rompere cioè le trattative e di far valere sopra Kisimaio ed il Giuba le nostre ragioni connesse oggi con i diritti che sopra la sponda sinistra di quel fiume ci assicura il protettorato nostro nei paesi dei somali, al quale non intendiamo di rinunziare. Propenderei per questo secondo partito, perché ci offre il mezzo di mettere sempre più in evidenza la pervicacia della Compagnia. Ma qualunque sia quello che V.E. preferisce, bisogna, che preceda il parere legale circa il valore dell'atto 3 agosto. È mestieri perciò che il r. ministero, insieme all'atto originale 3 agosto, mi mandi il volume che contiene gli atti costitutivi ed i documenti principali relativi alla Compagnia. Questo volume ebbi a prestito dalla Compagnia quando elaborai il nuovo progetto di convenzione. Esso deve esistere al ministero. Mi propongo d'interrogare sul valore dell'atto 3 agosto un distinto avvocato e se la sua opinione corrobora

console 11:otta, c h e da non breve tempo dimora a Bengasi, c che stava per essere traslocat o. fu da S.E. confermato nel suo posto. Egli ora insiste per mutarto. Si prega rispettosamente :5.E. di voler dare istruzioni per la risposta ». «S.E. crede ancora la situazione a 'l'ripoli grave. Vorrebbe prima che l'ufficio gli proponesse una persona capace e competente da mettere al posto del Motta qualora si volesse traslocare. 4/10/90 G. S. I_Giullo Silvestrelli] ».

{l) Per il progetto di convenzione cfr. L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., pp. 274-281.

la nostra tesi, converrà promuovere il parere di un giurista di grande autorità per valersene fin da principio nella inevitabile spinosa discussione nella quale ci trascina l'ostinazione della Compagnia (l).

(l) Da ACS, Carte Crispi, minuta autografa; ed. in E. SERRA, La questiohc lu.;!i,cnt: da Crispi a Rudinì ed il «colpo di timone>> alla politica estera italiana, Milano, Giuffrè, 1967!,

(2) In calce a questo telegramma al ministero sono state fatte le an.notazioni seguenti: «In vista degli avvenimenti che pareva dovessero presto svolgersi in Tripolitania, il vice

756

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 203. Napoli, 3 ottobre 1890, ore 12,20.

Approvo il secondo partito da lei indicato telegramma 2 corrente (2) circa vertenza colla Compagnia. Voglia procurarsi parere legale. Riceverà per la posta volume statuti Compagnia. Voglia aspettare qualche giorno a spedire a quest'ultima la risposta per non esacerbare proprio in questo momento opinione pubblica e definire possibilmente prima vertenza confine Sudan. Nostri argomenti contro Compagnia sono: la imperfezione dell'atto 3 agosto, che non fu neanche ratificato; riconoscimentJ da parte del Governo inglese della nostra posizione in Etiopia e formali dichiarazioni di Salisbury fatte a V.E. circa confini meridionali.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A MONZA (3)

T. S.N. Napoli, 3 ottobre 1890, ore 21,30.

Le conferenze tra i nostri delegati e gl'inglesi furono sospese martedì trenta, dovendo questi ultimi chiedere nuove istruzioni a Londra. Nella seduta di martedì gl'inglesi vollero l'intervento mio e di lord Dufferin. Il tema in discussione fu, se ci dovesse esser permesso di andare sino a Kassala ed occuparla. Si pretendeva che ci fosse interdetta quella marcia. Mi rifiutai, quantunque avessi dichiarato che l'Italia non ha l'intenzione di procedere al di là degli attuali possedimenti. Oggi è venuto lord Dufferin col pretesto d'una visita. Dalle parole scambiate si può tirare la conseguenza, che troveremo una formula che salvi la dignità dei due Paesi senza pregiudicarne i diritti. Sempre agli ordini di Vostra Maestà.

(l) -Per la risposta cfr. n. 756. (2) -Cfr. n. 755. (3) -Da ACS, Carte Crispi, minuta autografia.
758

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN (l)

T. S.N. Napoli, 4 ottobre 1890.

Grazie degli auguri. È mio desiderio ma non oso ancora sperarlo, che i miei sentimenti per cotesto popolo possano esser conosciuti, l'opera mia spezzandosi dinanzi il mal volere dei miei avversarli.

759

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, E L'AGENTE DIPLOMATICO DI GRAN BRETAGNA AL CAIRO, BARING (2)

APPUNTO. [Napoli], 4 ottobre 1890.

Alle 4 pomeridiane, giusta l'avviso precedentemente datomi da lord Dufferin, è venuto a visitarmi sir Evelyn Baring.

Si discorse ancora una volta di Kassala. Il ministro britannico manifestò il vivo desiderio di un accordo e manifestò che in Inghilterra farebbe un cattivo effetto un dissidio fra i due Paesi. Chiese che si studiasse una formula che potesse essere accettata dalle due parti. Egli vorrebbe fosse stabilita una frontiera al di qua di Kassala. Il Governo italiano però potrebbe oltrepassarla in caso di guerra ed occupare Kassala, che a suo tempo dovrebbe restituire all'Egitto.

Ripetei le cose dette nella conferenza del 30. L'Italia non potrebbe rinunziare a priori al possesso di Kassala, ove la occupasse per ragioni di difesa. Il solo impegno che potremmo assumere, è, che qualora le truppe anglo-egiziane occuperanno Berbera e Kartoum, i due Governi stabiliranno definitivamente la frontiera tra i possedimenti italiani e quelli dell'Egitto nel Sudan.

Si discusse lungamente sul tema, e si concluse, che il Governo italiano preparerebbe una formula che comunicherebbe a lord Dufferin per gli studii ulteriori.

I delegati inglesi avrebbero bisogno di partire per l'Egitto domenica 12 del mese, e però sir Evelyn desidera, che tutto fosse concordato prima di quel giorno.

Sir Evclyn Baring, in tutta la conferenza, manifestò il proposito di concludere. L'opinione pubblica inglese ne soffrirebbe, se non sl trovasse una soluzione tra i due Governi.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi, minuta autografa. (2) -Da ACS, Carte Crlspl, autografo; ed., con varianti, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 233.
760

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO

T. RISERVATO 151 (1). Napoli, 5 ottobre 1890, ore 10,40.

Giungeranno costì il «Dogali» ed il «Fieramosca» e si metteranno a di lei disposizione. È una misura di prevenzione che il Governo ha preso pel caso di disordini civili in codesto Regno, durante i quali si renderebbe necessaria la protezione dei nostri connazionali. Non riveli ad alcuno le nostre intenzioni. Venerdì il signor Carvalho venuto a trovarmi espresse il pensiero che la presenza delle nostre navi da guerra costi potrebbe far sospettare che vi fossero state spedite a protezione della regina Pia; questo potrebbe offendere l'amor proprio dei portoghesi. Lo tassicurai so:;~iungendo che avrei autorizzato codesta legazione a tenere le due navi in un porto vicino a Lisbona per richiamarle poscia costà, qualora ella ne sentisse il bisogno. Le sia ciò di norma.

761

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 214. Costantinopoli, 6 ottobre 1890, ore 19,27 (per. ore 21,45).

Said pasc1a, gratissimo per la smentita da me fattagli clelia falsa notizia di preparativi militari italiani diretti a Tripoli, quantunque persuaso che le voci siano false e mirino a creare diffidenza tra i due Paesi, prega V.E. di volerle fare smentire dai giornali ufficiosi per calmare l'opinione pubblica ottomana che reclama misure di difesa Tripoli (2).

(l) -Minuta autografa. (2) -Secondo Bisio (R. confidenziale 497/304 del 6 ottobre) "In questo risveglio della falso notizia, già altra volta inventata, poi smentita, d'un prossimo sbarco di truppe italiane in Tripolitani», tutto fa qui credere ci entri la mano di Munir bey, da un mese a Parigi. Questo secondo segretario generale del Ministero imperiale degli affari esteri, malvisto dal gran visir e da S:otid pascià, che lo debbono tollerare perché così vuolsi a palazzo, agente, e come non si peritava di dire confidenzialmente meco questo ambasciatore di Germania, spia francorussa, di cui una inusitatamente alta onorificenza italiana non valse a cambiare i malevoli sentimenti che nutre verso di noi perché parte della Triplice Alleanza, intriga ora nella capitale francese come altre volte già fece, per creare di là difficoltà tra la Turchia e le PoV-mze alleate ».
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GUASCO DI BISIO

T. RISERVATO CONFIDENZIALE 152 (l). Roma, 6 ottobre 1890, ore 21,15.

Oggi è venuto Zia bey per parlarmi della notizia data dai giornali francesi intorno alla pretesa spedizione militare dell'Italia in Tripoli (2). Gli risposi che io deploravo che i nostri vicini per deviare l'attenzione della Turchia dalle continuate usurpazioni alla frontiera tunisina, inventassero contro il Governo italiano proponimenti lontani dal vero. Dissi ch'ero dolente che la Turchia non fosse assai forte ed oculata per mantenere Io statu quo nelle sue provincie del Mediterraneo. Soggiunsi che l'Italia, interessata a non vedere aumentare il dominio francese nel Mediterraneo, sorvegliava con ogni cura ogni minaccia di occupazione nella Tripolitania. Avendomi richiesto che facessi smentire la notizia dai giornali francesi, risposi che l'avevo già fatto; ma che questo non bastava, essendo necessario piuttosto che la Porta ottomana si tenesse desta e non si lasciasse ingannare. Zia bey, contento delle mie dichiarazioni, dichiarò che ne avrebbe scritto direttamente al sultano.

763

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. RISERVATO 154. Roma, 7 ottobre 1890, ore 16.

Le capitolazioni cessano in quei luoghi che essendo appartenuti ad una Potenza mussulmana vennero nella piena sovranità di un Governo cristiano. Cipro, Massaua sono in queste condizioni giuridiche, la prima pel Trattato di Berlino, la seconda per la conquista fattane da noi. Tunisi invece è sotto la sovranità beilicale e la Francia vi esercita soltanto il protettorato. Aggiungo che nel trattato del 25 gennaio 1884 la Francia nell'articolo secondo riconosce le capitolazioni in favore dell'Italia. Ditelo, se credete, a lord Lytton (3) a cui anche ricorderete che in Cipro la piena sovranità dell'Inghilterra viene dal fatto che a Berlino fu riconosciuta alla Russia la sovranità di Kars, condizione con cui cessarono di rimanere in sospeso i diritti derivanti alla Gran Bretagna dall'articolo sesto dell'annesso al trattato del 4 giugno 1878. L'annesso porta la data del 1 o luglio.

(l) -Minuta autografa. (2) -Cfr. n. 752. Un telegramma stampa inviato da Costantinopoli a Parigi ùel 4 ottobre ctic~va: «Est certain Italie prépure expédition contre Tripoli avec assentiment Ang!etern:; négoeiations sur point aboutlr ». (3) -Con L. confidenziale del 1o ottobre, non pubblicata (ACS, Carte Crispi) Ressman aveva trasmesso una lettera di Lytton a proposito di trattative anglo-francesi per l'abolizione delle capitolazioni in Tunisia.
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IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI

R. 119. Entotto, 7 ottobre 1890.

Il dispaccio di V.E. in data 6 luglio u.s. n. 335 di protocollo riservato informazioni (1), mi è giunto qui la sera del 7 settembre ultimo per la via di Assab Aussa. Era già partito il corriere Davico con un rapporto pel ministero (2) che rimettevo a sigillo alzato a V.E. insieme ad una lettera privata affinché ne potesse prendere conoscenza. Quella lettera privata e quel rapporto contenevano notizie molto gravi che coll'unito telegramma (3) da rimettersi al Ministero, confermo pienamente.

La questione dell'articolo XVII del Trattato di Uccialli 2 maggio 1889 ha fatto passare in ultima linea tutte le altre: e quella dei confini, e quella della successione, ecc. ecc. Inoltre la detta questione crea una situazione difficilissima poiché su quell'articolo, che viene ora contestato, aveva il suo principale punto d'appoggio la nostra politica coloniale e si basavano le mie credenziali. Adesso ostentatamente sono lasciato dal re in disparte per la trattativa di qualunque affare politico con oen poco aecoro della patria nostra. Mentre gli spettatori europei, stranieri e poco benevoli all'Italia, ridono e scrivono.

Menelik sostiene che il trattato fu da lui riveduto e corretto insieme a degiac Makonnen e a ras Mesciascià Uorchiè e che dopo tali correzioni, il testo amarico del trattato stesso fu dato da tradurre in italiano. Sostiene che egli ha sempre inteso, come chiaramente dice il testo amarico, di potersi servire dell'appoggio del Governo italiano per la trattazione dei suoi affari colle altre Potenze, ma di non essere per nulla obbligato.

Non ostante questa mutata condizione di cose non credo fuor di luogo di esporre a V.E. le mie vedute sulla politica coloniale come V.E. stessa mi domanda col riverito dispaccio al quale rispondo. Queste mie vedute non sono per nulla diverse da quelle che mi ero formate risiedendo alla Corte del re Giovanni e del re del Goggiam dal 1882 al 1883 che anzl in questo mio breve soggiorno allo Scioa ho avuto motivo di riccmoscerne pienamente la giustezza.

Io parto avanti tutto dal principio che i trattati qui sono perfettamente inutili. Tutto al più durano quanto la vita di quel re nero che l'ha concluso. Se possono avere una qualche importanza, nel ciclo della loro durata, può essere tutto al più di fronte alle altre Potenze europee come documento per stabilire un diritto di precedenza.

Lo sperare che questa gente si pieghi alle nostre usanze, si istruisca, accetti le nostre vedute, in una parola si civilizzi è un'utopia di que• cervelli che sono malsani. È vero che Menelik sembrò piegare verso di noi, ma, di grazia, quando? Quando era pauroso e tremante di fronte a re Giovanni; quando gli si era fatto balenare davanti allo sguardo il miraggio di un avvenire pieno di splendore;

quando gli si erano indicati e la via e i gradini per salire al trono del re dei re. Allora Menelik, pur di riuscire nel suo intento, firmava le cambiali a babbo morto, era pronto a dir sì a tutte le proposte che gli si facevano, salvo poi a dimenticare tutto, creditori, benefattori, promesse, una volta messa la mano sulla eredità e cinta la corona imperiale! Dissi «era pronto a dir di sì a tutte le proposte » e non solo per noi. Infatti mentre aspettava Antonelli dall' Aussa colla carovana di talleri e fucili, trattava di pace con re Giovanni e faceva sorvegliare Traversi e Ragazzi perché non fuggissero essendo essi destinati come olocausto in caso di pace.

Io non vedevo nel 1882 e non vedo ora che due vie da seguire nella politica coloniale:

l) I rapporti commerciali. Era la via che pareva a me la più acconcia e la più sicura, quantunque la più lunga. Essa si ispirava alle belle tradizioni della Repubblica veneziana che aveva i suoi fondaci nell'arcipelago di Dahalak e che faceva correre qui i suoi zecchini come ora corre il tallero di Maria Teresa. I rapporti commerciali non danno sospetti, facilitano l'entrata nel paese a molta gente, permettono l'impianto di fattorie, ecc.ecc. Il resto viene da sé a poco a poco. Questa, a me pare. è la linea di condotta seguita dai francesi, e bene, qui allo S<;ioa. Essi vengono con buone merci, fanno i loro affari, ottengono paesi e territori e vanno man mano acquistando un'influenza tanto più salda inquantoché non è circondata da sospetto. Con simili mire io avevo lavorato e presso re Giovanni e presso il re del Goggiam, ma l'occupazione di Massaua e avvenimenti successivi non permisero di proseguire.

2) Si civilizza la terra. Ossia si distrugge la razza inferiore per sostituirne una superiore. Questo, sia colle bajonette e coi cannoni ed è il metodo più speditivo; sia fomentando abilmente le intestine discordie tanto che queste popolazioni si distruggano fra di loro.

È inutile illudersi; è anzi dannoso. Né con un re del nord, né con un re del sud, noi ci troveremo mai bene fino a che questo re non comincerà le sue lettere scrivendo sijum Umberto come ora scrive sijum exxier; fino a che cioè il re di Etiopia non sia messo sul trono, per forza delle nostre armi dopo di averlo condotto a passeggiare nel giardino e avergli mostrato come si fanno saltare le teste dei papaveri più alti.

Menelik poi non è in un letto di rose. Se ora qui un ardito si sollevasse al grido di «fuori lo straniero» avrebbe dalla sua i nove decimi dell'Impero e Menelik cadrebbe come colto dalla folgore.

Nell'attuale difficile situazione intanto io non trovo miglior linea di condotta da seguire che quella di cercare di creare a Menelik degli imbarazzi. Esulterò pertanto se vedrò avverarsi ciò che V.E. mi comunica nella parte cifrata del suo dispaccio, mentre dal canto mio mi sforzo a spingere Menelik contro i darvisc nella speranza che possa trovarsi in cattive acque ed indotto perciò a cambiare contegno.

Prego V.E. di volersi compiacere di far trasmettere l'unito telegramma al Ministero esteri. Ringrazio V.E. delle cortesi parole colle quali ella chiude il suo dispaccio del 6 luglio e l'assicuro che sono state per me di altissimo conforto.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 717. (3) -Cfr. n. 860.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1293/521. Berlino, 8 ottobre 1890 (per. il10).

Les organes importants de la presse allemande se sont tenus sur une extréme réserve au sujet de la récente conversation entre V.E. et un journaliste français; mais ils se sont empressés de publier les démentis explicites et spécifiés de La Riforma. Au Département impérial des affaires étrangères, le compte-rendu de M. Jacques Saint Cère n'avait été accueilli que sous bénéfice d'inventaire, car ce publiciste, qui s'attribue un nouveau nom, n'est autre qu'un renégat à sa patrie allemande, où il s'appelait Rosenthal. C'est dans toute l'expression du terme un intrigant qui a mis sa plume au service du Figaro pour calomnier son pays d'origine, et attaquer l'Italie dans le but de rompre le faisceau de la Triple Alliance. On était donc certain ici que maintes assertions placées dans la bouche de V. E. étaient non seulement inexactes, mais avaient été inventées ou détournées, à dessein, de leur véritable sens. La fidélité et la fermeté de votre conduite, M. le ministre, à l'égard de nos rapports avec les deux Empires, vous mettaient à l'abri de l'ombre méme d'un soupçon. C'est ce que j'ai pu constater, hier encore, dans mes entretiens avec le secrétaire d:Etat. Au reste les télégrammes si amicaux échangés le 4 octobre entre le chancelier et V.E. démontrent amplement que l'incident qui forme l'objet de ce rapport, a manqué le but que se prcposait M. Saint Cère en dénaturimt sur plusieurs points votre langage.

La Politische Correspondenz de Vienne dans son numéro 4554, du 6 courant, publie, sous la rubrique de Berlin, un article remarquable selon lequel les tentatives de jeter le désaccord entre l'Allemagne et l'Italie sont aussi stériles que les efforts qui ont été faits lors de la visite de l'empereur Guillaume en Russie pour exciter la défiance de l'Autriche contre l'Allemagne. La visite prochaine du général de Caprivi à V. E., ajoute le journal, sera une nouvelle preuve de la sclidarité des intéréts communs aux trois Monarchies.

Je signale cet article parce qu'il a été évidemment communiqué de Berlin par un correspondant officieux.

766 L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. RISERVATO 1936/841. Parigi, 8 ottobre 1890 (per. l'11).

Ricevetti a suo tempo i due dispacci riservati in margine ricordati che V. E. mi fece l'onore di indirizzarmi in data del 22 settembre ultimo relativamente

all'inalberamento della bandiera francese sulla costa dancala fra Obock e Ras Dumeira ed alla delimitazione itala-francese in Africa Cl).

L'E. V. m'incaricava col secondo dei citati dispacci di rimettere personalmente al signor Ribot, con una nota da me firmata, le due memorie da lei inviatemi sul valore dei trattati francesi partecipati a S.E. il generale Menabrea da questo signor ministro degli affari esteri con lettera in data del 12 luglio ultimo e di accompagnare la consegna con alcune osservazioni verbali.

Il signor Ribot, quasi sempre assente da Parigi, non avendo più ricevuto il corpo diplomatico dal giorno in cui mi pervennero quei dispacci, V.E. mi autorizzò col suo telegramma del 2 corrente (2) a differire la consegna delle memorie fino alla mia prossima udienza presso S.E. che ho avuta poc'anzi.

Giusta le sue istruzioni, io apposi alle dette memorie la data del 15 settembre, e dandole oggi al ministro unitamente alla lettera di cui qui accludo copia (3), gli dichiarai che nonostante il giudizio del R. Governo sulle pretese accampate dalla Francia, esso era disposto a riprendere le trattative cominciate nel luglio scorso sempreché potesse sperare una giusta arrendevolezza e fosse in via preliminare assicurat o:

l) che la Francia ammetterà nell'accordo una clausola colla quale riconosca « l'Impero etiopico con tutte le sue dipendenze come al di fuori della sfera d'influenza francese e compreso in quella dell'Italia. Fra tali dipendenze dovrebbe esplicitamente intendersi incluso l'Harar ed il paese dancalo presso Erer, il quale si trova sotto la dipendenza immediata dell'Etiopia »;

2) che la Francia «sia disposta a cederci Ras Gibuti con un discreto tratto della costa adiacente ed a disinteressarsi dell'hinterland relativo».

Dissi al signor Ribot che a titolo di compenso il Governo del re farebbe il possibile per dare alla Francia «una ragionevole sfera d'influenza nella regione dei danakil, compatibilmente coi nostri interessi, e salvi i diritti dell'Etiopia e dei dancali sul lago Assai ».

Il signor Ribot osservò sul primo punto che i suoi accordi coll'Inghilterra sono contrari alla nostra domanda circa l'Harar, che la Francia ha bisogno d'assicurarsi in quello una via e guarentigie per la libertà dei suoi commerci e che senza tendervi in nessuna guisa ad acquisti essa, come l'Inghilterra, lo considerava come indipendente. Sul secondo punto, il signor Ribot non si mostrò disposto a cederci Ras Gibuti. Ma le sue obiezioni, tanto sulla prima quanto sulla seconda nostra domanda, non furono né molto insistenti, né recise, ed egli mi chiese di ripetergliele in un breve promemoria in forma privata che gl'invierò oggi stesso.

Non trascurai di muovere rimprovero a questo signor ministro degli affari esteri per gli atti compiuti dalla nave di guerra «Etoile » dicendogli il R. Governo essere stato informato ch'essa aveva inalberata nello scorso settembre la bandiera francese su tutta la costa dancala fra Obock e Ras Dumeira, in flagrante violazione di quello statu quo ch'esso signor Ribot ci aveva accusati

di non aver mantenuto durante le trattative. Aggiunsi che questa occupazione non poteva farci ammettere come risoluta la questione di Ras Dumeira.

II signor Ribot rispose che la bandiera francese era stata bensì piantata sopra due piccole isole di cui non ricordava il nome, ma che a lui non era noto che fosse stata inalberata su tutta la costa dancala e che ciò ad ogni modo sarebbe avvenuto senza nessun ordine del Governo. Dopo tutto egli fece di nuovo mostra d'intenzioni concilianti, ripetendo che non aveva ambizione maggiore di quella d'assicurarsi intorno a quel semplice deposito di carbone ch'è Obock un raggio sufficiente per non comprometterne il possesso e ridurlo a nulla.

Devo notare confidenzialmente che per una ragione ovvia le discussioni verbali dirette col ministro degli affari esteri sopra punti territoriali in litigio non sono né facili, né tali da poter condurre a risultati precisi e sicuri, che non dobbiamo sperare che dalla ripresa delle trattative fra i delegati speciali. Provocherò intanto nella prossima udienza una più categorica risposta del signor Ribot, quando avrà meglio esaminato le domande oggi da me espostegli.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 315-317.

(l) -Cfr. n. 737 e il D. 34341/710 del 22 settembre, non pubblicato. (2) -T. coloniale riservato 201, non pubblicato. (3) -Non pubblicata.
767

IL MINISTRO A LISBONA, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 217. Lisbona, 9 ottobre 1890, ore 17,50 (per. ore 6 del 10).

Avviso che navi da guerra non producono impressione menzionata nel telegramma di V.E. (1). Per la loro portata non possono entrare in altro porto del Portogallo né della Spagna per le quarantene, e Gibilterra essendo troppo lontana per loro missione le trattengo qui sinché sarà opportuno e situazione migliori; sarà per breve tempo.

768

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2388. Vienna, 10 ottobre 1890, ore 17 (per. ore 17,45).

Avendo avuto occasione di vedere ora, per affari d'ufficio, Szogyeny, questi si è felicitato meco pel discorso dell'E. V. al banchetto di Firenze, e mi ha detto essere autorizzato a farmi conoscere che le esplicite dichiarazioni di lei avevano prodotto la migliore impressione su Kalnoky (2).

36 -Documenti diplomatici -Se:·ie II -Vol. XXIII

(l) -Cfr. n. 760. (2) -Avarna riferl con T. 2423 del 14 ottobre che Kalnoky aveva incaricato Bruck di manifestare a Crispi la sua soddisfazione per le esplicite e chiare dichiarazioni contenute nel aiscorso di Firenze.
769

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2392. Parigi, 10 ottobre 1890, ore 17,45 (per. ore 20,45).

Gli sforzi della politica francese mirano ora, come prima, a spezzare la Triplice Alleanza e ad isolare l'Italia per averla poi facile preda o come alleata o come ancella. Tutti gli atti, tutte le parole del capo del Governo italiano essendo qui valutate secondo quella pertinace tendenza, non poteva invero sperarsi che il discorso di V.E., ispirato da sì chiaroveggente patriottismo fosse accolto con favore dalla stampa parigina. Quasi tutti i giornali lo discutono all'incirca coi medesimi sentimenti coi quali discussero le conversazioni con Saint Cère. Nei più traluce dispetto, ma i giornali serii lo apprezzano in termini temperanti; in generale il fiele non è più tanto. Il Temps sfoggia il suo malumore mettendo in vista che si completerà l'opera della Triplice Alleanza «con un accordo di più in più esplicito e cosciente degli Stati rimasti a:ll'infuori di questa benefica combinazione». Nel Journal des Débats Charmes vuole dimostrare che l'Italia non ebbe nessun beneficio dalla Triplice Alleanza e tratta il vaticanismo di pericolo immaginario. Il Siècle contiene di nuovo un articolo ostilissimo.

770

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 219. Londra, 10 ottobre 1890, ore 19,30 (per. ore 21,50).

Lord Salisbury mi ha assicurato (l) che nella questione delle capitolazioni l'Inghilterra non ha fatto e non ha lasciato credere di essere disposta a fare alla Francia concessioni maggiori di quelle già da tempo consentite al riguardo giurisdizione dei tribunali francesi. Sua Signoria mi ha ripetuto che ovunque all'amministrazione musulmana della giustizia si sostituiscono regolari tribunali europei l'Inghilterra ha per massima di accettare la sostituzione e di sospendere, per ciò che concerne la giurisdizione consolare, l'effetto delle capitolazioni; in ogni altra cosa queste continuano a sussistere.

(l) Tornielli risponde al T. riservato 153 del 7 ottobre con il quale Crispi gli aveva riferito che, secondo notizie confidenziali da Parigi, Salisbury sarebbe stato disposto a cedere sulla questione dell'abolizione delle capitolazioni in Tunisia.

771

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 208 ter. Napoli, 10 ottobre 1890, ore 24.

Le negoziazioni coi delegati inglesi per la delimitazione dei confini nel Sudan sono state rotte pel malvolere di Baring. I confini erano stati concordati e non restava che la quistione della occupazione di Kassala. Su questa era una divergenza di forma per la quale aveva chiesto il mio intervento. Proposi due formule, ad una delle quali lord Dufferin dichiarò di consentire, riservandosi di parlarne a sir Evelyn Baring. La formula avrebbe costituito l'articolo secondo del trattato ed era così concepita: «Il Governo italiano potrà occupare Kassala e il territorio adiacente etc ... L'Inghilterra riserva i diritti dell'Egitto su Kassala, i quali saranno discussi allorché le truppe inglesi o le truppe eziziane avranno occupato Berber e Kartum ~. Più tardi sir Evelyn Baring vide i nostri delegati e dichiarò loro che voleva un'espressa ricognizione dei diritti dell'Egitto su Kassala, e l'obbligo formale di restituirla, nel caso d'occupazione da parte nostra, altrimenti avrebbe rinunziato ad ogni accordo. Non comprendo cotesto contegno del delegato inglese, in contraddizione alla condotta amichevole e cordiale di questi ultimi giorni. Né gli inglesi, né gli egiziani possono per ora occupare Kassala, che da cinque anni hanno perduto ed abbandonato, e che avevano anche ceduto a re Giovanni. A Kassala è il quartiere generale dei dervisci, i quali ci minacciano. Noi in Egitto siamo stati condiscendenti agli inglesi in tutte le questioni. Sarebbe una grave delusione per noi se lord Salisbury seguisse i capricci di Baring. Voglia parlarne a Sua Signoria e persuaderlo di accettare le nostre proposte (2). Del resto, se l'esigenze della guerra ci obbligassero, noi occuperemmo Kassala.

772

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. PERSONALE. S. Cossin, 10 ottobre 1890.

Non voglio aspettare il mio ritorno a Parigi che avrà luogo fra due o tre giorni al più, per esprimerle la mia viva e sincera ammirazione per il valente e vibrato discorso che ella pronunziò testé alla riunione di Firenze, e di cui io ebbi il riassunto, soltanto questa mattina, nella mia solitaria villa. Quel discorso che

(l} Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, c!t., pp. 235-236.

rimarrà storico, porta l'impronta della vera eloquenza, di quella che nasce da un profondo sentimento di patriottismo, sorretto dal buonsenso il più elevato e da un coraggio civile che raramente s'incontra. Le parole di V.E. sono destinate a produrre dovunque grande impressione, specialmente in Francia; è da sperare che vi si smetteranno que' vieti dommi della politica francese che considera il nostro Paese come destinato ad essere una semplice espressione geografica ed a rimanere frantumato in tanti minuscoli Stati per la massima soddisfazione de' nostri vicini. La Francia dovrà abituarsi oramai a considerare l'Italia come una grande Nazione di trentadue milioni di abitanti, che, in pochi anni, ha saputo costituirsi in mezzo a molti pericoli e con ingenti sagrificii, che ha il sentimento della sua unità e della sua indipendenza, ed ha saputo creare i mezzi di difenderla contro il mal volere altrui. Per cui è da sperare che la Francia, come le altre Potenze, si persuaderanno che l'Italia è una Nazione che conviene tenersi amica sotto il doppio rapporto politico ed economico anziché asteggiarla nel suo naturale sviluppo.

·Gradisca adunque, eccellentissimo presidente, le mie sincere felicitazioni.

(2) -Per la risposta cfr. n. 777. (3) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crisp!.
773

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2393. Madrid, 11 ottobre 1890, ore 1,35 (per. ore 10,40).

La ufficiosa Epoca ha pubblicato stasera il comunicato seguente: «Il ministro di Stato fece visita nel pomeriggio di ieri all'ambasciatore d'Italia per esprimergli il disgusto che cagionarono al Governo le frasi offensive per

S.M. il Re Umberto, colle quali il signor Larda terminò il suo discorso nel congresso cattolico, e che sono contrarie tanto al rispetto dovuto ad un monarca straniero quanto alle buone ed amichevoli relazioni che uniscono i due Paesi ». Nell'articolo di fondo dello stesso numero l'Epoca biasima severamente gli eccessi degli intransingenti, dicendo che giunsero sino ad offendere una Potenza colla quale la Spagna mantiene i migliori rapporti, mancando di rispetto verso il suo sovrano. Mette poscia in rilievo la visita subito fatta dal duca di Tetuan al rappresentante d'Italia per manifestargli il dolore che quelle intemperanze produssero nel Governo spagnuolo, e dichiara che per la stessa causa il governatore di Saragozza conferì col cardinale Benavides, presidente del congresso, allo scopo di evitare la rinnovazione di simili riprovevoli fatti. Conchiude infine che, pur rispettando il principio dell'uguaglianza della legge per tutti, il Governo spagnuolo ha voluto impedire che si proseguissero gli attacchi contro una Nazione amica ed indipendente (1).

(l) Cfr. n. 785.

774

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 208 quater. Napoli, 11 ottobre 1890, ore 11,15.

Fo seguito al mio telegramma di stanotte (2). A provare l'ingiustizia di Baring verso il Governo italiano bastano poche considerazioni ed alcuni ricordi. Kassala è il quartiere generale dei dervisci ed è una continua minaccia al paese dei Bogos e a Keren, sui quali esercitiamo la nostra sovranità. Gli inglesi e gli egiziani non ci vanno e non ci possono andare. Se pei bisogni della nostra difesa noi saremmo obbligati di andarvi Baring pretende che noi ci obbligassimo a restituire Kassala all'Egitto, e noi dovremmo perdere il danaro e gli uomini che per le conseguenze della guerra vi avremmo spesi. Kassala era stata ceduta a re Giovanni, il quale non poté occuparla, dopo che gli anglo-egiziani furono cacciati da quella città, come lo furono da Berber e Kartum. Il diritto dell'Egitto su quei luoghi non solamente fu perduto per la cessione, ma anche per gli effetti della sconfitta. Oggi ne sono padroni i dervisci e se costoro ne fossero espulsi, diverrebbe padrone il vincitore, chiunque esso fosse. Non astante ciò, a guerra finita, cioè quando gli egiziani o gli inglesi avranno occupato Berber e Kartum, noi eravamo pronti ad impegnarci che si discutessero i diritti dell'Egitto su Kassala. Il contegno del delegato inglese è deplorevole. Sir E. Baring ha spiegato contro di noi quelle antipatie delle quali dette continue prove contro gli italiani in Egitto. Gli inglesi ci hanno trattato da nemici e non da amici cordiali quali noi siamo.

775

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A MONZA (3)

T. S.N. Napoli, 11 ottobre 1890, ore 14.

Le negoziazioni per la delimitazione dei confini nel Sudan sono state rotte pel mal volere di sir Evelyn Baring. Erano già stati concordati i confini, si eran segnati sulla carta geografica e si erano scritti i relativi articoli pel trattato. Restava solo a trovar la formula sulla facoltà dell'Italia ad occupar Kassala e sui diritti eventuali dell'Egitto su quella città; ed all'uopo avevan chiesto il mio intervento. Ieri nel pomeriggio essendo venuto lord Dufferin da me gli esposi il mio progetto ed egli parve accettarlo, riserbandosi di parlarne con Baring. Più tardi verso le otto di sera Baring mandò a dirmi ch'egli non poteva accettare altra formula che quella che stabilisse la occupazione di Kassala con l'impegno

del Governo italiano di restituirla all'Egitto. Ove io non consentissi, si intendevano rotte le negoziazioni. Il dilemma era tale, che per l'Italia moralmente e finanziariamente non vi poteva essere altra risposta che di aderire alla rottura delle negoziazioni. Sempre agli ordini di Vostra Maestà.

(l) -Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, clt., pp. 236-237. (2) -Cfr. n. 771. (3) -Da ACS, minuta autografa; ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 23•!.
776

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 220. Berlino, 11 ottobre 1890, ore 17,10 (per. ore 18,05).

L'imperatore mi accordò oggi udienza per presentargli, a nome e come dono del nostro augusto sovrano, il busto reale. Nel corso del colloquio, Sua Maestà Imperiale mi incaricò specialmente d'inviare a V.E. le migliori sue felicitazioni per il discorso di Firenze, da lui letto ieri sul rendiconto telegrafico. «Tale discorso -disse -è veramente degno dell'eminente uomo di Stato che lo pronunziò. I radicali e gli irredentisti sono i nostri comuni avversari, inquantoché cercano di scuotere il principio monarchico ». L'imperatore Guglielmo parlò pure della situazione politica, delle impressioni riportate dai suoi viaggi all'estero, delle garanzie cresciute pel mantenimento della pace, della guerra da parte della Francia non presumibile sino a che non abbia alleanza colla Russia. L'imperatore Alessandro non vi è in nessun modo propenso e si esprime con molto disprezzo sulla Repubblica francese. È bensì vero che un partito si agita a Pietroburgo, qualche volta all'insaputa del sovrano, per costringerlo a mutare indirizzo politico, ma finora lo czar rimane fermo nel suo proposito e non si lascia trascinare fuori dalla via tracciata al suo Governo.

777

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A NAPOLI

T. RISERVATO PERSONALE 233 (1). Londra, 11 ottobre 1890.

Lord Salisbury non verrà a Londra prima della metà della settimana prossima; mi procurerò allora un abboccamento con lui. Al punto dove sono stati condotti i negoziati non mi pare impossibile ripigliarli con probabilità di migliore esito a condizione però che da parte nostra non vi siano ragioni che spingano

ad affrettare il negoziato. Il Times d'oggi dopo aver detto che «il diritto dell'Italia di occupare Kassala ed una parte della linea all'Atbara era stato riconosciuto in caso di militare necessità riservando pienamente il diritto dell'Egitto di rioccupare il distretto quando fosse in grado di mantenervi l'ordine » dichiara che il Governo italiano ha incorso una seria responsabilità respingendo le proposte ed accenna al danno che ne deriva ai buoni sentimenti dell'Inghilterra verso l'Italia.

(l) Numero dell'ambasciata a Londra; in arrivo il telegramma non è stato protocollato.

778

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. S.N. Torino, 12 ottobre 1890, ore 16,35 (per. ore 17,35).

Mi hanno recato non poca sorpresa e rammarico le pretese e il modo di procedere di sir Baring (2). Ma data la situazione creata da questi non si poteva fare altrimenti di quello che ella ha fatto, ispirandosi, come sempre, ai veri interessi e al decoro del Paese. Approvo quindi pienamente la di lei decisione e la prego di farmi sapere, con suo comodo, se ella crede di poter per altra via e con più benevoli contraenti riprendere le negoziazioni (3).

779

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A TORINO ( 4)

T. S.N. Roma, 13 ottobre 1890.

Spero non tarderanno a riprendersi le negoziazioni col Governo britannico per la delimitazione delle sfere d'influenza nel Sudan. Voglia intanto Vostra Maestà esser sicura, che il ritardo non nuoce alla nostra posizione nell'Africa. Attualmente noi abbiamo il protettorato sulle tribù che occupano i territorii al nord-est e più in là di Kassala, e, se l'esigenze della nostra difesa lo imponessero, potremmo anche occupare quella città. Noi non abbiamo vincoli di sorta, e la sola divergenza coi delegati inglesi fu, se e quando avremmo dovuto sgombrare Kassala dopo averla occupata. Collobiano mi telegrafa, che re Carlo gli ha dichiarato ch'era contento della presenza delle nostre navi nelle acque di Lisbona e lo ha incaricato di ringraziare Vostra Maestà di avervele inviate.

(l) -Da ACS, Carte Crispi. (2) -Cfr. n. 775. (3) -Per la risposta cfr. n. 779. (4) -Da ACS, Carte Cr!spi, minuta autografa.
780

PROMEMORIA DEL CONTE ANTONELLI (l)

... (2)

Il Trattato di Uccialli del 2 maggio 1889 fu presentato per la prima volta al Re Menelik il 20 febbraio dello stesso anno in Addis Abeba mentre lo Scioa era alla vigilia di una guerra con re Giovanni.

La traduzione del trattato fu fatta dall'interprete del re grasmac Jusef Negussié allora semplice aleka.

Il re dopo di averlo esaminato non fece altra osservazione che all'articolo III dicendo «Dio solo può sapere l'esito che avrà questa guerra: come volete che io ceda una parte di un paese che ancora non so se potrà appartenermi »? In seguito a ciò e dovendo partire per la guerra la stipulazione del trattato fu di comune accordo rimandata. Menelik però scrisse al nostro sovrano nei seguenti termini:

«Il trattato che la Maestà Vostra mi ha inviato fu da me attentamente esaminato e sono lieto fin da ora di assicurarla che non trovai cosa che non sia di mia piena soddisfazione».

Iniziata la campagna contro re Giovanni arrivò la notizia della morte di questo e Menelik ne approfittò per proclamarsi il legittimo successore al trono di Etiopia.

I negoziati del trattato furono ripresi ed esaminati dal re con cura maggiore che non avesse fatto la prima volta. Modificò varii articoli ne aggiunse uno riguardante il convento di Debra-Bizen ma l'articolo XVII passò come nel progetto ministeriale perché il re si persuase essere quell'articolo il complemento dell'art. XIII del trattato di Ankober fra l'Italia e lo Scioa del 21 maggio 1883 (vedi allegati nn. 1-2) (3). Le molte varianti introdotte dal re obbligarono l'interprete grasmac Jusef di ricopiare il testo amarico facendo una più accurata traduzione (vedi allegati 3-4-5). L'ultima lettura del trattato fu fatta dal re alla presenza di ras Makonnen allora degiasmac ed inviato etiopico alla Corte del re d'Italia. In quella occasione furono fatte altre variazioni agli articoli III, X e XII ed all'art. XVII il re espresse l'opinione di sopprimerlo trovandolo inutile perché dichiarava essere tanto grato all'Italia che non poteva avere in Europa altro amico che il nostro re. Fu fatto osservare al re che come sovrano di tutta l'Etiopia era nel suo interesse però avere in Europa una Nazione amica come l'Italia che lo rappresentasse tanto più che i negoziati pel lago Assai sebbene bene avviati dovevano ancora essere definiti come pure la questione dell'Harar poteva da un momento all'altro rendere necessario l'intervento in Europa dell'Italia per sostenere i suoi diritti di sovrano in quella ricca regione.

Queste ragioni persuasero il re e l'articolo passò senz'altra osservazione. Nell'ottobre 1889 volendo il Governo del re partecipare alle Potenze detto articolo si domandò prima il consenso dell'ambasciatore etiopico degiac Makonnen che lo accordò (l) dopo di avere esaminato nuovamente l'articolo stesso e dopo essersi fatto dare le spiegazioni più ampie sulla opportunità di detta notificazione (vedi allegati 6 e 7).

Il 25 febbraio 1890 in Makallè quando l'imperatore Menelik ratificò la convenzione addizionale l'inviato italiano, unitamente a degiac Makonnen, fecero delle rimostranze all'imperatore per avere partecipato la sua incoronazione a re dei re d'Etiopia direttamente alle Potenze senza mantenere con ciò i patti stabiliti dall'articolo XVII del Trattato di Uccialli. L'imperatore volle seduta stante rileggere l'articolo e fu ben commentato nel senso che l'Etiopia doveva per tutte le trattazioni coi Governi d'Europa servirsi del Ministero degli affari esteri del re d'Italia.

In quelle occasioni l'imperatore promise che in seguito tutte le lettere o altre comunicazioni per l'Europa sarebbero state sempre trasmesse col mezzo del rappresentante italiano.

In quanto alla traduzione di quell'articolo, essa fu fatta non dall'interprete d'Italia ma dal segretario ed interprete dell'imperatore d'Etiopia.

Inoltre, prima di mandare il Trattato di Uccialli alla ratifica sovrana, al Ministero esteri fu fatto leggere e confrontare i due testi amarico e italiano all'interprete dell'imperatore d'Etiopia grasmac Jusef che trovò le due versioni concordare perfettamente fra loro tenuto conto delle grandi difficoltà che presenta una traduzione dall'italiano all'amarico.

La parola " consente " non essendo perfettamente traducibile perché non esiste nella lingua amarica fu tradotta "può" e mentre nell'italiano la differenza è immensa nell'amarico può corrispondere alla parola italiana. Ma questa è questione che riguarda l'interprete dell'imperatore e non noi.

Che l'imperatore e ras Makonnen fossero ben persuasi del significato di quell'articolo per ciò che riguarda comunicazioni da farsi alle Potenze lo provano seguenti fatti:

l) I giornali pubblicarono durante la presenza di Makonnen in Italia l'articolo XVII come è scritto nel trattato e come fu notificato alle Potenze. Makonnen e tutti i capi della missione giornalmente si facevano tradurre le cose più importanti e che riguardavano l'Etiopia dei nostri giornali ed è impossibile che non si siano fatti tradurre pure quell'articolo XVII e nessuno fece mai osservazione.

2) Durante il soggiorno in Italia Makonnen invocando l'articolo XVII del Trattato di Uccia1Ii domandò ed ottenne dal Governo italiano che si scrivesse a Londra perché il governatore di Zeila non occupasse la valle di Ensa sulla via Zeila-Gildessa reclamando a sé quella località.

3) Lo stesso ras Makonnen nel gennaio e febbraio 1890 da Massaua si rivolse più volte al Governo italiano per domandare protezione perché temeva che il Governo inglese colla spedizione negli Issa Somali occupasse una parte di quel territorio che appartiene aU'Harar.

4) L'imperatore Menelik nel marzo 1890, cioè dopo la ratifica della convenzione addizionale e le rimostranze ricevute consegnò all'inviato italiano una lettera per S.M. la Regina d'Inghilterra avvertendo che « per l'avvenire in caso di bisogno si servirà del Governo italiano come intermediario~. (Vedi allegato).

5) Una lettera dell'imperatore al ministro degli affari esteri d'Italia colla quale lo prega di prendere sotto la protezione italiana il convento etiopico di Gerusalemme.

6) Altra lettera che prega il nostro ministro degli affari esteri di rappresentarlo col mezzo dell'ambasciatore italiano alla Conferenza antischiavista dì Bruxelles.

Da quanto qui sopra è esposto si può arguire che l'imperatore Menelik non ignorava il significato dell'articolo XVII e che la sua minaccia di protestare sarà stata forse istigata da persone avverse all'Italia che approfittarono di un momentaneo malcontento di Menelik per la questione dei confini.

Ma non è probabile che Menelik tradurrà in atto una tale minaccia. Nel telegramma infatti di Nerazzini del 4 ottobre (l) risulterebbe che ras Makonnen si preoccupava molto della questione dei confini e prega il Governo italiano di non insistere per la linea del Mareb. Nulla invece dice sulla questione dell'articolo XVII del trattato che è pure gravissima ed importante.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., pp. 317-319.

(2) -Il documento è privo d! data; secondo Glgl!o (nota redaz!onale, ibid.,. p. 319) è databile fra il 4 e il 13 ottobre. S! colloca sotto quest'ultimo giorno. (3) -Gli allegati mancano; cfr. !n proposito la nota redazionale citata alla nota 2.

(l) Cfr. n. 66, nota 2.

781

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 227. Roma, 14 ottobre 1890, ore 16,30.

Faccia proseguire per Salimbeni seguente telegramma: «Prevenga imperatore che fummo avvisati telegraficamente essere giunte alla costa due sue lettere in data 19 Nahanié (3) riguardanti, la prima la questione dei confini, la seconda la traduzione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli del 2 maggio 1889. Aspettiamc di ricevere la corrispondenza del conte Salimbeni per studiare le due questioni. Intan

to, però, ella assicuri Menelik che, circa i confini noi insistemmo per mantenere linea Mareb allo scopo di garantire all'imperatore la sovranità sua nel Tigrè minacciata dalle molte pretese di altri pretendenti al trono di re dei re. In quanto all'articolo 17, fu tradotto da Jusef, interprete dell'imperatore e non da noi. Prima di notificarlo alle Potenze avemmo il consenso di ras Makonnen e fu stampato su tutti i giornali che Makonnen si faceva sempre tradurre dai suoi interpreti e non sollevò mai alcuna opposizione. Lo scopo della notifica fu quello di avere autorità di rappresentare l'imperatore in Europa. Se Menelik volesse per capriccio toglierei questa autorità si esporrebbe ad umiliazioni gravi ed agirebbe in modo contrario alla nostra amicizia. Ella deve insistere per persuadere l'imperatore a non fare reclami di nessuna specie. Se vorrà introdurre delle modificazioni al Trattato di Uccialli potrà farlo dopo cinque anni dalla data della sottoscrizione e non oggi. Per la questione dei confini può assicurare l'imperatore che il Governo italiano è disposto a contentarlo se ci guarentirà la sicurezza sulle nostre frontiere. Non più tardi di otto giorni fa abbiamo dovuto mandare truppe per impedire a Sebhat di ribellarsi a ras Mangascià e perciò all'imperatore. Però se guarantisce ci faccia conoscere i nomi dei delegati e quando intende mandarli. Nelle trattative ella deve fare in modo che la nostra condiscendenza pei confini sia compensata dall'accettazione di Menelik dell'articolo 17 come è nel testo italiano. Questa accettazione potrebbe pel momento essere fatta per lettera se non è possibile ottenere di più. L'argomento di poter introdurre modificazioni al trattato, dopo cinque anni, non ne faccia uso che dopo aver esauriti tutti gli altri. Attendo i suoi rapporti e le raccomando di usare tutta la sua influenza per impedire che Menelik faccia reclami ad altri che a noi ».

(l) -Cfr. n. 735, nota 3. (2) -Ed., in L'Italia in Aj1·ica, tomo VIII, cit., pp. 328-329, in LV 72, pp. 13-14 in Crispi e Menelich, cit., p. 228 e parzialmente in CRISPI, La prima guerra d'Aj1·ica, cit., p. 247. (3) -Cfr. n. 735, nota 2. Secondo LV 72 e L'Italia in Africa, vol. cit., le due lettere erano arrivate a Roma il 13 ottobre.
782

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 228. Roma, 14 ottobre 1890, ore 18,15.

Alcuni giornali hanno riferito che i negoziati di Napoli sulla delimitazione della sfera d'influenza italiana dalla parte del Sudan non abbiano potuto approdare ad un accordo per pratiche fatte dalla Francia a Londra e a Costantinopoli contro cessione Kassala. Intransigenza inglese manifestatasi soltanto ultimo momento ci farebbe ritenere attendibile siffatta voce. Prego la E.V. di voler semplicemente indagare colla massima prudenza e segretezza se le assicurazioni suddette abbiano qualche fondamento 0).

(l) Per la risposta cfr. n. 787.

784

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 827. Massaua, 15 ottobre 1890, ore 14,50. (per. ore 23).

Giunto Davi co; riassumo informazioni. Un partito nazionale antieuropeo prevale nello Scioa, appoggiato dall'opinione pubblica. Ne è a capo la regina; parte attiva Jusef che accompagnò Makonnen in Italia. Menelik, pur benevolo Italia, è sopraffatto imponenza partito che vuole integrità territorio e assoluta indipendenza Impero. Danno forza e pretesto a questo partito: l) la traduzione italiana articolo 17 Trattato di Uccialli che non corrisponderebbe al testo amarico. Vi è chi si prese incarico spiegare Menelik che, se articolo 17 fosse quale fu dall'Italia notificato alle Potenze Impero sarebbe rovinato perché è come se sopra di esso fosse stato dichiarato protettorato; 2) la cessione Italia del Tigrè dallo Sciket al Mareb considerato parte integrante territorio Impero; 3) una lettera del generale Orero a Mangascià con la quale il primo chiedeva la cessione della linea del Mareb, proponendo in compenso aiuti e coadiuvazione per impresa non bene determinata. Intanto questa lettera è nelle mani di Menelik e l'ebbe da Mangascià. Opinione pubblica nello Scioa è avversa Italia e sua ingerenza affari Impero. Essa si impone talmente imperatore che questi teme pel trono apponendovisi. Lettera Menelik Sua Maestà espone fatti, si raccomanda nota lealtà sovrana perché questione confini sia risolta conforme articolo 3° Trattato Uccialli, temendo perdere Scioa cedendo Mareb. Davico passando Harar parlò del contegno di Jusef a Makonnen che irritato fece scrivere immediatamente imperatore perché Jusef venisse in giustizia. Salimbeni checché ne telegrafasse a V.E. non fu ben ricevuto al suo arrivo Antoto. Sua situazione colà così precaria che pensa dare dimissioni. Lettere Menelik, a S.M. il Re unitamente ad un rapporto Salimbeni partiranno dopo domani coll'« India».

784. L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 828. Londra, 15 ottobre 1890, ore 15,40 (per. ore 21).

Salisbury mi ha detto essere dispiacente dell'esito del convegno di Napoli. Baring si era attenuto alle intenzioni del Governo inglese; non era forse necessario venire ad una rottura del negoziato, ma sopra ciò l'apprezzamento di Sua

Signoria non poteva essere definitivo, poiché le corrispondenze scritte non erano ancora arrivate, né le comunicazioni telegrafiche bastavano per formarsi un concetto preciso del negoziato. Salvo a riprendere la conversazione nostra dopo che saranno giunti quei rapporti, Salisbury non vedeva per ora altra cosa da fare che aggiornare la trattativa fino al momento in cui l'attuale insuccesso sarebbe andato in dimenticanza. Nulla spinge, concludeva egli, ad una pronta ripresa; bisogna dare il tempo all'opinione pubblica in Inghilterra ed in Egitto di dimenticare. Se Governo inglese riprendesse la trattativa sopra la formala stessa sulla quale Baring l'ha rotta, l'effetto in Egitto sarebbe deplorevole per l'influenza inglese che dipende in molta parte dalla posizione personale del suo agente presso la Corte ed il Governo kediviale. In seguito alle mie obiezioni Salisbury spiegò il suo pensiero di aggiornare nel senso di calcolata lentezza e convenne che intanto Dufferin potrà ricevere istruzioni per continuare le delimitazioni sopra gli altri punti verso l'Harar ed il Sudan. Dal lato mio ho esposto le cose dettemi nei telegrammi di V.E. (l) ed ho appoggiato sopratutto sull'urgenza e convenienza di non lasciare accreditare nell'opinione dell'Europa l'idea di una divergenza fra l'Italia e l'Inghilterra in Africa. Sua Signoria aspetta i rapporti dei suoi negoziatori fra pochi giorni e crede che il nostro colloquio potrà essere continuato la settimana prossima. L'impressione mia è che il Governo inglese si ritiene impegnato, in modo assoluto, a riservare i diritti territoriali dell'Egitto, che, a parer suo, non si prescrivono per la cessazione dell'effettivo dominio e l'occupazione del nemico durante cinque soli anni. Nel tempo stesso il Governo inglese ammette che per necessità militare l'Italia possa spingersi sovra territori che hanno appartenuto all'Egitto, ma il diritto d'occupazione per l'Italia col consenso della Inghilterra, ancorché accompagnato dalla riserva di discutere ad epoca lontana le ragioni dell'Egitto, sembra a Sua Signoria pregiudicare troppo le ragioni stesse perché egli possa fare a noi una concessione per la quale l'Egitto non avrebbe alcun compenso. * Prego di spedirmi prontamente il corriere per invio del rapporto circostanziato di questo colloquio e V.E. vedrà se convenga che io abbia speciali istruzioni per la settimana prossima*.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 329-330.

(2) Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'A/riea, cit., pp. 240-241.

785

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. 1943. Roma, 15 ottobre 1890, ore 23.

Confido che V.E. si sarà resa interprete presso duca Tetuan del compiacimento nostro per spontanea disapprovazione del Governo spagnuolo inflitta alle intemperanze usate verso Italia e suo re del congresso di Saragozza (2). Contef!nll della Spagna cementa amichevoli rapporti esistenti coll'Italia.

(-2) Cfr. n. 773.
(l) -Cfr. nn. 771 e 774.
786

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI,

A ... (l)

Napoli, 15 ottobre 1890.

Giusta il suo telegramma di ieri il marchese di Dufferin e venuto a trovarmi. Mi dolsi del contrattempo avvenuto in conseguenza del mio biglietto del 10 sera venerdì (2) giuntagli il sabato e che fu causa della sua venuta a Napoli la mattina di domenica 12. Chiamandolo il venerdì sera per la domani, era mio desiderio pregarlo per vedere se non si fosse potuto trovare modo di un accordo. Or è fatto, i delegati inglesi essendo diggià partiti. Mi lagnai del contegno poco diplomatico del Baring il quale informò subito i giornali della rottura delle negoziazioni. A prova che il Baring aveva ciò fatto, gli diedi a leggere il telegramma del corrispondente dello Standard. Il linguaggio di lord Dufferin fu amichevole e cordiale secondo il solito. Egli spera che le negoziazioni potranno esser riprese con miglior fortuna. Scagionò il Baring d'ogni colpa e lo disse pieno di buona volontà. La causa della rottura fu un telegramma di lord Salisbury giunto all'ultima ora. Il ministro degli affari esteri è contrario ad ogni disposizione nel trattato, la quale avesse potuto sembrare una rinunzia a Kassala. Lord Dufferin crede, che non sarà d'uopo d'un'azione militare in quei luoghi. I dervisci non costituiscono una forza sufficiente nel Sudan. Essi vanno dileguandosi, e verrà il giorno in cui il Sudan potrà essere occupato senza grandi difficoltà.

787

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 829. Parigi, 16 ottobre 1890, ore 14,45 (per. ore 17,15).

Prego telegrafarmi se sia esatto testo trattato anglo-egiziano 3 giugno 1884 pubblicato dal Popolo romano. Journal des Débats d'oggi contiene nota ufficiosa che smentisce notizia data dal Popolo Romano di opposizione fatta a Londra da Waddington contro cessione Kassala all'Italia. Credo questa smentita potrebbe servire come punto d'appoggio al r. ambasciatore a Londra per fare su ciò una indagine che qui riesce assai ardua ed incerta (3).

(l) -Da ACS, Carte Crlspi. D! questo documento, quasi certamente un telegramma, è stato trovato un solo esemplare dattlloscrltto, privo di destinatario. (2) -Ibid., minuta autografa, ore 23. non pubbl!cato. (3) -Con T. coloniale riservato 232 del 18 ottobre, non pubbl!cato Crispi rispose: « Rltenlamc erronea interpretazione Popolo romano e nelle negozlazionl cl appoggiammo a ben più val\di mot!vl 1>.
788

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 229. Roma, 16 ottobre 1890, ore 17.

Sento con piacere che Dufferin riceverà presto istruzioni circa delimitazione anglo-italiana connessa protettorato britannico Zanzibar. Conviene oramai lasciare all'Inghilterra iniziativa circa eventuale ripresa negoziato interrotto a Napoli. Spedisco particolareggiato dispaccio (2) e rapporti nostri delegati con corriere che parte fra un giorno o due.

789

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 231. Roma, 16 ottobre 1890, ore 17,15.

Prego far proseguire pel conte Salimbeni seguente telegramma: «Faccio seguito al mio telegramma del 14 (4). Circa la lettera del generai Orero a Mangascià prego V.E. di dire a Menelik che il Governo del re dubitando che Orero non interpretasse bene le sue istruzioni lo tolse da Massaua e lo sostituì col generale Gandolfi. Questo fatto dovrebbe bastare per dimostrare le buone intenzioni del Governo italiano :t.

790

IL MINISTRO CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A PARIGI, RESSMAN (5), AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO PERSONALE 221. Parigi, 16 ottobre 1890, ore 17,35 (per. ore 23,25).

Avverto, per opportuna informazione, V.E. che il Siècle oggi dice un banchiere francese afferma essere stato da lei incaricato di dichiarare al Governo francese che l'Italia lascerebbe alla Francia piena libertà a Tunisi se la Francia si disinteressasse nell'affare di Tripoli ed aggiunge « lasciamo indovinare risposta che poté essere data ad apertura così irregolare » (6).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 330.

(2) Cfr. n. 798.

(3) Ed. In Crispi e Menellch, cit., p. 228.

(4) -Cfr. n. 781. (5) -Menabrea era ritornato a Parigi il 14 ottobre. (6) -Per la risposta cfr. n. 792.
791

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN

T. 1947. Roma, 16 ottobre 18YO, ore 22,25.

Le due navi attualmente a Lisbona possono tornare in Italia. Il ministro del re presso la Corte portoghese che viene in congedo in Italia prenderà imbarco sovra una di esse, se codesto ministero non ha obiezione in contrario.

792

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A PARIGI, HESSMAN

T. 1948. Roma, 17 ottobre 1890, ore 11,30.

Nessuno meglio di voi conosce la falsità della notizia data dall'Indépendance belge e commentata dal Siècle (1).

793

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI.ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 834. Londra, 17 ottobre 1890, ore 14,46 (per. ore 19,45).

Se l'annunzio ricevuto da V.E. (2) del prossimo invio a lord Dufferin di istruzioni per abilitarlo a trattare di altri punti, specificati nella nota del 15 agosto (3), fosse l'effetto del suggerimento mio a lord Salisbury di attenuare così l'impressione della rottura di Napoli, noi dovremmo rallegrarcene. Importerebbe però più che mai di non imbattersi in qualche altro rincrescevole incidente. Naturalmente dal canto mio, quando sarò di nuovo ricevuto da lord Salisbury, conterrò il mio linguaggio nei limiti prescritti dal telegramma di ieri di V.E. Intanto relativamente alle altre trattative delle quali Dufferin potrà essere incaricato gioverà ricordare: l) che conformemente alle istruzioni telegrafiche del 3 corrente (4) io mi sono astenuto dal fare qualsiasi passo nelle trattative con

la Compagnia dell'est -Africa; 2) che l'ultimo atto di tali trattative è la categorica domanda della Compagnia di eseguire testualmente l'accordo 3 agosto 1889; 3) che di quell'accordo il Foreign Office ebbe notizia all'epoca della sottoscrizione come di atto di piena nostra soddisfazione; 4) che dopo penoso colloquio da me avuto il 29 agosto con Currie (l) nessun'altra comunicazione fu fatta circa il valore di quell'accordo al Foreign Office per il mio tramite. Cosi stando le cose, non dovremmo sorprenderei se lord Dufferin ricevesse istruzioni nel senso che le dichiarazioni fatte a me da Salisbury circa il rispetto delle ragioni territoriali dell'Etiopia debbono intendersi non pregiudicare ciò che fu già regolato direttamente fra il Governo italiano e la Compagnia. Vedrà V.E. se, per prevenire tale difficoltà prevedibile nello stato attuale delle cose, vi sia alcunché da fare. Il clamore che la Compagnia susciterà quando noi impugneremo la validità dell'atto 3 agosto è cosa di troppo grave momento perché dal Iato mio faccia qualsiasi mossa nella delicata situazione presente senza istruzioni di V.E. In giornata telegraferò sunto del parere legale procuratomi (2).

(l) -Cfr. n. 790. (2) -T. riservato del 16 ottobre, non pubblicato. Ma cfr. n. 788. (3) -Cfr. n. 691. (4) -Cfr. n. 756.
794

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 830. Parigi, 17 ottobre 1890, ore 15 (per. ore 17,15).

Pare che il Governo adoperi zelo nel fare smentire le notizie concernenti l'ingerenza di Waddington nell'affare di Kassala e le aperture circa Tripoli. Dopo il Journal des Débats anche il Temps, il Figaro ed altri giornali contengono note, evidentemente ufficiose, al riguardo.

795

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 833. Londra, 17 ottobre 1890, ore 16,55 (per. ore 21).

Sunto del parere dell'avvocato Mattei: «Esaminato l'atto 3 agosto non mi riesce trovare ragione per sostenere nullità o possibilità di rescissione. Nel caso

37 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

Catalani non avessè avuto poteri, Governo italiano potrebbe disconoscere atto nella sua totalità. Relativamente al capo 4°, che contiene un'obbligazione de futuro, quello delle parti che voglia sostenere l'obbligazione non essere perpetua, è ammessa a provare dalla materia del contratto che esso doveva essere limitato ad un tempo determinato». Il parere è dato in conformità della legge inglese e conclude che l'atto è valido. Io preparo nondimeno un progetto di risposta alla Compagnia che comprenderà i seguenti punti: l) Il Governo italiano ha sempre ritenuto che l'atto del 3 agosto dovesse essere confermato da regolare contratto e che tutte le obbligazioni indeterminate, comprese in quell'atto, dovessero venire precisate in occasione di tale contratto; 2) analogamente a ciò si è proceduto alla discussione di tale definitivo contratto e se ne è proposto da noi il progetto; 3) se la Compagnia persistesse nel rifiuto di addivenire alla conclusione del definitivo contratto, del quale è stato proposto lo schema, l'Italia si considererà prosciolta da qualsiasi impegno ed invece di chiedere al sultano il consentimento suo alle stipulazioni fra il Governo italiano e la Compagnia si riserva di far valere le ragioni che le competono altrimenti. Naturalmente sot,.. toporrò il progetto di risposta all'approvazione di V.E. (1).

(l) -Cfr. n. 795. (2) -Per la risposta cfr. n. 808. (3) -Ed. in L'Italia tn Africa, Ettopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 330.
796

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 156. Roma, 17 ottobre 1890, ore 18,30.

Questo ministro di Portogallo è venuto dirmi che il suo Governo faceva pratiche presso lord Salisbury per ottenere modificazioni al trattato angloportoghese di delimitazione africana e chiedeva che il R. Governo si prestasse, potendo, ad agevolare quei negoziati. Risposi non essere alieno dall'annuire all'espresso desiderio: solo temere di non riuscire nell'intento; credere in ogni modo convenisse lasciare calmarsi l'opinione pubblica inglese prima di poter sperare che Salisbury consenta rientrare in discussione sulla questione che divide i due Stati. Il signor Carvalho si persuase di queste ragioni aggiungendo che il suo Governo si contenterebbe se in attesa nuove trattative si mantenesse statu qua nel bacino controverso. Qualora V.E. potesse colla debita prudenza essere utile al re Carlo cui tanto si interessa, come le è noto, il nostro augusto sovrano, farebbe cosa graditissima. L'Inghilterra, del resto, tanto interessata al mantenimento delle istituzioni monarchiche nella penisola iberica, dovrebbe trovar modo di aiutare il sovrano e il Governo portoghese ad uscire d'imbarazzo (2).

(l) -Il progetto d! risposta fu trasmesso da Torniell! con R. riservato 784 del 24 ottobre. ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., pp. 291-295. (2) -Per la risposta cfr. n. 808.
797

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 831. Londra, 17 ottobre 1890, ore 19,12 (per. ore 21,15).

Incaricato d'affari di Francia nella visita fattami oggi mi ha dichiarato spontaneamente che egli non ebbe occasione di fare osservazione alcuna al Foreign Office circa la nostra domanda relativa a Kassala.

798

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. RISERVATISSIMO 37623/513. Roma, 17 ottobre 1890.

Mi pregio di trasmettere qui acclusa a V. E., in via confidenziale, una pubblicazione riservata di questo ministero contenente i rapporti dei nostri delegati generali Dal Verme e cavalier Silvestrelli sulle negoziazioni di Napoli.

Come V.E. deve ben rammentare, il R. Governo, dietro il suo illuminato parere, volendo mettere un termine ai continui malintesi che nascevano fra i comandi di Massaua e di Suakin, si limitò a chiedere all'Inghilterra una delimitazione a nord dell'Eritrea, e precisamente tra Ras Casar ed il fiume Barca. La negoziazione relativa, iniziata a Londra e continuata al Cairo dovette aggiornarsi in seguito alla formale dichiarazione di sir E. Baring che era necessaria non solo una delimitazione a settentrione, ma anche a ponente dei nostri possedimenti. Una tale delimitazione significava per l'Italia l'esplicita rinunzia a qualunque espansione nella valle del Nilo, in un paese che oggi non appartiene ad alcuna Potenza civile e riconosciuta. Ciò malgrado il R. Governo per compiacere ai desiderii dell'Inghilterra acconsentì a negoziare, ma proponendosi di includere nella nostra sfera d'influenza la provincia di Taka e le fertili valli dei contrafforti dell'altipiano, separate dal deserto dal bacino principale del Nilo. A questo patto avremmo potuto riconoscere all'Inghilterra quell'influenza esclusiva nella valle del Nilo che forma la sua maggiore aspirazione africana. Altrimenti era miglior partito rimettere all'avvenire la soluzione della vertenza.

Si pensò, è vero, per un momento di rinunziare a Kassala chiedendo come compenso la cessione di Zeila, ed in tale intesa venne studiato il progetto di

delimitazione esposto nella pregevole memoria del tenente colonnello di Stato Maggiore L. Giletta, trasmessa a cotesta ambasciata con dispaccio del 26 u.s.

n. 34579/484 (1). Ma per varie ragioni non si credette di presentare simile proposta ai delegati britannici.

Anzitutto il R. Governo aveva avuto agio di persuadersi della somma importanza dell'acquisto di Kassala per l'avvenire agricolo e commerciale dell'Eritrea perché non dovessimo rinunziare per sempre ad una conquista che non presenta adesso serie difficoltà. Inoltre i negoziatori inglesi non avendo ricevuto istruzioni che per la delimitazione dalla parte del Sudan, avrebbero potuto rifiutarsi di discutere la nostra proposta, e mentre non avremmo conseguito il possesso di Zeila, sarebbero venuti a perdere di forza tutti i nostri argomenti nella questione di Kassala, fondati specialmente sulla necessità di difendere dai dervisci i nostri territori e le tribù protette dall'Italia.

In secondo luogo essendo ancora molto intricate le nostre vertenze dalla parte dell'Oceano Indiano e del Giuba, ci sembrò più opportuno di riservare a quelle trattative la questione di Zeila, che potrà forse fornire una soluzione a qualche punto dei più controversi.

Certo è che le valide ragioni addotte dai nostri negoziatori fecero qualche breccia sui delegati inglesi, tantochè s'arrivò ad ammettere in principio la nostra eventuale occupazione di Kassala ed a studiare le riserve che dovevano accompagnare nell'accordo l'articolo relativo. All'ultimo momento e forse per influenze estranee, sulle quali il R. Governo non ha ancora informazioni precise, i negoziati si sono dovuti interrompere dinanzi alle troppo grandi pretese affacciate da sir E. Baring. Ma la rottura delle trattative non pregiudica la nostra situazione politica e militare, come pure non può cambiare i buoni rapporti esistenti fra i due Paesi, e cementati da tanti interessi comuni di primaria importanza.

Senza voler assegnare dei limiti alla nostra espansione avvenire, il R. Governo riguarderà d'ora innanzi come propria sfera d'influenza dalla parte del Sudan i territorii compresi fra una retta tirata da Ras Casar a Gos Rejeb e l'Atbara fino al punto concordato nelle trattative di Napoli. In quei negoziati erano stati abbandonati all'Egitto i mercati Hadendoa di Filik e di Metkinab, ma non c'è adesso ragione per non includerl1 nuovamente nella sfera d'azione dell'Italia, molto più che abbiamo già da qualche tempo un trattato (segreto) di protettorato cogli Hadendoa.

Qualunque iniziativa sulla ripresa delle trattative interrotte a Napoli dovrà lasciarsi al Governo britannico. Gradiremmo invece che si cominciassero senza troppo ritardo le altre connesse col protettorato inglese del sultano di Zanzibar.

Alle rimostranze che l'Inghilterra facesse d'ora innanzi in occasione di movimenti delle nostre truppe verso l'Atbara, dovrà semplicemente rispondersi allegando la necessità militare ed aggiungendo che non fu certo per nostra colpa se non si poté conseguire un accordo. In questi termini mi propongo

(ll Non pubblicato.

d'esprimermi eventualmente con lord Dufferin, ed in modo analogo desidero

che V.E. si comporti col marchese di Salisbury.

Il Governo di Londra avrebbe dovuto tener conto che soltanto per un riguardo deferente verso di lui si vietò nell'inverno decorso al generale Orero di procedere alla conquista di Kassala. Le esigenze ingiustificate di sir E. Baring che impedirono la conclusione d'un compromesso impongono al Governo del re di riprendere la sua libertà d'azione e d'assicurare alla colonia di Massaua i territorii indispensabili alla sua difesa ed al suo benessere. Le aspirazioni dell'Italia su quei territorii furono sostenute a viso aperto e con validi argomenti dai nostri delegati, ed oramai l'occupazione di Kassala è divenuta una semplice questione della scelta del momento opportuno. Di questo risultato dobbiamo essere riconoscenti ai negoziati di Napoli.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 330.

799

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I.. CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI

D. RISERVATISSIMO 37624/230. Roma, 17 ottobre 1890.

Ho preso conoscenza del contenuto della nota che la V.E. illustrissima mi dirigeva alla data del 23 settembre u.s. (n. 464 di protocollo) (l) e la ringrazio delle particolareggiate informazioni comunicatemi sulla missione francese di Akrur ed in specie sul padre Coulbeaux, ben noto a questo ministero.

Sono pienamente d'accordo colla S.V. che gli intrighi e le mene di tali missionari debbano formare oggetto di seria preoccupazione pel Governo della colonia. Difatti i missionari francesi sotto l'apparenza di propaganda religiosa e di adempimento del loro ministero cospirano invece ai danni nostri creando ostacoli allo svolgimento della nostra politica coloniale, e destando diffidenze nelle popolazioni in mezzo alle quali vivono senza contare che i medesimi sono poi i migliori e più diligenti informatori delle cose nostre presso il Governo francese. Egli è perciò che apprezzando le considerazioni ed i fatti cui si accenna nella citata nota e ritenendo che la presenza di missionari religiosi (e politici) in Alitiena per l'Agamé in Akrur per l'Okule-Kusai a Keren pei Bogos e Mensa può essere causa in un non lontano avvenire di imbarazzi al Governo della colonia, io non ho difficoltà ad autorizzare la S.V. illustrissima a prendere fin d'ora quei provvedimenti che valgano a paralizzare l'influenza e l'azione deleteria dei medesimi, e che le saranno suggeriti dalle circostanze; tra questi provvedimenti non è escluso lo sfratto di parte o tutti quei missionari ave possenti ragioni consiglino alla S.V. illustrissima questa energlca m1sura.

Lasciando alla di lei prudenza e circospezione il far uso di rimedii e mezzi atti a prevenire dannose conseguenze per la nostra colonia, io le sarò tenuto di continuare coll'usata diligenza le informazioni sull'argomento e riferirmi a suo tempo quanto verrà dalla S.V. in merito operato.

(l) Non pubblicata.

800

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. PERSONALE RISERVATO S.N. Roma, 20 ottobre 1890, ore 24.

La sua lettera del 1° ottobre (l) mi giunse contemporaneamente ad un'altra del 5 di questo incaricato d'affari di Germania. Sin dal ritorno in Roma del conte di Sclms nei primi di luglio avevo appreso che S.E. il generale Caprivi aveva il desiderio d'incontrarsi con me ed a tale scooo era pronto a recarsi in Italia. La notizia mi giunse graditissima appunto perché un colloquio con S.E. il cancelliere germanico potrebbe essere utile ai due Paesi. *Sento che ha dovuto ritardare la esecuzione del suo progetto per ragioni di pubblico servizio. Se le condizioni politiche dell'Italia e le prossime elezioni generali non esigessero la mia permanenza nel Regno mi sarei avvicinato io stesso alla Germania ed avrei risparmiato a S.E. un incomodo viaggio. Il governo della cosa pubblica mi inceppa e se S.E. potesse nello scorcio di questo mese o nei primi del novembre recarsi a Milano dove io sarei pronto a raggiungerlo, potremmo nell'interesse delle due Monarchie le quali ambidue con amore serviamo, avere uno scambio di idee utile, e prendere delle deliberazioni giovevoli alle due Nazioni* (2). Voglia comunicare questo dispaccio a S.E. il cancelliere e telegrafarmi la risposta che ne potrà ottenere (3).

801

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2472. Londra, 21 ottobre 1890, ore 17,08 (per. ore 18,45).

Il ministro inglese a Rio de Janeiro ha ricevuto istruzione di annunziare al Governo brasiliano che l'Inghilterra ha deciso di riconoscere fin d'ora la bandiera della Repubblica e che appena un presidente sarà formalmente insediato il ministro britannico sarà presso il medesimo formalmente accreditato.

(l) Cfr. n. 751.

(2) Il passo fra asterischi è ed. !n CRISPI, Questioni Internazionali, c!t., p. 7.

(3) Cfr. n. 802.

802

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. PERSONALE RISERVATO S.N. Berlino, 21 ottobre 1890.

Mi feci premura di comunicare al cancelliere dell'Impero il telegramma di V.E. di questa notte (1). Prima ancora che il generale Caprivi lo ricevesse era stato appunto telegrafato all'incaricato di Germania a Roma, che il cancelliere era pronto ad incontrarsi con V.E. dal 1° al 10 novembre abbandonando a lei la fissazione del giorno preciso. In causa dei lavori per la prossima riunione dei Parlamenti prussiano e germanico, il cancelliere pregava V.E. di scegliere per il ritrovo una città dell'Italia settentrionale. Ciò concorda quindi pienamente coi desideri di V.E. (2).

803

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. 1977. Roma, 22 ottobre 1890, ore 15,32.

Ho dato istruzioni min.istro Rio de Janeiro (3) partecipare riconoscimento Governo Brasile termini analoghi ministro Inghilterra.

804

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 994/184. Bucarest, 22 ottobre 1890 (per. il 27).

Quello spirito di irrendentismo che serpeggia ora più ora meno tra le Nazioni che contano a migliaia e a milioni i loro concittadini al di là dei propri confini, anima ugualmente il popolo rumeno, del quale meglio che la metà (circa sei milioni di anime), vive sotto la dominazione straniera. Se non che, dapprima lo stato di abbassamento morale e sociale e poscia la saggezza de' governanti hanno impedito o fatto tacere finora le nazionali e patriottiche aspirazioni sotto qualsiasi forma e pretesto. Ma, se non le aspirazioni, l'esplosione almeno di un acerbo rimprovero sarebbe sempre giusti

ficata rispetto all'Ungheria che concede soltanto ai tre milioni di rumeni di Transilvania l'esercizio della loro religione, ed in una certa misura, quello della loro lingua, escludendoli gelosamente dal godimento de' diritti politici ed amministrativi. Eppure, il doppio pericolo, di compromettere i buoni rapporti esistenti tra questo Gabinetto e quello di Vienna e di peggiorare il regime eccezionale cui sono sottoposti i valacchi in Transilvania impone il dovere di comprimere eziandio ogni onesto e nobile sfogo. Si riconosce qui da tutti i partiti l'inanità de' tentativi che si facessero a pro di quelli, e si pone soltanto speranza in future complicazioni per rivendicare direttamente od indirettamente gli antichi diritti storici della Rumania.

Pur nondimeno, questa stampa ufficiosa (segnatamente l'organo del ministro degli esteri) traendo occasione dal magistrale discorso pronunziato testé dall'E.V. in Firenze, ed elogiandone gli argomenti e le conclusioni relative all'irredentismo, accenna di volo alle misere ed umilianti condizioni cui sono ridotti i fratelli rumeni al di là dei Carpazi per poter riprodurre un recente articolo della Kreuzzeitung che accusa gli ungheresi di concedere ai loro concittadini rumeni minori diritti di quelli che godevano le popolazioni cristiane dei Balcani sotto il dominio ottomano e fa poi rilevare l'impossibilità mentre dura siffatta oppressione di attirare la Rumania nell'orbita della Triplice Alleanza.

Ed, invero, il Governo di Pest non potrebbe sottrarsi a un severo biasimo; ingiustizia flagrante nel non riconoscere ai rumeni una parte di quei diritti conseguiti con tanta difficoltà dall'elemento magiaro; errore politico, di porre in non cale le simpatie di una popolosa provincia limitrofa e di pari nazionalità di un Reame la cui alleanza è tanto ambita e a Vienna e a Pest. L'origine di tanto male ritrovasi, ben inteso, nell'accordo (ausgleich) del 1867 grazie al quale tutti gli elementi della Transilvania furono sacrificati in gran parte al magiaro, ad onta della sua minoranza assoluta in quella parte della Monarchia austro-ungarica (1).

(l) -Cfr. n. 800. (2) -Crispi dette istruzioni a Launay con T. personale riservato del 22 ottobre, non pubbllcato, di informare Caprivi che sarebbe stato lieto di riceverlo a Milano il 7 novembre. (3) -Le istruzioni furono date in realtà con T. 1994 del 25 ottobre, non pubblicato.
805

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I.. CRISPI. ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. COLONIALE RISERVATO 243. Roma, 23 ottobre 1890, ore 16.

Sultano Aussa, allarmato recenti occupazioni rrancesl su costa dancala e maneggi orditi con sultani di Tagiura e di Raheita, ha chiamato presso di sè suo vassallo Hamed Loito e valendosi autorizzazione del re Menelik di difendere lago Assai ha mandato agenti assaimarà a piantare bandiera italiana lago Assai, Daffaré e Asobana, dove lasciarono danakili armati a guardia. Ciò facendo sultano Aussa ha agito in conformità articolo V nostro trattato protettorato in forza del quale Governo italiano è obbligato a proteggere Aussa

{l) Annotazione a margine: «Pregare 11 console a Budapest che riferisca sulla questione »

e sue dipendenze. In questi termini V.E. risponderà ad osservazioni eventuali del signor Ribot. Nella stessa occasione potrà anche dire che istruzioni da me date al commissario di Assab sono impedire qualunque attrito coi dankali di Obock e che altrettanto sarebbe desiderabile facesse il Governo della Repubblica coi suoi agenti e specialmente con Berehan figlio dell'Abu Baker di Zeila che fu sempre ostile all'Italia.

806

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 1231/771. Londra, 23 ottobre 1890.

Il corriere ausiliario di Gabinetto arrivato il 21 di questo mese, mi ha consegnato l'importante dispaccio di V.E. in data del 17 ottobre (1), concernente i negoziati di Napoli. Al medesimo era allegato l'esemplare n. 3 della pubblicazione riservata, intitolata «Negoziati di Napoli sulla delimitazione della sfera d'influenza italiana dalla parte del Sudan ».

V.E. in quel dispaccio mi conferma l'istruzione impartitami con 11 telegramma del dì 16 (2), secondo la quale qualunque iniziativa per la ripresa delle interrotte trattative dovrà lasciarsi al Governo britannico. Non mancherò di conformarmi alla volontà di V.E. e qualora in conseguenza di movimenti militari nostri nella direzione dell'Atbara, mi venissero fatte qui delle osservazioni, piglierò norma da ciò che l'E.V. mi scrive, per rispondere nel senso da lei desiderato. Parmi però più probabile che se qualche osservazione dovesse esserci presentata, questa perverrebbe direttamente al R. Governo per mezzo dell'ambasciata britannica a Roma. Ed in tal caso, gioverà a me l'esserne informato per guidarmi in armonia con le risposte che saranno date al rappresentante della regina.

Nello esporre come sia seguita la rottura delle trattative già bene avviate a Napoli, V.E. indica la possibilità che vi abbiano contribuito influenze estranee. A questo proposito ebbi l'onore d'indirizzare, il giorno 17 corrente, all'E.V. un telegramma (3) per informarla che l'incaricato d'affari francese mi avea spontaneamente dichiarato che da lui nessuna osservazione era stata fatta al Foreign Office circa la nostra trattativa per Kassala. Il signor d'Estournelles deplorava la fede che una parte della stampa avea dato ad una pretta, malevola invenzione. Per contro, nel mio rapporto delli 11 ottobre (n. 1200/752)

l4) Non pubblicato.

Delle cose cosi segnalate al R. Governo sono oggl. in grado di dare la conferma poiché delle novelle in proposito propagate dalla stampa ebbe a parlarmi lord Salisbury, dal quale seppi che effettivamente la Francia né qui né a Parigi avea detto verbo nell'affare di Kassala e che l'ambasciatore ottomano qui accreditato, messo alle strette perché dicesse se dal sultano tenesse l'ordine di protestare per Kassala, avea dovuto ammettere che le risoluzioni del suo sovrano non gli erano note.

Nulla dunque è stato detto della Francia ed i passi fatti dalla Turchia si limitarono alla espressione della personale sollecitudine di Rustem pascià.

Sono molto gravi, signor ministro, le conclusioni del dispaccio al quale è mio dovere rispondere. Certamente l'insuccesso di una trattativa diplomatica rimette le parti nella completa loro libertà di azione. Ma, come V.E. osserva nel dispaccio stesso, nel caso presente, la rottura del negoziato di Napoli non deve né pregiudicare la nostra situazione politica e militare né cambiare i buoni rapporti esistenti fra i due Paesi e cementati da numerosi interessi comuni di primaria importanza. Ora se ciò da noi si vuole seriamente ed efficacemente, noi dovremo tener conto non solamente delle dichiarazioni persistenti fatteci durante più di un anno da lord Salisbury relativamente all'impossibilità per l'Inghilterra di acconsentire alla espansione nostra nel Sudan orientale, ma anche della espressione quasi unanime della opinione pubblica inglese. Per scagionarmi da immeritata imputazione di non aver informato in tempo e debitamente il mio Governo circa le disposizioni del Gabinetto di Londra, spedisco, con questo stesso corriere, una veridica esposizione riassuntiva di ciò che ho riferito circa le indubb~e disposizioni del Governo e del pubblico inglese. A quella sincera narrazione io debbo riferirmi anche in questo dispaccio perché io non ho nessuna ragione di credere che una nostra azione espansiva nel Sudan orientale lascerebbe indifferente il Governo e l'opinione in Inghilterra. Se, come io fermamente credo, interessi comuni di primaria importanza legano la nostra politica esteriore a quella della Gran Bretagna, se noi vogliamo che la posizione nostra politica e militare non sia pregiudicata e che si estenda ognor più nella Nazione inglese il concetto che l'Italia è la naturale sua alleata, noi dobbiamo andar molto guardinghi nel fare cosa che lasci sospettare anche la più remota intenzione di contrastare all'Inghilterra la supremazia sua in Egitto o di attenuarne il valore. Del malumore dell'Inghilterra a nostro riguardo non mancherebbe probabilmente di profittare un'altra Potenza che agogna di consolidare la sua posizione sulla riva africana del Mediterraneo e che certamente deve a quest'ora sapere che il Gabinetto inglese sarebbe meno intransigente del nostro per venire a componimenti. Se lo strascico della disgraziata questione tunisina non ci creasse imprescindibili necessità, certamente la nostra libertà di azione anche nel Suda;n avrebbe maggior pratico valore. L'obbligo mio è di mettere il Governo di Sua Maestà in grado di rendersi conto delle prevedibili disposizioni del Paese presso il quale sono accreditato. Certamente V.E. nella scelta del momento opportuno di procedere alla occupazione di Kassala, deve aver modo di apprezzare anche gli elementi di previsione che è dover mio sottometterle.

(4) -io avea scritto all'E.V. avere qualche motivo di credere che dal Governo ottomano si fossero fatte talune pratiche nello scopo d'impedire che il Governo britannico riconoscesse l'eventuale nostra occupazione di Kassala. (l) -Cfr. n. 798. (2) -Cfr. n. 788. (3) -Cfr. n. 797.
807

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 225. Vienna, 24 ottobre 1890, ore 17,50 (per. ore 18,20).

Da una nota ufficiosa pubblicata oggi, il Fremden Blatt riferendosi alla polemica tra La Riforma e L'Osservatore Romano circa una pretesa corrispondenza diplomatica tra monsignor Rampolla e il nunzio apostolico Galimberti, afferma che questi circoli ben informati non hanno assolutamente alcuna notizia di tale corrispondenza privata.

808

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 1242/782. Londra, 24 ottobre 1890 (per. il 27).

Ho ricevuto il telegramma del 17 corrente (1) col quale V.E. mi informa di una nuova pra.tica fatta presso di lei dal rappresentante portoghese in Roma acciocché da questa r. ambasciata si procurasse di agevolare le trattative del Governo di Lisbona tendenti ad ottenere che il trattato firmato con l'Inghilterra nel mese di agosto ultimo venga modificato ed intanto si mantenga lo statu quo nel bacino controverso. L'E.V. commettevami di fare quel passi che la prudenza consentisse per far cosa utile al re Carlo e gradita all'augusto nostro sovrano.

In un colloquio che ebbi il 22 di questo mese con lord Salisbury, chiesi a Sua Signoria quale piega prendessero gli affari con il Portogallo che, stando alle pubblicazioni dei giornali, sembravano intricati più che mai.

Risposemi lord Salisbury che il Governo di Lisbona non si era trovato in grado di ratificare la convenzione sottoscritta in agosto. Esso chiedeva di negoziarne un'altra. Il Gabinetto di Londra avea accettato di entrare in una nuova trattativa. Però il Portogallo pretenderebbe che il suo rifiuto di ratificare e la sua proposta di riaprire n negoziato dovessero avere effetti sospensivi, che cioè l'Inghilterra dovesse intanto rinunziare a far valere ciò che essa considera essere suo diritto. Era questa una pretesa inammissibile. Il Governo della regina era pronto a trattare di nuovo poiché così chiedevasi dal Portogallo. La conseguenza del rifiuto di ratifica era quello di far cadere la convenzione per le due parti. Intanto l'Inghilterra ripigliava la sua libertà di provvedere alle proprie ragioni.

Ringraziai Sua Signoria delle cose dettemi e soggiunsi che il mio Governo s'interessava vivamente al ripristinamento delle cordiali relazioni fra il Por

togallo e l'Inghilterra principalmente dal punto di vista che abbia a scomparire una causa di permanente agitazione interna che in quel Paese minaccia l'istituzione monarchica. All'interesse comune che noi avevamo con l'Inghilterra al mantenimento della Monarchia in Portogallo, s'aggiungevano per parte nostra considerazioni dinastiche ben facili a comprendere. Nella posizione di perfetta libertà creata alle due parti dal rifiuto di ratifica del trattato del mese di agosto ultimo, eravi qualche pericolo che l'Inghilterra avesse a pigliare provvedimenti dai quali si produrrebbero profonda scossa od improvvisa emozione nel popolo portoghese? Le condizioni della Monarchia in Portogallo non sembravano permettere siffatte prove.

Lord Salisbury replicò che era certamente un grave interesse anche per l'Inghilterra che si mantenessero le istituzioni monarchiche nella penisola iberica e che tale interesse egli aveva non meno di noi in vista. Poi, in forma d'interrogazione, disse se sulla fedeltà dell'esercito portoghese non si potesse contare. Lasciai che la conversazione divagasse alquanto dopo questa osservazione e poscia a mia volta chiesi se erano prossimamente prevedibili fatti che avessero da produrre in Portogallo una situazione tanto penosa. Lord Salisbury mi disse che non ne vedeva attualmente la probabilità.

Dal complesso delle cose sommariamente sovra riferite e dell'indole riservatissima delle quali appena è mestieri che da me si faccia cenno, mi è rimasta l'impressione che il Governo della regina, dopo il rifiuto del Portogallo di ratificare la convenzione del mese di agosto, si trova di fronte alla colonia del Capo ed alla Compagnia del Sud Africa in una posizione nella quale gli è difficile d'imporre l'astensione ed il mantenimento dello statu quo. Sarebbe perciò nell'interesse del Governo di Lisbona che non s'indugiasse l'apertura delle nuove trattative alle quali il Gabinetto di Londra ha già fatto sapere di essere preparato.

Dopo la partenza del signor Freitas, ministro di S.M. il Re Carlo in questa residenza, la legazione portoghese si è astenuta dal farmi note le fasi per le quali il conflitto anglo-portoghese è passato.

(l) Cfr. n. 796.

809

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 2032/890. Parigi, 24 ottobre 1890 (per. il 26).

Col rapporto in margine ricordato (l) il commendator Ressman informò l'E.V. d'aver consegnato a S.E. il signor Ribot con una apposita nota le due memorie da lei inviategli concernenti il valore dei sei trattati prodotti dal Go

verno francese durante le trattative per la delimitazione nella regione del danackili ed i diritti dell'imperatore d'Etiopia sul lago Assai. Come ciò era chiesto in quella nota del r. ministro il signor Ribot accusò ricevuta del detti due documenti con lettera del 22 corrente, dalla quale mi pregio di qui unita trasmettere all'E.V. una copia (1). Non è fatta nella medesima alcuna allusione alla ripresa delle trattative per la delimitazione, né il signor Ribot nelle due conversazioni che con lui ebbi dopo il mio ritorno a Parigi entrò meco in questo argomento, del quale per parte mia mi astenni dall'intrattenerlo, spettando a lui farmi conoscere se il Governo della Repubblica accetta le due condizioni enunciate nel dispaccio ministeriale del 22 settembre ultimo (2), che gli furono esposte ed anche per iscritto ricordate dal commendator Ressman, e che V.E. considerava come indispensabili per una utile continuazione dei negoziati.

Intanto ricevetti iersera il telegramma col quale l'E.V. mi fece l'onore d'informarmi dell'atto di difesa compiuto per ordine del sultano di Aussa sul lago Assai coll'impianto della bandiera italiana (3). Credo di conformarmi alle intenzioni di V.E. aspettando che il signor Ribot mi parli di questo atto per giustificarlo a senso delle sue istruzioni. D'altronde, i negoziati del R. Governo coi delegati inglesi per la delimitazione anglo-italiana in Africa non essendo ancora approdati ad un definitivo risultato, io suppongo tuttora sussistente la ragione che ci consigliava a ritardare anziché accelerare la ripresa delle nostre trattative colla Francia.

(l) Cfr. n. 766.

810

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, MACCIO', AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

R. 1521/403. Il Cairo, 24 ottobre 1890 (per. il 31).

Nell'informare l'E.V. col rapporto riservato del 18 del presente mese

n. 1491/398 (5) del colloquio da me avuto con sir Evelyn Baring, dissi che il mio interlocutore, parlando dei negoziati di Napoli, aveva voluto giustificare la pretesa di una eventuale retrocessione di Kassala, colla necessità di aver dei riguardi non solo all'Egitto, ma anche alla Sublime Porta.

Il generale Grenfell, conversando due giorni dopo col conte Sanminiatelli intorno allo stesso argomento, si espresse in modo da lasciar meglio capire l'intimo pensiero dell'altro negoziatore. Egli disse che l'Inghilterra, nel trattare con noi, non poteva in questo momento fare astrazione da altre questioni pendenti fra lei e l'Impero ottomano, e dal complesso dei suoi interessi politici; che appena risolute tali questioni, la situazione sarebbe assai semplificata e diverrebbe più facile l'intendersi coll'Italia. Il maggiore Sanminiatelli usci dalla sua visita al sirdar colla persuasione che Kassala, che S.E. riconosce

~4) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt., pp. 359-360.

militarm.ente doverci appartenere, non ci sarà allora contesa neppure politicamente (1).

Quali siano poi le trattative ora pendenti fra Londra e Costantinopoli, il generale Grenfell non lo lasciò intravedere, ma nelle voci corse di una azione diplomatica ottomana iniziata a proposito di Tripoli potrebbe esservi un principio di spiegazione di ciò a cui egli volle alludere.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 737. (3) -Cfr. n. 805. (5) -Non pubblicato.
811

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA

T. RISERVATO 158. Roma, 25 ottobre 1890, ore 19.

Giornali vaticani valgonsi nota Fremden Blatt (2) contro R. Governo. Riforma replica avvertendo che quella nota non implica smentita sue informazioni in quanto essa non aveva punto detto che nunzio avesse comunicato nota Rampolla a codesto Gabinetto. È bene ella ne avverta il signor Szogyeny a prevenire che ulteriori pubblicazioni ufficiose possano far ritenere che in questioni sì delicate Governo austriaco propenda verso Vaticano piuttostoché verso Italia (3).

812

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. RISERVATO 226. Vienna, 26 ottobre 1890, ore 16 (per. ore 17).

Ho comunicato a Szogyeny telegramma di V.E. di iersera (5) relativo nota Fremdenblatt. Szogyeny mi ha detto che detta nota era stata pubblicata soltanto per rispondere alle domande che da varie parti erano state dirette al ministero a tale riguardo, e che essa non aveva altro scopo che di constatare che qui non si aveva notizia alcuna della corrispondenza scambiata tra il Vaticano e monsignor Galimberti. Szogyeny aggiunse che sarebbe stato dolentissimo se si attribuisse un'intenzione qualsiasi sfavorevole verso l'Italia al Governo austro-ungarico, il quale non desiderava punto ingerirsi in questione

siffatta. Szi:igyeny mi pregò di assicurare l'E.V. che, per quanto era in suo potere, avrebbe provveduto a che pubblicazioni ufficiose in tal senso non avessero luogo in avvenire.

(1) -Sanminiatelli riferì sul colloquio con Grenfeli con un rapporto del 27 ottobre indirizzato a Bertolé Viale che lo comunicò a Crispi il 2 novembre. (2) -Cfr. n. 807. (3) -Per la risposta cfr. n. 812.

(4) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, c!t., p. 139.

(5) Cfr. n. 811.

813

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA (l)

T. RISERVATO 159. Roma, 26 ottobre 1890, ore 16,30.

Le parole dell'avvocato del Governo imperiale regio riferentisi società « Dante Alighieri » innanzi al supremo tribunale dell'Impero ed il giudizio dato sul signor Bonghi non avrebbero grande importanza se fossero stati detti da chi non avesse avuto l'obbligo di conoscere le cose italiane. Pronunziati a Vienna producono fra noi un'impressione così strana da obbligare a chiedere che almeno non ne resti traccia nella sentenza che emanerà il 28 corrente il tribunale contro il « Pro Patria ». Il nostro onesto desiderio dovrebbe essere assecondato, poichè altrimenti ove il falso concetto si ripetesse in un atto ufficiale, se ne avrebbe pessima impressione in Italia, specialmente in questo momento. Del resto lo stesso conte Kalnoky parlando col conte Nigra, avrebbe riconosciuto l'errore di avere citato la «Dante Alighieri» a proposito del «Pro Patria ». Nell'intrattenere d'urgenza su quanto precede il signor Szogyeny ella vorrà inoltre adoperarsi perchè il Fremdenblatt non continui coi suoi comunicati intorno la corrispondenza vaticana col nunzio Galimberti, poichè, diversamente, ci troveremmo costretti a pubblicare i documenti pontifici nella loro integrità, il che nuocerebbe a tutti fuorchè a noi (2).

814

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO. BOTTARO COSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 848. Pietroburgo, 27 ottobre 1890, ore 16 (per. ore 17,30).

Par sa note du 23 courant ministre russe des affaires étrangères a donné acte à cette légation de la Belgique notification concernant l'adhésion de S.M. le Roi Menelik aux décisions de la Conférence de Bruxelles tout en «réservant les questions politiques qui s'y rattachent ».

(l) -Ed. in CarsPr, Questioni interna.ziona!t, clt., pp. 138-139. (2) -Per la risposta cfr. n. 816.
815

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL SEGRETARIO GENERALE DELLA REAL CASA, RATTAZZI, A MONZA

T. PERSONALE RISERVATISSIMO S.N. Roma, 27 ottobre 1890, ore 16,30.

Prego chiedere Sua Maestà udienza per domani dopo 11 antimeridiane pel conte Pietro Antonelli il quale partirà stasera ore 9 per costi. Antonelli è da me incaricato d'informare la Maestà Sua delle nostre cose d'Africa e di sottometterle alcune deliberazioni. Scenderà a Milano all'albergo di Milano. Prego mantenere segreto specialmente circa oggetto udienza.

816

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (1)

T. RISERVATO 250. Vienna, 27 ottobre 1890, ore 17,30 (per. ore 19,30).

Szogyeny è partito stamane di buon mattino per la caccia e non sarà di ritorno che sul tardi nella sera. La comunicazione, di cui ella m'incarica (2), non potrà essergli fatta che domani. Profitto occasione per sottometterle alcune considerazioni. Il principale capo di accusa contro il « Pro Patria l) è intelligenza di esso con la « Dante Alighieri l). Questa accusa fu ribattuta dall'avvocato Lovisoni che difese vittoriosamente la «Dante Alighieri, e l'on. Bonghi, dimostrando i loro scopi leali. Malgrado ciò il rappresentante del Governo mantenne l'accusa della quale ella desidera non ne resti traccia nella sentenza. I passi di cui ella m'incarica, ove fossero bene accolti metterebbero questo Governo in contraddizione e giustificherebbero la domanda sporta dal « Pro Patria l) di essere riabilitato, ciò che il Governo austro-ungarico non sembra disposto a fare. Qualora l'E.V. giudicasse che, malgrado ciò, io faccia domani a Szogyeny la comunicazione in discorso, io non mancherò di eseguire col maggior impegno e premura le di lei istruzioni. In tal caso la pregherei di telegrafarmi di urgenza i suoi ordini (3).

(l) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 139-140.

(2) -Cfr. n. 813. (3) -Cfr. n. 817.
817

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA (l)

T. CONFIDENZIALE S.N. (2). Roma, 27 ottobre 1890.

Il fatto d'avere noi lasciato sussistere la «Dante Alighieri», dovrebbe bastare di prova a codesto Governo che conosce la nostra lealtà che quella società non ha scopi politici, ma solamente letterari. Altrimenti l'avremmo sciolta come sciogliemmo altri sodalizi. Voglia quindi dar corso alle mie istruzioni facendo conoscere anche quanto precede al signor di Szogyeny.

818

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA

D. 38790/862. Roma, 27 ottobre 1890.

Ho preso nota dell'interessante suo rapporto n. 1976/775 in data 29 settembre p.p. (3) nel quale la S.V. illustrissima esponendomi le condizioni anormali in cui si trovano in Austria le varie frazioni delle famiglie italiane, deplora che la mancanza di unione fra le diverse popolazioni e specialmente fra quelle del Trentino e del Litorale, congiunta alle frequenti ed inconsulte dimostrazioni irredentistiche costituiscano un impedimento posith·o al raggiungimento di quella autonomia propria, cui tendono le altre nazionalità dell'Impero e che alcune di esse hanno in parte già potuto conseguire. Pur deplorando con lei tale stato di cose, non mi dissimulo che a raggiungere lo scopo che ci si dovrebbe prefiggere è d'uopo che sbolliscano le passioni partigiane che attualmente vogliono inconsultamente tenere desto l'irredentismo. Intanto giova di non tralasciare occasione onde rimuovere colla debita cautela tutti gli impedimenti che si oppongono a ciò e che sono suscettibili di modificazione.

819

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 160. Roma, 28 ottobre 1890, ore 11,30.

Ieri venne da me il signor Billot per chiedermi quale sarebbe nostra condotta presso codesto Gabinetto nell'attuale dissidio fra l'Inghilterra e il Portogallo. Risposi che la questione era assai delicata e che io non volevo menomamente urtare la suscettibilità del Governo inglese. Come ella conosce S.M. il

38 -Documenti ùiplomatid -Serle II -Vol. XXIII

Re s'interessa molto della questione, trattandosi di Paese ove regna un suo nipote. Nondimeno la cosa dovrebbe essere condotta costì in modo che le nostre pratiche non giungessero inopportune e che invece di riuscire a buon risultato lo compromettessero. Questo ministro di Portogallo mi ha rimesso in proposito un promemoria che comunico a V.E. per posta (1). Ad ogni buon fine lascio giudice V.E. circa l'opportunità ed il modo di regolarsi avvertendola che non vedrei volentieri che le eventuali pratiche fossero fatte col concorso di altre rappresentanze estere accreditate presso codesto Governo poiché allora avrebbero aspetto di una pressione che noi non vogliamo esercitare (2).

(l) Ed. in CRrSPI, Questioni internazionali, clt.

(2) -Risponde al n. 816. (3) -Cfr. n. 744.
820

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. RISERVATO 229. Vienna, 28 ottobre 1890, ore 14,40 (per. ore 16,30).

Ho comunicato a Sztigyeny i due telegrammi di V.E. relativi alla «Dante Alighieri» (4), esponendogli le varie considerazioni in essi svolte. Sztigyeny mi ha detto che Kalnoky non aveva mancato di far conoscere a Taaffe il colloquio da esso avuto col r. ambasciatore relativamente ai falsi apprezzamenti qui portati sopra la «Dante Alighieri» e sopra l'onorevole Bonghi (5). Sztigyeny ha aggiunto che, siccome il Ministero degli affari esteri non aveva alcuna azione diretta sul presidente della Corte suprema, egli si sarebbe oggi stesso recato d'urgenza dal conte Taaffe per parlargli nel senso dei due telegrammi di V.E. da me comunicatigli, manifestandogli il desiderio di lei. Sztigyeny• nel darmi appuntamento per le quattro per farmi conoscere la risposta di Taaffe* mi ha detto che, a parere suo, la sentenza non conterrebbe alcuna cosa che potesse essere spiacevole al Governo del re ed alla E.V.

821

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II (6)

L. Monza, 28 ottobre 1890.

Nella lettera elle la Maestà Vostra mi indirizzava in data del 19 naissiè (7), Vostra Maestà si lamenta che l'articolo 17 del Trattato di Uccialli non sia stato fedelmente tradotto.

pp. 140-141.

A chiarire l'equivoco nel quale potrebbe essere incorso il traduttore la Maestà Vostra potrà valersi del nostro inviato conte Pietro Antonelli che noi deleghiamo presso la Maestà Vostra, con questo ed altri incarichi delicati.

La notifica alle Potenze d'Europa di detto articolo fu fatta d'accordo coll'inviato della Maestà Vostra, ras Makonnen che la riconobbe necessaria affinchè da noi si possa sostenere in Europa i diritti dell'Impero d'Etiopia.

Trattandosi di oggetto tanto interessante ed utile per l'integrità dell'Impero etiopico, non dubito che l'accordo più completo sarà ristabilito quando saranno note alla Maestà Vostra le questioni che si agitano attualmente in Europa sulla sistemazione delle questioni africane.

Vostra Maestà deve avere fiducia nell'opera nostra e posso assicurarla con tutta lealtà che noi ed il nostro Governo ci adoperiamo perchè il territorio dell'Impero non venga menomato e che il suo imperatore ed il suo Governo, mercè il nostro appoggio, siano rispettati come si conviene ad amici e cristiani.

(l) -Non pubblicato. (2) -Per la risposta cfr. n. 823.

(3) Ed., con l'omissione del brano fra asterischi, in CRISPI, Questioni intcrna~ionali, cit.,

(4) -Cfr. nn. 816 ed 817. (5) -Il documento col quale Nigra riferiva il colloquio con Kalnoky non è stato trovato. (6) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 346 e in LV !'2, (7) -Cfr. n. 735, nota 2. pp. 14-15.
822

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, MENELIK II (l)

L. Monza, 28 ottobre 1890.

Ho ricevuto la lettera che la Maestà Vostra ha voluto indirizzarmi da Antotto, in data del 19 nassiè 1882 dell'anno della misericordia (2).

Il mio rappresentante conte Salimbeni non avrà mancato di spiegare alla Maestà Vostra le ragioni per le quali io ed il mio Governo avevamo creduto opportuno di rimandare la delimitazione delle frontiere a quando fossero cessate le grandi piogge nell'Etiopia settentrionale.

Avevamo scelto quell'epoca perchè la Maestà Vostra ci aveva fatto sperare che, non essendo ella arrivata nell'aprile scorso fino alla città santa di Axum, dove per tradizione si crede debbano farsi incoronare gli imperatori etiopici, av;rebbe ciò fatto a stagione più propizia. Giovava a noi allora di approfittare della presenza nel Tigrè della Maestà Vostra per assicurare una completa tranquillità alle frontiere con vantaggio comune alle popolazioni da noi governate.

È con vera soddisfazione che veggo nella lettera della Maestà Vostra ricordato il nome del mio illustre genitore che iniziò l'amicizia fra l'Italia e l'Etiopia.

È mio vivo desiderio che questa amicizia si mantenga salda ed inalterata e che il commercio e le industrie dei due Paesi abbiano a svilupparsi con tutta sicurezza e facilità.

Questi miei sentimenti io espressi pm volte all'inviato della Maestà Vostra ras Makonnen pregandolo di ripeterli alla Maestà Vostra.

La questione dei confini non può alterare le nostre buone disposizioni verso Vostra Maestà e qualora ella ci garantisca dalla parte del Tigrè una pace completa, è nostro intendimento di favorire la Maestà Vostra nei limiti del possibile.

Allo scopo di sollecitamente definire detta questione, abbiamo incaricato il nostro fedele suddito conte Pietro Antonelli di portare alla Maestà Vostra questa nostra lettera autorizzandolo a prendere le opportune intelligenze perchè siano nvminati i delegati che dovranno stabilire di comune accordo una linea di confine che gl'interessi della Maestà Vostra ed i nostri reclamano.

Ho ferma fiducia nell'amicizia della Maestà Vostra, e sono certo che l'esperienza del passato allontanerà da lei quegli elementi malsani che cercarono sempre di creare inimicizie fra l'Italia e l'Etiopia.

Prego l'Onnipotente per la grandezza e prosperità della Maestà Vostra e di tutto l'Impero etiopico.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosw, tomo VIII, clt., p. 346 e in LV 72, pp. 14-15.

(2) Cfr. n. 735, nota 2.

823

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 231. Londra, 29 ottobre 1890, ore 12,45 (per. ore 15,20).

Con rapporto del 24 corrente (l) ho riferito a V.E. colloquio avuto con lord Salisbury circa affare anglo-portoghese. Il Gabinetto inglese è disposto a trattare con quello di Lisbona una nuova convenzione ma intanto si ritiene svincolato dal rifiuto del Portogallo di ratificare la convenzione dell'agosto ultimo. Tutto ciò che potesse avere apparenza di pressione collettiva o simultanea di parecchie Potenze nuocerebbe assai più che non gioverebbe al Portogallo. Il Gabinetto inglese deve tener conto esso pure dell'opinione pubblica ed incontra in Parlamento e fuori l'influenza degli interessi britannici impegnati nel sud Africa. Il Portogallo provvederebbe a se medesimo non indugiando a ripigliare le trattative.

824

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 233. Vienna, 29 ottobre 1890, ore 15,40 (per. ore 18).

I giornali di Vienna finora non pubblicano che un semplice sunto della sentenza pronunziata ieri dalla Corte suprema contro il «Pro Patria». Se

condo tale sunto la Corte suprema avrebbe dichiarato che la decisione presa da quella società di inviare una lettera di augurio e di adesione alla «Dante Alighieri » deve essere considerata come un'azione politica di quella società, avuto riguardo alle sue anteriori manifestazioni. Alcun'altra enunciazione circa la « Dante Alighieri » non esisterebbe, almeno secondo questi giornali. Procurerò di avere testo sentenza e avutolo lo spedirò all'E.V.

(l) Cfr. n. 808.

825

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI (l)

T. SEGRETISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 30 ottobre 1890, ore 10,50.

Decifri ella stessa. Passerà di costì un nostro inviato (2) incaricato di sciogliere tutte le questioni ancora pendenti con Menelik. Prima che esso si rechi dall'imperatore si concerti con lui che ha la mia piena fiducia. Intanto faccia studiare rapidamente dal punto di vista militare la linea di frontiera Halai-Saganeiti-Gura-Mahio-Korbara-Sciket e da qui tutto il territorio compreso nella provincia dell'Hamasen. Nelle trattative con Menelik l'avverto che il nostro inviato ha istruzioni perchè l'interesse politico prevalga su qualunque altro criterio.

826

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (3)

T. COLONIALE RISERVATO 261. Roma, 30 ottobre 1890, ore 16,30.

Approvo suo mezzo proposto per uscire dalla spinosa vertenza colla Compagnia (4) e mi riservo metterlo in atto se vi saremo costretti. Spedisca senza ritardo alla Compagnia risposta conforme suo progetto, inserendovi solo l'inciso seguente: «Nel diritto internazionale il mandato di stipulare un contratto non è mai assoluto, ma sempre condizionato. Si stipula sotto la condizione della ratifica per parte del Governo mandante, e sotto l'altra condizione, nei Governi costituzionali, dell'approvazione per parte del Parlamento. Quindi è che allorquando la ratifica viene negata o il Parlamento respinge il contratto, questo deve intendersi come non avvenuto, e le parti riacquistano la loro libertà».

(1) -Ed. In L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 348. (2) -Antonelll. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., p. 295. (4) -Cfr. n. 795, nota l, p. 500.
827

IL CAPO DELLA DIVISIONE AFFARI POLITICI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI, PUCCIONI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (l)

D. 39284/532. Roma, 30 ottobre 1890.

Mi pregio di trasmetterle qui unito in copia un rapporto direttomi 1'8 corrente dal r. ministro a Parigi e relativo a un colloquio da lui avuto con il signor Ribot intorno ai lavori del porto di Biserta.

Non ho d'uopo di far rilevare all'E.V. come siena poco soddisfacenti le risposte del ministro francese, le quali ci mettono sempre più in sospetto e quindi nell'impegno di agire d'accordo con i Governi interessati specie con l'Inghilterra per opporci ai preparativi del predominio della Francia nel Mediterraneo.

ALLEGATO

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. Parigi, 8 ottobre 1890.

Ho intrattenuto nell'odierna udienza questo signor ministro degli affari esteri delle tendenze che rivelano la costituzione oramai Compagnia « du por:t de Bizerte » e dei lavori che ra Francia mira a fare eseguire sulla costa tunisina. Dissi al signor Ribot che lo scopo vero ed emdnentemente militare di quei lavori non poteva dissimularsi sotto la maschera di una speculazione privata diretta a soli fini mercantili, e che a metterlo vieppiù in chiaro concorrevano altri fatti manifesti, come per esempio la costruzione di baracche e dd. una caserma per opera del genio militare francese, studi per l'erezione di fortilizi etc. Ricordai quindi a S. E. gli impegni a più riprese esplicitamente ru;sunti dalla Francia; e in ispecie per ciò che concerne il porto di Biserta gli ripetei i termini della. formalissima. MSicurazione data nel 1886 a me stesso dal signor de Freycinet allora mindstro degli affari esteri «di voler mantenere rigorosamente lo statu quo in Tunisia» assicura?Aone conforme a quella data nella nota del 16 maggio 1881 dal signor Barthélemy Saint Hilaire a lord Lyons ambasciatore d'Inghilterra a Parigi, e della quale lord Granville aveva preso atto ritenendola un vincolo assoluto della Francia verso le altre Nazioni.

Il signor Ribot mi rispose allegando che i lavori intmpresi dalla Compagnia del

porto di Biserta si facevano sotto l'egida del bey il quale come sovrano aveva l'incon

testabile diritto di promuoverli, che l'impegno di non eseguirli non risultava da nessun

formale trattato, e che d'un simile trattato non potevano tener luogo conversa?Aoni o

semplici note diplomatiche come quella a lui ben nota di Barthélemy Saint Hilaire che

la voce pubblica. nel tempo aveva qualificata come antipatriottica; che i lavori progettati

non erano una minaccia per nessuno e che anzi !ll nuovo canale dal lago di Biserta al

mare profitterebbe a tutti ed a noi pei primi; che d'altronde accorrevano alcuni anni

prtma che siano compiuti.

S. E. negò poi decisamente che si eseguiscano studi per fortilizi o che si costruiscano opere militari a Biserta dove non vi sarebbe neppure una guarnigione francese.

Non è questa la prima volta che udiamo un ministro francese fare buon mercato di assicurazioni date verbalmente dai suoi predecessori o di impegni «non risultanti da

formale trattato» ed io protestai vivamente contro la facile teoria affermata in modo così sciolto e libero di scrupoli da questo signor ministro degJli affari esteri. Né lasciai senza una vigorosa repHca la comoda pretensione di coprire colle spalle del protetto gli abusi del protettore e di invocare la sovranità del bey per rinnegare definitivamente impegni che secondo la dottrina del signor Ribot non sarebbero stati mai presd. seriamente. Avrei supposto che il signor Rìbot si limàterebbe a pretendere che la natura dei lavori progettati ed il loro scopo sono e rimarranno esclusivamente commerciali cercandone la giustificazione nei termini stessi deUa sovracitata nota di Barthélemy Saint Hilaire. L'informazione datami confidenzialmente dall'E. V. sull'atteggiamento presente del Gabinetto inglese in questa questione mi spiega l'argomentazione appostami con cuore più leggero dal ministro francese. Essa in pari tempo mi fa temere che le nostre isolate proteste non basteranno più a fermare questo Governo nella via sulla quale egli incede col tenace proposito d'arrivare in Tunisia agli ultimi suoi fini.

(l) Analogo dispaccio venne inviato in pari data a Berlino col "· 39281/723.

828

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1261/794. Londra, 30 ottobre 1890 (per. il 3 novembre).

Il signor Gladstone ha pronunciato il 27 di questo mese un importante discorso ad Edimburgo. Tutti i grandi giornali di Londra ne pubblicano il testo o sunti analitici estesissimi.

Il Times del 28 contiene il discorso come fu pronunciato.

Il grande oratore liberale ha consacrato quattro paragrafi alle questioni di politica estera. Della Bulgaria parlò per aver occasione di affermare di quali progressi rapidi e veri sia capace un popolo al quale venga concesso il Governo nazionale. Della Russia e della Turchia disse per deplorare la persecuzione degli israeliti ed i casi di crudeltà, il tentativo di togliere alla Finlandia il suo Governo nazionale, l'oppressione degli armeni. Dell'Impero ottomano affermò il crescente decadimento. Per l'Africa, l'Egitto e Terranova ebbe brevissime parole. In complesso lodò l'opera di lord Salisbury. Non esitò invece a rinnovare le espressioni di biasimo per la missione di sir Lintorn Simmons presso il papa (1). Di tale sua disapprovazione egli indicò varie ragioni d'ordine interno ed internazionale e fra quest'ultime quella che pare suggerita dalla considerazione dei rapporti dell'Inghilterra con l'Italia. «Io so, disse l'oratore, che parecchi altri Stati mandano ambasciatori al papa, io penso però

che fu sempre nelle idee dell'Inghilterra che gli ambasciatori siano per sovrani temporali e per nessun altro e che il mandare un ambasciatore al papa s'avvicini molto e pericolosamente al dare appoggio alla pretesa che il papa, sfortunatamente per i suoi propri interessi, continua a mantenere per ricollocare una parte dell'Italia sotto il dominio clericale e per essere non soltanto uno spirituale ma un temporale sovrano. Tutto ciò che è di questo genere, offende il sentimento dell'Italia e disturba le nostre relazioni con essa per una causa non solamente insufficiente, ma anche, cred'io, ingiusta ».

Il Times del 29 pubblica una lettera firmata «un liberale unionista » in confutazione di quest'ultima parte delle osservazioni fatte dal signor Gladstone circa la politica estera del Gabinetto Salisbury. Appoggiandosi alle disposizioni della legge delle guarantigie l'autore della lettera mette in evidenza che l'esercizio del diritto di ricevere e mandare ambasciatori costituisce appunto la migliore delle prove della libertà del pontefice e della pienezza dei mezzi de' quali egli dispone per il governo spirituale della chiesa.

Sono notevoli nella lettera, della quale parlo, le seguenti parole: «Il signor Gladstone sa che il popolo di questo Paese (l'Inghilterra) è determinato a rimanere buon amico dell'Italia ed egli non potrebbe più abilmente tentare di nuocere all'opinione che si ha di lord Salisbury come ministro degli affari esteri, che segnalandone l'azione come tale da ledere la cordialità dei sentimenti esistenti fra i due Paesi ».

(l) Con R. riservato 961/590 del 31 luglio Tornielli aveva comunicato che Gladstone in un discorso aveva aspr1\mente censurato il Gabinetto Salisbury per la missione di sir Lintorn Simmons presso il Vaticano. Di tale rapporto si pubblicano i seguenti passi: «La energica negazione della esistenza di una Corte di Roma in Vaticano merita speciale 1nenzione e se, nel giudizio stesso, è forse eccessivan1ente spinto l'argomento per segnalare la soverchia condiscendenza del Gabinetto Salisbury verso le pretensioni papali, è però fina e maliziosa l'osservazione che !"invio di una missione diplomatica al pontefice per parte della Gran Bretagn" non poteva essere pareggiato allo stesso fatto, compiuto da altri Governi stranieri, perché per ciò fare l'Inghilterra ha dovuto scostarsi dalla costante sua precedente condotta che non fu mai d'imitare gli altri Paesi nelle sue relazioni con la Santa Sede ... Vi è però un lato, ed è forse il più importante, che in questa questione sembrò sfuggire quasi completamente a tutti coloro che ne trattarono nel discorsi e nella stampa. E questo riguarda il tentativo che è certamente nella me11te degli attuali governanti inglesi di avere a disposizione delle impreRe africa11e un nucleo di missioni cattoliche, sia perché ormai riconosciute superiori per vari rispetti alle prote5tanti, sia perché importa che non avvenga che la Francia resti sola a maneggiare le missioni cattoliche ed a farsene esclusivo mezzo di propaganda e di forza ».

829

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 264. Roma, 1° novembre 1890, ore 15,30.

Spedisca a Nerazzini il più presto possibile seguente telegramma: «Prevenga Makonnen che Antonelli è incaricato dal Governo del re di sistemare · le varie questioni sollevate da Menelik. Sarebbe desiderabile che Makonnen spedisca subito alla costa persone per facilitare viaggio nostro inviato. Antonelli sarà Zeila 14 novembre desidera gli si mandi suo mulo ».

830

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL SEGRETARIO GENERALE DELLA REAL CASA, RATTAZZI, A TORINO (2)

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Roma, 1° novembre 1890, ore 23,15.

Scrivo con l'animo addolorato. Quel forsennato di Cavallotti tenterebbe di organizzare una protesta contro la presenza di Caprivi a Milano. È mio

desiderio, a prevenire il pazzo attentato, di ospitare il cancelliere tedesco a Monza. Ove S.M. il Re consentisse, bisognerebbe preparare gli appartamenti il più presto possibile, e permettermi telegrafare all'illustre personaggio, che il nostro augusto sovrano gli offre l'ospitalità nella sua villa reale. Il Capri··ii ha con sè l'aiutante di campo, un consigliere, questo incaricato d'affari e due persone di servizio. Spero che Sua Maestà vorrà scusarmi della noia (1).

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 362.

(2) Da ACS. Carte Crlspi.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

D. RISERVATO 39575/538. Roma, 1° novembre 1890.

Mi pregio di segnare ricevimento dei rapporti di V.E. in data del 21 e 23 corrente nn. 1220/762 e 1231/771 (3).

Debbo anzitutto rettificare un errore di fatto nel quale mi sembra esser caduta cotesta r. ambasciata. Se è vero infatti che per lo passato la questione delle nostre aspirazioni verso il Sudan e specialmente su Kassala appassionava ed inaspriva tutta la stampa inglese, lo stesso non può davvero affermarsi di questi ultimi tempi, e soprattutto durante i negoziati di Napoli. La stampa liberale di Londra, della Scozia e delle città industriali era decisamente in nostro favore ed in più d'un articolo il Daily News che a buon dritto è considerato l'organo principale del partito liberale biasimava apertamente lord Salisbury perchè esitava ad accordarci la nostra parte di Sudan. In termini affatto analoghi si espresse lo Spectator in un notevole articolo. Quanto alla stampa conservatrice, l'organo più iimportante, ossia lo Standard, era anch'esso in nostro favore, vedi soprattutto il n. del 25 settembre, e l'opposizione bisognava cercarla nel Morning Post, nel Daily Telegraph ed in altri simili periodici che collo chauvinisrne ad oltranza cercano di farsi perdonare la loro nullità incontestata. Il Times infine se ci fu sfavorevole in alcuni articoli non mancò di sostenerci in altri e pubblicò sempre integralmente i telegrammi dall'Italia del noto corrispondente signor Stillmann, quasi sempre ben disposti verso di noi. Se la lettera di sir Samuel Baker venne accolta da quel periodico esso inserì pochi giorni dopo in una parte importante del giornale la sensata risposta che vi fece un anonimo. Da tutto ciò mi sembra dunque potersi concludere che l'atteggi::o"mento dell'l st::Jmpa inglese sia stato tutt'altro che unanime contro l'Italia.

*Ho letto con attenzione il suo resoconto della conversazione col marchese di Salisbury ( 4). Qualora la difficoltà principale per intendersi nella questione

di Kassala fosse la formula da noi proposta e rigettata da sir E. Baring, sarei pure disposto a cambiarla e finanche a parlare di retrocessione, mettendo però un limite di tre o quattro anni a tale impegno, nel qual periodo l'Egitto dovrebbe avere rioccupato Berber e Kartum ed essere in grado di garantirci efficacemente la sicurezza sulle nostre frontiere; addossando infine al Vicereame l'obbligo di rifonderei le spese che direttamente od indirettamente venisse a costare la nostra eventuale occupazione di Kassala. In altri termini l'impegno della retrocessione dovrebbe essere accompagnato da condizioni tali che la rendessero inattuabile, mentre varrebbero a calmare adesso l'opinione pubblica al Cairo e non metterebbero a cimento il prestigio inglese. È su questo punto che desidero spiegarmi chiaramente coll'E.V., giacchè sopra di esso sorse a Napoli la divergenza maggiore. Mentre infatti io mi rendeva perfettamente conto della posizione difficile del Governo inglese in Egitto e cercava volentieri una formula che non significasse cessione da parte dell'Inghilterra di territorii posseduti o pretesi dal Vicereame, i delegati inglesi volevano evidentemente servirsi dell'opinione pubblica del Cairo e dell'esigenze del prestigio britannico in Egitto come pretesto per farci rinunziare in sostanza a quei territorii che riteniamo indispensabili alla sicurezza e al benessere della nostra colonia.

Una frase però del marchese di Salisbury è confortante e mi preme di rilevar la; quella cioè colla quale Sua Signoria dichiarò di considerare chiusa la parte tecnica dei negoziati. Rimane è vero da appianare la questione diplomatica, ma di fatto il Governo inglese riconosce dunque che l'Atbara dal confluente del Cor Hahamot a Gos Regeb costituisce la nostra frontiera dalla parte dei dervisci. Questo risultato è importante e fa vedere i grandi passi che abbiamo fatto nella questione, mentre soltanto nella scorsa primavera il generale Grenfell sosteneva al conte Dal Verme che il nostro confine verso l'Egitto doveva essere il fiume Lebca, quindi la frontiera dei Bogos e quella dell'Abissinia tracciata sulle carte egiziane*.

Apprezzo infine le considerazioni svolte da V.E. nel secondo dei citati rapporti sulle conclusioni del mio dispaccio del 17 corrente, n. 37623/573 (1), che rimangono ferme.

(1) -Per la risposta cfr. n. 833. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 360-361. Il PllS''·O fra asterischi è ec'ito anche in CRISPI, La. prima guerra d'.4/rica. cit., pp. 243-244. (3) -Cfr. n. 306. Il R. 1220/262 del 21 ottobre non è pubblic,;tc. (4) -Cfr. n. 784. Torniclli riferì più o.mpimucnte eu qur_:::;~.G. cùn'.'t:L::w.zionc.· nPl rappurto (icl 21 ottobre, di cui alla nota 3.
832

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

D. RISERVATO 39576/539. Roma, 1° novembre 1890.

Ho ricevuto il rapporto di codesta r. ambasciata n. 1219/761 in data del 18 corrente (2), col quale V.E. vuole scagionarsi dell'accusa rivoltale dal Corriere di Napoli di avere informato imperfettamente il Governo del re sulle disposizioni del Foreign Office nella questione di Kassala.

Questo ministero ha regolarmente ricevuto i suoi rapporti e telegrammi ivi citati e riassunti, e se non ha creduto di seguirne le conclusioni, ha però voluto darne atto a V.E. coll'inserire nella pubblicazione riservata sui negoziati di Napoli il suo telegramma del 1° ottobre corrente (1). Questo fatto avrebbe dovuto dimostrarle che il periodico summenzionato il quale è per giunta un giornale avversario del Governo non riferi l'accusa ingiusta ed insulsa contro cotesta r. ambasciata dietro ispirazioni ufficiali od ufficiose, e tengo a dichiararle ciò nel modo più esplicito. Riguardo ai suoi apprezzamenti sui giudizii della stampa inglese nell'ultima fase della questione di Kassala, mi riferisco ad altro dispaccio di questa data (2).

(l) -Cfr. n. 798. (2) -Non pubblicato.
833

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA REAL CASA, RATTAZZI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Torino, 2 novembre 1890, ore 14,30 (per. ore 16).

Ho tosto rassegnato di lei telegramma (4) Sua Maestà che mi incarica dire che ella ha piena facoltà di rivolgere nell'augusto suo nome invito al cancelliere per offrire la ospitalità nella villa di Monza. È dispiacente Sua Maestà delle di lei immeritate inquietudini, soggiungendo però che ritiene debba riuscire assolutamente vano il tentativo villano del Cavalletti che non sarà seguito dalla popolazione milanese. La prego di ripetermi la nota del seguito del cancelliere non avendo ben compreso se vi sia un aiutante di campo e un consigliere solamente oppure anche un altro che abbia qualità di incaricato d'affari.

834

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (5)

T. COLONIALE RISERVATO 860. Londra, 2 novembre 1890, ore 21,40 (per. ore 23,55).

Sono stato interrogato circa la possibilità di ottenere per una società, formata con grandi capitali inglesi, una concessione del Governo italiano in Africa del genere di quella che il Governo britannico ha fatto alle Compagnie

(-4) Cfr. n. 830.

del sud e dell'est Africa. Il concetto sarebbe che nella concessione fossero compresi tutti i possedimenti e protettorati africani dell'Italia. Nel rispondere ho premesso che io nulla sapeva di ciò che il R. Governo penserebbe in proposito e che certamente il Governo stesso non potrebbe essere da me interrogato se prima non mi veniva presentato il programma delle concessioni che la Compagnia vorrebbe ottenere e dei corrispondenti oneri. Io doveva però fin d'ora esprimere la convinzione personale che il Governo non si indurrebbe mai a fare una concessione del tipo dell'inglese ad una Compagnia che non fosse italiana, cioè costituita in Italia secondo la legge italiana. Io doveva inoltre osservare che, essendo da parecchio tempo in corso trattative per la costituzione di una Compagnia italiana, era evidente l'interesse di incorporare in una sola Compagnia italiana il capitale inglese. Nel dare a V.E. queste preliminari indicazioni credo poter aggiungere che il concetto di coloro che attualmente studiano questo progetto sarebbe di collegare in una sola vasta operazione commerciale il sud e l'est dell'Africa mediante le concessioni già avute dall'Inghilterra e quella che si vorrebbe dall'Italia. Sarebbero infatti interessati nella Compagnia italiana i principali nomi delle Compagnie sud ed est britannica. A coloro che mi hanno parlato ho fatto sentire che le condizioni costitutive, le relazioni con lo Stato italiano, i termini della durata, il modo di funzionamento, le clausole relative alla cessazione della società, etc., dovrebbero tutti essere determinati conformemente alla legge ed alle consuetudini nostre. Appena è mestieri che io indichi a V.E. che un affare di questa natura, se fatto con tutte le cautele desiderabili, avrebbe l'immediato effetto di sopprimere per il bilancio italiano la quasi totalità delle spese dirette d'Africa, e di stabilire una solidarietà assoluta d'interessi africani fra l'Italia e l'Inghilterra (1).

(l) -Cfr. n. 749. (2) -Cfr. n. 831. (3) -Da ACS, Carte Crisp!. (5) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 364.
835

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 268. Roma, 3 novembre 1890, ore 18,15.

Ci risulta dall'Egitto che Osman Morgani, quello che Gordon pascià voleva creare emiro di Kassala, ha frequenti rapporti al Cairo, dove abitualmente si trova, colle autorità anglo-egiziane. Sembra pure che realmente sir Samuel Baker voglia presto recarsi a Kassala. Mi riferisco al dispaccio ministeriale del 25 ottobre (3) perchè la S.V. voglia prendere i provvedimenti necessari a tutelare i nostri interessi ed a prevenire efficacemente tali maneggi.

(l) Per la risposta cfr. n. 836.

(2) Ed. in [,'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 365.

(3) Non pubblicato.

836

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATO 269. Roma,, 3 novembre 1890, ore 18,50.

Circa Compagnia africana da costituirsi con capitali inglesi (l) non posso pronunziarmi prima di ricevere proposte concrete e informazioni particolareggiate anche sul promotori. Mi sembra cosa da considerarsi con grande cautela se non pure con qualche diffidenza.

837

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 863. Massaua, 4 novembre 1890, ore 18,40 (per. ore 6 del 5).

Ho già disposto per agevolare espansione nostra zona influenza verso Kassala che, man mano nostre bande o altre truppe procedono verso ovest, le varie tribù da noi protette, quali gli algheden e sabderat, ora stabiliti presso Keren, ritornino loro antichi villaggi, ove, opportunamente armati, possano, quando siano anche meglio attratte verso noi le tribù di Elit e Bitama, premunirei da possibili minacce nemici e servire eventualmente come buon avamposto nella nostra marcia. Secondo recenti informazioni emiro di Kassala riunisce numerose forze con intenzioni ostili nostro riguardo; Osman Digma invece aspetterebbe sia compiuta raccolta per muovere contro Suakin. Tali notizie, che ritengo fondate per gli informatori da cui provengono, se non bastano per fare ritenere che progettate operazioni si svolgano di fatto, provano sempre più che fra emiro Kassala e Osman Digm:t continua disaccordo già precedentemente segnalato. In tale stato di cose, prescindendo anche da odio profondo che gl'inglesi ispirano ai dervisci, ritengo poco probabile che sir Samuel Baker possa trattare ora accomodamento fra anglo-egiziani ed Osman Digma e recarsi Kassala (2); nondimeno, sia direttamente, sia per mezzo agenzia consolare Suakin, eserciterò attiva vigilanza. Intanto con lo spingere sabderat occupare loro villaggi oltre che mi porrò in grado di occupare gola di Sabderat, che vuolsi sia la chiave di Kassala, potrò provvedere nostra influenza nella provincia Taka. Circa successivo movimento su Kassala riferisco con particolare rapporto (3), che parte domani con postale. Intanto sottometto a V.E. che per iniziare

relative operazioni occorre formazione due nuovi battaglioni indigeni che si renderebbero necessari per mantenere occupazione Kassala e provvedere sicurezza sue comunicazioni con Keren. Prego V.E. perciò mi sia data subito autorizzazione eseguire reclutamento e formare tali battaglioni.

(l) -Cfr. n. 834. (2) -Si rlterlsce al n. 835. (3) -Non pubblicato.
838

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 866. Londra, 5 novembre 1890, ore 20,09 (per. ore 21,30).

Gazzetta ufficiale pubblicò ieri notificazione del Foreign Office al pubblico, con la quale è annunziato che i domini del sultano dello Zanzibar sono collocati sotto il protettorato inglese, ad eccezione dei territori al sud del fiume Umba, dell'isola di Mafia e dei distretti di Brava, Merca, Mogadiscio e Warshcik. Appena è mestieri che io segnali a V.E. la significantissima distinzione fatta fra i quattro suddetti porti, situati a nord del Giuba, e Kisimaio che resta compreso nel protettorato inglese.

839

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. 1393/572. Berlino, 5 novembre 1890.

A la réception hebdomadaire d'hier j'ai donné lecture au secrétaire d'Etat de la dépeche de V.E. du 30 octobre échu (n. 39281/723 division première, section première) (2). Je me suis prévalu de son annexe pour rédiger un promemoria confidentiel dont je remettais copie, en omettant les deux dernières phrases concernant l'attitude actuelle de l'Angleterre; mais je me suis exprimé verbalement dans le sens de ces deux passages.

Le baron de Marschall critiquait vivement la doctrine énoncée par M. Ribot sur la non valeur des déclarations écrites et verbales faites par deux de ses prédécesseurs au sujet du port de Bizerta.

Une telle doctrine irait à l'encontre de toutes les règles adoptées dans les rapports internationaux et serait en opposition avec la benne foi dont nul ne saurait se départir. C'est ensuite un acte de cynisme et une véritable mistification que de s'abriter derrière la souveraineté du bey de Tunis, reduit à un ròle de marionnette pour masquer les projets de la France. C'est une nou

velle maladresse à enregistrer avec d'autres déjà commises par le ministre des affaires étrangères de la République. Il aurait été mieux avisé à son point de vue, s'il s'était borné à prétendre que la nature des travaux projetés ou en ,voie d'exécution à Bizerta, et leur but n'ont et n'auront qu'un caractère

commerciai.

Le secrétaire d'Etat m'a promis d'écrire a l'ambassadeur d'Allemagne à Londres de s'entretenir au Foreign Office dans le sens du promemoria précité .et d'appeler l'attention sur son contenu.

Si lord Salisbury, peut-etre parce-que l'opinion publique de son Pays ne se passionne pas encore pour une semblable question, ne croit pas le moment venu pour rappeler au Cabinet français ses engagements formels, ce ministre .est animé de bonnes intentions à notre égard et surveille de près les agis.sements de la France. En tout cas, il est utile de donner au marquis de Salisbury quelque impulsion.

Le chancelier de l'Empire que j'accompagnais hier à la station pour prendre congé de lui au moment de son départ pour l'Italie, me confirmait en termes généraux ce qui m'a été dit par le secrétaire d'Etat.

(l) Da ACS, Carte Crispi; ed. in italiano in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 73-74.

(2) Cfr. n. 827, nota l.

840

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A MILANO

T. S.N. Roma, 6 novembre 1890, ore 11,30.

Da Londra: (1). Crederei opportuno che Tornielli interpellasse Salisbury sulle intenzioni che ha riguardo ai nostri diritti sul territorio di Kisimaio, sottomesso ora al protettorato inglese, per fare le opportune riserve (2).

841

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI

.T. S.N. Milano, 6 novembre 1890, ore 18,50 (per. ore 19,55) .

Eventuali istruzioni Tornielli rispetto proclamazione protettorato inglese Zanzibar (3) devono conformarsi a risposta già data lord Dufferin mostrandoci cioè in massima favorevoli, ma riservandoci definitiva determinazione dopo sciolta questione ... (4) Africa orientale (5).

(5} Istruzioni in tal senso vennero impartite a 'l'ornielli con 'l'. coloniale riservato 277 del 7 novembre.

(l) -Qui era riprodotto il telegramma ed. al n. 838. (2) -Per la risposta di Crispi cfr. n. 841. (3) -Cfr. n. 840. (4) -Gruppo indecifrato.
842

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 1292/812. Londra, 6 novembre 1890 (per. il 14).

Nei dispacci ministeriali delli 27 e 28 ottobre ultimo (1), ho trovato le informazioni che il R. Governo ha ricevuto da Tunisi circa la costituzione della «Compagnie du port de Bizerte » ed i lavori che già si fanno in quella località. In quelle informazioni si parla anche di invio di truppa e cannoni in rinforzo dell'attuale presidio di Biserta.

Il giorno 3 corrente mi pervenne il dispaccio ministeriale delli 30 ottobre (2), vi era allegata copia della relazione, in data otto dello stesso mese, con la quale il signor commendator Ressman informò il Governo di Sua Maestà della grave conversazione da lui avuta con il signor Ribot circa le tendenze che la formazione della Compagnia suddetta rivela.

Il 27 settembre V.E. mi aveva ordinato di presentare a lord Salisbury allora ancora in ferie a Dieppe, alcune importanti osservazioni circa i mutamenti che la Francia tende ad introdurre nelle condizioni politiche e militari delia Tunisia. Sua Signoria ritornò in Inghilterra verso la metà di ottobre. Ebbi con lui due colloqui circa le cose tunisine, il 12 ed il 29 dello stesso mese (3). Ne ho riferito a V.E. non dissimulandole che le due volte io non avea trovato in questo primo ministro di Sua Maestà britannica favorevoli disposizioni ad entrare nell'ordine di idee che io era incaricato di esporgli.

Mi parve che non fosse conforme alle istruzioni ripetutamente impartitemi da V.E. il battere in ritirata davanti a quelle accoglienze tanto più che, a cagion d'esse, io non avea ancora potuto eseguire completamente ciò che nel precitato dispaccio del 27 settembre mi era stato espressamente ordinato di fare.

Recatomi pertanto ieri all'udienza settimanale di Sua Signoria, le dissi esser io incaricato di chiamare la sua attenzione sovra ciò che si andava svolgendo rapidamente nella Tunisia. La qual cosa udendo la Signoria Sua, in atteggiamento di uomo rassegnato, esclamò: «Ancora! » Mi udì tuttavia, senz'altre interruzioni nella narrazione delle circostanze di fatto e quindi, a giustificazione delle insistenze nostre, gli dissi che il signor Ribot neppur si dava più la briga di dissimulare gl'intendimenti del Governo della Repubblica, ciò essere risultato da una conversazione avuta con lui dal r. rappresen· tante a Parigi, egli convenne che miglior giustificazione non avrebbero potuto avere le apprensioni nostre.

Portò quindi Sua Signoria il discorso sovra le dichiarazioni del signor Barthélemy Saint Hilaire. Quale valore hanno oggi, osservava egli malinco

nicamente, le dichiarazioni risultanti da dispacci? Possono esse valere per cinque anni quando i trattati stessi non ne valgono dieci? Replicai che della lamentata brevità nella durata degl'impegni internazionali era facile riscontrare la causa nella grande mobilità degli interessi, nota caratteristica dell'epoca presente. Ma dove gl'interessi non mutavano le situazioni non variavano; né era a notizia mia fin qui che un cambiamento fosse occorso in quegli interessi identici che l'Italia e l'Inghilterra aveano di non consentire l'espansione francese sulle coste del Mediterraneo. Di un solo mutamento io mi rendeva conto e questo era che un pericolo lontano ed un danno ipotetico, in vista dei quali le dichiarazioni erano state fatte e gl'impegni erano stati presi, erano divenuti sicuri e prossimi. La vigilanza da parte nostra era stata continua. L'identità degli interessi ci faceva tuttora sperare che il Gabinetto di Londra non avesse mutato o non stesse per mutare avviso in questo affare.

Lord Salisbury non si lasciò impegnare in questa via e sfuggendo la parte stringente della argomentaZ'ione, osservò che l'Inghilterra avrebbe avuto ancor più a soffrire che l'Italia dalla costruzione di un arsenale marittimo francese sovra la costa settentrionale dell'Africa. Fortuna voleva che la costruzione d'un porto militare importasse la spesa di tesori e l'impiego di molti anni. Poi notava pure che, volendo spendere il necessario, un porto militare poteva essere costrutto ovunque. Se per taluni rispetti Biserta offriva qualche facilità, per altri gli ostacoli da vincere in quella località non sarebbero stati piccoli né facilmente superabili. Entrando in un ordine di idee più generale, ed iq forma di colloquio non ufficiale, passava quindi Sua Signoria a formare previsioni per l'avvenire. Per ora, subito, la Francia non si annetterà la Tunisia. Ma l'annessione, o prima, o poi avverrà. Alla Tripolitania non penserà il Governo francese che se scoppiasse una guerra generale. Erano dette queste cose, e giova notarlo, con l'accento di chi analizza il male per conchiudere non esservi rimedio. Ond'i:o non mi ristetti dal notare quale gravissima responsabilità peserebbe, in vista delle conseguenze future, sovra il Governo che, malgrado gl'incitamenti e le insistenze nostre, avrà consentito alla Francia .di fare tutti gli apparecchi necessari per poter sfidare qualunque opposizione alla sua politica di predominio nel Mediterraneo.

Ma Sua Signoria m'avrebbe lasciato dire un pezzo senza né dissentire, né convenire, se io non avessi in ultimo soggiunto che non poteva essere nell'interesse del Governo britannico che la condotta della Francia nella Tunisia perpetuasse uno stato di eccitamento nel nostro Paese. L'Italia era certamente pacifica ed ai bisogni della pace europea avea fatto e faceva sacrifici considerevoli dei quali il peso era gravoso per una giovane e non ricca Nazione;

ma il miglior modo di assicurare la pace era, a parer mio, lo eliminare le cause .che impediscono la paciflcazione degli animi e certamente la questione tunisina era una di quelle che mantenevano il mio Paese in uno stato anormale di eccitamento. Risposemi lord Salisbury che fra pochi giorni ritornerebbe in Londra il signor Waddington, che di nuovo gli parlerebbe di Tunisi e di Biserta; ma che la risposta dell'ambasciatore francese sarebbe sempre la stessa, cioè nessun lavoro con iscopo militare essere presentemente in corso. Ed,

39 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

osservando io che ben s'intendeva che prima si scavasse il porto e poscia si erigesse l'arsenale, Sua Signoria replicava: «già si sa si comincia con il porto mercantile eppoi il commercio non viene e si accumulano invece cannoni, come è accaduto con il porto essenzialmente mercantile di Batoum ». E con questa osservazione il discorso si trovò sviato ad altro soggetto senza che a me sembrasse poter giovare il ricondurlo sovra un argomento troppo palese.mente ingrato al principale segretario di Stato di Sua Maestà britannica.

(l) -D. 38'187/527 e 38938/528, non pulJblicati. (2) -Cfr. n. 827. (3) -Sui colloqui Tornic-lli riferiva con R. riservato 1259/792 del 29 ottobre, non pubblicato.
843

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

.T. RISERVATO 234. Madrid, 8 novembre 1890, ore 9,40 (per. ore 15,55) .

Decifri ella stessa. Essendo stato a congedarmi dalla regina prima mia ,partenza per l'Italia Sua Maestà mi trattenne oltre un'ora incaricandomi di ,particolari messaggi per V.E., tanto intorno alla rinnovazione dell'accordo del .4 maggio, quanto circa gli incidenti di Saragozza e conchiudendo colle più amichevoli dichiarazioni per l'Italia pel nostro augusto sovrano e per il suo Governo. Mi riservo riferire ciò diffusamente all'E.V., quando avrò l'occasione .di presentarmi a lei fra pochi giorni.

844

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

.T. COLONIALE RISERVATO 871. Massaua, 8 novembre 1890, ore 17,20 (per. ore 19,45).

Da informazioni ripetute giunte di recente questo Comando, pare confermarsi intenzione di offensiva dei dervisci da Kassala, verso Biscia. Sembrereb.be dervisci attendano rinforzi già in marcia dal Gallabat per iniziare proget.tata operazione. Emiro Kassala in lettera diretta nostro ufficiale residente ,Biscia disse aver egli oltrepassato frontiera possedimenti italiani ed occupato ;territorio appartenente Mahdi. Gli intima di sgombrare. Ho date disposizioni ;per poter respingere eventuale attacco dervisci e per approfittare dei risultati ;di una nostra favorevole azione.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, torno VIII, cit., p. 368.

845

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, A MILANO

T. S.N. Roma, 8 novembre 1890, ore 22.

Con nota d'oggi (l) Dufferin partecipa per ordine suo Governo che nella Gazzetta di Londra è stata pubblicata proclamazione protettorato britannico Sultanato Zanzibar ad eccezione territorii al sud del fiume Amba, isola Mafia e distretti di Brava, Merca, Mogadiscio e Warsheilc Crederei doversi differire nostra risposta fino conclusione trattative.

846

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

R. 1299/817. Londra, 8 novembre 1890 (per. il 14).

n corriere di gabinetto mi ha portato i dispacci di V.E. in data del lo novembre relativi alla delimitazione della sfera d'influenza italiana verso il Sudan ed agli incidenti che nei recenti negoziati di Napoli si riferiscono alla occupazione di Kassala (3).

Ringrazio V.E. per quelle due comunicazioni e principalmente per avermi l'E.V. fatto conoscere che, se la difficoltà principale per intendersi nella questione di Kassala dipendesse dalla scelta di una formula, le nostre disposizioni sarebbero favorevoli per la ricerca di una clausola che potesse rendere possibile l'accordo. Le spiegazioni chiarissime datemi da V.E. circa gl'intendimenti del

R. Governo a tale riguardo, mi riuscirebbero preziose se fosse da prevedere che lord Salisbury abbia spontaneamente da ritenere sufficiente un breve aggiornamento della discussione interrotta a Napoli. Ma io credo che tale non .sia, per ora, la disposizione di Sua Signoria la quale vedrebbe invece molto volentieri andare le cose nel dimenticatoio. Nè io mi ritengo autorizzato, dopo le istruzioni ricevute in precedenza, a lasciare intendere a Sua Signoria che io potrei riannodare, anche soltanto in forma preliminare, la trattativa, ciò che certamente potrebbe accadere quando mi valessi, in una conversazione, della comun~cazione fattami da V.E. il 1° di questo mese. Importa che, in un negoziato molto delicato, quale è quello del quale parlo, non si facciano da questa r. ambasciata passi che potrebbero non essere opportuni. Epperò io, ritenendo presente, per qualunque evenienza, ciò che l'E.V. mi ha scritto jcirca la scelta di una nuova formula, non mi varrò di tale comunicazione ;presso lord Salisbury fintantoché ella non mi abbia autorizzato a ripigliare

;con Sua Signoria questo tema di discorso. Mi premerebbe anzi evitare a queiSto riguardo anche soltanto l'apparenza di un equivoco, sicché io sarei molto ,grato a V.E. se ella volesse, al ricevimento di questo mio rapporto, precisare

•l'uso che io dovrò fare delle importianti dichiarazioni suddette.

Mi pervennero poi oggi stesso, con il dispaccio del 5 corrente (1), gli estratti dei rapporti dal Cairo relativi all'incontro del signor maggiore Sanminiatelli con il generale sir F. Grenfell e del signor commendator Macciò iCon sir E. Baring. Trovo cosa facilmente spiegabile che quei due negoziatori ,tecnici (experts) inglesi cerchino di scagionarsi dell'accusa di aver agito per jSentimento ostile verso l'Italia, come si capisce agevolmente che lord Salisbury mostra che ciascun fa di volersi scagionare dell'accaduto, di questo il Gabinetto ,trattativa che nella mente sua avrebbe potuto essere condotta ancora per le

•lunghe. Intanto però, comunque la cosa sia avvenuta e qualunque sia la mostra ere ciascun fa di volersi scagionare dell'accaduto, di questo il Gabinetto inglese non si duole sia per gli effetti ottenuti in Egitto, sia per quelli conseguiti in paese, poiché non è da trascurarsi l'indicazione che ci è data dai discorsi pronunziati in queste ultime settimane nelle riunioni dei circoli elettorali dove, anche dai più risoluti avversari del Gabinetto, la politica africana di lord Salisbury non ha dato motivo a sfavorevoli apprezzamenti.

(l) -Ed. in LV 89, p. 83. (2) -Ed. !n L'Italia tn Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt.. pp. 370-371. (3) -Cfr. nn. 831 e 832.
847

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 279. Milano, 9 novembre 1890, ore 12,30.

I dervisci minacciano dalla parte di Kassala i nostri possedimenti. Siamo costretti difenderci. Chieda a lord Salisbury se crede associarsi nostra azione. In caso negativo dovremo agire da soli (3).

848

COLLOQUI FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, E IL CANCELLIERE DELL'IMPERO TEDESCO, VON CAPRIVI (4)

APPUNTO. Milano, 7-9 novembre 1890.

Dopo la colazione (l'una pomeridiana) Caprivi ed io siamo entrati nel suo salotto per uno scambio d'idee.

(-3) Per la risposta cfr. n. 853.

Ricordai che il 30 maggio 1892, cioè da qui a 18 mesi scade il trattato dl alleanza delle tre Monarchie. *Soggiunsi, che il trattato addizionale del 20 febbraio 1887 firmato con la Germania non è conforme a quello della stessa data firmato con l'Austria-Ungheria. *Soggiunsi necessario rivedere cotesti trattati per vedere* se vi ha altro da aggiungere. Dovrò credere che il Governo tedesco vorrà rinnovare il trattato per un altro periodo di anni.

La Triplice Alleanza giova ai Governi che la firmarono ed assicura la lpace d'Europa. Ora noi essendo interessati alla garanzia territoriale dei tre 'Paesi ed alla pace d'Europa, dobbiamo volere la continuazione dell'alleanza.

H conte Oaprivi che era pienamente d'accordo con me, e quasi a conferma mi strinse la mano. Era lieto poter essere d'accordo con me, e promise di occuparsi del trattato.

Soggiunsi allora ricordando che al 1887, con lo scambio di note, avevamo associato la Spagna. Il duca di Vega de Armijo non curò le prese intelligenze nè curò di alimentarle. Oggi essendo ritornato al potere il duca di Tetuan, amico nostro, bisogna ripigliare le pratiche e rendere più stretti i vincoli con la Spagna.

Le tre grandi Potenze alleate si devono interessare delle altre minori Monarchie e difendere le istituzioni. Per lo che sarebbe pur necessario di trovar modo di comporre la vertenza tra l'Inghilterra ed il Portogallc.

-La Spagna ed il Portogallo sono minati dagli emissarii republicani, e non sono assai forti per resistervi. Bisogna che la Spagna riordini la marina militare, e possa esserci di aiuto nel Mediterranee ed, ove ne sia il caso, faccia un colpo sull'Algeria. Cosi il Corpo di esercito francese, che siede colà, si troverebbe impegnato. Capisco pure, che un esercito spagnuolo al di là dei Pirenei e pronto a varcarli, terrebbe un corpo di truppe francesi occupato.

-La propaganda repubblicana in quei Paesi è attiva. I francesi fanno altrattante in Italia.

-Non l'avrei creduto.

-La fanno anche in Italia, ma il nostro Paese vi resiste. La grandissima maggioranza della nostra popolazione è conservatrice. II Paese è monarchico. La propaganda repubblicana pei Paesi francesi è una necessità. Pel Governo di Parigi è una quistione di vita. Fu lo stesso sotto la prima Repubblica. Ma allora la posizione dell'Europa era diversa. Non vi erano i due grandi Stati al di qua delle Alpi e al di là del Reno, l'Italia e la Germania. Bisogna dunque tenerci stretti, e difendere le istituzioni.

Sono pienamente d'accordo con V.E. e lavorerò insieme per la difesa dei principi monarchici.

Bismarck fece delle grandi cose, e il vostro Paese deve essergliene grato. Ma commise un gravissimo errore, ed è di non aver favorito la restaurazione della Monarchia in Francia. Egli credeva, che la Repubblica sarebbe stata rosa dai partiti e non sarebbe stata forte abbastanza. Avvenne tutto il contrario; giammai la Francia fu forte come oggi.

-La stessa osservazione me la fece l'imperatore di Russia. -Bisogna opporre alla propaganda repubblicana tutti i mezzi dei quali possono disporre le Monarchie. La Francia avrà fra breve una nuova tariffa

doganale. Questa offenderà grandemente noi, perché con essa potranno esser chiusi i porti francesi ai nostri prodotti agricoli. Ne sarete colpiti anche voi. Pel Trattato di Francoforte voi godete i benefici della Nazione favorita. Esiste cotesta condizione, quando esistono tariffe convenzionali. Cessa, quando mancano i trattati. Ora la Francia va a denunziare tutti i trattati, e va ad applicare a tutte le Nazioni una tariffa autonoma. È una minaccia di guerra, guerra economica, non meno terribiie della guerra coi fucili e le artiglierie. Giova prepararsi a rispondere, ed io credo che lo si potrà. Non dico di fare una lega doganale tra le tre Potenze alleate: questa non sarebbe di facile attuazione. Puossi però studiare un sistema di tariffe di favore mercè cui si rendessero più facili i commerci, più strette le relazioni. Sarebbe necessario che alla lega militare e politica si aggiungesse questa lega economica, la quale, senza offendere l'autonomia dei tre Stati, li rendesse talmente forti da resistere alla Francia. Io proporrei che i tre Governi dessero a studiare la grave quistione ad uomini tecnici. Compiuti gli studii, ognuno di noi nominerebbe due delegati ciascuno, i quali riuniti concreteranno le proposte che converrà tradurre in un trattato.

(Il conte Caprivi) -Trovo savie le considerazioni di V.E. e farò studiare il grave argomento, e avvertirò V.E. dei risultati. La conversazione continuò su cose di minore importanza, e ci siamo congedati con espressioni sincere di cordiale amicizia.

8 novembre.

Alle 11 antimeridiane il conte Caprivi viene a restituirmi la visita. Siamo ritornati sugli argomenti toccati nel colloquio del giorno antecedente rimanendo nel migliore accordo.

9 novembre, ore 10.

Partenza di Caprivi.

(l) D. 39801/544, non pubblicato. Ma per gli incontri di Sanminiatelll e Macciò con Grenfell e Baring cfr. n. 810.

(2) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 368.

(4) -Da ACS, Carte Crispi, autografo; ed., con l'omissione dei passi fra asterischi e con varianti, in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 8-10. Per la versione di Caprivl del colloqui milanesi cfr. Die Grosse Politik der Europtiischen Kabinette 1871-1914, vol. VII, Berlino, 1924, nn. 1394 e 1395.
849

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, E IL CANCELLIERE DELL'IMPERO TEDESCO, VON C APRIVI (l)

APPUNTO. [Milano, 9 novembre 1890].

Prima della partenza. Biserta. Muta lo stato del Mediterraneo. Pericoli in caso di guerra.

Caprivi ne comprende l'importanza. Il reclamo potendo condurre ad una rottura con la Francia, necessario attendere. In aprile, compiendosi la trasformazione dei fucili, si può iniziare il reclamo.

(l) Il documento, autografo, che si l'ialluccia a quello precedente, è const:rv11to in una collocazione diversa delle stesse Carte Crispi. Privo di data è pubblicato in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 10, insieme alla parte dell'B novembre del documento precedente. Lo si inserisce sotto Il 9 novembre, tenendo conto del fatto che Capr!vi partì la mattina d! quelgiorno.

850

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 549/336. Costantinopoli, 10 novembre 1890 (per. il 19).

L'unito articolo ufficioso (l) comunicato al Tarik dal noto Munir bey,

capo del servizio della stampa estera alla Porta ed iniziatore della campagna inaugurata dal Matin di Parigi contro i pretesi disegni dell'Italia nella Tripolitania, indica la posizione presa dal Governo ottomano di fronte all'opinione musulmana nelle quistioni africane. Allude alle occupazioni francese in Tunisia ed inglese in Egitto come a fatti che non toccano gli interessi essenziali della Turchia, mentre li toccherebbe invece una occupazione anche temporanea della Tripolitania. I derviches del noto Tekè d'Yldiz, che sono in corrispondenza come già notai coi dervisci del Sudan e coi senussi, non avendo potuto ottenere che il sultano ardisse fare attualmente manifestazioni contrarie alle imprese inglesi e francesi nei centri musulmani dell'Africa, sono riusciti invece a far apparire maggiore il pericolo preparato secondo essi agli interessi musulmani dall'Italia in Africa, che appoggiandosi non a popolazioni musulmane come Inghilterra· e Francia, ma ai cristiani abissini, minaccerebbe colle sue aspirazioni verso Tripoli e verso Kassala le fortezze sudanesi dell'Islam africano. Questo Ministero della guerra ha ordinato spedizioni di truppe, armi e munizioni alla Tripolitania per mezzo di vapori appositamente noleggiati, come riferisce cogli opportuni particolari l'addetto militare presso l'ambasciata.

851

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (2)

T. PERSONALE S.N. Palermo, 12 novembre 1890, ore 14.

Il Governo francese, continuando le tradizioni della prima Repubblica, fa propaganda repubblicana in Italia, spendendo danari per la stampa ostile a noi. Al palazzo Farnese vanno continuamente a confabulare giOrnalisti nemici della Monarchia e da parecchi mesi vengono da Parigi emissarii a scopo di favorire coloro che combattono le istituzioni. Ultimamente è venuto anche il signor Marre de la Paix il cui contegno fu assai biasimevole.

La mia condotta corretta, irreprensibile verso 1 Bonaparte congiunti della nostra famiglia reale, quando le discordie politiche in Francia erano ardenti, prova che io non uso di armi insidiose contro il Governo della Repubblica. *Io !saprò difendere la patria ed il re e spero che il Governo francese vorrà ricredersi e non ci obbligherà a misure di rigore. Ciò per sua norma.*

(l) -Non pubblicato. (2) -Da ACS, Carte Cr1sp1, minuta autografa; ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRtSPI, Questioni internazionali, c!t., p. 157.
852

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. RISERVATO 235. Berlino, 12 novembre 1890, ore 15,40 (per. ore 16,25).

Il cancelliere dell'Impero è venuto a vedermi in questo momento, confermandomi ciò che aveva già appreso ieri al Dipartimento imperiale degli affari esteri. Egli era profondamente commosso e riconoscente per la bontà del nostro augusto sovrano e per l'alta distinzione che gli fu conferita da Sua Maestà. Egli era pure assai soddisfatto dei colloqui avuti con V.E., dichiarandosi completamente d'accordo in massima sopra gli argomenti circa i quali vi fu scambio d'idee, tanto sotto l'aspetto politico, quanto sotto l'aspetto commerciale. S.E. si era affrettata di far rapporto all'imperatore sulla missione compiuta. Sua Maestà Imperiale manifestò viva soddisfazione di constatare una volta di più che le relazioni fra l'Italia e la Germania sono e resteranno sul migliore piede a tutto vantaggio della Triplice Alleanza e del principio monarchico. Il cancelliere mi pregò di rendermi interprete dell'ecce'llente impressione riportata da questo suo viaggio e di ringraziare per tutte le cortesie di cui fu colmato alla nostra Corte e da V.E. Egli ha solo rammarico che le esigenze di servizio l'abbiano costretto ad abbreviare il suo soggiorno in Italia. Il cancelliere si dimostrò pure assai grato dell'accoglienza che gli fu fatta dalla popolazione di Milano e dalle autorità municipali.

853

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 880. Londra, 12 novembre 1890, ore 18,48 (per. ore 21,15).

Ho avuto un abboccamento con lord Salisbury. Egli era stato da due giorni avvisato con lettera mia particolare dell'oggetto della mia comunicazione e del mio desiderio di ricevere in proposito una risposta da dare a V.E. Sua Signoria, alla quale ho letto il telegramma di V.E. del 9 da Milano (3),

disse non essere in grado di rispondere perchè non comprendeva esattamente di che cosa si trattasse. Egli non conosceva l'esistenza di uno stato di cose minaccioso, non sapeva quale fosse il punto minacciato, quali fossero le forze minaccianti. Feci osservare che le popolazioni scacciate dai dervisci dal distretto di Kassala si erano ripiegate sui territori nostri; che il punto minacciato non era a me noto; ma il telegramma di V.E. indicava Kassala come il punto da dove la minaccia partiva; che circa le forze minaccianti mi mancava qualunque indicazione. Replicò Sua Signoria che in affare di tanta importanza egli non poteva rispondere senza perfetta cognizione delle circostanze di fatto. Se io ne avessi da ricevere egli ne gradirebbe la comunicazione, intanto si metterebbe in relazione con le autorità egiziane per avere da Wadi Halfa e da Suakin le notizie che vi si potevano avere circa le disposizioni dei dervisci. Lunedì prossimo il Consiglio dei ministri si riunisce e Sua Signoria riservavasi parlare di questo affare con i suoi colleghi. Entrando nel campo delle cons~derazioni Salisbury con perfetta calma mi fece udire espressioni che testualmente trascrivo affinché non ne sia alterata l'intonazione. Egli disse pacatamente: «Oggi la minaccia viene da Kassala, quando sarete a Kassala direte che la minaccia viene da Kartum. Vedo dove si va a finire e mi rincresce che l'Inghilterra, cioè il Governo del mio predecessore, abbia approvato, favorito, l'occupazione vostra di Massaua, non prevedendo certamente che essa condurrebbe ad una situazione che compromette la sicurezza della valle del Nilo. Se al termine di tutto questo esistesse una terra promessa comprenderei la vostra condotta, ma la via nella quale mi duole che vi mettiate conduce a perdita di tesori, di sangue e forse di amicizie. Ho letto nel Times del mattino che nell'incontro con Caprivi a Milano sarebbe stato inteso di impedire gli allargamenti della Francia ma di non urtare le suscettibilità dell'Inghilterra. Queste non sono da voi risparmiate ». Nel riassumere il colloquio dissi che queste espressioni avrei riferito a V.E. e Sua Signoria rispose confermando con segni di assentimento ciascuna di esse ed aggiunse: «Non accentuate troppo, ma è bene certo che le mie suscettibilità in tutto questo non sono risparmiate». Salisbury ritornerà in città lunedì e mercoledì della settimana prossima, se V.E. crede che qualche spiegazione, anche soltanto relativa alle circostanze di fatto, debba darsi qui non fosse che per attenuare l'impressione d'oggi, gioverà che io ne abbia in tempo utile la comunicazione e le istruzioni corrispondenti (1).

(l) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 11.

(2) -Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 369-370. (3) -Cfr. n. 847.
854

IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL CONTE ANTONELLI (2)

L. PERSONALE. Entotto, 12 novembre 1890.

In mezzo a tutte le vicende della politica scioana, e che ti saranno già note senza dubbio, il silenzio che ho serbato con te non lo interpretare

sinistramente. Tu sai quale amiCIZia e quanta ammirazione, debbo dire anche, quanti doveri mi legano alla tua persona perché tu non possa dubitare di me. È per questa amicizia, è per questa devozione che io non volevo essere il primo a darti delle notizie che ti debbono ferire il cuore. L'amico verso l'amico, io credo, deve essere portatore di liete novelle.

È lontana da me l'idea anche del più piccolo dubbio sulla tua condotta, ma tu comprendi quali e quanti doveri mi pesano sulle spalle verso il Governo e troverai giusto tutto quello che ho scritto. Se avessi taciuto, il pasticcio sarebbe arrivato lo stesso agli orecchi del Governo ed ai tuoi. Che cosa avresti detto, che cosa avrebbero fatto al ministero se l'affare dell'articolo 17 fosse arrivato, prima che sui miei rapporti nei giornali stranieri? Non mi sono deciso a scrivere al Governo né per capriccio, né per offeso amor proprio dopo il magro ricevimento di Menelik al residente generale. Vi ho pensato sopra due mesi e la decisione non è venuta in me se non quando l'imperatore mi ha mostrato il trattato ed ha minacciato di ricorrere alle Potenze per protestare e per dichiarare che lo spirito dell'articolo in parole nel testo amarico non lo obbligava punto a servirsi del R. Governo nella trattazione degli affari cogli altri Gabinetti di Europa. Ero in questo bivio: o d'ingannare il ministero tacendo (senza però evitare che il guaio venisse a sapersi da altra parte) o d'illuminarlo anche a costo di procurarti un dolore. Ho preferito parlare perché ti conosco tanto patriotta e perché so che avresti giudicato giustamente il mio operato.

Quando io ebbi l'intervista col re per discutere di questo malaugurato articolo 17, volli in certo modo far ricadere la colpa sull'interprete grazmag Jusef che naturalmente ha saputo difendersi dicendo che lui non conosce la lingua italiana e che ha sempre tradotto quello che tu gli hai dettato in francese; che sapevi bene quale differenza correva nella lingua amarignà fra ... e ... (1). In suo favore intervenne anche il re che disse avere lui accomodato il testo amarico, secondo i suoi desideri, testo che tu poi traducesti in italiano. Anzi disse di più: disse che quando tu nel Tigré gli facevi rimostranze per la lettera che aveva scritto all'imperatore di Germania ti domandò: «sono forse io obbligato a servirmi del Governo italiano?'> e che tu gli rispondesti che no, ma che però avrebbe usato cortesia al nostro Governo se lo avesse fatto.

Tutto questo, le lettere d'Inghilterra e di Germania che mi consegnaste, da presentare e gl'intrighi attivissimi dei nostri avversari non mi hanno permesso di discutere né di convincere l'imperatore in nostro favore. Ero riuscito a scongiurare il pericolo che Sua Maestà inviasse proteste alle Potenze, quando all'ultimo momento e quando il mio corriere era già partito scrisse una lettera alla regina d'Inghilterra e non me la notificò che quando era già molto lontano da Entotto sulla via dell'Harar. Tu che mi conosci comprenderai quanto debbo aver sofferto e soffro per me e per te. Dirti che vedo chiaro nella situazione attuale, mentirei perché mi pare che siano troppi i Governi interessati a che noi non riusciamo in Etiopia; questi Governi saranno felici

se agli attuali imbarazzi ne potranno aggiungere degli altri e non mancheranno di dar consigli al nuovo imperatore. È tanta la sfiducia che è nata che oggi Menelik non crederebbe neppure ad un miracolo che noi italiani sapessimo fare.

Unica ancora di salvezza è forse l'accomodarsi in ogni modo con Menelik salvo poi a creargli tali e tanti imbarazzi da ridurlo umile e bisognoso del nostro aiuto come ai felici tempi dell'imperatore Giovanni. Non ti suggerisco i mezzi per raggiungere lo scopo. Conosci troppo questi paesi e sei talmente potente al ministero da non averne bisogno.

Credo di averti detto tutto e spero che mi saprai comprendere. Per la mia salute e per maggiormente delucidare la situazione al Governo, avrei dovuto subito correre a Roma, ma ho deciso di rimanere al mio posto per evitare maligne insinuazioni e mando in mia vece il dottor Traversi. Da lui saprai più ampiamente tutto.

Conservami la tua amicizia ora più preziosa per i momenti difficili.

(l) -Cfr. n. 857. (2) -Ed. In Crispi e Menelich, cit., pp. 211-212.

(l) I punti di sospensione stanno per due parole !n amarico. Cfr. !n proposito il n. 907.

855

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. CONFIDENZIALE 1420/586. Berlino, 14 novembre 1890 (per. il 16).

J'ai eu connaissance par le secrétalre d'Etat et peu après par le chancelier impérial des différentes questions qui ont été touchées dans l'entrevue de Milan (1). Des vues qui ont été échangées, on peut induire dès à présent que le renouvellement de la Triple Alliance à l'expiration des traités ira de soi, sauf les modlfications partielles qui seraient désirées de part et d'autre au mleux des lntérilts réciproques des Hautes Partles contractantes.

Le général de Caprlvl m'a laissé en outre entendre qu'il ne partageait pas la manlère de voir de son prédécesseur, que les relations commerciales n'avaient rien à faire avec les rapports internationaux. Il importait au contraire entre alliés de renforcer toujours plus, autant que se pouvait, les liens, et certes les intérets économiques sont bien de nature à etre pris en sérleuse consldération pour démontrer jusqu'à l'évidence les avantages qui résultent des accords politiques. Une entente entre l'Italie, l'Allemagne et l'Autrlche serait donc assez indiquée à cet égard aussi. Les pourparlers avec le Cabinet de Rome ne pourront commencer que lorsque les négociations entre Berlin et Vienne, qui n'en sont encore qu'aux préliminaires, auront abouti à bonne issue. Il faut s'attendre à pas mal de difficultés. D'ailleurs la clause, avec caractère de pérennité insérée dans le Traité de Francfort sur le traitement de la Nation la plus favorisée ne facilitera certes pas la tàche des négociateurs.

Le baron de Marschall m'a parlé sur le meme sujet. Il me confiait qu'à Saint Pétersbourg an voue une extrilme attention aux pourparlers en cours

entre l'Allemagne et l'Autriche pour des concessions douanières. Le Gouvernement russe s'en montre assez préoccupé. Il ne voudrait pas qu'il en résultat une diminution de ses exportations par ces importants débouchés. En voie indirecte, il a fait sonder le terrain ici pour savoir s'il n'y aurait pas moyen de s'entendre pour une réduction des droits. Il a été répondu que la Russie ayant pris, depuis nombre d'années, l'initiative d'élever très haut son tarif, il n'appartenait pas à l'Allemagne de présenter des propositions, mais bien au Cabinet de Pétersbourg. Elles seraient examinées attentivement et alors le Cabinet de Berlin aviserait s'il était le cas et jusqu'où il pourrait entrer de son còté dans la voie des concessions. A Paris aussi, on a l'oeil très ouvert sur les dispositions qui se manifestent à Rome, à Berlin et à Vienne de former un groupe commerciai avec des tendances qui ne cadreraient pas avec les doctrines ultra-protectionnistes qui prévalent aujourd'hui en France ou du moins dans les corps législatifs.

(l) Cfr. nn. 848 e 849.

856

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (1)

R. S.N. Massaua, 14 novembre 1890 (per. il 30).

Prima di partire per lo Scioa credo mio dovere riassumere la presente situazione circa le nostre relazioni coll'imperatore d'Etiopia.

Due sono le questioni sollevate dall'imperatore. La prima riguarda la interpretazione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli. La seconda quella della linea dei confini dalla parte del Tigrè.

Nella prima di queste questioni Menelik agisce poco correttamente, ed evidentemente sotto l'influenza di europei avversari dell'Italia. Se la traduzione amarica non è corrispondente al testo italiano, essendo stato traduttore il segretario ed interprete dell'imperatore, siamo noi, più che l'imperatore, che abbiamo motivo di lamentarcene.

Il Trattato di Uccialli fu presentato a Menelik mentre era ancora vivente re Giovanni, e quando dalla parte di Massaua non era cessato lo stato di guerra. In quell'epoca ciò che più interessava al Governo italiano era di ristabilire la pace coll'Etiopia e se Menelik, nelle trattative, avesse domandato, con insistenza di sopprimere tutto l'articolo 17, gli sarebbe stato accordato, come gli furono accordate molte varianti al progetto ministeriale per vari altri articoli di quel Trattato.

Di più, nelle trattative, oltre la traduzione, ogni articolo, parola per parola, era commentato e furono dati tutti gli schiarimenti possibili perché l'imperatore si formasse un concetto esatto degli obblighi a cui si impegnava. Ciò risulta dal mio rapporto all'E.V. in data... (2) e dalla copia amarica, de

positata presso codesto ministero, nella quale si vedono le diverse varianti fatte fare dall'imperatore durante la discussione. Su questa questione ho argomenti validissimi per richiamare l'imperatore all'osservanza dei patti firmati e rimuovere ogni contestazione.

Resta la questione dei confini.

Come è noto a V.E., fu domandato all'imperatore un confine che accordò più vasto di quello che il Ministero della guerra aveva indicato come massimo.

Non appena firmato il Trattato fu trovato che il confine era insufficiente e nel settembre 1889 il comandante superiore di Massaua domandava si ottenesse l'Hamasen.

Colla convenzione addizionale del 1o ottobre 1889 (1), mettendo nell'articolo III il riconoscimento dello stato di fatto, si sperò aver sistemata la questione.

Menelik ratificò detta convenzione facendo osservare che nell'ottobre 1889 Io stato di fatto dove era stata innalzata la bandiera italiana non oltrepassava l'Asmara; ma dopo molta ed animata discussione cedette la linea Sciket, comprendendovi quasi tutto l'Hamasen.

Menelik nominò i delegati i quali però giunti a Massaua dovettero tornarsene senza nulla concludere.

La linea di confine non poteva essere altra che quella del Mareb-BelesaMuna. Questo fatto fece pessima impressione su degiac Masciascià, che doveva presiedere come delegato per la delimitazione dei confini e rappresentare Menelik nel Tigrè.

Altri fatti, di minore importanza ma che certamente devono aver mal prevenuto l'imperatore, erano accaduti da rendere malcontento l'inviato di Menelik. Fra questi va notato che giunto Masciascià al Mareb gli fu vietato di passarlo e non potè ottenere il passaggio che dopo quattro giorni di aspettativa sulla riva sinistra.

Il grasmac Sador, uno dei delegati, perchè uomo che rappresentava ras Mangascià, fu trattato con più riguardi che il rappresentante di Menelik. II Sador uomo furbo e venale faceva credere che ras Mangascià avrebbe ceduto anche il Mareb. Si noti però che dopo l'atto di sottomissione all'imperatore quella cessione sarebbe stata nulla perchè il Tigrè non apparteneva che all'imperatore.

E qui sarebbe troppo lungo enumerare tutti i malintesi che in quel tempo nacquero. Si arrivò quasi a voler far credere che il Governo non doveva trattare con Menelik, ma coi capi del Tigrè. Mentre a me risultava che nella discussione relativa ai confini erano stati appunto i capi del Tigrè ad accusare Menelik di vendere il loro Paese all'Italia e domandare l'autorizzazione di poter riprendere l'Asmara.

E cosi, nel momento che si era ottenuta una prima sistemazione delle nostre cose d'Africa, tutto rimaneva in sospeso a discapito della nostra influenza. Infatti degiac Masciascià trattato quasi come nemico e grasmac Sador messo a parte di confidenze molto gelose, devono avere agito in modo che Menelik ha creduto di essere tradito dall'Italia.

Ras Mangascià ed Alula che sono i più interessati nella questione del

Tigrè cercarono ed ebbero documenti per provare la loro fedeltà all'imperatore e forse ottenere l'autorizzazione di riprendere a loro rischio e pericolo l'Hamasen.

A queste informazioni, provenienti dalla parte dei nostri possedimenti, sono da aggiungere quelle mandate da Zeila e da Ras Gibuti. Di Francia, dove non mancano persone intelligenti ed attive, che hanno vissuto molti anni presso Menelik, gelose dell'influenza italiana nell'Etiopia,

o per interessi personali, molti agenti andarono allo Scioa con circolari scritte in amarico, dove erano riprodotti brani del Libro Verde «Etiopia~ e commenti :::ull:: natificazb:l~ dell'::rticolo 17 del Trattato d.i Uccialli.

Queste circolari per far partito e mettere nell'imbarazzo il re Menelik furono distribuite ai capi dell'imperatore; e gli agenti si presentarono come amici che salvavano l'Etiopia da un errore che comprometteva l'indipendenza dell'Impero. All'azione di questi se si aggiungano le notizie allarmanti del Tigré è facile supporre come Menelik abbia creduto veramente di essere minacciato nella libertà di esercitare la sua sovranità (1).

L'azione del nostro residente per quanto ben diretta fu paralizzata e resa nulla dall'azione di persone che meglio di lui conoscevano il paese e che trovarono il re ben disposto ad ascoltare le loro parole.

Dovendo prendere una pronta decisione, l'E.V. mi ordinava di recarmi alla Corte dell'imperatore, dandomi per istruzione di tenere fermo circa la questione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli, ma di essere meno esigente sulla questione del confine, nella considerazione che mantenendo la nostra influenza su tutto l'Impero etiopico noi ci potevamo contentare di un confine meno vasto.

Giunto ieri a Massaua esposi quanto sopra al nostro governatore generale Gandolfi che, riconosciuta l'importanza politica della situazione, mi dava da sottomettere all'approvazione dell'imperatore un nuovo tracciato, già studiato rapidamente e che comprende nel nostro territorio Halai, Digsa, Gura, Saganeiti, Adi Baro. L'accordo col generale Gandolfi mi fa sperare di poter compiere felicemente il mandato affidatomi dall'E.V. e questa sera stessa partirò per Zeila-Harar-Scioa.

(l) -Ed. in L'Italia in Atrioa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 388-390, in LV 72, pp. 16-18 e, parzialmente, in CRrsPr. La prima guerra d'Africa, cit., pp. 249-252. (2) -La data manca nell'originale. Ma c!r. n. 13.

(l) Cfr. n. 45.

857

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 284 (3). Roma, 16 novembre 1890, ore 19,15.

Con telegramma 8 corrente (4) generale Gandolfi riferì che emiro Kassala aveva scritto al nostro comandante a Biscia intimandogli sgomberare. Aggiun

parte».

( 4) Cfr. n. 844.

se nel telegramma che attendibilissìme informazioni portavano che dervisci aspettavano per attaccare l'arrivo solo di alcuni rinforzi già in marcia dal Gallabat. Naturalmente Gandolfi è costretto tenersi pronto per le imminenti ostilità, essendo fuor di questione che si possa con indecorosa ritirata compromettere la nostra posizione ed il nostro prestigio su tribù protette. La nostra azione, se obbligati ad essa, sarebbe assolutamente difensiva, ma non giova nascondere che in caso di vittoria non potremmo rinunciare ai suoi frutti. Siamo a Biscia, a poca distanza da Kassala dove i dervisci ingrossano e donde siamo minacciati. Assicuro però che non moveremo se non saremo attaccati. Comunichi quanto precede a Salisbury. Duolmi che Sua Signoria mal corrisponda alla cortesia colla quale volemmo informarla subito della situazione in cui ci troviamo, attribuendoci ambizioni che non abbiamo. Lord Salisbury al quale parrebbe rincrescere che il suo predecessore abbia consentito l'occupazione di Massaua, dovrebbe ricordare che 1'11 aprile 1888 io gli feci dichiarare per mezzo di Catalani essere io disposto a ritirare le truppe da quella località se l'occupazione della medesima non riuscisse di vantaggio all'Italia e chiedere su di ciò l'avviso di Sua Signoria. Lord Salisbury rispose consigliandoci a rimanere (1). Non posso credere che il favorevole consiglio avesse per tacita condizione di non trarre profitto della nostra occupazione, anzi di rimanere in Africa a tutto nostro danno. Nelle trattative di Napoli non insistemmo che per ottenere la frontiera necessaria alla difesa e al benessere dei nostri possedimenti. Aggiungo per norma di linguaggio di V.E. che il R. Governo non può e non intende cedere. Chiudo informandola che col cancelliere germanico non si tenne discorso delle cose d'Africa e che la notizia data in proposito dal Times non ha fondamento.

(l) Si pubbllca qui il seguente passo del T. coloniale riservato 879 di Pestalozza del .12 novembre: «Fido di Abd el Raman scrive da Scioa che avendo visto Menelik ha capito che l'imperatore cerca di creare guerra tra italiani e francesi per liberare se stesso dall'una e dall'altra

(2) -Ed., con varianti, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 244-245. (3) -Risponde al n. 853.
858

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 889. Londra, 17 novembre 1890, ore 13,10 (per. ore 17,10).

Lord Salisbury, al quale ho domandato quali informazioni avesse avute dagli agenti inglesi, mi ha letto due estratti di rapporti. In uno è detto che persone a Suakin ed a Kassala dicono che in quest'ultima località le forze dei dervisci sono diminuite, sia per essersi portati in parte a Tokar, sia a causa della carestia. In un altro è detto che la situazione dei dervisci è alquanto migliorata, essendosi essi riforniti di grossa quantità di derrate per mezzo dei porti italiani. Il negoziante di Massaua Alì Tahia è indicato come uno dei principali fornitori. Ho fatto a lord Salisbury la dichiarazione ordinatami nella

prima parte del telegramma di V.E. di ieri (1). Sua Signoria mi rispose che egli non contestava il diritto dell'Italia di punire l'audacia dei dervisci; egli non voleva discutere la minaccia, né la probabilità della guerra; non riconosceva però che l'inseguimento sovra il territorio, che cinque anni or sono apparteneva all'Egitto, desse diritto all'Italia di ritenere quel territorio come sua conquista.

(l) crr. serie II, vol. XXII, n. 14.

859

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. PERSONALE SEGRETO S.N. Torino, 17 novembre 1890, ore 15,45.

Decifri ella stessa. Al ricevimento di ieri feci una esatta esposizione a de Bruck delle cose dette e stabilite col signor di Caprivi nella conferenza del 7 a Milano (2). Gli argomenti furono due, cioè l'alleanza politica e il progetto di una lega commerciale fra gli Stati alleati. Su ciò non appena tornerò Roma dirigerò una lettera particolare a V.E. per sua norma (3).

860

IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (4)

T. COLONIALE RISERVATO 893. Massaua, 17 novembre 1890, ore 16,15 (per. ore 8 del 18).

Entotto, 8 ottobre 1890 n. 3 (5). Ricevuti telegrammi V.E. 10 luglio circa missione Pestalozza e 18 luglio circa accordo per determinare in Africa zona d'influenza (6). Avvisai Pestalozza di procedere cautamente perchè Menelik ritiene l'Aussa sua e sultano suo luogotenente, per non sollevare nuova questione. Confermo il mio rapporto del 29 agosto n. 1174 (7). La questione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli mette in ultima linea tutte le altre. La contestazione di quell'articolo rende la situazione molto difficile e scabrosa la trattazione degli affari; questa contestazione toglie a me ed alla nostra politica coloniale il principale punto d'appoggio. Menelik dice di riconoscere il testo amarico qual'è e non quello italiano che trova tradotto con inganno. Menelik mi fece

capire di non rivolgersi alle Potenze se prima non riceveva risposta alla lettera che scrisse a S.M. il Re; in ultimo non potè tenersi. Scrisse a S.M. la Regina d'Inghilterra trascrivendole il testo amarico dell'articolo. Menelik certamente non farà passare più nulla dei suoi affari colle altre Potenze per le mani del R. Governo. Ostentatamente già mi lascia in disparte nella trattai:ione di qualunque affare politico. La lettera a S.M. il Re sull'articolo 17 (l) non mi fu comunicata, fu mandata a raggiungere il corriere già partito da parecchi giorni. Accennai al re d'inviare alle Potenze la circolare a senso del secondo dispaccio di V.E. Mi sembrò opportuno di non insistere: l) perchè se Menelik invierà la circolare non si servirà di noi; 2) perchè con questa circolare si solleverebbe una nuova questione per l'Aussa che Menelik ritiene sua. Se l'articolo 17 non potrà essere da noi sostenuto cesserà ogni idea di protettorato. In tal caso vedo per noi conveniente lasciare aperta la discussione sui confini dell'Impero etiopico. In conclusione significo a V.E. che mi trovo qui in una situazione difficile, umiliante, indecorosa ed oramai insostenibile. Avverto però che dico questo come restdente generale e per amore del decoro della mia patria. Come privato i miei rapporti con tutti non potrebbero essere migliori. Ripeto qui che non bisogna confondere il povero re di Scioa tremante di fronte al re Giovanni coll'erede potente e fortunato che scorda amico e benefattore. Allora Menelik pur di riuscire firmava cambiali a babbo morto e mentre aspettava Antonelli dall'Aussa trattava di pace coll'imperatore e faceva guardare Traversi e Ragazzi che dovevano essere l'olocausto designato in caso di pace. Le condizioni del paese sono tristissime; la fame infierisce e si temono guai peggiori. È giunto il prancese Chefneux senza i dieci cannoni a tiro rapido. Sono rimasti all'Erer per difficoltà create dai danakili. Prezzo di questi cannoni ventitremila talleri ed il permesso di esportare sale dal lago Assai. Il francese viene a chiedere a Menelik danaro ed aiuto per fare venire l'a carovana. L'influenza è giunta fin qui. Io stesso ne sono rimasto colpito. Entro ora in convalescenza. Resoconto manderò fine d'anno; debbo prima

regolare alcune partite con Capucci che non è ancora arrivato.

(l) -Cfr. n. 857. (2) -Cfr. n. 848. Il suggerimento di informare Bruck del contenuto dei colloqui con Caprivi era stato dato da Nigra. (Cfr. in proposito il T. riservato 162 di Crispi a Nigra del 16 novembre, non pubblicato). (3) -Cfr. n. 875. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 376-377. (5) -Questo telegramma ripete una parte del rapporto ed. al n. 764. (6) -Cfr. n. 588 e il T. coloniale riservato 498 ed. in L'Italia ìn Africa, vol. cit., p. 261. (7) -Cfr. n. 717.
861

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 289. Roma, 20 novembre 1890, ore 17,30.

Non è vero che i dervisci siano stati forniti di vettovaglie dai porti italiani (3) e le nostre autorità non sono cosi stolte da permetterlo; come non è vero che i dervisci non si agitino e non si preparino ad un'azione contro di noi.

40 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

Ìl Foreign Office è male informato, e io è certamènte da nostri némici intéressati a mettere dissidii tra l'Inghilterra e l'Italia. Kassala fu abbandonata dagli egiziani e ceduta agli abissini; e lo provammo. Del resto, sarebbe nuova teoria di diritto internazionale quella, che una terra, la quale potesse essere conquistata col nostro sangue e col nostro danaro, dovrebbe essere restituita all'Egitto pel solo motivo che l'Egitto l'ha altra volta posseduta. Con questa teoria nessuna sovranità sarebbe salda in Europa. Nel mondo reale diritti ideali non esistono. Kassala oggi appartiene ai dervisci ed apparterrà ai medesimi finchè non ne saranno scacciati. Allora apparterrà a colui che l'avrà conquistata. Dissi già a Napoli a sir Evelyn Baring ed a lord Dufferin che, se l'Inghilterra ci garantisse dai dervisci, non avremmo ragione di fare un passo innanzi e rimarremmo fermi nei nostri possedimenti. Siccome essa noi vuole o noi può, è ingiustizia chiedere da noi la rinunzia ad un diritto per noi indiscutibile. Il contegno di lord Salisbury in questi ultimi tempi non è più quello di altra volta e non so comprenderne il motivo. Fo appello alla di lei prudenza ed alla di lei esperienza per rendercelo come prima simpatico.

(l) -Cfr. n. 735, nota 2. (2) -Minuta autografa; ed. In L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 377 e In c. ZAGHI, La conquista dell'Africa. Studi e ricerche, Napoli, Istituto universitario orientale, 1984, pp. 544-545. (3) -Cfr. n. 858.
862

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATISSIMO 414/229. Belgrado, 24 novembre 1890 (per. il 2 dicembre).

Quando nel settembre scorso ebbi l'onore di sottomettere a V.E. alcune mie idee sui vantaggi che potrebbe ritrarre l'Italia spiegando la propria influenza protettrice e civilizzatrice sulle popolazioni dell'Albania, l'E.V. m'invitava ad esporle più diffusamente il mio • concetto, e ad indicarle il piano che, a mio avviso, si dovrebbe adottare pel conseguimento di questo scopo. Adempio oggi all'incarico che V.E. volle affidarmi.

L'Austria-Ungheria, già in possesso di tutta la costa della Dalmazia rinforzata dall'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, mira ad estendere il proprio dominio sul rimanente della costa orientale dell'Adriatico. Non potendo, per il momento, assorbire il Montenegro, essa si contenta d'essere padrona delle bocche di Cattaro, e volge intanto il suo pensiero alla conquista dell'Albania. A questa conquista essa va da anni preparando lentamente, segretamente il terreno. Basterebbe a provarlo, senza tener conto degli altri mezzi adoperati dal Governo austro-ungarico per rendersi amiche le popolazioni albanesi, l'arte colla quale ha saputo eliminare man mano l'elemento religioso italiano che da secoli era stabilito in Albania, e sostituirlo con missionari reclutati nelle province del suo Impero. Conscio che il clero è il più potente strumento di propaganda politica fra le popolazioni orientali, esso ha trovato un nuovo

rnezzo di utilizzarlo al suoi fini, istituendo, d'intesa colla Santa Sede, un seminario ad Innsbruck dove i giovani albanesi, che vogliono dedicarsi al sacerdozio, sono mandati ad istruirsi nelle discipline ecclesiastiche, e da dove, dopo alcuni anni, sono rimandati in patria ad esercitarvi il sacro ministero ed a propagarvi le idee politiche che lor furono inculcate nel seminario austriaco. Quantunque il risultato sin qui ottenuto non sembri essere guari in proporzione agli sforzi impiegati, pure è evidente che, se lasciato agire a suo talento come lo fu sinora, il Gabinetto di Vienna a lungo andare verrà a capo delle diffidenze che gli albanesi nutrono a suo riguardo, e finirà per rendere quelle popolazioni se non proclivi, per lo meno indifferenti all'idea di una soggezione all'Austria-Ungheria. Ora il giorno in cui l'Austria-Ungheria divenisse padrona dell'Albania, noi dovressimo rinunciare per sempre a quel predominio sull'Adriatico che è secolare aspirazione dell'Italia. Sarebbe quindi della massima importanza per noi d'impedire siffatta eventualità, esiziale tanto ai nostri interessi politici che ai nostri commerci.

Tra le varie razze stabilite nella penisola balcanica l'albanese occupa un posto a parte. Per origine, per lingua, per religione, per abitudini, essa nulla ha di comune colle nazionalità che la circondano. Fiero, indomito, geloso delle sue tradizioni e della sua individualità, il popolo albanese mal si assoggetterebbe, il giorno. in cui dovessero regolarsi definitivamente le sorti degli Stati balcanici, ad essere assorbito sia dalla Grecia, che dal Montenegro, dalla Serbia o dalla Bulgaria, dai quali lo dividono antipatia di razza e diversità di culto. D'altra parte, se eretta a Stato indipendente, l'Albania non potrebbe, per l'esiguità del suo territorio, trovare in se stessa gli elementi necessari di resistenza contro l'avidità degli Stati vicini; ed essa dovrebbe necessariamente rivolgersi a qualche Potenza europea ed invocarne l'appoggio materiale e morale. Ora, tra i grandi Stati d'Europa, nessuno più dell'Italia si presterebbe a quest'azione protettrice, sia per le simpatie inveterate che legano ad essa il pòpolo albanese, sia per l'opportunità della vicinanza, sia per la facilità e la molteplicità delle relazioni commerciali che potrebbero stabilirsi tra le due coste. Esclusa assolutamente l'idea di una conquista o di un'annessione dell'Albania, perchè di difficile attuazione e di dubbio profitto l'Italia dovrebbe dunque limitarsi a prendere sotto la sua speciale protezione il nuovo Stato albanese, e, pur rispettandone i principi di autonomia e d'indipendenza, contribuire colla propria civiltà, colla propria industria e coi propri commerci al progressivo benessere di quelle popolazioni. Paralizzare l'azione dell'Austria-Ungheria in Albania e prepararvi il terreno ad un eventuale protettorato dell'Italia, tale sarebbe il compito che noi dovressimo prefiggerei.

Per raggiungere l'intento dovrebbesi iniziare una doppia azione simultanea, politica ed economica. Per mezzo di persone fidate, che entrerebbero in amichevoli rapporti coi membri più influenti delle varie tribù, dovrebbesi ravvivare il ricordo delle simpatie che l'Italia ha sempre dimostrato alle popolazioni albanesi, lusingare le loro idee di autonomia, infondere nel loro animo la persuasione che al momento di deliberare sulle sorti di quel Paese, il Governo italiano non consentirebbe all'assorbimento dell'Albania da qualche Stato

vicino; intromettersi indirettamente nelle loro intestine discordie prestando opera di conciliazione, in poche parole abituare siffattamente il popolo albanese a contare sull'amicizia e sull'interessamento dell'Italia che, maturandosi gli eventi, esso abbia a rivolgersi spontaneamente a noi ed a richiederci della nostra protezione. Queste 'lusinghe, sparse colla dovuta destrezza e circospezione, specialmente tra le tribù cattoliche, potrebbero essere di quando in quando accompagnate da modeste elargizioni a titolo di beneficenza, da piccoli doni ai capi delle tribù, dall'ammissione gratuita dei ragazzi nelle nostre scuole locali, e dall'offerta di qualche posto gratuito negli istituti di educazione in Italia. Senonchè 1a nostra azione diretta sulle popolazioni albanesi non potrebbe riuscire ad un risultato soddisfacente senza un'intesa col principe di Montenegro. Il Montenegro, circoscritto da angusti confini, anela a nuovi acquisti tra i quali figura quel tratto dell'Albania che si estende sino a Scutari ed al corso della Bojana. Il concordato conchiuso alcuni anni or sono colla Santa Sede ebbe appunto per obiettivo di rendere le tribù cattoliche, stabilite su quel tratto di territorio, meno avverse ad un'eventuale annessione al Montenegro. Date queste aspirazioni converrebbe cercare di propiziare il principe Nicol,a alla progettata azione dell'Italia in Albania. Con le necessarie cautele, poichè si avrebbe a che fare con un uomo sommamente scaltro e poco scrupoloso, si potrebbe rappresentargli come l'Italia, che in ogni tempo ha coltivato relazioni di commercio colla costa orientale dell'Adriatico, avrebbe tutto l'interesse a trovare nella vicina Albania un nuovo campo di attività commerciale, e sarebbe in pari tempo lieta di contribuire coi lumi della propria civiltà allo sviluppo materiale e morale di quelle popolazioni; e quando a queste entrature il principe facesse buon viso si potrebbe fargli comprendere come l'azione civilizzatrice che l'Italia si proporrebbe di esercitare in Albania non creerebbe alcun ostacolo ai progetti del Montenegro, ma renderebbe anzi più facile la realizzazione delle sue speranze. Il timore di una più o meno prossima occupazione dell'Albania da parte dell'AustriaUngheria è troppo vivo nel Governo di Cettigne perchè questi non abbia a favorire qualsiasi progetto inteso a scompaginare i piani del Gabinetto imperiale; a più forte ragione se il progetto venisse formulato dall'Italia la cui influenza o presenza in Albania non potrebbe riescire che vantaggiosa agli interessi del Montenegro. Tenuto conto dei pochi elementi locali di cui potressimo valerci, soprattutto nei primordi della nostra azione, il consenso del Montenegro sarebbe un fattore indispensabile al successo dell'impresa; e tutto induce a ritenere ch'esso ci sarebbe accordato.

La nostra azione politica diverrebbe più efficace se congiunta od, a meglio dire, completata da un'azione sul terreno economico. Il popolo albanese trovasi ancora in uno stato di semi-barbarie. Delle scienze, delle arti, delle industrie esso non conosce che i primi rudimenti; ad onta della fertilità del suolo, vive in condizioni miserevoli perchè non sa o non può trarne profitto. Converrebbe venire in suo aiuto con l'opera e col consiglio, insegnargli a sviluppare le proprie risorse ed a crearne di nuove. V'ha in Albania mancanza quasi assoluta di vie di comunicazione; noi dovressimo stimolare, quanto più è possibile, la costruzione di queste strade, specialmente di quelle che

dall'interno del Paese condurrebbero al mare, le quali, rendendo possibile l'esportazione dei prodotti locali, aprirebbero a quelle infelici popolazioni una nuova era di relativo benessere. Dovressimo egualmente procurare che si stabiliscano frequenti comunicazioni marittime tra l'Italia e l'Albania, perché quanto più attivo faremo il commercio tra i due Paesi tanto più famigliari si faranno i rapporti tra l'elemento italiano e l'elemento indigeno, e tanto più necessari ci renderemo alle popolazioni albanesi. Ma più che tutto dovrebbe starei a cuore la progettata ferrovia che partendo da Leskovatz andrebbe a raggiungere l'Adriatico nelle vicinanze di Alessio. La costruzione di questa strada ferrata che metterebbe i varii Stati della penisola balcanica in comunicazione diretta col mare Adriatico, dovrebb'essere da noi in tutti i modi caldeggiata, non solo perché aprirebbe un nuovo e largo sfogo ai nostri commerci, ma altresì perché potrebbe divenire un potente ausiliario dell'azione morale che vorressimo esercitare in Albania. È ormai provato dall'esperienza di questi ultimi anni che nei lavori ferroviari l'elemento operaio italiano è sempre preferito a qualunque altro, perchè più esperto nell'opera sua, e meno esigente nella mercede. Alla costruzione della strada ferrata da Belgrado a N~sch furono impiegati più di 1.600 dei nostri operai, e siccome molti di essi avevan condotto seco la famiglia, puossi calcolare che a circa 2.000 ascendessero gli italiani venuti a soggiornare in Serbia durante quei lavori. Se un eguale e forse maggior numero dei nostri operai fosse addetto alla costruzione della linea Leskovatz-Alessio, essi potrebbero divenire un inconscio, ma efficacissimo strumento di propaganda; la presenza continuata di parecchie migliaia di italiani, sparsi su un lungo tratto di territorio albanese, finirebbe per creare tra i nostri operai e la popolazione indigena uno scambio di rapporti di cui potressimo trarre largo profitto per la nostra influenza avvenire.

Nel sottomettere queste mie idee a V.E. non mi dissimulo punto le difficoltà dell'impresa alla quale si accingerebbe il Governo italiano; trattasi infatti di un lavoro lungo e delicato che esige la massima prudenza, la massima perseveranza accoppiate ad una sicura conoscenza degli uomini e delle cose in Albania; ma son tanti e si gravi gli interessi che per noi si collegano al successo dell'impresa, che mi sembrerebbe prezzo dell'opera di tentarla non solo, ma di impiegare ogni nostro mezzo per condurla a buon fine. Dati i sentimenti della popolazione albanese favorevolissimi all'Italia, non dureresslmo invero fatica ad attirare l'Albania nell'orbita della nostra influenza esclusiva, se non avessimo ad incontrare le diffidenze della Sublime Porta da un lato, ed l maneggi dell'Austria-Ungheria dall'altro. Le speciali relazioni esistenti con quest'ultima Potenza, ed i riguardi dovuti ad un Governo alleato non mi sembrerebbero dover essere una ragione sufficiente per disinteressarci alle sorti avvenire dell'Albania. L'Austria-Ungheria non avendoci mai, ch'io mi sappia, fatto parte delle sue aspirazioni su quel Paese, noi abbiamo tutto il diritto di ignorare ciò ch'essa. va di soppiatto macchinando per impradronirsene. Il giorno in cui il Gabinetto di Vienna vedrebbe i suoi progetti sull'Albania combattuti e seriamente inceppati dalla nostra azione, esso si troverebbe forzato, data l'intimità dei rapporti che corrono tra i due Governi, di farci palesi le sue intenzioni; ed allora noi da queste sue entrature

potressimo trar profitto per deliberare, sia da soli, sia di comune accordo all'Austria-Ungheria, sulle future condizioni politiche dell'Albania, e sul grado d'influenza che dovrebbe esercitarvi l'Italia (1).

863

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE

T. RISERVATO 166. Roma, 25 novembre 1890, ore 16.

Risposta rapporto 18 n. 294 (2). Smentisca recisamente presso governatore ogni notizia relativa preparativi conquista Tripolitania da parte Italia, eccitandolo invece guardare vilayet al confine tunisino.

864

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 908. Londra, 26 novembre 1890, ore 14,42 (per. ore 16,45).

Una corrispondenza da Suakin nel Times dice che nove sambuchi hanno scaricato a Taclai sul litorale italiano provvisioni che formarono una carovana di cammelli diretta a Tokar e Berber. Dal Cairo si scrive allo stesso giornale che il rumore di un attacco dei dervisci di Kassala contro gli italiani, procedente da fonte italiana, è assolutamente senza fondamento, cagiona grande ansietà ed indica l'intenzione degli italiani di continuare una politica di aggressione nel Sudan orientale. Domani visiterò Salisbury.

865

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. PERSONALE RISERVATO 2223/965. Parigi, 26-27 novembre 1890 (per. il 29).

Interprete dei nostri nazionali che nutrono un vero amore per la patria rinnovo a V.E. le nostre più sincere felicitazioni per lo spendido trionfo otte-'

nuto nelle recenti elezioni dal Ministero, cui ella presiede con tanta fermezza e tanto accorgimento. L'ingrata guerra fatta in Francia al R. Governo e più particolarmente alla persona di V.E. contribuì non poco a destare il sentimento nazionale in Italia contro la bandanza di quei follicolari [sic] francesi ed altri stranieri che usarono le armi le più sleali ed ignobili per vituperare il nostro Paese, il nostro Governo, e gli uomini coraggiosi che si assunsero l'ingrato ufficio di amministrare lo Stato. Il colpo fatale per le speranze dei nostri avversari fu dato dal premio di 100.000 franchi elargito dal signor Cernuschi per sostenere il partito radicale nelle elezioni e suscitare un rivolgimento che, secondo le speranze del donatore, avrebbe condotta l'Italia a spezzarsi di nuovo in frantumi di repubblichette, di una delle quali egli potesse diventare presidente, quella di Milano, probabilmente, lasciando campo aperto a tutti gli altri appetiti, fra i quali quelli del Vaticano che in un tale mutamento· troverebbe mezzo di crearsi un nuovo potere temporale. Che un tale pensiero sia nato sotto il Duomo di San Pietro, me lo fa credere il recente atto del cardinale de Lavigerie, di sottomissione al Governo repubblicano, atto che fu certamente autorizzato dal Sommo Pontefice, quell'atto sarà imitato dagli altri prelati di Francia per creare alla Repubblica un nuovo esercito religioso mercé il quale essa potrà combattere la nostra influenza non solo nei paesi lontani come lo fa attualmente coi suoi missionari, e le sue suore, sussidiati dal Governo della Repubblica, ma cospirare anche col partito rivoluzionario in Italia per sconvolgere i nostri ordini e raggiungere l'ambito scopo di distruggere quella Monarchia che creò l'unità d'Italia. Non bisogna dimenticare che il Regno d'Italia è la delenda. Carthago non solo per il Vaticano ma specialmente per la Francia che .vede in esso una Nazione che si fa ogni giorno più forte e che le può essere d'ostacolo nelle sue immoderate ambizioni.

I fogli pubblici che più avevano combattuto il nostro Ministero sono costretti a confessare la loro disfatta, non senza accompagnare il loro dispetto col vaticinare all'Italia i più tetri destini, coll'esagerare in modo ridicolo il preteso dissesto finanziario senza badate che l'Italia finora non si è segnalata con alcuna bancarotta di Stato mentre la Francia in meno di un secolo ne conta parecchie, senza parlare di quelle che vi hanno grande attinenza, come quella del Comptoir d'escompte ed altre.

Per creare imbarazzi al R. Governo i nostri avversari fanno grande assegnamento sopra la presenza in Parlamento di alcuni deputati noti per l'ardore delle loro polemiche. Ma speriamo che queste non turberanno il corso regolare degli affari.

Un giornale che si mostrò per qualche tempo poco benevolo a nostro riguardo, benché non usasse linguaggio scortese nelle sue polemiche, il Journal, cioè, des Débats, contiene questa mattina un articolo in cui confessa la disfatta dei nostri avversari, e rende omaggio alle qualità governative di V.E., le quali, in questa circostanza, le hanno valso l'appoggio quasi unanime del Paese che giustamente le affida i suoi destini, il tutto espresso con insolito garbo e moderazione però non senza alcune imbecilli frecce umoristiche.

Il signor Ribot, che io vidi quest'oggi al suo ricevimento ebdomadario, non si mostrò sorpreso del risultato delle nostre elezioni: non mancai di fargli osservare che le contumelie della stampa francese avevano prodotto un effetto del tutto contrario a quello cui miravano, col ferire l'amor proprio di popolazioni che hanno un vivo sentimento della propria dignità, nella quale si erano sentite più che mai offese dall'imprudente dono dei 100.000 franchi dati dal Cernuschi per sostenere la lotta elettorale in favore del partito radicale. Quel dono fu considerato come un insulto fatto al Paese che vi rispose coll'escludere dalla rappresentanza nazionale la maggior parte dei candidati di detto partito. In una parola si può dire che se le nuove elezioni sono un trionfo per il Ministero esse sono anche un trionfo per il buon senso del nostro Paese.

P.S. 27 novembre 1890.

In diversi miei rapporti, ed in questo specialmente, mi è accaduto di asserire che la politica ereditarla e dominante in questo Ministero degli affari esteri rispetto all'Italla, fu di opporsi per quanto possibile alla sua unità e quindi di osteggiare tutto ciò che poteva accrescere la sua forza e renderla indipendente dall'influenza francese. Una tale politica risale ad antica data anche al Regno di Enrico IV; essa non ha cessato di esistere. Se ne trova una singolare prova in una lettera del celebre Talleyrand pubblicata dal signor G. Pallain nel suo recente libro Le Ministère Talleyrand sous le Directoire e riprodotta nel Temps d'oggi (27 novembre); in essa il celebre diplomatico dice: «L'intérèt de la République est surtout de rendre nuls tous les efforts qui pourraient tendre à réunir toutes les Républiques italiques en une seule... Cette Républlque deviendrait trop puissante pour que la France n'e11t pas à redouter qu'elle oublHì.t bientot le bienfait de sa création et qu'elle voul11t rivallser avec la Républlque mère. Il y a longtemps qu'on a dit que la reconnalssance n'est pas la vertu des peuples... Fière de sa force l'Italie émanclpée voudra s'affranchir de notre influence. L'Autriche aura peut-l\tre alors le bon esprit d'offrir son alliance à cette République d'Italie sous le prétexte de la protéger contre notre ambition, mais, en effet pour nous punir de l'avoir fondée, et pour se ménager les moyens de l'asservir ou du molns de l'influencer à son tour ,,

Più tardi un simile sentimento esprimeva il signor Thlers in un colloquio che io ebbi con lui a Parigi nel 1858 quando si trattava della costruzione di un modesto arsenale marittimo al Varignano sul golfo di Spezia. Il signor Thiers mi apostrofò vivamente con queste parole: « auriez vous par hasard I'lntentlon d'avoir une marine de guerre?» Io gli dissi: « pourquol pas?, «et bien sachez, monsieur, mi risponde egli, que nous ne vous le permettrons jamais ». A mia volta gll dissi: «et bien sachez, M. Thiers, que nous nous passerons de votre permlssion ».

Il jamais del signor Thlers produsse non più il piccolo arsenale del Varignano, ma il maestoso arsenale di Spezia votato dal Parlamento e principiato, tre anni dopo quella scena, nel 1861, essendo lo ministro della marina e da me inaugurato nel 1867 come presidente del Consigllo.

(l) -Annotazione a margine del dicembre 1891: «Il ministro ne parlò all'an. Chiara, deputato italiano di origine albanese e che ha attinenze molte in Albania. Si cominciò la propaganda aumentando e migliorando le scuole italiane in Albania, coll'insegnamento della lingua locale». (2) -R. riservato 545/294 del 18 novembre, non pubblicato.
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IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. 136/11. Let Marefià, 29 novembre 1890 (per. il 5 gennaio 1891).

Per quanto gli splendidi ricevimenti del Ti:grè facessero strano contrasto con quelli dell'imperatore Menelik al residente generale italiano e per quanto avessi motivo di dubitare delle buone intenzioni del nuovo sovrano di Etiopia, pure non volli decidermi ad avvisarne il ministero, dirò così, a sangue caldo e mi tacqui.

Non fu che dopo due mesi dal mio arrivo e dopo aver bene studiata la situazione nostra ed aver attinto a tutte le fonti, favorevoli e sfavorevoli, ed avere tastato il terreno ovunque mi se ne presentava l'occasione, che mi decisi a scrivere il mio primo rapporto del 29 agosto u.s. n. 117/4 (2). Quel rapporto era l'espressione spassionata ed imparziale di quanto avevo veduto e studiato.

I nostri avversari che fino dalla partenza della missione scioana per l'Italia si erano dato gran moto per indurre nell'animo del re false supposizioni a nostro riguardo, raddoppiarono di lavoro dopo la notificazione alle Potenze del noto trattato. L'articolo 17 fu dipinto a Sua Maestà come il tinis Aetioptae; si volle far credere che, se la parola protettorato non era espressa in quell'articolo, pure ve ne era lo spirito. Si esagerò sul significato della parola protezione. Si fece vedere al re che con quell'articolo, lui ed il suo paese divenivano servi alla discrezione dell'Italia. Il partito indigeno a noi avverso e capitanato dalla regina impauriva l'imperatore colla minaccia che la storia d'Etiopia avrebbe tramandato ai posteri il nome di Menelik con un marchio d'infamia. «Non vi ha esempio nella storia del nostro paese -essi dicono -che un re abbia ceduto provincie agli stranieri e ne abbia accettata la tutela. Per ben altre e dure prove passò l'Etiopia, che coll'aiuto di Dio e colla forza delle sue armi seppe superare :..

Il re Menelik • che, per dirla con frase tutta scioana, è come l'acqua dei canali che va dove la si conduce, • non seppe resistere alla corrente dei maneggi stranieri, nè a quella degli indigeni; nè seppe opporvi argomenti propri. Cosi preparato l'animo dell'imperatore, l'inesatta traduzione dell'articolo 17 fatta rilevare ed ingrandita con arte finissima, distrusse disgraziatamente il nostro lavoro. • Gli italiani per Menelik non sono che degli imbroglioni (tonquallegnà) • ed oggi siamo al caso di vederci impugnare anche le verità più chiare e più patenti.

La malafede orientale, sempre pronta ad accogliere maligne insinuazioni, oggi, per quello che riguarda noi italiani, è tutta orecchi. Nemmeno lontanamente si accenna ad un possibile errore di traduzione, non vi si vede che

l'imbroglio; non si vuoi neppure supporre che l'errore o ad arte, o a malizia, sia stato commesso da qualche indigeno che nella sua vita non ha che tradimenti; l'inganno, dicono, non può provenire che da noi.

In questo stato di cose l'E.V. comprenderà meglio di quello ch'io sappia scrivere la situazione mia e quella dei due residenti di Let-Marefià e di Harar. Io specialmente mi trovo spostato perché Sua Maestà ad arte o per consiglio dei nostri avversari mi tiene lontano da ogni affare. Mentre a me personalmente usa dei riguardi, non ne usa di certo al residente generale. Si va buccinando perfino che Sua Maestà mi faccia guardare nella paura che io scappi. Il grazmac Jusef per tirarsi fuori da ogni responsabilità è il più accanito dei nostri nemici ed a lui forse si debbono tutti i cattivi consigli che ci allontanano sempre più l'animo del re. L'ingegnere Ilg, che forse per il primo, ha fatto rilevare l'importanza dell'articolo 17 e l'errore. della traduzione, oggi è assolutamente il solo cui Menelik presti ascolto.

*Legato com'è, e come è sempre stato, ai francesi, mentre forse riceve danaro anche dagli inglesi, si può considerare come il capo dei nostri avversari.* A Corte fa e disfà; riceve e risponde alle lettere che d'Europa arrivano all'imperatore; dà consigli traduce e spiega giornali, *fa il medico e sempre con una buona dose di malignità all'indirizzo degli italiani.*

Chefneux, arrivato da poco, come ne scrissi all'E.V. Cl) con 15 cannoni a tiro rapido, accompagnato da un suo parente che, per quanto dica di viaggiare en touriste, non cessa per questo di essere ufficiale di riserva nell'artiglieria francese, lavora indefessamente contro di noi. Ilg è il suo mentore ed il grazmac Jusef, *che ha già cominciato a mangiare da questa parte*, il suo sostegno.

Tutti questi, e gli indigeni da noi beneficati e gli armeni e i greci non danno tempo al re di riflettere e dalla mattina alla sera non fanno che ripetere a Sua Maestà: «Vedete se noi avevamo ragione di dirvi che diffidaste degli italiani? » Hanno fatto supporre a Menelik perfino che la Banca nazionale abbia fatto. un affare losco nel prestito dei due milioni. Hanno detto al re che Pestalozza era andato all'Aussa per far atto di possesso di quella provincia, ciò cb.e l)a sempre più inasprito il re contro noi e contro Mohamed Anfari, pel quale (se si deve tener conto dei si dice) forse serba in cuor suo qualche brutta sorpresa. *La domanda di piantare la nostra bandiera a Gildessa colmò la misura e quello che per noi era un atto di sincera amicizia per impedire che altri s'impossessasse dell'Harar fu interpretato. invece come prova delle nostre cattive intenzioni * (2).

L'unione che regna fra noi tre, inviati del R. .Governo, ci sostiene in questa situazione punto facile. *Sarebbe desiderabile di poter dire altrettanto d.ei. nostri commercianti che pare accennino perfino a volersi servire da ora innanzi della via di Gibuti.*

. V.E. avrà rilevato da tutti i miei rapporti e dai miei telegrammi come io mi sia sempre adoperato per ricondurre il re a miglior consiglio, e per distrug

gere le mene dei nostri avversari. Ho· cercato sempre di essere oltremodo conciliativo e per quello che riguarda i confini e per ciò che riguarda l'articolo

17. A togliere ogni dubbio, ho fatto sperare a Sua Maestà che non avrebbe trovato opposizione nel nostro Governo a che quell'articolo fosse corretto in caso di errore. Per il prestito credo di essere riuscito a dimostrare all'imperatore quanto fossero false le accuse di affari loschi. La missione del signor cavalier Pestalozza la spiegai tutta in favore di Menelik. Dissi che era andato all'Aussa per indurre il sultano Anfari a piantare la bandiera etiopica sul lago Assai * prima che i francesi vi arrivassero. Accennai ane mene di questi ultimi per impadronirsi definitivamente di questo lago. * Non so quanto Sua Maestà abbia prestato fede alle mie parole ora che in tutto e per tutto du.,. bita di noi.

*Secondo me, non credo .che nuocerebbe alla nostra azione che i fran.., cesi occupassero Assai senza il consenso dell'imperatore, tanto più che quel lago, per .essere fra. Gibuti ed Obok, non potrebbe mai appartenere completamente alla nostra sfera d'influenza.

Non voglio credere che Menelik abbia dimenticato, o che sarebbe per di-, menticare in tale caso .tutte le vive proteste che. qualche anno fa .indirizzò alla Francia per mezzo nostro a proposito dal lago in discorso.

Si vocifera che a Ghaz, capo di Herrer,-i franc.esi abbiano dato .mille. talleri . e la loro. bandiera coll'obbligo, in momento propizio, di innalzarla in questo paese. Non so quanto vi sia di vero: è un fatto però che il loro lavoro è attivissimo e che corrieri. da Obok vanno e vengdno frequentemente. Il governatore. di Obok avrebbe. offerto armi e munizioni in quantità all'imperatore e si dice anche che vi siano offerte per pagare .il debito di due milioni all'Italia.

Pare a me che nelle identiche nostre condizioni si trovi pure il r. residente di Harar, dove monsignor Taurin sarebbe il consigliere ed il confidente di Makonnen.*

Questo, purtr-oppo, e non esagerato, è il quadro della nostra situazione in Etiopia. Se avessi taciuto avrei mancato al mio dovere, ed oggi che non ho alcun dubbio su quanto ho fatto noto a V.E. a meglio chiarire la situazione, in virtù dei-pieni poteri che mi furono accordati; ho deciso di mandare a Roma il dott. Traversi perchè spieghi a viva voce a V.E. tutto quello che è passato dall'invio della missione in Italia fino ad ora. Il ritardo dei corrieri, punto interessati a far presto; in-un momento tanto interessante, potrebbe nuocerei

• d'avvantaggio •. Mi pare urgente che cotesto ministero prenda subito una decisione, qualunque essa sia, per uscire dall'equivoco e per togliere il residente generale ed i colleghi da una posizione· umiliante.

È in questo pensiero che ho pregato il dottor Traversi di recarsi in Italia al più presto possibile. Questo egregio funzionario, penetrato egli pure della gravità della situazione, ha di buon grado accettato, impegnandosi di fare tutto il possibile per andare e tornare in tre mesi.

Non ho bisogno di raccomandare all'E.V. il dottor Traversi, che è già noto per i suoi precedenti e per i retti suoi giudizi che ripetutamente dette sulle cose e sugli uomini di Etiopia in tempi relativamente lontani.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, clt., pp. 418-421, quasi integralmente in Crispi e Menelich, clt., p. 233 e, con data errata 20 novembre e l'omissione del passi fra aster!eh!, in L V 72, pp. 54-56. (2) -Cfr. n. 717. (l) -Cfr. n. 860. (2) -Il passo fra questi asterischi manca anche in L'Italia in Africa, vol. cit.
867

IL RESIDENTE GENERALE IN ETIOPIA, SALIMBENI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. RISERVATO 150/25. Let Marefià, 29 novembre 1890 (per. il 5 gennaio 1891).

Risposta al dispaccio 20 agosto 1890 n. 30127 (senza n. speciale) (2) pervenuto in Entotto il 23 novembre 1890.

Ho presentato a Sua Maestà la lettera del conte Antonelli. Non spero molto nella efficacia di essa giacchè la situazione morale del prefato conte è qui interamente cambiata. Si può affermare che Ilg abbia preso il suo posto nell'animo del re; ciò si comprende facilmente se si riflette che Ilg ed Antonelli furono sempre avversari.

Accennai già a V.E. col mio telegramma n. 3 dell'8 ottobre u. s. (3) che Chefneux arrivava qui con 15 buoni cannoni a tiro rapido il cui prezzo era stabilito nella somma di 23 mila talleri più la concessione di estrarre sale dal lago Assai. Nel successivo telegramma n. 4 del 5 andante mese (4) notificavo altresì che accompagnava il Chefneux un ufficiale di riserva dell'artiglieria francese e dicevo che i maneggi francesi sono attivissimi.

Io ritengo che essi mirino, approfittando della malaugurata questione dell'articolo 17, a fare con Menelik, di fronte a noi, lo stesso gioco che fu fatto collo stesso Menelik da Antonelli di fronte a re Giovanni. Che, cioè, essi sperino che l'imperatore la rompa definitivamente con noi e venga a trovarsi nelle stesse condizioni paurose sotto l'impressione delle quali firmò il Trattato di Uccialli, che, a mio credere, avrebbe firmato anche se il testo amarigna dell'articolo 17 fosse stato pienamente conforme a quello italiano. Ritengo che allora i francesi cercherebbero di fargli firmare ciò che a loro piacerebbe.

In questa ipotesi io reputo conveniente di agire in modo che Menelik si trovi, si, nelle predette condizioni, non a vantaggio dei francesi, ma bensì a vantaggio nostro; ed è per questo che io mi sono formato il seguente concetto: al Governo conviene aggiustarsi ad ogni costo con Menelik, ritirandosi alla linea di confine stabilita da Antonelli e disdicendo la comunicazione fatta alle Potenze del predetto articolo.

In pari tempo si dovrà far comprendere all'imperatore che, non sussistendo l'articolo 17, noi non abbiamo più il diritto di tutelare i suoi interessi nè al nord, nè al sud; si dovrà creargli tutti gli imbarazzi possibili ed immaginabili d'ogni intorno e lasciare ,che da Obok e da Zeila si manifesti un'azione che inverta le parti, cioè che metta francesi ed inglesi nelle condizioni in cui ora noi ci troviamo. Nel mio rapporto n. 136/11 (5), ho descritto la situazione e il dott. Traversi svilupperà meglio, a viva voce, quanto ho brevemente esposto in questo.

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 421-422.

(2) -Cfr. n. 700. (3) -Cfr. n. 860. (4) -Non pubblicato. (5) -Cfr. n. 866.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. RISERVATO 260. Vienna, 1° dicembre 1890, ore 14,40 (per. ore 17).

Kalnoky mi ha pregato di ringraziare V. E. per la comunicazione da lei fatta a Bruck (2), i cui particolari gli furono confermati da Reuss e Caprivi. I due argomenti (3) saranno studiati ed esaminati a suo tempo. Oggi cominciano le conferenze commerciali fra Austria-Ungheria e Germania. Da esse si vedrà se, e sino a che punto, i due Imperi possano procedere sempre meglio d'accordo fra loro e preparare via a una intesa fra i tre Stati alleati sul terreno economico.

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IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. S.N. Harar, 1° dicembre 1890 (per. il 29).

Come ho avuto l'onore di telegrafare all'E.V. in data 1° dicembre (4) ho trovato ras Makonnen ben disposto ad aiutarmi per risolvere le questioni che abbiamo coll'imperatore. Per meglio provare queste sue buone intenzioni ha domandato il permesso di accompagnarmi fino in Antoto ed io per non attendere una risposta che avrebbe ritardato di molte settimane il mio viaggio ho ringraziato il ras dispensandolo di fare un viaggio così lungo e faticoso.

Circa la questione dei confini, quello indicato dal generale Gandolfi (5) è opinione del ras che sarà accettato da Menelik.

Per l'articolo XVII del Trattato di Uccialli il ras si è tenuto nella massima riserva ma mi sono accorto che riconosce giuste le nostre osservazioni di essere stato cioè quell'articolo tradotto dall'interprete dell'imperatore e che quindi se vi fu trascuratezza fu da parte dell'imperatore e non nostra.

Per la questione d'innalzare la bandiera italiana in Gildessa il ras mi ha ripetuto quello che più volte ha detto al nostro residente che cioè attende istruzioni dall'imperatore.

L'anno scorso mentre ras Makonnen prendeva la via del Tigré venne a sapere che una spedizione inglese condotta dal colonnello Stace minacciava Gildessa. Sotto quella impressione autorizzò il nostro residente che doveva recarsi all'Harar di mettere la bandiera italiana in Gildessa. Sarebbe stata necessaria in quel momento una marci~ rapidissima per eseguire l'ordine del ras, ma invece le condi

zioni della strada da Zeila a Gildessa impedirono la partenza del nostro residente che restò in Zeila molte settimane e quando poté raggiungere la sua residenza ogni pericolo di spedizione inglese era cessato. L'imperatore in Makallé approvò l'operato del ras ma quest'anno essendo passato il pericolo non credo che né l'imperatore, né il ras acconsentiranno di innalzare la bandiera italiana in una località che credevano potere da loro stessi difendere.

A queste osservazioni dal ras ho replicato coll'esporgli che i Governi inglese e francese considerano già Gildessa sotto la loro influenza come risulta dall'accordo del . . . (l) 1888 fra quei due Governi. Che il pericolo dell'anno scorso potrebbe rinnovarsi e che quindi il Governo italiano non potrebbe proteggere Gildessa al momento che una spedizione militare fosse ad una giornata dal luogo. Conchiudevo consigliando al ras di insistere presso l'imperatore ad ottenere quanto consiglia il Governo italiano per prevenire un pericolo possibile. Essendomi accorto che queste ragioni poco persuadevano il ras, perché crede avere abbastanza forza per impedire un'occupazione inglese o francese, gli parlai degli accordi fra tutte le Potenze d'Europa per la delimitazione delle rispettive sfere d'influenza in Africa.

Gli dichiarai che il compito che si era assunto l'Italia in forza appunto dell'articolo XVII del Trattato di Uccialli era quello di sostenere l'integrità dell'Impero di Etiopia ma per sostenerla efficacemente era necessario ed urgente che l'imperatore aiutasse con tutte le sue forze il Governo italiano. Le opposizioni incontrate erano gravi e molteplici specialmente per quello che riguardava il Kaffa l'Ogaden ed il paese dei somali ed era evidente che qualora il Governo d'Italia avesse veduto da parte dell'imperatore indifferenza piuttosto che sostenere come faceva i suoi diritti contrastati cercherebbe di accordarsi colle Potenze europee interessate e lasciare l'Etiopia a subire delle conseguenze che essa stessa non aveva voluto evitare. Se poi l'imperatore riconoscesse, come era da spararsi, i vantaggi dell'intervento italiano non solo non dovrebbe opporsi che si metta bandiera italiana. in Gildessa ma dovrebbe domandare di innalzarla lungo i confini estremi dell'Impero. Ciò facendo si avrebbe per risultato che quelle Potenze le quali non vogliono riconoscere l'Impero d'Etiopia si dovrebbero persuadere che questo Impero esiste realmente e l'Italia potrebbe sostenere ~così la legalità dei confini colla prova del dominio di fatto.

Ras Makonnen trovò giustissime queste mie osservazioni e mi promise che avrebbe scritto all'imperatore ed.io mi affrettai domandare all'E. V. istruzioni che spero. mi raggiungeranno quanto prima allo Scioa.

Ieri parlai al ras della bandiera italiana messa sul lago Assai facendogli osservare come da quella parte ogni minaccia di occupazione francese era cessata. Il ras era informato di quel fatto e Io assicurai che le istruzioni date al nostro inviato all'Aussa erano state date perché d'accordo con l'Anfari si innalzasse la bandiera etiopica, ma che non fu potuta trovare ed in mancanza di quella essendo urgente assicurarsi di quella importante località, fu messa la bandiera italiana. La cosa passò senza altre osservazioni. In tutte le conversazioni avute col ras esso ha sempre insistito perché il Governo nomini un residente generale abile ed auto

revole perché sembra che il conte ·Salimbeni sia deciso a non volere più: restare allo Scioa ed abbia già domandato all'imperatore di !asciarlo partire. Ma su ciò non posso dire ancora nulla riserbandomi di farlo appena avrò conferito col conte Salimbeni.

Dovendo stare però alle informazioni assunte da varie parti risulterebbe che il Salimbeni abbia un po' esagerato la gravità della situazione e che questa esagerazione sia stata causata da un'abile manovra dell'ingegnere Ilg col quale il Salimbeni vive in grandissima amicizia.

(l) Ed. !n CRISPI, Questioni internazionali, c!t., p. 11.

(2) -Cfr. n. 859. (3) -Il rinnovo della Triplice e gl! accordi commercia!! fra le Potenze alleate. (4) -T. coloniale riservato 933, trasmesso da Aden 1'11 dicembre, non pubblicato. (5) -Cfr. l'annesso al R. 600 d! Gandolf! a Crlsp! del 24 novembre ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., pp. 396-397.

(l) La data manca nell'originale.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 601/378. Costantinopoli, 2 dicembre 1890 (per. il 14).

L'unito articolo (l) dell'edizione settimanale del Levant Herald di Costantinopoli, destinata all'estero, fu soppresso dalla censura ottomana nell'edizione quotidiana destinata all'interno. Quell'articolo non contiene se non felicitazioni all'Italia, alle Potenze alleate ed alla Turchia stessa, per l'adesione degli elettori italiani alla politica della Triplice Alleanza. Le tendenze rivelate da tale atto della censura imperiale provano una volta di più quanto sia illusoria la supposizione che il gruppo delle Potenze alleate eserciti una vera preponderanza politica sopra questo Impero, ove l'azione europea non è più efficacemente esercitata se non dagli speculatori che se ne disputano le ultime risorse.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 1519/614. Berlino, 3 dicembre 1890 (per. il 9).

La lettre publiée par l'Univers et adressée par le cardinal Lavigerie à un catholique français au sujet du discours prononcé récemment à Alger, a produit ici une vive impression (2). Le secrétaire d'Etat m'a dit aujourd'hui à ce propos qu'il se rangeait à l'avis que je venais de lui exprimer, à savoir, qu'il était compréhensible que ce cardinal se fit un des porte-drape::m de la République, le seule forme de gouvernement possible dans les conditions actuelles de ce Pays. Mais

il était au moins étrange d'émettre de sa part des prévisions, des affirmations que d'autres Etats suivront l'exemple de la France. Le département impérial n'avait pas de nouvelles positives du jugement porté au Vatican sur de pareilles intempérances de langage. Toutefois, d'après quelques indices, il y avait lieu de supposer qu'elles ne rencontraient pas les suffrages du pape Léon XIII. Le baron de Marschall ajoutait qu'on pouvait admettre que le Gouvernement français avait gagné quelque terrain auprès de certains membres de la Curie romaine, en laissant miroiter à leurs yeux qu'une entente avec Paris, bien mise en relief. favoriserait tòt ou tard les aspirations au rétablissement du pouvoir temporel. Il va de soi que cette évolution pratiquée sous le manteau de la religion et avec le mot d'ordre de ralliement du clergé à la République, est essentiellement dirigée contre l'Italie. Sous l'égide de la Monarchie fortifiée encore, si possible, par le résultat des dernières élections, nul danger sérieux n'est à redouter. Les intransigeants ultramontains cherchent donc par les moyens les moins avouables à saper nos institutions, comme s'ils ne seraient pas écrasés les premiers sous les décombres (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Sull'incidente Lavigerie cfr. A. BILLOT, La France et l'Italie. Histoire des années troubles 1881-1899, vol. I, Parigi, Plon-Nourrit, 1905, ·pp. 263 sgg.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 299. Roma, 4 dicembre 1890, ore 16.

Branchi riferisce sultano Zanzibar diresse circolare governatori Benadir dicendo che Italia si disinteressa da quegli scali i quali rimarranno alla Compagnia. Se l'Italia ha rotto trattative con quest'ultima non ha rinunziato far valere suoi diritti su Kisimaio. Porti Benadir potranno forse costituire compenso per Kisimaio in un aggiustamento relativo regione Giuba, ma ci fa pessima impressione che, mentre le trattative al riguardo non incominciano, Inghilterra proclami senz'altro suo protettorato Kisimaio e sultano lavori per mettere Compagnia in possesso Benadir. Voglia fare di quanto precede oggetto passi che riterrà opportuni con lord Salisbury (3).

(l) -Per la r!spc;;.t:. cfr. n. 884 (2) -Ed. !n L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, c!t., pp. 302-303. (3) -Per la risposta d! Torn!ell! cfr. n. 873. Cfr. anche quanto riferì Branchi con R. riservato 133 del 3 dicembre: «Io ritengo che l conflitti continui e violenti che dovremo necessariamente sostenere a zanzlbar possano perfino mettere !n grave pericolo le buone relazioni che ora passano fra no! e l'Ingh!lterra e che a no! preme, più d! qualunque questione africana, di conservare. Bisogna quindi voler di due cose l'una. O rinunziare, se non di nome almeno di fatto, ai Benadlr, rassegnarsi ad una catastrofe della società che ora viene ad essere costituita per l'Africa orientale, o distaccare completamente i Benadir dallo Zanz!bar e dalla influenza qua dominante». Analoghi concetti Branchi espresse nel R. riservato 134 del 7 dicembre di cui si pubbl!ca 11 passo seguente: «lo non esito a dichiarare all'E. V. che anche qualunqueaccomodamento si potrà ottenere della vertenza col Governo inglese non varrà a nulla se cotesto ministero non abbia peso bastante presso lord Sal!sbury perché questi dia ordini espliciti e imperativi al colonnello Sm!th d! non opporsi all'esecuzione dell'accordo. Che eglisia personalmente ost11e a qualunque concessione verso d! no! è !nut11e r!peterlo, ma da una serle di sintomi e di fatti che troppo lungo sarebbe 11 narrare, lo sono venuto alla conclusione che esista da molto tempo fra lui e la società inglese un'intesa per creare! ogni sorta d'imbarazzi e d! ostacol! fino a tanto che non abbiano potuto ottenere da no! tutto ciò che desiderano e mettere! 11 piede sul collo anche più d! quello che non abbiano fatto fin qui».
873

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 921. Londra, 4 dicembre 1890, ore 19,18 (per. ore 21,25).

Vedrò probabilmente sabato Salisbury. Intanto stimerei utile che Branchi facesse al sultano di Zanzibar la dichiarazione che l'Italia non ha rinunziato alle ragioni derivanti dalle promesse dei suoi predecessori. Il sultano deve aspettare che l'Italia gli dichiari le sue intenzioni, nessun altro avendo qualità di parlare in nome suo. Ritengo che una comunicazione fatta da noi direttamente al sultano in questo senso richiamerebbe indirettamente il Gabinetto di Londra ad un contegno più riguardoso verso di noi in pendenza delle trattative. Prego farmi conoscere se istruzioni saranno date a Branchi (1).

874

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

T. 2279. Roma, 4 dicembre 1890, ore 21,30.

Rispondo telegramma 2 corrente (2). R. Governo in massima favorevole adesione trattato germanico-marocchino; proporrà solo aggiunta protocollo. A giorni invierò istruzioni; attenda notificare ufficialmente (3).

875

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (4)

L. PERSONALE. Roma, 4 dicembre 1890.

Adempio con ritardo -ed ella ne comprenderà il motivo -alla promessa fattale con mio telegramma del 18 novembre da Torino (5). Nei colloquii, tenuti il 7 e 1'8 novembre (6), Caprivi ed io ci siamo occupati della Triplice, tanto dal lato politico, quanto dal lato economico e dal commer

41 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

ciale. Siamo riusciti d'accordo in tutto; e parm.i che basti, senza ricordare qui 1 nostri ragionamenti, scrivere per lei sulle varie tesi il concluso.

Nissun dubbio, che l'alleanza delle tre Monarchie debba essere prorogata. Nissuno di noi può credere, che nel maggio 1892 le condizioni politiche dell'Europa possano essere mutate. Le ragioni, per le quali il trattato fu stipulato al 1882 e rinnovato al 1887, è a prevedersi che saranno le medesime.

Giova apportarvi qualche modificazione, o qualche aggiunta? È quello che si deciderà dai, tre Governi, i quali han tempo ancora a meditarvi. Una cosa intanto appare evidente *ed è che le convenzioni addizionali del 1887, l'una fatta tra l'Austria e l'Italia, e l'altra tra l'Italia e la Germania non sono identiche; differiscono, e certamente bisogna si avvicinino nei mezzi e negli scopi, ove pur non si voglia renderle uniformi.* Il conte di Caprivi su questo fu meco d'accordo.

Fummo anco d'accordo sulla necessità di migliorare le condizioni commerciali dei tre Stati, stipulando dei favori speciali che ne rendano più facili le relazioni, e talmente intimi i vincoli da resistere alla guerra che potrebbe venirci dalla Francia, qualora la nuova legge doganale uscisse così aspra da quel Parlamento da non permetterei di venire a patti. Non una lega doganale si vorrebbe fra i tre Stati, ma una maggiore mitezza nei dazii d'importazione.

Ciò posto, siam rimasti intesi che: i tre Governi metterebbero allo studio le varie quistioni, che il grave argomento comprende. Quando gli studii saran terminati, affideremo a delegati speciali, che potrebbero essere due per ciascuno Stato, l'esame del problema e le proposte per la sua soluzione.

Finché la Francia è in repubblica -ed ormai questa forma di governo colà sembra consolidata -essa sarà sempre una mmaccia per le Monarchie in Europa. La Russia deve capirlo, essendo ormai Parigi l'asilo dei nihilisti -e le due penisole, l'italica e l'iberica, lo sanno per la propaganda morale e gli aiuti finanziari dati ai partiti sovversivi dal Governo del finitimo territorio.

Noi in Italia siamo abbastanza forti: il sentimento monarchico nelle nostre popolazioni è profondo, e resiste all'apostolato rivoluzionario. Ci battiamo e non ci faremo vincere. Non bisogna però nascondere a noi stessi che il Vaticano accenna a valersi dei radicali, e si è visto nelle ultime elezioni. Il cardinale Lavigerie, nella sua nuova fase, lavora d'accordo col papa. I cardinali in parte dissentono, ed anche il clero francese non è compatto; ma ignoriamo quello che ne potrà avvenire più tardi.

Le Monarchie pericolanti sono la portoghese e la spagnuola, e la prima più della seconda. Ove esse cadessero, e a Lisbona e Madrid la Repubblica fosse proclamata, nissun dubbio che cotesto sarebbe il principio di una trasformazione politica, che la Francia è interessata ad apportare in Europa. I tre Governi alleati dovrebbero meditare sul possibile avvenimento, comunicarsi le loro idee, ed agire, ove d'uopo, nelle vie diplomatiche.

Il conte di Caprivi si disse convinto di ciò, e promise di procedere d'accordo.

Stabiliti gli argomenti, che importa meditare e determinati i criteri secondo i quali i Governi delle tre Monarchie alleate dovrebbero condursi, resta a lei, signor conte, di ragionarne con cotesto ministro degli affari esteri, prendere con lui gli accordi necessarii, e manifestarmi le sue intenzioni. La lunga esperienza dell'E. V. supplirà alle lacune che può presentare questa mia lettera, affinché si possano raggiungere gli scopi che io mi son prefisso, e nei quali è consenziente il cancelliere germanico.

(l) -Crlsp! rispose con T. coloniale riservato 302 del 6 dicembre, non pubbl!cato, che non riteneva, per il momento, opportuno dare istruzioni a Branchi di fare pratiche dirette presso il sultano d! Zanz!bar. Ma cfr. n. 877. (2) -T. 2833, non pubbllcato. (3) -L'adesione !tal!ana al trattato d! amicizia e commercio fra la Germania e !l Marocco, in data 16 dicembre 1890, è edita !n Trattati e convenzioni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. 12, cit., pp. 483-492. (4) -Da ACS, Carte Cr!sp!, minuta autografa, copia In ASMAE, Gabinetto. Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRrSPI, Questioni internazionali, cit., pp. 12-13. (5) -Cfr. n. 859, che risulta però spedito !l 17 novembre. (6) -Cfr. nn. 848 e 849.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. 2268/980. Parigi, 5 dicembre 1890 (per. il 7).

Nell'ultimo suo ricevimento ebdomadario, il signor Ribot mi parlò nuovamente della delimitazione dei possessi rispettivi d'Italia e di Francia nei dintorni di Obock e di Assab. Egli mi accennava uno scambio recente di note tra codesto ministero e l'ambasciatore di Francia a Roma signor Billot, il quale si sarebbe lamentato perché costà si metterebbe quasi in dubbio la legittimità del possesso di Obock per parte della Francia, mentre questa, attenendosi ad antiche concessioni fatte dai sultani locali, potrebbe inalberare pretese sopra Assab. Il signor Ribot soggiunse che non era suo intendimento di voler entrare nella via delle rivendicazioni, ma desiderava che la quistione della delimitazione fosse sciolta con reciproca soddisfazione. Egli intanto mi pregava di partecipare quel desiderio all'E. V. Risposi al signor Ribot che quando il signor Silvestrelli veruìe in Parigi per trattare quell'argomento di concerto con questa r. ambasciata, le proposte fatte al ministero francese erano state assai esplicite e conformi ai nostri incontestabili diritti, e che non avevamo mai messo in dubbio la legittimità del possesso di Obock della Francia, mentre si porgeva da noi un disegno di accomodamento tale da essere accolto perchè teneva conto di tutti gli interessi. Ma la discussione storica dei diritti reciproci era stata aperta dal signor Hanotaux, delegato da questo Ministero degli affari esteri per trattare con noi, il quale signor Hanotaux contestava in gran parte i diritti a noi spettanti, per cui dovemmo differire le trattative iniziate per procedere a nuovo esame. Dissi poi al signor Ribot che io non aveva istruzioni per iniziare nuove trattative, ma che avrei partecipato a V. E. il desiderio da lui espresso di ripigliarle sopra basi meno storiche, ma più pratiche e conciliative.

877

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, BRANCHI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 301. Roma, 6 dicembre 1890, ore 11,30.

Vertenza Benadir si tratterà prossimamente col Governo inglese. Per sua norma e perchè all'occasione lo faccia comprendere anche al sultano, non abbia

fiìo rinunciato nostre ràgioni derivanti da promesse dei predecessori sultano attuale. Duolmi ella abbia accusato ricevuta notifica protetto11ato, giacchè fino conclusione negoziati questo ministero differisce qualunque risposta alla notif>ica fattagli dall'ambasciata inglese.

(l) Ed. In L'Italia tn Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, clt., pp. 397-398.

(2) Ed. In L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, clt., p. 303.

878

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI ( 1)

T. S.N. Vienna, 9 dicembre 1890, ore 15,20 (per. ore 16,20).

'Le confermo mio precedente telegramma (2). Esposi a Kalnoky contenuto lettera (3). Egli è d'accordo in massima con V.E. e Caprivi; *non crede tuttavia facile nè pratico rendere i trattati uniformi.* Quanto alle questioni commerciali prevede un intoppo nell'articolo undici del Trattato di Francoforte. Chiede tempo per studiare le due questioni. Intanto si vedrà fra non molto su quali basi si potranno fare convenzioni commerciali fra Austria-Ungheria e Germania: il che faciliterà la soluzione anche per l'Italia. Nell'esame delle due questioni, Kalnoky apporterà vivo desiderio d'accordo completo. Divide poi opinione di V.E. su convenienza d'una direzione diplomatica uniforme per la difesa delle istituzioni monarchiche.

879

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (4)

D. RISERVATO 44381/906. Roma, 11 dicembre 1890.

Mi pregio di segnare ricevimento dei rapporti di V. E. del l o e del 5 corrente (5), coi quali mi partecipa il desiderio espresso dal signor Ribot di riprendere le trattative per la delimitazione in Africa e di condurle sopra una base meno storica e giuridica ma più pratica e conciliativa di quanto non sia stato fatto sinora. V. E. molto opportunamente rispose al ministro francese che non era per colpa nostra se la negoziazione era entrata nella via dell'esame dei titoli e delle rivendicazioni.

Allorchè diedi istruzione a cotesta r. ambasciata, col dispaccio del 22 settembre p.p. (6), di rimettere al signor Ribot le due memorie ministeriali sul lago Assai e sui trattati francesi, incaricai il commendator Ressman di lasciar intendere che, malgrado il nostro giudizio sulle pretese della Francia nella regione

dei danakil, sarei stato disposto a riprendere i negoziati per trovare un accomo'damento pratico e conciliativo, purchè il Governo della Repubblica volesse accon.:. sentire a fissare secondo il nostro desiderio alcuni punti preliminari. Dal rapporto dell'8 ottobre seguente (1), rilevo che il r. ministro eseguì puntualmente le istru.:. zioni ricevute.

In seguito di ciò l'ambasciatore francese a Roma mi consegnò una nota verbale nella quale, d'ordine del suo Governo, pregava in sostanza il r. ministero a studiare nuovamente la questione per giungere a conclusioni diverse da quelle formulate nelle summenzionate memorie. Nessuna allusione e nessuna risposta veniva fatta circa le basi preliminari per la ripresa delle trattative indicate dal commendator Ressman. Risposi con altra nota verbale che le conclusioni alle quali era giunto il Governo del re erano il risultato d'uno studio coscienzioso e spassionato della questione, e che da esse non potevamo recedere. V.E. troverà qui accluse in copia le due note verbali (2).

Se dunque il ministro francese desidera che siano riprese le trattative dovrà contentarci relativamente alle basi preliminari da stabilirsi. La nostra posizione in Etiopia è divenuta oramai incontestata; l'Inghilterra ha riconosciuto il nostro «protettorato ~ su quell'Impero, e quasi tutte le Potenze, compresa la Francia, hanno dato atto della nostra notifica dell'articolo 17 del Trattato d'Uccialli. Niente d'assurdo perciò nel desiderio che in una delimitazione colla Francia l'Impero etiopico e le sue dipendenze, compreso l'Harar e il paese di Erer, siano inclusi nella nostra sfera d'influenza e dichiarati esplicitamente al di fuori di quella della Francia. E non può addursi con fondamento l'abbiezione degli impegni anglo-francesi, giacchè tali impegni sono puramente negativi e nessun articolo dell'accordo del 1888 (trasmesso in copia a V. E. col dispaccio del 4 marzo

n. 16666/333 (3), impedisca alla Francia di riconoscere Menelik sovrano dell'Harar, in forza di legittima conquista anteriore alla sottoscrizione di quell'accordo, e di comprendere l'Harar, come provincia etiopica, nella nostra sfera d'influenza. Così pure se la Francia desidera nell'interno della regione dancala soggetta al nostro protettorato un territorio che faccia corpo al suo possedimento d'Obock e di Tagiura, mi sembra giusto e ragionevole che ci dia un compenso dall'altra parte del Gubet el Karab, nella regione degli issa.

Allorquando acconsentii a trattare col Governo della Repubblica la delimitazione dei rispettivi possedimenti e protettorati nel golfo d'Aden, lo feci dietro esplicite e ripetute dichiarazioni del signm· Ribot a V. E. ed al commendator Ressman, che la Francia in quelle regioni desiderava soltanto d'avere un deposito di carbone ad Obock al pari di quello che gli inglesi possiedono a Aden. Disgraziatamente le pretese affacciate dal signor Hanotaux andarono assai più lontano di quella ragionevole esigenza.

V. E. dovrà far comprendere quanto precede al ministro france_se, aggiungendo che l'Italia non ha come la Francia possedimenti e colonie in tutte le parti del mondo, ma soltanto nell'Africa orientale, e che l'influenza acquistata in Etiopia ci costa oramai sacrifizi e danaro, sicchè non potremmo compromettere i

risultati ottenuti facendo concessioni al Governo della Repubblica che impedissero la nostra espansione avvenire sull'Harar e sulle dipendenze galla dell'Abissinia che sono i soli paesi ricchi di quell'Impero. Il giorno invece che il Governo francese riconoscesse la ragionevolezza dei nostri desiderii ed acconsentisse a stabilire le basi preliminari sopra accennate, faremmo del nostro meglio per trovare nella regione del danakil un aggiustamento soddisfacente ad entrambi.

(l) Ed., con data 10 dicembre e l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 14.

(2) -T.s.n. dell'B dicembre, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 875. (4) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 398-399. (5) -Cfr. n. 876; il R. 2243/973 del l• dicembre non è pubblicato. (6) -Cfr. n. 737. (l) -Cfr. n. 766. (2) -Non pubbllcate. (3) -Non Pjlbblicato.
880

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, CECCHI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 307. Roma, 12 dicembre 1890, ore 12.

Spedisca a Nerazzini con corriere: «Mandi ad Antonelli telegramma seguente: "L'abissino Ualde Selasslé, condotto in Russia da Maskoff e poi abbandonato, si è rivolto alla r. ambasciata in Pietroburgo per protezione. La protezione degli abissini costa somme rilevanti ai nostri consolati del Cairo, di Aden e di Gerusalemme e risparmia a Menelik spese e fastidi. Senza l'articolo 17 Menelik dovrebbe pure tenere dispendiose rappresentanze presso i Governi esteri. L'Italia, invece, provvede a tutto ciò senza compensi, a puro vantaggio dell'Etiopia e di Menelik. È stato grazie alla nostra diplomazia che Menelik ha potuto accedere alle stipulazioni di Bruxelles, che altrimenti avrebbero chiusa all'Etiopia l'importazione delle armi, e che i suoi monaci di Gerusalemme hanno potuto acquistare il terreno desiderato. L'Italia, inoltre, sta difendendo i diritti dell'Etiopia sul Gallabat, nei paesi Sciangalla, sul Caffa e sull'Harar; ma, per farlo efficacemente, oramai che i nostri malintesi hanno trapelato presso le Potenze, è indispensabile che la rappresentanza formale di Menelik per parte dell'Italia sia accettata esplicitamente da Menelik. Insista con tutta la sua influenza a tale riguardo, mettendo ciò come condizione sine qua non dell'aggiustamento dei

confini"~.

881

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 938. Londra, 13 dicembre 1890, ore 14,14 (per. ore 17,30).

Con la data del 12 dicembre da Roma il Times oggi pubblica seguente telegramma: «Un dispaccio confidenziale dell'ambasciatore d'Italia a Londra dice

che la regina di Inghilterra ha ricevuto una lettera del re Menelik di Abissinia, il quale protesta contro la cattiva fed~ del Governo italiano nella materia dei trattati, recentemente stipulati fra i due Paesi, e si crede che una simile comunicazione sia stata indirizzata al presidente Carnot ~. Nessuna informazione in questo senso fu da me data a V. E. e nessuna notizia a me pervenuta mi avrebbe autorizzato a darla (1).

(l) Ed. ln L'Italia tn Ajrtca, Ettopta-Mar Rosso, tomo VIII, clt., p. 401 e ln LV 72, p. 19.

882

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. COLONIALE RISERVATISSIMO 313. Roma, 14 dicembre 1890, ore 16,30.

Prego V. E. astenersi scrupolosamente dal toccare al Foreign Office argomento lettera Menelik alla regina Vittoria. Qualora Salisbury gliene parlasse anche di volo dichiari recisamente che il Trattato di Uccialli fu redatto dal conte Antonelli insieme all'interprete dell'imperatore e collazionato da Menelik prima di suggellarlo e che il testo originale dell'articolo 17 è strettamente conforme a quello da noi pubblicato nel Libro Verde e notificato alle Potenze. Nutro fiducia che Governo inglese non vorrà immischiarsi in un basso intrigo d'origine francorussa (2).

883

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (3)

T. PERSONALE SEGRETO S. N. Roma, 15 dicembre 1890, ore 16.

De Bruck mi ha letto una nota del conte Kalnoky con cui dichiara che il ministro austriaco è d'accordo con me in tutte le questioni che formarono oggetto del colloquio con Caprivi e che riassunsi a lei con mia lettera 4 corrente (4). Chiede intanto che io concreti le mie idee sulle modificazioni alla convenzione addizionale del 1887, il che sarà fatto. Discorrendo con de Bruck intorno al miglioramento delle relazioni commerciali ed economiche si cadde d'accordo sulla necessità della proroga di un anno almeno del diritto alla denuncia del trattato 7 dicembre 1887, affinchè le due parti abbiano agio di studiare la grave

questione. Bruck scrive oggi stesso a questo proposito a Kalnoky per essere autorizzato ad uno scambio di note. Voglia parlarne con Kalnoky e fare sollecitazioni, stringendo il tempo e dovendo io rispondere ad interpellanze parlamentari sull'argomento (1).

(l) -Cfr. n. 882. (2) -Con T. coloniale riservato 941 del 16 dicembre Tornlell1 comunicò: «Nello Standard si legge una smentita ufficiale energica e data a Roma alla notizia che l'ambasciatore Italiano In Londra abbia In un confidenziale dispaccio riferito circa una lettera dell'Imperatore Menellk alla regina VIttoria protestando contro l'Italiano protettorato :t.

(3) Ed. In CrusPr, Questioni internazionali, c!t., pp. 14-15.

(4) Cfr. n. 875.

884

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (2)

D. 44953/497. Roma, 15 dicembre 1890.

Ho il suo rapporto n. 1519/614 del 3 corrente (3).

Secondo notizie che mi provengono da fonte sicura, il cardinale Lavigerie procede, d'intesa col Governo del suo Paese, nella propaganda repubblicana. Leone XIII, informatone in tempo, non osò disapprovare il contegno di quel principe della Chiesa, sperando che il Gabinetto di Parigi lo ajuterebbe nell'opera di restaurazione del potere temporale. La recente lettera del cardinale Rampolla al vescovo di Saint Flour pubblicata nell'Osservatore Romano dell'll dicembre corrente, dimostra inoltre pubblicamente le disposizioni della Santa Sede di favoreggiare, come le torni più utile, anche la Repubblica.

Sino ad oggi abbiamo avuto ed abbiamo prove che in Vaticano c'è poco accordo e che l'alto clero francese ed il nostro sono divisi d'opinione. Vi era dunque e vi sarebbe ancora ragione di essere fiduciosi che tutti i conati anti italiani del pontefice vadano a vuoto, la Monarchia ed il sentimento dell'unità nazionale avendo fra noi profonde radici. Senonché certamente il cattolicesimo repubblicano sarebbe un nuovo e pericoloso nemico delle istituzioni monarchiche. Aumenta quindi il dovere nelle tre Monarchie alleate d'intendersi sui provvedimenti da prendere all'uopo.

E qui noterò che fra gli argomenti de' quali mi occupai nel colloquio del 7 novembre col cancelliere germanico (4) fu pure questo della propaganda repubblicana e della necessità di combatterla. La Francia, essendo in regime repubblicano, ha naturalmente interesse di diffondere i principii, dai quali trae la sua esistenza imperocché, se anche altri Stati assumessero la sua forma di governo, essa potrebbe più facilmente stringere con loro patti di alleanza e così accrescere le sue forze. Com'ebbi ad osservare allo stesso signor Caprivi, fu errore quello commesso dal principe di Bismarck nel 1871, di aver cioè avuto timore del ristabilimento della Monarchia in Francia.

Ora, se il Governo del Signor Carnot riuscisse ad accaparrarsi l'ausilio del

cattolicismo, questi, colla sua influenza resa potentissima dai gesuiti, gli agevo

lerebbe in modo forse decisivo il raggiungimento dello scopo cui mira.

Io· non posso che segnalare il pericolo. Spetta ai Governi alleati di prevenirlo, se intendono davvero consolidare que' principii d'ordine che sono il fondamento della Monarchia.

(l) -Cfr. n. 890. (2) -Ed. in P. ScoPPOLA (a cura di), Chiesa e Stato nella storia d'Italta, Bari, I,aterza, 1967, pp. 287-288. (3) -Cfr. n. 871. (4) -Cfr. n. 848.
885

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. SEGRETO S. N. Vienna, 16 dicembre 1890, ore 16,40.

Kalnoky mi ha confermato che concorda con V. E. nelle idee generali scambiate con Caprivi. Quanto ai particolari attende che ella li abbia concretati. Secondo lui, importa che non si prendano obblighi più estesi di quelli che si possono effettivamente mantenere. Il principale ostacolo, a suo avviso, ad un trattato unico, sta nell'attitudine presa dalla Germania nelle questioni balcaniche e verso la Russia, attitudine che Caprivi sembra non avere intenzione di abbandonare. Ad ogni modo, prima di pronunciarsi, bisogna avere sotto gli occhi il testo delle modificazioni che si propongono.

886

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, E A VIENNA, NIGRA

D. (1). Roma, 17 dicembre 1890.

Il r. console in Serajevo mi ha segnalato l'impressione che avrebbe prodotto tanto in Bosnia ed in Erzegovina quanto a Vienna l'articolo della ufficiosa Bosnische Post, di cui qui le accludo la traduzione (2), nel quale prendendosi argomento dalla recente visita dello czarevitch a Vienna si saluta quell'avvenimento quasi come suggello di accordi presi per la definitiva annessione di quelle provincie all'Austria-Ungheria.

Gradirei di conoscere se, per quanto può risultarle per le sue relazioni in codesti circoli politici e diplomatici, ella pensi che il detto articolo, evidentemente di fattura governativa, debba considerarsi veramente come una specie di notifica

zione di accordi intervenuti tra Pietroburgo e Vienna ai quali la visita dello czarevitch avrebbe servito da sanzione ovvero sia da considerare come un semplice ballon d'essai (1).

(l) -Il dispaccio fu inviato a Pietroburgo col n. 15044/272 e a Vienna col n. 15045/987. (2) -Non pubblicato.
887

ACHILLE DE LAUZIÈRES AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

L. PERSONALE. Parigi, 17 dicembre 1890.

Passiamo qui il tempo a smentire tutte le false asserzioni che vengono chi sa donde (e forse anche di costà) sulla Tripolitania, su Kassala, ecc.

Il più strano, e ne ho la prova evidente, è che il ministro degli esteri, signor Ribot non è per nulla in tutto ciò che si propaga qui in fatto di pretese manovre del Governo italiano per la Tripolitania ed in Abissinia.

Il Ribot, in fondo è quel che chiamasi «un brav'uomo~. un moderato, ma piuttosto un ministro parlamentare che un diplomatico, un funzionario speciale. Il suo torto è di lasciar fare e dire i suoi luogotenenti del Ministero degli esteri, i quali agiscono in suo nome e spesso a sua insaputa. Le cose andavano altrimenti quando Spuller aveva il portafoglio degli esteri.

In quanto alla Tripolitania è fuor di dubbio che il presidente del Consiglio italiano abbia esposto la situazione nel modo più esatto se, come credo, ha dichiarato a Zia bey che non v'è per l'Italia una questione tripolitana, ma che ne sorgerà una allora soltanto che un'altra Potenza agirà per farla nascere.

Epperò si fa tutto il possibile qui per far credere al sultano che l'Italia vuol impossessarsi di Tripoli, e ciò per poter dire un giorno o l'altro che la Francia, affin d'impedire che l'Italia raggiunga il suo scopo, è costretta di andare nella Tripolitania per proteggere questa terra contro i disegni ambiziosi del Governo italiano. Dalla protezione al protettorato, da questo all'occupazione e dall'occupazione al possesso, il passaggio sarebbe più o meno rapido. Quistione d'abilità diplomatica e di tempo. A ciò mira tutta la serie d'insinuazioni contro l'Italia.

La Gazette diplomatique, per esempio, che ha le ispirazioni dal Ministero degli affari esteri (e ministero non vuol dire ministro) non scrive altrimenti che con lo scopo di far credere che l'Italia tenta sempre con la sua ambizione di turbare la pace.

E' stato molto commentato qui l'articolo di Arbib nel Corriere di Napoli. Si fa un torto a cotesto deputato d'avere scritto che il risultato delle elezioni ha prodotto una penosa impressione a Parigi e che finora la politica francese verso l'Italia è stata puerile. Ma nello stesso tempo si nota che, educato alla scuola della rivoluzione francese, il signor Crispi è uno del più ferventi a credere che una Francia possente e forte sia una necessità in Europa; e per ultimo che l'odio contro la Francia e l'idea di nuocerle non sono costà nel cuor d'alcuno. E di ciò si loda l'on. Arbib.

Del resto è innegabile che, in seguito dell'alto trionfo del Governo italiano nelle elezioni, un notevole cangiamento ha avuto luogo nella stampa, anche in gran parte di quella, altra volta più ostile. Per le eccezioni sistematiche od interessate, dirò con Dante: «Che ti fa ciò che quivi si pispiglia'? ~.

Raccolgo ogni giorno nuovi indizii d'una conciliazione tra i due Paesi e giudizii altrimenti più equi sulla politica italiana e sul valore del primo ministro.

Solo la quistione delle finanze rimane la stessa, poiché si complica degli interessi particolari dei grandi finanzieri di qui, che mirano costantemente al ribasso dei fondi italiani a profitto dei fondi russi.

Quando alle illusioni concernenti « l'amicizia russa ~ si aggiungono le ragioni interessate ed i traffici di Borsa, ogni mio tentativo resta inefficace, almeno su questo riguardo.

P.S. M'ebbi dal generai Menabrea la vostra comunicazione riguardante il Capitan Fracassa. Qui questo giornale è considerato a torto come organo ufficioso, fors'anche più della Riforma! Ed è citato in preferenza. Ho fatto capire ad alcuni direttori di giornali parigini ch'erano nell'errore. La vostra bontà per me mi fa perdonare se mi permetto d'aggiungere che sin da quando fui a Roma ho sempre scritto esattamente 4 o 5 lettere al mese al Fracassa (come alla Riforma) beninteso senza la menoma retribuzione, essendo già abbastanza ricompensato da voi. Ora il signor E. Sacerdote (del Fracassa) mi scrive impegnandomi a mandargli ancora, come pel passato, mie corrispondenze, ma piuttosto letterarie che politiche, vale a dire «ritratti a penna d'uomini celebri contemporanei (francesi~). Non mi rifiuto a collaborare al Fracassa, ma credo più utile farlo con lettere politiche, anche se non è giornale officioso, purché ciò non vi spiaccia.

(l) Per le risposte cfr. nn. 893 e 914.

888

IL RESIDENTE A LET MAREFIA', TRA VERSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 946. Assab, 18 dicembre 1890, ore 9,45 (per. ore 16,20).

Salimbeni mi manda per riferire sull'attuale situazione in Etiopia. Sono giunto ieri, dopo diciotto giorni di viaggio. Situazione non migliorata. Rappresentante discute come il primo giorno le questioni dell'articolo 17, dei confini e del prestito. La missione Pestalozza ha inasprito sempre più il re. Credo che sarebbe conveniente tranquillizzare Menelik sulla nostra azione all'Aussa che ritiene sua. Rappresentante potrebbe dirgli che se fu issata la bandiera italiana fu per mancanza di quella etiopica e perché il tempo mancava ed i francesi minacciavano l'occupazione di Assai. Tutte le vie che dallo Scioa conducono allo

Aussa sono guardate da generali di Menelik che impediscono il transito a tutti coloro che non sono muniti di lettere reali; all'uomo di Abd-el-Rahman a Ciannc il re ha proibito di mandare lettere all'Aussa, non importa di chi, senza il suo permesso. Vi è perfino chi dice che Sua Maestà minacci di fare una spedizione all'Aussa. Per quanto queste voci abbiano apparenza di verità, non so quanto fondamento abbiano. *Credo che quest'ultima questione dell'Aussa avremmo potuto evitarla, avvisandone anticipatamente Sua Maestà che non si sarebbe opposta quando soprattutto gli avessimo detto che agivamo in suo nome.* Ho appreso in Assab la partenza di Antonelli. Menelik era molto inquieto con lui; diceva parole molto forti al suo indirizzo. Mi sono impegnato di andare e tornare in tre mesi. Tengo pronto un corriere celere per lo Scioa, nel caso in cui V. E. credesse approfittarne.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 404 e, con data 17 dicembre e l'omissione del passo fra asterischi, ln LV 72, pp. 20-21.

889

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL COMMISSARIO CIVILE AO ASSAB, LA GRECA (l)

T. COLONIALE RISERVATO 318. Roma, 19 dicembre 1890, ore 11,30.

Consegni a Traversi telegramma seguente: «Prenda conoscenza e mandi subito ad Antonelli col suo corriere celere telegramma seguente: "Traversi giunto ad Assab ha ricevuto istruzione ritornare subito allo Scioa. Tranquillizzi Menelik circa missione Pestalozza all'Aussa, che ebbe il solo scopo di difendere i diritti dell'Etiopia e danakil sul lago Assai e sulle altre regioni minacciate dai francesi. Colla Francia abbiamo sempre sostenuto l'alta sovranità di Menelik sui danakil. Adoperi tutta la sua influenza a persuadere Menelik di non insistere circa l'articolo 17, *perché ne ve-o:rebbe la rovina dell'Etiopia, mentre i francesi ne approfitterebbero per prendersi l'Harar, gli inglesi il Caffa, e gli italiani tutte le provincie settentrionali.* *Dica a Salimbeni che dopo suo telegramma dell'8 ottobre (2) ricevemmo soltanto quello del 20 novembre (3) affidato a Traversi. * Gandolfi ha avuto un abboccamento con Masciascià Uorchiè e promessa formale da lui che avrebbe scritto a Menelik per persuaderlo di non disgustarsi, come sta facendo, l'Italia. Governo inglese ci ha comunicato lettera di Menelik alla regina Vittoria, come cosa senza importanza ed aggiungendo che non vi era stata fatta finora alcuna risposta (4). Nella lettera Menelik si lagna dell'articolo 17 e insiste per interpretarlo a modo suo. Salimbeni dice che presidente Carnot ha recentemente scritto a Menelik. Sembra che Ilg e Chefneux abbiano montato tutto l'intrigo. Sembra che Menelik abbia trattenuto telegrammi spediti o inviati da noi a Salimbeni. Voglia persuaderlo nel suo interesse a non farlo " '>.

p. 21 e in Crispi e Menelich, cit., p. 278. Dei due passi fra asterischi 11 primo è omesso solo in LV 72, l! secondo è omesso anche in L'Italia in Africa.

(~} Non pubbl!cato.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, c!t., pp. 408-409 e in LV 72,

(2) Cfr. n. 860.

(4) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 402-40~.

890

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. URGENTE S.N. Vienna, 19 dicembre 1890, ore 18,25 (per. ore 20,20).

Kalnoky autorizzò de Bruck allo scambio dichiarazioni per la desiderata proroga (l); però colla riserva della sanzione parlamentare.

891

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 1424/902. Londra, 19 dicembre 1890 (per. il 24).

Malgrado le poco favorevoli disposizioni da me incontrate presso lord Salisbury le ultime volte che io avea espressamente chiamato l'attenzione di Sua Signoria sovra la necessità di mettere finalmente un argine all'azione. invadente francese nella Tripolitania ed alle pericolose novità che si preparano ed in parte si compiono a Tunisi, le informazioni che dal R. Governo mi vennero successivamente trasmesse, mi hanno fornito frequente occasione di tenere desta l'attenzione di questo primo ministro sovra questo importante e delicato interesse. E, forse, appunto perché negli ultimi tempi io mi astenni calcolatamente dallo insistere nella richiesta che l'Inghilterra abbia ad agire, ad imporre, od a far rispettare i suoi divieti, ho potuto in ripetuti colloqui trarre quanto era necessario per formarmi un concetto esatto del modo di vedere di lord Salisbury in questa questione e di quanto noi possiamo con fondamento sperare dalla azione del Governo britannico fin tanto che egli sarà primo ministro.

Emerse primieramente in modo chiarissimo che se, quando il progetto di ridurre Biserta a porto militare non avea preso corpo, l'autorità marittima inglese proclamava altamente il pericolo che ne sarebbe derivato per gli interessi britannici, oggi il Foreign Office, pur non escludendo che i lavori che si fanno in quella località costituiscano un pericolo per Malta, non trova, o non vuol trovare nel pericolo stesso un motivo sufficiente per introdurre presso il Governo francese un'azione tendente a farlo desistere dalle progettate costruzioni marittime-militari. Non più tardi d'avanti ieri Sua Signoria mi diceva aver saputo che la difficoltà incontrata per lo scavo del canale esistente, avea fatto progettare la costruzione di un grande canale nuovo. Più si aumenta la spesa, più si ritarda l'esecuzione, dicevami lord Salisbury. Ed, a parer suo, il tesoro del bey non potrà sostenere il dispendio che la Nazione francese, intenta a cercare le

economie, non vorrà per ora almeno prendere a conto proprio. Esistono, al dire del primo ministro inglese, due correnti in Francia. Una vorrebbe l'annessione pura e semplice della Tunisia, (annessione che un dì o l'altro si farà); l'altra corrente invece non vuole per ora novità. Riproduco sottolineate le testuali parole di lord Salisbury.

Poi proseguiva Sua Signoria dicendo che ogni volta che egli avea parlato con il signor Waddington, questi gli avea costantemente ripetuto che le due correnti esistevano, che il Governo attuale della Francia stava con coloro che non vogliono novità. Lord Lytton da Parigi, ancor recentemente, ha espresso l'opinione che il Gabinetto francese, in riguardo alla Tunisia, sarà ni agressif ni progressi/. Se il sentimento nazionale francese venisse a ricevere una scossa, bisognerebbe prevedere un possibile cambiamento in questa situazione il quale non si opererebbe probabilmente in senso favorevole al mantenimento dello statu quo. Non sembra ancor provato a Sua Signoria che la Francia prepari un'impresa sovra la Tripolitania. Se ciò fosse, certamente gli interessi in giuoco sarebbero gravi. Ma la Tripolitania è ben rifornita di mezzi difensivi ed un colpo di mano sovra quel Paese non è da temere.

Richiamate da me alla memoria di lord Salisbury le promesse fatte dal Gabinetto francese al di lui predecessore, Sua Signoria ha continuamente cercato di eludere la questione del valore di quelle promesse. Ma io ebbi opportunità di sapere che gli atti dai quali tali promesse risultano, furono ripresi in esame negli uffizi del Foreign Office e furono giudicati non abbastanza concludenti per fondare sovra i medesimi una azione diplomatica.

In conclusione lord Salisbury prevede che l'annessione della Tunisia alla Francia non è che questione di tempo. Eppure egli non si rimuove dall'atteggiamento circospetto, timido, apatico nel quale l'ho trovato fin dalla prima volta che ebbi occasione di parlare con lui delle cose di Tunisi.

Un'azione vigorosa da parte sua verso la Francia non è prevedibile. Aggiungerò che neppure ad un'azione amichevole, tendente con mezzi conciliativi a persuadere il Governo francese a desistere dai suoi progetti, egli sembra disposto.

È questo un soggetto di troppo alta importanza e gravità perché io mi attenti di fare dei passi senza nessuna probabilità di esito soddisfacente. Ne potrebbe, o prima, o poi, essere informato il Governo francese il quale ne avrebbe eccitamenti a progredire senza ritegni e senza riguardi.

Non debbo tacere a V. E. che, profittando dell'indole confidenziale e quasi privata dei miei ultimi colloqui con lord Salisbury sovra questo soggetto, non ho mancato di mettere in sodo che la questione tunisina, anche indipendentemente dall'intrinseco valore degli interessi in essa impegnati, è quella che presentemente eccita al più alto grado il sentimento italiano. Gli dissi che io non conosceva chi in Italia avrebbe potuto dominare l'esplosione di questo sentimento se apparisse agli occhi del Paese che gli amici nostri ci abbandonano nella tutela degli interessi nostri in Tunisia. I popoli giudicano dai vantaggi che ne ricavano la bontà della politica dei governanti e così per gl'italiani la questione tunisina si collega con tutte le altre che determinano la scelta della linea di condotta da seguire.

Sua Signoria queste cose ha udite, sa e comprende. Malgrado ciò io non credo che egli vorrà, almeno per il presente, smuoversi dal contegno passivo che è, in verità, la principale sua forza nella politica estera la quale, giova notarlo, non trova attualmente oppositori nella Nazione inglese. Sul quale proposito avrò fra breve da conferire con V. E.

(l) Cfr. n. 883.

892

IL RESIDENTE A LET MAREFIA, TRA VERSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. COLONIALE RISERVATO 951. Assab, 20 dicembre 1890, ore 9,10 (per. ore 14~0).

Né Salimbeni né io potevamo sapere viaggio Antonelli (1). Salimbeni in vista della nostra situazione grave mi comandò di correre a riferire all'E. V. le cose come sono e non come si vorrebbe che fossero. Nell'interesse della verità mi misi in viaggio non guardando neppure alle voci che correvano che cioè mi avrebbero fatto incontrare difficoltà all'Aussa. Apprendo con piacere le notizie di Antonelli, solamente ritengo che si verrà ad un accomodamento quando il testo italiano dell'articolo 17 sarà tradotto secondo lo spirito di quello amarico. Questa è pure l'opinione di Masciascià Uorchiè arrivato qui iersera. Crederei di mancare al mio dovere mantenendo illusioni; per quante assicurazioni facciano V.E. Antonelli allo Scioa credo che confermi necessità mia missione; in ogni modo quando mi sarò rimesso delle fatiche tornerò allo Scioa ma forse non per la via dell'Aussa. Anche Masciascià mi ha assicurato che corre voce che Menelik pensi a fare una spedizione all'Aussa. Manderò tutti i rapporti che ho di Salimbeni.

893

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 2600/1023. Vienna, 20 dicembre 1890 (per. il 5 gennaio 1891).

Mi fo premura di segnar ricevimento del dispaccio in margine citato del 17 corrente (2) e dell'articolo ivi annesso della Bosnische Post. In risposta mi pregio d'assicurare il r. ministero che, per quanto è a mia notizia, la visita del granduca ereditario di Russia a Vienna, non fu preceduta, né accompagnata, né seguita da nessun accordo politico fra l'Austria-Ungheria e la Russia. Quella visita fece molto piacere alla Corte imperiale di Vienna, e in generale fece buon senso nell'opinione del Paese, perché essa dimostrò che le relazioni personali fra le due Corti, !ungi dall'esere ostili, erano piuttosto cortesi. Ma purtroppo la visita lasciò, al punto di vista politico, le cose come erano. Queste visite principesche e le accoglienze amabili, a cui danno luogo, sono indizio di animo cortese

nei sovrani e nei membri delle famiglie sovrane e di costumi civili. Ma di regola gli affari politici non si trattano da principi del sangue. Gli armamenti e le altre disposizioni militari continuano in Russia sulla frontiera occidentale come prima. Dissi purtroppo giacché un riavvicinamento politico fra l'Austria-Ungheria e la Russia, sarebbe una malleveria di più per la conservazione della pace, e gioverebbe in ogni caso anche agli alleati dell'Austria-Ungheria. Del resto l'articolo della Bosnische Post non si presta, a mio giudizio, alla conclusione che se ne volle cavare.

A notizia mia, nessun accordo, nessun tentativo d'accordo; venne fatto fra la Russia e l'Austria-Ungheria in questi ultimi anni. Non potrei affermare con eguale certezza che non ne sia stato fatto alcuno fra la Russia e la Francia.

(l) Risponde al T. coloniale riservato 317 del 19 dicembre, ed. in L'Italia in Africa, EtiopiaMar Rosso, tomo VIII, cit., p. 408, con 11 quale Crispi dava istruzioni a Traversi di ritornare nello Scioa poiché, data la missione Antonelll, era inutile 11 suo viaggio in Italia.

(2) Ctr. n. 888.

894

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, GRANDE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 618/334. Tripoli, 20 dicembre 1890 (per. il 27).

Due giorni dopo il mio arrivo feci visita a questo governatore generale e nella conversazione il discorso cadde sul viaggio del Ferik verso la frontiera tunisina.

Presi argomento di quel fatto per conoscere quale fosse la opinione di lui circa alle mene francesi verso Gadames.

Tralascio quella parte del discorso ch'è superfluo di qui ripetere e mi attengo a quella sostanziale che dimostra quale sia veramente il concetto che i turchi hanno dei francesi. Egli mi disse: «in questi ultimi mesi i francesi hanno spedito a Gadames alcuni individui a solo fine di prendere notizia dalla gente del paese fin dove si estende il territorio di Gadames; raccolte le necessarie informazioni fecero ritorno in Algeria~. Proseguì a dire: «La Francia non intende occupare Gadames e rispetterà il territorio turco; solamente dietro la convenzione con l'Inghilterra, cerca di estendersi e di occupare quella parte del deserto abitato c,la tuaregh; ma è una impresa difficile e che le costerà sangue e denaro. I tuaregh coi quali sono in relazione, non temono i francesi e li attendono~. Soggiunse poscia: «quali siano poi i limiti della Tripolitania, ciò è stabilito tra l'Inghilterra e la Francia e noi quindi non abbiamo da preoccuparci menomamente lasciando alla Francia di fare quello che crede nella sfera della sua influenza~.

Da questa opinione del governatore rispetto ai francesi, opinione del resto che deve essere l'eco di quella del Governo turco, emergono, a me sembra queste conseguenze:

l) la Turchia nutre fiducia che la Francia non usurperà ·mai una parte dei territori tripolini verso i confini della Tunisia, né verso quelli dell'Algeria; 2) che la Turchia riposa sulla fede della Francia e, per conseguenza dell'Inghilterra che nella delimitazione dell'hinterland, la Francia si atterrà preci

samente alla convenzione angio-rrancese, rispettando quella parte che venne stabilita con uno scambio di note tra i due Governi, che sta al sud di Tripoli e ch'essi riconoscono appartenere alla Turchia;

3) che la Turchia sta tranquilla per parte dei francesi, ma che invece nutre timore rispetto ad un'altra Potenza, che in questo caso potrebbe essere l'Italia.

Questo è quanto io rilevai dalla conversazione ch'ebbi col governatore generale, il quale d'altro canto mi espresse l'opinione che le voci corse ultimamente di una occupazione italiana della Tripolitania erano esagerate, senza fondamento e sparse ad arte.

895

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 325. Roma, 21 dicembre 1890, ore 18.

Spiaceini attitudine Traversi nella presente vertenza, sua eccessiva premura per causa Menelik e l'aver egli abbordato con Masciascià questione articolo 17 in modo da provocare dichiarazione non conforme a quelle fatte alla S. V. (2). Timori Traversi sono del resto esagerati almeno in parte giacché egli non incontrò previste difficoltà all'Aussa e viaggio Antonelli procede sinora benissimo. Governo attende fiducioso esito tale missione e non sarebbe la prima volta che Menelik muterebbe suo atteggiamento verso di noi. Sono del resto deciso non transigere circa articolo 17 notificato tutta Europa. Comunichi tutto ciò a Traversi fornendogli fondi nel limite di lire tremila e facendolo ripartire subito Scioa ove dovrà mettersi completa disposizione Antonelli. Ove abbisognasse provviste a Aden le commetta a Cecchi per mezzo r. commissario di Assab essendo imprudente ch'egli stesso si rechi adesso Aden.

896

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. Roma, 24 dicembre 1890.

Je m'empresse de vous informer que je suis maintenant à mème de me rendre au désir que V. E. a bien voulu m'exprimer dimanche dernier et de commencer les pourparlers au sujet de la délimitation des frontières en Afrique quand il plaira à V. E.

42 ---Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

(l) Ed. !n L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 409-410.

(2) -Cfr. n. 892. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit.. p. 310.
897

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 25 dicembre 1890, ore 17,40.

Lobanov est venu ces jours-ci chez le comte de Kalnoky pour lui faire, au nom de l'empereur de Russie et de son Gouvernement, des déclarations explicites sur les intentions absolument pacifiques du czar. Kalnoky, après en avoir référé à l'empereur d'Autriche, a dit à Lobanov qu'il prenait acte de ces déclarations et qu'il était autorisé à renouveler celles qu'il avait toujours données sur les intentions également pacifiques de l'Autriche-Hongrie; mais il fit remarquer la mauvaise impression produite en Europe par le langage des journaux officiels russes, et surtout par l'insinuation faite par eux sur une tendance agressive de la Ligue des trois Puissances, ce qui est une accusation gratuite et fausse. Kalnoky a ensuite observé que malgré ces déclarations positives, dont il était néanmoins bien aise, la situation, dans le fait, demeurait telle qu'elle était avant; et il a laissé comprendre que, pour changer cet état de choses, il faudrait quelque chose de plus que des déclarations qui ont toujours été prodiguées et qui n'ont pas empèché l'agglomération des troupes russes sur la frontière. La question en est là. Kalnoky n'en est pas rassuré, mais il reconnait qu'il y a une détente.

898

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN (2)

N. 46294/142. Roma, 26 dicembre 1890.

J'ai reçu votre note en date du 16 dernier (3) avec une lettre adressée par le roi Menelik à S. M. la Reine Victoria en date du 19 nahassié.

Cette lettre qui dans notre entretien de dimanche vous avez reconnu n'avoir aucune importance nous prouve que des intrigues se sont produits en Ethiopie. Je suis convaincu que le roi Menelik mieux éclairé par nos représentants comprendra le piège que les agents français travaillent depuis longtemps à lui tendre, et n'insistera pas dans la discussion sur l'article XVII du Traité d'Uccialli. Il avait du reste notifié lui mème les clauses de cet article à S.M. la Reine d'Angleterre dans sa lettre du 5 mars dernier (27 yekatit) remise au marquis de Salisbury par le com te Tornielli ( 4).

Cela étant j'espère que le Gouvernement britannique voudra se servir de notre intermédiaire pour répondre à la lettre susdite, si toutefois il ne jugeait plus à propos de ne donner aucune réponse à cette étrange communication du négous (1).

(l) -Da ACS, Carte Crispi. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 417-418. (3) -Ibid., pp. 404-405. (4) -Cfr. n. 407.
899

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 2622/1031. Vienna, 26 dicembre 1890 (per. il 5 gennaio 1891).

Il dispaccio riservato che V.E. mi fece l'onore di dirigermi il 15 corrente (2) fu, insieme coi suoi annessi, oggetto d'una conversazione ch'ebbi jeri con questo ministro imperiale e reale degli affari esteri. Secondo le di lei istruzioni, ho rimesso quegli annessi al conte Kalnoky, pregandolo di farne soggetto di attento esame ed ho poi esposto a S. E. le considerazioni contenute nel dispaccio stesso, impegnando il ministro imperiale a concertarsi col Gabinetto di Berlino per fare a Parigi una comunicazione diplomatica concorde nello scopo d'impedire che il Governo francese proceda nella via di usurpazione verso la Tripolitania, e nel fare di Biserta un porto militare, suscitando così un imminente pericolo di turbamento della pace.

Il conte Kalnoky si riservò di studiare i due rapporti da me rimessigli e di mettersi quindi in relazione su ciò col cancelliere germanico affine di cercare d'accordo ciò che potesse farsi utilmente in proposito. Egli promise di far conoscere al Governo del re la sua risposta colla maggiore diligenza, e si mostrò disposto per parte sua a fare il possibile per darci soddisfazione su questo soggetto, ben comprendendo come sia di utilità generale per le Potenze alleate di impedire ogni cosa che possa condurre al turbamento della pace europea.

Però il conte Kalnoky mi fece due osservazioni. In primo luogo mi chiese se il Governo del re avesse fatto fare a Londra ufficii identici a quelli ora fatti a Berlino e a Vienna e con quale risultato. E osservò, ripetendo ciò che aveva detto già prima d'ora a parecchie riprese, che trattandosi di questioni mediterranee è di suprema importanza il potere contare sul concorso dell'Inghilterra. L'altra osservazione fu, che le due questioni di cui si tratta si prestano, per parte della Francia, a risposte facili più o meno soddisfacenti in apparenza, col negare cioè i tentativi di usurpazione e coll'osservare che i lavori di Biserta hanno per iscopo lo stabilimento d'un porto commerciale e non di un porto militare.

Alla prima osservazione replicai che probabilmente il Governo del re aveva

-o avrebbe fatto ufficii nello stesso senso presso il Governo di Sua Maestà bri

tannica, al quale del resto aveva di g1a m precedenza e a varie riprese esposto i fatti in questione, invocando su essi tutta la di lui attenzione. Alla seconda risposi, che anche quando si producessero, quali si suppongono, le risposte del Governo francese, sarebbe tuttavia un risultato non insignificante l'avere da lui ottenuto assicurazioni nel senso predetto. E aggiunsi poi, che comunque fossero tali risposte, il fatto stesso di una comunicazione contemporanea al Gabinetto di Parigi dai due Gabinetti di Vienna e di Berlino, a cui si sarebbe probabilmente aggiunto in qualche modo anche il Gabinetto di Londra, doveva fare a Parigi una impressione non lieve, mostrando a quel Governo, come l'attenzione delle Potenze sovraccennate, oltre l'Italia, sia rivolta seriamente verso quelle due questioni. Questo fatto può bastare di per se solo, se non a distornare definitivamente il Governo francese da quelle intraprese, almeno a trattenerlo per un tempo più o meno lungo (1).

(l) -Per la risposta di Dufferin cfr. n. 904. (2) -Non pubblicato, con il quale venivano trasmessi alle ambasciate a Berlino, Londra. Vienna e per conoscenza all'ambasciata a Parigi due promemoria, uno relativo all'hinterland tripolino e l'altro a Biserta. Il primo promemoria fu trasmesso anche all'ambasciata a Costantinopoli con dispaccio del 15 gennaio 1891. I due promemoria sono ed. in A. MARTEL, Les conjins saharo-tripolitains de la Tunisie ( 1891-1911), Paris, 1965, pp. 464-465.
900

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. RISERVATO 177. Roma, 27 dicembre 1890, ore 16.

Ho il suo rapporto n. 450 (2). Il signor Grecoff ha preso a nostro riguardo una cattiva strada. Non solo non siamo disposti a rinunciare alle capitolazioni, ma ella vorrà ricordare a quel ministro che il suo principe non è ancora riconosciuto e che il Governo bulgaro è fino ad oggi un Governo di fatto non di diritto. Non abusi quindi della nostra benevola tolleranza.

901

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO SEGRETO 178. Roma, 27 dicembre 1890, ore 15,30.

In risposta suo telegramma del 23 (3), ella può informare Kalnoky che analoga comunicazione venne contemporaneamente fatta al Gabinetto di Londra. Comunicherò risposta di questi, non appena avuta (4).

(-4) Cfr. n. 920.
(l) -Il sunto di questo rapporto era stato comunicato da Nigra con T. riservato 269 del 25 dicembre, non pubblicato. (2) -Non pubblicato, relativo a una vertenza fra cittadini italiani e autorità locali a F1lippopoli. (3) -Cfr. nota l.
902

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE. Bisceglie, 27 dicembre 1890.

Non dubito che il cavaliere De Nitto le abbia riferito minutamente le cose dette dal signor Lahovary il 20 corrente rispondendo ad una interpellanza circa la pretesa convenzione militare tra Rumenia ed Austria-Ungheria. A me poi spetta aggiungere che il primo a ridere della smentita è stato al certo colui che l'ha profferta, persuaso oramai della esistenza di una alleanza ben anteriore alla recente visita del ministro della guerra rumeno al campo dell'imperatore Francesco Giuseppe in Transilvania, della quale a suo tempo ebbi l'onore di dare notizia all'E. V.

Merita però seria attenzione l'allusione del signor Lahovary alla possibilità di stringere un patto col Gabinetto di Vienna qualora gli interessi dei rumeni di Transilvania l'esigessero.

È questa la prima volta che un ministro rumeno parla in Parlamento dei connazionali d'oltre i Carpazi e, certamente, nella speranza di veder migliorate le loro sorti; difatti, a tale condizione soltanto, un accordo con la Triplice Alleanza incontrerebbe generale favore in Rumenia. Re Carlo m'intrattenne prima ch'io partissi su tale argomento confidandomi inoltre d'avere detto apertamente all'inviato austro-ungarico que quelques concessions aux roumains de Transylvanie rendraient très populaire dans le Pays une alliance avec les Puissances centrales (2).

Non ho voluto attendere il mio prossimo arrivo a Roma per tenere l'E. V. al corrente di una quistione che ci interessa abbastanza; perdoni dunque se sono importuno.

903

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. RISERVATO 180. Roma, 28 dicembre 1890, ore 19.

Chieda udienza al principe, gli esponga gli ultimi incidenti e parli alto e gli domandi francamente se desidera o no l'amicizia dell'Italia (3).

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi. (2) -Cfr. quanto De Nitto aveva comunicato con R. 1247/230, Bucarest 22 dicembre, circa le dichiarazicni di Lahovary: «La Rumania vedeva con soddisfazione i risultan in Iavore de' :a pace ottenuti dalla Triplice Alleanza, ma da detto concetto ad un'alleanza vi era della distanza. Ma se la situazione lo esigesse non sarebbe la sorte dei rumeni di Transilvania che impedirebbe alla Rumania eli contrarre un'alleanza coll'Austria-Ungheria, benché senza amcre né entusiasmo>>. (3) -Per la risposta cfr. n. 906.
904

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DUFFERIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

L. Roma, 28 dicembre 1890.

Lord Salisbury me prie de vous faire savoir que, si on envoie une réponse à la lettre de Menelik, cela sera par l'entremise du Gouvernement italien.

905

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 1637/660. Berlino, 28 dicembre 1890 (per. il 5 gennaio 1891).

Le dernier courrier de Cabinet, arrivé ici le 22 décembre, m'a remis la dépéche citée en marge (2). Le surlendemain j'adressais à destination du chancelier de l'Empire, et sous forme réservée, un pro-memoria au sujet des empiètements de la France dans le « hinterland » de la Tripolitaine, et des travaux en cours d'exécution à Biserta. J'y ai joint un exemplaire des deux documents et de l'esquisse géographique annexés à la dépéche de V. E. Il me semblait indiqué que S. E. le général de Caprivi prit connaissance de ces pièces avant qu'il m'accordàt une audience, dans le cas où il en aurait le loisir en ces jour de féte, ou qu'il se servit de l'entremise du secrétaire d'Etat pour me mettre à méme de donner une réponse.

Ne pouvant guère, comme je le prévoyais, disposer de son temps vers cette époque de fétes et de renouvellement d'année, le chancelier de l'Empire chargeait hier le baron de Marschall de me parler en son nom et de me communiquer ses propres observations.

Le Cabinet impérial comprend toute l'importance qui se rattache à ces questions d'équilibre dans la Méditerranée, et que l'Italie surtout s'en préoccupe à si juste titre en présence des agissements de la France et des singulières doctrines énoncées par son ministre des affaires étrangères dans une conversation récente avec M. le commandeur Ressman (3). M. Ribot nierait que les constructions à Biserta revétent un caractère militaire. Et, quant à la Tripolitaine, il opposerait également un démenti aux envahissements du Gouvernement de la République dans un pays dont les frontières au reste sont imparfaitement délimitées. On ne

saurait certainement révoquer en doute les tendances de la France. Mais une démarche colleetive et officielle des trois alliés ne saurait etre faite sans recourir aux mesures extremes pour obtenir satisfaction, dans le cas où leurs remontrances resteraient sans effet. Autrement, le prestige de la Triple Alliance en subirait une grave atteinte, et la France y verrait une sorte d'encouragement à réaliser ses aspirations, plus tòt meme qu'elle n'y songe. Il conviendrait peutetre d'attendre que cette Puissance eùt davantage découvert son jeu, et que des faits plus avérés vinssent mieux constater la certitude sur ses intentions. C'est probablement là le point de vue où se piace l' Angleterre dans so n attitude expectante, mais vigilante. De son còté, le Cabinet de Berlin ne perd pas de vue le casus joederis stipulé par l'article III de son traité d'alliance avec l'Italie, et s'y conformera sérieusement dans le cas prévu.

En attendant, par un télégramme qui allait etre expédié aujourd'hui à Constantinople, M. de Radowitz recevra l'instruction de représenter au sultan que l'Allemagne, formant partie de la Triple Alliance, attache le plus haut prix à tout ce qui tient au maintien du statu quo méditerranéen, et par conséquent à prévenir des envahissements de la France. Par conséquent, le sultan ne devrait pas entrer en négociations avec cette Puissance, ni entre autres lui faire des concessions territoriales dans le «hinterland :. de la Tripolitaine, ni se preter à des rectifications de frontières, et cela pour ne pas créer des précédents de nature à entraver l'action des Puissances intéressées à conserver l'intégrité de l'Empire ottoman. L'ambassadeur d'Allemagne est en meme temps chargé de s'enquérir s'il existe des pourparlers pour des délimitations de frontière. Il devra aussi mettre en garde le sultan contre des défiances que la France crée et alimente envers l'Italie, en lui pretant ou lui suggérant meme des aspirations contre la Turquie.

Le Cabinet de Berlin exerçant une certaine influence à Constantinople, parce qu'il est moins directement intéressé que d'autres Puissances dans les affaires orientales, le secrétaire d'Etat espérait quelque bon résultat d'une pareille démarche, celui, entre autres, de parvenir à vérifier si des pourparlers ont eu lieu de la part de la France pour induire la Sublime Porte à quelques arrangements territoriaux.

Le comte de Mtinster arrivera ici vers le nouvel an. Il sera mis au courant de ce qui précède, afin qu'il trouve moyen à son retour à Paris, et en ménageant habilement les transitions de langage, d'entretenir M. Ribot là-dessus, de meme que sur Biserta. En outre, le consul général d'Allemagne à Tunis, agent très entendu, a l'instruction de se rendre aussi secrètement que possible à Biserta, pour se renseigner et référer ici sur les travaux qui se font dans ce port.

En me prévalant des arguments si solides contenus dans les documents susmentionnés, j'ai insisté sur la nécessité d'arreter le plus tòt possible les progrès de la France vers la réalisation du pian de ce qu'elle appelle la création d'un Empire africain et de la remettre à sa piace, pour que les intérets généraux de la paix ne souffrent aucun détriment. Or, il est indiscutable que depuis quelque temps, vu le développement pris par ses armements et ses illusions peut-etre sur un concours éventuel de la Russie, la République montre plus de confiance dans ses forces offensives, et adopte des allures semblant ne plus tenir autant compte de la Triple Alliance. Il importe d'empecher, par une action diplomatique préventive, des faits accomplis. Il ne s'agit point ici des Balkans où l'oeuvre du temps et la non intervention profitent aux intérets des populations de ces contrées, au maintien de la paix générale, et servent entre autres la cause de l'Autriche-Hongrie, mais de convenances majeures dans le bassin de la Méditerranée, et l'Italie ne voudrait pas d'ailleurs etre réduite à des conditions où elle ne jouerait qu'un ròle effacé ou trop secondaire le jour où la Triple Alliance serait appelée à se mesurer avec ses adversaires.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit.. p. ~18.

(3) -Cfr. n. 899, nota 2. (3) -Cfr. n. 827, nota l.
906

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 2991. Sofia, 29 dicembre 1890, ore 17,50 (per. ore 20,50).

Ho veduto Grecoff e Stambuloff; ho parlato loro con fermezza; promisero nella giornata di domani risposta soddisfacente. In presenza di questo contegno prego V. E. di farmi conoscere se è possibile ritardare udienza principe di Bulgaria (1). Prego V.E. di volermi telegrafare suoi ordini (2).

907

IL CONTE ANTONELLI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

R. S.N. Addis Abeba, 29 dicembre 1890 (per. il 24 febbraio 1891).

Come ho avuto l'onore d'informare telegraficamente l'E.V. il 5 dicembre lasciai l'Harar ed il 17 dello stesso mese arrivavo nelle ore antimeridiane qui in Addis Abeba, residenza attuale dell'imperatore d'Etiopia.

Gli accampamenti furono, partendo da Harar: Uarra, Bilè, Ciallancò, Burcà, Irna, Cunnì, lago Ciarciar, Legardim, Hauasc e Filoà, Teddeccià Melcà, Mentà Curi (Mingiar). Scioncorà (Mingiar). Rogghiè (Galan), Addis Abeba.

La sicurezza della strada nulla lascia a desiderare per una carovana numerosa, ma per corrieri isolati il tratto di strada da Legardim a Teddeccià Melcà è pericoloso, perchè il paese è completamente deserto e per trovarsi quella via nei confini delle tribù galla del Ciarciar, degli ittu, carajù e danakil quasi sempre in guerra tra di loro. Uomini isolati o piccoli gruppi di 4 o 5 individui di quelle tribù girano per quel tratto deserto di paese allo scopo di uccidersi scambievolmente e se trovano qualche viandante non mancano di svaligiarlo. Ed ecco per quale ragione si dice che la strada da Harar allo Scioa è mal sicura.

Questa via dall'Harar ad Addis Abeba fu, meno il tratto Filoà Addis Abeba, da me percorsa altre due volte; la prima volta nel luglio 1888 e la seconda nel giugno 1889.

Il paese allora era abitato, le coltivazioni di dura ed orzo bellissime, mandrie di bestiame bovino pecorino caprino numerose e tutto il paese aveva l'aspetto di abbondanza e prosperità. Presentemente invece è una continua desolazione. Ad eccezione dell'Harar fino al Burcà dove ancora vi sono pochi abitanti e rare coltivazioni tutto il resto fino a Mentà Curi nel Mingiar è assolutamente un deserto. Non più abitanti non più coltivazioni non più mandrie ma basse acacie alti fieni da rendere irriconoscibili le belle valli del Ciarciar e degli ittu.

Degiac Uolde Gabriel che governa la provincia del Ciarciar è stato costretto abbandonarla per vivere egli ed i suoi soldati è andato a razziare gli Arussi Galla dove qualche mese fa per l'identico scopo vi era andato ras Makonnen e come giorni fa vi è andato ras Darghiè, titolare di quel vasto paese, perchè è l'unico che è ben provveduto di granaglie e che è perciò sfruttato dagli affamati scioani.

Il Mingiar trovai in condizioni relativamente non pessime qui in Addis Abeba la carestia è sopportabile.

Il tallero che prima si cambiava con otto o dodici amoliè (sali) oggi è cambiato con due amoliè e mezzo e siccome ogni sale pesa circa 500 grammi ed il tallero vale alla costa circa 5 lire si ha kg. 1250 di sale per 5 lire e questo rappresenta la sola moneta divisionaria.

Un bue non vale meno di talleri 30 ossia 150 lire un pollo vale un sale, ossia due lire; un montone 3 talleri, ossia 15 lire, 8 a 9 litri di grano un tallero.

Se questi prezzi si mettessero in confronto con quelli citati nelle relazioni di Chiarini e Cecchi sui mercati dello Scioa e paesi Galla si vedrebbe che quello che vale oggi un pollo allora era il prezzo di un vitello.

Questa carestia si estende presentemente dall'Harar al Caffa e dal Caffa a Massaua e niente accenna pel momento che uno stato di cose tanto miserevole abbia a cessare perchè il raccolto ha avuto luogo a novembre e perciò dobbiamo considerare questo momento come il più favorevole dell'anno in corso.

Due fatti vanno notati perchè si riferiscono alla organizzazione interna dell'Etiopia.

Il primo è quello che la mancanza dei mezzi di trasporto e la difficoltà delle comunicazioni impedisce che i paesi limitrofi produttivi importino le loro granaglie nello Scioa. Si ricorre allora acl un mezzo strano mandando nume

587 rosi eserciti in quei paesi dove si sa che la produzione è abbondante i quali colle razzie sfruttano completamente quei paesi come ho accennato più sopra che si fa attualmente negli Arussi Galla.

II secondo è che mancando i viveri è impossibile la riunione di grandi eserciti per lontane spedizioni, unica risorsa dell'esercito etiopico. L'imperatore anche volendo è nell'impossibilità di riunire il suo esercito è invece obbligato a dividerlo quanto più può perchè ciascun capo nella sua provincia mandi i soldati pei paesi e per le campagne dove così divisi riescono a non morire di fame.

Con tutte queste sventure l'abissino non si perde di coraggio ed è ammirevole l'abnegazione e pazienza colla quale subisce questa terribile crisi.

Si direbbe che è gente insensibile alla sventura, con calma e quasi indifferenza attendono che passino i giorni tristi per sortire dalla lotta più audaci e più forti di prima.

Nella casa del re ed in quella dei grandi sono aboliti i tradizionali banchetti del brondò (carne cruda); è già molto se possono regalarsi il lusso di qualche montone cotto nella salsa di berberi (pepe rosso).

II contadino scioano più laborioso degli altri non si dà per vinto e lavora la terra con zappe e vanghe primitive per mancanza di buoi così riuscirà prima degli altri a risorgere da questa lotta di miseria.

Questo stato di cose avrebbe fatto facilmente supporre che l'imperatore dovesse essere più condiscendente e più premuroso a tenersi cara l'amicizia dell'Italia.

Ma non è così. L'orgoglio è più forte della fame e la prova si ha dal seguente fatto. Sembrò a Menelik un gran disonore ed un forte incubo il prestito di due milioni contratto da ras Makonnen in Italia.

Ha fatto conoscere a tutti i capi il debito e li ha tassati dividendo in parte proporzionale i due milioni e allo stesso sistema domandandone altri due milioni come prestito.

Di solo avorio, muschio, oro e caffé, si dice abbia già messo assieme un valore di circa 300.000 talleri.

Non sarebbe però impossibile che Sua Maestà etiopica abbia preso a pretesto il debito che deve pagare in Italia per radunare una forte somma e servirsene poi ad altro scopo. Certo è che senza il pretesto del debito verso l'Italia e senza la minaccia di pericoli se non si toglie presto Menelik in questo momento di fame generale non avrebbe trovato nei suoi sudditi neppure chi gli pagasse un tallero mentre con questo sistema spera trovarne e forse li troverà

800.000 talleri. Il ricevimento che ha fatto a me l'imperatore come inviato d'Italia non fu certo strepitoso ma fu dignitoso ed amichevole.

L'imperatore più volte mi dichiarò che i suoi sentimenti di amicizia verso il re d'Italia ed il suo Governo sono immutabili e che mai si separerà dall'Italia.

Le conferenze sono giornaliere e sempre sono accolto colla massima deferenza e cordialità.

Le questioni principali che si discutono sono: lo i confini, 2° l'articolo 17 del Trattato di Uccialli, 3° il prestito colla Banca Nazionale.

Confini -L'imperatore lamenta la poca arrendevolezza dell'Italia nel sostenere come linea di confine il Mareb. Mentre dal Governo italiano era stato domandato col Trattato di Uccialli la linea dell'alto piano; che firmato quel trattato quella linea non fu più sufficiente e che esso la estese fino a Sciket mettendosi in opposizione con tutti i suoi capi. Malgrado ciò il Governo italiano sostenne dover tracciare i confini al Mareb.

Il ragionamento che mi ha fatto l'imperatore è il seguente:

«Quando era vivo re Giovanni le truppe italiane non si mossero da Saati; appena fui io l'imperatore e perciò il padrone di quei paesi l'Italia mia amica mia alleata invece di aiutarmi approfitta della mia amicizia e m'impone un confine che anche volendo non posso cedere a nessun costo.

Non farò per questo la guerra all'Italia; tenetelo colla forza.

Voi mi dite che il Governo italiano difende in Europa i miei diritti e l'integrità dell'Impero d'Etiopia ma quale fede posso io avere nell'opera vostra se voi pei primi non rispettate i confini da voi stessi domandati ed accettati con un trattato firmato dal vostro re? »

Ho risposto all'imperatore che se il Governo italiano avesse supposto che al di là dai nostri confini dovessero restare i nostri antichi nemici, l'Italia non il Mareb ma neppure Adua avrebbe ceduto. Noi credevamo che dove era Giovanni si sostituisse di fatto e non nominalmente, Menelik; poco siamo persuasi della stabilità della attuale sistemazione del Tigrè e perciò della sicurezza sulle nostre frontiere. Feci osservare a Sua Maestà che il Trattato di Uccialli che per l'articolo 17 si vorrebbe distruggere favorì più l'imperatore d'Etiopia che l'Italia e che il Governo del re d'Italia leale esecutore di quel trattato fece retrocedere il generale Orero da Adua ed è disposto a non insistere sul Mareb.

L'imperatore nega assolutamente l'incertezza sulla loro fedeltà dei capi del Tigrè; come non ammette sia da parte nostra una concessione cedere quello che non avevamo diritto di prendere.

Articolo 17 del Trattato di Uccialli. «Quest'articolo, dice l'imperatore, non destò nessun sospetto fino all'arrivo delle lettere dell'imperatore di Germania e della regina d'Inghilterra. In quelle lettere era detto che non potevano scrivergli direttamente.

La lettera inglese era cortese; mentre quella di Germania era pungente ed invece del titolo di negus neghest aveva quello di altezza. Ma in tutte e due si vedeva chiaramente che l'Etiopia a causa dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli veniva ad essere considerata come una dipendente dell'Italia.

Questa dipendenza è umiliante e non ho mai inteso che ciò debba essere. Furono attentamente riletti i due testi ed allora ci siamo accorti che la traduzione dall'italiano all'amarico non era esatta.

Il testo italiano dice che io consento di servirmi del Governo del re d'Italia per tutti gli affari con altri Governi mentre l'amarico dice iccialacciual ossia che posso ». Quindi l'imperatore mi domandava che quell'articolo fosse corretto secondo lo spirito del testo amarico.

Risposi a Sua Maestà che il Governo italiano può sopprimere quell'articolo, ma non correggerlo come fu infedelmente tradotto dal suo interprete e non dal nostro interprete.

La soppressione però di detto articolo scioglie l'Italia da qualunque impegno di assicurare e patrocinare l'integrità dell'Impero di Etiopia. Citai i punti dove è più minacciata quell'integrità e gli dissi che nel Congresso di Bruxelles la Russia e la Francia, ma specialmente la prima, non ammettevano che vi fosse un imperatore di Etiopia. Con tali antecedenti facevo osservare a Sua Maestà che le conseguenze non potevano essere che dannose agli interessi dell'Impero se l'Italia si fosse disinteressata nella questione dell'integrità di un Impero riconosciuto come tale solo perchè sostenuto dall'Italia.

Allora l'imperatore mi disse che bisognava trovare un mezzo di accomodare la questione che soddisfacesse il Governo italiano e non fosse umiliante per l'Etiopia che non accetterà mai alcun protettorato.

Aderii di buon grado alla proposta dell'imperatore e nell'udienza del 23 gli presentai la convenzione n. l che ho l'onore di qui accludere all'E.V. La traduzione in amarico era stata fatta da due interpreti e consultai due depterà (ossia dottori) perchè la traduzione fosse la più corretta possibile.

L'articolo III incontrò la più vivace opposizione specialmente da parte dell'imperatrice.

All'udienza era presente anche il conte Salimbeni.

La discussione fu lunga ed animata, specialmente sulla parola protettorato; non si volle ammettere neppure la più lontana possibilità che un giorno l'Etiopia potesse accettare il protettorato di un'altra Potenza.

Dichiarai a Sua Maestà che l'Italia non aveva proclamato il protettorato sull'Etiopia ma che abrogando l'articolo 17 era indispensabile sostituirlo da altro accordo che guarentisse all'Italia la preponderanza della sua influenza in Etiopia. Le spese che l'Italia aveva fatto per l'Etiopia ascendevano a parecchi milioni e non avremmo mai permesso che un suo successore al trono d'Etiopia si rivolgesse ad altra Nazione che non fosse l'Italia.

Fui pregato allora di fare un secondo progetto (vedi allegato n. 2) che presentai il giorno seguente. L'imperatore lo lesse attentamente. Non fece alcuna abbiezione e mi disse che a questi due progetti ne avrebbe fatto uno lui, ma che intanto era sua intenzione rimandare ogni decisione al prossimo arrivo di ras Makonnen.

Ho avuto in seguito altre conversazioni con Sua Maestà e più volte mi ha ripetuto che non desidera altro che mantenere coll'Italia rapporti di amicizia e farà tutto il possibile per accomodare in modo soddisfacente le questioni ora pendenti.

Il vescovo Matheos mi ha promesso da parte sua ogni aiuto e mi riferì che avendone parlato all'imperatore questi gli aveva detto che mai farà cosa alcuna che possa dispiacere al Governo italiano.

Ras Mangascià oggi potentissimo alla Corte di Menelik mi fece identiche dichit>.razioni e tutto mi fa sperare che l'accordo più completo sarà presto un fatto compiuto.

Prestito. L'imperatore lamenta che ras Makonnen abbia fatto un prestito tanto complicato. Esso desiderava che il prestito avesse una scadenza di due

o al più tre anni.

Risposi che il prestito fatto dalla nostra Banca Nazionale non poteva essere più favorevole all'Etiopia e ciò perché il Governo italiano lo guarenti, altrimenti Makonnen nè in Italia nè altrove avrebbe trovato un quarto di quella somma. Mi risultava pure che il Governo italiano era disposto a favorire l'imperatore qualora si fosse trovato imbarazzato al pagamento delle annualità. Ma che la base di tutto era l'amicizia ed il mantenimento dei patti già fatti.

Limperatore mi soggiunse avere già riunito 300.000 talleri di avorio oro muschio e caffè. Mi domandò se la Banca Nazionale avrebbe accettato il pagamento in avorio qui allo Scioa e che lo avrebbe ceduto al prezzo di lire 100 il uokiet (kg. 13,333). *Ma su ciò riferirò all'E. V. con rapporto speciale.*

Da tutto l'assieme mi è sembrato che Sua Maestà si disfarà con molta pena delle somme raccolte specialmente per quello che si riferisce a denaro ed oro.

Queste sono le questioni principali sulle quali non fu presa alcuna deliberazione volendo Sua Maestà attendere ras Makonnen ed avendo chiamato a consiglio degiac Ghermanù e fitaurari Tanfù antichi generali dello Scioa e suoi antichissimi e fidati consiglieri *Ed ora vengo a parlare delle altre questioni che V.E mi aveva incaricato di trattare.*

Conferenza di Bruxelles. -L'imperatore al quale esposi le opposizioni che aveva dovuto superare il Governo del re espresse la sua riconoscenza per quanto aveva fatto il Governo d'Italia e desidera avere il testo della convenzione per farla tradurre in amarico.

Lago Assal. Sua Maestà approvò *che l'Italia abbia prevenuto il Governo francese* (l) disse che tre anni or sono aveva fatto issare la sua bandiera in quella località. Gli risposi che il Governo del re non conoscendo bene quell'antecedente aveva ordinato che si mettesse la bandiera etiopica la quale non fu dall'Anfari trovata e perciò essendo urgente non perdere tempo fu innalzata quella italiana; ciò non impediva che accanto alla nostra bandiera Sua Maestà mettesse nuovamente la sua.

L'imperatore ringraziò, mostrandosi soddisfatto.

Linea telegrafica da Massaua ad Antoto. Sono d'accordo coll'imperatore sulle seguenti basi: l) il Governo italiano provvederà le macchine, il filo ed il personale; 2) l'imperatore d'Etiopia fornirà il materiale gli uomini per impiantare pali, farà costruire le case per l'impiego nelle stazioni, fornirà i viveri a ciascuna stazione e garantirà la sicurezza.

Moneta eritrea. Mostrai a Sua Maestà il campionario riservandomi a parlarne in seguito.

*Affare Viscardi. L'imperatore dice che, quando consegnò la prima volta la lettera al Viscardi perché S.M. il Re d'Italia gli prestasse 40.000 talleri, 27.000 talleri dovevano servire per pagare il Viscardi di un certo numero di fucili ad avancarica, credo 3800 circa, ceduti al prezzo di talleri 7 ciascuno. Quei fucili però non erano ancora arrivati allo Scioa ma l'imperatore dice aver dato l'ordine di pagarli in Italia ed anticipargli in più talleri 13.000 perchè il Viscardi gli aveva promesso di portargli 6000 Remington al prezzo convenuto di talleri 13 l'uno.

Quando il Viscardi tornò allo Scioa dicendo che in Italia non l'avevano pagato i suoi fucili erano arrivati e l'imperatore avendoli trovati di pessima qualità gli disse che non li voleva più. Allora il Viscardi avrebbe insistito e sempre secondo quello che dice l'imperatore si accordarono nel modo seguente: l'imperatore avrebbe fatto vendere per conto del Viscardi i fucili avariati ad avancarica. Il Viscardi avrebbe ritirato sul deposito del prestito etiopico in Italia la somma di talleri 40.000 per portare i 6000 Remington e poi si sarebbero fatti i conti.

Ora l'imperatore prega il Governo italiano perché faccia mantenere i patti accettati dal Viscardi; i suoi fucili ad avancarica restano tuttora invenduti. L'imperatore disse che non credeva mai che un commerciante italiano facesse simili cose che sperava ottenere giustizia dal Governo e che in ogni modo la lezione gli bastava e mai avrebbe fatto affari di commercio con italiani.

Cercai calmare il re dicendo che il Viscardi non aveva preso alcuna decisione al momento della mia partenza, e che in tutti i casi avrei riferito il fatto al Governo. Cambiai discorso parlandogli della società che si formerà in Italia col capitale di 20.000.000; cosa che interessò moltissimo Sua Maestà ed al quale diedi tutti gli schiarimenti domandati.

Passando ora a parlare dell'elemento europeo qui allo Scioa non si può dire che l'elemento straniero abbia influenza ma riesce gradito perché fornisce molte informazioni.

Il vescovo francese Taurin de Cahagne che è all'Harar lo credo il più intrigante e pericoloso. Citerò due fatti sui quali non posso assumere nessuna responsabilità ma se veri sarebbero gravissimi. Il primo è che monsignor Taurin per acquistare influenza e paralizzare quella che poteva avere il dottor Nerazzini come medico si è spacciato come possessore di rimedi straordinari.

La moglie di un alto personaggio di Harar ha avuto la disgrazia di avere 8 bambini e di perderli tutti dopo pochi mesi dalla nascita. Monsignore gli dà una medicina che farà vivere i bambini futuri. Presentemente la signora è in stato interessante si attende la nascita del bambino e se il caso vorrà che viva sarà opera di monsignore.

Inoltre lo stesso monsignor Taurin sembra che nelle vicinanze di Harar compri dei schiavi per conto della missione e qualche volta dia incarico ai negozianti mussulmani di andarglieli a comperare anche in paesi lontani. Di questi due fatti ne ho informato privatamente il nostro residente all'Harar e da lui sapremo cosa v'è di vero. A me furono riferiti da servi che furono al servizio di quella missione. Con questi palesi intrighi ed altri che non si co

noscono, * sembra che rnonsignor Taurin sia riuscito ad ottenere il permesso di venire nello Scioa e si dice che verrà con ras Makonnen cosa però ancora molto dubbia.

Nello Scioa vi sono attualmente quattro italiani: conte Salimbeni, nostro residente generale, signor Capucci, commerciante, signor Gagliardi, viaggiatore, signor Valli, pittore; quattro francesi: i signori Chefneux commerciante d'armi, un ufficiale d'artiglieria francese della riserva; Pino, commerciante, Dubois, falegname; due svizzeri: ingegnere Ilg, al servizio dell'imperatore; Appenzeller, ebanista al servizio dell'imperatore.

Il più intrigante (l) è l'ingegnere Ilg; trovasi allo Scio a da dodici anni, parla e scrive benissimo l'amarico. *È però molto scredidato, non si sa bene se è pagato da Zeila o da Obock. Credo che sia al servizio di 3 padroni, compreso Menelik.

Ne parlai all'imperatore come di persona poco sicura: Sua Maestà mi rispose che non lo considerava affatto per uomo da dar consigli e mi assicurava non gli avrebbe mai parlato delle nostre trattative. E infatti tutte le volte che parlo con Sua Maestà l'ingegnere Ilg lo si fa sempre allontanare dall'alfiere dell'imperatore*.

Vi è un russo povero, certo Ordonoff, che dice di essere meccanico. *Finora non è questo l'elemento che può far temere di sostituire alla Corte di Menelik un'influenza non italiana*.

Il grasmac Jusef è completamente caduto in disgrazia. *gli ho consigliato di darsi malato tanto l'ho veduto tremante e pauroso*. Non potrò valermi che pochissimo dell'opera sua ridotta a zero.

Il dottor Traversi trovasi in Italia colla missione datagli dal conte Salimbeni e l'E.V. già sarà stata informata dei timori e delle ragioni che provocarono quella sua gita in Italia.

Il conte Salimbeni malgrado le difficoltà l'ho trovato in ottimi rapporti con S.M. l'imperatore e con tutti.

ALLEGATO I

PROGETTO DI CONVENZIONE

Allo scopo di eliminare ogni malinteso sull'interpretazione dell'articolo XVII del trattato itala-etiopico firmato il 2 maggio 1889 nell'accampamento di Uccialli, viene conclusa tra S. M. Menelik II re dei re d'Etiopia, che stipula in proprio nome, ed il conte Pietro Antonelli, inviato straordinario di S. M. il Re d'Italia, la convenzione seguente:

Art. I. L'articolo XVII del trattato italo-etiopico firmato il 2 maggio 1889 nell'accampamento di Uccialli è abrogato.

Art. II. Irl Governo di S. M. H Re d'Italia dichiara che non ha assunto il protettorato sull'Impero d'Etiopia.

Art. III. L'imperatore di Etiopia si obbliga di non accettare il protettorato di qualsiasi Potenza. Ma se dovesse farlo darà sempre la preferenza al Governo di s. M. il Re d'talia.

Art. IV. L'imperatore di Etiopia dà l'incarico al Governo di S. M. il Re d'Italia di garantire i. diritti l'indipendenza e l'integrità dell'Impero d'Etiopia in faccia alle Potenze.

Art. V. All'intento di agevolare al Governo ital~ano la rappresentanza degli interessi etiopici presso le Potenze sarà fatta notificazione a queste ultime del presente atto.

ALLEGATO II

PROGETTO DI CONVENZIONE

Allo scopo di eliminare ogni malinteso sull'interpretazione dell'articolo XVII del trattato itala-etiopico firmato il 2 maggio 1889 nell'accampamento di Uccialli, viene conclusa tra S. M. Menelik II re dei re d'Etiopia, che stipula in proprio nome, ed il conte Pietro Antonelli, inviato straordinario di S. M. Iii Re d'Italia, la convenzione seguente:

Art. I. L'articolo XVII del trattato itala-etiopico firmato il 2 maggio 1889 nell'accampamento di Uccialli è abrogato.

Art. II. H Governo di S. M. i~ Re d'Italia dichiara che non ha assunto il protettorato sull'Impero d'Etiopia. L'imperatore d'Etiopia dal canto suo impedirà che altre Nazioni mettano l'Impero d'Etiopia sotto i~ loro protettorato.

Art. III. L'imperatore di Etiopia dà l'incarico al Governo italiano di garantire i diritti l'indipendenza e l'integrità dell'Impero di Etiopia in faccia alle Potenze.

Art. IV. All'intento di agevolare al Governo la rappresentanza degli interessi etiopici presso le Potenze sarà fatta notificazione a queste ultime del presente atto.

(l) -Cfr. n. 903. (2) -Cfr. n. 908. (3) -Ed. in L'Italia in Africa, serle storica, vol. I, Etiopia-lV!ar Ro'"o, tomo IX, Documenl i (1891-1893), a cura di D. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1981, pp. 10-18 e, con varianti e l'omissione del passi fra asterischi, In LV 72, pp. 56-62.

(l) In LV 72, invece delle parole fra asterischi: «l'operato dell'Italia».

(l) In LV 72 «attivo».

908

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. RISERVATO 181 (l). Roma, 30 dicembre 1890, ore 16,45.

È bene che il principe conosca come i suoi ministri ci trattano. Se cogli amici essi sono così scortesi e violenti, non si saprebbero rimproverare i loro nemici pel contegno che tengono verso la Bulgaria. Ella parli alto e fermo con codesti signori perché noi siamo risoluti di andare sino agli estremi se non rispettano i nostri diritti. Faccia loro intendere che siffatto modo di agire allontana sempre più il giorno dell'abolizione delle capitolazioni. E domandi udienza al principe (2).

(l) -Risponde al n. 906. (2) -Cfr. n. 909.
909

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 271. Sofia, 3 gennaio 1891, ore 0,20 (per. ore 6).

Ho veduto il principe al quale ho parlato secondo gli ordini avuti (1). Sua Altezza Reale mi ha assicurato tener molto all'amicizia dell'Italia alla quale è gratissimo dei numerosi servizi resi alla Bulgaria, ma prega V.E. di tener conto essere lui obbligato come principe costituzionale ad avere certi riguardi all'amor proprio eccitato bulgaro. Principe è tutto disposto ad aiutare porre termine ultimo incidente che spera non lasci traccia per avvenire. Sua Altezza Reale spera che si invierà quanto prima nota ufficiale che soddisferà nostri giusti diritti.

910

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 13. Sofia, 3 gennaio 1891, ore 10,30 (per. ore 12,35).

Stambuloff è ammalato da tre giorni, ciò che ritarda fine incidente, divenuto qui molto acuto. Sono stato avvisato che è Stambuloff che è stato il più difficile per riconoscere i nostri diritti e che ha varie volte minacciato di dimissioni. Principe ha usato tutta la sua autorità in senso favorevole a noi. Spero che avremo oggi o domani nota ufficiale soddisfacente (2).

911

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO 182. Roma, 3 gennaio 1891, ore 11.

Ieri il conte Solms venne a dirmi che l'imperatore era impressionato dell'agitarsi della stampa italiana riguardo la tassa d'ingresso imposta dal pontefice ai musei vaticani e chiese quale fosse la nostra opinione in questo argomento. Ho fatto notare all'ambasciatore germanico che la questione vaticana essendo sempre stata considerata dal Governo italiano come di politica interna non era mai stata oggetto nè poteva esserlo per noi di discussioni internaziona

43 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

li e neppure di semplici conversazioni. con agenti esteri. Dichiarandogli perciò che io parlavo a lui conte Solms nostro amico, non già all'ambasciatore di Germania, gli ricordai che dal 1870 il papa non era più re e che i palazzi vaticani con quanto contengono di capi d'arte sono proprietà inalienabile dello Stato italiano, non della Sede pontificia. Al papa ne è guarentito il solo uso in forza di una legge che noi fedelmente osserviamo quantunque il papa adopri spesso a danno della patria e della Monarchia nazionale, e qui citai la recente propaganda repubblicana del Lavigerie, inspirata e appoggiata dal Vaticano (1). Soggiunsi che i continui intrighi che il Vaticano, ora in mano dei gesuiti, ordisce all'ombra della legge delle guarentigie sono diretti non soltanto contro l'Italia ma anche contro la Germania, e che perciò questa avrebbe tutto l'interesse di tutelarsene. Dissi inoltre che il papa non avendo autorità temporale non poteva mettere imposte e che ciò facendo violava la legge. Il Governo italiano intanto non se ne preoccupa come non si è preoccupato di violazioni della legge in altri casi. Di quanto precede informo la E.V. per nor

ma sua avvertendola che il Governo del re esclude assolutamente di sollevare questioni internazionali su tutto ciò che si riferisce ai rapporti del Papato in Italia.

(l) -Cfr. n. 908. (2) -Cfr. n. 913.
912

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

R. RISERVATO 24/7. Parigi, 3 gennaio 1891 (per. l' 8).

Il colloquio che io ebbi col signor Ribot in occasione del suo ultimo ricevimento ebdomadario del 30 dicembre prossimo passato, fu alquanto animato per non dire vivissimo. Al primo momento egli con parole concitate mi accennò la polemica aperta sulla questione tripolitana ed in cui si attribuisce alla Francia l'intenzione d'occupare quella Reggenza, accusa questa sostenuta dai nostri giornali qualificati di ufficiali e supposti ispirati da codesto ministero. Secondo il suo dire l'E.V. avrebbe denunziato quelle intenzioni della Francia ad altre Potenze e fra queste all'Inghilterra, come risulterebbe da rapporti che gli pervengono. Il signor Ribot chiudeva la sua arringa col pregare V.E. di smettere la continuazione di una tale accusa che potrebbe suscitare interpellanze in Parlamento e dare luogo a spiacevoli incidenti.

Ascoltai con molta calma il discorso appassionato del signor Ribot, il quale protestava contro le mire che si supponevano alla Francia di assorbire anche la Tripolitania, mentre essa non pensava che a valersi delle vie aperte colla recente convenzione anglo-francese relativa all'hinterland nel Sudan per volgere una parte del commercio di quella regione verso la Tunisia dove le si stanno creando nuove facilitazioni.

Prendendo a mia volta la parola, dissi al signor Ribot che potremmo con ben maggiore ragione rivolgere a lui o per meglio dire al suo ministero i rimproveri che egli mi esprimeva sul nostro contegno verso la Francia riguardo alla questione tripolitana, poichè non v'è giorno in cui l'Italia ed il suo primo ministro non siano svillaneggiati dai giornali francesi che hanno note aderenze col Ministero degli affari esteri e ci attribuiscono in modo persistente l'intenzione di occupare Tripoli, benchè si debba sapere che ciò non è vero: eppure siamo informati che un ammiraglio francese, il Duperré, recatosi non ha guarì a Costantinopoli, ebbe dal sultano una udienza in cui cercò di mettere quel sovrano in grave sospetto contro di noi a proposito di Tripoli. Soggiunsi che io ignoravo quali comunicazioni V.E. potesse aver fatte ad altre Potenze riguardo a quella Reggenza, ma che se ciò per avventura ebbe luogo, eravamo nel nostro diritto di portare la loro attenzione sopra una tale questione, che non ci può essere indifferente come non lo deve essere a qualsiasi Potenza che abbia interessi nel Mediterraneo ed alla quale importi che l'equilibrio in quel mare non sia turbato a benefizio di qualche Potenza invadente. All'Italia poi più che ad ogni altro importa quella questione, e la Francia deve assuefarsi a riconoscere che l'Italia costituisce oramai una Nazione di trentadue milioni di abitanti, con duecentomila veri marinari inscritti, con uno sviluppo di seimila e più chilometri di litorale mediterraneo. Per cui, benchè non aspiri alla Tripolitania, è però naturale che essa possa inquietarsi di una Potenza vicina solita a chiamare il Mediterraneo lago francese, e che sotto un futile pretesto s'impossessò se non di nome almeno di fatto della Tunisia, la quale ogni giorno è maggiormente assorbita dalla Francia, al punto che sotto pretesto di protettorato il bey ha perduto ogni libertà d'azione sino a quella di scri\rere e spedire una lettera senza l'autorizzazione del residente francese.

Bisogna adunque aspettarsi a che se alcuno tentasse di attribuirsi la Tripolitania, incontrerebbe un serio ostacolo nella resistenza delle altre Potenze interessate. lo dichiaravo che con ciò non intendevo giustificare il linguaggio dei giornali, ma nello stesso modo che non abbiamo mai pensato a fare il signor Ribot mallevadore di tutte le sciocchezze e di tutte le falsità di cui sono ripieni i giornali francesi che si pretendono organi ufficiosi del suo ministero, fra i quali primeggia il Siècle diretto da un antico funzionario di questo Ministero degli affari esteri, che figura tuttora nell'annuario diplomatico di Francia, riteniamo che sia cosa ingiusta lo attribuire alle ispirazioni di V.E. le elucubrazioni dei nostri giornali sulla Francia.

Soggiunsi poi che in Francia si ha una falsa idea della posizione politica di V.E. La si considera come il rappresentante di una fazione, mentre il risultato delle elezioni dimostra che ella è l'espressione del pensiero dell'opinione generale del Paese. Infatti ella nata in Sicilia, nell'estrema Italia del mezzodì, trovò il suo più serio trionfo nell'estremo nord, in Torino, capitale di quel Piemonte che rinunziava volontariamente alla sua preponderanza in favore della unità d'Italia. V.E. dopo di aver combattuto con Garibaldi e sofferto l'esigUo, si associava al gran condottiero nel salutare la monarchia di Casa Savoia come quella che doveva sancire e mantenere l'indipendenza e l'unità l'Italia. Il coraggio politico e civile dimostrato da V.E. prova ch'ella ebbe sempre quel doppio scopo di mira, tanto col mantenere le nostre alleanze che col ricondurre ad un sistema uniforme le varie amministrazioni, avanzo di quelle degli antichi Stati in cui la Nazione era divisa, e col fare sparire i molti abusi che deturpavano alcune di esse.

Conchiusi questa digressione col dire che conveniva lasciare ai giornalisti la responsabilità del loro dire senza farla risalire ai capi del Governo che talvolta sono vittime delle indiscrezioni dei proprii dipendenti.

Sul finire della conversazione il signor Ribot mi parlò della delimitazione dei nostri territori rispettivi presso Assab e Obock; io risposi che dipendeva da lui di riprendere i negoziati accettando le basi stabilite dall'E.V. e dalle quali ella non poteva recedere. Soggiunsi che questo suo ministero coll'opporre a quelle condizioni trattati antiquati e colpiti da prescrizione, e contratti più recenti passati con sultanetti vassalli del negus, sembrava voler~ ripetere le gherminelle ideate per Massaua. Ciò bastava per una volta specialmente ora che in quelle regioni un sovrano effettivo costituito aveva accettato la nostra alleanza protettrice; e conchiusi che con un poco di arrendevolezza per parte della Francia quella quistione sarebbe stata sciolta.

In questa lunga discussione parlai con molta fermezza e precisione, senza però mai uscire dai limiti di una somma cortesia. Per cui il colloquio ebbe fine con pacatezza e con una reciproca stretta di mano.

(l) Cfr. n. 871.

(2) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali. cit.• pp. 46-48.

913

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 19. Sofia, 4 gennaio 1891, ore 16,20 (per. ore 17,35).

Governo principesco mi trasmette in questo momento nota ufficiale incidente Filippopoli, colla quale ammette in principio nostri reclami. È stata migliore soluzione che ho potuto ottenere. Invio nota ufficiale bulgara per la posta oggi stesso, e spero potrà essere approvata da V.E.

914

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. 7/12. Pietroburgo, 6 gennaio 1891.

In una mia conversazione col signor di Giers, nella quale il discorso cadde anche sul viaggio dello Cesarevic, mi parve opportuno di cogliere l'occasione per accennare alle voci raccolte da parecchi giornali e delle quali l'E.V. m'int.ratteneva, col dispaccio divisione I sezione I n. 45044/272 del 17 dicembre

u.s. (1), relativo a certi accordi fra la Russia e l'Austria che sarebbero stati suggellati dalla recente visita del granduca ereditario alla Corte di Vienna.

Il ministro imperiale mi ha confermato che il granduca, il quale si è fermato soltanto poche ore a Vienna, non ha avuto campo d'occuparsi di politica.

«In Bosnia e nell'Erzegovina, mi osservò S.E., gli austriaci si valgono dei fatti compiuti. I turchi si contentano dell'apparenza di potere che loro rimane, ma il Trattato di Berlino resta sempre in vigore (est toujours là) per cui quanto hanno potuto dire i giornali circa accordi stabiliti fra Pietroburgo e Vienna in seguito alla visita dello cesarevic, non ha alcun fondamento».

915

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, DE NITTO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 39/9. Bucarest, 7 gennaio 1891 (per. il 14).

Tutti gli sforzi dell'opposizione nelle due Camere rumene non sono valsi ad ottenere da questo ministro degli esteri uno schiarimento maggiore sull'attuale tendenza della politica estera rumena oltre la frase vaga, già nota, della soddisfazione che prova la Rumania per la pace conservata all'Europa dalla Triplice Alleanza. L'interesse però della Rumania esigeva di tenersi lontani da ogni impegno fino a che gli eventi non imponessero una decisione.

Non v'ha dubbio che dopo il viaggio del re a Ischl e l'assistenza del ministro della guerra alle manovre in Ungheria si è venuta manifestando una certa tendenza ad avvicinarsi alle Potenze centrali, i cui sforzi diretti a mantener la pace anche nella penisola balcanica riuscivano di sommo vantaggio alla Rumania per lo sviluppo pacifico della sua interna costituzione. Manifestando essa in questo senso le sue simpatie all'Impero vicino ha cercato in questa guisa cooperare all'opera di pace, e far da lontano intravedere dove si porterebbero gli sguardi della Rumania allo scoppiare d'una guerra nella penisola balcanica.

Non è abbandonata, quindi, la politica, mantenuta finora, della mano libera, tanto più necessaria per la cresciuta rivalità tra i due Imperi confinanti. Il parteggiare per uno di essi esporrebbe la Rumania a tutti i pericoli

d'un piccolo Stato che si trova alla mercé delle altrui lotte e delle compensazioni che si succedono mettendo a rischio la sua stessa esistenza.

La Triplice Alleanza ha conservato finora la pace, ma se la Rumania facesse adesione alle Potenze centrali e vi prendesse impegno, ad ogni eventuale disaccordo tra esse che potesse sopraggiungere in avvenire, che dia luogo a nuovi gruppi e combinazioni di grossi Stati, la Rumania resterebbe esposta alle ire e vendette della Russia che essa avrebbe colla sua attitudine provocate.

Né meno pericolo correrebbe la sua quiete interna, poiché in uno Stato nuovo quale la Rumania agitato dalle passioni politiche e colla classe dei bojari malcontenta del nuovo ordine di cose e legata alla Russia, sorgerebbero coll'appoggio di questa disordini e congiure che porterebbero a rovina lo Stato senza che l'amicizia coll'Austria e le altre Potenze centrali potesse procurare alla Rumania il beneficio d'un intervento a ristabilire l'ordine interno e raffermare il pericolante trono della dinastia regnante. Le Potenze centrali non ravviserebbero in un rivolgimento interno sufficiente causa per un intervento e si guarderebbero dal provocare con un simile passo quel conflitto gravissimo d'una guerra europea che esse si adoperano con ogni sforzo ad allontanare. La Rumania rimarrebbe anche in questo caso abbandonata alla sua sorte. Nell'interesse stesso, quindi, delle Potenze della Triplice Alleanza non converrebbe che la Rumania abbandonasse l'attuale sua attitudine neutrale. Per quanto possa ad esse giovare che la Russia trovi maggiore impedimento ad uscire dalla sua presente politica di raccoglimento, quando dovesse fin d'ora contare con una Rumania ostile ai suoi piani d'invasione nella penisola balcanica, pure simile vantaggio non equivarrebbe all'imbarazzo di assumersi da oggi la protezione e la difesa dell'indipendenza della Rumania.

Questi argomenti e riflessioni, da me maturati collo studio della situazione di questo Stato e delle manifestazioni dei suoi uomini politici, ho io svolti in una conversazione col signor di Biilow, ministro di Germani::.t. Questi non ha esitato a dirmi che non v'era altro modo d'intravedere la situazione. Le Potenze centrali non hanno da veder nulla di contrario al loro interesse per la conservazione della pace nell'attitudine assunta dal Governo rumeno, avendo la loro diplomazia raggiunto lo scopo a cui ha costantemente mirato in questi ultimi anni, la sicurezza cioè, che la Rumania in caso di conflagrazione europea non sarà più attirata come per lo passato nell'orbita dell'influenza e dell'azione russa in Oriente.

D'altra parte dalle confidenze avute dal signor Paparigopulo, ministro di

Grecia, a cui sono legato d'antica amicizia, mi risulta che il Governo russo

ha ormai deposto ogni speranza di far prevalere la propria influenza sul

Governo rumeno. La lunga assenza del signor Ritrovo da Bucarest, che si

protrae già fino all'imminente presentazione del capo d'anno (vecchio stile),

sembra che coincida colla suddetta premessa. Così pure la Rumania si mostra

aliena dal simpatizzare con quei Stati della penisola balcanica che vorrebbero

continuare la lotta per la loro completa liberazione dal giogo ottomano sotto

l'egida della Russia.

(l) Cfr. n. 886.

916

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 47. Vienna, 8 gennaio 1891, ore 16,40 (per. ore 19,45).

Kalnoky mi ha detto che in seguito desiderio di V.E. aveva fatto perve·· nire al Governo bulgaro consiglio di dare agli incidenti di Filippopoli soluzione soddisfacente pel Governo del re. Egli è ora informato da Sofia che tale equa soluzione fu proposta in una nota trasmessa a V.E. da de Sonnaz (1). Kalnoky non ne conosce ancora i precisi termini, ma sarebbe lieto se V.E. dando prova di indulgente equità potesse accettarla.

917

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GANDOLFI (2)

D. RISERVATO 850/12. Roma, 9 gennaio 1891.

Mi pregio di segnare ricevimento del rapporto della S.V. illustrissima

n. 608, in data del 24 dicembre u.s. (3) relativo al colloquio del dottor Traversi con Masciascià Uorchiè. Sono malissimo impressionato dal contegno di quel nostro agente, come pure dell'assoluta inettitudine dimostrata da lui e dal conte Salimbeni di faccia agli intrighi promossi dai francesi e dall'ingegner Ilg alla Corte di Menelik.

La nostra condotta verso all'Etiopia in questa grave situazione dev'essere di aspettare con calma i risultati della missione Antonelli e di non transigere riguardo all'interpretazione dell'articolo XVII del Trattato di Uccialli. Sarà quindi opportuno di trarre pretesto dai torbidi nuovamente scoppiati nell' Agamè per lasciar intendere al degiasmac Masciascià che non possiamo fornirgli le munizioni e gli aiuti richiesti alla S.V. finchè non siano completamente dissipati i malintesi sorti alla Corte di Menelik per opera di intriganti europei nemici dell'Italia e finchè la questione dell'articolo summenzionato non sia risoluta in conformità dei nostri desideri, i quali coincidono coll'interesse bene inteso dell'Impero d'Etiopia.

Confermo in tal modo i miei due telegrammi diretti alla S.V. il 5 corrente (4).

(l) -Cfr. n. 913. (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, c!t., p. 425. (3) -Non pubblicato. Ma cfr. n. 892. (4) -T. coloniali riservati 338 e 339, non pubblicati.
918

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. RISERVATO CONFIDENZIALE 275. Vienna, 11 gennaio 1891, ore 16,35 (per. ore 18,30).

Ieri essendo a pranzo dall'imperatore Sua Maestà si congratulò con me delle ultime elezioni in Italia e rese in termini calorosi testimonianza della fermezza e abilità con cui è condotta la politica interna ed esterna dell'Italia. Le ripeto le stesse frasi perché l'imperatore è in generale molto sobrio di apprezzamenti. Aggiunse che la Triplice Alleanza costava sacrifici, ma che era riuscita ottenere il fine di preservare la pace in Europa. Passato il discorso sulla questione economica spiegai a Sua Maestà la vera ragione della proroga facoltà di denuncia del trattato vigente, che è di dare ai due Governi la possibilità di esaminare la nuova situazione quale uscirà dai negoziati in corso fra l'Austria-Ungheria e la Germania allo scopo di migliorare possibilmente il trattato per ambe le parti. L'imperatore s'informò poi con interesse del re e della regina. L'imperatrice mi disse che era stata dolente di non aver avuto occasione durante il suo recente viaggio in Italia di visitare la regina della quale parlò nei termini i più lusinghieri e mi ha chiesto se fosse possibile visitarla a Monza o in altra residenza fuori di Roma. Risposi senza esitare che credevo sapere che la regina sarebbe stata per sua parte lietissima d'incontrarsi coll'imperatrice in qualunque luogo, ma che vi era al mondo qualche cosa di più potente che la volontà dei re e delle regine ed era la pubblica opinione del Paese la quale non avrebbe approvata la visita altrove che in Roma. V.E. crederà forse utile di informare di questo discorso il re e la regina.

919

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. S.N. Madrid, 12 gennaio 1891.

Sono stato fedele interprete delle istruzioni di V.E. nei miei primi colloqui con Tetuan e Canovas del Castillo, entrambi favorevolissimi rinnovamento

accordo quattro maggio. Mi riserbo però riferire in cifra per la posta osservazioni fattemi da Canovas del Castillo circa il Marocco e quanto sarà per dirmi S.M. la Regina la quale mi riceverà a giorni (l).

(l) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, c1t., pp. 141-142 .

920

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 277. Londra, 14 gennaio 1891, ore 19,36 (per. ore 20,55).

Ho conferito oggi con Salisbury circa fortificazioni Tunisia ed espansione francese in Tripolitania nel senso delle memorie allegate al dispaccio di V.E. del 15 dicembre (2). Sua Signoria, dopo di avere notato che l'ambasciatore di Francia continua a negare i fatti da noi segnalati, si è fermato alla seguente domanda: «ha il Gabinetto di Roma da proporre un mezzo efficace di arrestare la Francia nel suo cammino? "Lord Salisbury soggiunse che la coercizione materiale essendo fuori di questione bisogna prevedere che ogni altra azione d'indole a produrre qualche effetto nel pubblico rischierebbe di eccitare il sentimento patriottico francese e di affrettare il compimento di ciò che si vorrebbe evitare. Sua Signoria si propone di consultarsi tuttavia con lord Lytton circa la possibilità di fare qualche cosa di praticamente efficace. Con il corriere ausiliario, che dovrebbe essere domani in partenza da Torino, spedirò particolareggiato rapporto (3) cti questa grave conversazione.

921

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. S.N. Madrid, 15 gennaio 1891, ore 19,30.

Decifri ella stessa. Sono stato ricevuto da S.M. la Regina Reggente, la quale mi ha fatto l'onore di intrattenermi chiedendomi ogni più minuto particolare delle istruzioni di V.E. Non ho nulla celato a Sua Maestà ed ho creduto a proposito accentuare ancora maggiormente presso di essa i punti più importanti che V.E. mi ha ordinato raccomandare all'attenzione del ministro spagnuolo. La regina ne fu impressionata. Domani vedrò di nuovo Tetuan e poi spedirò il mio rapporto cifrato (l).

(l) -Cfr. n. 927. (2) -Cfr. n. 899, nota 2. (3) -R. riservato 64/35, pari data, non pubbllcato.
922

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A. I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO S.N. Roma, 16 gennaio 1891,1 ore 14,30.

Alla borsa italiana è avvenuto un ribasso eccezionale sulla rendita e sugli altri titoli italiani per operazioni degli stessi banchieri tedeschi. Ne parli con le persone influenti del gruppo tedesco che sono a noi legate, perché provvedano. Faccia intervenire, ove ne sia d'uopo, la Cancelleria imperiale in nostro favore (1).

923

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. RISERVATO S.N. (2) Roma, 16 gennaio 1891, ore 15.

Il barone Uxkull nel ricevimento ebdomadario di domenica undici mi parlò e ieri l'altro mi diede notizia di un dispaccio del ministro Giers, il quale si lagnava della tolleranza del Governo bulgaro a favore di alcuni nichilisti russi, alcuni dei quali sarebbero stati impiegati nell'amministrazione del Principato. Le manderò per corriere entro una mia particolare la nota di codesti rifugiati. Voglia intanto consigliare il signor Stambuloff a volersi liberare di ospiti incomodi per evitare complicazioni pregiudizievoli le quali potrebbero essere causa di nuove difficoltà per codesto Paese (3).

924

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 279. Sofia, 17 gennaio 1891, ore 14,55 (per. ore 17,40).

Stambuloff, al quale ho parlato nel senso del telegramma di V.E. di ieri (4), mi ha incaricato di ringraziare e mi ha detto che circa dieci sudditi russi supposti nichilisti vennero già negli ultimi tempi rinviati dalla amministrazione bulgara.

(l) -Cfr. n. 940. (2) -La minuta autografa, redatta su carta intestata del Ministero dell'interno, è ccn3,"tvata in ACS, CarL' C':·lspi. (3) -Per la risposta cfr. n. 924. (4) -Cfr. n. 923.
925

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 46/26. Costantinopoli, 18 gennaio 1891 (per. il 28).

V.E. sa come il Governo britannico fu invano avvisato dalla sua ambasciata a Costantinopoli che le disposizioni dei trattati circa il passaggio delle navi da guerra nel Bosforo e nei Dardanelli siano di fatto annullate dall'uso prevalso alla Porta di concedere piena libertà di percorrenza ai bastimenti russi e di rifiutare ai bastimenti da guerra delle altre Nazioni tale libertà che i trattati stessi lasciano alla Sublime Porta di concedere ai Governi amici; lo che accresce significato al noto fatto che il Governo ottomano continua a fortificare i Dardanelli ed a lasciare indifeso il facile accesso alla capitale dal Mar Nero. Alcuni fatti di analoga importanza militare eventuale vengono segnalati sul Danubio, ave la compagnia Gagarine ha trasportato ultimamente in Serbia 320 pantani, provenienti da Odessa e da Nicolaieff, coi quali sedicimila uomini potrebbero esser trasportati rapidamente sulla costa ungarica del · fiume, oltreché la costruzione degli scali di disbarco della stessa compagnia sul Danubio è tale che riuniti insieme possono servire al passaggio di truppe a traverso il Danubio stesso; circostanze alla quali non risulta che il Governo austro-ungarico sia uscito dalla stessa indifferenza sopra notata del Governo inglese per le cose degli Stretti. Un fatto recente dimostrò come nella capitale la polizia ottomana sia intieramente a disposizione della polizia russa, che già si sapeva qui fortemente organizzata, e che arrestò testé sulla pubblica via un rifugiato politico qui attratto da falsi telegrammi e contro il quale non fu esibito nessun atto giudiziario che lo incolpasse di delitto comune. I miei colleghi d'Inghilterra e di Austria-Ungheria, vedendo come l'ambasciata germanica stimasse regolare che la Sublime Porta consentisse in tale circostanza all'uso estremo per parte della Russia di capitolazioni che potranno giovare alla Germania per impadronirsi qui di socialisti, si sono astenuti da qualsiasi osservazione alla Sublime Porta, ma hanno scambiato tra loro personalmente dolorose impressioni confidenziali circa tal nuova prova della innegabile preponderanza politica della Russia, alla quale il campo è lasciato qui libero dall'influenza esclusivamente affarista della Germania. Sir W. White dimostra apertamente, ed il barone di Calice dissimula a stento non sperar più che i loro Governi si decidano a ricondurre ad indipendenza la Turchia, che in altri tempi fu sicuro asilo di rifiugiati ungheresi, italiani e polacchi. Sir W. White osserva personalmente che la decadenza sempre più evidente dell'influenza occidentale in Turchia è effetto dell'inazione ove rimase per dieci anni, circa agli affari del Mediterraneo e dell'Oriente, la Triplice Alleanza alla quale per soprappiù mancò dopo il ritiro di Bismarck ogni impulso direttivo; dice che quando era sola a lottare contro i suoi colleghi di Russia, Germania, Austria-Ungheria ed Italia per l'autonomia bulgara nelle Conferenze di Tophané, quest'ambasciata britannica poteva di più che non ora, paralizzata com'è da un r;ruppo d'alleanze che in Oriente non è che apparenza illusoria e del quale d'altronde l'Inghil

terra non fa parte integrante. Il barone di Calice cerca di addurre prove dell'influenza del suo Governo allegando concessioni che questi solo poté ottenere mentre erano state invano chieste dalla Russia, come i berat bulgari; asserisce che l'Inghilterra troppo indifferente sarà danneggiata più di chicchessia dall'incremento dei mezzi marittimi della Russia; si affida alla previsione espressa testé dall'imperatore di Germania che la Russia non agirà militarmente se non dopo due anni necessari ai suoi preparativi, e durante i quali non è a credersi che la lega serbo-greco-montenegrina trascenda ad atti inconsulti. In conclusione detti miei colleghi si consolano dell'abbandono degli accordi del 1887 colla certezza che fra breve andranno ad onorato riposo.

Intanto il sultano, libero dal freno del concerto delle Potenze garanti, trova nella divisione dell'Europa in due gruppi ogni facilità per sottrarsi ai suoi obblighi verso le Potenze più interessate alla pace ed alla indipendenza dell'Oriente quali l'Italia e l'Inghilterra. E mentre il mio collega di Germania vanta presentemente a Berlino il monopolio economico acquistato in Turchia dalla finanza austro-germanica Sua Maestà Imperiale aggiunge alle suaccennate condiscendenze verso la Russia nuove deferenze alla Francia, trattando con essa dell'hinterland tripolitano ed inviando ufficiali turchi in missioni d'istruzione ed altre in Francia, come riferisco in altro rapporto d'oggi (1).

926

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL MINISTRO A L'AJA, SPINOLA

T. RISERVATO 185. Roma, 19 gennaio 1891, ore 15,30.

Giornali annunziano che tre deputati a codesto Parlamento abbiano chiesto di ristabilire legazione olandese presso Santa Sede. Ministro affari esteri avrebbe risposto che l'abolizione della medesima fu un caso sul quale non voleva pronunziarsi, ma che il ristabilimento sarebbe caso ancora più grave soggiungendo ne parlerebbe in ConsigUo dei ministri. Prego dirmi quale fondamento abbia siffatta notizia e quali sarebbero le intenzioni di codesto Governo in proposito. Spero non si vorrà ristabilire una rappresentanza la cui importanza non può sfuggire (2).

927

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO SEGRETO (3). Madrid, 19 gennaio 1891 (per. il 25).

Appena arrivato a Madrid, mi affrettai a vedere il duca di Tetuan ed il signor Canovas del Castillo, pei quali ero latore di lettere particolari del conte

di Benomar e chiesi di essere ricevuto in udienza da S.M. la Regina, avendomi essa raccomandato, al momento in cui presi commiato, di recarmi subito da lei al mio ritorno per darle conto dei discorsi tenutimi da V.E. intorno ai soggetti concernenti le relazioni fra l'Italia e la Spagna.

Siccome già telegrafai (l) io mi studiai d'essere fedele interprete presso quei due uomini politici delle istruzioni che avevo ricevute dalla bocca di V.E.

Favorevoli all'accordo del 4 maggio prestarono entrambi la massima attenzione alla esposizione da me loro fatta dello scambio d'idee avvenuto tra l'E.V. e il generale Caprivi a Milano rispetto alla Spagna (2) e alla necessità che ad essa oggi s'impone di migliorare ed accrescere il suo esercito e sopratutto il suo naviglio. Insistetti quindi molto sull'altra necessità non meno imperiosa di sostenere energicamente il principio monarchico di fronte alla propaganda repubblicana che emana dalla Francia resa tanto più grave dall'attitudine presentemente assunta dal clero sotto gli auspici del cardinale Lavigerie.

Del tutto assenzienti trovai il duca di Tetuan ed il signor Canovas del Castillo e questi m'incaricò di dire a V.E. che ogni suo sforzo tendeva al riordinamento dell'esercito e della marina, di quest'ultima specialmente la quale sarebbe entro pochi anni completamente trasformata e portata ad un effettivo rispettabile.

Riguardo al sostegno del principio monarchico conforme alle vedute di

V.E. i miei interlocutori mi assicurarono che conservano pure nel pensiero di non doversi trascurare alcun mezzo per impedire lo scoppio di un movimento in Portogallo. Laonde pienamente approvarono l'idea, da me posta innanzi qual prima e notevole conseguenza, di un linguaggio identico da parte dei rappresentanti d'Italia, di Spagna, di Germania e d'Austria a Lisbona.

Quanto al Marocco di cui dichiarai volere l'E.V. assolutamente rispettato lo statu quo, il signor Canovas del Castillo mi assicurò che bramava avere qualche schiarimento.

In breve il suo concetto è questo: egli si afferma bensì caldo partigiano dello statu quo e avversario a qualsiasi indebolimento dell'autorità dell'imperatore. Ma egli sostiene del pari che il Trattato di Uad Ras non è stato eseguito e che non può essere considerato una violazione dello statu quo se l'imperatore, in omaggio all'articolo VIII di quel trattato desse spontaneamente alla Spagna il compenso territoriale che le spettasse.

Il signor Canovas del Castillo si mostrò molto categorico a siffatto riguardo. Egli asseverò nel modo più esplicito che non vuole conquistare né ottenere quegli ingrandimenti territoriali al Marocco che certi uomini di Stato spagnoli sognerebbero.

Dichiarò che lungi dall'esser da lui ambita una concessione sulla Mulaja gli spiacerebbe, avendo già abbastanza di una frontiera colla Francia.

Gli intrighi passati favoriti dal Governo della Repubblica per fini di permuta e di ingrandimento verso la Mulaja avevano il difetto di essere condotti clandestinamente all'insaputa e contro la volontà del sultano e perciò se

tradotti in atto avrebbero costituito una vera usurpazione dei suoi diritti sovrani.

Ma essere cosa ben diversa se il sultano, in adempimento de' suoi impegni credesse di potere accordare in iscambio di Santa Cruz de la Mar Pequefia una rettificazione di frontiera per la maggior sicurezza di qualcuno degli antichi possedimenti della Spagna.

Ciò nondimeno potrebbe ritenersi come una ... (l) dello statu quo il quale per il Governo spagnolo dev'essere né più né meno della esecuzione del Tratato di Uad Ras.

Il signor Canovas del Castillo conchiuse col dirmi che di ciò non aveva fatto menzione perché prima voleva essere scrupoloso esecutore di un patto internazionale stipulato dai suoi predecessori. Ma che adesso al momento di rinnovarlo non poteva omettere di provocare franche e leali spiegazioni su questo punto che mi pregò di sottomettere a V.E.

Il mio colloquio colla regina segui da vicino quello avuto col signor Canovas del Castillo. Sua Maestà si degnò trattarmi colla speciale bontà cui da molto tempo mi ha abituato e mi trattenne a lungo, informandosi coi segni del massimo interesse di tutto ciò che l'E.V. mi aveva detto mostrandosi perfettamente al corrente dei vari soggetti concernenti le relazioni fra i due Paesi. Sugli affari di Portogallo di cui la regina, avanti la mia partenza in congedo m'aveva diffusamente parlato come di cosa che tanto sta a cuore del Governo spagnolo si mostrò assai riconoscente per la premura mostrata dall'E.V. e vuole che sia compiuto ogni sforzo onde sostenere il pricipio monarchico in quel vicino Stato e mi promise che in ciò la Spagna avrebbe certamente proceduto di concerto con l'Italia.

Questo mi porse il destro di additare il sempre crescente pericolo che costituisce il consolidamento della forma repubblicana in Francia e l'aiuto che all'incessante propaganda di essa attualmente favorisce la nuova attitudine del clero guidato dal cardinale Lavigerie, per il quale Sua Maestà si espresse in termini di severissimo biasimo.

Rispetto poi alla necessità superiore che per la Spagna esiste di dare un migliore assetto al suo esercito ed in ispecie alla sua marina, volle usare i termini testuali dalla E.V. meco impiegati, cioè che per quanto oberate siano le finanze d'un Paese non gli manca mai modo di procacciarsi i mezzi occorrenti al fine sacrosanto dei doveri che incombono ad uno Stato.

Citai a Sua Maestà che V.E. mi aveva detto essere solo in tal guisa che la Spagna poteva mettersi in grado, ad un dato momento, di interporre la propria azione nel miglior senso dei suoi interessi. Ed il giorno in cui alle flotte italiane e inglesi unite fossero le forze navali della Spagna, queste poi possederebbero il loro valore nel Mediterraneo.

Volli io infine tenere di ciò parola alla sovrana perché se i ministri sono destinati ad essere surrogati, essa per il bene del suo popolo rimaneva e poteva far trionfare quei principii mediante un'avveduta e perseverante politica.

La regina mi fece l'impressione di esser molto informata e mi diede la sua reale parola che ogni suo sforzo tenderebbe a mantenersi in quella via.

Sua Maestà è dunque desiosa di rinnovare l'accordo del 4 maggio alla conclusione del quale essa pur tanto personalmente contribui. Ma sulla questione del Marocco mi manifestò le stesse riserve del signor Canovas del Castillo, scongiurando a ben nettamente delineare all'E.V. la situazione nella quale si trova il suo Governo; partigiano cioè dello statu quo ma limitato da un trattato rimasto tuttora lettera morta in una sua parte integrante.

Accertai l'augusta signora che avrei fatto il possibile per riferire esattamente questo stato di cose a V.E. affine di evitare erronei apprezzamenti.

Oggi soltanto ebbi l'annunziato ultimo abboccamento col duca di Tetuan.

Riepilogando le conversazioni anteriori, il ministro di Stato mi chiese se il ripristinamento dell'accordo doveva aver luogo in base alle antiche clausole ovvero se qualche aggiunta era in contemplazione.

Risposi che avevo avuto incarico bensl di raccomandare il riordinamento dell'esercito e della marina, ma che non avevo cognizione di alcuna nuova clausola da introdursi nel testo dell'accordo, che ritenevo dover esser integralmente confermato.

Il duca di Tetuan prendendo atto allora della mia parola mi palesò di essere disposto a rinnovare l'accordo esprimendomi la sua piena e intiera adesione ai principi concilianti che lo ispirarono: cioè sostegno del principio monarchico e mantenimento della pace europea; prima di passare però ad una decisione definitiva, mi pregò di domandare due cose a V.E.:

l) se la Triplice Alleanza è destinata, come è presumibile, a continuare;

3) qualche schiarimento sul modo di interpretare lo statu quo al Marocco in conformità dei riflessi statimi svolti, relativamente cioè alla riserva che la Spagna deve fare circa la mancanza d'esecuzione del trattato di Uad Ras e circa la sicurezza de' suoi possedimenti secondo quanto poscia aggiunse il duca di Tetuan.

Ho posto ogni studio a ragguagliare esattamente l'E.V. sul tenore dei discorsi tenutimi dalla regina e dai suoi ministri. La prego ora di farmi conoscere i suoi ordini.

(1) -Non pubb:icato. (2) -Per la risposta cfr. n. 929. (3) -Al R. 45/10, non pubblicato. (l) -Cfr. n. 919. (2) -Cfr. n. 848.

(l) Gruppo indecifrato.

928

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO PERSONALE 122/30. Tangeri, 19 gennaio 1891 (per. il 26).

Compiego a V.E. copia di una risposta giuntami in cifra dal r. segretario interprete in missione alla Corte sceriffiana.

Dal suo contesto scorgerà V.E., come la Spagna si affanni ad avversare l'opera nostra in questo paese, e come le tengano bordone gli agenti inglesi, per gelosia dell'influenza nostra.

Il cavalier Gianatelli Gentile ha dovuto dichiarare non aver egli missione permanente presso il sultano, il quale, lo si capisce, non vedrebbe di buon occhio lo stabilimento di simiglianti agenti vicino a lui, mentre pur tollera, né potrebbe schermirsene, segreti agenti di Francia, d'Inghilterra e, credo anche, di Germania. Se la dichiarazione del cavalier Gianatelli Gentile, che del rimanente è fondata in verità e nulla toglie all'efficacia del suo mandato attuale, avrà potuto stornare il colpo miratoci dagli spagnuoli, sarà stata opportuna.

Né questi soli, lo sa V.E., lavorano ai nostri danni. Taccio di quanto escogita e armeggia l'inviato britannico. Egli, per ora, non ha smascherato le sue batterie, limitandosi (e questa informazione io tengo a condizione di riferirla soltanto a lei, ché altrimenti un'indiscrezione trascinerebbe seco la caduta del vizir Garrit) a chiedere, grossissimo affare, l'abolizione della schiavitù e l'impianto del telegrafo lungo la costa. Ad ambo le domande Sua Maestà ha opposto rifiuto.

Meno affaccendato in apparenza ma attivo, sagace ed ambizioso appunta tutto il suo intelletto a raggiungere la più solida e la maggiore influenza nei consigli dell'imperatore, il conte di Tattembach. Egli volge l'opera sua ad emanciparsi completamente dal rappresentante d'Italia, studia ogni mezzo per compiacere il sultano, e coltiva, sotto mano, particolari relazioni con personaggi della Corte. In giornata travasi a Marocco, quel signor di Rottemburg che ha, V.E. si ricorda, compito speciale di fortificare Rabat, forse Tangeri e Tetuan, ed è, ad ogni modo, agente della casa Krupp ed emissario politico di questa legazione di Germania.

Il mio collega non vedeva di buon occhio l'andata del cavalier Gentile a Rabat. Gli spiacque il prolungato soggiorno di lui. Ora, si rallegra della presenza del nostro segretario interprete a Marocco, perché spera ragguagli, per quella via, circa le intenzioni di sir William Green, riguardo a capo Jubi. Certamente il conte non fa gran calcolo dell'intenzione espressa ed implicita che emerge dalla lettera Holstein, onde V.E. possiede il testo, da me speditole col rapporto n. 225/84 delli 12 marzo 1889 (l); dalla quale potrebbe inferirsi non voglia la Germania prendere atteggiamento spiccato nelle cose marocchine, siccome quella che non ha diretti interessi nel Mediterraneo e lascerebbe all'alleata sua di fare o d'impedire, secondo i casi.

Con questi brevi cenni riassumo lo stato odierno delle relazioni e dell'opera dei vari rappresentanti in questo Impero, affinché vegga V.E. in qual misura possiamo noi, o meno, ripromettercene l'appoggio.

ALLEGATO

IL SEGRETARIO INTERPRETE DELLA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI

R. CIFRATO. Marocco, 28 dicembre 1890.

Rinaldi presentò a Garrit documenti che gli conferiscono nomina a agente permanente Corte marocchina. Sultano adirato dichiarò che non darà exequatur; minac

ciò sospendere amichevoli rapporti con Spagna. se qruesta darà seguito alla sua risoluzione.

Rispose Rinaldi Spagna seguir esempio Italia; Garrit dimostrò senza fondamento asserzione, avere io qualità di agente diplomatico permanente. E qui debbo avvertire come i primi a dire al SiUJltano che io avessi tale veste fossero appunto agenti della legazione britannica.

La circostanza che le cose dette daJ. Ri.na.ldi a giustificare la srua nomina corrispondano coi rumori sparsd sul conto nostro dagli inglesi dà a supporre che la legazione britannica non sia estranea a questo passo della legazione di Spagna. Non è inverosimile che incitando qruesti a ciò fare siasi avuto in mira di aàzzare sultano contro di noi accagionandoci di quanto accade ed affrettare mia partenza allo scopo di facilitare richiamo interprete spagnuolo.

Di fronte atteggiamento sultano, RinaJ.di prese atto dichiarazione che io non ho qualità di agente permanente, promise adoperarsi per far revocare srua nomina. Egli ha già iniziato lavorio contro di noi. Procuro volgere nostro vantaggio tutti codesti maneggi. Non ho per ora buone notizie da dare V.S.

P.S. Richiestone con insistenza diedi parola terremo segrete forniteci informazioni.

(l) Non pubblicato nel vol. XXII della serle seconda.

929

IL MINISTRO A L' AJA, SPINOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 281. L'Aja, 20 gennaio 1891, ore 13,57 (per. ore 16,25).

Quanto i giornali annunziano circa ristabilimento legazione olandese presso la Santa Sede (l) fu riferito da me con maggiore precisione nel rapporto 17 dicembre (2). Dal mio rapporto 20 dicembre (3), cui già rispose dispaccio politico ministeriale 5 gennaio (4), risulta che mai mi sfuggì importanza della questione. Ministro affari esteri e capi partiti conservatore e liberale mi assicurano che non è il caso ora di questa restaurazione. Segue rapporto riservato (4).

930

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (5)

T. RISERVATO 282. Berlino, 21 gennaio 1891, ore 18,30 (per. ore 19,40).

In questi ultimi giorni al suo passaggio per Berlino vennero confermate al conte di Munster istruzioni intrattenersi col ministro degli affari esteri fran

44 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

cese sopra la Tripolitania e sue frontiere verso la Tunisia. Ambasciatore di Germania telegrafò ieri sera che il Ribot avevagli categoricamente dichiarato che le apprensioni italiane su Tripoli sono affatto senza fondamento e che le notizie sparse in proposito sono false. Non avere la Francia mosso neppure un soldato in quella direzione e non pensare a tagliare strada delle carovane traverso Sahara. Ministro aggiunse esser vero che le frontiere fra Tunisia e Tripolitania sono male tracciate ma a scopo di evitare ogni contestazione non volere che le frontiere fossero meglio fissate. Egli non intende in nessun modo creare difficoltà all'Italia, se lo volesse sceglierebbe come oggetto di litigio nè Tripoli, nè attinenze deserto, ma troverebbe terreno più propizio in Abissinia. Egli stesso allo scopo di calmare certe preoccupazioni in Italia aveva provocato alla Camera una interpellanza alla quale risponderà domani. Quantunque conte di Munster avesse ordine di parlare anche di Biserta, suo telegramma non ne fa cenno; forse egli avrà stimato miglior partito tacere in presenza delle dichiarazioni ricevute qualunque possa esserne il valore, o di rinviare ad altro colloquio questione di Biserta. Intanto segretario di Stato stima che ha importanza il fatto solo che il Governo della Repubblica deve dedurre dalle spiegazioni chieste dalla diplomazia tedesca come Germania invigila politica francese verso il Mediterraneo; d'altronde schiarimenti che Ribot darà domani alla Camera deputati nel senso qui sopra costituiranno sino ad un certo punto impegno della Francia. Al conte Hatzfeldt furono pure confermate istruzioni conversare sull'argomento con lord Salisbury che segue con vivo interesse mosse della Francia in quelle regioni ma non crede giunto il momento di accentuare suo contegno. Per ciò occorrerebbe appoggio opinione pubblica che si commuoverebbe soltanto se si producessero fatti più palesi sulle intenzioni francesi.

(l) -Cfr. n. 926. (2) -R. 375/251, non pubblicato. (3) -R. riservato confidenziale 380/256, non pubblicato. (4) -Non pubblicato.

(5) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 51-52.

931

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 283. Vienna, 22 gennaio 1891, ore 16,25 (per. ore 18,40).

Kalnoky mi ha detto che oggi ha intrattenuto ambasciatore di Francia intorno alle tre questioni Tripoli, Biserta, Marocco, facendo comprendere che Governo austro-ungarico ha la sua attenzione rivolta alle medesime e che importa alla pace generale che in nessuna di quelle questioni si modifichi lo statu quo. Décrais gli rispose che era certo che Governo francese non aveva nessuna velleità d'intervenire nella Tripolitania o nel Marocco; quanto a Biserta ripetè ciò che fu detto da Ribot alla nostra ambasciata a Parigi, cioè che per ora non si pensa fare di Biserta un porto militare, ma non si vuole legare l'avvenire. Kalnoky ·crede che questo suo passo e quello che Governo germanico farà o avrà fatto nello stesso senso avranno per effetto di ispirare prudenza al Governo della Repubblica.

932

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 112. Vienna, 22 gennaio 1891, ore 16,25 (per. ore 17,45).

Ho comunicato a Kalnoky la nota di Grecoff e gli ho esposto contenuto del dispaccio di V.E. del 18 corrente (1), chiedendo il di lui parere. Kalnoky consiglia di rispondere accettando la soluzione proposta, e aggiungendo che il Governo del re intende mantenere in Bulgaria i privilegi sanzionati dai trattati. Segue rapporto (2).

933

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. 113. Parigi, 22 gennaio 1891, ore 17,45 (per. ore 20,06).

Nella seduta d'oggi alla Camera dei deputati il signor Pichon interpellò il signor Ribot sulle voci sparse dai giornali italiani, anche ufficiosi, relative a mire della Francia sulla Tripolitania. Egli si espresse in termini assai simpatici verso l'Italia «sorriso della civiltà latina~ e disse desiderare che i sentimenti della Francia verso l'Italia siano palesi dissipandosi le insinuazioni ostili il cui solo movente era, a suo avviso, di rendere popolare in Italia la Triplice Alleanza. Ribot rispose brevemente riferendosi alle precedenti sue dichiarazioni sulla cordialità dei rapporti fra la Francia e la Turchia ed aggiunse che il Governo non doveva preoccuparsi della campagna mossa dalla stampa italiana tanto più dopo le esplicite assicurazioni fatte dall'E.V. nel suo discorso di Firenze. L'atteggiamento della Camera durante la discussione fu piuttosto favorevole.

934

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO 186. Roma, 22 gennaio 1891, ore 24.

Spero che la Stefani non abbia esattamente riferito i discorsi di Pichon e di Ribot pronunziati oggi. Ove ciò non sia, debbo ritenere che i due oratori aves

sero dimenticato il galateo quando parlavano dell'Italia e di me. È menzogna che i giornali ufficiosi italiani abbiano parlato della Tripolitania in odio alla Francia e sfido il signor Ribot a citarne uno solo. M'informi subito per mia norma (1).

(l) -Non pubblicato. Si riferisce all'Incidente di Fillppopoli su cui cfr. nn. 906, 908, 909, 910, 913. (2) -Non pubblicato.
935

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI AI., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. RISERVATO 187. Roma, 23 gennaio 1891, ore 14,55.

Il suo telegramma (2) si è incrociato col mio (3) di cui attendo risposta. Desidero sapere e subito se realmente il signor Ribot, parlando di me, abbia ironicamente interpretato i miei sentimenti verso la Francia, o se vi furono altre sconvenienze nel suo discorso (4).

936

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (5)

T. RISERVATO 284. Parigi, 23 gennaio 1891, ore 16 (per. ore 18,30).

Si vede chiaramente che la scena parlamentare di ieri tra Ribot e Pichon venne concertata perché quest'ultimo non fece che ripetere i discorsi più volte fattimi da Ribot. Il Journal des Débats di questa mattina consacra a quella discussione un lungo articolo, la cui origine ministeriale è manifesta. Siccome queste aspirazioni della Francia su Tripoli hanno incontrato una marcata opposizione presso le grandi Potenze si cerca mediante una risposta ironica di dare il cambio all'opinione pubblica sulle intenzioni di questo Governo, per ora paralizzate. Ma la gente di buon senso non si lascerà cogliere da tali discorsi; basti rammentare il modo di procedere della Francia colla Tunisia. Finora non ha ancora trovati krumiri per la Tripolitania e così questo Governo vuole dissimulare la sua delusione scherzando contro l'Italia. Non conosco ancora il telegramma Stefani cui allude V.E.

(l) -Cfr. n. 936. (2) -Cfr. n. 933. (3) -Cfr. n. 934. (4) -Per la risposta di Menabrea cfr. n. 937.

(5) Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, c!t., p. 53.

937

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

T. RISERVATO 285. Parigi, 23 gennaio 1891, ore 18 (per. ore 20,05).

Ecco secondo il testo ufficiale il solo periodo mordace del brevissimo discorso di Ribot: «Quant à cette campagne, dont vous a parlé tout à l'heure M. Pichon, quant à tous ces articles de journaux dont la fréquence et la similitude peuvent en effet attirer l'attention, c'est peut-ètre leur faire beaucoup d'honneur que de s'en occuper ici. Ce n'est pas le Gouvernement français qui doit se plaindre de ces articles; c'est, il me semble, le Gouvernement italien, car dans un discours, que vous n'avez pas oublié, l'honorable M. Crispi a déclaré qu'il tenait à l'amitié de la France ». L'ironia era più spiegata nel discorso Pichon che perfino in una frase di calda protesta di amicizia chiamando l'Italia il più simpatico sorriso della civiltà latina sembrò rinviare a V.E. il complimento di Firenze.

938

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 98. Roma, 23 gennaio 1891, ore 19,20.

Voglia dire a Kalnoky che, accettando suo consiglio (2), ho già telegrafato a Sofia (3) nel senso conciliativo da lui suggerito.

939

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO (4). Madrid, 24 gennaio 1891.

Mi permetto chiamare l'attenzione di V.E. sul decreto reale da me oggi trasmesso che costituisce le divisioni navali destinate ai tre dipartimenti marittimi della Spagna e che fissa le norme per la loro mobilitazione. È poca cosa è vero, ma è un primo passo verso quel miglior assetto delle forze della Spagna che io, obbediente alle istruzioni di V.E., ho strenuamente raccomandato.

{l) Ed. In CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 53-54.

{2) Cfr. n. 932.

{3) T. 97, pari data, non pubbllcato.

{4) Al R. 5816 del 24 gennaio, non pubblicato.

940

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. RISERVATO 188. Roma, 26 gennaio 1891, ore 12.

A giudicare da un discorso tenutomi jeri da questo ambasciatore di Germania temo che l'E.V. non abbia esattamente compreso il mio telegramma del 16 corrente (l) per quanto riguarda l'azione dei banchieri tedeschi sui fondi pubblici italiani. Io non chiesi infatti che essi si adopera:ssero al rialzo della rendita nostra, ma che si opponessero ai ribassisti, impedendo la depreziazione del nostro consolidato e ciò, come dissi al conte di Solms, non solo a tutela del nostro credito finanziario ma di quello anche morale. Soggiunsi che i francesi i quali non possono perdonare! la nostra partecipazione alla Triplice Alleanza fanno tutto il possibile per compromettere il nostro credito e essendo tale guerra più politica che non economica, è interesse pure di codesto Governo di associarsi a noi per combatterla (2).

941

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (3)

T. PERSONALE S.N. Roma, 26 gennaio 1891, ore 12.

Ieri al ricevimento ebdomadario venne da me il signor Billot. Dopo parlato di vari argomenti, egli cominciò insistere nel voler conoscere la mia opinione sulla interrogazione del signor Pichon. Avendolo io più volte pregato di non toccare quello increscevole tema ed egli seguitando a parlarne gli dissi: « Vous français vous aimez faire de l'esprit et M. Pichon en a fait parlant de l'Italie, comme M. Ribot en parlant de inoi ». Allora l'ambasciatore tentò scusare il suo ministro osservando che forse non conoscevo testualmente le parole da lui pronunciate. Risposi e gli mostrai che ne avevo il testo ufficiale sotto gli occhi (4) e lo pregai nuovamente di cambiar discorso. Non aderendo egli a questo mio desiderio dissi: «Eh bien, comme homme je me sens supérieur à votre M. Ribot, parce que j'ai fait pour la cause de la liberté, ce qu'il n'a fait jamais; comme ministre je suis son égal et par conséquent j'ai droit à son respect ». E avendo il signor Billot esclamato: «c'est de la susceptibilité italienne » replicai: «non, c'est l'effet de l'attitude de vous français, d'au

tant plus que l'interpellation avait été combinée entre M. Pichon et M. Ribot. Or je comprends que dans une improvisation un ministre puisse sortir de la juste mesure. Je ne comprends pas que cela arrive lorsque le discours a été préparé d'avance :.. Il signor Billot non seppe che rispondere ed io allora per mutare argomento gli chiesi del signor Desmarets e di altro; così la conversazione procedette e finì amichevolmente come al solito. Di quanto precede ho voluto informare V.E. per sua norma personale, non già perchè ella prenda occasione d'intrattenerne il signor Ribot.

(l) -Cfr. n. 922. (2) -Per la risposta d! Launay cfr. n. 945. (3) -Da ACS, Carte Cr!sp!; ed. !n CRISPI, Questioni interna~ionali, c!t., p. 54. (4) -Cfr. n. 937.
942

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

ANNESSO CIFRATO. Madrid, 27 gennaio 1891.

Anche oggi credo dover invocare l'attenzione dell'E.V. sul rapporto che ho l'onore di rivolgerle circa la politica che conviene seguire al Marocco (1). Dalla sua lettura l'E.V. potrà sempre più formarsi un criterio della posizione delicata in cui si trova il Gabinetto di Canovas del Castillo di fronte all'opposizione sorretta in questo dalla grande maggioranza del paese.

943

L'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 291. Londra, 28 gennaio 1891, ore 19,33 (per. ore 21,50).

Non mi sarà per ora possibile procurarmi testo nota ottomana relativa hinterland Tripolitania (2), perchè ambasciatore di Turchia, attualmente infermo, non sarebbe autorizzato darmene copia e Salisbury è interessato tener nascosta quella comunicazione della Turchia. Egli è naturalmente indotto a dissimularne l'importanza e so che, dopo d'averne accusato ricevuta, si propone non darvi altro seguito, sotto pretesto impossibilità discutere circa territorio geograficamente cosi poco conosciuto (3).

(l) -R. 72/22, non pubblicato. (2) -Richiesto da Crispi con T. riservato 190, pari data, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 953.
944

ACHILLE DE LAUZIÈRES AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTEHI A.I., CRISPI (l)

L. PERSONALE. Parigi, 28 gennaio 1891.

Non dai troppo concisi dispacci dell'agenzia Stefani, ma dai giornali che contenevano il rendiconto della tornata della Camera del 21 corrente, avrete ben veduto con quanta disinvoltura la quistione della Tripolitania è stata «spostata'>, col far credere che il torto d'averla fatta sorgere era stato dell'Italia, non della Francia. Se non che, si è parlato un po' troppo dell'« ironia '> del ministro Ribot. Senza volerlo difendere, dirò che, avendo io assistito alla discussione, ho potuto notare che nulla d'ironico vi fu né nelle parole concernenti i1 Governo italiano e l'onorevole Crispi personalmente, né nel modo in cui furono pronunziate. L'ironia volle esser veduta da una buona parte dei deputati dei banchi estremi, di destra e di sinistra, specialmente quando Ribot alluse alle dichiarazioni dell'onorevole Crispi il quale nei suoi discorsi disse de « tenir à l'amitié de la France'>. Invece, non con sorrisi provocati da supposta ironia, ma con lunghi plausi furono accolte le parole del ministro, quando disse che la Francia doveva non curare attacchi che l'Europa non poteva prendere sul serio. Basta solleticare l'amor patrio, anche quando trascende in orgoglio patrio, per esser applaudito! Ma ricevuto che ebbi il n. della Riforma del 24 corrente, tradussi immediatamente, appunto pel ministro Ribot, l'articolo intitolato « Le cose a posto '>, il quale schiariva la questione non solo, ma dimostrava in modo irrecusabile l'insussistenza del pretesi « attacchi '> dell'Italia, indicando da qual parte erano il torto o la ragione.

Ma non prenderò la libertà di farvi notare quanto diversa è l'opinione d'un ministro (alludo al signor Ribot) quando è manifestata per dir così « accademicamente '>, vale a dire senza che il manifestarla, anche sincera, possa avere alcuna conseguenza, dall'opinione dello stesso ministro quando parla alla tribuna e teme di urtarsi all'opinione contraria del suo auditorio. Né egli è il solo a far notare questa divergenza. Ho potuto osservarla in più d'uno di questi signori, sia del Gabinetto, sia dei membri della commissione dei dazii, sia anche dei deputati o senatori più in vista, i quali parlerebbero altrimenti, se avessero il coraggio di parlare come pensano, cioè non seguirebbero così servilmente il volgo dei protezionisti. Nei colloquii particolari non sono restii ad accogliere gli argomenti opposti, ma in pubblico temono di perdere la loro popolarità, se sono al potere, e se sono rappresentanti, il favore degli elettori. Ognuno d'essi par che dica: «Video bona, proboque, deteriora sequor ». Ciò per le questioni d'interessi positivi.

In quanto all'opposizione che l'Italia trova in Francia, essa ha molte fon

ti diverse, di cui le tre principali sono: La protezione che il Governo italiano

esercita ai confini dell'Austria (una delle tre Potenze della Triplice!) impe

dendo che gl'irredentisti facciano nascer conflitti. E sa il cielo se la Francia

ne sarebbe lieta! L'orleanismo, che lavora sordamente, senza che appaia, e che lusinga con varie promesse il clero. E quest'ultimo, voglio dire il clericalismo, che si affida di ristabilire il potere temporale! Finché questi tre fattori agiscono, ed aggiungendo ad essi il timore di veder rinnovare la Triplice, l'Italia non potrà che seguir la sua via, senza curarsi della Francia, e non avendola amica.

(l) Da ACS, Carte Crlspl.

945

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

R. RISERVATO 151/44. Berlino, 29 gennaio 1891.

Come ebbi l'onore di riferire col mio rapporto 20 corrente n. 101/28 (2), appena pervenutomi il pregiato telegramma del 16 stesso mese (3), relativo ad un ribasso dei nostri valori alla borsa italiana, mi affrettai a farne parola al segretario di Stato adoperando, secondo è mia abitudine, i termini stessi del telegramma di V.E. Quello del 26 (4) dandomi quindi a temere un malinteso, lo lessi j eri al barone di Marschall, il quale mi spiegò che la comunicazione da lui fatta al conte di Solms non ebbe per base soltanto il primo dei telegrammi suddetti, ma anche le informazioni assunte dal Dipartimento imperiale degli affari esteri presso questi banchieri, dei quali il Gabinetto di Berlino ha creduto utile ella conoscesse l'opinione sulla questione in generale. Essi -mi ripeté a tale occasione il segretario di Stato -negano che il ribasso verificatosi alla nostra borsa sia dovuto a operazioni eseguite in Germania, ed affermano doversene invece cercare la causa in Francia. Essi sono interessati a sostenere il nostro credito. come assicurano averlo fatto in passato e volerlo fare in avvenire.

946

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. S.N. Vienna, 2 febbraio 1891.

Oggi essendo giorno festivo non si pubblicano qui giornali. Perciò non si sa ancora come sarà giudicata la crisi ministeriale italiana dall'opinione pubblica di questo Paese. Dalle domande che mi si fanno appare una certa inquietudine provocata, credo, dal linguaggio della stampa francese. Se V.E. ha tempo e possibilità di darmi qualche indicazione, gliene sarò obbligato e non sarà inutile.

(l) -Ed. in R. MoRI, La politica estera di Francesco Crtspt (1887-1891), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1973, p. 272. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 922. (4) -Cfr. n. 940.
947

APPUNTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (l)

.. (2).

1891, 3 febbraio. Monsignor Rotelli al cardinal Rampolla:

«Le condizioni specialissime, che le circostanze hanno creato, mi fanno un obbligo d'informare Vostra Eminenza quali saranno le conseguenze della crisi scoppiata nel Gabinetto italiano per quanto possa interessare la S. Sede.

Lasciando in disparte i giudizi ed il linguaggio dei giornali, gli uomini di Stato ritengono, che con Crispi si è perduta una garanzia per la pace, e che l'Italia avrà per conseguenza a vedersi maggiormente indebolita ed aumentarsi il suo marasma. Ho dovuto provare un effetto strano nel dover sentire, in più di una conversazione, rimpiangere la caduta di un uomo, che il giorno prima nessuno pensava di esaltare. Dopo i primi dispacci da Roma sulle dimissioni del signor Crispi, ho avuto occasione di recarmi al Ministero degli esteri, e senza apposito discorso, cercai di conoscere le opinioni dominanti, ed il signor Ribot, comprendendo il mio desiderio, mi disse: "forse, monsignore, desiderate conoscere ciò che accadrà ora nei rapporti tra la Francia e l'Italia, ebbene vi posso rispondere: nulla. Le cose rimangono come prima, e se mi sbaglio dirò, che le cose saranno peggio di prima".

Senza altre spiegazioni il ministro mutò discorso. Ma poi tutto ad un tratto, nel congedarmi, mi aggiunse: "ora è il momento dell'opera nostra; al Vaticano comprenderanno la situazione".

Non ho ritardato a far palese a Vostra Eminenza questo stato di cose per quelle istruzioni che credesse opportuno impartirmi, non senza ripetere la mia impressione, che il Ministero francese si trova in una posizione incerta. e attende piuttosto qualche atto dal nuovo Gabinetto italiano.

Non mancherò di tenere al giorno l'Eminenza Vostra degli effetti ulteriori, quando si conoscerà la composizione del nuovo Ministero,_

948

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, PISANI DOSSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (3)

L. URGENTE SEGRETISSIMA. Roma, 4 febbraio 1891.

Vengo in questo momento a conoscere da certa fonte che si sta negoziando fra la destra e il Vaticano per una conciliazione coll'Italia. Le nego

ziazioni sono appoggiate, presso le Corti di Vienna e Berlino. Ho non pochi dettagli in proposito. La persona che mi ha ciò rivelato e che è superiore ad ogni sospetto si troverà a mezzogiorno a casa sua. Essa prega V.E. di mantenere pel momento segreto assoluto.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crispi. (2) -Privo di data; si colloca sotto il 3 febbraio, giorno della lettera di mons!gnor Rote11i. (3) -Da ACS, Carte Crispi; ed. in F. FoNzr, Documenti sul conciliatorismo e sulle trattative segrete jra Governo italiano e Santa Sede dal 1886 al 1897, in Chiesa e Stato nell'800, vol. I. Padova, Antenore, 1962, p. 174, nota.
949

IL MINISTRO A TANGERI, CANTAGALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

R. RISERVATO 209/49. Tangeri, 4 febbraio 1891 (per. il 19).

Il mio collega di Spagna, signor Figuera, mi ha accennato, in un recente colloquio, se io ho ben inteso il suo linguaggio, ad uno scambio di idee che sarebbe intervenuto fra l'E.V. ed il ministro segretario di Stato di Sua Maestà Cattolica, circa pratiche che dovrebbero farsi in comune presso il sultano, dai rappresentanti d'Italia e di Spagna per frustrare gli sforzi della Francia allo scopo di ottenere la cessione dell'impianto di una ferrovia fra l'Algeria ed il Marocco.

A tale riguardo, il signor Figuera dichiarò avere precise istruzioni; non gli ho taciuto che niuna da parte mia io ne avevo, in senso analogo, da V.E.

Non sarebbe certamente senza qualche vantaggio che l'Italia e Spagna apparissero darsi la mano in alcune cose che toccano la politica da seguirsi in quest'Impero. Pur tuttavia, troppo diversi sono gli intendimenti e troppo facili le occasioni nelle quali i nostri desiderii e quelli della Spagna abbiano a trovarsi in conflitto. A meno che, ad impedire un'assoluta supremazia dell'elemento o francese o inglese in questo Paese, si abbia un'idea di far ritorno al concetto che due o tre anni fa accennò ad avere prevalenza, la convenienza cioè di favorire le ambizioni spagnuole verso il Marocco. Sul qual punto occorrerebbe conoscesse il rappresentante di Sua Maestà presso il sultano la vera mente del Governo del re.

Non senza meraviglia potrebbe l'imperatore vedere uniti, come a scopo di difesa, due ministri dei quali egli conosce le tendenze se non assolutamente rivali, separate almeno da, ripeto, intendimenti diversi. Mulay Hassan sa che la Spagna, ambiziosa, carezza vedute non lusinghiere per lui, sovra i suoi Stati; di noi, non conosce né deve conoscere che l'amicizia ed il disinteressamento. In paese come questo ove, forse più che in Europa, sono mutevoli gli elementi di giudizio e lo spostamento delle influenze è continuo, verso il quale coalizioni di interessi si formano e si disfano quasi giornalmente, ove vediamo Francia e Spagna legate, ostile l'Inghilterra; Gran Bretagna e Francia forse segretamente associate a danni della penisola; Spagna ed Inghilterra sprezzante questa, gelosa la prima, intendersi tuttavia in quistioni di minore importanza; la Germania, sedula con tutte, spalancare gli occhi ed aspettare il suo momento, a noi pure conviene destreggiarsi senza però per

dere di vista questo fondamentale concetto; che avversati da tutti, nulla pos

siamo sperare senza la perfetta intelligenza col sultano.

Non credo dovere aggiungere di più; aspetterò i cenni di V.E.

Al signor Figuera ho tenuto linguaggio assolutamente platonico (1).

950

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI (2)

T. COLONIALE RISERVATO 1004. Parigi, 5 febbraio 1891, ore 16,20 (per. ore 18,40).

Al convegno ebdomadario di ieri Ribot mi diede lettura, a titolo di semplice informazione, di una lettera di protesta contro il protettorato italiano in Etiopia che il re Menelik aveva indirizzato alla Francia ed alle altre grandi Nazioni chiamando il loro appoggio contro le pretese italiane. La traduzione francese della lettera di Menelik era accompagnata dal testo nella lingua originale e spiegava il significato dell'articolo 17 del Trattato col quale Menelik è autorizzato a ricorrere al Governo italiano per le sue comunicazioni cogli altri Governi europei.

951

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, CON IL SEGRETARIO GENERALE DELLA REAL CASA, RATTAZZI (3)

APPUNTO. Roma, 5 febbraio 1891.

Chiamato da me, Rattazzi giunge al Braschi alle 5 pomeridiane. Gli do un telegramma da Berlino alla Tribuna ed un altro al Corriere di Palermo. Il telegramma alla Tribuna annunciava che i francesi avevan passato la frontiera, procedevano sopra Tripoli.

Dissi al Rattazzi, esser mia speranza e desiderio, che quel telegramma non dicesse il vero. Soggiunsi, che avevo telegrafato ai consoli di Tripoli e di Tunisi, chiedendo loro notizie.

Ho fatto rilevare, che il caso era grave, e che, ove fosse vero, non saprei come provvedere in conseguenza della mancanza di un Ministero, che po

tesse assumere la responsabilità degli atti suoi e che fosse sicuro di non essere disdetto da' suoi successori. Lo incaricai quindi di pregare Sua Maestà voler risolvere la crisi il più presto possibile ed a togliermi da una posizione incresciosa. Il Rattazzi mi assicurò che il re, dopo aver interpellato il generale Cosenz, avrebbe dato l'incarico per la composizione del nuovo Gabinetto.

(l) -Cfr. il seguente passo del rapporto citato in nota al n. 473: <<Dopo li gennaio 1891 la Spagna apertamente diffida della politica italiana, e manifesta la propria rivalità. Nell'animo dei nostri rappresentanti a Tangeri e a Londra si fa strada il concetto che fra Gran Bretagna e Italia non vi sia n l Marocco identità d'interessi». (2) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, cit., p. 432. (3) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Crlspi, autografo.
952

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, AL CONSOLE AD ADEN, CECCHI (l)

T. COLONIALE RISERVATO 365. Roma, 6 febbraio 1891, ore 18.

Spedisca Nerazzini con mezzo celere e fidato: «Spedisca Antonelli d'urgenza: "In seguito ad incidente parlamentare su questione personale ho rassegnato a Sua Maestà le mie dimissioni. Posso assicurarla che mio successore avrà eguale fiducia nella S.V. e manterrà intatto indirizzo politico verso Etiopia. '' Continuano attivissimi gli intrighi francesi e contro di essi occorre influenzare Menelik altrimenti qualunque accordo riuscirà precario e vano. * Traversi è stato fatto ritornare allo Scioa, dove si metterà a sua disposizione. Importerebbe molto di fargli mettere in esecuzione il progetto relativo stazione geografica Gimma Abagifar, dove potrebbe sorvegliare mene sul Caffa. Sarebbe urgente partenza Traversi per quei paesi. Circa questione articolo 17, Masciascià convenne con Gandolfi che la tutela dell'Italia era necessaria all'Etiopia e promise persuadere Menelik. * Occorrerebbe perciò che

in modo chiaro ed incontestabile fosse affidata all'Italia trattazione affari con altre Potenze e missione garantire l'integrità territoriale dell'Impero e delle sue dipendenze. Una esplicita esclusione del protettorato dovrebbe a qualunque costo evitarsi, ma consentiamo a non inserire tale parola nell'accordo. Menelik ha scritto non solo alla regina Vittoria, ma pure a Carnot e ad altri capi di Stato. Sistemate le cose Menelik dovrebbe, per mezzo nostro, dirigere loro lettere nelle quali puramente e semplicemente ritirasse le sue proteste. * Circa confini fido in lei, ma procuri d'ottenere che allo scopo di proteggere Masciascià nostra occupazione Seraè e Oculè Cusai rimanga in via di fatto " (2).

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VIII, ci t., pp. 432-433 e, con l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 72, pp. 24-25. (2) -Il 29 gennaio Antonelli inviò a Crispi un lungo rapporto nel qua}e ripeteva in modo più ampio quanto aveva comunicato in due telegrammi del 21 gennaio che verranno pubblicatinel prossimo volume perché trasmessi da Aden il 14 febbraio. Del rapporte>, ed. in L'l~nlin in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 32-61 e, con omissioni, in LV 72, pp. 33-88 si pubblica un passo nel quale Antonelli riferiva gli sviluppi delle sue conversazioni con Menelil< e l'imperatrice Taitù: il giorno 21: «S. M. l'Imperatrice entrò nella discussione con una violenza insolita esclamando: "Il Governo italiano ha fatto sapere alle Potenze l'articolo 17. Noi pureabbiamo fatto conoscere alle Potenze che il detto articolo, come è scritto nella nostra lingua,ha un altro significato. Come voi, noi pure dobbiamo rispettare la nostra dignità ". Risposi che, in considerazione appunto di quello che diceva l'imperatrice, avevo proposto di abolire l'articolo ehe era causa di discussione, sostituendolo con altro di maggiore chiarezza. L'imperatrice non
953

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, TORNIELLI

T. RISERVATO 198. Roma, 6 febbraio 1891, ore 18,30.

Ricevo oggi da r. ambasciata a Constantinopoli copia nota protestativa turca dell'ottobre scorso circa accordo anglo-francese cinque agosto. In essa la Sublime Porta rivendica per l'hinterland tripolino confine in massima conforme a quello segnato lungo meridiano nello schizzo annesso al dispaccio

n. 50 del 27 gennaio (1). Invierò a V.E. per prossimo corriere copia nota turca. Informo V.E. che dietro viva insistenza di quest'ambasciatore turco gli ho comunicato tre nostre memorie circa confini e hinterland Tripolitania (2) avendo opportunamente modificato quella lo agosto.

954

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI

T. RISERVATO 304. Madrid, 6 febbraio 1891, ore 19,15 (per. ore 7 del 7).

In un nuovo colloquio che io ebbi con la regina reggente Sua Maestà mi fece osservare che gli ultimi avvenimenti del Portogallo hanno dimostrato il fondamento delle preoccupazioni da essa manifestatemi a più riprese sull'imminente pericolo di moti repubblicani in quel vicino Regno. La sovrana espresse quindi la sua speranza che il Governo portoghese non lascerà sfuggire la presente occasione per agire con severità e soffocare i germi di una propaganda funestissima a tutti i Paesi di razza latina. Dal complesso delle

volle restare senza replicare, e disse: " Voi volete la rappresentanza dell'Etiopia per farci consi

derare presso le altre Potenze come vostri protetti, ma questo non sarà mai "».

Dello stesso rapporto si pubblicano anche alcuni passi nei quali Antonelli esprimeva il suo giudizio sui rapporti con l'Etiopia: «non intendo difendere Menelik, il quale ha fatto e fa una politica unitaria; ma, se non si fossero suscitati malcontenti ed accuse contro di lui, per la questione del confine, neppure la questione dell'articolo 17 si sarebbe ingrandita tanto, e forse non sarebbe stata neppure sollevata, perché per l'Etiopia non era di pubblica ragione come quella del confine... Le ragioni che mi indussero a consigliare una larghissima condiscendenza furono che, desiderando l'Italia una politica coloniale eminentemente economica e pacifica. ed avendo raggiunto più di quanto si era sperato di ottenere tre anni fa, si può rinunziare senza grave danno all'articolo 17. Quest'articolo ha, è vero, dei vantaggi per determinare la estensione della nostra sfera d'azione, ma non manca di crearci dei fastidi presso le altre Potenze, specialmente per quelle che non vogliono riconoscere l'impero d'Etiopia e che hanno mire ambiziose sopra alcune dipendenze di questo Impero. Non essendo l'Italia più interessata a difendere l'alta sovranità di Menelik in alcuni paesi contestati, sarà più facile venire ad un accordo colle Potenze interessate per delimitare, in Africa, la nostra sfera di influenza.... Non volendo adottare questo mezzo conciliativo, possiamo sostenere la questione dell'articolo 17: l) o mantenendo fermo lo spirito dell'articolo come è nel testo italiano; 2) o, pur mantenendo fermo l'articolo come è nel testo italiano, discutere il significato del testo amarico; 3) o sospendere i negoziati rimandando!! ad epoca indeterminata ».

cose dettemi dalla regina risultò evidente il suo desiderio che l'Italia raccomandi pure a Lisbona una condotta energica e che di questo discorso tenutomi sia fatto cenno al nostro augusto sovrano.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 659 e n. 899, nota 2.
955

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI A.I., CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA (l)

T. COLONIALE RISERVATO 367. Roma, 7 febbraio 1891, ore 11,30.

Rispondo telegramma di V.E. del 5 corrente (2). Noi abbiamo comunicato alle Potenze l'articolo 17 del trattato con Menelik tal quale fu stipulato e ratificato. Non abbiamo mai comunicato che estendevamo il nostro protettorato sull'Etiopia. Ma l'articolo 17 dice testualmente che Menelik si servirà del Governo italiano per le sue comunicazioni alle Potenze. Questo abbiamo notificato al Governo francese, che ce ne diede atto regolare. Qualunque discussione sulla lettera recente di Menelik a Carnot dovuta ad intrighi orditi da nostri nemici è inutile e dannosa. Senza dare troppa importanza alla 1cosa sarebbe bene che V.E. si esprimesse in tal modo col signor Ribot. La prevengo però che non dovrà assolutamente tollerare dubbi sulla autenticità e riserve sull'interpretazione dell'articolo 17 suddetto.

956

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I

T. S.N. Berlino, 7 febbraio 1891.

Hier soir au bal de souscription opéra, l'empereur m'a chargé, Sire, de vous exprimer ses vives sympathies et combien il prenait part à tout ce qui concerne le roi notamment en présence de la crise ministérielle que Votre Majesté s'applique à résoudre au mieux des intérèts de la Couronne et de l'Italie. Impératrice, ainsi que l'empereur me le faisait observer, portait à ce bal splendide parure offerte par Votre Majesté à l'occasion du baptéme. Il me revient indirectement qu'ici camme à Londres on se préoccupe de l'éventualité d'une réduction sur notre budget de la guerre et marine. Je réponds que, quelles que soient les économies, elles ne sauraient toucher aux dispositions organiques établies précisément en vue de maintenir notre position de Grande Puissance et pour faire face à l'occurrence aux obligations dérivant de nos alliances.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo VIII, cit., pp. 433-434.

(2) Cfr. n. 950.

957

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 8 febbraio 1891, ore 8,11 (per. ore 11,47).

Ringrazio delle interessanti notizie che ella mi ha telegrafato (1). Approviamo le risposte da lei date che sono giustissime. Confermi in ogni occasione che le mutazioni ministeriali non potranno mai influire sull'indirizzo della politica estera né sull'ordinamento dell'esercito e della marina. Le economie che si faranno avranno carattere transitorio e non toccheranno l'organico dell'esercito né quello della marina. Le sarò grato di ulteriori notizie.

(l) Cfr. n. 956.

<
APPENDICI

4S -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XXIII

APPPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione dal 1° settembre 1889 all'8 febbraio 1891)

MINISTRO AD INTERIM

CRISPI Francesco, presidente del Consiglio.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

DAMIANI Abele.

GABINETTO DEL MINISTRO E DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

Apertura della corrispondenza del ministro -Affari politici riservati Affari confidenziali -Corrispondenza particolare del ministro e del sottosegretario di Stato -Relazioni del ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze '-Tribuna diplomatica -Ordini del giorno -Ultima revisione delle pubblicazioni ministeriali -Comunicazioni ai giornali e alle agenzie telegrafiche -Cifrari coi rr. ufficiali all'estero -Telegrafo e citra Portafoglio del ministro -Archivio e copia speciale per gli affari riservati -Tipografia di Gabinetto.

Capo di Gabinetto -PISANI Dossi Alberto, primo segretario di legazione. Segretario del ministro -MAYOR DES PLANCHES Edmondo, capo sezione. Segretario -SERRA Carlo. Segretario del sottosegretario di Stato -CuccHI BoAsso Fausto, addetto di

legazione. Addetto all'ufficio -LEBRECHT Vittorio, vice console.

UFFICIO COLONIALE

Addetti all'ufficio -FossATI REYNERI Giacinto, segretario di legazione, dal 1° ottobre 1889; SILVESTRELLI Giulio, segretario di legazione; BETTONI Vincenzo, segretario di legazione, dal 5 dicembre 1890; RANDACCIO Ignazio, volontario (dal 29 gennaio 1891 vice segretario); ToRRA Pio, capitano di Stato Maggiore, dal 6 febbraio 1890.

SOTTOSEGRÈTARIATO DI STATO

Avviamento degli affari che si trattano in tutte le divisioni del ministero -Relazioni al ministro -Convocazione del Consiglio del contenzioso diplomatico e del Consiglio del ministero -Affari delegati dal ministro -Servizio d'ispezione dei rr. uttici e degli istituti italiani all'estero -Copia speciale per gli affari riservati.

Segretario ,del Consiglio del contenzioso diplomatico -PuccroNI Emilio, capo di divisione.. Ispettore generale (onorario) dei consolati -NEGRI barone Cristoforo, ministro plenipotenziario a riposo.

DIVISIONE I

AFFARI POLITICI

Capo divisione -PucciONI Emilio.

SEZIONE I

Politica generale

Carteggio in materia politica (esclusi gli attari riservati al Gabinetto) Stipulazione e interpretazione dei trattati politici -Pubblicazione dei documenti diplomatici -Polizia internazionale -Sconfinamenti militari -Rettifiche ed accertamenti di frontiera -Cifrari coi rr. uffici all'estero.

Capo sezione -ORFINI conte Ercole. Segretari -CUGNONI Guglielmo; CANONICO Edoardo. Vice segretario -AGNESA Giacomo. Addetto all'ufficio -BoNIN LoNGARE conte Lelio, addetto di legazione, dal 20 di

cembre 1889 (dal 29 gennaio 1891 segretario di legazione).

SEZIONE II

Politica commerciale

Carteggio relativo alla stipulazione e interpretazione degli atti internazionali non politici -Studi e indagini di politica commerciale Esposizioni e mostre -Sanità -Sconfinamenti doganali -Pubblicazioni d'indole economica.

Capo sezione -FASSATI DI BALZOLA Ferdinando.

Vice segretario -ANIELLI Lorenzo. Volontari -GARROU Mario (dal 12 agosto 1890 vice segretario); MAccHI DI CEL

LERE Vincenzo, dal 10 dicembre 1889.

SEZIONE ·1rr·

Colonie itaHane

Emigrazione e colonie -Possedimenti coloniali itàliani -Scudle; ~asso'-ciazioni ed istituti italiani all'estero -Esplorazioni commerciali, scoperte geografiche e viaggi scientifici -Indagini statistiche fuori dal Regno.

Capo sezione -PASSERA Oscarre. Segretari -PELUCCHI Carlo; VOLTATTORNI Gabriele, fino al 1° gennaio 1891. Vice segretario -CELESIA DI VEGLIAsco barone Alessandro (dal 31 maggio 1890

segretario). Addetto all'ufficio -FIORETTI Vittorio, volontario di ragipneria (dal 6. luglio 1890 vice segretario di ragioneria).

DIVISIONE II

AFFARI PRIVATI

Capo divisione -BIANCHINI Domenico.

SEZIONE I

Europa

Questioni particolari di nazionalità, di estradizione, di .. protezioni consolari, di successioni e d'ogni altro genere, nei rapporti cogli · Stati europei (la Turchia esclusa) e colle relative colonie.·

Capo sezione -VACCAJ Giulio. Segretari -MIRTI DELLA VALLE Achille; DE GAETANI Davide. Addetti all'ufficio -VINCI GIGLIUCCI conte Giulio Cesare, addetto di legazione,

fino al 3 giugno 1890 e dal 10 novembre 1890; Rossi ToESCA Vincenzo, dal 28 ottobre 1889; RANUZZI SEGNI Cesare, dal 9 luglio 1890.

Volontari -CARACCIOLO DI FORINO Agostino, fino al 24 giugno 1890; RICCI Arturo (dall'8 maggio 1890 vice segretario); CAUMONT Federico, fino al 2~ ottobre 1889; ROMANO AVEZZANA Camillo, dal 10 dicembre 1889.

SEZIONE II

America

Questioni, come nella sezione prima, nei rapporti C()gli Stati d'America

Capo sezione -BERTOLLA Cesare.

Segretari -MINA BOLZESI Giuseppe; LANDI VITTORJ Vittorio; ANDREOZZI conte Pietro.

Addetto all'Ufficio -FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, segretario di legazione, dal 4 settembre 1889. ·

SEZIONE III

Turchia, Grecia, Stati balcanici e Stati indipendenti nell'Asia, nell'Africa e nell'Oceania.

Capo sezione -MARGARIA Augusto, fino al 27 luglio 1890.

Segretari -BARILLARI Pompeo; GAETANI D'ARAGONA DI CASTELMOLA Onorato.

Addetto all'ufficio -SERRISTORI conte Umberto, addetto di legazione.

DIVISIONE III

Personale

Capo divisione -BoREA n'OLMo marchese Giovanni Battista.

SEZIONE I

Personale

Personale di ogni categoria dipendente dal Ministero degli alfari esteri (i maestri esclusi) -Ulfici diplomatici e consolari esteri in Italia -Exequatur agli agenti consolari esteri -Note caratteristiche degli impiegati -Esami -Pensioni -Annuario del ministero e bollettino del personale -Conferimento di onorificenze cavalleresche al personale dipendente ed ai diplomatici e consoli esteri -Istituzione e soppressione di posti diplomatici e consolari -Archivio e copia speciale per gli alfari riservati.

Capo sezione -BARILARI Federico.

Segretario -KocH Ernesto.

SEZIONE II

Cerimoniale

Cerimoniale -Lettere reali -Atti pubblici -Atti del ministero -Decorazioni italiane e straniere -Redazioni di pieni poteri, credenziali, lettere di richiamo, ecc. -Privilegi e immunità di agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai rr. agenti all'estero ed agli agenti stranieri in Italia -Visite e passaggi di sovrani, principi, capi di uno Stato e grandi personaggi -Certificati ferroviari per gli impiegati -Copisteria calligrafica.

Capu sezione -BROFFERIO •rumo.

Segretario -VALENTINI Claudio.

DIVISIONE IV

ARCHIVIO E REGISTRO GENERALE

Capo divisione -MARGARIA Augusto, dal 27 luglio 1890.

SEZIONE I.

Apef'turà 'dellà cotri8pondenzà mtnisteriale, esclusa quella delministro Conservazione e incremento delle collezioni manoscritte del· ministero e dei rr. uffici all'estero -Conservazione degli originali degli atti internazionali conclusi dal Regno d'Italia e dagli Stati italiani soppressi -Ricetche storiche -Traduzioni da lingue o in lingue diverse dal francese Revisione della stampa politica estera. -Bollettino del mini$tero e altre pubblicazioni ministeriali non riservate ad altri uffici.

Direttore degli archivi -GoRRINI Giacomo.

Addetto all'ufficio -SALLIER DE LA ToUR Giuseppe, addetto di legazione, dal 1o marzo 1890.

Interprete -TKALAC Emerico.

SEZIONE II

Biblioteca Conservazione e incremento delle collezioni stampate del ministeto e dei rr. uffici all'estero -Scambt dt pubblicazioni con altri ministeri od istituti del Regno o di Stati esteri -Cataloghi, schedari -Associazioni a giornali e riviste.

Bibliotecario -PASQUALUCCI Loreto.

UFFICIO DI SPEDIZIONE

Tramissioni -Spedizioni periodiche -Magazzino.

Spedizioniere (con grado fisso di ufficiale d'ordine di la classe) ~ PASANISI Francesco.

Corrieri di gabinetto -SIGNORONI Elia Camillo; MARCONE Gabriele Antonio.

DIVISIONE V

RAGIONERIA

Cà.po divisione -GUGLIELMINETTI Giuseppe.

SEZIONE I

Bilanci e contabilità

Compilazione dei bilanci -Conto consuntivo -Revisione e liquidazione delle contabilità attive e passive dei rr. uffici all'estero -Interpretazione delle tariffe consolari :-Corrispondenza col Ministero delle finanze,, con la Corte dei conti e cogli uffici all'estero per gli affari contabili Rendiconti periodici -Inventari del materiale degli uffici all'estero,

6JJ,

salvo per quanto riguarda gli archivi e la biblioteca -Sovvenzioni ai figli minorenni e a vedove di impiegati -Ragguagli colze monete este.., re -Statistica di bilancio.

Capo sezione -CALVARI Ludovico. Segretario di ragioneria -BoNAMICO Cesare. Vice segretario di ragioneria -FANO Alberto.

SEZIONE II

Cassa

Ufficio di cassa -Movimento del danaro -Contabilità della cassa Conti correnti coi rr. funzionari all'estero -Compilazione, registrazione e spedizione dei mandati di pagamento ordinari e d'anticipazione -Trasmissione e domanda di somme ai funzionari all'estero -Versamenti all'erario ed all'istituto di credito per conto dei funzionari all'estero.

Capo sezione -BELLISOMI Ludovico. Segretari di ragioneria -CAsA Dro Carlo; D'AVANzo Carlo. Vice segretari di ragioneria -VINARDI Giuseppe; MARCONI Alfredo.

SEZIONE III

Contratti -Spese d'ufficio -Contabilità del bollettino del ministero Acquisto di mobili per gli uffici e per l'appartamento di rappresentanza -Inventari del materiale dell'amministrazione centrale, salvo quello d'archivio e di biblioteca -Manutenzione dei locali -Registri e disciplina del pèrsonale degli uscieri.

Capo sezione -N.N.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE

CRISPI Francesco, deputato al Parlamento, presidente del Consiglio. dei ministri, ministro dell'interno, ministro ad interim degli affari esteri.

VICE -PRESIDENTE

CADORNA Carlo, senatore del Regno, presidente del Consiglio dì Stato.

SEGRETARIO

Puccrom Emilio, capo divisione al Ministero degli affari esteri.

CONSIGLIERI

AURITI Francesco, senatore del Regno, procuratore generale presso la Corte di cassazione di Roma. BERTI Domenico, deputato al Parlamento. BIANCHERi Giuseppe, presidente della Camera dei deputati. CANONico Tancredi, senatore del Regno, consigliere 'della èorte di cassazione di Roma. CARUTTI DI CANTOGNO Domenico, cÒnsiglier~ di Stato. CENERI Giuseppe, senatore del Regno. C~IMIRRI Bruno, deputato al Parlamento. ELLENA Vittorio, deputato al Parlamento, consig·Uere ~i<·St;ato. ESPERSON Pietro. MALVANO Giacomo, consigliere di Stato.

. .

. -. -..

MAURIGI DI CASTEL MAURIGI Ruggero. MIRAGLIA Giuseppe, senatore del Regno, primo presidente della Corte di cassazione di Roma. PAGANO GuAitNASCHELLI Giovanni Battista, primo presidente della Corte d'appello di Roma.

PIERANTONI Augusto, senatore del Regno, professòre di diritto internazionale nella r. università di Roma.

APPENDICE II

AMBASCIATE· E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

. _, (Situazione dal 1° settembre .1889 all'B. febbraio 1891)

ARGENTINA

Buenos Aires -ANFORA DI LICIGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FossATI-REYNERI Giacinto, segretario, fino al 1° ottobre 1889; BERTI_ Emanuele, segretario, dal 9 novembre 1889; FERRARA DENTICE Enrico, segretario. ·

AUSTRIA-UNGHlmiA

Vienna -NIGRA Costantino, ambasciatore; AVARNA DI G'O'ALTIERI duca Giuseppe, segretario; BETTONI conte Vincenzo, segretario, fino al 5 dicembre 1890; --Rossi ToESCA Vincenzo; segreiàriò; fino al 28 ottobre 1889; PA'O'L'O'cci DE' CALBOLI, Raniero, addetto, fino al l0 marzo 1890; FIGAROLO DI GROPELLO Luigi, addetto; FABBRICOTTI Andrea, addetto onorario, dal 9 novembre 1889 (dal 1° novembre 1890 addetto); CAMICIA Mario, addetto,dal 10 agosto 1890; BRUSATI Ugo, tenente colonnello, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -CovA Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MELEGARI Giulio, segretario.

BELGIO

Bruxelles -DELLA CROCE DI DoJoLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 28 ottobre 1889; DE RENZIS Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 28 ottobre 1889; BARDI Alessandro, consigliere, fino al 22 maggio 1890 e dal 20 luglio 1890; BRUNO Luigi, addetto; MAssoNE Emilio, tenente colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Paz -SEGRE Davi:d, ministro residente, fino al 6 agosto 1890 (residente a Lima); PETICH Luigi, ministro residente, dal 6 agosto 1890 (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janetro -RIVA Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PANERAI Giuseppe, segretario, fino al 26 ottobre 1890; NoBILI DELLA ScALA Aldo, segretario, dal 15 novembre 1890.

CILE

Santiago -CASTELLI Pietro, ministro residente.

CINA

Pechino -PANSA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 maggio 1890; FRIOZZI · Lotenzo, principe di Cariati, segretario, incaricato d'affari fino al 2 maggio 1890; TONI Pietro, interprete provvisorio, sostituito da TEM Stefano, interprete provvisorio.

COLOMBIA

Bogotà "" GLORIA conte Gaspare Michele;' ministro residente.

COREA

Seul , PANSA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 maggio 1890 (residente a Pechino).

COSTARICA

San José -MAGLIANO Roberto, ministro residente, fino al 6 luglio 1890 (residente a Guatemala); GREPPI Antonio, ministro residente, dal 6 luglio 1890 (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -MAFFEI DI BoGLIO Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 12 gennaio 1890~ CATALANI Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 14 agosto 1890; BARDI Alessandro, consigliere, dal 22 maggio 1890, incaricato d'affari fino 14 agosto 1890; BAGLIO Beniamino Arcangelo, segretario, fino al 22 maggio 1890, incaricato d'affari dal 13 gennaio al 22 maggio 1890; BAROLI Carlo, addetto, fino al 4 novembre 1889.

FRANCIA.

Parigi -_MENABREA conte Luigi Federico, marchese-di Val Dora, ambasciatore; RESSMAN Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario, fino al 9 novembre 1889; PoLAcco Giorgio, segretario, dal 20 dicembre 1889; BoNIN LoNGARE conte Lelio, addetto, fino 20 dicembre 1889; QUARTO DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, addetto; BORROMEO conte Guido, addetto; MENABREA cònte Carlo, addetto onorario; RASPONI conte Giulio, addetto onorario, MAssoNE Emilio, tenente colonnello, addetto militare; DI BROCCHETTI barone Alfonso, capitano di vascello, addetto navale.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; BECCARIA INcts.A Emanuele, segretario; BOLLATI Riccardo, segretario; CAUMONT Federico, addetto, dal 23 ottobre 1889; SALVAGO RAGGI Giuseppe, addetto, dal 17 dicembre 1890; NICOLIS DI RoBILANT Mario, capitano, addetto militare, fino al l" marzo 1890; ZuccARI Luigi, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, dal l" marzo 1890; GuALTERI Luigi, capitano di vascello, addetto navale.

GIAPPONE

Tokio -DE MARTINO Renato; inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRIOZZI Lorenzo, segretario dal 3 settempre 1890; CaSA'n L'!ligi, -~nterp:r;ete.

GRAN BRETAGNA

Londra -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, ambasciatore, dal 21 novembre 1889; CATALANI Tommaso, consigliere, incaricato d'affari ad interim, fino al 21 novembre 1889; PoLAcco Giorgio, segretario, fino al 20 dicembre 1889; HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, segretario, dal 9 novembre 1889 al 21 ottobre 1890; FRACASSI RATTI MENTONE Domenico, addetto (dall'8 dicembre 1889 segretario); RANUZZI SEGNI Cesare, addetto, fino al 9 luglio 1890; PAULUCCI DE' CALBOLI conte, Raniero, addetto, dal l" marzo 1890; MARTUSCELLI Eugenio, addetto onorario, fino a} 5 agosto 1890; GRENET Francesco, capitano di vascello, addetto navale.

GRECIA

Atene -FE' D'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALVI DI BEJ:tGoLo conte Giorgio Carlo, segretario, fino a.l 22 maggio e dal 26 ottobre 1890; BAGLIO Beniamino Arcangelo, segretario, dal 22 maggio al 9 novembre 1890; CARIGNANI DI NovoLI Francesco, addetto, fino al 14 marzo 1890; VISONE conte Vincenzo, addetto, dal 9 febbraio 1890.

GUATEMALA

Guatemala --MAGLIANO Robetto, mìnistro residente, fino al 6 luglio là90; GREPPI conte Antonio, mìnistro residente, dal 6 luglio 1890.

HONDURAS

Tegucigalpa -MAGLIANO Roberto, ministro residente, fino al 6 luglio 1890 (residente a. Guatemala); GREPPI conte Antonio, ministro residente, dal 6. luglio 1890 (residente a Guatemala).

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MAROCCO

Tangeri -CANTAGALLI Roineo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, segretario interprete; GALLETTI CAMBIAGI Arturo, addetto, fino al 26 ottobre 1890 (dall'8 dicembre 1889 segretario); CARACCIOLO DI FORINO Agostino, addetto, dal 23 giugno 1890; TOLEDANO Giuseppe, interprete; LAREDO Abramo, interprete provvisorio.··

MESSiCb

Messico -PETICH Luigi, ministro residente, fino al 6 agosto 1890; SEGRE David ministro residente, dal 6 agosto 1890.

MONTENEGRO

Cettigne -BIANCHI DI CASTELBIANco Francesco, ·ministro residente.

NICARAGUA

Managua -MAGLIANO Roberto, ministro residente, fino al 6 luglio 1890 (residente a Guatemala); GREPPI conte Antonio, ministro residente, dal 6 luglio 1890 (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

L'Aia -SPINOLA marchese Federico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, segretario.

PERSIA

Teheran -DE REGE DI DONATO Alessandro, ministro residente. ·

PERU'

Lima -SEGRE David, ministro residente, fino al 6 agos.to 1890; PETICH Luigi, ministro residente, dal 6 agosto 1890.

PORTOGALLO

Lisbona -AVOGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; COTTA Francesco, consigliere, fino al 15 gennaio 1891.

·ROMANIA

Bucarest -CuRTOPASSI Francesco, inviato straordinario e ministro-plenipotenziario; BERTI Emanuele, segretario; fino al 9 novembre 1889; DE· NITTO Enrico, segretario, dal 9 novembre 1889 (dal 31 maggio 1890 consigliere); OLIVOTTO Teodoro, interprete archivista; BRUSATI· Ugo, tenente colonnello, addetto militare (residente a Vienna).

RUSSIA

Pietroburgo -MAROCHETTI barone Maurizio, ambasciatore; BAGLIO Beniamino ·· Arcangelo, segretario, fino al 9 novembre 1889; BoTTARO CosTA Francescò, segretario, fino al gennaio e dal 22 maggio 1890; DE FoRESTA Alberto, segretario, dal 18 novembre 1889 al 22 maggio 1890; FABBRICOTTI Andrea, addetto, fino al 9 novembre 1889; SALVAGO RAGGI Giuseppe, addetto, dal 14 marzo al 17 dicembre 1890; CARLETTI Tommaso, vice console, reggente l'ufficio consolare, dal 15 dicembre 1889.

SALVADOR

San Salvador -MAGLIANO Roberto, ministro residente, fino al 6 luglio 1890 (residente a Guatemala); GREPPI conte Antonio, ministro residente, dal 6 luglio 1890 (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NOBILI Aldo, segretario, fino al 15 novembre 1890; BRUSATI Ugo, tenente colonnello, addetto militare (residente a Vienna).

SIAM

Bangkok -PANSA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 maggio 1890 (residente in Cina).

SPAGNA

Madrid -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, ambasciatore, fino al 18 novembre 1889; MAFFEI DI BoGLIO marchese Carlo Alberto; ambasciatore, dal 18 gennaio 1890; DALLA VALLE .DI MIRABELLO marchese ~lessandro, segretario, fino al 22 maggio 1890, incaricato d'affari dal 18 novembre 1889 al 18 gennaio 1890; FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, segretario, fino al 4 settembre 1889; DE FoRESTA Alberto, segretario, dal 22 maggio 1890; SALVAGO RAGGI Giuseppe, addetto, fino al 14 marzo 1890; GALLETTI CAMBIAGI Arturo, segretario, dal 26 ottobre 1890; VITTOZZI Oreste, addetto, dal 1° marzo 1890; VINCI GIGLIUCCI conte Giulio Cesare, addetto, dal 3 giugno al 10 novembre 1890.

S'l'ATI UNITI

Washtngton: • FAVA barone Saverio; inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FoRESTA Alberto, segretario, . fino :al 18 novembre 1889;. DE NITTo Enrico, segretario, fino al 9 novembre 1889; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario, dal 9 novembre 1889; LEVI Giorgio, addetto.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -ZANNINI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BOTTARO CosTA Francesco, segretario, dal febbraio al 22 maggio 1890; DALLA VALLE DI MIRABELLO marchese Alessandro, segretario, dal 22 maggio al 26 ottobre 1890; PANERAI Giuseppe, segretario, .dal 26 ottobre 1890.

SVIZZERA

Berna -PEIROLERI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIGONI Giorgio, segretario (dal 31 maggio 1890 consigliere); DE GREGORIO marchese Paolo, segretario; SALLIER DE LA ToUR Giuseppe, addetto, fino al 1° marzo 1890; CARIGNANI DI NovoLI Francesco, addetto, dal 14 marzo 1890; COBIANCHI Vittore, addetto; MASSONE Emilio, maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -BLANC barone Alberto, ambasciatore; TUGINI Salvatore, segretario, fino al gennaio 1890; GuAsco DI Bisio Alessandro, segretario, dal 9 novembre 1889; GALLINA Giovanni, segretario; DE NovELLis Fedele, addetto; CARLOTTI Andrea, addetto; BARONE Antonio, interprete; CANGIA' Alfredo, interprete; SoLA Ferdinando, volontario interprete, dal 27 dicembre 1889; MARINI Pietro, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare.

EGITTO

Il Cairo -MAcero' Licurgo, agente e console generale; SAINT MARTIN Giuseppe, vice console, dal 4 settembre 1889; AGNOLI Ruffillo, vice console, dal 18 aprile 1890; BAROLI Carlo, addetto, dal 4 novembre 1889; MORI UBALDINI ALBERTI conte Alberto, applicato volontario, dal 16 agosto 1890; PESTALOZZA Giulio, interprete; SANMINIATELLI -ZABARELLA conte Carlo, maggiore di cavalleria, segretario.

TUNISIA

Tunisi -MAcHIAVELLI Giovambattista, agente e console generale; SAVINA Oreste, vice console; NoTARI Giosuè, vice console; GAVOTTI Fabrizio, volontario; MissrR Oscarre, interprete, dal 22 luglio 1890.

BVLGARIA

Sofia -GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, agente e console: generale; :PALMARINI Carlo, vice console; BOTTALico Enrico, interprete.

URUGUAY

Montevideo -ANFORA DI LICIGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA Caracas -MAGLIANO Roberto, ministro residente, dal 6 luglio 1890.

APPPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione dal 1° settembre 1889 all'8 febbraio 1891)

Argentina -DEL VIso Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL VIso Antonio junior, primo segretario; 0RTIZ AGUIRRE Rodolfo, secondo segretario, dal 29 marzo 1890.

Austria-Ungheria -voN BnfrcK barone Karl, ambasciatore; voN BEUST conte Adolf, consigliere; HOHENWART-GERLACHSTEIN conte Gilbert, segretario (dal gennaio 1891 consigliere); voN MACCHIO barone Karl, segretario, fino al 29 ottobre 1890; DUMBA Konstantln, segretario, dal 29 ottobre 1890; CouDENHOVE conte Hans, addetto; NEMES conte Albrecht, addetto, dal 30 settembre 1890; FonsTNER voN BILLAU Franz, colonnello, addetto militare.

Baviera -VON PoDEWILs-DfrRNIZ barone Klemens, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; voN MoY conte Karl, addetto.

Belgio -VAN Loo August, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DU BOIS D'AISCHE, conte, Consigliere; DE VINCK DE DEUX 0RP barone Charles, segretario, fino al dicembre 1889; MoNCHEUR barone Ludovic, primo segretario, dal dicembre 1889; WAUTERS Charles, segretario; LE GHAIT Raymond, addetto, dal 28 ottobre 1890.

Brasile -DE CARVALHO-MOREIRA Arturo, primo segretario, incaricato d'affari; DE BARROS MOREIRA, Alfredo, addetto.

Cile -GANA Domingo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al gennaio 1891; VERGARA Carlos, primo segretario; FREIRE Manuel, secondo segretario; MARTINEZ Aristide, colonnello, addetto militare, dal novembre 1889. (La legazione ha sede a Berlino).

Cina -TcHENG KI-TONG, generale, consigliere, incaricato d'affari ad interim. (La legazione ha sede a Londra).

Colombia -PosADA Alejandro, generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 1° dicembre 1889; ULLOA Ramon, generale, segretario.

Danimarca -DE HEGERMANN LINDENCRONE Johannes Eric, inviato straordinario e ministro plenipotenzario, fino al 21 novembre 1890; DE KNUTH conte Joachim Sigmund Ditlev, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 21 novembre 1890.

46 -Doc'Umenti diplomatici -Serie II -Vol. XXIII

Francia -MARIANI Jean-Baptiste, ambasciatore, fino al 18 gennaio 1890; BILLOT Albert, ambasciatore, dal 21 aprile 1890; MARCHAND Hippolyte, consigliere, incaricato d'affari ad interim dal 18 gennaio al 21 aprile 1890; DE LAVAUR DE SAINTE FoRTUNADE visconte Henri, primo segretario; PASTEUR Jean-Baptiste, primo segretario, dal dicembre 1889; DE TENAILLE-SALIGNY Xavier, secondo segretario; BEAU Paul, terzo segretario; CHIVOT Georges, addetto, dal giugno 1890; GIRARD PINSONNIÈRE Félix, comandante, addetto militare; DE SURGY, visconte, capitano di fregata, addetto navale.

Germania -VON SOLMS SONNENWALDE conte Everard, ambasciatore; VON DER GOLTZ conte Karl, consigliere, fino al dicembre 1889; voN DoRNBERG, barone, consigliere, dal gennaio al dicembre 1890; voN WALLWITZ, conte, consigliere, dal dicembre 1890; voN RATIBOR principe Maximilian, secondo segretario, fino al novembre 1890; VON MuLLER Felix, secondo segretario, dal novembre 1890; voN OsTEN barone Ulrich, addetto, fino all'ottobre 1890; VON GoTZEN conte Adolf, addetto, dall'ottobre 1890; VON FRANKENBERG UND PROSCHLITZ Benna, primo tenente, addetto, fino all'ottobre 1890; VON ELLRICHSHAUSEN barone Konrad, addetto, dall'ottobre 1890; VDN ENGELBRECHT Karl, maggiore, addetto militare; voN MALAPERT-NEUFVILLE, tenente di vascello, addetto navale, dall'aprile 1890.

Giappone -ToKUGAWA Atsuyoshi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAMESHIMA Takenoske, segretario, dall'ottobre 1890; SUGIMURA Koytchi, addetto (dal maggio 1890 segretario); KrsHIMA Saizo, tenente di vascello, addetto navale.

Gran Bretagna -DuFFERIN AND AvA marchese Frederick, ambasciatore; DERING Henry Nevill, consigliere; STRONGE Francis William, secondo segretario; JOHNSTONE Alan, secondo segretario; CORBETT Vincent, terzo segretario; GRANT-DUFF Evelyn, terzo segretario; PLUNKET William L., addetto onorario; DoMVILLE William Cecil, capitano di vascello, addetto navale, fino al dicembre 1890; MAY William, capitano di vascello, addetto navale, dal dicembre 1890; LANGLEY Gerard Charles, capitano, addetto navale; SLADE John Ramsay, tenente colonnello, addetto militare.

Grecia -PAPPARIGOPOULOS Michael, ministro residente, fino al 9 aprile 1890; BrsrANTOS Anastasios, ministro residente, dal 9 aprile 1890 al 16 gennaio 1891; KIRGoussros Johannes, primo segretario, incaricato d'affari ad interim dal 16 gennaio 1891; ANTONOPOULOS Stamaty, primo segretario, dal gennaio 1890.

Messico -GARAY Edoardo, ministro residente, fino al 24 dicembre 1890; DrAz MrNIAGA Manuel, ministro residente, dal 24 dicembre 1890; HIJAR y HARO Juan Baptista, primo segretario; CovARRUBIAS Miguel, secondo segretario; BALANDRIANO Dario, addetto.

Monaco -BENTIVOGLIO-MIDDLETON conte Enrico, incaricato d'affari; FuRsE barone Eduardo, segretario.

Paesi Bassi: VAN WESTENBERG Bernard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN EYSVAN LIENDEN Jan, segretario, fino al maggio 1890; VAN MAREES VAN SwiNDEREN Renato, segretario, dal maggio 1890.

Perù -CANEVARO José Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoMERO Teodoro, primo segretario, fino al gennaio 1891; CoRREA Jorge, primo segretario, dal gennaio 1891; DE ALTHAUS Augusto, colonnello, addetto militare.

Portogallo -DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mattia, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE PARATY, conte, primo segretario; DE SA' NOGUEIRA Miguel, addetto militare.

Romania -DE PLAGINU Aleksandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAVROCORDATO Edgar, primo segretario, dall'ottobre 1890; ZAMFIREscu Duilius, secondo segretario.

RUSSia -D'UXKULL GYLLENBANDT barone Karl, ambasciatore; DE MEYENDORFF barone Ernest, consigliere; BARATOV principe Nikolaj, primo segretario; BAGGOVOUT Victor, secondo segretario; BUTURLINE conte Pjotr, addetto; DE LuTKE conte Konstantin, contrammiraglio, agente navale.

Serbia -PAVLOVIé Georgij, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 28 dicembre 1890; SrMré Georgij, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 28 dicembre 1890. (La legazione ha sede a Vienna).

Siam -PHYA KRAI KosA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PHRA PAYRATH RACE PHAKDI, primo segretario; WILBERFORCE WYKE, segretario; LUANG ARAM RUANGRIDDHI, addetto. (La legazione ha sede a Parigi).

Spagna -DEL MAzo Cipriano, ambasciatore, fino al 7 ottobre 1890; MERRY Y CoLoN conte DE BENOMAR Francisco, ambasciatore, dal 7 ottobre 1890; PASTOR Y BEDOYA Manuel, primo segretario; CHINCHILLA Manuel, secondo segretario, dal luglio al dicembre 1890, GASSEND Carlos, terzo segretario (dal 25 dicembre 1890 secondo segretario); TovrA y MARTINEZ Fernando, terzo segretario, dal gennaio 1891; DE VIVAR Rodrigo, tenente colonnello, addetto militare.

Stati Uniti -PoRTER Albert G., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DoUGHERTY Charles Algernon, segretario, fino all'ottobre 1890; WHITEHousE H. Remsen segretario, dall'ottobre 1890; SARGENT Nathan, tenente di vascello, addetto navale.

Svezia e Norvegia -LINDSTRAND Francesco Teodoro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 1° dicembre 1889; DE BILDT Karl Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 1o dicembre 1889; D'ANCKARSVARD Per Gustav, addetto, dall'ottobre 1890.

Svizzera -BAVIER Simon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ProDA Jean Baptiste, consigliere; RocHETTE Edmond, addetto, fino al novembre 1890; nu PASQUIER Guillaume, addetto, dal novembre 1890.

Turchia -PHOTIADES Yanko pascià, ambasciatore, fino all'8 marzo 1890; ZIA bey, ambasciatore, dall'8 marzo 1890; TEVFIK Mohammed bey, consigliere; PHOTIADES Stephanaki bey, primo segretario, fino al marzo 1890; CHEKIB Mustafa bey, primo segretario, dal marzo 1890; EssAD bey, secondo segretario, fino al luglio 1890; RECHID bey, secondo segretario, dal luglio 1890; RESMI Ahmed bey, terzo segretario, dall'aprile 1890; CHAKIR bey, maggiore, addetto militare, fino all'ottobre 1889; NIZAMY Osman bey, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, dall'ottobre 1889.

Uruguay -VAZQUEz-SAGASTUME José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoviRA Enrique, primo segretario; SARDA' Ricardo, segretario onorario; CASTELLANos Roberto, addetto onorario.